SANTARCANGELO DI ROMAGNA (RN) - Rocca Malatesta
Dal XIII secolo fu dominata dai conti Ballocchi,
famiglia antiquitate generis et gloria maiorum originaria forse di Santarcangelo
stesso oppure, secondo altre fonti meno accreditate, di Rimini, poi spodestata
agli inizi del XV secolo dai Malatesta, nemici di vecchia data. Il dominio dei
Ballocchi ebbe una conclusione con le pesanti sconfitte politiche e la
scomunica del suo ultimo esponente, Paolo, rimosso dal controllo della città da
papa Bonifacio IX e ridotto alla vita di Cavaliere privato. La Rocca malatestiana di Santarcangelo di
Romagna risale al 1386.
Costruita su ruderi romani, nacque per consentire un controllo del territorio
con funzioni strategiche e militari, nei secoli però fu trasformata in
residenza signorile. Il primo riferimento storico al luogo dove oggi sorge, in
una estremità del monte, risale comunque al Codice Bavaro, in cui si legge che
alla fine del IX secolo, sull’altura Mons Iovis, sorgeva il castello
chiamato Sant’Arcangelo (il "chastrum sancti arcangeli").
Esiste anche un secondo riferimento alla fortezza, di un luogo fortificato – o castrum
– che rinvia a Federico Barbarossa, il quale nel 1164 concesse da
Sant’Arcangelo due diplomi ai monasteri ravennati di Sant’Apollinare e di San
Severo. A partire dalla prima metà del XIII secolo, tra alterne vicende
connesse alla lotta fra Guelfi e
Ghibellini, il dominio su Sant’Arcangelo passò gradualmente ai Malatesta: il dantesco “Mastin
vecchio” presidiò per breve tempo il castello in occasione del suo passaggio a
capo della parte guelfa, e nel 1288 il figlio Gianciotto lo sottrasse per poco
più di un anno al comune di Rimini. Quest’ultima circostanza ha indotto alcuni
studiosi ad ambientare tra le mura della Rocca il famoso racconto dantesco di
Paolo e Francesca. Ma fu nel XIV e nel XV secolo, con Galeotto (1323-1385),
Carlo (1368-1429) e Sigismondo Pandolfo (1417-1462), che i Malatesta riuscirono
ad acquisire il dominio incontrastato su tutta la vasta area circostante
Rimini: grazie alla posizione della Rocca di Santarcangelo controllavano la
valle del Marecchia fino alle colline e San Marino da una parte e fino a Cesena
e al mare dall’altra. E fu soprattutto ad opera di Sigismondo Pandolfo - letterato, guerriero e architetto - che il
fortilizio di Sant’Arcangelo assunse, al termine dei lavori nel 1447, la configurazione definitiva che
ancora oggi conserva. Nel 1462 la Rocca venne conquistata con un terribile
sacco dalle truppe comandate da Federico di Montefeltro, in seguito fu
riconquistata da Roberto, figlio di Sigismondo Pandolfo, e ancora messa a ferro
e fuoco da Cesare Borgia nel 1498. Caduto anche il Borgia, e abbandonata
definitivamente dai Malatesta, la Rocca passò ai Veneziani che nel 1505 la
cedettero alla Santa Sede. Nei secoli successivi, e fino all’Unità d’Italia, fu
data in affitto a vari signori e nel 1880 divenne proprietà della famiglia
Massani. Nel 1903 fu acquistata dai Conti Rasponi, ereditata dai conti
Spalletti e ceduta ai conti Colonna di
Paliano, che ne sono tuttora proprietari. La sua attuale destinazione a
sede dell'Associazione Sigismondo
Malatesta, costituita nel 1988 e presieduta dalla Principessa Marina
Colonna, da un lato vuole valorizzare le tradizioni e la storia del luogo in
cui sorge (uno dei più interessanti e meglio conservati dell'entroterra della
Romagna) dall'altro intende contribuire a collegare Sant'Arcangelo con altri
centri della cultura nazionale e internazionale. È al 1386 che risale il
maschio dell'attuale castello, quando cioè Carlo Malatesta fece costruire la
torre fortificata quadrangolare: questa doveva essere di grandezza assai
superiore all'attuale se, in seguito, fu appunto Sigismondo a farla abbassare,
servendosi del materiale di recupero per rinforzare le mura del castrum.
Allo stesso periodo risale il rinnovamento dell'edificio con l'aggiunta dei
bastioni angolari a pianta pseudo esagonale secondo la consolidata pratica di
torri poligonali o a puntone pentagonale (in ambito malatestiano, le torri
cilindriche sono rarissime e si attribuiscono al breve periodo della presenza
veneziana nei primi del Cinquecento) e delle annesse strutture abitabili.
Visitando il castello, si ricava la sensazione che la committenza non
assegnasse un tema specifico, ma che le decisioni fossero demandate al
“maestro” di volta in volta incaricato dell’opera. La Rocca malatestiana subì
poi alcuni rimaneggiamenti per essere meglio adibita ad abitazione, come
precedentemente accennato. Solo alcuni ambienti mantengono quindi la struttura
originaria (il maschio, i sotterranei). La pianta della Rocca è quadrangolare
con un cortile interno (nella variante che prevede solo tre ali residenziali,
col lato d’ingresso privo di edifici), tre bastioni poligonali e il maschio
quadrato. Il lato rivolto verso il centro abitato è costituito da una cortina
muraria che fu ribassata durante i lavori del 1447. La struttura è
caratterizzata da un’alta torre e l’ingresso del castello era originariamente
munito di postierla e di corsie per il ponte levatoio, di cui rimangono ancora
le tracce visibili sul muro sopra l’arco. Sotto il voltone d’ingresso, a
destra, vi è un piccolo locale anticamente adibito al ricovero del corpo di
guardia. Si accede quindi al cortile lastricato, al cui centro trova posto un
antico pozzo medioevale ancora efficiente e che comunica con l’originale
cisterna per la raccolta dell’acqua; filtri e cisterne, in quanto sotterranei,
si sono conservati nella loro versione originaria. I sotterranei sono coperti
con volte a botte, per irrobustire staticamente la struttura contro l’offesa
delle artiglierie. L’uso di volte a botte è ricorrente nei castelli di
Sigismondo, da Rimini a Mondaino e da Verucchio a Santarcangelo. Gli edifici
che si affacciano sul cortile sono stati fortemente rimaneggiati per essere
adibiti ad abitazione. Si accede nel maschio attraverso una piccola porta a
destra del cortile. Il lato d’ingresso mostra la perdita dell’intera
terminazione beccatellata, che certamente coronava il castello. La mano di
Sigismondo Pandolfo si rivela nella generosa scarpatura del castello e nella
torre esagonale, successivamente dotata di nuove bombardiere. Quest'ultime sono
frequentissime nei castelli italiani, ammodernati per la difesa fino a tutto il
Quattrocento e oltre. Costituiscono un prezioso “fossile guida” per la
datazione delle varie parti delle strutture, perché alla fine del XV secolo
entra in uso il tipo “alla francese” che dura pochi decenni. Sono ancora
visibili anche le iscrizioni in caratteri epigrafici antichi e latini, come
prevedeva la moda umanistica del tempo. Una scala a chiocciola che invade lo
spazio interno assicura le comunicazioni verticali; al primo piano, si può
ancora ammirare la prima stanza dal soffitto a cassettoni e il pavimento in
mattoni, e dal mobilio barocco posto alle pareti. Nel corso dei secoli il
perdurante uso a residenza privata ha portato a rivedere più volte gli interni.
Altri link utili: http://www.santarcangelodiromagna.info/rocca-malatestiana/, video
del programma Sereno Variabile dedicato alla Rocca: http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-e22e38c7-c850-46ac-b849-ec471c9ed940.html
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Santarcangelo_di_Romagna,
scheda di Cetty Giuffrida su http://www.icastelli.it/castle-1238688528-rocca_malatestiana_di_santarcangelo_di_romagna-it.php,
Foto: la prima è di Renardo la vulpo su https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Santarcangelo_di_Romagna,_rocca_Malatestiana,_1.jpeg,
la seconda è presa da http://www.hoteldoriariccione.it/servizi/non-solo-mare.html0
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