giovedì 13 novembre 2014

Il castello di giovedì 13 novembre






ACQUAPENDENTE (VT) - Castello Boncompagni-Ludovisi di Trevinano

Piccolo centro di probabile origine etrusca. Dopo il 396 a.C. Trevinano passò sotto Roma ma non si hanno notizie fino a tutto l'alto medioevo. È probabile che il centro abitato originariamente fosse in località Castelluzzo e che Trevinano, dove lo vediamo oggi, sia sorto in epoca carolingia. Il primo cenno storico, certo, in cui compare il nome di “TRIVINANO” è una pergamena datata gennaio 1073 conservata nell’Archivio di Stato di Siena, riportata nel codice Diplomatico Amiatino. Si tratta di un atto di donazione con il quale un certo Amanzio assegnò tutti i suoi beni al Monastero del SS. Salvatore sul Monte Amiata. Il documento fu redatto dal giudice Rallando nel Castello di Trevinano. Questo documento non fa capire per qual motivo esso sia stato scritto e compiuto proprio “in Castro de Trivinano”, rimane però, fuori dubbio che Trevinano era fiorente già nell’anno 1073 e che la sua origine risalga intorno all’anno 1000, se non prima, come baluardo a difesa della via Francigena, o per accogliere i pellegrini. Il castello dominava le vallate del fiume Paglia e del Monte Rufeno e costituiva un avamposto fortificato del territorio di Orvieto. Il piccolo centro subì per tutto medioevo la sorte dei vari feudatari a cui fu di volta in volta sottoposto. Nel 1187 a seguito di una delle varie guerre tra Orvieto ed Acquapendente nel trattato di pace fu deciso che “si rendesse Trivinano ai figli di Sinibaldo Visconte di Campiglia”. Così il castello di Trevinano ritornava ad appartenere ai Visconti di Campiglia che già ne dovevano essere padroni prima della guerra del XII secolo. Dai ruderi dislocati su alcuni rilievi collinari nei dintorni del paese e dai toponimi della zona che ricordano tale famiglia, si può arguire che i Visconti avessero costruito una serie di fortezze a difesa del territorio, mentre la residenza signorile, fortificata ed all’interno delle mura dell’abitato, corrispondeva alla parte più antica del castello che si erge a baluardo difensivo all’estremità nord orientale della cinta muraria, dominando la sottostante vallata e proteggendo la porta detta appunto del Castello o di S.Lorenzo, che dava accesso alle case del piccolo borgo di Trevinano. La famiglia dei Visconti di Campiglia, discendente degli Aldobrandeschi, apparteneva alla nobiltà orvietana, per cui riconosceva la sovranità del Comune di Orvieto sui suoi feudi. Questo comportava la presenza costante di una guarnigione di soldati Orvietani nel Castello di Trevinano, allo scopo di difendere questa fortificazione, ai confini del territorio controllato dal Comune, contro gli attacchi dei nemici di turno. Nel 1234 Siena tentò di espugnare il castello senza riuscirvi. Nel 1325 in seguito al trattato di pace tra Orvieto ed i Signori di Monte Vitozzo si apprende, dalla stipula del contratto, del risarcimento di danni arrecati a Trevinano durante gli scontri avvenuti negli anni precedenti. Quando nel 1327 Latina dei Visconti di Campiglia sposò Corrado Monaldeschi, figlio di Ermanno che dal 1334 fu Signore di Orvieto, il castello e metà del territorio trevinanese passarono, in dote, ai Monaldeschi, i quali, più tardi, con Luca acquistarono anche il restante territorio. Corrado Monaldeschi, figlio maggiore di Ermanno, per aiutare il padre nella conquista del potere a Orvieto, non aveva dimostrato tanti scrupoli: fu infatti, tra l’altro, esecutore materiale dell’uccisione di Napoleuccio Monaldeschi del Cane. Alla morte di Ermanno, Signore di Orvieto, nel 1337 la famiglia si divise in quattro rami ed i possedimenti di Trevinano andarono al ramo dei Monaldeschi della Cervara, come è possibile vedere tutt’oggi dai vari stemmi presenti nel maniero (sul portale principale ve ne è uno, in pietra, con la scritta MONALDO; un altro reca le iniziali di Pier Giacomo. In entrambi, l’arme è sormontata da un cimiero con cervo rampante; lo stesso animale appare unitamente ad una rosa sovrastante le corna in una scultura innalzata in cima ad una delle due torri, così come appare impresso nelle pianelle in cotto di un soffitto in una sala interna del maniero). La “Cervara” era il territorio boscoso del feudo, popolato di cervi, che si estendeva da Torre Alfina a Radicofani. Le lotte che insanguinarono le quattro fazioni o rami in cui si era divisa la famiglia dei Monaldeschi portarono all’abbattimento di molti edifici di loro proprietà. Anche il Castello di Trevinano dovette subire demolizioni ed infatti, il 20 dicembre 1347 il Comune Orvietano faceva registrare le spese per la distruzione di parte del castello, probabilmente in corrispondenza della zona più orientale. I Monaldeschi della Cervara restarono, anche se con vari contrasti, proprietari di Trevinano fino agli ultimi anni del sec. XVI, continuando ad eseguire lavori di ammodernamento della loro residenza. Rinascimentale appare, infatti, l’attuale veste architettonica dell'edificio, sempre più trasformato in palazzo signorile, ma anche l’apparato difensivo con le due torri bastionate angolari di nord-est, idonee alla difesa radente, denunciano un adeguamento militare posteriore all’avvento delle armi da fuoco. Nel 1592 Gianfrancesco Monaldeschi della Cervara fu ritenuto colpevole di aver dato ospitalità a briganti e ribelli della Chiesa, per ritorsione, il Pontefice Clemente VIII gli confiscò la metà delle proprietà trevinanesi a favore della Camera Apostolica. Pochi anni dopo, il 26 giugno 1598, il Vescovo di Orvieto, Cardinal Giacomo Simoncelli, acquistava l’altra metà del territorio. Agli eredi Monaldeschi dovette, comunque restare un quarto delle originarie proprietà. Durante il XVII sec. si ha notizia di un nuovo attacco alle mura di Trevinano da parte delle truppe del Duca di Parma e Piacenza, Odoardo Farnese, deciso a riprendersi il Ducato di Castro che gli era stato occupato da Urbano VIII Barberini. Le cronache raccontano di una strenua difesa effettuata soprattutto dalle donne del paese, essendo gli uomini al lavoro nei campi. Fu un assedio che, grazie alla naturale posizione del borgo cinto da mura con torrioni circolari, oggi scomparsi, ebbe successo sulle truppe farnesiane, molto meglio armate, che oltretutto contarono varie perdite sotto gli spalti. Una pianta del 1643 disegnata da Pietro Paolo Drei, inviato al seguito dell’ingegnere militare pontificio Cardinale Maculano, con l’intento di apportare migliorie alla cinta muraria subito dopo l’attacco dei soldati del Farnese, mostra il castello già trasformato in palazzo e con i due torrioni angolari, baluardati, come li vediamo ancora oggi. La porta settentrionale, laterale del castello, era stata adibita ad unico ingresso del palazzo come all’intero paese, mentre quella vicina di S.Lorenzo era stata “terrapienata” e fortificata esternamente perché evidentemente ritenuta meno sicura. Cinque torrioni circolari sporgevano dalle mura settentrionali ed occidentali e proprio in questa zona, ritenuta più debole, era avvenuto l’attacco farnesiano. Si provvide, quindi a dotarla di un fossato con strada coperta e spalti anteposti alle vecchie muraglie. Nel 1687 la Camera Apostolica, dopo aver confiscato dal 1592 la metà del territorio trevinanese, ricostituì l’unità territoriale acquistando anche la metà passata ai Simoncelli. Il territorio riunificato fu dato in feudo ed in parte venduto al Marchese Gian Mattia Bourbon del Monte che avrebbe vantato, poi i diritti ereditari dei Monaldeschi, in quanto l’ultima del ramo della Cervara: Anna Maria, figlia di Monaldo, aveva sposato il 22 aprile 1699 Gian Mattia (14.11. 1657–1709). La vedova sopravvisse fino al 1765 e morì a Roma. Il matrimonio fu patrocinato dalla Regina Cristina di Svezia di cui Gian Mattia era “Gentiluomo”, mentre il padre Orazio, era “Gran Scudiero”, confidente, ed esecutore testamentario. La dominazione dei Bourbon del Monte (con il titolo di Baroni di Trevinano) arrivò intatta fino alla fine del XIX sec. Quando il Marchese Guidobaldo vendette al Marchese Caen il disastrato castello di Torre Alfina. Il caminetto del salone centrale con i tre gigli d’oro e brisura su fondo blu dei Bourbon del Monte fu trasportato da Torre Alfina e ricostruito, a ricordo di tale vendita, nel salone principale del castello. Il marchese Pompeo, (nato a Roma il 13.12.1683 e morto a Torre Alfina il 5.1.1747) figlio di Anna Maria e di Gian Mattia, sposò a sua volta Anna Rosa di Paolo Antonio Monaldeschi di Orvieto anche essa erede della sua famiglia, morta il 13.9.1742. Il primo Bourbon del Monte insediatosi a Trevinano, come già detto, fu il Marchese Gian Mattia, che aveva il diritto di “patronato” sulla Chiesa parrocchiale, già concesso da Papa Pio IV ai Monaldeschi, con il diritto di presentare al Vescovo il nuovo parroco e l’obbligo di provvedere, a proprie spese, al mantenimento della parrocchia. Aveva anche il diritto di presentare ogni anno al Vescovo, d’intesa con il Consiglio della Comunità, il predicatore della Quaresima al quale passava il compenso dovuto. Ecco, l’elenco dei titoli con i quali si fregiava il Marchese Paolo Antonio Bourbon del Monte nel 1790: “Marchese di Monte S. Maria, Lippiano, Marzana, Gioiello, Torri, Patena e suoi annessi, Conte di Mealla e Monte Fiore, Barone di Trevinano”. I Bourbon del Monte, avendo così tante possibilità di scelta non risiedevano abitualmente a Trevinano, e solo raramente si recavano per vedere l’operato del loro amministratore ( un “ministro” e un “giudice”, cioè fattore e guardiano) ed a riscuotere oltre ai proventi delle terre anche mezzo scudo per ogni famiglia, come segno di dominio. Gli estesi boschi di quercia e cerro che circondano Trevinano hanno costituito lungo i secoli una grande fonte, inesauribile, di guadagno per i proprietari e di continuo e sicuro, anche se faticoso, lavoro per i braccianti. In soli tre anni, dal 1824 al 1827, nella selva del marchese furono tagliati ben 17.000 alberi. Il Canonico di S. Pietro, marchese Arimberto Bourbon del Monte mostrò più di ogni altro l’interesse per Trevinano. Verso la metà del ‘700 provvide ad abbellire la Chiesa, con corredo di arredi e paramenti. Nel 1744 istituì il “Monte Frumentario” a vantaggio delle famiglie in difficoltà economiche. I Monti Frumentari erano, praticamente, una variante dei Monti di Pietà, che ebbero molta diffusione ed importanza a partire dal sec. XIV in poi. Presenti in tutta Europa, concedevano alle classi più povere prestiti in pegno a condizioni vantaggiose ed evitavano il disperato ricorso ad usurai, in tempi del tutto privi di assistenza sociale. Iniziò con una assegnazione iniziale di dieci rubbie di grano e la concessione di un locale ad uso magazzino, in compenso a spese del “Mons Frumentatius” venivano fatte celebrare ogni anno tre SS. Messe in suffragio del fondatore e dei suoi eredi. I prestiti venivano effettuati concedendo due staja di grano rasi, contro uno raso ed uno colmo alla restituzione. Il grano doveva essere “sconcio”, cioè vagliato. Il Monte era amministrato dalla Comunità, e per essa dai suoi Priori, i quali eleggevano un incaricato chiamato “Montista”, da scegliersi ogni anno, ad ottobre dal “bussolo”, cioè tirato a sorte. Il Montista doveva prendere in consegna il magazzino, fare le distribuzioni e ricevere le restituzioni, tenendone esatto conto. In compenso riceveva due staja di grano. Alla fine di ogni anno doveva presentare il resoconto ai Priori della Comunità i quali lo sottoponevano al Marchese per l’approvazione. I prestiti dovevano essere effettuati solo a vantaggio degli abitanti di Trevinano e del territorio, con appropriata sicurezza o pegno. In caso negativo il Montista ne avrebbe risposto in proprio. Se il deposito avesse superato le dieci rubbie di grano, la Comunità poteva vendere il restante, previo assenso del Marchese, impiegando il ricavato per estinzione di debiti o per altro interesse della Comunità.
Le chiavi del “deposito” erano due: una in mano del “Montista”, l’altra in quelle del “Ministro” del Marchese che doveva essere presente alla consegna dei prestiti effettuati, di solito, la Domenica di Passione di ogni anno. Per ogni controversia doveva essere informato il Marchese alle cui decisioni tutti dovevano sottostare. Nel 1792 furono trovati 27 rubbie e 5 staje di grano, parte in magazzino e parte date in prestito. Nel 1808 il deposito era di 100 staie di grano. Nel 1819 l’economo del marchese annota nei libri mastri che i debitori, in seguito ad annate assai critiche, non erano stati in grado di restituire quanto loro prestato, ma per l’avvenire…”si sarebbe ritornati al tradizionale interesse e regole di restituzione”. L’attività del Monte Frumentario continuò per quasi tutto il secolo XIX. Il castello è attualmente proprietà del Principe Paolo Francesco Boncompagni-Ludovisi. La residenza nobiliare ha visto adattare ai tempi la destinazione dei suoi ambienti. Attualmente si affittano appartamenti del castello nel periodo estivo o si effettuano visite al castello tramite il contatto diretto con l'amministrazione Boncompagni - Ludovisi. Gli appartamenti disponibili sono di seguito descritti:
Appartamento “BONCOMPAGNI” al III° piano, al quale si accede attraverso lo scalone d’onore.Composto da ampio ingresso, grande cucina, sala da pranzo con camino, salotto con camino, studiolo con tavolo da gioco nella torre a ponente, una stanza con letto matrimoniale, una seconda stanza con letto matrimoniale, salottino di disimpegno, stanza da bagno con vasca, doccia separata,e due lavandini. Tutte le sale sono con soffitti a volta, affrescati e decorati. L’appartamento si trova nell’ala medioevale del castello.
Appartamento “BOURBON del MONTE” al piano terra, con accesso diretto dalla terrazza a levante oppure dalla scala con ingresso da Via Bourbon del Monte.Composto da grande ingresso, salone, cucina, bagno con vasca, due stanze da letto, una con letto matrimoniale grande ed una più piccola con letto matrimoniale alla francese od a richiesta con letto matrimoniale più grande, riscaldamento e televisione. Alcune stanze hanno i soffitti con travi di legno.
Appartamento “LUDOVISI” al piano terra, nell'ala medievale del castello, al quale si accede attraverso il salone principale, dallo scalone d’onore. Si può accedere anche dalla terrazza a levante. Composto da salotto con camino e da stanza con letto matrimoniale grande e bagno con vasca. Il bagno è situato nella torre a ponente. I soffitti sono decorati ed a volta.
Stanza “MONALDESCA” anche essa nella parte medievale del castello, al piano terra, alla quale si accede attraverso il salone principale. Composto da grande stanza matrimoniale con doppio comò, corridoio di disimpegno e bagno con vasca. Il soffitto della stanza da letto ed il corridoio sono decorati ed a volta.
Stanza “DELLE ROSE E DEI CERVI” situata al terzo piano, nell’ala medievale, con soffitti a mattonelle di terracotta del ‘500 e travi in legno.Composto da stanza con letto matrimoniale, bagno con vasca di misura ridotta e corridoio di disimpegno.
Il Salone principale affrescato con gli stemmi delle famiglie che furono proprietarie del castello, una sala da pranzo ed una grande cucina con office sono di uso comune. Potrebbero essere, eventualmente affittati su richiesta, per eventi vari, od in via del tutto eccezionale e da concordare di volta in volta, agli ospiti dimoranti negli appartamenti “LUDOVISI”, “BOURBON del MONTE” la stanza”MONALDESCA”. Per approfondire, si può visitare il seguente link:
http://castelloboncompagniludovisi.it/storia_del_castello_di_trevinano.htm.

Fonti: http://www.boncompagniludovisi.com/storia.html, it.wikipedia.org, http://www.intuscia.it/index.php/acquapendente/435-trevinano/18-trevinano-il-castello-monaldeschi-boncompagni

Foto: una cartolina della mia collezione e da http://castelloboncompagniludovisi.it/storia_del_castello_di_trevinano.htm

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