CLETO (CS) – Castello Normanno
Ha origini antiche. I Normanni costruirono l’abitato lungo le pendici del
monte Sant’Angelo alla cui cima edificarono un castello che domina la valle
fino al mare. Con l’avvento dei Baroni Pietramala il paese cambiò il nome e
diventò Pietramala unitamente al feudo. Rimase con questo nome anche sotto gli
Svevi. Cambiò amministrazione con gli Angioni e con gli Aragonesi
. Del maniero, dalla struttura a pianta quadrangolare,
colpiscono due poderose torri cilindriche, delle quali una, destinata alla
difesa, sorvegliava a sinistra il ponte levatoio. All’interno un’ampia cisterna
raccoglieva l’acqua piovana, mentre un’altra vasca sottoterranea e coperta
poteva contenere molte derrate alimentari. L’altra torre, divisa in due, aveva
funzione di difesa nella parte superiore, mentre quella inferiore era adibita ad
abitazione del barone. Negli anni quaranta è stata rinvenuta, sigillata e
murata nella torre, una pergamena in cui si narrava la vita del castello e la
potestà incontrollata del Barone che, tra l’altro, aveva potere di vita o di
morte su ogni persona ritenuta colpevole di delitti o di alto tradimento. Il
condannato veniva gettato nella “lupa”, una caverna profonda decine di metri e
senza via di uscita cosicché, se non moriva per la caduta, era destinato a
morire di fame. Fervente ed attiva era la vita nel castello; la baronessa
controllava la filatura e la tessitura del lino e del baco da seta, che si
sviluppava abbondantemente negli ambienti sotterranei, per l’abbondanza di
“pampini di gelso” crescenti lungo le rive del Torbido. Nei casi di calamità
naturali o malattie gli infermi venivano portati al castello e qui curati sotto
il controllo della baronessa. La tranquillità del feudo veniva minacciata,
qualche volta, dagli sbarchi minacciosi dei musulmani che attaccavano il borgo costringendo
i contadini a lasciare le loro case e fuggire verso il castello riempiendo la
valle delle loro grida: “A l’erta! a l’erta! sonati le campani, ca i Turchi su
calati a ra marina”. Sotto la baronia dei Giannuzzi, discendenti dei
Giannuzzi-Savelli di Roma e Patrizi di Cosenza, il castello fu ristrutturato e
modificato in vera fortificazione: fu munito di ponte levatoio, di due robuste
torri e di una cinta muraria esterna. Acquisito con atto notarile del 29
ottobre 1615 dai d'Aquino insieme a tutta la Terra di Pietramala per 30 mila
ducati da Ercole Giannuzzi Savelli (primo barone del feudo), il maniero fu per
secoli residenza della famiglia, implementato con nuovi corpi di fabbrica da
Ercole I. Poi, fu gravemente danneggiato da più terremoti. Recentemente,
sottoposto a lavori di restauro è ritornato con tutta la sua imponenza ad
essere «cavaliere dell'intiero paese» ed è riconsegnato alla cittadinanza. Una
delle due foto che accompagnano questo poche notizie del castello è stata presa
dal blog pierobriglio.altervista.org
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