domenica 2 novembre 2014

Il castello di domenica 2 novembre





SESSA AURUNCA (CE) – Castello Ducale

Il sito ove sorge il castello di Sessa probabilmente fin dall'antichità preromana fu adibito a funzioni pubbliche, grazie alla sua preminenza topografica sull'intero territorio e l'insediamento ai suoi piedi. Come pure resta dubbia l'ubicazione, nello stesso sito, del tempio di Ercole in età romana (dal II sec. a. C.). Come per le testimonianze più antiche, anche di queste non restano tracce visibili. Sicuramente un castrum longobardo esisteva nel 963, perché proprio in quella data e nel castello fu rogato, alla presenza del giudice Maraldo, il placito sessano (uno dei più antichi documenti in volgare italiano). Ma, in mancanza di studi specialistici, anche del castello longobardo non è possibile riconoscere né l'impianto né le strutture (uniche testimonianze ancora conservate sono gli archi in laterizio visibili sul lato di via A. Moro). Quello che oggi si vede è sostanzialmente il risultato dell'intervento normanno-svevo. All'edificio si accede dalla piazza Castello, interna al primo recinto difensivo guardato da due porte, l'una direttamente accessibile dal borgo, l'altra, la maggiore, aperta sulla ripida rampa che sale da piazza XX settembre. La cortina compatta del castello è in più punti rafforzata da torri quadrangolari della stessa altezza. La trasformazione in una elegante residenza feudale, probabilmente già avviata sotto Federico II di Svevia e durante il dominio di Filippo d'Angiò - principe di Taranto (straordinaria la loggia del giardino pensile, con tre arcate gotiche su colonne e capitelli antichi) - trovò la sua piena realizzazione grazie a Giovanni Antonio e Marino Marzano, potentissimi ammiragli del Regno e familiari di Alfonso d'Aragona (di cui Marino sposò la figlia naturale, Eleonora). Per la parentela con i regnanti e la qualità delle strutture superstiti, gli interventi al castello (come quelli in Carinola) sono stati ricondotti ai grandi architetti impegnati in Castel Nuovo a Napoli. A questa fase, conclusasi sicuramente prima del 1464 (anno della confisca del feudo in conseguenza della vittoria contro Giovanni d'Angiò, di cui i Marzano furono i fautori), si possono far risalire diversi elementi di gusto durazzesco-catalano: eleganti bifore all'interno e all'esterno al posto delle saettiere, l'attuale portale, costoloni a sezione rettangolare su colonne, un porticato ad archi depressi del cortiletto interno realizzato anche con l'utilizzo di elementi di spoglio, affreschi negli ambienti. Inoltre, si provvedette alla sistemazione dell'atrio e della scalea, come pure del portale (murato) e della contigua meravigliosa corte (con loggiato a due livelli, il primo dei quali su colonne e capitelli antichi). Prodotto di tali vicissitudini, il castello presenta un impianto piuttosto composito e riconducibile ad una pianta quadrangolare irregolare con corte interna, torri quadrate e robusto mastio. La drammatica fine dei Marzano chiuse l'epoca d'oro del castello. Dal 1552 al 1664 i possessi dei Carafa di Stigliano (da cui ereditarono i Guzman di Medina della Torres) e dei Paternò (Giovanni, investito del marchesato nel 1756 trasmise il titolo ai successori fino all'eversione del 1806) lasciarono poche tracce. Ai primi del '600 risale il portale d'ingresso dell'appartamento nobile al primo piano; lo stemma nella stessa sala dovrebbe essere quello dei Guzman, mentre l'affresco del 1693 (sulla lunetta sullo scalone principale) fu commissionato dal governatore regio Andrea Guerrero de Torres, per ricordare i restauri effettuati a seguito del grande terremoto di Cerreto (1688), che danneggiò seriamente il complesso. Di proprietà pubblica dagli inizi dell’800, il castello fu sede del Carcere mandamentale fino al secolo scorso. Caduto in rovina fu restaurato e destinato ad accogliere alcune scuole dopodiché gli furono attribuite altre funzioni pubbliche. Oggi, oltre ad ospitare una biblioteca e sale per eventi, ospita il Museo Civico archeologico, che espone reperti provenienti dal territorio sessano.  
Foto: di Vincenzo Lerro su www.flickr.com e di Augusto Giammatteo su http://rete.comuni-italiani.it

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