MONTEMONACO (AP) - Castello
Montemonaco è annoverato fra le città che fecero parte sin
dall’ inizio del Presidiato Farfense e viene nominato in un catasto dei
possedimenti della celebre abbazia redatto alla fine del 900. Verso la fine del
X secolo, quindi, Montemonaco molto probabilmente esisteva e costituiva un
aggregato di case dove sotto la guida spirituale e morale dei monaci vivevano
suoi abitanti. Al monaco rettore spettava il compito di mantenere la pace nella
comunità risolvendo ogni questione privata tant'è che i suoi insegnamenti
divennero norma di vita e furono codificati. Ad essi fa riferimento la
prefazione dello Statuto Municipale stampato nel 1547 ad Amandola e nel 1628 a
Macerata. Secondo un documento dell’ Archivio del Buon Governo di Roma,
Montemonaco come cittadella fortificata fu fondata nel XII sec. dalla famiglia
Nobili di Montepassillo; una delle famiglie più ricche e potenti della Marca
Meridionale, proprietaria del castello di Montepassillo che era posto nei
pressi di Comunanza. Fin dal XII secolo le comunità marchigiane pagavano alla
Camera Apostolica, cioè all’ufficio curiale che sovrintendeva alle finanze
pontificie, il “census” cioè una somma fissa annua dovuta sia come forma di
sottomissione alla sovranità papale, che come corrispettivo di concessioni
ricevute. Da una ricevuta di pagamento del 1164 notiamo che Montemonaco aveva
già assunto il nome attuale e dalla potestà farfense era passato sotto l’alta
sovranità pontificia. E intorno alla metà del XIII secolo si costituì il libero
comune di Montemonaco vincendo le resistenze dei feudatari proprietari dei
sette castelli che secondo la tradizione esistevano nel suo territorio. La
costituzione del libero comune significò l’abolizione dei privilegi feudali
nonché faticose conquiste sociali ed economiche. Il primo obiettivo del libero
comune fu quello di garantire i diritti fondamentali per mezzo dello statuto
comunale e l’uguaglianza tributaria per mezzo del catasto. Il secondo impegno
fu quello di estendere il proprio dominio sul contado costringendo le comunità
rurali e i dinasti feudali delle campagne a sottomettersi alla sovranità
comunale. La conquista del contado fu perseguita da Montemonaco
con sacrifici economici e militari. Secondo un altro documento
dell’Archivio del Buon Governo di Roma, Montemonaco acquistò ventitré castelli
nei dintorni per dilatare il suo
territorio comunale. Il Vescovo di Fermo in genere non si oppose mai alle
pretese del Comune il quale si dichiarava sempre fedele al Papa continuando a
corrispondere il censo annuo alla Santa Sede. I feudatari all’inizio
invece si opposero anche con le armi alla espansione del comune ma a lungo
andare dovettero cedere alle istanze di libertà della popolazione montemonachese.
Dallo Statuto Municipale di Montemonaco riformato nel 1545, riprendendo quelli
più antichi, e stampato nel 1547 si deduce che il comune era retto a forme
democratiche con la presenza di due consigli: il Consiglio delle Credenze che
insieme ai Priori preparava gli ordinamenti da portarsi all’approvazione del
Consiglio Generale. Il Consiglio Generale, formato da cittadini eletti dai
Quartieri, governava effettivamente esercitando il potere amministrativo per
mezzo dei Priori e quello giudiziario per mezzo del Podestà. Il Podestà era
scelto tra i dottori in legge forestieri. In una pergamena dell’ Archivio
Diplomatico di Fermo del 1289 è fissato lo stipendio del podestà di
Montemonaco, pari a quello del podestà di Montelparo. Almeno ogni anno doveva
poi essere convocato il Parlamento Generale, al quale per la validità della
decisione doveva intervenire la maggioranza dei padri di famiglia. Sempre dallo
Statuto municipale risulta che il Comune era diviso in quattro quartieri:
S.Biagio, S.Giorgio, S.Lorenzo, S.Maria. Ogni quartiere aveva un Capitano sotto
i cui ordini si sottoponevano i cittadini armati in caso di bisogno. Nello
Statuto Municipale si trovano inoltre libri che si occupano delle cause civili
e delle cause penali, delle feste di precetto, della regolamentazione delle
attività commerciali, della manutenzione del paese e delle opere civili e della
chiese. Le mura castellane che circondano interamente Montemonaco
inglobando ampi spazi verdi sono intervallate da ampi e robusti torrioni ed
interrotte solo da 3 porte: Porta S.Giorgio, Porta S.Biagio, Porta S.Lorenzo.
Tali mura furono edificate a partire dal XIII secolo grazie al lavoro di
numerosi maestri lombardi attivi nell’area che secondo la tradizione
raggiunsero queste zone dopo la distruzione di Milano da parte del Barbarossa
nel 1162. Durante tutta l’epoca del libero Comune vi furono continue lotte coi
paesi confinanti: Arquata, Comunanza, Montefortino e Norcia. Da documenti
storici risulterebbe un risarcimento di 300 fiorini alla comunità di Arquata
per scorrerie e predazioni operate da alcuni montemonachesi. Nel 1341 e 1428 le
comunità di Montemonaco e di Arquata, ancora in lotta, dovettero ricorrere alle
vie legali. Anche con Montefortino ci furono continue guerre e liti di cui
risultano tracce nell’ Archivio Comunale. Nel 1337 Montemonaco partecipò ad una
incursione contro Montalto Marche saccheggiando gravemente quella terra insieme
agli uomini di Montegallo, Arquata, Force, Montelparo, Rotella ma fu pronto a
sottostare ai patti di pace conclusi grazie all’intervento del Rettore della
Marca, Corrado Sabelliano. Secondo la tradizione, in epoca molto remota, Norcia
possedeva il castello di Rocca, valico obbligato nel versante orientale dei
Sibillini per l’Umbria. E quando Montemonaco diventò libero Comune assoggettò
subito il castello di Rocca per proteggere i propri confini. Molto
probabilmente le relazioni tra i due Comuni si sono svolte in un continuo
alternarsi di tregue e di discordie per tutto il XIV secolo; non a caso le
fortificazioni di Montemonaco rivolte verso occidente sono molto possenti e
alte. La diffidenza dei montemonachesi verso Norcia è testimoniata anche dalla
usanza codificata negli Statuti Municipali della armata di tutto il popolo in
occasione della festa di S.Bartolomeo. Ogni anno in quella data i Capitani dei
quattro quartieri coi rispettivi armati ed il Gonfalone Comunale in testa
dovevano recarsi a pregare nella Chiesa di S.Bartolomeo a Foce, procedere alla
ricognizione dei confini con Norcia ed il giorno dopo presentarsi nel capoluogo
per essere passati in rivista nella piazza comunale. A conclusione di una delle tante liti di
frontiera il Consiglio Generale della Terra di Norcia il 17 Giugno del 1399 venne
finalmente ad amichevoli trattati con Montemonaco stabilendo delle norme
precise sulla “strada imperiale” di Pizzo Borghese che tanto interessava i due
paesi. Montemonaco fu più volte costretto a difendere con le armi le
proprie scelte ideologiche contro le signorie oppure l’ integrità dei propri
confini dalle pretese di Ascoli, Fermo e Visso. Nel 1405 aiutò Amandola e
Montefortino contro l’esercito dei Varano signori di Camerino. Anche se poi per
ordine del Rettore della Marca questi ultimi dovettero sottomettersi alla
signoria dei Varano, sembra comunque che fra le terre date a questi in vicaria
non ci fosse Montemonaco. Così pure, esso non figura fra le terre e le città
sottoposte nel 1410 al dominio degli ambiziosi Malatesta di Rimini nominati
vicari per la Santa Sede da Gregorio XII. Ciò prova quell’antica autonomia che
quassù si conservava sotto l’alta protezione pontificia che si opponeva alla
sottomissioni di tali libero comune da parte di nobili o altri in quanto
dannoso per la Chiesa anche per motivi fiscali. A quanto risulta dai documenti
dell’Archivio Comunale sembra che Montemonaco non si sottomise nemmeno a
Francesco Sforza il quale pose contro di esso un assedio economico molto lungo.
Montemonaco continuò a rifiutarsi di versare le taglie imposte dagli Sforza
anche quando questi fu nominato dal papa Eugenio IV vicario della Marca
Anconetana. In quel periodo per ribadire la disapprovazione per la politica del
papato sospese anche i pagamenti per la
Santa Sede. Montemonaco incorse così nelle sanzioni contro i popoli ribelli ma
i suoi abitanti restando arroccati dentro le sue fortificazioni respingevano
ogni sentenza emanata dal giudice di Fermo. Per resistere all’assedio economico
e morale a cui erano sottoposti, i montemonachesi si trovarono nel bisogno di
compiere scorrerie contro Norcia, Arquata e Montefortino sempre nel timore di
scontrarsi contro le armate degli Sforza. Quando nel 1442, al posto di
Francesco Sforza, venne nominato Nicolò Piccinino come Gonfaloniere della Marca
questi conquistò Camerino, Sarnano, Montefortino. I montemonachesi ancora
arroccati in armi all’ interno delle fortificazioni vennero a patti col
Piccinino senza subire saccheggi o invasioni. Finita l’epoca delle
signorie iniziò la fase più florida del libero comune. Nella seconda metà del
400’ a Montemonaco vennero rifatti torrioni, ponti e mulini e nuovo impulso
ricevettero le attività tradizionali come l’agricoltura e l’allevamento del
bestiame che alimentarono nuovi commerci e traffici. Dopo tale periodo di
prosperità Montemonaco, a partire dalla metà del XVI secolo, fu investito da
una crisi politica e economica. Dal 1530 il papato incrementò di continuo il
carico tributario sulle comunità dello Stato della Chiesa. Ciò consolidò
l’autorità politica del pontificie all’interno del suo dominio temporale a
scapito della autonomia dei liberi comuni ma a lungo andare provocò il ristagno
delle attività economiche. Nel 1592 Clemente VIII istituì la Congregazione del
Buon Governo col compito di controllare ed approvare i bilanci preventivi delle
comunità dello Stato Pontificio; cosicché controllando la gestione finanziaria
del Comune di fatto lo controllava anche politicamente. Il
castello di Montemonaco fu eretto come sistema di fortificazione a difesa
dell'insediamento abitato. Il sistema di protezione realizzato sin dal XIII
secolo era articolato con mura di arenaria ed una rocca. Alcune porzioni delle
mura di difesa sono divenute parte di edificazioni mentre la rocca, realizzata
nella parte alta dell'abitato, è ancora presente con resti di murature e torri
quadrangolari d'angolo. Parte delle finiture sono scomparse, mentre sono ancora
visibili le feritoie usate anticamente per la difesa. La cinta originaria fu
costruita, sembra, nel X secolo, in pietra arenaria, e, successivamente, munita
di torri in occasione dell’erezione del Castello, che nel 1190 era sotto la
signoria dei nobili di Montepassillo, e che viene menzionato come Castrum
Mons Monaci nel 1283. Nel XIV sec. le mura furono ulteriormente ampliate.
Dagli Statuti del 1545 si deduce che esse avevano tre porte: porta San Biagio
(ancora ben conservata) posta vicino alla chiesa di S. Benedetto, porta San
Lorenzo (completamente demolita) posta nei pressi del "Palazzaccio"
già dei Conti Garulli e porta San Giorgio all'ingresso del paese verso Amandola
(oggi demolita). Quando persero la loro funzione difensiva, in parte vennero
smantellate per costruire civili abitazioni, attualmente sono visibili alcuni
tratti della cinta muraria, intercalati da robusti torrioni, anch’essi in
arenaria, parzialmente degradati dal corso dei secoli. Altre notizie su http://it.wikipedia.org/wiki/Montemonaco
Fonti: testo di Filippo Massimi (Presidente ProLoco
di Montemonaco) su http://www.montemonaco.com/paese/storia.htm, http://www.terredelpiceno.it/ita/montemonaco
Foto: entrambe da http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-montemonaco-ap/
(dove ve ne sono diverse altre, per cui
consiglio la visita del link)
Nessun commento:
Posta un commento