martedì 31 gennaio 2017

Il castello di martedì 31 gennaio






SICULIANA (AG) - Castello Chiaramonte

Il castello di Siculiana, che già preesisteva alla fondazione del borgo, fu costruito da Federico Chiaromonte intorno al 1300 sulle rovine del castello arabo di Kalat Sugul, citato tra gli undici castelli che resistettero agli assalti del re Ruggero il Normanno e che fu raso al suolo dopo la resa di Girgenti. La signoria del castello rimase a lungo ai discendenti dei Chiaromonte. Il centro abitato di Siculiana, invece, fu fondato nel 1425 circa e fu feudo con titolo di baronia della famiglia Bonanno dei principi di Cattolica. L'impronta dei Chiaramonte nello stile architettonico è inconfondibile, con chiare analogie riscontrabili nei castelli di Favara e Racalmuto. Quella di Siculiana doveva essere e fu una vera e propria fortezza. La posizione sopraelevata, le mura tanto consistenti e la presenza di un ponte levatoio quale unica entrata possibile, ne fecero di fatto una roccaforte pressoché inespugnabile. L'accesso era stato ricavato scavando nella roccia e da esso, attraverso un androne, sovrastato da un enorme arco centrale, si poteva entrare nella grande piazza d'armi che aveva una sagoma triangolare. Al centro della piazza era stata ricavata una cisterna molto capiente che serviva a raccogliere l'acqua piovana da utilizzare nel caso in cui il castello fosse stato posto sotto assedio. Cominciava a nascere il primo nucleo del paese attorno alle mura del castello merlato. La fama del bellissimo castello si accrebbe in occasione del secondo matrimonio dell'unica figlia di Federico Chiaramonte, Costanza. La nobile donzella era già andata una prima volta a nozze, sposando Antonio del Carretto, signore assoluto e marchese degli Stati di Savona e Finale. Insieme alla bella Costanza, il nobile ligure aveva ottenuto in dote da Federico, le baronie di Calatabiano e Siculiana e la contea di Racalmuto. Da questo matrimonio nacque un figlio maschio chiamato con lo stesso nome del padre prematuramente scomparso. La giovane vedova ebbe seconde nozze fastose e solenni, e la cerimonia, che vide il suo destino intrecciarsi con quello del nobile genovese Brancaleone Doria, si svolse proprio nella piazza d'armi del castello, imbandierata a festa per l'occasione, e fu riferita con dovizia di particolari in ogni vicina contrada. Il tutto avvenne in un alone di fascino speciale, amplificato dall'esistenza di un'antica credenza che vuole benedetti dalla Provvidenza i patti matrimoniali conclusi sulla Rocca di Siculiana. Se la baronessa Costanza fu felice o meno a noi non è dato sapere; non esistono documenti che lo attestino, ma è indubbio che il suo consorte ebbe gran fortuna, tanto da essere nominato nel 1335 governatore di Sardegna. Alla morte di Federico, avvenuta nel 1311 a Girgenti dove la madre, Marchisia Profolio dei Signori di Ragusa e conti di Caccamo aveva fondato il Convento di San Francesco e il Monastero di Santo Spirito, la baronia fu ereditata da questa unica figlia, Costanza Chiaramonte. Quando questa morì la baronia passò al figlio di primo letto Antonio del Carretto Chiaramonte, barone di Racalmuto, come risulta da un censimento fatto effettuare da re Martino I di Sicilia nell'anno 1413. Il castello e la baronia appartennero ai Chiaramonte fino al 1427, quando comparve sulla scena siculianese un nobile di Catalogna, Gilberto Isfar (o Desfar) y Corillas, arrivato nell'Isola al seguito del re Alfonso I il Magnanimo che gli aveva conferito l'ufficio di maestro segreto del Regno. Egli comprò le terre e la fortezza, con vari privilegi nel 1430 e il feudo di Favarchi nel 1432. Di questi privilegi ottenuti dal nobile catalano scrive nella sua opera "Le due deche dell'Istoria di Sicilia" lo storico Tommaso Fazello: <<...impetrò novellamente la potestà di congregar gente, non che l'uso della spada ed in fine ottenne nel 1437 di esportar liberamente, a sei miglia dall'emporio, le così dette tratte...>>. Sotto la sua baronia assunse notevole importanza "Il Caricatore", già conosciuto dagli arabi come "Tirsat Abbad". Nel 1440 Gilberto divenne Vicario generale del Regno e, dopo trent'anni, investì il figlio Giovanni Gaspare che chiese al suo sovrano, re Alfonso, di poter conglobare alla baronia di Siculiana anche il territorio di Monforte. Il figlio di costui, Vincenzo, avendo ereditato i feudi alla morte del padre, decise di vendere Siculiana a Guglielmo Valguarnera, ritenendo però le tratte. Questo può farci intendere ancor più l'importanza e l'entità dei commerci che si svolgevano nella zona. Sostiene ancora il Fazello che Federico Isfar si riappropriò dei suoi possedimenti e li trasmise ai legittimi discendenti. In questo periodo il nucleo del paese contava circa 38 case. Nel 1592 prese investitura della baronia di Siculiana e delle Saline, Blasco Isfar, definito dall'abate e storico Vito Amico <> che dal matrimonio con Laura Caetani non ebbe eredi maschi, quindi l'eredità passò alla figlia Giovanna, moglie di Vincenzo del Bosco duca di Misilmeri. Da un censimento effettuato all'epoca si contavano a Siculiana 564 abitanti. Giovanna diventò principessa allorché, per privilegio di Filippo III, il marito ricevette l'investitura di Cattolica e intorno al 1610 vi fondò il paese. Lo stemma degli Isfar-Del Bosco, tre monti d'argento fiammeggianti di rosso moventi dalla punta, su campo azzurro, è in parte stato adottato nello stemma civico di Siculiana, anche se qui il campo è rosso, i monti sono cinque e al centro c'è anche un gatto nero, che è il simbolo dello stemma della famiglia Bonanno. Le insegne dei Chiaramonte e dei Bonanno, che ebbero il feudo nel periodo successivo, si potevano scorgere in passato nelle mura del castello e vi si poteva leggere anche il motto " Nec sol per diem, nec luna per noctem". L'andamento demografico del paese era in netto aumento, tanto da far contare circa 1029 abitanti. Nel 1655 fu nominato principe di Cattolica e barone di Siculiana, Francesco del Bosco da cui nacque Giuseppe, che morì senza eredi nel 1668. Nel 1713 si era passati a 3042 anime, un bel numero certamente, per un'economia basata su agricoltura e pesca. Nel 1720 s'investì della baronia Francesco Bonanno, zio per parte di madre di Giuseppe. Francesco Bonanno, infatti, era figlio di Rosalia del Bosco e di Filippo Bonanno ed era già principe di Roccafiorita, duca di Montalbano e di Misilmeri. Alla morte di Francesco, il figlio Giuseppe Bonanno Filangeri, ereditò l'immenso patrimonio e assommò ai titoli ereditari, come quello di Grande di Spagna e per quanto riguarda le vicende del territorio siculianese, barone e Maestro Portulano del Caricatore di Siculiana. Tanto onore e prestigio in cariche e onorificenze ebbe questo nobilissimo cavaliere, che si rese necessario il suo trasferimento a Napoli, presso la corte del re, per poter attendere alle sue mansioni. Occorse quindi affidare i suoi interessi in Sicilia a qualcuno che potesse prendersene degnamente cura. Giuseppe nominò quindi il fratello Don Emanuele Bonanno Filangeri suo Procuratore Generale, incaricandolo del governo di tutte le sue Baronie e i suoi Stati. Purtroppo la lontananza della Famiglia dall'Isola ne determinò la decadenza e il fallimento: il tenore di vita che mantennero alla corte di Napoli comportò oneri economici altissimi e l'amministrazione dei beni non venne fatta oculatamente; il risultato fu il declino economico della potentissima famiglia. Nel 1779 morì Giuseppe Bonanno e gli successe il figlio Francesco Antonio Bonanno Filangeri che sposò poi Caterina Branciforti dei Principi di Butera. Con la legge votata dal Parlamento Siciliano, precisamente il decreto del 10 luglio 1812, venne abolito il Baronaggio e quindi la famiglia, come le altre nobili famiglie siciliane, perse tutti i privilegi feudali, tutte le baronie, i ducati. Dal censimento datato 1861 risulta che gli abitanti del paese in quell'anno erano saliti a 5794. Pare che i Bonanno abbiano ottenuto nuovamente il feudo di Siculiana con un decreto ministeriale datato 26 dicembre 1898. L'ultimo discendente a possederlo risulta sia stato un Bonanno Perez. Nel 1901 Siculiana contava addirittura 7084 abitanti, record battuto solo nel 1951 quando il loro numero salì a 7911. Da allora si è assistito a un decremento e uno spopolamento continui. Dopo l'esproprio dei terreni della Chiesa da parte del Regno d'Italia, un nobile pisano residente a Palermo, il barone Nicolò Agnello, si aggiudicò in un'asta pubblica il possesso della baronia e dell'antico castello, possesso che la famiglia tenne fino al 1915, quando venne affiancata da altre famiglie nobili del luogo, come i Basile, gli Scalia e gli Scaramazza. Le condizioni pessime della fortezza fecero sì che dopo l'unità d'Italia fosse adibita a carcere mandamentale. La sua parte orientale o " Quarto Nobile", la più antica e interessante, dove si trovava una torretta sormontata dallo stemma dei Chiaramonte, venne fatta letteralmente demolire dal barone Stefano Agnello che vi fece costruire una residenza più sontuosa dove trascorrere la villeggiatura. Secondo alcune testimonianze dell'epoca, ai tempi di Francesco Agnello, il castello ebbe a ospitare il grande scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Fu in quelle stanze che vennero scritte alcune pagine del famoso romanzo "Il Gattopardo". Numerosi furono gli sposalizi ed accordi nobiliari celebrati nel castello, incoraggiati da un'antichissima credenza che vuole benedetti dalla Provvidenza i patti conclusi sulla "Rocca di Siculiana". La chiesa di S.Lorenzo, posta sull'ala Sud del Maniero è la più antica del paese, fu edificata nel XVII sec. Essa fu la prima sede di culto del SS.Crocifisso, che è attualmente custodito nell'omonimo santuario del paese. Del complesso architettonico originario rimane soltanto la parte occidentale dove si trovano gli ambienti di servizio un tempo destinati a magazzini, stalla, e la suddetta chiesa. La parte restante presenta un impianto planimetrico composto da due corpi longitudinali convergenti, costruiti lungo i margini del costone roccioso, che formano una corte interna aperta. L'ala meridionale consta di un corpo longitudinale ad una elevazione; l'ala settentrionale presenta una articolazione più complessa e doppia elevazione. Tutta la costruzione è realizzata in pietrame di gesso legato con abbondante malta. La muratura che definisce lo spazio interno della corte è stata restaurata lasciando la pietra a vista; la finitura originaria tuttavia, doveva essere uguale alla superficie muraria esterna che è definita con un intonaco in malta di gesso disposto a raso con la pietra che resta a vista. Il complesso, oggi di proprietà privata, mette a disposizione ampi spazi disponibili per convegni, congressi, meetings in sale attrezzate e con servizi accessori e complementari di rilievo ed all’avanguardia per una fornitura completa. Per approfondimenti sulla storia e le leggende legate al castello di Siculiana, suggerisco la visita del suo sito web ufficiale: http://www.castellochiaramonte.it. Ecco un video (di Turitalia Arte) in cui ammirare sia gli esterni che gli interni del complesso: https://www.youtube.com/watch?v=Irisa9GsglU.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Siculiana, http://www.comune.siculiana.ag.it/siculiana/zf/index.php/storia-comune, http://www.sviluppocultura.com/2012/01/il-castello-chiaramonte-di-siculiana.html, http://www.icastelli.it/it/sicilia/agrigento/siculiana/castello-di-siculiana

Foto: la prima è presa da https://www.distrettoturisticoselinuntino.it/a.cfm?id=416, la seconda è di mbriatore su http://rete.comuni-italiani.it/foto/contest/16422

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