Il diploma imperiale di Enrico II dell’anno 1041 è sino ad oggi il documento più antico ed attendibile a riguardo del castello di Carrù, che oggi conserva ancora un torrione e merlature ghibelline. Un tempo proprietà dei Vescovi d’Asti, nel 1250 fu assoggettato a Mondovì e nel 1370 venne venduto a Pietro Bressano. Nel 1356, dopo un tormentato periodo di battaglie con il vescovo Bonifacio di Asti, con il marchese di Ceva, con gli Angioini e gli Acaja, i Bressano fecero omaggio del castello e del feudo di Carrù a Galeazzo Visconti di Milano. Dopo innumerevoli passaggi di mano, nel 1370 il feudo di Carrù passò nelle mani dei marchesi di Ceva, investiti della proprietà da Amedeo di Savoia. Il 28 Dicembre 1418, il conte Ludovico Costa, tesorierie e luogotenente del principe d'Acaja, venne investito del feudo di Carrù, in aggiunta a quelli già posseduti e cioè: il feudo di Cavallermaggiore dal 1402, quello di Benevagienna dal 1412, quello di Valgorrea dal 1413 e quello di Trinità dal 1416. I feudi di Benevagienna, Trinità e Carrù, tra loro confinanti, costituirono una larga pezza di territorio sulla quale ebbero giurisdizione i Costa che rappresentarono, in uno stato sabaudo in via di formazione, una funzione strategica di controllo verso il mare ed i marchesati del Monferrato e di Saluzzo. L'attuale edificio castellano fu voluto e costruito dai Costa in tempi immediatamente successivi il loro insediamento e venne ad occupare il luogo di una precedente fortificazione, che fu rasa al suolo (le recenti indagini archeologiche condotte durante il restauro negli anni '80 ne hanno in parte documentato la presenza). A Ludovico Costa, morto nel 1427, succedette il figlio Giovanni Luigi, consigliere di Amedeo VIII e quindi, nel 1479, Ludovico Antonio, sposo di Paola Gambara da Brescia, che dopo la morte, avvenuta nel 1505, venne beatificata e ricordata come "Beata Paola di Benevagienna". L'edificio quattrocentesco fu, nel corso dei secoli successivi, più volte rimaneggiato, soprattutto adattando l'interno a comoda residenza signorile. Grandi interventi furono condotti durante il XVII sec. quando il castello divenne dimora di piacere e di caccia di Gerolamo Maria della Trinità e di sua moglie Paola Cristina del Carretto, personaggi di spicco della Corte Sabauda, che vi tenevano feste e ricevimenti spesso ispirati alle delizie della caccia, sport preferito del tempo. Dopo un periodo di occupazione, prima francese e poi spagnola (nel 1796 Carrù divenne Quartier Generale del giovane Napoleone Bonaparte, che non fu ospitato nel castello, bensì in una dimora del concentrico, mentre nel maniero si accamparono alcuni soldati francesi), la restituzione di gran parte del Piemonte a Emanuele Filiberto di Savoia, diede inizio al periodo di riorganizzazione dello stato sabaudo. La signoria dei Costa continuò con alterne vicende fino alla seconda metà del 1800, quando il castello venne venduto, con altre proprietà, al cavaliere mauriziano Giuseppe Curreno, che da tempo curava gli interessi dei Costa. L'Ottocento ridefinì alcune decorazioni ed arredi dell’antica costruzione che, con forte suggestione romantica, divenne luogo di villeggiatura della Contessa vedova Costanza Lusema di Rorà, moglie di Paolo Remigio Costa della Trinità- Carrù; colei che, dopo lunghissime beghe con la Comunità Carrucese, finì per vendere, nel 1872, il Castello e tutte le proprietà ai Curreno. La famiglia Curreno (il Generale Giuseppe ottenne il titolo di Conte di Santa Maddalena) fu proprietaria del Castello sino al 1977. Nella memoria collettiva nulla o poco è rimasto della lunga presenza dei Costa feudatari del luogo: dal 1418 al 1872, "de jour en jour" (motto dei Costa) passano 454 anni. La presenza dei Curreno, distinta famiglia di proprietari terrieri che aveva consolidato una considerevole fortuna e che, con l'acquisto del castello di Carrù venne a sostituirsi visivamente ed emblematicamente ai Costa, non sembrò però tradursi in maniera incisiva nella vita della comunità carrucese come era avvenuto nei secoli precedenti coi Costa. Gran parte degli arredi (mobili e soprattutto quadri) che i Costa avevano lasciato nell'edificio al momento dell'alienazione, vennero trasmessi dai Curreno alla Cassa Rurale (oggi Banca Alpi Marittime Credito Cooperativo Carrù). Questa sensibilità per la conservazione delle memorie, degli arredi, dei quadri (non poi così comune, soprattutto nel fine Ottocento-primo Novecento, quando facilmente si rinnovavano gli arredi) fu probabilmente ispirata al modello aristocratico che contraddistinse i Curreno (che in seguito acquistarono il titolo di conti di Santa Maddalena), teso a conservare con rispetto i simboli di quel modello e non ad annullarli. La presenza dei Curreno nel castello fu più intensa alla fine del secolo scorso ed al principio del Novecento, quando, fra l'altro, l'avvocato Giacomo Curreno rivestì la carica di sindaco di Carrù ( dal 1895 al 1899); in seguito il castello divenne residenza estiva, per occasionali presenze dei proprietari. Nel 1945 il castello accolse il presidio fascista del tenente Rizzo e divenne prigione e luogo di tortura. Il commovente diario di G.F., interamente trascritto da E. Billò in "Aria 'd Carù" (pp. 240-247) annota come "il 15 marzo i repubblicani se ne sono andati, lasciando completamente saccheggiato il castello in cui furono compiuti atti vandalici di ogni sorta ...". Il giovanissimo Gimmj Curreno, figlio del generale Giuseppe, proprio dal castello era fuggito per schierarsi con i partigiani di Mauri: morì a 18 anni, il 30 marzo 1945 fucilato dai repubblichini. Nel dopoguerra il castello ospitò, nel settembre del 1948, l'allora presidente della repubblica Luigi Einaudi, in visita a Carrù, suo paese natale, anche su interesse dell'amico generale Giuseppe Curreno di Santa Maddalena. Nel 1977 l'ultima proprietaria, Claudia Curreno Marenco, vendette il castello alla Cassa Rurale e Artigiana di Carrù, attuale Banca Alpi Marittime - che, dopo i restauri condotti nel corso degli anni '80, ne ha fatto la propria sede. Dal 1987 il Castello è la Sede Direzionale della Banca Alpi Marittime Credito Cooperativo Carrù. Il castello ha l’aspetto di una dimora del tardo Rinascimento, risultato di restauri che subì in varie epoche, nel corso del XV e XVII secolo e ancora nel 1820 e nel 1864. L’interno ospita pregevoli quadri del ‘700, una bella camera barocca e volte lignee del XIV secolo. L’attuale costruzione è il risultato di svariati interventi condotti attraverso i secoli: vi si possono rintracciare parte della merlatura, aperture gotiche murate, feritoie, a testimonianza della funzione difensiva e strategica della costruzione in periodo medioevale. Successivi interventi riconducibili al 1600, ne modificarono l’assetto ed anche la destinazione d’uso, divenendo tranquilla abitazione di campagna per la villeggiatura dei conti Costa. Alcuni interventi di gusto neogotico, insieme alla sistemazione del giardino, condotti intorno alla metà del 1800, ne completarono la fisionomia, tuttora riscontrabile. L’interno conserva grandi saloni, alcuni dei quali decorati con motivi floreali e allegorie mitologiche, riconducibili in parte alla seconda metà del 1600 ed in parte alla prima metà del 1800; l’arredamento e la ricca collezione di tele (tra queste interessanti opere di scuola piemontese e genovese) risalgono pressoché interamente alle sistemazioni sei-settecentesche dei Costa. Fra i vari ambienti merita particolare attenzione la “camera dell’alcova”, che conserva un arco in legno e stucco dipinto, singolare esempio di gusto decorativo e scenografico barocco. Gli ottimi progetti di riuso dell’edificio da parte della Banca Alpi Marittime hanno portato il castello ad una completa rivalutazione, nuovamente fulcro culturale e protagonista della storia in divenire della zona. E’ possibile visitare il castello previo accordo con la sede della Banca Alpi Marittime. Su Carrù vi è la famosa leggenda della "Storia della Dama Blu". Paola Cristina del Carretto era la moglie di Gerolamo Costa, padrone di Carrù ed entrambi si dilettavano con la caccia. A quel tempo c'erano già dei mezzi abbastanza moderni, ma ciononostante i nobili preferivano utilizzare le frecce, quasi a riprodurre i modelli mitologici classici. Per l'appunto una freccia fu fatale a questa Dama, che durante una battuta di caccia, morì. Di lei è ricordato un quadro in cui indossa con delle vesti blu i panni della dea Diana cacciatrice: è per questo che è conosciuta come la Dama Blu. Non si è mai saputo chi fosse stato ad ucciderla: si dice tuttavia che lei ogni ultimo venerdì del mese esca da questa tela, che si trova nel castello, per cercare i suoi assassini.
Fonti: http://www.bancaalpimarittime.it/Download/Castello_Carru.PDF, http://langhe.net/sight/il-castello-di-carru/, http://it.wikipedia.org, http://www.targatocn.it/2014/05/02/leggi-notizia/argomenti/eventi/articolo/riapre-il-castello-di-carru-da-domenica-4-maggio.html
Foto: da http://langhe.net/sight/il-castello-di-carru/ e di Fabio Di Biase su https://www.flickr.com
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