lunedì 28 novembre 2016

Il castello di domenica 27 novembre



ROCCAMANDOLFI (IS) - Castello Longobardo-normanno

Il piccolo centro del Matese ha origini medievali; la sua nascita risale molto probabilmente ai primi decenni del dodicesimo secolo, quando il territorio venne occupato e dominato dai signori Mandolfus, provenienti dalla Germania che qui costruirono una roccaforte. L'origine del nome viene scomposta proprio in "rocca", dal latino fortezza, costruita in genere in un luogo elevato, e "Mandolfi" dal nome della famiglia che dominò la rocca. Lo stesso nome subì però nel corso dei secoli diversi cambiamenti: da Rocca Magenula a Rocca Minolfa, fino a Rocca Ginolfi. Solo dal 1737 venne ad assumere il nome ancor oggi in uso. Sotto i Longobardi il luogo era parte della Contea di Bojano; con i Normanni il borgo venne aggregato alla Contea di Molise. Castellano di Roccamandolfi fu il conte Carlo Pannone (poi diventato Pandone). Nella ricca storia feudale del maniero ricordiamo che nel 1195 vi trovò rifugio Ruggero di Mandra, conte di Molise, il quale l'anno seguente, resistette ai limiti del possibile all'assedio della rocca da parte delle truppe imperiali, finché non fu costretto ad arrendersi. Nel 1220 l'imperatore Federico II ordinò l'abbattimento di tutte le fortezze che potevano rappresentare un pericolo per il potere imperiale, tra cui Roccamandolfi. Il coevo castellano, Tommaso da Celano, conte di Molise, non chinò la testa di fronte all'ordine: si asserragliò con sua moglie ed i suoi figli nel castello dove aveva concentrato la massima parte dei suoi soldati e resistette all'attacco di Tommaso I d'Aquino che per farlo capitolare scelse la via dell'assedio. Il conte uscì nottetempo dalla fortezza e, dopo aver raccolto un buon numero di armati, volse alla riconquista del castello di Celano. L'impresa riuscì ma risultò inutile, poichè nel contempo la moglie, Giuditta, che aveva preso il comando di Roccamandolfi, non resse alla pietà per le condizioni dei suoi uomini, ormai debilitati, e, nel 1223 si arrese: il castrum di Rocca Maginulfi fu demolito per ordine regio ad opera del Conte di Acerra. In seguito alla distruzione della Rocca gli abitanti furono costretti a trasferirsi ed il paese fu ricostruito più in basso nel luogo detto Casale, identificato con l'attuale Roccamandolfi. Passati questi accadimenti, sia il castello che il villaggio perdettero ogni rilevanza strategica: cominciò così la compravendita del feudo da parte dei vari nobili della città di Napoli. Carlo I d'Angiò concesse Roccamandolfi a Tommaso d'Evoli (1269), a Berengario di Tarascona (feudatario di Castelpizzuto) nel 1272, e quando questi decedette a Fulcone di Roccafolia (1278). I Roccafoglia lo detennero sino al 1391 (con una breve parentesi degli Artois). I Gaetani ne divennero feudatari nel corso della prima metà del Quattrocento, sino al 1456, quando Giacomo Gaetani lo alienò ai Cennamo, indi passò ai Perez. I Perez possedettero Roccamandolfi sino all'anno 1543, quando Francesco Perez la alienò al barone Giovanni Luigi Rizzo, patrizio napoletano, che la conservò sino al 1549. Questa famiglia possedeva anche nello stesso periodo (1541) il sopra citato feudo di Castelpizzuto (con Adriana, consorte di Ottavio Galeota). Nel 1549 il feudo di Roccamandolfi venne venduto all'asta. Nuovo proprietario fu un altro patrizio napoletano, Giambattista d'Afflitto dei conti di Trivento. Roccamandolfi cambiò velocemente proprietà, con l'alienazione alla potente famiglia napoletana di Sigismondo Pignatelli nel 1586. I Pignatelli, successivamente duchi di Roccamandolfi, conservarono il feudo fino al 1806 con l'eversione della feudalità. La struttura dell'antico castello segue le caratteristiche morfologiche del sito. Esso è stato costruito in alcuni punti sfruttando la roccia affiorante del monte che sovrasta l'abitato, e in altri riporti in terra che ne hanno delimitato il perimetro. La cortina attuale è delimitata da basse mura in conci ben squadrati e da cinque torri che occupano alcuni lati dell'insediamento fortificato e l'accesso al castello è reso possibile per la presenza di una rampa sul lato orientale retta da muri laterali. Essa immette in un ambiente rettangolare che presenta ad uno degli angoli una torre di controllo. A giudicare dalla presenza di altre cortine murarie, il castello doveva un tempo possedere numerosi altri ambienti. La parte meglio conservata è quella disposta sul lato meridionale, dove si può notare un tipo di muratura con consistenti quantità di malta cementizia impiegata per ovviare alla ridotta dimensione dei conci in pietra. Lo studio condotto dal prof. L.Marino ha consentito di mettere in evidenza alcuni problemi legati alla conservazione del bene. Il castello può essere considerato in alcuni punti allo stato di rudere. Esso ha subito nel tempo una lenta ma graduale opera di erosione che ne ha irrimediabilmente modificato l'aspetto. Per chi volesse approfondire e trovare altre notizie sul castello, ecco cosa leggere: http://www.samnitium.com/wp-content/uploads/2015/03/il-castello-di-Roccamandolfi.pdf Attualmente il Comune di Roccamandolfi, proprietario del bene, sta effettuando una serie di interventi finalizzati ad un completo restauro del monumento per una sua futura fruibilità, comprese indagini archeologiche, che costituiscono un intervento-pilota in questo ambito nel territorio molisano. Ecco qui delle ipotesi sul futuro del sito: http://quotidianomolise.com/trasformare-castello-roccamandolfi-un-resort-al-via-concorso-idee/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Roccamandolfi, http://www.moliseturismo.eu/web/turismo/turismo.nsf/0/EBF5154BB01D877DC125754C0032EFEC?OpenDocument, http://www.comune.roccamandolfi.is.it/sito/castello.htm, http://www.iserniaturismo.it/modules/smartsection/item.php?itemid=81 (testo tratto dalla pubblicazione a cura dell'IRESMO "Castelli e Fortificazioni del Molise")

Foto: la prima è presa da http://www.fabisonthenet.altervista.org/Fotomolise.htm, la seconda è di Molisealberi su https://www.flickr.com/photos/molisealberi/7359125252

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