martedì 4 ottobre 2016

Il castello di martedì 4 ottobre






SANTARCANGELO DI ROMAGNA (RN) - Rocca Malatesta

Dal XIII secolo fu dominata dai conti Ballocchi, famiglia antiquitate generis et gloria maiorum originaria forse di Santarcangelo stesso oppure, secondo altre fonti meno accreditate, di Rimini, poi spodestata agli inizi del XV secolo dai Malatesta, nemici di vecchia data. Il dominio dei Ballocchi ebbe una conclusione con le pesanti sconfitte politiche e la scomunica del suo ultimo esponente, Paolo, rimosso dal controllo della città da papa Bonifacio IX e ridotto alla vita di Cavaliere privato. La Rocca malatestiana di Santarcangelo di Romagna risale al 1386. Costruita su ruderi romani, nacque per consentire un controllo del territorio con funzioni strategiche e militari, nei secoli però fu trasformata in residenza signorile. Il primo riferimento storico al luogo dove oggi sorge, in una estremità del monte, risale comunque al Codice Bavaro, in cui si legge che alla fine del IX secolo, sull’altura Mons Iovis, sorgeva il castello chiamato Sant’Arcangelo (il "chastrum sancti arcangeli"). Esiste anche un secondo riferimento alla fortezza, di un luogo fortificato – o castrum – che rinvia a Federico Barbarossa, il quale nel 1164 concesse da Sant’Arcangelo due diplomi ai monasteri ravennati di Sant’Apollinare e di San Severo. A partire dalla prima metà del XIII secolo, tra alterne vicende connesse alla lotta fra Guelfi e Ghibellini, il dominio su Sant’Arcangelo passò gradualmente ai Malatesta: il dantesco “Mastin vecchio” presidiò per breve tempo il castello in occasione del suo passaggio a capo della parte guelfa, e nel 1288 il figlio Gianciotto lo sottrasse per poco più di un anno al comune di Rimini. Quest’ultima circostanza ha indotto alcuni studiosi ad ambientare tra le mura della Rocca il famoso racconto dantesco di Paolo e Francesca. Ma fu nel XIV e nel XV secolo, con Galeotto (1323-1385), Carlo (1368-1429) e Sigismondo Pandolfo (1417-1462), che i Malatesta riuscirono ad acquisire il dominio incontrastato su tutta la vasta area circostante Rimini: grazie alla posizione della Rocca di Santarcangelo controllavano la valle del Marecchia fino alle colline e San Marino da una parte e fino a Cesena e al mare dall’altra. E fu soprattutto ad opera di Sigismondo Pandolfo - letterato, guerriero e architetto - che il fortilizio di Sant’Arcangelo assunse, al termine dei lavori nel 1447, la configurazione definitiva che ancora oggi conserva. Nel 1462 la Rocca venne conquistata con un terribile sacco dalle truppe comandate da Federico di Montefeltro, in seguito fu riconquistata da Roberto, figlio di Sigismondo Pandolfo, e ancora messa a ferro e fuoco da Cesare Borgia nel 1498. Caduto anche il Borgia, e abbandonata definitivamente dai Malatesta, la Rocca passò ai Veneziani che nel 1505 la cedettero alla Santa Sede. Nei secoli successivi, e fino all’Unità d’Italia, fu data in affitto a vari signori e nel 1880 divenne proprietà della famiglia Massani. Nel 1903 fu acquistata dai Conti Rasponi, ereditata dai conti Spalletti e ceduta ai conti Colonna di Paliano, che ne sono tuttora proprietari. La sua attuale destinazione a sede dell'Associazione Sigismondo Malatesta, costituita nel 1988 e presieduta dalla Principessa Marina Colonna, da un lato vuole valorizzare le tradizioni e la storia del luogo in cui sorge (uno dei più interessanti e meglio conservati dell'entroterra della Romagna) dall'altro intende contribuire a collegare Sant'Arcangelo con altri centri della cultura nazionale e internazionale. È al 1386 che risale il maschio dell'attuale castello, quando cioè Carlo Malatesta fece costruire la torre fortificata quadrangolare: questa doveva essere di grandezza assai superiore all'attuale se, in seguito, fu appunto Sigismondo a farla abbassare, servendosi del materiale di recupero per rinforzare le mura del castrum. Allo stesso periodo risale il rinnovamento dell'edificio con l'aggiunta dei bastioni angolari a pianta pseudo esagonale secondo la consolidata pratica di torri poligonali o a puntone pentagonale (in ambito malatestiano, le torri cilindriche sono rarissime e si attribuiscono al breve periodo della presenza veneziana nei primi del Cinquecento) e delle annesse strutture abitabili. Visitando il castello, si ricava la sensazione che la committenza non assegnasse un tema specifico, ma che le decisioni fossero demandate al “maestro” di volta in volta incaricato dell’opera. La Rocca malatestiana subì poi alcuni rimaneggiamenti per essere meglio adibita ad abitazione, come precedentemente accennato. Solo alcuni ambienti mantengono quindi la struttura originaria (il maschio, i sotterranei). La pianta della Rocca è quadrangolare con un cortile interno (nella variante che prevede solo tre ali residenziali, col lato d’ingresso privo di edifici), tre bastioni poligonali e il maschio quadrato. Il lato rivolto verso il centro abitato è costituito da una cortina muraria che fu ribassata durante i lavori del 1447. La struttura è caratterizzata da un’alta torre e l’ingresso del castello era originariamente munito di postierla e di corsie per il ponte levatoio, di cui rimangono ancora le tracce visibili sul muro sopra l’arco. Sotto il voltone d’ingresso, a destra, vi è un piccolo locale anticamente adibito al ricovero del corpo di guardia. Si accede quindi al cortile lastricato, al cui centro trova posto un antico pozzo medioevale ancora efficiente e che comunica con l’originale cisterna per la raccolta dell’acqua; filtri e cisterne, in quanto sotterranei, si sono conservati nella loro versione originaria. I sotterranei sono coperti con volte a botte, per irrobustire staticamente la struttura contro l’offesa delle artiglierie. L’uso di volte a botte è ricorrente nei castelli di Sigismondo, da Rimini a Mondaino e da Verucchio a Santarcangelo. Gli edifici che si affacciano sul cortile sono stati fortemente rimaneggiati per essere adibiti ad abitazione. Si accede nel maschio attraverso una piccola porta a destra del cortile. Il lato d’ingresso mostra la perdita dell’intera terminazione beccatellata, che certamente coronava il castello. La mano di Sigismondo Pandolfo si rivela nella generosa scarpatura del castello e nella torre esagonale, successivamente dotata di nuove bombardiere. Quest'ultime sono frequentissime nei castelli italiani, ammodernati per la difesa fino a tutto il Quattrocento e oltre. Costituiscono un prezioso “fossile guida” per la datazione delle varie parti delle strutture, perché alla fine del XV secolo entra in uso il tipo “alla francese” che dura pochi decenni. Sono ancora visibili anche le iscrizioni in caratteri epigrafici antichi e latini, come prevedeva la moda umanistica del tempo. Una scala a chiocciola che invade lo spazio interno assicura le comunicazioni verticali; al primo piano, si può ancora ammirare la prima stanza dal soffitto a cassettoni e il pavimento in mattoni, e dal mobilio barocco posto alle pareti. Nel corso dei secoli il perdurante uso a residenza privata ha portato a rivedere più volte gli interni. Altri link utili: http://www.santarcangelodiromagna.info/rocca-malatestiana/, video del programma Sereno Variabile dedicato alla Rocca: http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-e22e38c7-c850-46ac-b849-ec471c9ed940.html

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Santarcangelo_di_Romagna, scheda di Cetty Giuffrida su http://www.icastelli.it/castle-1238688528-rocca_malatestiana_di_santarcangelo_di_romagna-it.php,

Foto: la prima è di Renardo la vulpo su https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Santarcangelo_di_Romagna,_rocca_Malatestiana,_1.jpeg, la seconda è presa da http://www.hoteldoriariccione.it/servizi/non-solo-mare.html0

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