SIRACUSA – Castello Svevo o Maniace (di Mimmo Ciurlia)
Il Castello Maniace sorge sulla punta estrema di Ortigia, a
controllo del porto e della città di Siracusa. Nel sito in cui sorge il castello
dovettero quasi certamente esistere delle fortificazioni sin dai tempi dei
Greci in quanto è strategicamente importante per la difesa del Porto Grande. Il
nome “Maniace” deriva da Giorgio Maniace, un generale bizantino che nel 1038
d.C. riconquistò per un breve periodo la città dagli Arabi e portò in dono due
arieti bronzei ellenistici, che poi vennero posti all’entrata del Castello
stesso. Qualche anno dopo, gli arabi si impadronirono nuovamente di Siracusa e
del maniero che tennero fino al 1087 quando furono sconfitti e cacciati dai
Normanni. Per tal motivo il castello ha impropriamente conservato il nome del
condottiero, resta comunque il fatto che la costruzione sia di origine sveva. Fu
infatti costruito per volontà di Federico II, tra il 1232 e il 1240, che ne
affidò la realizzazione all'architetto Riccardo da Lentini, in osservanza a
precise regole di razionalità, geometria, simmetria. I primi documenti sulla
sua fondazione sono le lettere di Federico inviate il 17 novembre 1239 da Lodi
a suoi sottoposti collegati alla costruzione del Castello, nelle quali l'imperatore
si compiace per la diligenza con la quale Riccardo da Lentini “prepositus
aedificiorum segue il castrum nostrum Syracusie” e lo rassicura che la sua
richiesta “pro munitione castroum nostrorum Syracusie et Lentiní quam etiam pro
Serracenis et servis nostris necessarium frumentum, ordeum, vinum, caseum,
companagium, scarpas et indumenta” è stata girata al tesoriere di Messina, il
quale provvederà al più presto a fornirlo di tutto l'occorrente. Passato agli
angioini nel 1266, venne assaltato ed espugnato dalla popolazione siracusana in
rivolta l'11 aprile del 1282. Nel 1302 Federico d'Aragona vi siglò l'armistizio
con gli angioini. Nel 1321 ospitò la seduta del Parlamento siciliano convocato
per sancire l'eredità del figlio di Alfonso III d'Aragona, Federico III di
Aragona. Nel 1325 Pietro II d'Aragona fece riattare i fossati e costruire due
forti a supporto del castello. L'attuale pianta della fortificazione presenta
una serie di aggiunte successive, tali da stravolgere del tutto quello che
doveva essere l'assetto originario. Si giunge al castello attraverso un ponte
di pietra che sostituisce l’antico ponte levatoio posto su di un fossato di
acqua di mare a difesa tutto intorno alla costruzione. L’edificio è a pianta
quadrata, chiuso da un possente muro perimetrale con quattro torri cilindriche
agli angoli. All’esterno era visibile un grandioso basamento a scarpa, che è
poi andato interrato. L’ingresso al castello è segnato da un portale marmoreo a
struttura ogivale, con strombatura. Sopra l’arco domina lo stemma spagnolo, che
fu posto nel 1614. Ai lati del portale vi sono le due nicchie, destinate a
contenere, su mensole aggettanti, i due arieti di bronzo che ebbero complesse
vicende e di cui uno solo superstite è oggi visibile al Museo Salinas di Palermo.
Recentemente è stata eseguita una copia dell’originale palermitano, donata dal
Rotary Club di Siracusa e che, ultimati i lavori di restauro, verrà ricollocata
sulla mensola originaria. Oltrepassata
la porta si entra in un cortile che è il risultato di distruzioni e
riedificazioni varie, successive alla costruzione sveva. Le due navate
superstiti coperte da volte a crociera, lungo il lato meridionale, sono quello
che sopravvive della costruzione originaria. All’interno l’ambiente doveva
apparire come un’unica sala scandita da 16 colonne libere, 4 semicolonne
angolari e 16 semicolonne perimetrali, che sorreggevano 25 campate, coperte da
volte a crociera costolonate, quattro monumentali camini segnavano gli angoli
delle pareti. La campata centrale è stata interpretata come cortile a cielo
aperto, con vasca centrale. Il carattere strutturale diverso delle colonne
della campata centrale, costituite da colonne monolitiche di granito accostate,
darebbe credito all’ipotesi scaturita in seguito a recenti esplorazioni, di una
campata centrale coperta come le altre, ma più enfatizzata. Agli angoli della
sala, i tre gruppi di scale superstiti -
torri sud, nord ed est - sono preceduti e separati dai vani per i
servizi da un vestibolo, con volta a botte ripartita in due crociere impostate
su peducci a goccia; nel vano servizio
invece, i costoloni della crociera scaricano su peducci con la parte terminale
a rilievo, arricchita da figure scultoree varie (leoni affrontati, un telamone,
testa raffigurante forse Federico giovane). Le scale sono composte da blocchi
monolitici da cui è ricavato il gradino e la porzione di cilindro, la
sovrapposizione dei quali determina lo sviluppo del pilastro centrale, elemento
portante della scala, e la successione dei gradini con andamento radiale. Le
colonne, di forma cilindrica, sono realizzate in pietra calcarea, poggiano su
piedistalli poligonali e terminano in capitelli con due, tre e quattro ordini
di foglie che, larghe alla base, si richiudono in cima a crochet, dove sono
rappresentate scene agresti, figure umane, serpenti. Sopra l’abaco del
capitello s’innalzano i costoloni a sezione quadrata ed angoli smussati,
elementi caratterizzanti delle crociere della sala: le volte sono ottenute da
conci in calcarenite e pietra pomice lavica disposti a spina-pesce e messi in
opera con malta. Le pareti mostrano una tessitura muraria a conci sfalsati;
anche le semicolonne dei muri perimetrali mantengono inalterato questo tratto,
in modo da garantire la connessione e la continuità del paramento murario. In
corrispondenza al portale d’ingresso si trova l’uscita posteriore che conduce
sulla punta del promontorio. Da questa parte, oltre l’edificio federiciano, nel
XVI secolo s’impiantarono le batterie di cannoni, per collegarlo al resto delle
fortificazioni cittadine. Nel XVII secolo il Grunemberg dotò l’estremità del
promontorio di una difesa a punta di diamante e costruì due semibaluardi nella
parte antistante l’ingresso al castello. Infine, in età borbonica, fu costruita
la casamatta, recentemente restaurata. E’ noto che l’architetto medioevale
usava i numeri pitagorici e i numeri musicali con la stessa confidenza con la
quale usava le regole geometriche. Ogni numero era inscindibile dal proprio
significato simbolico. A Siracusa è stato usato con insistenza il numero 5 (le
crociere) ed il 4 (i lati), ma il 5 non è altro che la somma del 2+3, di due
numeri primi della serie di Leonardo Fibonacci. E' la serie di numeri
(1,2,3,4,5) che dà ordine all'universo ed alle arti applicate. Federico II
stesso ebbe diversi contatti con il Fibonacci, sommo matematico medioevale. La
serie di Fibonacci è 1,2,3,5, numeri in cui ognuno è la somma dei due che lo
precedono. La scelta delle figure geometriche non è certo casuale. Il quadrato,
il 4, nel Medioevo era il numero della terra, della Chiesa rivelata attraverso
le 4 virtù teologiche; per gli Orientali 4 erano le sembianze della divinità;
per i Greci i famosi 4 elementi primordiali facevano capo alla scuola
presocratica. Il cerchio è il simbolo della perfezione che ha inizio e fine in
sé, per gli Orientali è il sole e la vita, presso i Greci è il cosmo. Nella
pianta del Castello Maniace, leggendo i numeri come simboli, il quadrato
rappresenta la terra ed il cerchio il sole. Sotto gli Angioini il maniero divenne
patrimonio regio, censito nel 1273 da una commissione di inchiesta che parlava
di un Castrum Siragusie. La guerra fra gli Angioini e gli Aragonesi per il
dominio del Regno vide il castello opposto a difesa della città. Per quasi
tutto il XV secolo il Castello fu una prigione. Nel 1448, dopo uno splendido
banchetto tenuto nelle sue sale, il capitano Giovanni Ventimiglia, fece
uccidere tutti i convitati, accusati di tradimento. Per questo prode gesto ottenne
dal re Alfonso di Castiglia in dono i due arieti bronzei che ornavano sino a
quel giorno il prospetto del castello. Alla fine del XVI secolo, nel piano più
generale di fortificazione della città, Castello Maniace divenne un punto
nodale della cinta muraria, progettata dall’ingegnere militare spagnolo Ferramolino.
Nella metà del XVII secolo ulteriori opere fortificate compresero lavori nel castello,
di non nota entità. Il 5 novembre 1704, una furibonda esplosione avvenuta nella
polveriera sconvolee l'edificio. Brani di crociere e blocchi di calcare vennero
lanciati nel raggio di diversi chilometri. Negli anni successivi si apprestò la
ricostruzione, che lasciò intatte le parti rovinate dall'esplosione, mentre si
crearono tamponature per la realizzazione di magazzini. In età napoleonica il castello
rivisse con funzioni militari e venne munito di bocche da cannone. Nel 1838, a
salvaguardia dei moti che stavano scatenadosi in tutto il regno, i borbonici di
Ferdinando vi innalzarono una casamatta. Il castello venne poi consegnato al
Regno di Savoia ed utilizzato fino alla seconda guerra mondiale come deposito
di materiale militare. In seguito alla smilitarizzazione dell'area si sono
succeduti numerosi lavori di restauro (l'ultimo terminato nel 2010) che hanno
riportato la fortificazione agli antichi splendori, diventando oggi uno dei
castelli siciliani più suggestivi dell'isola, un vero e proprio simbolo del
potere e della genialità dell'imperatore Federico II. L'apertura al pubblico ha
permesso lo svolgimento di spettacoli dell'Ortigia Festival ma anche di ospitare
il cosiddetto G8 ambientale che ha visto la presenza dei ministri dell'ambiente
dei paesi industrializzati.
Fonti: http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/database/page_musei/pagina_musei.asp?ID=102&IdSito=77,
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_Maniace,
http://www.icastelli.it/castle-1234820900-castello_maniace_o_svevo_di_siracusa-it.php,
Foto: da http://www.siracusanews.it/node/38291
e da http://www.siracusaturismo.net/public/cosa_vedere/Castello_Maniace_Siracusa.asp
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