POGGIO CATINO (RI) - Castello di Catino
Sorge sulla sommità dell’omonimo comune di Poggio Catino. È riconoscibile sin da lontano per un’alta torre che spicca dal paese. Siamo nel versante tiberino dei Monti Sabini, ove vasti boschi di faggi e lecci lasciano il posto, più in basso, a splendidi uliveti alternati a pascoli e coltivi, secondo le caratteristiche del classico, verdissimo paesaggio sabino. In tale contesto, il Castello di Catino rappresenta un episodio importante, sia per la leggibilità generale dell’impianto sia per la presenza di un elemento, quello della torre, a pianta pentagonale e alta più di trenta metri (spesso romanticamente definita come "longobarda"), che ne conserva un tratto originario assai significativo dal punto di vista storico-architettonico. Ben preservata è anche la cortina sul lato Est con i due torrioni circolari d’angolo, che offre lo scorcio più bello del fortilizio. Ma la straordinaria peculiarità di questo maniero è il suo svilupparsi, per il lato settentrionale, a strapiombo sull’orlo di un’enorme e profonda voragine, il “Catino”, da cui presero il nome i due abitati che essa da sempre divide: è ben noto del resto come il carsismo interessi in modo netto queste montagne, e nei pressi di Roccantica si ammira un’altra – e più grande – “dolina di crollo”, nota come il “Revotano”. La storia di Catino è strettamente legata a quella della vicina Poggio, ma fu proprio l’attuale frazione a nascere per prima. Fu fondata, infatti, fra il 652 e il 774, per volontà dei Longobardi del Ducato di Spoleto. Parliamo comunque dell’originario castrum, un insediamento fortificato a scopo puramente militare. Soltanto in seguito si venne a formare un villaggio di civili (anch’esso presto dotato di mura), ma non a Catino, bensì sul limitrofo “Poggio Moricone”, vale a dire l’odierna Poggio Catino. Tale scelta era scaturita dall’impossibilità di edificare a Catino un abitato sufficientemente esteso. Questo, per via dell’aspra natura del colle e della presenza del cratere. Ma perché – viene quindi da domandarsi – insistere nel rimanere in una zona talmente inadatta allo sviluppo di una città? La ragione va ricercata nella posizione strategica che la zona del “Catino” possedeva all’epoca. Infatti, si trovava sulla via di collegamento, alternativa alla Salaria, fra la Bassa Sabina a Rieti. Questa, passando all’interno dei Monti Sabini, segnava il confine fra il Ducato Romano e quello Spoletino. Dal canto suo, la svettante torre a base quadrata, risalente grosso modo al X secolo e che rende così pittoresco il castello, tradisce il suo ruolo evidente di baluardo destinato all’avvistamento. Se non possiamo affermare con certezza la sua appartenenza ad una “catena” di fortilizi fra loro comunicanti, per l’odierna mancanza nella zona di un quantitativo sufficiente di altri edifici con caratteristiche simili (come il limitrofo Castello di Roccantica, pur meno leggibile), non si può neanche scartare a priori tale eventualità, visto che proprio nei pressi dell’odierna “Strada del Tancia” si trovano i pochi resti di una rocca. Notizie confuse ci riportano quindi una origine longobarda sul finire del VII secolo, notizie riferite proprio nella colossale opera di frate Gregorio da Catino: il “Regesto Farfense", il documentum che testimonia un periodo che va dall'epoca longobarda al secolo XI. Ad ogni modo, con la fine del periodo delle invasioni barbariche, nel XI secolo Catino finì nell’orbita dell’Abbazia di Farfa, assieme agli altri castelli della zona. Viene infatti citato con precisione nel “Chronicon Farfense” (un’altra opera dello stesso Gregorio, che riporta cronache e storie dei suoi tempi, ovvero IX-X sec.), quando l’abate di Farfa, Berardo (1047-1089), acquistò 2/5 di Catino per poter costruire un nuovo oppidum nei terreni circostanti (l'odierna Poggio Catino). Con la sistemazione politica operata dai monaci, il villaggio di Poggio Catino ebbe un forte incremento demografico. Fu così ampliato, diventando definitivamente il vero fulcro abitativo del duplice insediamento “orbitante” sulla grande dolina. Tutto questo, nonostante il perno amministrativo rimanesse il Castello di Catino. Nella prima metà del XII sec. il Castello di Catino e il suo Poggio (odierno Poggio Catino) si costituirono in un libero comune anche se fu sempre soggetto al dominio di una famiglia del luogo: i S. Eustachio. Dal 1308 il castello passò infatti a Teobaldo di S. Eustachio, ma la famiglia tenne i possedimenti solo fino al 1476 quando a causa di un fratricidio proprio nella torre, Sisto V incamerò Catino e Poggio Catino. Il possesso del feudo si alternò poi, come avvenne per molti altri castelli della Sabina, tra gli Orsini e i Savelli e alcune famiglie patrizie minori. Gli Olgiati ne presero possesso solo nel 1614. Nel Seicento il Castello di Catino risulta già abbandonato. Successivamente, gli Olgiati iniziarono la completa ristrutturazione del castello di Poggio Catino (http://castelliere.blogspot.com/2016/01/il-castello-di-sabato-2-gennaio.html) che, intanto, era venuto ad affiancarsi a quello più antico di Catino, mentre ai piedi di quest’ultimo cresceva un vero e proprio borgo, anch’esso sull’orlo della voragine. La scelta della forma pentagonale della torre non ha altra spiegazione che quella di garantire alla struttura un buon appoggio a terra, tanto più che all’interno ha una pianta quadrata. Al suo culmine si trova una volta dalla quale, attraverso una botola raggiungibile attraverso delle rudimentali scale che un tempo collegavano quattro soppalchi, si accedeva a un piano di calpestio perimetrale che aveva funzione di parapetto. Il camminamento era utilizzato per la guardia. In caso di condizioni meteorologiche avverse era effettuata invece dalle finestre. La porta d’ingresso è sulla parete ovest e vi si accedeva salendo una scala in pietra il cui tracciato è ancora nettamente percettibile. Sotto la soglia in due fori erano conficcate due traverse in legno che sostenevano una pedana di accesso anch’essa in legno da poter rimuovere facilmente in caso di necessità difensive. La base della torre, che costituisce circa un terzo dell’intera struttura, è in pietra locale; il resto è in spongolite, una roccia frutto della fossilizzazione di banchi di spugne morte, materiale più leggero e per questo più facilmente trasportabile e squadrabile, rispetto alla pietra locale. È probabile che anche la spongolite si trovasse con facilità nel “catino” sottostante alla torre, su cui affaccia, e che è di natura carsica. In dialetto locale la spongolite è detta appunto sponga (‘spugna’) e la leggenda vuole che fu scelta di proposito per la costruzione cosicché le palle di cannone che l’avessero colpita sarebbero state assorbite senza provocare danni, vista la natura originaria della pietra. La malta utilizzata tra le pietre è talmente collante e di spessore appena percettibile e tanto resistente che gli eventi sismici leggeri locali succedutisi nei secoli ma anche quelli più consistenti relativi agli ultimi anni non hanno provocato danni né scollamenti né cedimenti. Altri link consigliati: https://www.salutepiu.info/il-castello-di-catino/, https://www.youtube.com/watch?v=t6WHkSpgQTc (video di GVFilm Italia), https://www.youtube.com/watch?v=vmjv4hhcliw (video di Pino Bargellini), https://www.youtube.com/watch?v=XgyQB4QadGE (video con drone di Paolo C.), https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/?tab=album&album_id=10157930519110345 (raccolta fotografie)
Fonti: https://www.lazionascosto.it/castelli-fortezze-rocche-da-visitare-nel-lazio/castello-di-catino/, https://www.tesoridellazio.it/tesori/poggio-catino-ri-fraz-di-catino-ruderi-del-castello/, https://www.scoprilasabina.it/cosa-vedere/la-torre-longobarda-e-il-castello-comune-di-poggio-catino/
Foto: la prima è di Alessio Caffarelli su http://www.sabinatouring.it/it/poggio_catino, la seconda è di Flavio Abbatelli su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/233314/view
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