sabato 24 ottobre 2020

Il castello di venerdì 23 ottobre




PIETRAPERZIA (EN) - Castello Barresi Branciforte

La storia del Castello di Pietraperzia prende inizio dall’anno 1060, quando al seguito del conte Ruggero il Normanno, arrivò in Sicilia Abbo Barresi, conquistata l’intera isola, il conte volle ricompensare il suo fedele alleato donandogli alcune terre tra cui territorio di Pietraperzia e Sommatino. La famiglia Barresi ebbe cariche e ruoli assai importanti nel corso della travagliata storia di Sicilia. Quando Pietro d’Aragona sbarcò a Trapani (1282) per rivendicare la corona in nome della moglie Costanza, i Barresi Enrico e Giovanni divennero suoi alleati. Alla morte del re Pietro d’Aragona (1296), tra i suoi due figli, Giacomo e Federico, scoppiò una cruenta lotta per il potere; in questa occasione i Barresi, si schierarono con Giacomo dalla parte degli Angioini, mettendo a disposizione dei Francesi i propri castelli tra cui anche il castello di Pietraperzia, che si dimostrò un baluardo imprendibile. Federico d’Aragona mandò contro i Barresi i migliori capitani del suo esercito, ma il castello di Pietraperzia resistette egregiamente a tutti gli assalti fino a quando venne espugnato per fame da Manfredi Chiaramonte; i Barresi allora furono mandati in esilio e le loro terre confiscate. Con la pace di Caltebellotta ebbe termine la guerra; con questo trattato la Sicilia fu lasciata a Federico II il quale sposò Eleonora, figlia del re Angioino che divenuta regina, fece riabilitare i Barresi che ottennero la restituzione dei loro beni. Cosi nel 1520, Abbo Barresi, figlio di Giovanni entrava di nuovo nelle grazie di Federico II rimpadronendosi del castello e delle terre che erano state confiscate al padre. Abbo Barresi abitò con la moglie a Pietraperzia ed iniziò la ricostruzione del castello. Alla morte di costui, l’edificio passò nelle mani del suo primogenito Artale , questi a sua volta lo diede al fratello Ughetto e cosi via di generazione in generazione. Lo sviluppo del castello avvenne in tre fasi successive, e completato nel 1526 dal marchese Matteo Barresi. I Barresi abitarono il castello sino al 1571. Si può considerare epoca d’oro per Pietraperzia tutto il sedicesimo secolo che vide i Barresi trasformarsi da baroni in marchesi con Matteo III Barresi (fondatore di Barrafranca nel 5129) e poi in prìncipi (1564) con Pietro Barresi. Il castello diventò allora ambìto ritrovo di gente amante della cultura e della politica. Lo steso Pietro Barresi fu esperto astronomo e la sua corte apprezzò anche composizioni di madrigali. Egli partecipò anche alla lotta contro i Turchi, che si concluse con la vittoria di Lepanto nel 1571. Alla sua morte, non avendo eredi diretti, gli successe la sorella Donna Dorotea, la quale andò sposa in prime nozze a Giovanni Branciforti quarto conte di Mazzarino. Dorotea Barresi, avendo sposato in terze nozze il Vicerè di Napoli, Giovanni Zunica, fu durante la vita anche Viceregina ed essendo, per sue virtù, in stima presso il papa del tempo, Gregorio XIII, fu scelta del re Filippo II di Spagna come attenta custode dell’educazione di suo figlio; figlio che poi sarebbe divenuto re Filippo III. Alla morte di Dorotea subentrò il figlio, Fabrizio Branciforti, signore di molte terre, che abitò a Butera, a Mazzarito, a Militello fino a trasferirsi definitivamente a Palermo, lasciando il castello di Pietraperzia nelle mani prima del Governatore, poi in quelle del Capitano, del Cappellano ed infine anche nelle mani di persone che facevano solo parte della sua corte. Come conseguenza si assistette ad un lento decadimento culturale ed una grande crisi sociale del paese di Pietraperzia, del suo castello e del suo territorio; fino alla tragica costituzione di una banda armata capitanata da un certo Antonio Di Blasi detto Testalonga che, in soli due anni di banditismo (1765-1767), con i suoi sequestri e i suoi ricatti usati per colpire ricchi commercianti e nobili potenti, seminò il terrore in tutta la Sicilia. Testalonga, a causa di una delazione, fu catturato ed impiccato a Mussomeli. Negli ultimi due secoli del secondo millennio fu come se una forza oscura spingesse a cancellare il grandioso, monumento e a ridurlo quasi ad un cumulo di macerie. Il fronte nord della fortezza, di 122 metri ed alto quattro piani, era suddiviso in tre distinte parti che rispecchiavano le diverse epoche di costruzione normanna, sveva e catalana. Numerosissime erano le finestre, alcune delle quali offrivano all’interno, accanto agli stipiti, due sedili in pietra che invitavano a sedersi ad osservare lo stupendo panorama delle valli sottostanti. L’edificio in origine racchiudeva un’area di circa 20.000 metri quadrati. Le mura si estendevano per 1.150 m ed in alcuni punti raggiungevano oltre 4 m. Lungo di esse si elevavano diverse torri e bastioni di cui non e rimasta traccia, ad eccezione dei resti di un torrione merlato detto “Corona del Re” e della Torre quadrangolare dell’ingresso (andata distrutta per far posto al serbatoio dell'acqua potabile nel 1938), nonchè di alcuni bastioni a sud e a nord. Al centro, accanto alla “Corona del Re”, si erge il “mastio”. Questa struttura doveva servire come ultima difesa, era situato sopra la cima del colle ed in parte era stato ricavato nella viva roccia, costituendo così un inespugnabile baluardo di eccezionale robustezza . La porta d’ingresso al castello era rivolta a mezzogiorno, quella del mastio a nord-ovest; ad esse si poteva accedere dal cortile interno tramite gradini ritagliati nella roccia. Sotto al “mastio” sono ancora visibili i gradini, ritagliati nella roccia, che portavano alle prigioni sotterranee, ed alla torre della “Corona del Re”a base ottagonale. Una leggenda vuole che le stanze del castello fossero 365, quanti sono i giorni dell’anno; elevate su quattro piani, quante le stagioni dell’anno, esso aveva 12 torri, tanti quanti sono i mesi. Con la caduta del feudalesimo nel 1812 la struttura cadde nell'oblio, soffrendo una contesa (secondo il Guarnaccia) tra il Comune di Pietraperzia e Donna Caterina Branciforte, la quale aveva concesso l'affitto al comune, con l'intento di quest'ultimo di adibirlo a carcere mandamentale fino al 1906. La struttura divenne famosa non più per la sua possenza, bensì per le sue condizioni disumane in cui i prigionieri venivano tenuti e per le torture che venivano loro afflitte; nelle sue celle non era possibile stare né in posizione eretta, né coricati, anche perché le prigioni non erano altro che una serie di antiche piccole caverne. Mancati pagamenti e mancati interventi di manutenzione da ambo le parti furono complici della distruzione del castello, oltre a un terremoto avvenuto tra 1883 e il 1885 e l'incuria delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali che seguirono; senza trascurare lo sciacallaggio della popolazione lasciata libera di agire; esso inoltre fu adibito a lazzaretto per i colerosi e rifugio dei senza tetto fino agli anni del secondo conflitto mondiale. Il maestoso Castello è costruito su una rupe calcarea del Terziario antico (50-60 milioni di anni fa), collocato a metri 549 sul livello del mare. La rocca su cui sorge il castello fece parte fin dall'età del Bronzo di una fascia di fortificazioni di cui si conoscono quelle di Capodarso, Sabucina Gibil Gabib, situate sulla sponda sinistra del Halicos (Salso). Nel caso di Pietraperzia si può dire con certezza assoluta, grazie ai ritrovamenti archeologici venuti alla luce nei pressi del castello, che le prime fortificazioni risalgono al periodo siculo. Il castello fu largamente usato per scopi bellici, soprattutto nelle lunghe e sanguinose lotte tra Angioini ed Aragonesi. Numerose erano le merlature sia sulla facciata esterna sia sul cortile; molte erano le statue che adornavano il castello e spesso riproducevano, nelle sembianze degli eroi, la famiglia Barresi. Questa vera e propria reggia, che ha rappresentato il più ricco e fascinoso castello feudale della Sicilia, offrì nei decenni a seguire una comoda resistenza ai successori. Il portone d’ingresso della struttura trovatasi a mezzogiorno, con una larghezza di m 2.20 ed una altezza di m 3.20; un tempo, al di sopra d’esso, era posto lo stemma dei Barresi: una scrofa che allatta i suoi piccoli. Di fronte all’ingresso era una nicchia dove pare fosse posizionato un affresco con l’immagine della Madonna delle Grazie, molto onorata dalle fanciulle del borgo. Sulla destra del portone si apriva un camminamento che conduceva ai sotterranei ed iniziando la seconda rampa di scale sulla sinistra, si scopriva una scaletta ricavata nella roccia la cui volta era sostenuta da due grandi archi; probabile sito di un posto di guardia. La seconda rampa di scale, decorata con segni zodiacali, conduce al cortile d’ingresso del castello dove era situato un portone con un ricco portale. Di fronte al portone la torre quadrangolare che ospitava, nel piano sotterraneo le sepolture dei principi, al primo piano la cappella di Sant’Antonio Abate ed al secondo piano, proprio sopra la cappella, l’abitazione del cappellano. Un portale di marmo bianco, decorato con foglie e figure (che molti studiosi attribuivano al Gagini e di cui oggi rimane solo memoria storica), immetteva alla cappella, la quale era ad una sola navata ed aveva una finestra a feritoia da cui filtrava una luce che illuminava degli affreschi. Sull’altare della cappella era dipinta la Madonna della Catena e pare che il soffitto fosse realizzato a cassettoni con travi dorate e dipinti raffiguranti scene della Genesi. Resti di pavimento si hanno vicino all’altare, dove era anche una botola che conduceva alle sepolture dei signori; stupendi sarcofagi realizzati in marmo. Un maestoso portale di fronte alla cappella, immetteva al “gran cortile”; in origine di straordinaria bellezza per la ricercatezza architettonica ed il largo impiego di armi che producevano scene in basso rilievo, capitelli, pilastri, colonnine, finestre e sculture a tutto tondo. Una parte di esso era coperta e delimitata da portici, mentre una scalea portava ai vari piani. Il “gran salone” merita di essere ricordato: distrutto dal terremoto del 1883; si affacciava sul cortile e alle pareti erano collocati dipinti che riproducevano gli stemmi delle famiglie nobili con le quali i Barresi erano imparentati; facevano mostra di sé anche arazzi di notevole fattura; le travi del soffitto, invece, erano dipinte con scene campestri e di caccia. Sotto al salone era collocata la sala d’arme; ricca d’armature per cavalli e cavalieri, oltre che da elmi, spade, alabarde, mazze e lance. Si sa di un’armeria ben provvista e con l’avvento delle armi da fuoco le difese del castello furono rafforzate da rivellini e da numerosi cannoni, che pare non fu mai necessario usare. Altri link suggeriti: https://www.turismoenna.it/il-castello-barresi, http://www.virtualsicily.it/Monumento-Castello%20Barresi%20-EN-168, https://www.gnuni.com/IT/punti/sicilia/castello-barresi-di-pietraperzia, https://www.youtube.com/watch?v=3Z2k-dyn-L8 (video di Enrico Petrantoni), https://www.youtube.com/watch?v=ZF5Lz0C9Fok (video di Archeoclub Pietraperzia)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Pietraperzia, https://www.comune.pietraperzia.en.it/ente/castello-barresio/, https://www.fondoambiente.it/luoghi/castello-barresi?ldc, https://www.ilcasalediemma.it/eventi-archeologia-sicilia/sicilia-castello-pietraperzia/

Foto: la prima è di Salvatore Pirrera su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/390260/view, la seconda è una cartolina della mia collezione. Infine la terza è un fermo immagine del video di Enrico Petrantoni su https://www.youtube.com/watch?v=3Z2k-dyn-L8

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