CASTEL SAN NICCOLO’ (AR) – Castello Conti Guidi
Giusto allo sbocco di valle del percorso romano che attraversava il
Pratomagno partendo da Firenze per Pelago, Montemignaio e quindi Vado, i
Longobardi costruirono un
castrum elevato proprio in corrispondenza del
torrente Solano, là dove nell’XI secolo la
gens dei Guidi conti avrebbe
poi strutturato il futuro Castello di San Niccolò. Le prime notizie
dell’esistenza di un insediamento castellare più ordinato si hanno in un atto
di donazione imperiale del 1029, grazie al quale fu riconosciuta la comunità
cristiana raccolta intorno alla Pieve di San Martino in Vado, una chiesa
romanica ancora oggi esistente e attiva, situata all’imbocco di Strada in
Casentino. Ma bisogna attendere il 1259 per rinvenire la documentazione
attendibile che faccia il primo riferimento esplicito al toponimo Castel San
Niccolò. Già mezzo secolo prima, esattamente nel 1212, risultano proprietari
del castello i conti Guidi di Battifolle, appartenenti alla famosa stirpe
casentinese che in tutta la Toscana era conosciuta semplicemente come “i Conti”
per antonomasia, grandi costruttori di castelli, e che lo stesso Dante nella
Commedia indica con rimpianto come una stirpe caratteristica di un’epoca per
lui ormai perduta, ma fedele al principio del governo di Cesare. Il primo
signore del feudo risulta essere stato il conte Guglielmo Novello del ramo di
Battifolle, personaggio che ebbe il suo bel da fare nel resistere alla
pressione del Comune fiorentino nei feudi guideschi, compresi quelli del
Pratomagno casentinese. Com’è noto, nella Toscana del Dugento il fenomeno della
progressiva decadenza della feudalità che i Guidi rappresentano è lo specchio
della trasformazione in senso mercantilistico della società feudale, dovuta a
sua volta alla crescita economica e commerciale delle città e dei Comuni, in
particolare di quello più forte: Firenze. Il crollo politico del casato feudale
avviene un po’ ovunque intorno alla metà del XIV secolo nel quadro della
definitiva sconfitta delle sorti ghibelline, e si consuma proprio attraverso la
perdita di quasi tutti i castelli (privilegi feudali e fondiari compresi) da
parte dei Guidi, i quali si trasformeranno inesorabilmente in una frazione
decaduta della classe aristocratica cittadina. Qui a Castel San Niccolò -
feudo, castello e ramo aristocratico che si direbbero “minori” e periferici
nell’
enclave casentinese - il dramma
dell’arretramento si consumò nel 1349, quando il castello era retto dal
rampollo di Guglielmo, Galeotto dei Guidi da Battifolle. La popolazione del
contado, abilmente aizzata dai Fiorentini con la prospettiva di liberarsi dai
pesanti gioghi esercitati dalla rendita naturale agraria, si unì a quella di
altri castelli d’oltreriva pedemontana, tra i quali anche Montemignaio e
Battifolle; fece voto di sottomissione alla Repubblica di Firenze e cacciò con
una rivolta generalizzata il tiranno crudele Galeotto da Castel San Niccolò. Fu
una conquista importante per Firenze, ma anche per il castello rappresentò uno
scatto d’avanzamento politico notevole, tanto da diventare sede della
Podesteria della “Montagna Fiorentina”, la quale altro non era che l’attuale
collina del Pratomagno passata sotto il controllo del comune gigliato. In quel
contesto e nel giro di un secolo successivo, Castel San Niccolò divenne un
avamposto politico importante per i traffici interni alla Repubblica
fiorentina, anche se nello stesso tempo i commerci tesero a concentrarsi per lo
più a Borgo alla Collina. La vecchia via romana Pelago-Montemignanio-San
Niccolò-Vado, che serviva per raggiungere l’Arno a Campaldino di Poppi, perse
progressivamente importanza a tutto vantaggio della nuova via della Consuma, la
quale aveva come capolinea di pianura il “mercatale” di Borgo alla Collina,
molto prossimo al villaggio di Vado. Con la conquista fiorentina insomma,
Castel San Niccolò eretto a podesteria fu come aggirato alle spalle
nell’impulso mercantile registratosi nell’epoca. Nel 1440 Castel
San Niccolò venne coinvolto violentemente nella guerra espansionista fra la
Signoria di Milano e la Repubblica fiorentina alleatasi in lega con Venezia.
L’esercito mercenario di Niccolò Piccinino da Perugia, che con un voltafaccia a
Firenze era passato al soldo di Milano, scese dalla Valpadana, rioccupò Forlì e
Faenza e valicò l’Appennino fino a giungere nel Casentino per affrontare la
soldatesca fiorentina guidata da Neri Capponi, non senza aver riscosso
l’appoggio preventivo dei Guidi del castello di Poppi. Prima dell’epilogo di
quello scontro, conclusosi con la famosa battaglia di Anghiari, il capitano di
ventura Piccinino pose un lungo assedio ai borghi e alla fortificazione di
Castel San Niccolò, che alla fine dovette soccombere non senza il suo bel tributo
di sangue. Le cronache riportano episodi cruenti quali il lancio con le
catapulte degli assediati catturati durante i tentativi di sortita dal
castello; oppure, dopo l’espugnazione milanese, l’impiccagione lungo le mura di
gran parte della popolazione assediata e vinta. Anche se i Fiorentini mezzo
vittoriosi dopo Anghiari riconquistarono le posizioni perdute, la Repubblica di
Firenze fece opera di smantellamento in diversi castelli casentinesi che già
erano andati distrutti in quel conflitto. In questo rimaneggiamento Castel San
Niccolò sede podestarile verrà “spodestato” nella scala dei traffici
ristabiliti, sostituito dal nuovo castello “popolano” di Borgo alla Collina,
che già i Fiorentini avevano in precedenza e in parte promosso a maggiore
importanza commerciale rispetto al più antico castello capoluogo. Forse il
vecchio castello dei Guidi aveva il torto di essere troppo infrattato e un po’
declassato rispetto alle nuove rotte fiorentine. Solo nel 1776 il
riordino amministrativo del dispotismo illuminato dei Lorena risolse, mediante
l’aggregazione in un’unica podesteria, questa situazione di doppio e perciò
triplice ingorgo fra insediamenti castellari successivi intorno al primo Castel
San Niccolò, dovuti alla compresenza dei borghi di San Martino in Vado con la
sua pieve del Mille, di Borgo alla Collina sviluppatosi in epoca repubblicana
sulla direttrice della Consuma, e del castello vero e proprio col suo borgo
“mercatale” in basso, che oggi ha il nome di Strada in Casentino e che è
capoluogo comunale e sede municipale. Pare che la sistemazione
amministrativa del territorio di Castel San Niccolò abbia rappresentato un
compito mai risolto definitivamente in due secoli e mezzo, a partire
dall’ordinamento leopoldino del 1776. Le cause remote sono da ricercarsi
certamente nella particolare posizione interna e assai defilata del castello,
con evidenti tratti di perifericità, ma se si volesse assumere alcuni fatti
come sintomi di una condizione difficile, se ne potrebbe trarre conclusioni non
meno eloquenti e razionali per la “comprensione storica” di Castel San Niccolò:
fin da quel lontanissimo 1029 è sempre appartenuto, come ancora appartiene (!),
alla diocesi di Firenze e Fiesole, nonostante sia stato annesso alla provincia di
Arezzo con l’ondata dei plebisciti antecedenti l’unificazione risorgimentale
italiana (1859); l’organizzazione mandamentale successiva del 1868 ha
costituito con la denominazione “Castel San Niccolò” (definitiva nel 1896) un
piccolo territorio di cerniera, i cui abitanti sono denominati curiosamente
“stradini”; il borgo del castello, che pure è il toponimo dell’attuale comune,
non è sede civica del municipio, ma si confronta con qualche opposizione
all’altro castello di Borgo alla Collina, di creazione fiorentina
quattrocentesca. Insomma, anche in quest’angolo remoto e nascosto
della Toscana i retaggi del Medioevo sembrano ancora alla ricerca di un assetto
più meritevole.
L'analisi di Castel
S.Niccolò deve iniziare dal basso, cioè dal ponte in pietra (distrutto durante
l'ultima guerra ma ricostruito nelle sue forme originarie) che
attraversa il torrente Solano. Proprio l'esistenza di questo guado diede origine al
sistema urbanistico del castello. Questo è costituito da tre
elementi: nella posizione più elevata del poggio la rocca, residenza del signore,
collegato ai suoi piedi un gruppo di case, fra le quali la la chiesa, cinto da mura nelle
quali si apre una porta difesa da torre (oggi trasformata in torre dell'orologio) al
quale giungeva l'unica strada di collegamento con il fondo valle e, ai
piedi del colle, all'altezza del sopracitato
ponte, un'altro gruppo di case, ovvero il 'mercatale' lungo la strada principale dal quale ha
avuto origine Strada in Casentino. La parte più
importante è il palazzo-fortezza che fu residenza dei conti Guidi prima e dei Podestà
fiorentini poi. Esso si presenta per buona parte intatto,
anche se nella parte ovest è andato distrutto il giro delle mura, con
il possente mastio dotato di torre ingentilito da due finestre
con bifore del quattrocento e un bel portale gotico attraverso il
quale giungiamo all'interno della piazza d'armi. Qui possiamo ammirare una
elegante loggetta, la cisterna e il camminamento di ronda ricostruito
sul lato est, in alcuni punti ancora dotato di merlatura. Ben conservata è anche la torre di Sud-Est, aperta
sul fronte interno, che doveva avere delle gemelle agli altri angoli del recinto.
Nella cortina muraria che collega la torre al mastio si apre una postierla.
Tutto quello che vediamo è dovuto alla paziente opera di restauro
intrapresa dai proprietari, il castello è residenza privata,
che ha liberato le vestigia storiche da aggiunte moderne riportandole all'antico splendore. La veduta del castello da Est con il
mastio sulla sinistra e le intatte cortine murarie che lo
cingono fino alla torre sud-est è forse l'immagine più potente fra quelle di tutti i
castelli casentinesi. Per visitare l’interno del castello è
assolutamente necessario telefonare al proprietario privato per concordare un
appuntamento, componendo il numero 0575.572961. La sua cortese disponibilità a
far pure da guida consente di varcare i cancelli della cerchia di mura e di
entrare nell’antico palazzo residenziale posto alla sommità dell’arroccamento.
Si possono ammirare la sala d’armi, la sala del corpo di guardia, la sala di
giustizia. Ambienti con arredi e affreschi quattrocenteschi e alcuni reperti
archeologici. Chi volesse invece accontentarsi di un sopralluogo sulle
strutture urbane del borgo adiacente il maniero non deve far altro che
incamminarsi dal mercatale di Vado, cioè Strada in Casentino, guadare il Solano
dal vecchio ponte medievale (rifatto dopo la distruzione del secondo
dopoguerra), e inerpicarsi sull’impegnativo sentiero
che conduce al castello. Oppure prendersela più comoda con l’auto, così da
giungere a destinazione dalla panoramica strada carrabile senza sfondo.
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