venerdì 22 giugno 2012

Il castello di venerdì 22 giugno





CLETO (CS) – Castello Normanno

Ha origini antiche. I Normanni costruirono l’abitato lungo le pendici del monte Sant’Angelo alla cui cima edificarono un castello che domina la valle fino al mare. Con l’avvento dei Baroni Pietramala il paese cambiò il nome e diventò Pietramala unitamente al feudo. Rimase con questo nome anche sotto gli Svevi. Cambiò amministrazione con gli Angioni e con gli Aragonesi. Del maniero, dalla struttura a pianta quadrangolare, colpiscono due poderose torri cilindriche, delle quali una, destinata alla difesa, sorvegliava a sinistra il ponte levatoio. All’interno un’ampia cisterna raccoglieva l’acqua piovana, mentre un’altra vasca sottoterranea e coperta poteva contenere molte derrate alimentari. L’altra torre, divisa in due, aveva funzione di difesa nella parte superiore, mentre quella inferiore era adibita ad abitazione del barone. Negli anni quaranta è stata rinvenuta, sigillata e murata nella torre, una pergamena in cui si narrava la vita del castello e la potestà incontrollata del Barone che, tra l’altro, aveva potere di vita o di morte su ogni persona ritenuta colpevole di delitti o di alto tradimento. Il condannato veniva gettato nella “lupa”, una caverna profonda decine di metri e senza via di uscita cosicché, se non moriva per la caduta, era destinato a morire di fame. Fervente ed attiva era la vita nel castello; la baronessa controllava la filatura e la tessitura del lino e del baco da seta, che si sviluppava abbondantemente negli ambienti sotterranei, per l’abbondanza di “pampini di gelso” crescenti lungo le rive del Torbido. Nei casi di calamità naturali o malattie gli infermi venivano portati al castello e qui curati sotto il controllo della baronessa. La tranquillità del feudo veniva minacciata, qualche volta, dagli sbarchi minacciosi dei musulmani che attaccavano il borgo costringendo i contadini a lasciare le loro case e fuggire verso il castello riempiendo la valle delle loro grida: “A l’erta! a l’erta! sonati le campani, ca i Turchi su calati a ra marina”. Sotto la baronia dei Giannuzzi, discendenti dei Giannuzzi-Savelli di Roma e Patrizi di Cosenza, il castello fu ristrutturato e modificato in vera fortificazione: fu munito di ponte levatoio, di due robuste torri e di una cinta muraria esterna. Acquisito con atto notarile del 29 ottobre 1615 dai d'Aquino insieme a tutta la Terra di Pietramala per 30 mila ducati da Ercole Giannuzzi Savelli (primo barone del feudo), il maniero fu per secoli residenza della famiglia, implementato con nuovi corpi di fabbrica da Ercole I. Poi, fu gravemente danneggiato da più terremoti. Recentemente, sottoposto a lavori di restauro è ritornato con tutta la sua imponenza ad essere «cavaliere dell'intiero paese» ed è riconsegnato alla cittadinanza. Una delle due foto che accompagnano questo poche notizie del castello è stata presa dal blog pierobriglio.altervista.org

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