ACQUAPENDENTE (VT) - Castello Boncompagni-Ludovisi di Trevinano
Piccolo centro di probabile origine etrusca. Dopo il 396
a.C. Trevinano passò sotto Roma ma non si hanno notizie fino a tutto l'alto
medioevo. È probabile che il centro abitato originariamente fosse in località
Castelluzzo e che Trevinano, dove lo vediamo oggi, sia sorto in epoca
carolingia. Il primo cenno storico, certo, in cui compare il nome di
“TRIVINANO” è una pergamena datata gennaio 1073 conservata nell’Archivio di
Stato di Siena, riportata nel codice Diplomatico Amiatino. Si tratta di un atto
di donazione con il quale un certo Amanzio assegnò tutti i suoi beni al
Monastero del SS. Salvatore sul Monte Amiata. Il documento fu redatto dal
giudice Rallando nel Castello di Trevinano. Questo documento non fa capire per
qual motivo esso sia stato scritto e compiuto proprio “in Castro de Trivinano”,
rimane però, fuori dubbio che Trevinano era fiorente già nell’anno 1073 e che
la sua origine risalga intorno all’anno 1000, se non prima, come baluardo a
difesa della via Francigena, o per accogliere i pellegrini. Il castello
dominava le vallate del fiume Paglia e del Monte Rufeno e costituiva un
avamposto fortificato del territorio di Orvieto. Il piccolo centro subì per
tutto medioevo la sorte dei vari feudatari a cui fu di volta in volta
sottoposto. Nel 1187 a seguito di una delle varie guerre tra Orvieto ed
Acquapendente nel trattato di pace fu deciso che “si rendesse Trivinano ai
figli di Sinibaldo Visconte di Campiglia”. Così il castello di Trevinano
ritornava ad appartenere ai Visconti di Campiglia che già ne dovevano essere
padroni prima della guerra del XII secolo. Dai ruderi dislocati su alcuni
rilievi collinari nei dintorni del paese e dai toponimi della zona che
ricordano tale famiglia, si può arguire che i Visconti avessero costruito una
serie di fortezze a difesa del territorio, mentre la residenza signorile,
fortificata ed all’interno delle mura dell’abitato, corrispondeva alla parte
più antica del castello che si erge a baluardo difensivo all’estremità nord
orientale della cinta muraria, dominando la sottostante vallata e proteggendo
la porta detta appunto del Castello o di S.Lorenzo, che dava accesso alle case
del piccolo borgo di Trevinano. La famiglia dei Visconti di Campiglia,
discendente degli Aldobrandeschi, apparteneva alla nobiltà orvietana, per cui
riconosceva la sovranità del Comune di Orvieto sui suoi feudi. Questo
comportava la presenza costante di una guarnigione di soldati Orvietani nel
Castello di Trevinano, allo scopo di difendere questa fortificazione, ai
confini del territorio controllato dal Comune, contro gli attacchi dei nemici
di turno. Nel 1234 Siena tentò di espugnare il castello senza riuscirvi. Nel
1325 in seguito al trattato di pace tra Orvieto ed i Signori di Monte Vitozzo
si apprende, dalla stipula del contratto, del risarcimento di danni arrecati a
Trevinano durante gli scontri avvenuti negli anni precedenti. Quando nel 1327
Latina dei Visconti di Campiglia sposò Corrado Monaldeschi, figlio di Ermanno
che dal 1334 fu Signore di Orvieto, il castello e metà del territorio
trevinanese passarono, in dote, ai Monaldeschi, i quali, più tardi, con Luca
acquistarono anche il restante territorio. Corrado Monaldeschi, figlio maggiore
di Ermanno, per aiutare il padre nella conquista del potere a Orvieto, non
aveva dimostrato tanti scrupoli: fu infatti, tra l’altro, esecutore materiale
dell’uccisione di Napoleuccio Monaldeschi del Cane. Alla morte di Ermanno,
Signore di Orvieto, nel 1337 la famiglia si divise in quattro rami ed i
possedimenti di Trevinano andarono al ramo dei Monaldeschi della Cervara, come
è possibile vedere tutt’oggi dai vari stemmi presenti nel maniero (sul portale
principale ve ne è uno, in pietra, con la scritta MONALDO; un altro reca le
iniziali di Pier Giacomo. In entrambi, l’arme è sormontata da un cimiero con
cervo rampante; lo stesso animale appare unitamente ad una rosa sovrastante le
corna in una scultura innalzata in cima ad una delle due torri, così come
appare impresso nelle pianelle in cotto di un soffitto in una sala interna del
maniero). La “Cervara” era il territorio boscoso del feudo, popolato di cervi,
che si estendeva da Torre Alfina a Radicofani. Le lotte che insanguinarono le
quattro fazioni o rami in cui si era divisa la famiglia dei Monaldeschi
portarono all’abbattimento di molti edifici di loro proprietà. Anche il
Castello di Trevinano dovette subire demolizioni ed infatti, il 20 dicembre
1347 il Comune Orvietano faceva registrare le spese per la distruzione di parte
del castello, probabilmente in corrispondenza della zona più orientale. I
Monaldeschi della Cervara restarono, anche se con vari contrasti, proprietari
di Trevinano fino agli ultimi anni del sec. XVI, continuando ad eseguire lavori
di ammodernamento della loro residenza. Rinascimentale appare, infatti,
l’attuale veste architettonica dell'edificio, sempre più trasformato in palazzo
signorile, ma anche l’apparato difensivo con le due torri bastionate angolari
di nord-est, idonee alla difesa radente, denunciano un adeguamento militare
posteriore all’avvento delle armi da fuoco. Nel 1592 Gianfrancesco Monaldeschi
della Cervara fu ritenuto colpevole di aver dato ospitalità a briganti e
ribelli della Chiesa, per ritorsione, il Pontefice Clemente VIII gli confiscò
la metà delle proprietà trevinanesi a favore della Camera Apostolica. Pochi
anni dopo, il 26 giugno 1598, il Vescovo di Orvieto, Cardinal Giacomo
Simoncelli, acquistava l’altra metà del territorio. Agli eredi Monaldeschi
dovette, comunque restare un quarto delle originarie proprietà. Durante il XVII
sec. si ha notizia di un nuovo attacco alle mura di Trevinano da parte delle
truppe del Duca di Parma e Piacenza, Odoardo Farnese, deciso a riprendersi il
Ducato di Castro che gli era stato occupato da Urbano VIII Barberini. Le
cronache raccontano di una strenua difesa effettuata soprattutto dalle donne
del paese, essendo gli uomini al lavoro nei campi. Fu un assedio che, grazie
alla naturale posizione del borgo cinto da mura con torrioni circolari, oggi
scomparsi, ebbe successo sulle truppe farnesiane, molto meglio armate, che
oltretutto contarono varie perdite sotto gli spalti. Una pianta del 1643
disegnata da Pietro Paolo Drei, inviato al seguito dell’ingegnere militare
pontificio Cardinale Maculano, con l’intento di apportare migliorie alla cinta
muraria subito dopo l’attacco dei soldati del Farnese, mostra il castello già
trasformato in palazzo e con i due torrioni angolari, baluardati, come li
vediamo ancora oggi. La porta settentrionale, laterale del castello, era stata
adibita ad unico ingresso del palazzo come all’intero paese, mentre quella
vicina di S.Lorenzo era stata “terrapienata” e fortificata esternamente perché
evidentemente ritenuta meno sicura. Cinque torrioni circolari sporgevano dalle
mura settentrionali ed occidentali e proprio in questa zona, ritenuta più
debole, era avvenuto l’attacco farnesiano. Si provvide, quindi a dotarla di un
fossato con strada coperta e spalti anteposti alle vecchie muraglie. Nel 1687
la Camera Apostolica, dopo aver confiscato dal 1592 la metà del territorio
trevinanese, ricostituì l’unità territoriale acquistando anche la metà passata
ai Simoncelli. Il territorio riunificato fu dato in feudo ed in parte venduto
al Marchese Gian Mattia Bourbon del Monte che avrebbe vantato, poi i diritti
ereditari dei Monaldeschi, in quanto l’ultima del ramo della Cervara: Anna
Maria, figlia di Monaldo, aveva sposato il 22 aprile 1699 Gian Mattia (14.11.
1657–1709). La vedova sopravvisse fino al 1765 e morì a Roma. Il matrimonio fu
patrocinato dalla Regina Cristina di Svezia di cui Gian Mattia era
“Gentiluomo”, mentre il padre Orazio, era “Gran Scudiero”, confidente, ed
esecutore testamentario. La dominazione dei Bourbon del Monte (con il titolo di
Baroni di Trevinano) arrivò intatta fino alla fine del XIX sec. Quando il
Marchese Guidobaldo vendette al Marchese Caen il disastrato castello di Torre
Alfina. Il caminetto del salone centrale con i tre gigli d’oro e brisura su
fondo blu dei Bourbon del Monte fu trasportato da Torre Alfina e ricostruito, a
ricordo di tale vendita, nel salone principale del castello. Il marchese
Pompeo, (nato a Roma il 13.12.1683 e morto a Torre Alfina il 5.1.1747) figlio
di Anna Maria e di Gian Mattia, sposò a sua volta Anna Rosa di Paolo Antonio
Monaldeschi di Orvieto anche essa erede della sua famiglia, morta il 13.9.1742.
Il primo Bourbon del Monte insediatosi a Trevinano, come già detto, fu il
Marchese Gian Mattia, che aveva il diritto di “patronato” sulla Chiesa
parrocchiale, già concesso da Papa Pio IV ai Monaldeschi, con il diritto di
presentare al Vescovo il nuovo parroco e l’obbligo di provvedere, a proprie
spese, al mantenimento della parrocchia. Aveva anche il diritto di presentare
ogni anno al Vescovo, d’intesa con il Consiglio della Comunità, il predicatore
della Quaresima al quale passava il compenso dovuto. Ecco, l’elenco dei titoli
con i quali si fregiava il Marchese Paolo Antonio Bourbon del Monte nel 1790:
“Marchese di Monte S. Maria, Lippiano, Marzana, Gioiello, Torri, Patena e suoi
annessi, Conte di Mealla e Monte Fiore, Barone di Trevinano”. I Bourbon del
Monte, avendo così tante possibilità di scelta non risiedevano abitualmente a
Trevinano, e solo raramente si recavano per vedere l’operato del loro
amministratore ( un “ministro” e un “giudice”, cioè fattore e guardiano) ed a
riscuotere oltre ai proventi delle terre anche mezzo scudo per ogni famiglia,
come segno di dominio. Gli estesi boschi di quercia e cerro che circondano
Trevinano hanno costituito lungo i secoli una grande fonte, inesauribile, di
guadagno per i proprietari e di continuo e sicuro, anche se faticoso, lavoro
per i braccianti. In soli tre anni, dal 1824 al 1827, nella selva del marchese
furono tagliati ben 17.000 alberi. Il Canonico di S. Pietro, marchese Arimberto
Bourbon del Monte mostrò più di ogni altro l’interesse per Trevinano. Verso la
metà del ‘700 provvide ad abbellire la Chiesa, con corredo di arredi e
paramenti. Nel 1744 istituì il “Monte Frumentario” a vantaggio delle famiglie
in difficoltà economiche. I Monti Frumentari erano, praticamente, una variante
dei Monti di Pietà, che ebbero molta diffusione ed importanza a partire dal
sec. XIV in poi. Presenti in tutta Europa, concedevano alle classi più povere
prestiti in pegno a condizioni vantaggiose ed evitavano il disperato ricorso ad
usurai, in tempi del tutto privi di assistenza sociale. Iniziò con una
assegnazione iniziale di dieci rubbie di grano e la concessione di un locale ad
uso magazzino, in compenso a spese del “Mons Frumentatius” venivano fatte
celebrare ogni anno tre SS. Messe in suffragio del fondatore e dei suoi eredi.
I prestiti venivano effettuati concedendo due staja di grano rasi, contro uno
raso ed uno colmo alla restituzione. Il grano doveva essere “sconcio”, cioè
vagliato. Il Monte era amministrato dalla Comunità, e per essa dai suoi Priori,
i quali eleggevano un incaricato chiamato “Montista”, da scegliersi ogni anno,
ad ottobre dal “bussolo”, cioè tirato a sorte. Il Montista doveva prendere in
consegna il magazzino, fare le distribuzioni e ricevere le restituzioni,
tenendone esatto conto. In compenso riceveva due staja di grano. Alla fine di
ogni anno doveva presentare il resoconto ai Priori della Comunità i quali lo
sottoponevano al Marchese per l’approvazione. I prestiti dovevano essere
effettuati solo a vantaggio degli abitanti di Trevinano e del territorio, con
appropriata sicurezza o pegno. In caso negativo il Montista ne avrebbe risposto
in proprio. Se il deposito avesse superato le dieci rubbie di grano, la
Comunità poteva vendere il restante, previo assenso del Marchese, impiegando il
ricavato per estinzione di debiti o per altro interesse della Comunità.
Le chiavi del “deposito” erano due: una in mano del “Montista”, l’altra in quelle del “Ministro” del Marchese che doveva essere presente alla consegna dei prestiti effettuati, di solito, la Domenica di Passione di ogni anno. Per ogni controversia doveva essere informato il Marchese alle cui decisioni tutti dovevano sottostare. Nel 1792 furono trovati 27 rubbie e 5 staje di grano, parte in magazzino e parte date in prestito. Nel 1808 il deposito era di 100 staie di grano. Nel 1819 l’economo del marchese annota nei libri mastri che i debitori, in seguito ad annate assai critiche, non erano stati in grado di restituire quanto loro prestato, ma per l’avvenire…”si sarebbe ritornati al tradizionale interesse e regole di restituzione”. L’attività del Monte Frumentario continuò per quasi tutto il secolo XIX. Il castello è attualmente proprietà del Principe Paolo Francesco Boncompagni-Ludovisi. La residenza nobiliare ha visto adattare ai tempi la destinazione dei suoi ambienti. Attualmente si affittano appartamenti del castello nel periodo estivo o si effettuano visite al castello tramite il contatto diretto con l'amministrazione Boncompagni - Ludovisi. Gli appartamenti disponibili sono di seguito descritti:
Le chiavi del “deposito” erano due: una in mano del “Montista”, l’altra in quelle del “Ministro” del Marchese che doveva essere presente alla consegna dei prestiti effettuati, di solito, la Domenica di Passione di ogni anno. Per ogni controversia doveva essere informato il Marchese alle cui decisioni tutti dovevano sottostare. Nel 1792 furono trovati 27 rubbie e 5 staje di grano, parte in magazzino e parte date in prestito. Nel 1808 il deposito era di 100 staie di grano. Nel 1819 l’economo del marchese annota nei libri mastri che i debitori, in seguito ad annate assai critiche, non erano stati in grado di restituire quanto loro prestato, ma per l’avvenire…”si sarebbe ritornati al tradizionale interesse e regole di restituzione”. L’attività del Monte Frumentario continuò per quasi tutto il secolo XIX. Il castello è attualmente proprietà del Principe Paolo Francesco Boncompagni-Ludovisi. La residenza nobiliare ha visto adattare ai tempi la destinazione dei suoi ambienti. Attualmente si affittano appartamenti del castello nel periodo estivo o si effettuano visite al castello tramite il contatto diretto con l'amministrazione Boncompagni - Ludovisi. Gli appartamenti disponibili sono di seguito descritti:
Appartamento “BONCOMPAGNI” al III° piano, al quale
si accede attraverso lo scalone d’onore.
Composto da ampio ingresso,
grande cucina, sala da pranzo con camino, salotto con camino, studiolo con
tavolo da gioco nella torre a ponente, una stanza con letto matrimoniale, una
seconda stanza con letto matrimoniale, salottino di disimpegno, stanza da bagno
con vasca, doccia separata,e due lavandini. Tutte le sale sono con soffitti a
volta, affrescati e decorati. L’appartamento si trova nell’ala medioevale del
castello.
Appartamento “BOURBON del MONTE”
al piano terra, con accesso diretto dalla terrazza a levante oppure dalla scala
con ingresso da Via Bourbon del Monte.
Composto da grande ingresso,
salone, cucina, bagno con vasca, due stanze da letto, una con letto
matrimoniale grande ed una più piccola con letto matrimoniale alla francese od
a richiesta con letto matrimoniale più grande, riscaldamento e televisione.
Alcune stanze hanno i soffitti con travi di legno.
Appartamento “LUDOVISI”
al piano terra, nell'ala medievale del castello, al quale si accede attraverso
il salone principale, dallo scalone d’onore. Si può accedere anche dalla
terrazza a levante.
Composto da salotto con camino e da stanza con
letto matrimoniale grande e bagno con vasca. Il bagno è situato nella torre a
ponente. I soffitti sono decorati ed a volta.
Stanza “MONALDESCA”
anche essa nella parte medievale del castello, al piano terra, alla quale si
accede attraverso il salone principale.
Composto da grande stanza
matrimoniale con doppio comò, corridoio di disimpegno e bagno con vasca. Il
soffitto della stanza da letto ed il corridoio sono decorati ed a volta.
Stanza “DELLE ROSE E DEI CERVI”
situata al terzo piano, nell’ala medievale, con soffitti a mattonelle di
terracotta del ‘500 e travi in legno.
Composto da stanza con letto
matrimoniale, bagno con vasca di misura ridotta e corridoio di disimpegno.
Il Salone
principale affrescato con gli stemmi delle famiglie che furono proprietarie del
castello, una sala da pranzo ed una grande cucina con office sono di uso
comune. Potrebbero essere, eventualmente affittati su richiesta, per eventi
vari, od in via del tutto eccezionale e da concordare di volta in volta, agli
ospiti dimoranti negli appartamenti “LUDOVISI”, “BOURBON del MONTE”
la stanza”MONALDESCA”.
Per approfondire, si può visitare il seguente link:
http://castelloboncompagniludovisi.it/storia_del_castello_di_trevinano.htm.
Fonti: http://www.boncompagniludovisi.com/storia.html, it.wikipedia.org, http://www.intuscia.it/index.php/acquapendente/435-trevinano/18-trevinano-il-castello-monaldeschi-boncompagni
Foto: una cartolina della mia collezione e da http://castelloboncompagniludovisi.it/storia_del_castello_di_trevinano.htm
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