sabato 7 marzo 2015

Il castello di sabato 7 marzo







ENNA - Castello Svevo di Lombardia (di Mimmo Ciurlia)

Sin dall'antichità la città di Enna fu legata soprattutto al ruolo militare e di controllo territoriale che la sua particolare posizione le conferiva; dall'alto dell'altipiano calcareo sul quale sorge la struttura storica dell'abitato, si dominano le valli circostanti e tutto il centro dell'isola di Sicilia con vedute a trecentosessanta gradi, la distanza verticale tra il fondovalle e la sommità dello stesso altipiano
consente poi un controllo diretto anche di tiro delle vie di accesso alla cima e quindi all'abitato. Il Castello di Lombardia è una poderosa struttura che risulta essere fra i più importanti castelli medioevali di tutta la Sicilia. Affonda le sue radici in un maniero che i Sicani, incalzati dall'avanzare dei Siculi oltre due millenni fa, eressero sulla parte più alta della montagna, 970 m circa s.l.m., su cui fondarono Henna. E’ uno dei più vasti ed importanti fra i castelli medioevali della Sicilia (mq.26.630 circa); presenta strutture bizantine, arabe, normanne e sveve. Sotto di esso esisteva già la rocca di Cerere, su cui sorgeva il tempio, descritto da Cicerone, che i Sicani avevano eretto per esprimere il culto della dea delle messi, che da Henna si sarebbe poi diffuso in tutto l'impero romano. Il fatto che il castello dominasse la Rocca, era un segno di protezione del potere militare sul culto di Cerere. In seguito al declino dell'impero romano, furono gli arabi, intorno al X secolo, a rifondare il maniero e a rivitalizzarlo, tanto da ridare a Castrogiovanni il suo ruolo peculiare di Urbs Inexpugnabilis. Nel 1130 il normanno Ruggero II di Sicilia fece restaurare l'antica fortezza sicana che con il passare del tempo divenne nota con il nome di castello di Lombardia per la presenza nel vicino quartiere cittadino di una colonia lombarda formatasi con la conquista normanna dell'isola. Erano lombardi anche i fanti messi a guardia della fortezza. Un secolo dopo, l'architetto Riccardo da Lentini su incarico della corte degli Svevi ristrutturò il castello, innalzando 20 bellissime torri per rafforzare gli imponenti muraglioni stretti attorno agli atri residenziali, ove soggiornò Federico II di Svevia durante i periodi estivi. In quegli anni, il castello di Lombardia conobbe il culmine della sua importanza strategica;  l’edificio, la cui fama si estese oltre iconfini siciliani per essere uno dei più inespugnabili d'Italia, fu una roccaforte d'assoluta eccellenza in cui, per due volte, fu riunito il Parlamento del Regno di Sicilia. In questo Castello Federico III d’Aragona, nel 1314, assunse il titolo di Re di Trinacria e nel 1324 vi riunì il Parlamento siciliano. L'avvento dei Borbone, avversi a Enna, e lo sviluppo dell'artiglieria portarono il castello di Lombardia a un declino che lo vide trasformato in prigione da cui era impossibile evadere. Nel 1923 le antiche segrete del castello, dove venivano rinchiusi i prigionieri, furono riconvertite in serbatoi di raccolta per la distribuzione dell'acqua corrente; attraverso l'acquedotto proveniente da Enna bassa, l'acqua viene pompata fino alle vasche del castello, punto più alto della città, e da lì parte la distribuzione, per pendenza, ai quartieri del centro storico. Le 4 vasche sono state ricavate da altrettante grandi sale con volta a botte scavate nella roccia, al di sotto del prato presente nel secondo cortile; l'accesso, riservato agli addetti ai lavori, avviene da una porticina situata lungo la muraglia meridionale del maniero. Di pianta pentagonale e con torri quadrate, presenta nella parte interna cortili (oggi uno dei tre cortili è stato trasformato in un teatro), muri, cinte difensive e dieci torri per assicurare il massimo della difesa. La struttura basa la sua difendibilità intanto sulla posizione arroccata sulla cima rocciosa della cuspide Est dell'altipiano ennese, qui il basamento roccioso fu intagliato sino a ricavare un’ alta muratura a barbacane, utilissima alla difesa piombante della base del castello e, evidentemente, del tutto inattaccabile da una eventuale opera di mina delle muraglie. Le mura chiudono poi una serie di circuiti modulati secondo diverse linee di difesa sempre più strette e sempre più vicine alla zona chiave del castello stesso, il Maschio. La prima cinta, va probabilmente immaginata come una blanda cortina muraria che doveva contenere anche la Rupe di Cerere, utilissima al controllo della vallata del Dittaino. Più interna stava la cortina muraria che segue l'andamento del roccione calcareo tagliato a scarpa, quella, in parole povere, che viene oggi identificata come la cortina esterna del castello. Su questa cortina si aprivano le entrate. La prima a Sud, ancora esistente, munita di una rampa gradonata percorribile anche a cavallo e chiusa da una porta con arcata esterna a sesto acuto, rimbotto e arcata interna a tutto sesto. Un'altra porta si apre verso la zona della rocca di Cerere, anche questa costruita secondo lo stesso modulo del doppio arco con rimbotto ed anche questa controllata da una torre aggettante dalla cortina muraria e da un camminamento di ronda. L'entrata principale avveniva invece attraverso una grande porta posta al centro del fronte Ovest del castello, dove oggi è posta la villetta del monumento ai caduti. Tale porta, in genere tenuta chiusa, era munita di un sistema con rampa esterna e ponte levatoio, come si può vedere da alcune antiche rappresentazioni e come ci ricorda la tradizione della processione pasquale detta del ponte. Complessivamente il sistema di entrata al castello dal suo lato prospiciente la città, avveniva o dalla porta minore con la rampa e poi attraverso il piccolo cortile del fronte, o attraverso il ponte levatoio e quindi attraverso il cortiletto stesso. Sulla disposizione di questo cortile bisogna lavorare ad una ipotesi di ricostruzione che ne consideri le funzioni altamente difensive. Ivi chiaramente non vi era alcuna traccia della porta e della rampa che oggi salgono al castello dal lato di nord e che furono aperte solo nella seconda metà del nostro secolo, al centro lo spazio del cortile, oggi tutto unico, doveva essere diviso in due dalla presenza di un corpo turrito aggettante dalla muratura interna e il cui andamento si può indovinare seguendo l'innesto della base piena e delle murature appoggiate al muro interno tra quelle che oggi sono le due porte di accesso al cortile grande di San Nicola. L'ingresso al cortile grande avveniva quindi dalla porta che oggi campeggia al centro del cortile piccolo, anch'essa modulata secondo lo stile che va ascritto alla personalità del cosiddetto Maestro del Castello di Lombardia. Questa porta, munita di arcatura esterna a sesto acuto, rimbotto e arcatura interna a tutto sesto, è ulteriormente interessata da due grandi nicchie laterali al vano della porta stessa, probabilmente utili alla presenza stabile di guardie armate nei suoi pressi. Tutte le murature del piccolo cortile dovevano essere munite di camminamenti di ronda merlati utili al controllo dall'alto del delicato settore. Certamente è da espungere la presenza della seconda porta aperta nella muratura tra il piccolo cortile esterno ed il cortile grande, tale apertura fu infatti costruita solo nella seconda metà del nostro secolo per esigenze legate alla utilizzazione a teatro del cortile stesso. Sotto quello che sino a un paio di anni fa era l'impiantito del palcoscenico teatrale si apre una lunga cavità artificiale che alla luce delle ultime campagne di scavo sembra essere la cella segreta di un tempio dedicato alle divinità Ktonie. E' questa una vasta galleria con pavimentazione a rampa discendente ed imboccatura ad imbuto, del tutto ricavata nella viva roccia verso una sala sotterranea con loculi per lampade e pinakoi, una sorta di sepolcro gigantesco ed una vasca di raccolta dell'acqua a probabile uso lustrale. Oggi la cavità è terminante in un piccolo cunicolo che esce al livello della strada esterna e che venne aperto per il trasporto degli apparati scenici del teatro. Questo cunicolo ha tagliato anche un pozzo verticale controllabile dalla muratura soprastante poi utilizzato per il posizionamento del paranco. Sempre all'interno del cunicolo compare un complesso sistema di raccolta delle acque piovane che venivano poi immesse in una canaletta esterna che portava l'acqua sino ad un abbeveratoio che doveva essere posto all'angolo di Nord Ovest del castello ove oggi è una piccola fontanella. All'angolo di Nord Ovest del cortile si trova invece il complesso delle residenze della guarnigione, a giudicare dalla struttura oggi visibile, del tutto dissimile dalle altre opere del castello, sembra che questo settore sia stato costruito in un secondo tempo, probabilmente sotto il vicereame spagnolo. Molto interessante è la struttura visibile al piano terreno, coperta da una serie di arcate a sesto leggermente ribassato ed impiantate su pilastri a base quadra di dimensione leggermente maggiore dello spessore della ghiera dell'arcata stessa. Dal complesso delle guarnigioni si può accedere a due vani contenuti nello spessore della torre detta della Campana, ed utilizzati come prigione. Questi vani sono del tutto privi di luce e sono coperti da bassi tetti. Nel vano cella superiore gli intonaci a gessetto portano ancora i segni dei "graffiti" dei prigionieri: calendari, minacce, poesiole e firme, segnali della grama vita dei prigionieri che sino alla costruzione del nuovo carcere del Mulino a Vento, stazionarono nelle buie celle del castello. Al periodo "moderno" del castello, appartiene anche la bella guardiola con copertura a cupoletta in pietra posta sulla muraglia tra il cortile e la zona dell'entrata. Dalla scalinata che costeggia il complesso della guarnigione si sale al camminamento di ronda della murata ed ancora ad una scala esterna che con i gradini in aggetto su risega, portava al piano terrazzato della torre della Campana, oggi coperta da un tetto in coppi di cotto. La torre della campana, forse rimaneggiata in un secondo momento, veniva così chiamata perché in essa era contenuta la campana che dava l'allarme alla città in casi particolari e soprattutto in caso di evasione di qualche prigioniero. Molto bella è la finestrella, probabilmente utile al posizionamento della campana, che è ingentilita da un antepagmenta in pietra scolpita con un conchiglione sulla sommità dell'apertura. Dal cortile grande, attraverso una scalinata che certamente è da considerarsi come una superfetazione, si accede al cortile detto delle vettovaglie. L'ingresso di tale cortile è difeso da un'altra delle porte a doppia arcata detta della Catena. Questa porta è controllata dall'alto di due torri, a Sud da una piccola torretta quadra a piani non comunicanti e legata ai camminamenti di ronda delle mura ed a nord dalle terrazze della vasta torre a dongione che doveva ospitare gli appartamenti reali. La scalinata che dà oggi accesso alla porta della Catena, doveva essere invece una rampa capace di dare facilità di accessi a carri e cavalli che certamente dovevano poter circolare tra le diverse parti del castello. Nel cortile delle Vettovaglie, dove venivano ospitati i terrazzani in caso di assedio, oggi sono ben poche le opere murarie ricostruibili, si notano una torretta in corrispondenza dell'apertura di Est di cui si è già parlato, il basamento in pietra di un'altra torretta angolare su barbacane, posta a difesa dell'angolo di Sud Est del castello e della quale non rimane traccia alcuna, un'altra torretta, posta alla confluenza delle murature esterne ed interne dei due cortili del teatro e delle vettovaglie ed infine i segni degli innesti di varie murature coeve e successive alla costruzione del castello. Si giunge quindi al terzo ed ultimo dei grandi cortili, il cuore del castello, il luogo della residenza reale e dei servizi della corte ma contemporaneamente il Maschio della difesa militare. Questo cortile è concepito come un castello nel castello, di forma quasi quadrangolare è difeso agli angoli da torri quadre anche molto grandi. La porta che apre il cortile sul precedente spazio delle vettovaglie è gemellare a quella della Catena, difesa verso l'esterno da un camminamento di ronda e dai lati della torre reale e della piccola torretta che si innalza alla sua destra. Probabilmente in un primo momento questa torretta non doveva esistere e al suo posto doveva trovarsi una postierla che apriva il cortile verso la porta di Est, successivamente l'uso di questa postierla dovette risultare ridondante o addirittura pericoloso e al suo posto fu eretta la torretta quadra che oggi si vede. Tale ipotetica posteriorità sembra comprovata dalla presenza nella torretta di un corridoio di ingresso che presenta in entrambi i suoi lati porte con il rimbotto per la difesa esterna. Ad una attenta analisi l'unica differenza che compare tra le due ghiere degli archetti è l'uso di una diversa tecnica per la chiave di volta, la ghiera che dà verso l'interno della torre, e che quindi sarebbe stata quella esterna, presenta la chiave sdoppiata in due conci così come quelle di tutto il resto del castello esclusa la Torre Pisana; quella oggi esterna, che  dà verso il cortile di San Martino, presenta la chiave unica con la punta dell'ogiva esclusivamente scavata nella pietra. Interessante è notare come la dimensione delle porte di questa torre sia minima e come tale scelta sia destinata a costringere l'eventuale nemico a chinare la testa e porgere il collo alle armi dei militi. In questo cortile, nei periodi in cui Enna veniva utilizzata come residenza militare dei sovrani del Regnum Siciliae, dovevano trovarsi tutte le strutture utili sia alla strenua difesa della famiglia reale sia alla vita della corte, sebbene in maniera spartana e militare. La torre centrale, detta oggi erroneamente dell'Harem, è il fulcro della residenza reale, si sviluppa su due diversi piani e probabilmente doveva avere un ulteriore piano terrazzato almeno su metà del suo corpo. Da questa torre vanno immediatamente espunti gli interventi di restauro operati negli anni cinquanta e sessanta senza alcun rispetto per la forma dell'edificio. Sono del tutto false la Porta che si apre accanto la Porta della Catena, e che laddove fosse esistita avrebbe vanificato in pieno lo sforzo difensivo del mastio, la finestra sovrastante la stessa porta, la porta di passaggio tra i vani del piano terra della torre e le due finestre basse aperte sul piano terra della torre stessa. La torre doveva essere invece organizzata con una bassa sala buia, o forse illuminata da strette feritoie a sguancio simili a quelle che si aprono ancora sul muro esterno del mastio; da questa una scala in legno doveva portare alla sala superiore il cui livello viene demarcato dalla presenza di alcune mensole e della risega che restringe le mura fornendo l'appoggio per il soffitto in legno. Solo dal piano superiore si doveva avere accesso alla saletta più piccola della torre, forse adibita a saletta privata, ed illuminata dalla bella finestra con ghiera a sesto acuto ribassato e piattabanda. Dalla saletta si aveva accesso ad un corridoio voltato a botte, del quale oggi rimane solo una piccola porzione con una singola feritoia, e che probabilmente doveva essere connessa con le strutture di controllo della porta di accesso al mastio e con i camminamenti di ronda dello stesso. Sempre dal corridoio voltato si ha l'accesso alla parte più alta della torre che presenta una doppia terrazza certamente merlata. Le coperture interne della torre sono ambedue costituite da belle volte a crociera in pietra da taglio a facciavista che dimostra la notevole perizia delle maestranze che costruirono il maniero. L'accesso basso della Torre, avveniva attraverso un corridoietto voltato a botte ed una porta molto alta e stretta con un rimbotto ingentilito da due piccole mensoline tondeggianti che reggono l'architrave. Questa porta, che dava accesso da parte della cosiddetta Sala del Trono, doveva essere difesa da una caditoia controllata dal corridoio soprastante e della quale sembra rimanere il foro di arrivo dei proiettili litici sovrastato da un archetto che incornicia una nicchia forse utile alle guardie di controllo agli appartamenti reali. Quel piccolo vano, scavato nella roccia sotto quella che abbiamo ipotizzato come saletta privata degli appartamenti reali, probabilmente doveva essere una buia segreta adibita o a forziere o a rifugio estremo in caso di disfatta delle difese del castello. E' molto verosimile che la decadenza del castello iniziò nel XV secolo, quando, pacificata la Sicilia sotto la dinastia dei Trastamara, furono sopratutto i castelli e le fortificazioni costiere a mantenere grande importanza militare. Nel '700 il castello di Lombardia era già parzialmente in rovina, e nel 1837 Ferdinando II di Borbone lo giudicò militarmente inservibile. Utilizzato in seguito come prigione, al 1887 il castello è descritto in pieno sfacelo. Negli anni '30 del XX secolo il primo cortile fu trasformato in teatro all'aperto inaugurato nel 1938 con l'Aida, e vaste cisterne idriche furono ricavate sotto il "cortile delle vettovaglie". Durante la seconda guerra mondiale vi furono acquartierati contingenti militari. Nel dopoguerra a partire dal 1951 furono eseguiti pesanti interventi conservativi di ripristino, cui seguirono altri interventi nel 1959. Per quasi mezzo secolo, fino a pochi anni orsono, al Castello ha avuto sede il Teatro Lirico cittadino. Oggi l'operato della Soprintendenza ennese sta portando alla luce strutture sconosciute del castello che ne chiariscono ulteriormente il
funzionamento e strutture precedenti, a volte monumentali, pertinenti all'acropoli antica ed a fortificazioni ed abitazioni ancora tutte da studiare. Il Castello di Lombardia si appresta così a divenire un parco archeologico antico e medievale tra i più interessanti dell'intero
bacino del mediterraneo.


Foto: le prime due sono cartoline della mia collezione, la terza è presa da www.sicilia5stelle.it

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