venerdì 8 giugno 2012

Il castello di venerdì 8 giugno




PORTO EMPEDOCLE (AG) – Torre di Carlo V

Nel XV secolo, quando ancora si chiamava Marina di Girgenti, Porto Empedocle era sede di uno tra i più grandi caricatori di granaglie dell'intera Sicilia. Nella città, infatti, veniva convogliata tutta la produzione di cereali proveniente dalle coltivazioni dell'entroterra agrigentino e nisseno. La Torre che oggi vediamo, sostituisce la "turris maritima" demaniale sveva che nel 1360 fu concessa da re Federico III d'Aragona a Federico III Chiaramonte col diritto di un grano su ogni salma di generi esportati. Nel 1423 castellano della torre era Berengario Parapertusa, mentre nel 1453 lo era il barone di Favara. Nel 1500 vennero decisi lavori di riparazione. Nel 1511 si trovò in potere di Gaspare Montaperto. E' del 1539 una lettera scritta a Carlo V per riattare la torre. L'ingegnere Ferramolino lavorò a tale scopo. L'attuale fortificazione venne completata nel 1554, nello stesso posto della vecchia, dal viceré De Vega per volere di Carlo V (1500-1558) e su progetto di Camillo Camillani, architetto e scultore fiorentino. La costruzione doveva servire per difendere il prezioso caricatore dagli attacchi dei corsari che spesso, con azioni rapide, depredavano le popolazioni dei centri abitati posti sulle coste. I turchi del Solimano, cioè del comandante Dragut, negli anni precedenti avevano messo a ferro e fuoco la costa meridionale della Sicilia saccheggiando gravemente Licata e traendone seicento schiavi. L'edificio è caratterizzato da una forma a piramide tronca (tipica dei bastioni edificati nel rinascimento per resistere alle artiglierie) che termina in alto in un'ampia terrazza, detta "delle cannoniere", utilizzata come punto d'osservazione. Lo spessore dei muri arriva ai sei metri. Senza un cortile interno, ha la scala al centro dei muri interni. E' una struttura davvero massiccia, poderosa, con ambienti su due piani. Ha base quadrata di mt 26,20 e pari altezza. Si accedeva al primo piano con un ponte levatoio. Sulla parete est si trova lo stemma dell'Imperatore Carlo V di Spagna: l'aquila imperiale bicipite, ad ali spiegate e coronata, porta accollato uno stemma composto da molti altri stemmi, come si addice a nobile discendente di più casate reali. Da ogni lato una coppia di colonne unite da una fascia sotto alle quali sono quelli che sembrano due soli, forse alludenti al fatto che l'imperatore si vantava che nel suo regno non tramontava mai il Sole poiché includeva i possedimenti americani. L'interno è composto da alcuni ambienti la cui copertura è del tipo volta a botte. Nell'anno 1570 Stefano Morreale era castellano della torre. Nel 1647 il giurato Giusepe Ugo vi si rifugiò per scampare agli insorti della città di Girgenti. Nel 1648 venne venduta col caricatore al vescovo Traina. Nel 1731 fu armata con 19 cannoni, dei quali uno ancora esistente in loco mentre gli altri vennero in seguito asportati e tenuti in casa da privati. Dopo la costruzione del Molo, nel Settecento, divenne la base di appoggio della difesa della riviera meridionale, perché da allora la costa venne pattugliata da due navi da guerra che partivano da Siracusa e Trapani e vi ritornavano dopo essere arrivate al porto di Girgenti. In conseguenza vi fu un calo delle incursioni barbaresche. Dal 1780 i Borboni fecero della Torre una prigione, funzione che rivestì per un lungo periodo. Nel 1848 fu teatro del massacro di 114 detenuti inermi, reso noto dal celebre scrittore empedoclino Andrea Camilleri nell'opera "La strage dimenticata". Un mese prima dello sbarco alleato, nel giugno 1943, il principe Umberto di Savoia tenne nella torre un consiglio di guerra per la difesa del litorale. Negli ultimi anni è stata adibita a centro artistico-culturale, sede di incontri e biblioteca. Dal 2009 la Torre, dopo importanti lavori di restauro, è  ufficialmente diventata il primo Museo del mare e del territorio costiero, con importanti e pregevoli reperti archeologici recuperati nelle profondità marine.

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