GROSSO CANAVESE (TO) - Castello
La fondazione di Grosso si colloca nel tardo medioevo, probabilmente sul
finire del XII secolo: il primo documento storico che nomina la parrocchia di
Grosso è del 1209. Sui territori paludosi della sponda sinistra della Stura di
Lanzo vennero edificati quattro ricetti: Nole, Villanova, Liràmo e, Grosso. Il ricetto
è struttura difensiva medievale tipica della parte orientale del Piemonte. I
feudi delle terre che, dopo una bonifica dovuta a naturali cambiamenti
climatici, divennero molto fertili furono affidati a vassalli imparentati con
la schiatta dei marchesi del Monferrato. È probabile che non solo i signori, ma
anche i primi coloni provenissero dal basso Monferrato o dal Vercellese, stanti
alcune peculiari caratteristiche del dialetto. Insieme col ricetto, venne
edificata una casa padronale, impropriamente chiamata "castello": di
ambedue le costruzioni, rimangono alcuni tratti della cinta muraria originale.
Della stessa epoca è anche la fondazione della Chiesa parrocchiale, dedicata a
San Lorenzo: nonostante numerosi rimaneggiamenti e ampliamenti - a partire dal
1719 - che ne hanno resa poco leggibile la struttura e la storia, la navata
centrale è ancora quella della sua fondazione duecentesca. Dopo l'incendio
(1326) del ricetto di Liràmo, alla parrocchia di Grosso furono assegnate anche
quelle terre: da quel giorno, la Chiesa parrocchiale è intitolata ai santi
Lorenzo e Stefano (Stefano era il patrono di Liràmo). Verso la metà del XVII
secolo, la signoria di Grosso venne acquisita dal conte Francesco Armano (o
Armani), medico ciriacese d'origine umbra, il quale fece radere al suolo
l'antico "castello", conservando tuttavia la cappella gentilizia
presso la quale sostò, durante almeno una delle sue due traslazioni
cinquecentesche da Chambéry a Torino, Sacra Sindone (alla quale la cappella è dedicata).
In luogo dell'antica costruzione, l'Armano fece edificare una tipica dimora
seicentesca, luogo di soggiorno e di delizie, memore forse di qualche ricordo
mantovano che lo portò a far affrescare finanche una Sala delle Muse, destinata
a performance liriche e musicali che probabilmente mai avvennero. Ad affrescare
riccamente le sale di palazzo Armano, che domina la piazza principale,
intervennero i Maestri Campionesi: rarissima testimonianza nel Piemonte
occidentale della loro opera. Il palazzo Armano è di proprietà privata; dopo
decenni d'incuria, è stato recentemente restaurato. Il fabbricato si compone
essenzialmente di un grande braccio di fabbrica a tre piani, che prospetta
verso la piazza principale del paese. A sinistra dell'edifìcio principale si
innalza un braccio di soli due piani, terminato da una cappella gentilizia la
cui facciata, sobria e corretta, prospetta anch'essa la piazza. Il profilo
della facciata, interrotta dalle torricelle pensili e dal torrione centrale, è
variato e interessante; la giudiziosa distribuzione delle masse, costante
preoccupazione dei vari architetti, risulta movimentata dai grandi avancorpi,
che, per la cornice sporgente, contribuiscono a segnare strisce e pezze di
ombra sul prospetto dell'imponente edificio. A sinistra dell'androne è disposta
la scala a quattro rampe, sostenute da volte a collo d'oca, mentre i
pianerottoli poggiano su colonnette. Le pareti della gabbia in molti tratti
presentavano forse delle pitture; rimane ancora vicino alla porta che, al piano
nobile, da accesso al salone d'onore la figura di un alabardiere riccamente
vestito, interessante saggio di costume secentesco. L'interno del castello,
contrastante con la sobrietà esteriore, è fastoso e ricorda il lusso e lo
splendore della vita seicentesca. Gli ambienti del pian terreno sono coperti da
volte dipinte con motivi del Rinascimento e seicenteschi. Il grandioso salone
al piano nobile, in posizione non centrale, impressiona per la sua fastosa
decorazione. Esso è coperto da un soffitto in legno a cassettoni, adornati da
rosoni. Il tono dell'ornamentazione è molto chiaro: travi, travicelli, rosoni
in grigio con esili filetti oscuri che ne sottolineano le membrature, ciò
avvantaggia la sala nell'effetto della sua altezza. La composizione e il
disegno caratteristico del Seicento per la ricchezza delle cornici, medaglioni
e per gli atteggiamenti contorti delle figure, appaiono talvolta non certo
perfetti.
La pittura però in complesso è assai commendevole e adempie perfettamente al
suo scopo decorativo, di cui nel Seicento ancora si preoccupava l'artista. Il
salone adiacente è pure mirabile per il suo bellissimo soffitto a cassettoni e
rosoni in chiaro e per un altro fregio dipinto che corre sotto di esso. Entro
medaglioni bronzei sono effigiate varie figure di putti e cariatidi. Le cornici
e i cartocci che li circondano, trattati con fare largo e disinvolto in tinta
chiara, sono pure molto belli. Sono rappresentate le quattro età auree. Molti
altri locali del castello sono adornati di pitture. Una lapide marmorea,
conservata e murata nella cappella gentilizia dedicata alla S. Sindone, ci
ricorda gli autori e la data della ricostruzione del castello: "I fratelli
Giovanni, Giacomo e Bernardino Armano conti di Grosso e Villanova nel 1655
ricostruirono dalle fondamenta il Castello medioevale che era cadente per
vetustà, rivendicando la potestà su Grosso che da tre secoli apparteneva ai
loro maggiori e costrussero la Cappella intitolata alla S. Sindone".
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Grosso_(Italia), http://www.comune.grosso.to.it/ComSchedaTem.asp?Id=2157
Foto: da https://piemontefantasma.files.wordpress.com/2014/08/8.jpg,
mentre la seconda è una cartolina in vendita su Ebay (non è mia purtroppo....)
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