giovedì 20 novembre 2014

Il castello di giovedì 20 novembre






PAOLA (CS) - Castello Aragonese

La città di Paola deve ai Normanni la costruzione del "Castello di Paola" intorno all’anno 1110 d.C. Questa roccaforte fu eretta usando malta e tufo, in una posizione strategica che sovrastava l'abitato e aveva lo scopo di difendere monaci e popolazione dai soldati che passavano attraverso il territorio paolano. Durante il regno di Federico II di Svevia la Calabria raggiunse uno dei suoi momenti di maggiore prosperità. Il sovrano aveva la sua residenza a Melfi, in Basilicata. Egli fece costruire il castello e il Duomo di Cosenza e la fortezza di Rocca Imperiale sullo Ionio. I calabresi rimasero sempre fedeli agli Svevi, anche dopo la morte di Corradino di Svevia ucciso per ordine di Carlo I d'Angiò, che prese il potere a Napoli. Anche Paola beneficiò di questo periodo prosperoso. La cittadina iniziò progressivamente ad ingrandirsi fino a che, quando la Calabria passò dal dominio Svevo a quello Angioino divenne feudo, e fu affidato alla famiglia Ruffo. Nel 1418 Polissena Ruffo sposò il duca di Milano Francesco Sforza, portando anche in dote il territorio Paolano. Polissena morì avvelenata da uno degli zii nel 1420 senza dare eredi al duca di Milano. Paola e gli altri paesi che aveva portato in dote tornarono quindi alla sua famiglia. Il feudo di Paola fu portato nuovamente in dote da Covella, sorella di Polissena, quando sposò Giovanni Antonio Marzano. Dalla loro unione nacque Marino Marzano, che fu spogliato del feudo per aver congiurato contro il Re di Napoli Ferdinando I d'Aragona, detto Ferrante. Con l’arrivo degli Aragonesi Paola raggiunse lo status di Città, fu proclamata tale da Ferdinando II d'Aragona. Durante lo sbarco, avvenuto nel 1283, gli abitanti della contrada Fosse, per evitare di essere coinvolti negli scontri, si trincerarono nelle zone limitrofe al Castello di Paola, scombussolando gli equilibri che ruotavano intorno all'antica abbazia della loro contrada. Il monastero andò incontro quindi ad un inevitabile declino, nonostante il prodigarsi degli ultimi abitanti e dei monaci. Il 2 luglio 1555 la città fu assediata dai Turchi, comandati da Dragut Rais, il quale, dopo averla saccheggiata e incendiata, assalì il Convento dei Frati minimi fondato da San Francesco e lo depredò. Ripresasi, la città continuò a vivere come gli altri paesi della Calabria, ma andava sempre più ingrandendosi, crescendo anche in importanza. Il 18 ottobre del 1806, Paola subì l'occupazione da parte dei Francesi. Essi incendiarono e saccheggiarono il Santuario di S.Francesco, che restò deserto. In seguito ad una legge emanata da Gioacchino Murat nel 1809, iniziò la soppressione di tutti gli ordini religiosi del regno di Napoli, compreso il protocenobio dei Minimi di Paola, nonostante la sua importanza, i conventi furono tutti convertiti ad altro uso, spesso militare, le chiese passarono al clero diocesano e tutti i beni clericali confiscati. La Torre del Castello sorge su di una struttura rocciosa in declivio sovrastante la fascia costiera tirrenica, in una delle zone paesisticamente e storicamente fra le più interessanti della Calabria. Di forma cilindrica su bastione quadrilatero, costituiva l'elemento principale di un sistema collaborante di fortificazioni, di cui le torri costiere rappresentavano gli estremi puntuali di controllo esterno, garantiti dal presidio posto a monte e a difesa dell'abitato, destinato anche ad accogliere il feudatario al quale offriva pertanto residenza ufficiale. Oscure sono le origini dell'impianto che, da vaghe e limitate fonti desunte dalla storiografia locale verrebbero attribuite all'età normanna e successivamente al periodo svevo. Di forma cilindrica con coronamento superiore, è tipologicamente assimilabile ad altre strutture consimili come la Torre Drogone di San Marco Argentano, di costruzione normanna, ed alla torre all'interno del Castello di Isola Capo Rizzuto, ascritta al periodo angioino. La caratteristica assolutamente diversa ed unica, è rappresentata dall'evidente ristrutturazione interna con il ridisegno totale della sala al primo piano a pianta ottagonale, sulla quale si imposta una volta a "spicchi" dall'inedita impennata con accenno di flesso di ispirazione islamica. Il "segno" architettonico denuncia una espressione culturale tipica dell'età sveva. Se eventuali documenti storici dovessero confermare la già citata origine normanna, il successivo apporto federiciano sarebbe confermato nell'attuale composizione spaziale dell'interno, che in ogni caso registra, pur in assenza di verifiche ed ascrizioni storiche certe, una espressione stilistica tra le più significative e valide dell'intero meridione d'Italia. Nel XV e XVI secolo iniziarono le poderose aggiunte e innovazioni che determinarono l'attuale condizione dell'impianto fortificato. Motivi di natura militare legati al controllo delle vie di collegamento e necessità difensive ne stimolarono lo sviluppo e l'accrescimento, per rendere meglio adatto il manufatto alle mutate esigenze delle diverse "gestioni" succedutesi nei secoli. ...». "L'anno 1288 passandovi il Re Gaime di Sicilia, se gli rese volontaria, onde non sentì danno alcuno, non così l'anno 1554 in cui le convenne soffrire l'assedio, e poi il saccheggiamento da Dragutto gran Corsaro di Turchi..." "E' celebre questa Città per la nascita di molti signori Spinelli, che da lungo tempo la possiedono; una sopra tutti di San Francesco di Paola, Fondatore de' Minimi, per li meriti del quale ottenne il nome di Città da Re' Alfonso II, nel mille quattrocento novantaquattro, e da Ferdinando pur II, nel mille quattrocento novantasei, confirmato un secolo appresso dal Re' Filippo II coll'aggiunta della prerogativa per lavorarvisi seta. Quelli, quali vanno dominato furono D. Carlo Ruffo Terzo, Conte di Mont'alto, Covella Sua Figliuola, e Marino Marzano, passò a D. Giovan Battista Spinelli Conte di Cariati, e Duca di Catróvillare. Serve d'ordinaria residenza a Signori di Fuscaldo, colla presenza de' quali potè moltiplicarsi in novecento trentasei Fuochi (3750 abitanti circa). Dunque non gl'è vero, quello che scrive Isidoro Toscano e cioè che non sia stata sotto d'altri Baroni, che di Spinelli essendo stata prima di questi, sotto il dominio de' Ruffi, e dé Marzani" (P. G. Fiore da Cropani: Della Calabria illustrata volume I). La Torre venne a costituire nel corso dei secoli il centro fisico di una modellazione artificiale che trasformò l'aggregato roccioso in una complessa articolazione di vani, cortili, terrazzi, camminamenti e poderosi bastioni, che all'antica struttura isolata sostituirono l'identità di una vera e propria "rocca", circondata da vari caseggiati, servì ad essi da sostegno strutturale lasciando ancora oggi di tale passata configurazione significative tracce a livello fondale dei muri di appoggio e nello spessore delle murature di elevato. Un sistema ben riconoscibile di scale e di varchi di accesso consentiva i collegamenti con i nuovi ambienti, ora scomparsi, a partire dal primo livello della Torre. Il processo avvenne lento ma costante nel tempo e soprattutto nel XVI secolo si ebbe la completa definizione del sistema di cinta perimetrale, già iniziato in età aragonese, con la costruzione dei muri di fortificazione e degli speroni d'angolo, caratterizzati dal classico andamento a "scarpa", della cordolatura maracapiano e dal taglio delle feritoie e delle caditoie, eseguiti questi ultimi in materiale lapideo del luogo. L'ingresso principale fu realizzato lungo il lato a monte, ove si nota ancora murato il sontuoso portale dall'ampio varco, significativo delle notevoli dimensioni complessive dell'intero sistema architettonico. Non mancarono in tale periodo problemi di natura militare per la forte presenza Ottomana lungo le coste calabresi, le cui audaci azioni determinarono sicuramente dei gravi danneggiamenti al Castello poiché, come già ricordato, nel 1555 la flotta Turca comandata dall'Ammiraglio Dragut distrusse la città e costrinse addirittura Isabella di Toledo, figlia del Viceré Pietro e signora di Paola, a rifugiarsi seminuda a Montalto, come ci ricorda Gabriele Barrio. Nel XVII secolo il Castello era ancora perfettamente funzionante e svolgeva un duplice ruolo: residenza del feudatario e presidio di guarnigione. Riferisce a tal proposito l'Abate Pacichelli nel suo viaggio in Calabria avvenuto nel 1693:
- "…forte in rocca intagliata con Piazza D'Armi, e Presidio, Cannoni, e Armeria, prezzato dal Re' Ferdinando D'Aragona, che somministra l'abitazione sontuosa al Marchese (Spinelli), ed opportuna a suoi stipendiati, e honorati...".
La descrizione seguente è una delle poche che riguardi l'apparato interno del Castello e pur sintetica offre una visione interessante della ricca dotazione in arredi e dello svolgimento di funzioni inerenti la fortezza-abitazione:
- "…la sera poi salimmo al Castello, consueta stanza del Signor Marchese, colma di acqua perenne, partito in pia quarti di stupenda veduta, e assai comodo. Il Cavallerizzo, e qualche Gentilhuomo ci condusser per tutto, a veder le suppellettili, de' Tappeti, e de' Quadri, Scrittori, e altro: una bella Tela dipinta da un Forastierro nel volto di un camerone, la Cappella divota con un Choretto in piano, e l'ingresso alle scale, ove si pensava a festeggiar co' Sermoni per quindeci giorni l'Assunzion della Vergine, ancorchè validamente ciò contradicesse l'Arcivescovo di Cosenza. Vidi il cavalcatore assai largo, e goduto dalle fenestre, la scuderia per cinquanta cavalli, e più muli: qualche cannon di ferro, un de' quali si era crepato all'arrivo del P. Generale suddetto. Molto poi mi fu grata la canattaria, o stanza lunga per settanta Bracchi, partita in legna con gli anelli per legarli, e anche i luoghi per curare gl'infermi: in testa dipinta, con più cani l'immagine di S. Vito. Si alimentar col latte in montagna la state, ne più si costuma portargli per le case de' Vassalli, ti qué chiostri; mentre vedeansi smagrite, massimarte fra Padri Giesuiti. Fu detto che la spesa di questi cani sorpassi due mila ducati annui. Osservai ancor con singolar piacere, e segni meco di affetto, il solito cangiamento della Guardia di trenta soldati, precedendo il Tamburo alle ventidue kore, per antica prerogativa di questa Casa: variandosi poi più tardi nella state la Guardia del Mare" (Gustavo Valente: Viaggio in Calabria dell'Abate Pacichelli - 1693).
Condizione che mantenne quasi inalterata fino all'avvento dei Borboni per poi essere gradualmente limitata e sostanzialmente modificata con le leggi eversive della feudalità. Il Castello divenne poi sede di un reparto di militari, con postazioni di artiglieria, fino alla seconda metà dell'Ottocento. Le vicende successive consistettero, come fatto fondamentale, nella cessione operata dal Demanio dello Stato a privati, essendo venute a mancare operativamente le funzioni originarie di carattere militare rivestite dall'impianto fortificato fin dall'origine.

Fonti: http://it.wikipedia.org, http://www.vacanzeitinerari.it/schede/castello_normannoaragonese_sc_2437.htm ( testo a cura di Fulvio Terzi da www. comune.paola.cs.it )
Foto: una cartolina della mia collezione e di Giuseppe Pagnotta su http://www.pinterest.com/pin/315744623846655519/

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