Il suo nome comunque risulta tra le sedi episcopali dei primi tempi della Chiesa. Durante il Medio Evo fu distrutta dai barbari e gli abitanti superstiti errarono nei dintorni trovando precariamente ricovero in deserti abituri, finché l'imperatore Ludovico II liberò queste contrade dalle scorrerie dei Longobardi e dei Saraceni. Appartenuta successivamente ai Normanni, che edificarono il Castello, passò agli Svevi, agli Angioini e agli Aragonesi. Probabilmente nella prima metà del XIII secolo nel castello furono costruiti nuovi ambienti destinati a servizi e residenza; dal cortile interno, una scala permetteva l’accesso al primo piano del corpo nord tramite un piccolo portale con cornice a bauletto bugnato, conservata oggi come finestra. In epoca angioina è probabile che il castello sia stato interessato da interventi tali da ampliare le strutture e rafforzare le difese. Recenti scavi archeologici hanno portato alla luce un breve tratto di muro a scarpa ed una torre di forma poligonale, i quali hanno indotto gli studiosi a pensare alla presenza di un recinto fortificato utilizzato, in seguito, come fondazione delle strutture realizzate nel ‘400 con Giovanna d’Aragona e successivamente nel corso del XVI secolo con gli Acquaviva d’Aragona. Passato al principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini Del Balzo, il feudo di Acquaviva fu assegnato in dote nel 1456 alla di lui figlia Caterina sposa del duca d'Atri Giulio Antonio Acquaviva, assieme ai feudi di Noci, Turi, Conversano Castellana, Bitonto, Bitetto e Gioia. Nel 1499 il feudo di Acquaviva apparteneva alla contea di Conversano. Il marchesato di Acquaviva, assieme alla contea di Gioia, passato nel 1597 a Giosia e al di lui figlio Alberto Acquaviva d'Aragona, fu messo in vendita nel 1614 da quest'ultimo per dissesti finanziari. In tale data in Napoli presso la Regia Camera della Sommaria era affisso il bando d'asta con l'apprezzo stimato dai Regi Tavolari e Acquaviva era così descritta: "Acquaviva è una terra ricca e populata, 1700 fuochi (8.500 abitanti) di sito bellissimo, presenta comodità di negoziare ogli (oli) stando nel cuore della provincia ricchissima di tale frutto. La vicinanza al mare offre la possibilità di smaltirlo, per Venetia, Ferrara et per altri infiniti luoghi". La vendita di Acquaviva, assieme a Gioia, avvenne il 4 marzo 1614 per acquisto da parte di uomo d'affari genovese marchese Paride Pinelli. Nel 1623, alla morte di quest'ultimo, il feudo di Acquaviva e Gioia fu tenuto in fitto per 35 anni (1629-1664) da Giangirolamo Acquaviva d'Aragona, dal genovese Antoniotto Spinola, dal marchese Caracciolo di Santeramo e poi dal principe di Cassano, Gaspare Ayerbo. Nel 1663 Giovanni Girolamo Molignani, sulle ceneri di una precedente accademia poetico-letteraria, fondò l'Accademia dei ravvivati. Il feudo fu comprato finalmente nel 1665 per 216.000 ducati dal genovese marchese di Assigliano Carlo De Mari. Il nuovo feudatario, con il quale iniziò il dominio della famiglia De Mari che si protrarrà per oltre un secolo e mezzo, fissò la sua dimora nel vecchio castello di Acquaviva delle Fonti trasformandolo in uno splendido palazzo baronale. L’opera di trasformazione di Carlo De Mari e dei suoi successori sul castello fu radicale: essi lo trasfigurarono completamente, portandolo ad un assetto molto prossimo a quello attuale, avente lo status di palazzo nobiliare. Il nuovo edificio incorporò l'antico castello normanno del XII secolo, del quale è ancora riconoscibile la planimetria a quadrilatero irregolare con torri angolari collegate tra loro da un muro di cinta. In questo periodo il castello fu ampliato nelle superfici e nei volumi con la destinazione di spazi ad uso di sala teatrale elegante e galleria delle pitture (oggi utilizzata come sala del Consiglio Comunale) e si arricchì negli addobbi caratterizzati dai flussi artistici dell’epoca: cornici, maschere apotropaiche e viste prospettiche. Il cortile interno venne modificato con la demolizione della torre ottagonale e la trasformazione del “corrituro scoverto” in un raffinato e maestoso loggiato su cui campeggia lo stemma araldico dei principi De Mari, la cui dinastia fu caratterizzata e costellata da dispotismo, usurpazioni e sfruttamento sul popolo di Acquaviva, Gioia e Castellaneta sino all'abolizione della feudalità del 1806. Il monumentale palazzo, che fu opera dell'architetto genovese Riccobuono, presenta oltre cento ambienti interni. Sulla facciata principale vi è una triplice balconata balaustrata sul grandioso portale d'ingresso di gusto napoletano. L'edificio passò nel secolo XIX a D.Sante Alberotanza, nobile di Mola di Bari. Inaugurata il 28 maggio 2009, l’ala nord di Palazzo de Mari, è stata oggetto di un radicale restauro durato dal luglio 2007 a dicembre 2008 che ha portato alla luce non solo locali bellissimi architettonicamente e poderose strutture murarie di collegamento con il vecchio castello, ma anche un bellissimo affresco di Madonna con figlio e con santi, molto ben conservato, perché nascosto dietro un muro, sulla cui datazione ed attribuzione sta investigando la Sopraintendenza ai beni artistici di Puglia. Altri link suggeriti: http://www.cassarmonica.it/demari/demari4.htm, http://www.itccolamonico.it/dove-siamo/acquaviva/il-palazzo-de-mari.html, http://www.mondimedievali.net/Castelli/Puglia/bari/acquaviva.htm, http://www.prolocoacquaviva.it/palazzo-de-mari/
Fonti: http://www.comune.acquaviva.ba.it/index.php/palazzodemari, http://it.wikipedia.org/wiki/Acquaviva_delle_Fonti
Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è presa da http://www.mariannaschiaroli.it/mariannaschiaroli/mostre-ed-eventi/details/50-Ala%20nord%20del%20Municipio
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