giovedì 5 febbraio 2015

Il castello di giovedì 5 febbraio






RICADI (VV) – Torre Ruffa in frazione San Nicolò

Torre Ruffa fa parte di una serie di torri di guardia costruite ed ancora in parte presenti nel territorio di Ricadi. Costruita tra il XV ed il XVI secolo a difesa del territorio dalle invasioni Saracene. Le torri venivano presidiate dalle guardie che, avvistate al largo delle coste le navi saracene, con segnali avvisavano la popolazione dell’imminente pericolo. Di forma a tronco di piramide a base quadrata si erge sulla costa che degrada verso il mare a 34 mt s.l.m. Realizzata in pietra granitica, con solai a volta, scale in muratura, si sviluppa su due livelli, uno per la custodia dei cavalli ed il piano superiore occupato dalle guardie. Si conserva in ottime condizioni grazie all’imponente struttura muraria ed inglobata in un complesso turistico. Per oltre un secolo i fratelli Arudi e Kareddin terrorizzarono le coste portandosi con gli averi gli uomini, le donne e i bambini. Anzi Kareddin addirittura sostava spesso impunemente a Tropea, dove dimorava Flavia Caetano, figlia del governatore di Reggio, a lui data in moglie. A volte per consumare con maggiore facilità le loro razzie si presentavano sulle spiagge sotto mentite spoglie di mercanti orientali. Con questo stratagemma un giorno tentarono di rapire la leggendaria Donna Canfora sul litorale di Torre Ruffa.
Era Donna Canfora, secondo la leggenda locale, una gentildonna ricchissima, adorna delle più rare virtù e di suprema bellezza. Rimasta ancora giovane vedova, respingendo ogni offerta d'amore, volle consacrare la sua vita alla memoria dell'infelice consorte perduto. Un giorno però la sua cameriera giunse a casa con una bella notizia: sulla spiaggia di Torre Ruffa era giunta dal lontano oriente una nave carica di stoffe di seta, di grosse gemme, di piume candide come la spuma del mare, di pelli, di tappeti rarissimi, di maioliche stupendamente dipinte. Tutti correvano giù alla marina, per ammirare tante cose belle esposte sulla nave, alle murate, agli alberi, a prora, a poppa, dovunque fra mille vivi colori.Sono meraviglie - diceva la cameriera a Donna Canfora, la quale aveva abbandonato l'arcolaio per ascoltarla - meraviglie che si vedono una volta sola nella vita. Andiamo, Signora; troverete laggiù le vostre amiche, chè tutte sono accorse - Su, voglio vestirvi subito subito, venite, andiamo.” Ma Donna Canfora era assai triste quel giorno e funesti presentimenti le attraversavano la mente. Ella disse: “Stamane l'arcolaio cigolava troppo. - Che ne dici, non è questo forse un avviso del Signore?”
Ma che dite, Signora! L'arcolaio è unto da pochi giorni. E' mai possibile che cigoli?”
Rispose Donna Canfora: “Mi batte il cuore fortemente. Tristi sogni ho fatto questa notte e più volte mi è parso di vedere qui dinanzi a me, lui, il povero mio marito. Che succederà mai?”
Prima di uscire Donna Canfora volle visitare tutta la casa, poi finalmente triste e pensosa si avviò verso il mare. Sulla riva c'era gran folla, mentre una leggera brezza gonfiava le vele di vario colore facendole scintillare al sole. Appena Donna Canfora comparve, la folla si divise in due ali facendola passare in mezzo come regina. Il Capitano della nave le andò incontro con viso sorridente e le disse: “La fama delle vostre virtù giunse fino ai lidi più lontani dell'Arabia e della Persia.” Donna Canfora ringraziò e si lasciò guidare fin sulla nave. Ad un tratto, però, la ciurma, ad un cenno del comandante, cominciò a tirare l'ancora e ad issare le vele. La folla, accortasi del pericolo, lanciò grida furibonde ed imprecazioni disperate, ma già la nave libera dagli ormeggi scivolava leggera sull'acqua calmissima ed il comandante trascinava verso la sua cabina la bella Donna Canfora. Allora, vedendosi sola tra quei barbari, ella chiese di essere lasciata libera un istante per dare l'ultimo saluto alla sua casa e alla sua terra natale. Dritta sulla poppa guardò a lungo la grande distesa marina, gli amici che agitavano le braccia in un gesto disperato, la riva che si allontanava veloce e poi, sollevati gli occhi al cielo, come per chiedere perdono a tutti, si lanciò in mare gridando: “Impara, o tiranno, che le donne di questa terra preferiscono la morte al disonore!”. Le vesti di broccato azzurro, appesantite dall'acqua, non le diedero la possibilità di guadagnare la riva e così scomparve fra le onde senza mai più risalire. In quel posto, in memoria di Donna Canfora, le acque diventarono d'un azzurro cangiante, a volte verde smeraldo, a volte turchese striato d'oro e d'argento e il fondo si coprì di alghe, di attinie e di bellissime asterie dalle forme svariate e dai mille colori. Così quando l'eco dello sciacquio dell'onda sulla battigia si perde nella campagna, sospinta dalla brezza marina, i contadini locali raccontano ai figli la leggenda di Donna Canfora ed insegnano loro che quel monotono murmure non è altro che l'accorato lamento col quale ella saluta ancora ogni notte la sua casa e la sua terra natale. Al seguente link è possibile trovare diverse foto della Torre Ruffa: http://www.rollerclub.it/it/dove-siamo-it/l-antica-torre-ruffa.html


Foto: da http://www.mondimedievali.net/Castelli/Calabria/vibovalentia/torruff02.jpg e da http://www.capo-vaticano.it/index1_file/Pft1/116p.HTM

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