Non ci sono testimonianze certe sulle origini della città. Le uniche certezze di un insediamento si hanno intorno al IX secolo quando i Saraceni, dopo l'occupazione di Conza nell'872, si spinsero fino in Lucania e ad Abriola fondarono una munita cittadella fortificata a presidio della vallata della Fiumara di Anzi. Proprietario di Abriola divenne il saraceno Bomar, signore di Pietrapertosa, Nel 907, la città fu ceduta al longobardo Sirifo e in quest'epoca nacque il toponimo di Abriola, derivante da Briola, “luogo di caccia di un conte longobardo”. Questa interpretazione etimologica è confermata dall'arma, “rappresentata d'azzurro ad una quercia munita sulla vetta di mezzo di un monte di tre cime, attraversata da un cinghiale”. Nel XII secolo divenne feudo all'interno del Principato di Taranto. Nel corso dei secoli successivi il feudo appartenne a molti casati, tra cui quello dei D'Orange, dei Di Sangro, dei Caracciolo ed infine dei Federici. Il castello, costruito sulla più alta delle tre creste su cui si adagia il paese, fino al 1809, data del noto eccidio della famiglia Federici per mano della banda del brigante Scozzettino, è stato il centro della vita sociale e politica del paese. Purtroppo dell'edificio feudale oggi rimangono pochi resti, costituiti da un portale rinascimentale e da una torre quadrangolare. Nel castello arabo di Abriola c’era una famiglia assai devota alla madonna di Monteforte, ma era afflitta da povertà e disgrazie infinite che si era ridotta a due soli stretti parenti: il nonno e una nipote che si arrangiava da cucitrice. Il feudatario di quel paese, che aveva fama di essere assai capriccioso, un giorno volle che qualcuno gli indovinasse quanto valeva la sua barba. Ordinò pertanto alle guardie di far salire su al palazzo tutti coloro che fossero passati per quella via. Passò il primo cittadino, le guardie lo condussero davanti al sovrano il quale gli ordinò di sedere e gli impose: “Tu devi indovinare quanto vale la mia barba”. Il povero cristiano non seppe che rispondere e di conseguenza fu mandato in prigione. Passò il secondo, poi il terzo e poi il quarto e a ciascuno capitò la stessa sorte. Intanto il nonno e la nipote pativano sempre più freddo e fame; essi abitavano in un sottano nelle vicinanze del palazzo reale e per rimediare qualcosa dovevano transitare dove le guardie fermavano i passanti. Allora la nipote disse al vecchio: “Vai su alla fortezza e quando sei dinanzi al duca digli che nell’ora della morte la sua barba vale quanto la tua”. Il nonno, spinto dal bisogno, passò per quella via, le guardie lo chiamarono e gli ordinarono di salire dal duca. E il duca gli rivolse la stessa domanda. Il vecchio rispose: “Quando morirai, Maestà, la tua barba varrà quanto la mia”. “Bene! Chi ti ha suggerito la soluzione?”. “Nessuno”. “Bada, devi dirmi la verità se no ti mando in prigione”. Il vecchio, intimorito, rispose: “Perdonami la superbia. Mia nipote è stata a suggerirmi questa soluzione sfrontata”. “Oh, bravo! Conducimi qui tua nipote”, fece di rimando il duca. Il vecchio, mai immaginando come se la sarebbe cavata, andò a chiamarla e il sovrano, volendo premiare l’acume della fanciulla e assicurarsi un pò di giudizio a corte, pensò bene di darla in sposa a suo figlio.
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Abriola, http://www.comune.abriola.pz.it/abriola/detail.jsp?otype=100068&id=101561, http://www.vacanzeinbasilicata.it/Basilicata/Potenza/Comuni/Abriola/Da-Visitare/Abriola-Castello.asp, http://www.initalytoday.com/it/basilicata/abriola/index.htm
Foto: entrambe sono di CaRo su http://lucania1.altervista.org/abriola/page1g.php?x=8&mini=a01gg.JPG&spg=pre e su http://lucania1.altervista.org/abriola/page1g.php?x=8&mini=a06gg.JPG
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