sabato 6 giugno 2015

Il castello di domenica 7 giugno






COMISO (RG) – Castello Naselli d’Aragona

Detto anche palazzo del Conte, è una dimora signorile situata al centro di Comiso. Fu innalzata sopra gli avanzi di un antico maniero che si vuole appartenuto a Giovanni Chiaramonte, per acquisto da Berengario de Lubera. Smentendo tale ipotesi, lo Stanganelli sostiene invece, con buoni argomenti, che la Comiso appartenente ai Chiaramonte sarebbe stata quella della Val di Mazara e non questa in Val di Noto. Già in alcuni documenti del XIII — XIV sec. si parla del castello di Comiso, e si descrive come “...feudum Comisi cum aliis fortiliciis et edificis ...”, quindi già prima della fine del Trecento Comiso era cinta da solide mura per tutto il perimetro, e aveva torri e castello con antistante fossato. Intorno al 1392 la proprietà del maniero passò da Federico Speciaro ai conti Cabrera, mentre nel 1453 fu venduto a Periconio Naselli, barone della Mastra, il cui discendente Gaspare Naselli nel 1571 fu nominato Conte di Comiso da Filippo I di Sicilia. Proprio Gaspare Naselli fece costruire il mastio nel 1575. Da allora per molti secoli il castello divenne la dimora stabile della famiglia Naselli, fino a quando nel 1693 un terremoto fece crollare gran parte dell’edificio ad eccezione della torre. I lavori per restaurarlo continuarono fino agli inizi del Settecento (il piano superiore viene ricostruito nel 1735), ma la trasformazione a palazzo signorile si ebbe quando arrivò in visita, dimorandovi per qualche tempo con tutto il seguito, il viceré Cristoforo Fernandez de Cordova, che compiva un giro di ispezione alle fortezze dell’isola. Al tempo dei Borboni, il castello rimase abbandonato, finché nel 1841, una parte di esso venne trasformata in teatro, passato successivamente al Comune, e la parte bassa fu adibita a carcere mandamentale. Ai giorni nostri l’edificio è di proprietà della Famiglia Nifosì, discendente dai baroni di Canalazzi, che attualmente ancora lo abita. Nel lato est del castello troviamo la parte più antica: un battistero dedicato a San Gregorio Magno, con resti di affreschi di epoca bizantina e risalente intorno all'anno mille; di forma ottagonale, il battistero, alla sommità diventa di forma cilindrica ed si completa con un elegante cupola (da alcuni ritenuto battistero bizantino, è, molto più probabilmente, una cuba araba, poi riutilizzata come cappella gregoriana nel 1325). La parte nord del castello è caratterizzata da un'elegante trifora serliana, meglio conosciuta come Loggetta, che richiama lo stile cinquecentesco e che presenta pareti affrescate con paesaggi e voli di uccelli; questa loggia fu aggiunta al castello nel 1728, su progetto del genovese Michelangelo Canepa. Sono altresì presenti due portali ogivali, di cui uno è chiuso da una massiccia porta ferrata a grosse bugne risalente al 1400; una splendida fontanella inserita nella parete e risalente al Cinquecento attribuita al Gagini o alla sua scuola; un fusto di fontana del 1600 circa, in pietra locale riccamente scolpito, conservato nel cortile interno. Il Mastio è ingentilito da quattro finestre sormontate da timpani, su due sono state poste le “teste romane”. Sull’angolo N-NE c’è lo stemma dei Naselli. All’interno vi sono alcune porte a sesto acuto. Dello stesso complesso originario fanno parte il teatro comunale (riedificato negli anni 70 su progetto dell’architetto Enzo Gianna) e i magazzini, al cui interno sono visibili delle tombe di origini bizantine o arabe (oggi sede del foyer del teatro e dell’auditorium Carlo Pace). Secondo una leggenda il conte era assediato dentro il suo castello dai nemici per molti giorni e l'assedio non accennava a finire, tanto che le scorte alimentari scarseggiavano. Allora una notte, mentre era in preda all'angoscia, gli apparve San Biagio, il quale lo rassicurò dicendogli che la penitenza sarebbe finita se egli avesse digiunato e seguito un suo consiglio: doveva fuggire attraverso un canale sotterraneo e, uscito in aperta campagna, avrebbe incontrato un pastore dal quale avrebbe dovuto acquistare delle ricotte, che, tornato al maniero, avrebbe dovuto gettare sugli assedianti. Il conte, essendo un uomo pio, seguì il consiglio del santo, e avvenne come era stato predetto: il conte si arrese e si mise a buttare sugli accorsi quelle ricotte a una a una. Al che, avendo persuaso i nemici dell'impossibilità di prendere la torre per fame, li indusse a togliere l'assedio. Così castello e paese furono salvi. Proprio quest’anno, a Pasqua, è stato possibile visitare una parte del castello, grazie alla disponibilità del proprietario, Giuseppe Nifosì e alla collaborazione delle “guide” delle giornate del FAI e della Protezione civile. Il castello ha una pagina su Facebook: https://www.facebook.com/pages/Il-Castello-aragonese-di-Comiso/638099669668488. Per approfondire vi suggerisco: http://comiso.altervista.org/cronologia.2.htm.
 

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è presa da http://www.telenovaragusa.com/wp-content/uploads/2015/04/castello-aragonese-.jpg

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