BAGNARA DI ROMAGNA (RA) - Rocca Sforza
E' sorta nel XV secolo ad opera delle famiglie Riario e Sforza, i signori
dell'epoca, sulle rovine del castello medievale fatto costruire probabilmente
da Uguccione della Faggiola nel 1297 e poi, a metà del XIV secolo, passato ai
Visconti. Questi ultimi, con Barnabò, avviarono importanti restauri con
l'ammodernamento delle fortificazioni, nel 1354. La Rocca originale costituiva
la parte più importante del sistema difensivo trecentesco, benché più modesta e
più bassa rispetto a quella attualmente visibile, con due torri simmetriche, a
levante e a ponente, perfettamente uguali.
Tale aspetto fu il risultato di alcuni interventi ad opera del Visconti, tesi al
miglioramento dell'uso a fini difensivi della rocca contro le armi manesche e
da lancio. Il sistema difensivo trecentesco consisteva in un fossato che
circondava una cinta muraria in cui era inserita la rocca. Quel primo manufatto
andò completamente distrutto nel 1428 nella battaglia tra Filippo Maria
Visconti e Angiolo della Pergola. Il suo ripristino, voluto da papa Martino V, richiese
diversi decenni, durante i quali Bagnara passò alla Santa Sede, poi agli
Estensi, poi di nuovo alla Santa Sede, quindi a Taddeo Manfredi, a Galeazzo
Sforza e, nel 1479, a Galeotto Manfredi. Nel 1482 la Rocca fu assegnata a
Girolamo Riario quale dono di nozze da parte di Papa Sisto IV, suo zio, assieme
alle città di Imola e Forlì con le rispettive pertinenze. Alla morte del
Riario, ucciso a Forlì in una congiura, gli subentrò la vedova Caterina Sforza.
In questo periodo, si ebbe l'introduzione dei primi esempi di artiglieria da
fuoco di grande levatura, le bombarde. Il loro rapido perfezionamento
rappresentò un'importante innovazione nell'arte militare, spingendo in Italia e
in particolar modo in Romagna i Signori dei castelli a ricorrere a numerose
modifiche architettoniche, atte a contrastare la forza d'urto dei proiettili.
Si svilupparono così delle nuove forme, ben diverse da quelle tradizionali medioevali.
Un esempio indiscusso di tale passaggio è il fortilizio bagnarese. In
particolare analizzando la Rocca si annota sotto il dominio di Caterina Sforza
un importante ampliamento e sistemazione del fossato, il passaggio dalle
semplici feritoie delle cortine ad ampie svasature tronco-coniche per contenere
le bombarde (si notino ad esempio le aperture sulle cortine murarie del cortile
a pozzo o nelle casematte del mastio); interventi simili si fecero anche per il
torrione visconteo, che fu predisposto per l'utilizzo di armi promiscue aprendo
al pianterreno tre fori per cannoniere e due al primo, mantenendo anche
l'assetto per l'utilizzo di armi manesche. Di particolare rilievo è inoltre la
realizzazione dello splendido loggiato che percorre quasi i tre quarti
dell'intera cortina muraria, e presenta tutte le caratteristiche del
"bello stile cinquecentesco" ovvero dell'arco con ornamento in cotto;
è da attribuirsi alla scuola di Mastro Giorgio fiorentino, secondo la
bibliografia locale, da identificarsi probabilmente con Francesco di
Giorgio Martini (Siena 1439-1501) pittore, scultore ma soprattutto architetto
militare, attivo nel pieno XV secolo in diversi centri come Urbino, Siena,
Gubbio, il quale si recò anche a Milano su istanza di Gian Galezzo Sforza. La
costruzione del mastio, considerato da molti studiosi una delle migliori opere
d'arte fortificata del XV secolo in Italia, iniziò nel settembre 1479; è suddiviso
in tre ordini di casematte che sono costituite da camere circolari molto ampie,
coperte con volte semisferiche laterizie, tuttora ben conservate. Un ampio
circuito di mura, sorvegliate da torri circolari e semicircolari, proteggeva l'intero
insediamento, articolato in isolati dalla scansione regolare. L'accesso
principale era presso il lato sud, dove si trovava la porta difesa da una
torre. La Rocca di Bagnara è una tipica fortezza quattrocentesca dall'aspetto
regolare e compatto. In complesso ha una pianta quadrata, con edifici
articolati intorno ad un cortile. L'angolo sud-ovest è occupato dal mastio,
mentre presso l'angolo opposto si trova il bastione: un'altra torre, anche
questa circolare, di dimensioni più piccole. Questi due elementi sono collegati
tra loro dalle mure di cinta. Il signore della Rocca risiedeva nel palazzo, un
lungo corpo di fabbrica dalla pianta rettangolare, a due piani e dotato di una
loggia, situato presso il lato nord. L'intera fortezza fu costruita in mattoni,
il materiale più utilizzato per questo scopo alla fine del Medioevo. Sul finire
del 1499 la Rocca passò al duca Cesare Borgia come gran parte delle terre
romagnole, ma la gloria di costui passò ben presto. Nel 1535 il fortilizio era
diventato un covo di falsari che vi coniavano illegalmente monete. Nell'accordo
raggiunto il 30 luglio 1562 tra il comune imolese e il vescovo di quella città,
la Rocca passò sotto la piena proprietà di quest'ultimo, status ribadito nei
secoli successivi. Verosimilmente nel Seicento fu soppresso il ponte levatoio,
ampliata la porta d'ingresso, ostruiti con muratura gli spazi esistenti tra i
merli nelle torri, che furono ricoperte con tetto. Si procedette in quel tempo
ad una riconversione da uso militare ad uso civile della Rocca, che divenne
residenza del commissario del vescovo al piano superiore, mentre il pianterreno
fu destinato a deposito e a vani di servizio. In alcuni periodi la Rocca fu
anche destinata a carcere, come si può verificare osservando alcuni graffiti in
una cella posta nella casamatta superiore del mastio. Durante l'occupazione
napoleonica la Rocca fu espropriata al vescovo ed assegnata al comune, che ne
fece la residenza municipale. Tornata al vecchio padrone con la restaurazione
del 1814, divenne definitivamente, nel 1868, proprietà del Comune che
l'acquistò al pubblico incanto per il prezzo di lire 2.570 più lire 500 per le
Fosse ad essa adiacenti. Furono subito necessari lavori di rinforzo e di
riadattamento del complesso; quindi fu costruita una ghiacciaia, a ridosso del
suo fianco settentrionale. Dopo l'acquisto il Comune vi stabilì la sede delle
scuole elementari, che vi rimasero fino al 1926, quando furono trasferite
nell'attuale ubicazione. Nel 1930 la Rocca divenne sede del dopolavoro
fascista; durante l'ultima guerra vi trovarono rifugio diverse centinaia di
bagnaresi sfollati dalle loro case. Nel 1960 fu destinata a sede provvisoria
delle scuole medie, per diventare residenza municipale nel 1962. Altri
importanti lavori vi furono eseguiti nel 1968, nel 1974 (dopo che un settore
del mastio era crollato), nel 1986 quando vi fu soppresso il ballatoio a
mezzogiorno e rinvenuto lo scivolo originale che conduceva al ponte levatoio;
infine, vanno citati i lavori eseguiti negli ultimi anni, grazie ai quali gli
spazi sono stati progressivamente recuperati a fini espositivi e museali. Elementi
di notevole interesse sono il mastio e il cortile centrale, restituito
all'aspetto rinascimentale, alcuni ambienti interni con i soffitti lignei
originali, i supporti di ferro del ponte levatoio posto a mezzogiorno, i bei
loggiati sulle cortine di levante e settentrione, il pozzo di riserva idrica e
la scala a chiocciola formata da 78 monoliti in arenaria sovrapposti. Di sobria
eleganza è l'ufficio di rappresentanza del sindaco, ottenuto dalla casamatta
superiore della torre a levante, la parte più antica della rocca, nella quale è
ancora riconoscibile lo stile visconteo. In detto ambiente è conservata
un'interessante tavola in terracotta maiolicata dipinta a colori, risalente al
1770. La magnifica sala consiliare, ricavata da un ambiente a pianterreno, è
adornata da otto importanti dipinti, arte bolognese del Seicento e Settecento,
con tele che vantano attribuzioni a Donato Creti (o scuola), al Gennari, al
Cavedoni ed anche al Crespi (lo Spagnuolo), lascito testamentario del ricco
signor Luigi Deggiovanni, morto il giorno 11 gennaio 1841. Dal 28 giugno 2008
la Rocca Sforzesca ospita il Museo del Castello.