Il luogo dove sorge il castello (in posizione dominante sull’altipiano della Vigolana, alle pendici del monte di Bosentino) ospitava probabilmente un castelliere già durante l'età del bronzo e del ferro. Le prime notizie storiche del castello risalgono al 1214, quando il principe vescovo di Trento Federico Vanga lo affidò alla comunità di Vigolo affinché fosse ricostruito. All'epoca infatti il castello era un bene comune gestito dai cosiddetti vicini, abitanti del luogo che in cambio fornivano tributi al principe vescovo di Trento in base alla "carta delle regole" della comunità. Il controllo comunitario del castello non ebbe vita lunga: nel 1244 il principe vescovo Aldrighetto da Campo lo affidò a Giordano e Montenario da Pomarolo. Nel 1254 fu assediato e distrutto, come molti altri castelli, da Ezzelino III da Romano mentre risaliva la Valsugana per puntare su Trento. Nel 1424 il castello passò alla famiglia dei Murlini e in seguito nel 1477 ai Tabarelli de Fatis di Terlago, i cui discendenti ne sono tuttora i proprietari. I de Fatis acquisirono il castello in uno stato di completa rovina e lo ricostruirono quasi completamente in forme cinquecentesche, trasformandolo in una dimora gentilizia di campagna. A queste modifiche risale la sua struttura attuale che ha perso completamente l'aspetto medievale. Tuttavia il gran fabbricato sommitale (palazzo baronale), i corpi di fabbrica attigui, i resti delle cinte murarie e la torricella che presidia la vecchia strada di Bosentino possono suggerire l’originaria topografia del maniero. Il mastio, a pianta quadrangolare, di circa 10 metri per lato, era fondato sulla sommità del rilievo ed era circondato da una cinta muraria, parte della quale, verso valle, scorta tuttora la strada. Secondo Gian Maria Tabarelli le torri inserite nelle cortine erano quattro: due ai lati del settore a monte e due a valle. La torretta sud, detta Toresela, starebbe a ricordare lo schema fortificatorio esterno delle cortine. Essa è a pianta quadrangolare e conserva l’originaria copertura di coppi. Tra la torretta e il muricciolo si apre il varco di una scalinata che porta al cancello della corte antistante il prospetto meridionale del palazzo. L’ingresso principale è situato nella facciata nord. I materiali dominanti del castello sono pietra metamorfica, porfido e calcare rosso e bianco delle cave di Trento. Con i Tabarelli il castello assunse una determinata funzione sul territorio e sulla società. Ne sono un esempio i continui contrasti e le vertenze che si susseguirono con le comunità locali che riguardavano la gestione dei boschi, pascoli, coltivazioni, terre di dissodamento e soprattutto dello jus patronatus sulle chiese che raggiunse fasi roventi fin quasi ad arrivare ad uno scontro armato e si concluse soltanto nel 1669 con il riconoscimento, da parte della popolazione di Vigolo, del diritto di patronato da parte dei Tabarelli. Questo riconoscimento è sancito dalla lapide marmorea posto a lato dell’altare maggiore della chiesa parrocchiale di Vigolo Vattaro e dalla pergamena Capris datata 31 dicembre 1669 depositata presso l’archivio di Stato. Essendo un'abitazione privata, il castello non è accessibile al pubblico. Nella torricella di guardia (Toresela) c’era la stanza delle torture: i condannati venivano sottoposti ad ogni genere di sevizie prima di essere gettati nella “prigione fonda”. La tradizione aggiunge che furono ritrovati alcuni scheletri nel sottosuolo della torricella. Il fondo della torretta custodisce il segreto di tre sotterranei: uno di collegamento con la canonica, il secondo con quella di Bosentino, il terzo con quella di Vattaro. Si racconta che gli spiriti dei castellani defunti si incontravano nella stanza del caminetto soprattutto nelle notti di luna piena annunciati da un violento soffio di vento. Altre volte si divertivano a trascinare catene lungo le sale e i saloni. Il diritto della prima notte di matrimonio. I castellani di Vigolo pretendevano il diritto della prima notte di matrimonio: ogni ragazza che si sposava doveva salire al castello e intrattenersi con il feudatario. Finchè un ragazzo di Maso Piazzera si rifiutò di sacrificare la sua giovane sposa ad un barbaro uso. Venne arrestato e condannato a morte con la tortura del ghiaccio sulla testa e sotto i piedi. Gli uomini di Vigolo erano obbligati a prestare la loro opera ai castellani. Un giorno il capovilla inviò il figlio di dieci anni per chiedere se avesse bisogno di uomini al lavoro. Il bambino trovò il conte che stava armeggiando attorno ad un archibugio. Il conte, con una scusa, chiese al bambino di salire sull’albero. Il ragazzo non se lo fece dire due volte, ma giunto in cima alla pianta il castellano imbracciò l’archibugio usando il povero ragazzo come bersaglio. Alla notizia del feroce delitto, gli uomini di Vigolo accorsero al castello e trovarono il corpo del bambino a terra sotto l’albero. Il castellano invece aveva fatto sbarrare le porte dalla paura. Ecco una breve visita aerea del monumento: https://www.youtube.com/watch?v=chVAURLTonI (video di Giuseppe Tamanini)
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Vigolo, https://www.cultura.trentino.it/Luoghi/Tutti-i-luoghi-della-cultura/Castelli/Castello-di-Vigolo, http://www.comune.vigolana.tn.it/fusione/Territorio/Luoghi-e-punti-di-interesse/Castel-Vigolo
Foto: la prima è presa da http://www.catinabib.it/?q=node/1181, seconda è di Matteo Ianeselli su https://it.wikipedia.org/wiki/Vigolo_Vattaro#/media/File:Vigolo_Vattaro-Castel_Vigolo-southwest.jpg
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