venerdì 23 dicembre 2022

Il blog si ferma per le festività, ci rivediamo nel 2023 !!


Un caro augurio a tutti voi

Valentino

giovedì 22 dicembre 2022

Il castello di giovedì 22 dicembre


                                       

MONTIGLIO MONFERRATO (AT) - Castello di Colcavagno

Un documento del 6 dicembre 1003 riporta che Gualfredo del fu Arimondo vendette una terra presso Scandeluzza che si trovava vicino al castello detto Corte Cavani. Colcavagno fu dapprima dominata dalla chiesa di Vercelli. Nel 1164 Federico Barbarossa riconobbe il territorio al marchese Guglielmo il Vecchio di Monferrato. Enrico di Cocconito nel 1224 fu il primo Signore di Colcavagno e fece ricostruire il castello. Fu più volte rimaneggiato fino al 1680 quando, cessate le necessità di difesa, il conte Alfredo Balbiano trasformò il castello nell'attuale villa barocca in mattoni a vista. In una mappa del XVIII secolo sono ancora rilevabili i bastioni. L'austero edificio con quattro piani con belvedere coperto ormai non presenta più tracce del passato medievale. Fu in seguito ceduto alle suore del Cottolengo che lo adibirono a casa di riposo e a luogo dello spirito e dove operarono per oltre un secolo (1902-2010). Dal 5 giugno 2010, con una nutrita manifestazione inaugurale, lo storico maniero ha riaperto i battenti in una veste totalmente rinnovata. E’ la nuova sede della Fondazione Paolo Ferraris che ha inteso realizzare tra queste storiche mura il “Centro culturale di incontro con il territorio”, aprendo la proprietà al pubblico con una serie di iniziative di primaria importanza culturale, artistica, turistica, paesaggistica, economica e sociale, divenendo un importante punto di riferimento tra cultura e territorio. Nell’ambito del progetto curato dalla Fondazione Paolo Ferraris per la realizzazione di un Distretto Culturale a Colcavagno, il Castello prossimamente ospiterà il Museo “Gli arnesi della memoria - Memory Tales and Tools”, del quale nel 2010 è ricorso il decimo anniversario dall’inaugurazione nella sede di Torino. Il Museo rappresenta una delle più complete collezioni di strumenti e materiali per il restauro conservativo cartaceo e membranaceo, archivistico e bibliografico. Nell'antico salone di rappresentanza, il maniero ospita una cappella in cui ancora oggi vengono talvolta celebrate funzioni parrocchiali. I soffitti affrescati e la cantina sono le parti più suggestive della dimora. L'austero edificio è circondato da un bel parco con viali delimitati da siepi di bosso». Il castello ha un suo sito web, che consiglio di visitare per approfondimento: https://castellodicolcavagno.it/it. Altro link suggerito: https://www.preboggion.it/CastelloIT_di_AT_Montiglio_Monferrato-Colcavagno.htm, .

Fonti: http://www.comune.montigliomonferrato.at.it/Home/Guida-al-paese?IDDettaglio=32839, http://www.comune.montigliomonferrato.at.it/Home/Guida-al-paese?IDDettaglio=32855, https://www.beniculturali.it/luogo/castello-di-colcavagno, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Piemonte/asti/provincia000.htm#colcavagn

Foto: la prima è di Solaxart 2022 su https://www.preboggion.it/CastelloIT_di_AT_Montiglio_Monferrato-Colcavagno.htm, la seconda è presa da http://www.mepiemont.net/paesi/prov_at/colcava.html

mercoledì 21 dicembre 2022

Il castello di mercoledì 21 dicembre

 



MONTERIGGIONI (SI) - Castello in località Villa

Poche sono le informazioni che si hanno del Castello di Villa, che sorge a circa 8 chilometri da Monteriggioni. Posto di fronte al più famoso Castello della Chiocciola (https://castelliere.blogspot.com/2016/12/il-castello-di-sabato-10-dicembre.html), l'edificio medievale ebbe un importante ruolo essendo situato in prossimità della Via Francigena. Si tratta di un imponente fortilizio di epoca medievale, caratterizzato da una massiccia torre rettangolare in pietra, il mastio, con base a scarpa e coronamento merlato. La torre è composta da un piano con finestre ad architrave su mensole concave e chiusa da un piano leggermente aggettante su mensole di pietra. Al suo interno si conservano ancora decorazioni ad affresco, realizzate tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo. Attorno al mastio si sviluppa un recinto quadrangolare di mura coronate da merli, con addossato all'interno un fabbricato originario. Il complesso è circondato da un gruppo di edifici di chiara origine medievale: lo testimoniano portali, porte e finestre ad arco in conci di calcare della Montagnola.

Fonti: http://www.monteriggioniturismo.it/it/cosa-vedere/la-villa/, https://castellitoscani.com/castello-di-villa-monteriggioni/ 

Foto: la prima è presa da https://castellitoscani.com/castello-di-villa-monteriggioni/, la seconda è di Paulusburg su https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Pic-VF4-IT32_Monteriggioni-Siena_07_(castello_di_Villa).JPG

martedì 20 dicembre 2022

Il castello di martedì 20 dicembre

 



MONTEFORTE IRPINO (AV) - Castello

Il paese viene citato per la prima volta nel 891 d.C., quando compare stabilmente in diversi documenti ufficiali. Il suo castello, da cui prende nome, fu probabilmente un antico castrum romano, su cui fu edificata una fortificazione vera e propria probabilmente dai Longobardi. Si sa con certezza che, nel 1231, Federico II di Svevia ordinò, con lo "Statutus da reparacione castrorum", di ristrutturare alcune roccaforti rilevanti da un punto di vista strategico, tra cui anche il castello di Monteforte Irpino. Nel periodo angioino passò ai principi di Montfort e vi dimorò quel Guido di Montfort che il 25 maggio 1270 nella Chiesa di San Silvestro di Viterbo assassinò Enrico di Cornovaglia, figlio di re Riccardo I d'Inghilterra. Il feudo in seguito appartenne agli Orsini, ultimi conti di Nola, che lo persero per essersi ribellati a Carlo V. Nel 1799 i francesi vi fissarono un distaccamento e da qui mossero all'attacco di Mercogliano ed Avellino. I moti carbonari di Nola (1º luglio 1820) videro Monteforte protagonista: gli insorti del seguito di Michele Morelli vi innalzarono la bandiera della libertà contro i Borboni. I ruderi del castello e la chiesa di San Martino costituiscono il nucleo più significativo dell'antica Monteforte. La struttura originaria del castello, dalla planimetria articolata, era formata da una cinta muraria esterna, con carattere militare, caratterizzata da una torre principale e altre tre più piccole. Sul colle di San Martino, circondati da una pineta recintata e attrezzata, sono cospicui i ruderi dell'imprendibile fortezza medievale, costruita in posizione strategica, ampliata oltre che dagli Angioini anche dagli Aragonesi, si ammirano ancora parte delle murature perimetrali in pietrame (alcune masse murarie sono alte circa 10 metri), una torre a pianta circolare ed un artistico camino. Il Castello venne fatto ristrutturare e trasformato in residenza estiva da Carlo d'Angiò che vi dimorò più volte dal 1271 al 1280. Fu abbandonato a se stesso dal XVI secolo; la leggenda vuole che in esso vi fossero sepolti chissà quali tesori, purtroppo questa diede modo a mani avide di completarne la distruzione. Recenti ricerche condotte sul castello portano ad affermare che in realtà il castello di Monteforte Irpino sia normanno e non longobardo. Altri link per approfondimento: https://www.comune.monteforteirpino.av.it/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/54, https://derivesuburbane.it/borghi-e-castelli/castelli-masserie/castello-di-monteforte/, https://www.irpiniaworld.it/monteforte-castello-longobardo/, https://www.youtube.com/watch?v=dEs5SuOlL20 (video di Telenostra), https://www.youtube.com/watch?v=c-A0Z38hlu4 (video con riprese aeree di Massimiliano Borrelli), https://www.youtube.com/watch?v=KEUz5ioyWMU (video con riprese aeree di Pio Stefanelli), https://www.youtube.com/watch?v=RfCjX4Z_E_0 (video con drone di Angelo Giordano)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Monteforte_Irpino, http://www.castellidirpinia.com/monteforte_it.html, https://sistemairpinia.provincia.avellino.it/it/luoghi/ruderi-del-castello-di-monteforte-irpino, https://www.corriereirpinia.it/un-viaggio-nella-storia-attraverso-il-castello-di-monteforte/, https://www.sguardisullirpinia.it/guide-turistiche-360/monteforte-irpino/visita-monteforte/castello-medievale.html

Foto: la prima è presa da https://www.corriereirpinia.it/tutti-su-al-castello-di-monteforte-irpino/, la seconda è presa da https://www.corriereirpinia.it/monteforte-riprendono-gli-scavi-al-castello-di-san-martino/

lunedì 19 dicembre 2022

Il castello di lunedì 19 dicembre




MONTE SANTA MARIA TIBERINA (PG) - Castello Boncompagni Ludovisi

Feudo imperiale dei marchesi Bourbon del Monte dall'XI secolo, il borgo mantenne una propria indipendenza nel corso dei secoli fino al 1803. Dopo la distruzione del Castello avvenuta nel 1198 per dissidi con Innocenzo III i Marchesi lo ricostruirono subito dopo legando strettamente la loro storia a quella del Monte S. Maria Tiberina. Zona di franchigia tra la Toscana e lo Stato della Chiesa, aveva come forma di governo una monarchia elettiva ed era retto dal membro più anziano della famiglia di qualunque ramo fosse: i Bourbon di Sorbello e di Petrella amministravano i rispettivi vicini marchesati. I marchesi, infatti, con abile politica ottennero da papi ed imperatori concessioni e privilegi riuscendo a mantenersi indipendenti e ben saldi al potere ricoprendo spesso importanti cariche pubbliche nelle città vicine. Guido di Montemigiano fu il primo marchese reggente (1250-93), dopo aver preso possesso del Monte Santa Maria: sposò Agnese dei Buonconti e poi Elena Feliciani. Nel 1355 l'imperatore Carlo IV investì formalmente Ugolino del territorio montesco. Il diploma prevedeva, tra gli altri, i seguenti diritti feudali:
- mero e misto imperio: amministrazione della giustizia civile e penale, fino alla pena di morte per i reati più gravi;
- battere moneta: fu coniata la montesca, di cui ancora oggi si ammirano rarissimi esemplari (con impressi i gigli e la croce), i cui valori intrinseco ed estrinseco erano simili a quelli del fiorino di Firenze;
- asilo politico per i ricercati da altri Stati: privilegio assai conveniente per i feudi di ridotte dimensioni;
- campo franco: erano permessi i duelli senza timore di scomunica papale e il marchesato era uno dei tre siti europei dove questo avveniva. Il diploma imperiale di investitura fu rinnovato nel 1699 da Leopoldo I. Lo staterello montesco, in posizione strategica tra Stato Pontificio e Granducato di Toscana, sottoscrisse con quest'ultimo un atto di accomandigia, che contemplava la rinuncia ad alcuni poteri in cambio di protezione militare (ogni anno, nel giorno di san Giovanni Battista il marchese partecipava a Firenze, unitamente ai reggenti di altri minuscoli Stati, al corteo di omaggio feudale nei confronti del granduca). Lo stemma generale dei Bourbon del Monte Santa Maria era così illustrato: "d'azzurro con tre gigli d'oro e una banda attraversante di rosso". Nel 1815 Ferdinando III di Toscana, in virtù delle decisioni del Congresso di Vienna, prese possesso del territorio montesco ponendo fine al dominio marchionale (già sospeso durante il periodo napoleonico). L'ultimo reggente fu Pietro II (1805-09; 1814-15). Il palazzo principale fu ceduto ai Boncompagni Ludovisi. L'edificio sorge sul sito dell'antica rocca, sede del primo marchese Guido dal 1250; ha subìto radicali rimaneggiamenti nel Cinquecento-Seicento trasformandosi nell'odierno complesso di quattro palazzi. Altri link proposti: https://mediasetinfinity.mediaset.it/video/ricetteallitaliana/monte-santa-maria-tiberina_F310659501009C01 (video), https://www.youtube.com/watch?v=QcOYEk9QRhU&t=4s (video di Alta Umbria), https://www.youtube.com/watch?v=N9TlgPgO208 (video di prolocomonte)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Monte_Santa_Maria_Tiberina, https://www.montesantamariatiberina.org/comune/turismo/storia-e-territorio

Foto: la prima è presa da https://www.aboutumbriamagazine.it/monte-santa-maria-tiberina/, la seconda è presa da https://area.events/item/castello-boncompagni/ 

venerdì 16 dicembre 2022

Il castello di venerdì 16 dicembre

 



BARGE (CN) - Castello inferiore

Il primo documento che citi il nome di Barge è del 1001, un diploma imperiale di Ottone III. Il grande campanile romanico lombardo della chiesa di San Giovanni Battista sta, però, a dimostrare che già nel primo quarto dell'XI secolo il villaggio costituì un centro di notevole rilievo demografico (essendo il più grande campanile pievano in un'area molto vasta). Barge fece parte delle terre torinesi, come dimostra il titolo della sua chiesa principale, dedicata a san Giovanni Battista. La particolare posizione geografica del territorio bargese lungo la via pedemontana, nel punto di un'importante deviazione che attraverso il facile passo della Colletta permetteva di raggiungere la media val Po a Paesana, ne fece ben ben presto un punto di importanza strategica. Tra XI e XIII secolo, ricadde sotto il dominatus di un consortile signorile, detto "Dei Signori di Barge". Stando agli storici e genealogisti ottocenteschi, che studiarono i nomi propri di questi Signori, si sarebbe trattato di un ramo dei Robaldini (framiglia presente nel Cuneese, derivante da un Robaldus transalpino, servo di un cavaliere francese, che sarebbe divenuto "conte di Auriate" - insediamento scomparso, ma allora esistente su un'isola fluviale della Stura, vicino a Borgo San Dalmazzo - citato dalla Cronaca di Novalesa). Naturalmente, non esistono prove storiche concrete per tale attribuzione. Certo è, invece, che i Signori di Barge (agenti, non sempre unitariamente, in forma di "consortile") non ebbero la forza di rendersi autonomi e dovettero giurare fedeltà a signori superiori. Alcuni rami, perciò, si legarono ai Savoia e altri al casato dei Saluzzo. Ciò portò a forti tensioni nel corso del XIV secolo. Alla fine, una parte dei signori locali decadde e un'altra parte si trasferì proprio a Saluzzo, acquisendo differenti terre feudali. Trattandosi di località a Nord del Po, in epoca medievale fu considerata come rientrante tra i dominii sabaudi. Nel 1325, però, Manfredo IV di Saluzzo si riconobbe vassallo di Casa Savoia per parte di Barge (comprendente il centro urbano antico o burgus vetus,che ricevette le prime franchigie proprio dal marchese); l'omaggio venne rinnovato anche dai suoi successori, fino a quando Tommaso II adottò una condotta apertamente anti-sabauda. Il giovane principe di Savoia-Acaia, residente a Pinerolo, cercò di contrastarla con la fondazione di un burgus novus a monte del vecchio insediamento bargese, ma questa politica fu considerata dallo zio Amedeo VI come insufficiente rispetto alle offese subite. Quindi costui, nel 1363, valicò le Alpi con proprie truppe e mosse contro il burgus vetus e il castello superiore di Barge, espugnandoli. Nonostante ciò, l'esercito saluzzese riuscì a riprenderne il controllo successivamente e solo nel 1364 il territorio passò totalmente e definitivamente nella diretta e piena disponibilità dei Savoia, che fecero rifortificare la terra dai chieresi e dai moncalieresi. Barge fu considerata, nell'ambito del Principato di Piemonte, come communitas immediata, cioè dipendente direttamente dal Sovrano, cui spettava la nomina del Vicarius civile. A partire dalla metà del Cinquecento, a seguito di frequenti guerre e del continuo passaggio degli eserciti spagnoli, francesi e piemontesi, tesi al controllo dell'importante castello, il territorio fu soggetto a distruzioni e miseria. Queste vicende culminarono con la peste del 1630, che spopolò la regione. Alla fine del Seicento il comune fu coinvolto nella guerra tra il Piemonte e la Francia: nel 1690, il generale francese Catinat, dopo la vittoria di Staffarda, mosse contro Barge, devastandone il territorio e saccheggiando il paese. Il relativo periodo di pace del Settecento contribuì a risanare le ferite dei decenni trascorsi. Nel XVII secolo, venne infeudato al ramo Savoia Carignano. Per questo motivo, durante il Risorgimento, il re di Sardegna, Carlo Alberto, primo di quel ramo a salire sul trono sabaudo, usò un passaporto riportante il solo titolo di "conte di Barge", per poter sfuggire a un posto di blocco austriaco, dopo la rovinosa battaglia di Novara. Religiosissimo ed educato a non dire menzogne, egli ritenne fosse peccato meno grave la menzione di una sola parte di verità. Il territorio, dopo lo scioglimento del Principato d'Acaia, fu fatto rientrare nella Provincia di Pinerolo, poi, in quella di Saluzzo, quindi nelle province unite di Pinerolo-Saluzzo e infine, nuovamente in quella di Saluzzo. Come conseguenza seguì le sorti delle terre saluzzesi in epoca napoleonica, andando a far parte del Dipartimento della Stura, avente per capitale Cuneo e successivamente, della neocostituita Provincia di Cuneo, che inglobò la provincia saluzzese. Il castello inferiore, sorgente su una rupe alla confluenza dei torrenti Infernotto e Chiappera, fu eretto quando il feudo di Barge apparteneva agli omonimi signori, vassalli dei marchesi di Saluzzo. Col tempo venne inserito in un sempre più complesso sistema difensivo che comprendeva, oltre alla doppia cinta muraria che proteggeva l’abitato, un castello superiore posto a poca distanza ed una fortezza in posizione pianeggiante, collocata nei pressi dell’attuale peso pubblico. Lo sviluppo del sistema difensivo coincise con due momenti importanti per la storia bargese: la definitiva conquista da parte dei Savoia nel 1363 e, nel Cinquecento, le guerre tra francesi e spagnoli per il dominio dell’Italia. Tra il 2 e il 3 luglio 1363 Amedeo VIII di Savoia, detto il Conte Verde, piegò la resistenza delle milizie saluzzesi comandate da Azzone di Saluzzo, fratello del marchese Federico II e conquistò il castello grazie al tradimento del suo castellano. Da quel momento Barge divenne feudo dei Savoia e fu legato ai loro destini. Nel XVI secolo il sistema difensivo bargese raggiunse il massimo sviluppo, come testimonia uno schizzo conservato ancora oggi alla Biblioteca nazionale di Parigi. Nel 1431 i Frati Minori Conventuali di San Francesco chiesero al Comune ed ottennero di potersi insediare sui resti del vecchio castello, ormai abbandonato. L’ordine ottenne il permesso di stabilirsi a Barge per erigervi una chiesa ed un convento con un breve di papa Eugenio IV (al secolo Gabriele Condulmer) del 1° novembre 1431. Il Comune intervenne nelle spese ed elargì un contributo il 25 marzo 1435 affinché si potesse "… reddificari et cellas fieri pro comoditate et usagi fratrum minorum ibidem residere debencium" (tr. “ricostruire e realizzare le celle per la comodità ed uso dei frati minori che ivi debbono risiedere). I frati francescani rimasero nel loro convento di Barge fino al 1801, quando le leggi napoleoniche ridussero la presenza degli ordini religiosi nel territorio dell’impero incamerando il denaro derivante dalla vendita dei loro beni. Caduto in mani private l’antico convento andò in rovina e verso la fine del secolo fu acquistato dal senatore Bertini che lo fece restaurare secondo il gusto dell’epoca. La chiesa fu demolita e il grande crocifisso fu donato alla Confraternita dei battuti di Santa Croce, dov’è tuttora conservato. Il campanile, già innalzato sui resti di una torre medievale del castello preesistente, fu riadattato a torre merlata, tamponando gli archi dove avevano sede le campane, eliminando il tetto in lose e costruendo dei finti merli. Una parte degli edifici fu demolita, preservando soltanto due ali del chiostro e le stanze sovrastanti. Agli inizi del Novecento il complesso fu acquistato dal pittore e scultore bargese Romolo Bernardi, che lo arricchì di alcune sculture e lapidi. Negli Anni Sessanta del secolo scorso i resti del convento furono trasformati in una dimora privata. Dell’antico convento, oltre alla struttura, rimangono alcuni lacerti d’affresco, raffiguranti San Francesco, nascosti entro le mura della torre. Dell’antico castello resta l’arco in pietra dell’enorme ponte levatoio, mentre del convento resta, come detto, l'alta torre campanaria. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=KTX3Bwyus4k (video di TheDubischeggia), https://www.youtube.com/watch?v=KTX3Bwyus4k (video di Simona NonSoloRAdio)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Barge, https://www.comune.barge.cn.it/archivio/pagine/Barge_arte_e_cultura.asp, testo di Tiziano Vindemmio su http://www.mondimedievali.net/Castelli/Piemonte/cuneo/provincia000.htm#bargk, http://archeocarta.org/barge-cn-castelli-ed-edifici-medievali/

Foto: la prima è presa da http://archeocarta.org/wp-content/uploads/2014/11/Barge-cast-sup.jpg, la seconda è presa da https://www.gruppomonviso.it/163/il-castello-di-barge-tra-passato-e-presente/

giovedì 15 dicembre 2022

Il castello di giovedì 15 dicembre

 



APPIANO SULLA STRADA DEL VINO (BZ) - Castel Corba in frazione Missiano

Si tratta di una dimora nobiliare fatta costruire dalla famiglia Korb. Questa famiglia fece parte della stirpe ministeriale dei Conti di Appiano. La torre, la parte più antica, risalirebbe al XIII secolo (prima del 1236), quasi in contemporanea al vicino e sovrastante Castel Boymont (https://castelliere.blogspot.com/2016/05/il-castello-di-lunedi-16-maggio.html). La torre, a cinque piani, era affiancata da alcuni edifici in legno. All’inizio essa era raggiungibile solo tramite una scala che conduceva all'ingresso del piano centrale. L’area abitata si estendeva tra il terzo e il quarto piano, mentre il quinto livello doveva fungere da difesa in caso di emergenza. Nel 1314, il castello è indicato in un documento latino rilasciato da parte dell'Ospedale di Santo Spirito di Bolzano quale "von dem Chorbe de Eppianno". Il maniero passò poi ai Feigensteiner e quindi ai Vintler (1399). 50 anni dopo passò ai Gfeller che diedero il via ad una vorticosa serie di cambi di proprietà durata in sostanza fino al 1834, quando fu acquistato dal bolzanino Johann von Putzer, che lo ampliò e fece costruire la cappella. Negli anni '70 dell'800 la costruzione passò ai Tessmann: qui abitò anche lo studioso Friedrich von Tessmann. Dopo la prima guerra mondiale passò alla famiglia Dellago e fu adibito ad hotel. Oggi è ancora un albergo (sito web https://www.schloss-hotel-korb.com/it) e un ristorante molto apprezzato per la vista panoramica su Bolzano, la val d'Adige e la Strada del vino dell'Alto Adige. Recentemente, i proprietari del castello hanno acquistato un bunker del Vallo Alpino in Alto Adige, precisamente l'opera 45 dello sbarramento Bolzano Sud, per trasformarlo in enoteca. Castel Corba era originariamente una piccola rocca, chiamata anche “casa fissa”. Gli edifici costruiti più di recente fanno parte di un ampliamento tutto in stile romantico del tempo. Sulle facciate possiamo vedere le finestre a bifora a tutto sesto, architravate con colonna centrale e capitello ed anche la porta a tutto sesto con architrave. Altri video consigliati: https://www.youtube.com/watch?v=yZbK6vlnNzs&t=3s (video di SchlossHotelKorb), https://www.youtube.com/watch?v=2WW6XmvkTwQ (video di Adrian_travelling)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Corba, https://www.weinstrasse.com/it/cultura-e-territorio/castelli/castel-corba/, https://www.histouring.com/strutture/castel-corba/, https://www.sudtirol.com/castelli-alto-adige/castel-corba-appiano.htm

Foto: la prima è presa da https://www.sudtirol.com/castelli-alto-adige/castel-corba-appiano.htm, la seconda è presa da https://www.weinstrasse.com/it/cultura-e-territorio/castelli/castel-corba/

mercoledì 14 dicembre 2022

Il castello di mercoledì 14 dicembre

CANICATTI' (AG) - Castello Bonanno

Dopo la conquista della Sicilia da parte dei Normanni, il signore del luogo, probabilmente l'Emiro Melciabile Mulè, fu assediato e sconfitto dal barone Salvatore Palmeri (1087), che era al seguito del conte Ruggero e questi per ricompensa gli offrì la spada e il dominio del feudo. Sotto la signoria dei Palmeri, la fortezza araba venne ampliata e prese l'aspetto di un vero e proprio castello con una torre. Ai normanni successero i Francesi, cacciati poi dagli Aragonesi. Nel 1448 il feudo di Canicattì venne ceduto da Antonio Palmeri, che non aveva figli, al nipote Andrea De Crescenzio. Questi ottenne dal re Giovanni d'Aragona la "Licentia populandi", cioè la facoltà di ampliare i confini del feudo, di incrementare gli abitanti e di amministrare la giustizia. Sotto il De Crescenzio, Canicattì era una comunità rurale che contava da mille a millecinquecento abitanti, insediati nella parte alta della città. Ad Andrea succedette il figlio Giovanni, che non avendo figli maschi, lasciò la baronia al genero Francesco Calogero Bonanno, nel 1507. Con il casato Bonanno la città conobbe un considerevole incremento demografico; i feudatari, prima baroni, poi duchi e infine principi della Cattolica, fecero costruire splendidi edifici e fontane. La signoria dei Bonanno durò fino a tutto il Settecento, ma verso la fine del secolo iniziò il suo declino; la società feudale si avviava a scomparire. L'ultimo dei Bonanno, nel 1819, cedette la signoria di Canicattì al barone Gabriele Chiaramonte Bordonaro. Quel che resta dell'antico castello oggi, non ci consente di tentare nemmeno una ideale ricostruzione. Probabilmente l'edificio venne costruito nel 1089 da Ruggero il Normanno, è anche probabile che nel luogo dove Ruggero I costruì il castello, vi fosse prima un fortilizio arabo. E' noto che gli arabi, durante la loro dominazione eressero fortilizi a guardia delle valli e delle strade più importanti dell'isola. Ruggero I non avrebbe fatto altro, quindi, che restaurare l'abbandonato "ribat" arabo di Canicattì per assegnarlo ad uno dei suoi amministratori, ad una delle famiglie più fidate tra quelle che avevano proceduto con lui alla conquista dell'isola. L'ingresso (unico) al castello era costituito da un imponente portone centrale, che oltre una corte coperta, introduceva in un ampio cortile nel quale si aprivano i magazzini, le stalle, i fienili, gli alloggi degli armigeri, e una piccola cappella. Le celle carcerarie (introdotte in seguito alla concessione del diritto d'Imperio ai Bonanno) erano al pianterreno del castello, attorno a un vasto cortile, al centro del quale si ergeva una cisterna per la raccolta delle acque piovane. Nelle carceri passavano gli ultimi tre giorni di vita i condannati a morte assistiti dai confrati di M. SS. delle Grazie detti i Bianchi. Nel fortilizio alloggiavano - se forestieri - il Governatore Baronale e il Castellano. Infine vi si riunivano, prima della costruzione dell'antico «Archivio » (Municipio), la Corte Giurata e la Corte Capitaniale. Di fronte, in tre ampie sale, c'era esposta la famosa Armeria. Al piano superiore, a cui si accedeva da una larga e fastosa scala d'onore, c'erano gli appartamenti nobili del barone e della baronessa, con una grande camera d'angolo, strutturata come cappella per le cerimonie religiose. I due appartamenti erano riuniti da un salone centrale che corrispondeva sopra il portone ed era decorato con affreschi e ritratti di personaggi della Famiglia Bonanno. Altri appartamenti, meno importanti e non sufficientemente descritti, tra cui una camera detta «La Credenza» ed altre per l'Amministrazione, aprivano le finestre verso Nord, cioè verso la parte del castello più fredda e meno gradevole. Secondo la tradizione, fu il Conte Ruggero a rendere famoso in tutta la Sicilia il castello di Canicattì per avervi trasportato le armi sottratte agli Arabi nella battaglia di Monte Saraceno, per consacrarle all'Immacolata in segno di gratitudine per il miracolo concessogli ed esposte nel castello. L'Armeria del castello divenne ben presto famosa in tutta la Sicilia, per le armature militari di ogni sorta e dimensione, specie cavalleresche ma ancora di più per l'eccezionale spada e lo scudo del conte Ruggero. La raccolta venne dispersa nel 1827 quando il sindaco di Canicattì Leonardo Safonte La Lumia, per non pagare una piccola somma per la custodia dell'Armeria, regalò la collezione ai Borboni. Questi collocarono i reperti nel museo di Capodimonte, da dove, dopo la proclamazione del Regno d'Italia, furono trasferiti all'Armeria Reale di Torino. Chi cercasse oggi a Torino le famose armi del castello di Canicattì resterebbe fortemente deluso. Nell’Armeria della città piemontese non se ne trova traccia alcuna. Che fine abbiano fatto nessuno finora è riuscito a saperlo. Secondo un inventario del 1784 (un altro del 1793, sostanzialmente identico, si trova presso la Comunale di Palermo), l'Armeria era formata da un numero impressionante di pezzi rari e curiosi, compresa la spada tarsiata in oro che era appartenuta - secondo la tradizione - al Conte Ruggero. Vi sì potevano ammirare circa 50 armature complete di Borgogna, uno scudo grande sbalzato con la storia degli Orazi e Curiazi, un altro tarsiato d'oro, l'armatura completa di un Duca di Savoia, numerose armi da torneo, elmi di diverse epoche, picche, alabarde, pugnali di Toledo, corazze e cosciali, due lanterne «alla turchesca», una spada detta «del Saraceno». Non mancavano numerosi finimenti per cavalcature, giacconi di pelle di daino, scudi di legno di fico e perfino una grande macchina da orologio. Le armi da fuoco, completate da numerose fiasche per polvere, erano rappresentate da un cannoncino di bronzo, da più di 200 archibugi, da un gran numero di pistole e carabine e da schioppi « alla calabrese ». Epoca di splendore fu per il castello di Canicattì la prima metà del Seicento, in cui barone della città era il duca Giacomo Bonanno Colonna. Un tempo completamente isolato essendo preesistente all'abitato attuale, oggi il castello risulta inglobato nel tessuto urbano del centro storico ma, malgrado la posizione preminente che esso occupa, risulta completamente estraneo al contesto. Il castello presentava pianta quasi rettangolare con il lato maggiore lungo circa 60 metri . Di fronte al prospetto principale, alla distanza di circa cento metri e in asse col portone, vi è la Torre dell'Orologio di origine antica ma incerta, rifatta nel 1933 più alta di qualche metro, dove sono state ricollocate le due campane del secolo XVII con iscrizioni in latino che già si trovavano in quella antica. Nel febbraio del 1837, approssimandosi il pericolo del colera, il Consiglio Civico decise di requisire alcuni ambienti del castello perché all'occorrenza, servissero da ospedale d'isolamento. Furono scelte alcune delle camere migliori, attrezzate alla meno peggio dopo acconci affrettati. Purtroppo, al principio dell'estate si sviluppò la tremenda epidemia e il Castello funzionò da Lazzaretto sino all'estinzione del colera, nell'ottobre del 1837. Nel 1857, alcuni ambienti del castello vennero destinati ad ospedale di isolamento. In seguito, anche le carceri, per ragioni di sicurezza, vi furono tolte nel 1866. Da quel momento si spense nel grande edificio l'ultimo soffio di vita, e si accelerò quel processo di rapida decadenza che fu il preludeio del disfacimento. Pur tuttavia, un dipinto su lastra di rame eseguito sul posto nel 1868 ci mostra il castello apparentemente intatto in quello che fu il suo ultimo aspetto quando, in seguito a rifacimenti antichi di cui s'è perduta notizia, non mostrava più la sua forma originaria di roccaforte medioevale. Venticinque anni dopo, nel 1893, il turista francese Castone Vuillier che visitò gran parte della Sicilia e pubblicò le memorie del suo viaggio, sostando per breve tempo alla stazione ferroviaria di Canicattì, osservava con senso di malinconia la desolazione del castello abbandonato e già in parte distrutto. Gli antichi magazzini baronali per la raccolta delle granaglie, dipendenze necessarie per un castello di tipo feudale e terriero, esistono tuttora e si aprono sulla Piazza Vespri (l'antico « Piano ») e, sebbene in cattive condizioni, oggi sono trasformati in deposito di legname. L'impianto visibile è limitato a resti di strutture verticali, realizzate con conci di pietra calcarea nel paramento murario della parete nord, dove è possibile leggere la presenza di aperture, e conci squadrati di calcarenite posti agli angoli. Il castello nel suo complesso oggi si presenta allo stato di rudere ed in totale abbandono. La proprietà è privata. Altri link suggeriti: http://www.solfano.it/canicatti/castellocanicatti.html, http://www.solfano.it/canicatti/castellolodato.html,

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Canicatt%C3%AC, http://www.comune.canicatti.ag.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/194, http://www.virtualsicily.it/Monumento-Castello%20Bonanno-Canicatti-AG-1615, http://www.lionscanicatticastelbonanno.it/?page_id=2370 (da visitare per approfondimento)

Foto: la prima è di Franco Di Caro su http://www.solfano.it/canicatti/Castello_Bonanno_ruderi.jpg, la seconda è presa da http://www.comune.canicatti.ag.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/194

martedì 13 dicembre 2022

Il castello di martedì 13 dicembre


 
ALBONESE (PV) - Castello

Probabilmente Albonese trae il suo nome dal torrente Arbogna (Albona?) su cui sorge. Fece parte del comitato (contea) di Lomello, ed ebbe signori propri, forse derivati dai conti palatini di Lomello. Certo è che gli Albonese sono sempre ricordati come Conti, il che indica che discendevano da qualche antica famiglia comitale. Nel 1164 Albonese è nominato nel diploma con cui Federico I assegnò ufficialmente a Pavia il dominio sulle terre dell'antica contea, che da qualche tempo di fatto i Pavesi avevano sottomesso. I conti Albonese continuarono sotto Pavia ad esercitare la signoria locale sul paese, e questo possesso feudale non fu mai interrotto fino alla fine del feudalesimo (1797). L'antica famiglia si divise ben presto in più rami e tra di essi ci fu qualche lite; altre liti gli Albonese le ebbero con il Comune, che (caso molto raro) possedeva in tutto o in parte i redditi feudali (dazi ecc.), che altrove erano quasi sempre nelle mani dei feudatari. Comunque Albonese resta un caso raro di lunghissimo e pacifico dominio feudale di un luogo da parte di un'unica famiglia. Anche Albonese, con tutta la Lomellina, nel 1713 fu aggregata agli Stati dei Savoia e nel 1859 entrò a far parte della provincia di Pavia. Il castello venne costruito probabilmente nel XIV secolo, ma fu ampiamente trasformato in età barocca (XVII secolo). Per lungo tempo appartenne ai conti Langosco, fino a quando non venne distrutto, nel 1407, dal milanese Facino Cane. Ha subito notevoli rimaneggiamenti anche in periodi successivi. Indicato talvolta storicamente come casaforte nobiliare (a ciò si rifà il simbolo), ha già per dimensioni e struttura l'impianto del castello, con compiti prevalentemente di protezione delle derrate. L' edificio ha forma piuttosto massiccia, dall'impianto a blocco con base scarpata e cordolo marcapiano piuttosto pronunciato. Sorge in fregio alla strada che porta Cilavegna, un po' arretrato, in mezzo a un tessuto urbano degradato. Mantiene una sua spiccata individualità e una forte coerenza espressiva, che lo fanno spiccare nel contesto in cui si trova. Notevoli le dentellature in cotto delle torri e alcune finestre archiacute ancora sopravvissute. Il mastio ha mantenuto tuttora la merlatura bifida, su cui poggia la copertura a falde. Utilizzato attualmente ad abitazione. Altro link suggerito: https://m.facebook.com/storiedilomellina/photos/albonese-il-castellopiccolo-paesino-al-confine-tra-la-provincia-di-pavia-e-quell/1651290615070876/?_rdr

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Albonese, https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00116/, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Lombardia/pavia/provincia000.htm#albones,

Foto: la prima è presa da https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00116/, la seconda è presa da http://www.infolomellina.net/sito/comuni/albonese.htm

lunedì 12 dicembre 2022

Il castello di lunedì 12 dicembre


RAVENNA - Torri di Savarna

Il territorio alfonsinese dal Senio fino al Lamone fu per tutta la prima metà del ‘500 una vera e propria zona franca, terra di frontiera, dove i ladri, gli assassini, i banditi venivano mandati al confino in base agli statuti di Fusignano: "... che cadauno assassino, homicidiale et criminale debba avere sgombrato in termine a due giorni la terra e il territorio di Fusignano...". I CaIcagnini favorivano quindi l'insediamento in queste zone di tutti i "banditi" dal feudo di Fusignano: derelitti, criminali, assassini, vagabondi, zingari, ubriaconi... Qui vi era a quei tempi un grande bosco, e i Ravennati, nemici dei Calcagnini, chiamavano questa zona "... il bosco degli assassini...". Ma come si vedrà in seguito i Rasponi di Ravenna fecero di peggio. I Conti Calcagnini di Fusignano mandavano i fuorilegge proprio in queste terre impaludate che volevano conquistare. Prima ad Alfonsine e poi fino al Passetto, (tal nome deriva dal fatto che venne allestito un passaggio con barche tra una riva e l'altra del Po), furono costruiti alcuni magazzini per stoccare le merci alle quali i Calcagnini imposero una propria tassa per quel passaggio. In realtà l'impresa era redditizia per i Conti di Fusignano soprattutto perché così evitavano di pagare il dazio per le loro merci alla Sede Apostolica di Ravenna. Insomma al Passetto i Calcagnini facevano contrabbando di grano, fieno e altro, a discapito della Chiesa. Nacquero da qui numerose controversie tra i Calcagnini e i signori di Ravenna, i quali vantavano diritti su queste terre vallive: questi si appellarono più di una volta alla sede Apostolica di Ravenna per impedire l'avanzata dei nuovi padroni. “Il danno che per questo porta la Sede Apostolica – così protestavano i signori di Ravenna, con in testa i Rasponi - che si vede dovere avenire, è che quel territorio è fertile et produce grani e biade assai et ivi sta di continuo un nido di ladri, homicidiali, et banditi, da dimessi luoghi, tal che si può dire bosco d'assassini...". Ma proprio i Rasponi a Savarna fecero di peggio. Alla battaglia di Ravenna (1512) contro i Francesi parteciparono diversi esponenti della famiglia Rasponi. Dalla rappresaglia perpetrata dai francesi dopo la battaglia, vinta col sacrificio del loro comandante Gaston de Foix, la città ne uscì prostrata. Ne conseguì una carestia, alla quale fece seguito poi, una epidemia di peste: la popolazione fu letteralmente decimata. Tali avvenimenti ebbero una ovvia ricaduta sociale ed ebbero come effetto la presa violenta di potere da parte di alcune famiglie della città appoggiate dalla Chiesa, fra le quali dominava quella dei Rasponi. Nella disperata situazione si ipotizzò una soluzione ritenuta inizialmente valida: si decise di fare uscire tutti i galeotti, sperando che potessero essere utili a ripopolare la città, ma la scelta ebbe un effetto contrario; molti degli ex galeotti si legarono ai Rasponi, che avevano bisogno di persone prive di scrupoli per esercitare il potere con la violenza; i covi degli armati assoldati dai Rasponi furono stabiliti nelle campagne ormai completamente spopolate a nord-ovest della città, nelle zone di Savarna e Cotignola. Dopo aver assunto il potere in città, a Savarna Raffaele Rasponi creò un abitato per accogliervi quei malviventi, con cui attorno al 1516 i Rasponi furono autori delle numerose efferatezze perpetrate in quegli anni a Ravenna e dintorni. Il luogo di ritrovo degli sgherri, la cui erezione era stata promossa da Raffaele Rasponi e dove aveva creato il loro covo a Savarna, era una costruzione fortificata, dalle fonti descritta come una torre. Si ritiene che la torre si trovasse nel luogo in cui successivamente fu costruita la palazzina oggi denominata "Le torri di Savarna". Dopo due gravissimi fatti di sangue che videro coinvolti ancora i Rasponi, papa Gregorio XIII nel 1577 per punizione contro Girolamo Rasponi e i suoi sgherri che, arrivati da Savarna, avevano sterminato l’intera famiglia Diedi nella loro casa a Ravenna, per un’ingiuria, le proprietà dei Rasponi furono confiscate e varie loro costruzioni rase al suolo: così capitò alle Torri di Savarna. Poi alcune decine di anni dopo il nuovo papa Sisto V graziò il Girolamo e restituì le proprietà confiscate. Nel 1657 Leonora Rasponi chiese di poter rifabbricare un edificio sulle fondamenta di quello preesistente. 
L'edificio ricostruito mantenne il nome di "Torri di Savarna". Alla morte di Leonora il nuovo palazzo passò al capitano Antonio Rasponi che morì senza figli; suoi eredi risultarono i figli del fratello Carlo Maria Rasponi: Silvestro e Valerio. Alla fine dell’800 le Torri di Savarna passarono ai Guidi e poi ai Brocchi, con la contessa Adriana Graziani che andava in giro in estate qui, nei suoi poderi, in calesse con l’attrice Alida Valli, sua grande amica. La palazzina fu ristrutturata e la vicina scuderia, pure lei ristrutturata, divenne sede di un locale denominato "La taverna del Palazzetto". Nel 2019 il complesso era in stato di abbandono da più di una ventina d'anni, dopo anche il decesso della contessa avvenuto nel 2015. Altro link suggerito: https://www.youtube.com/watch?v=i9If98q4_oI (video con drone di Orano Boschi)

Fonte: testo di Luciano Lucci su https://alfonsinemonamour.racine.ra.it/alfonsine/Alfonsine/torri%20savarna.htm

Foto: la prima è presa da https://www.travelemiliaromagna.it/in-bicicletta-lungo-il-fiume-lamone/, la seconda è presa da https://alfonsinemonamour.racine.ra.it/alfonsine/Alfonsine/immagini/rasponi/torri4-modifica.jpg

venerdì 9 dicembre 2022

Il castello di venerdì 9 dicembre




PRATOLA SERRA (AV) - Castello

L'abitato di Pratola Serra si sviluppò intorno a un fortilizio del XII secolo. I tratti del Castello di Pratola Serra testimoniano ciò che resta dell'antico maniero medievale, situato nella località Serra di Pratola. Sorto come centro non solo di difesa ma anche di dimora dei gruppi romano-barbarici, il Castello di Serra fu donato al clero, così come tante altre località del Ducato di Benevento, prima dell'anno Mille. Uno dei primi documenti, a nome dell'imperatore Corrado di Germania, conferma la sudditanza del Castello di Serra al Monastero di Santa Sofia di Benevento. Nell'XI secolo, con l'invasione dei Normanni, il Gastaldato di Avellino fu diviso in due parti e il Castello di Serra venne a far parte della Contea di Montaperto. Venne ereditato da Ugone de Serra nel XIII secolo. L'imperatore Federico II di Svevia affidò a quest'ultimo la custodia del prigioniero milanese Roberto Monteccolo, affinchè fosse tenuto nelle segrete della fortezza. Nella prima metà del XV secolo la fortezza venne ereditata da Giovanni e Costanza Grillo che dimorarono stabilmente nel locale maniero. Dopo essere stato incendiato nel 1442, su ordine di Alfonso d'Aragona, il feudo di Serra finì nelle mani dapprima dei Poderico e, successivamente, dei Tocco di Montemiletto, i quali detennero il Castello di Serra e i feudi di Pratola fino al 1806, anno di eversione della feudalità. Danneggiato dall'evento tellurico del 1456, fu da allora definitivamente abbandonato dai feudatari di Serra. Venduto poi a diversi proprietari, venne adattato e utilizzato per edificarvi all'interno alcune abitazioni private così nel '700 l'aspetto del fortilizio era completamente snaturato. Con il passare degli anni, all'antico fortilizio si sono sovrapposte alcune abitazioni, che ne hanno alterato caratteristiche e funzionalità. Oggi, infatti, la comunità locale definisce con il termine "castello" anche le costruzioni poste nella parte alta del paese, di cui costituiscono parte integrante l'attuale oratorio e le abitazioni annesse. Il fortilizio sembra preservare la sua originaria forma poligonale, con una cinta muraria e due porte di accesso, in corrispondenza delle due torri: una di esse è situata presso la Porta della Terra, seminascosta e incastrata all'interno di appositi fabbricati; l'altra si innalza sulle rocce a ridosso della casa Canonica e si affaccia sulla Piazza del Tiglio. Rilevante traccia storica per la comunità locale, i tratti del Castello di Pratola Serra conservano l'inconfondibile fascino che caratterizza i borghi medievali. La torre circolare ha internamente un solo piano superiore, la superficie è aperta da una semplice finestra e da una piccola feritoia al livello del piano terreno. Altri link suggeriti: http://www.irpinia.info/sito/towns/pratolaserra/gallerycastleserra.htm, http://web.tiscali.it/huck-wolit/

Fonti: https://sistemairpinia.provincia.avellino.it/it/luoghi/tratti-del-castello-di-pratola-serra, http://www.castellidirpinia.com/serrapratola_it.html

Foto: la prima è presa da http://web.tiscali.it/huck-wolit/ (prima del restauro), la seconda è presa da https://www.italiapedia.it/bacheca.php?vd=multimedia&t1=6&idFoto=5116&istat=064075&comune=Pratola%20Serra&prov=&sigla=AV&NomeReg=Campania&NReg=015 (dopo i lavori)

mercoledì 7 dicembre 2022

Il castello di mercoledì 7 dicembre


BORGONOVO VAL TIDONE (PC)- Castello di Mottaziana

Mota de Ziliano o Motta dei Ziliani, località che sorge sulla riva sinistra del torrente Tidone, prende il nome dagli antichi feudatari originari di Ziano Piacentino, antico sito distante pochi chilometri. Già ricordato nella cronaca medievale del Guarino, il castello pervenne a Galeazzo Visconti nel 1314 requisendolo a Nicolino Ziliani, che addirittura fu "arrestato" per essersi rifiutato di cederglielo. E il duca milanese non si peritò a cederlo poi ad Obizzo Landi. Curiosamente da una bolla papale emessa nel 1375 in Avignone dal papa in cattività, risulta che gli Ziliani ne erano per quella tornati in possesso: un ufficiale pontificio infatti l’aveva consegnato dalle sue mani a Gerardone Ziliani. Nel XV secolo Mottaziana si ritrovava in proprietà degli Arcelli Fontana e poi del condottiero Francesco Bussone, detto il Carmagnola, il quale lo aveva conquistato nel 1417 con la forza e la devastazione. Nel 1453 gli Ziliani, per aver ottenuto dal duca di Milano la licenza di rifortificare l’edificio, si ritrovarono proprietari definitivi. Il castello è proprio al centro del paese. La trasformazione in residenza nobiliare, avvenuta presumibilmente tra il XVII ed il XVIII, secolo ne ha cancellato quasi completamente i tratti medievali. Altro link consigliato: https://m.facebook.com/mikilaviaggiatrice/videos/castello-di-mottaziana-ed-un-appunto-di-storiadal-libro-castelli-piacentinicarme/367274558918098/ (video)

Fonti: https://www.altavaltrebbia.net/2020/11/16/castello-di-mottaziana/, scheda di Pierluigi Bavagnoli su https://www.mondimedievali.net/Castelli/Emilia/piacenza/mottaziana.htm, http://www.turismoapiacenza.it/castello_di_mottaziana.html

Foto: entrambe prese da https://www.mondimedievali.net/Castelli/Emilia/piacenza/mottaziana.htm

martedì 6 dicembre 2022

Il castello di martedì 6 dicembre



PIOVE DI SACCO (PD) - Torre Carrarese (o Torre Maggiore)

Il torrione è a base quadrata con un alto zoccolo in pietra e la parte restante in mattoni a vista. La quasi totale mancanza di fori e di elementi decorativi gli conferiscono un aspetto severo che denuncia la sua originaria funzione difensiva. Nella sua altezza di 31 metri con pochissime aperture, presenta tratti gotici quali la porta, le paraste e i piccoli archi pensili. Saliti i 98 gradini della stretta scala in mattoni, si può ammirare dall’alto la piazza, i palazzi, le vie che in essa confluiscono e, in lontananza, anche i campanili delle chiese dei paesi vicini. L'omogeneità delle pareti in cotto è interrotta sul lato verso piazza Incoronata dalla presenza di bassorilievi in pietra: in alto una serie di tre, solo vagamente riconoscibili, che rappresentano san Martino che dona il mantello al povero, lo stemma con il Leone di San Marco (la Serenissima dominò queste terre dal 1405 al 1797) e lo stemma del nobile Tagliapietra, podestà di Piove, probabilmente l’artefice della conversione in torre campanaria. La fortificazione di Piove di Sacco ebbe inizio per opera del Vescovo di Padova Gauslino, conte di Piove nella seconda metà del X secolo; si trattava di un sistema difensivo che sfruttava la caratteristica ricchezza d'acqua della zona: un doppio vallo, solcato dalle acque del Fiumicello e probabilmente arricchito da torresini. Questa fortificazione fu eretta per fronteggiare i pericolosi attacchi degli Ungari. Distrutta poi nel 1256 da Ezzelino (o nel 1317 da Cangrande della Scala), la torre fu riedificata da Francesco da Carrara il Vecchio, allora Signore di Padova, attorno al 1360, il quale rese più profonde le fosse e più alti i terrapieni e fece costruire altre tre torri (Torre Rossi,Torre Panico, Torre Carrarese). Con le devastazioni del 1800, queste ultime furono distrutte e il nome di “Carrarese” passò dall’antica torre al mastio. Tre torri erano poste a triangolo a difesa delle porte d'accesso alla città: la Torre Rossi fiancheggiava la porta San Nicolò verso Venezia e la torre Carrarese la porta San Martino verso Padova (situata dove si trova oggi la stazione delle corriere). Di tutto questo complesso difensivo rimane il mastio del Castello, oggi adattato a campanile del Duomo di San Martino, appellato Torre Carrarese e considerato dalla cittadinanza un emblema della Comunità. Ubicata in Piazzetta S.M. dei Penitenti, davanti alla omonima Chiesuola, la torre è visitabile in occasione delle principali manifestazioni culturali del piovese e del mercatino dei portici. In queste occasioni è possibile salire sulla sommità del campanile per ammirare il panorama della centro storico e dei territori circostanti. Particolarmente caratteristica è la cella campanaria posta sulla sommità: edificata dalla Serenissima nel 1415 allo scopo di convertire la torre difensiva in un campanile per il Duomo di San Martino. Contemporanea fu la costruzione dell’originale orologio a 24 ore, posto al di sotto della cella, con il quadrante in marmo bianco e lancette in ferro battuto. Sotto l’orologio troviamo altri due grandi bassorilievi, risalenti con buona probabilità al XV secolo, raffiguranti ancora il leone alato dotato di libro aperto e un san Martino a cavallo. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=Xjl0Z6hNo0s (video di Come i Gabbiani), http://www.spaziopadova.com/SalvaVeneto/ctgIntern/forti/castello_di_piove_di_sacco.htm, https://www.lapiazzaweb.it/2022/11/piove-di-sacco-terminato-il-restauro-dellorologio-della-torre-carrarese/, https://www.youtube.com/watch?v=RauE3hfYrzQ (video di Lions Club Piove di Sacco)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Piove_di_Sacco, https://saccisica.it/item/la-torre-carrarese/, https://www.visitabanomontegrotto.com/castelli/torre-carrarese-piove-di-sacco/

Foto: la prima è presa da https://fondoambiente.it/luoghi/torre-carrarese?ldc, la seconda è presa da https://www.facebook.com/groups/620975831840996/

lunedì 5 dicembre 2022

Il castello di lunedì 5 dicembre



BORGO A MOZZANO (LU) - Rocca del Bargiglio

I ruderi della Torre, o Rocca, del Bargiglio sorgono sulla cima del monte omonimo a 866 metri di altitudine alle porte della Garfagnana e Media Valle del Serchio. Una volta arrivati alla Torre, è chiaro perchè è da sempre chiamata "Occhio di Lucca": la vista è panoramica a 360 gradi ed offre una perfetta visuale dalle vette delle Alpi Apuane, ben visibile la Pania di Corfino, ai numerosi Castelli e fortezze della Garfagnana, come il Castello di Castiglione e la Fortezza di Mont’Alfonso. Da qua si domina anche tutta la Valle del Serchio sottostante dalle mura di Barga e Coreglia Antelminelli a Bagni di Lucca fino alle tante località del Comune di Pescaglia. E infine, in lontananza a sud, la piana di Lucca e poi la costa Tirrenica. L’origine della fortificazione risale ad un epoca sconosciuta, probabilmente eretta dai Suffredinghi, uno dei tre potentati di origine longobarda che controllavano la Valle del Serchio che si distinsero per la tenace resistenza opposta all’espansionismo del Comune di Lucca essendo confinanti con i domini Estensi della Garfagnana. Era costituita solo da una torre, utilizzata come punto di osservazione e controllo del vasto territorio, della strada che passava poco più in basso e della piccola comunità che viveva nei casolari circostanti alla fortificazione e all’antico Romitorio di S.Bartolomeo. Le campagne di scavo condotte dall'Università dell'Aquila tra il 2003 ed il 2004 hanno permesso di mettere in luce parte delle strutture murarie sepolte dalla vegetazione e dai crolli. Sono emerse almeno tre fasi edilizie in cui si è formata la fortezza. Gli affioramenti di roccia e i bruschi salti di quota sul pianoro suggerivano che il luogo fosse stato precedentemente frequentato dall'uomo. Sono stati inoltre rinvenuti tratti di muro di epoca medievale e allo stesso periodo risalgono i resti presenti sul falsopiano inferiore e la torre originaria, che aveva base quadrangolare. Fino all’arrivo del condottiero Castruccio Castracani la funzione principale, ma non certo l’unica, rimase infatti quella di torre di segnalazione. Castruccio ne rafforzò le difese ampliandola, oltre a rinforzare anche un altro castello, eretto su uno sperone roccioso, esistente sul versante della montagna, rivolto a Diecimo. I segnali visivi, mettendo la paglia o altro combustibile in cestelli metallici posti sulla sommità della torre (fumo di giorno e fuoco di notte) così come nei secoli successivi salve di arma da fuoco o di artiglieria, arrivavano fino alla Torre del Palazzo Pubblico di Lucca, che sorgeva nella parte occidentale dell'odierna Piazza Napoleone, fulcro del sistema di avvistamento cittadino e mezzo fondamentale per le comunicazioni nel periodo delle guerre tra signorie. Ma la Torre del Bargiglio è citata per la prima volta ufficialmente solo in un documento del 1339, questo testimonia un assedio vittorioso delle truppe di Francesco Castracani e viene descritto come un castello a base quadrangolare provvisto di torre e non come semplice torre isolata. Anni dopo i suoi discendenti dopo averlo ceduto alla Repubblica di Lucca si riappropriarono indebitamente del fortilizio usandolo come base per le loro scorrerie. Il castello fu quindi riconquistato dalle armate lucchesi e gli Anziani della Repubblica decisero di raderlo al suolo per evitare che altri ribelli se ne impossessassero (1372 circa). La ricostruzione del fortilizio avvenne solo nel 1468 a seguito di una delibera del Consiglio Generale di Lucca, le murature superstiti furono livellate e su di esse venne vi fu innalzata una fortificazione costituita da due corpi di fabbrica distinti ed eretti in due fasi, riconoscibili nella torre e nel cassero che la ingloba. La torre era dotata di un solaio ligneo, riconoscibile dalla sequenza di buche circolari presenti nella muratura. Rimane oggi visibile anche una finestra ad arco ribassato, che originariamente permetteva di vedere il castello di Castiglione Garfagnana. Alla torre seguì, forse a metà XVI secolo, la costruzione del cassero che inglobò le finestre poste verso est e nord; successivamente si pensò di dotare la base della torre di alcune murature esterne a scarpa e di costruire il pozzo della cisterna che assicurava l’approvvigionamento di acqua agli armati che vi risiedevano. Con l'avvento della polvere da sparo cambiò la strategia difensiva della Repubblica di Lucca, vennero mantenute e rafforzate solo le torri più importanti. In un documento del 1557, la torre risulta sempre sorvegliata da un castellano e da due guardie. Nel 1584 furono affidati lavori di consolidamento del Bargiglio a Vincenzo Civitali. Fino alla seconda guerra di Garfagnana terminata nel 1618 fu necessario mantenere in funzione la torre. Nonostante l’importante ruolo di torre da segnalazione, la prima mappa, arrivata ai nostri giorni, del sistema di comunicazione, a cui faceva capo, è datata 1664. In seguito subì un lento declino. Nel 1801 la guarnigione del Bargiglio venne definitivamente dimessa, con il conseguente abbandono e degrado dell'intero complesso. L'avvento di Napoleone, nel 1805, la rese quasi inutilizzata e, lentamente, crollò. Nel 2016 è stata oggetto di un importante restauro conservativo delle murature ed durante il quale è stata anche inserita una pedana metallica nei resti della torre per consentire a tutti di ammirare il panorama che spazia dalla Piana di Lucca fino al mare. Il modo più semplice di raggiungere la Torre è in auto fino alla Località di Cune e poi a piedi con una passeggiata di circa 15 minuti. Possibili anche percorsi alternativi da antiche mulattiere. Altri link consigliati: https://www.youtube.com/watch?v=_TEV3TcPtV8 (video con riprese aeree di Checco Travel), http://www.piccolapenna.it/bargiglio/bargiglio.htm, https://www.youtube.com/watch?v=jTqmQYOLP7o (video con drone di m15alien), https://www.facebook.com/turislucca/videos/panoramica-dal-monte-bargiglio-locchio-di-luccaquando-agli-inizi-del-xvi-secolo-/10153566512341134/ (video)

Fonti: https://castellitoscani.com/torre-del-bargiglio/, https://www.visittuscany.com/it/attrazioni/la-torre-del-bargiglio/, http://www.contadolucchese.it/m-Borgo_a_Mozzano_5.html

Foto: la prima è presa da https://www.visittuscany.com/it/attrazioni/la-torre-del-bargiglio/, la seconda è di Marcello Ricci su https://ucmediavalle.it/la-torre-del-bargiglio-borgo-a-mozzano/

venerdì 2 dicembre 2022

Il castello di venerdì 2 dicembre



BRACCIANO (RM) - Castello Orsini-Odescalchi

Il castello sorse intorno alla vecchia rocca medioevale dei Prefetti di Vico, risalente al tredicesimo secolo. La sua costruzione iniziò nel 1470 su commissione di Napoleone Orsini e venne ultimata nel 1485 sotto la guida del figlio Gentile Virginio. In quello stesso anni fu ospite della famiglia Orsini il vescovo di Mantova Ludovico Gonzaga, figlio del marchese di Mantova Ludovico III Gonzaga, che fuggì da Roma a causa della peste. Nella sua storia il castello subì molti cambiamenti inclusi i progetti di Francesco di Giorgio Martini che fu ospite nella corte di Genti Virginio nel 1490 per restaurare varie fortezze. Nel corso dei secoli l'edificio subì profonde trasformazioni e a causa della sua posizione strategica si trovò spesso al centro di aspre contese tra le più importanti casate nobiliari di Roma, come i Colonna e i Borgia. Papa Alessandro VI Borgia nel 1496 arrivò a confiscare il castello, animato da un profondo risentimento verso gli Orsini. A quegli anni risalgono le prime decorazioni, tra le più famose ricordiamo il ciclo della donna medievale che illustra la vita di corte del tardo Medioevo e l'affresco di Antoniazzo Romano che riproduce il trionfo di Gentile Virginio Orsini, pagina importante di questo pittore del Quattrocento. Terminato il diverbio con il papa, gli Orsini ripresero il possesso del castello continuando così ad ampliarlo e ad abbellirlo. Alla fine del Cinquecento Giacomo Del Duca, allievo di Michelangelo, realizzò una serie di interventi in occasione del sontuoso matrimonio tra Isabella de' Medici e Paolo Giordano Orsini. In quella circostanza i fratelli Taddeo e Federico Zuccari furono chiamati a decorare alcune sale, tra le quali quella che nel 1481 ospitò papa Sisto IV della Rovere in fuga dalla peste che infuriava a Roma. Gli Zuccari, due tra i più importanti artisti della fine del Cinquecento, realizzarono gli affreschi con l'oroscopo dei due sposi e gli emblemi delle due insigni casate. Nel 1696 agli Orsini subentrarono gli Odescalchi antica famiglia di origine comasca, il cui prestigio si incrementò notevolmente quando uno dei suoi membri ascese al soglio pontificio con il nome di Innocenzo XI (1676-1689). Il nipote del Papa, Livio, divenne Principe del Sacro Romano Impero sotto l'Imperatore Leopoldo I d'Asburgo, per i servigi resi nella guerra contro i Turchi. Durante l'occupazione francese il Castello fu saccheggiato dei suoi preziosi arredi e poi ceduto con diritto di riscatto alla famiglia romana dei Torlonia; solo nel 1848, il Principe Livio III Odescalchi lo riscattò dal Duca Marino Torlonia. Il figlio Baldassarre, personaggio di spicco della Roma ottocentesca, ne ripristinò l'antico splendore attraverso un sapiente recupero architettonico ad opera dell'architetto e restauratore romano Raffaello Ojetti. Insieme, committente e architetto, in una ideale sintonia restaurarono il castello ispirandosi alle teorie John Ruskin e quanto più possibile al Rinascimento. Aperto al pubblico dal 1952 per volontà del principe Livio IV Odescalchi, grazie all’attuale gestione della Fondazione a lui dedicata viene sostenuto un sapiente e costante lavoro di tutela e restauro. Il castello mostra all’esterno l’aspetto architettonico di un’inespugnabile fortezza ingentilita dalla presenza dei giardini pensili da cui si gode la vista di un panorama unico, dove gli intensi colori del lago si fondono con la natura circostante, restituendo un quadro di rara bellezza. Costituito da tre cinta di mura esterne, il maniero presenta cinque torri, una per ogni vertice della fortificazione esterna. Del tutto irregolare, la pianta del castello appare come un quadrilatero con uno degli spigoli che si allunga fino a disegnare un quadrilatero più piccolo. Due figure, quindi, che si intersecano formando un insieme poco armonico e del tutto asimmetrico, giustificato solo pensando alla presenza di due nuclei, cronologicamente così distanti, all’interno di una stessa costruzione. Il quadrilatero più piccolo, infatti, con la sua «torre mozza», ingloba la vecchia rocca dei Vico; attraverso il cortile e il camminamento di ronda, il nucleo più antico si collega al quadrilatero più grande: la costruzione voluta dagli Orsini. Passato il primo perimetro murario con la prima corte, l’edificio diventa sempre più monumentale sorprendendo il visitatore quando, passato il grande portale bugnato, appare con una vista mozzafiato il lago da una parte e la lunga facciata con le finestre a croce guelfa tra torri dall’altra. Una volta saliti attraverso la scala a chiocciola che permette l’ingresso al primo piano, si rimane sorpresi dalla monumentale presenza di sale allineate su questo piano nobile, arricchite da soffitti a cassettoni, affreschi, mobili preziosi, opere d’arte e collezioni di gran pregio. Dalla corte si accede anche alle antiche cucine. Ricche di arredi e tuttora specchio del passato sono, invece, le sale distribuite tra il piano nobile e il secondo piano. Tra le altre, la sala centrale, la cosiddetta Sala dei Cesari, si distingueva per la sua altezza di 15 metri: era un’unica sala che attraversava, in altezza, i due piani. Successivamente, la costruzione di un soffitto a mezza altezza ha consentito di ricavare un’altra stanza al piano superiore. Alla meraviglia suscitata da mobili, ceramiche, armi medievali e dipinti conservati all'interno del castello, si aggiunga la presenza di ricchi affreschi, come quelli nella Camera Papalina decorata dagli Zuccari, o quelli nella Sala del Pisanello, nonché di brillanti soffitti a cassettoni restaurati, ricostruiti o originali, come quello della Camera di Isabella. I busti dei dodici Cesari, la rara clessidra del XVI secolo, il letto siciliano in ferro battuto del Settecento, completano insieme a tanti altri oggetti le collezioni del castello raccolte dal Principe Baldassarre con la volontà di fare della propria storica dimora un vero Museo. Oltre alle visite guidate per per gruppi e scolaresche, alle attività per bambini, il castello di Bracciano offre numerosi servizi tra cui: meeting, convegni, eventi, ricevimenti e matrimoni. Ricordiamo, tra i più famosi, quelli di Eros Ramazzotti e di Tom Cruise. La leggenda narra che la Principessa Isabella de’ Medici ricevesse numerosi amanti di notte nella sua camera da letto. La donna, dal temperamento particolarmente focoso, dopo aver incontrato una sola volta i suoi numerosi amanti, li invitava ad entrare in una porta che conduceva in un salottino, dove li assicurava che li avrebbe raggiunti poco dopo. Ma dietro la porta c'era una botola aperta sul pavimento che inghiottiva i malcapitati, facendoli precipitare in un pozzo pieno di calce viva. Il marito della donna, stanco dei suoi tradimenti e, soprattutto invaghito di una giovane cortigiana, una sera la strangolò con un nastro rosso. La leggenda vuole che il fantasma di Isabella De Medici si aggiri ancora nel castello, in particolare nelle stanze in cui incontrava i suoi amanti. Un sortilegio quello della bella principessa che si è riversato sulle coppie che scelsero proprio il castello per celebrare il loro si. I casi più famosi sono quelli di Tyrone Power e Linda Christian e di Eros Ramazzotti e Michelle Hunziker, che si sposarono proprio a Bracciano rispettivamente nel 1949 e nel 1998. Entrambi i matrimoni sono poi sfociati in tumultuosi e costosissimi divorzi. Ma il fatto più clamoroso, sebbene sia stato ignorato dalle cronache, è quello avvenuto nel 1995 e che ha avuto per protagonisti due giovani calabresi che avevano scelto proprio il Castello Odescalchi per convolare a nozze. Nel bel mezzo della cerimonia, tra i promessi sposi scoppiò un battibecco che, nel giro di pochi istanti, si tramutò in una furibonda lite e infine in una scazzottata tra gli ospiti delle due fazioni. Conclusione: il si non fu mai pronunciato e i due giovani ripartirono per la Calabria ognuno per proprio conto. Nel 1998, inoltre, John John Kennedy e la moglie Carolyn Besset parteciparono alle nozze di due loro amici nel Castello di Bracciano. Il 16 luglio dell’anno successivo, Kennedy e Besset morirono in un incidente aereo e, circa 12 mesi dopo, i loro amici divorziarono. Altri link suggeriti: https://www.odescalchi.it/, https://www.retedimorestorichelazio.it/dimora/rm/bracciano/castello-odescalchi-2/, https://arttrip.it/castello-di-bracciano/, https://www.youtube.com/watch?v=2cASI5a8B3U (video con riprese aeree di Danilo De Cicco), https://www.youtube.com/watch?v=Vq2bHT1z-58 (video di Cristina24), https://www.youtube.com/watch?v=4LN8XZMfoqg (video di Scatenate La Gioia), https://www.youtube.com/watch?v=F1xq5iKv_04&t=2s (video di culturalazio), https://www.youtube.com/watch?v=lCSGsGMC4nA (video di Richard Randall), https://www.youtube.com/watch?v=pZLFWutqCdU (video con drone di Marco Cenciarelli)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_Orsini-Odescalchi, https://www.odescalchi.it/STORIA, https://www.dimorestoricheitaliane.it/dimora/castello-odescalchi-di-bracciano/?lan=it, https://civitavecchia.portmobility.it/it/visitare-il-castello-odescalchi-di-bracciano, scheda di Marisa Depascale su https://www.mondimedievali.net/Castelli/Lazio/roma/bracciano.htm, http://www.anticopresente.it/tour/etruria-in-treno/il-castello-odescalchi-sul-lago-di-bracciano-rm-301.html, https://www.museionline.info/castelli-italiani/castello-odescalchi-di-bracciano, https://braccianoguide.com/it/cose-da-vedere/castello-odescalchi-bracciano/, https://www.quotidianpost.it/la-leggenda-del-fantasma-del-castello-odescalchi-orsini-a-bracciano/

Foto: la prima è presa da https://www.estateromana.com/proposte/castello-odescalchi-a-bracciano/, la seconda è presa dalla pagina Facebook del Castello di Bracciano: https://www.facebook.com/CastelloOdescalchiDiBracciano/. Infine, la terza è una cartolina della mia collezione

giovedì 1 dicembre 2022

Il castello di giovedì 1 dicembre

 



FOSSOMBRONE (PU) - Rocca Malatesta

Centro più importante della media valle del Metauro, Fossombrone possiede un centro storico di forte impronta rinascimentale, con la presenza di palazzi quattro-cinquecenteschi, disteso sul versante di un colle sovrastato dai resti della Rocca Malatestiana. La rocca è situata sul punto più alto del colle di Sant'Aldebrando (circa 250 m s.l.m.), a nord della città, nell'area detta della Cittadella, da cui si gode un ampio panorama sul sottostante abitato e sulla vallata del Metauro, dallo sbarramento naturale della Gola del Furlo fin quasi a Fano. A nord è sovrastata dalle colline delle Cesane. Il colle della Cittadella rappresenta la parte più antica della moderna Fossombrone, il sito sul quale si rifugiarono gli abitanti della vicina città romana (Forum Sempronii) sul fondo valle, durante le invasioni barbariche. La rocca fu eretta nel sito verso il XIII secolo, all'epoca in cui la città ricadeva sotto il dominio ecclesiastico (vescovi-conti), adottando probabilmente un semplice impianto quadrilatero con torri sugli angoli. In seguito allo spostamento della sede pontificia ad Avignone, il potere ecclesiastico nella regione s'indebolì e fu in questo periodo, inizi del XIV secolo, che la città passò ai Malatesta, i quali pare siano intervenuti sulla rocca facendo degli ampliamenti sul finire dello stesso secolo. Durante il dominio malatestiano la rocca accrebbe la propria importanza, dal momento che, oltre alle funzioni militari, svolse anche quelle giuridiche e di rappresentanza. Verso il 1444, durante la guerra tra Alessandro Sforza e Sigismondo Pandolfo Malatesta, Federico da Montefeltro convinse Galeazzo Malatesta, Signore di Pesaro e Fossombrone, a vendere Pesaro allo Sforza e Fossombrone a lui. Fu così che la città passò sotto il dominio dei Duchi di Urbino. Federico da Montefeltro intervenne quasi subito sulla rocca; dovrebbe risalire a questo periodo la realizzazione delle murature scarpate e del torrione di sud-ovest, per renderla più resistente alla nascente artiglieria. Nella stessa occasione fu restaurata anche la chiesa di Sant'Aldebrando all'interno della fortificazione, chiesa che inglobò una parte della primitiva cattedrale o dell'episcopio, decorata da affreschi attribuiti ad Antonio Alberti da Ferrara con scene della vita del Santo Patrono cittadino. Verso gli inizi degli anni ottanta del XV secolo, Federico decise di rafforzare nuovamente la rocca, in proporzione all'evoluzione delle nuove armi da fuoco; così affidò i lavori al suo architetto di fiducia, il senese Francesco di Giorgio Martini, il quale progettò e realizzò un grande puntone carenato sul lato meridionale, al centro tra i due torrioni, proteso verso la città, con funzioni di mastio. Tale "caput carenato" è un raro esempio applicato di rivellino. Questo tipo di costruzione, unico nel Montefeltro, descritto dall'architetto senese nel "codice Magliabechiano", è presente solo in altre fortificazioni toscane (Sarzanello e Poggio Imperiale) e pugliesi (Monte S. Angelo). Nel 1502 il Ducato di Urbino fu conquistato da Cesare Borgia, ma nell'autunno dello stesso anno, Guidobaldo da Montefeltro con alcuni alleati avviò una riconquista, ma dovette accontentarsi solo di una parte del territorio perché nel frattempo il Borgia riuscì ad isolare Guidobaldo dai suoi alleati. Durante questa breve riconquista le armate feltresche erano riuscite a riprendere Fossombrone, ma dopo aver vinto la resistenza tenace dei borgiani, grazie al decisivo possesso della rocca da parte di quest'ultimi. Prima di riconsegnare la città al Valentino, Guidobaldo dispose di smantellare la rocca, demolendo le sovrastrutture, in modo da rendere impossibile la sistemazione delle armi da fuoco, oltre a renderla completamente impraticabile. In seguito alla caduta del Valentino e alla definitiva riconquista del ducato da parte di Guidobaldo, la rocca non fu più ricostruita, anzi alcuni materiali di questa costruzione furono riutilizzati per altri edifici cittadini. In particolare alcuni materiali furono utilizzati per sistemare la piazza della Fonte, in tale occasione furono rinvenuti diversi reperti archeologici provenienti dall'antica città romana e finiti sul colle, nel medioevo, durante la costruzione della rocca. I ruderi della fortificazione furono acquistati dalla Curia e verso la metà del XVIII secolo fu ristrutturata la chiesa di Sant'Aldebrando, con la realizzazione di una canonica, assumendo l'aspetto odierno. Durante tali lavori furono riutilizzati altri materiali della vecchia rocca. I resti dell'edificio rimasero abbandonati fino agli anni sessanta del XX secolo, quando un gruppo di giovani volontari iniziò i primi scavi per liberare le murature restanti dalle macerie e dai detriti della demolizione cinquecentesca. L'attività di questi giovani portò le istituzioni competenti (Comune e Soprintendenza) ad attivarsi per i primi interventi di recupero. Gli scavi effettuati negli anni 1968-1971 presso la rocca, hanno riportato alla luce i muri di scarpa del lato occidentale, la base del torrione crollato a est e la parte sepolta del "caput carenato" con le feritoie per il tiro radente, le sale voltate, i servizi ed i cunicoli di collegamento. Nel 1972 i ruderi della rocca furono acquistati dal Comune. La costruzione si presenta con una pianta a forma di testuggine, quadrilatera con quattro torrioni angolari (per quello di sud-est resta solo il perimetro delle fondazioni) più il mastio o caput. Non ha una pianta regolare perché forse nella costruzione si badò a porre le fondazioni dei torrioni nei punti rocciosi del terreno, più solidi ed elevati. L'edificio costituisce un'importante testimonianza dell'arte fortificatoria di transizione tra medioevo e rinascimento, con i torrioni settentrionali, a pianta poligonale, risalenti probabilmente al periodo tra il XIII ed il XIV secolo, mentre il torrione di sud-ovest presenta una pianta esagonale e probabilmente fu fatto ricostruire dal duca Federico da Monteltro sul finire degli anni quaranta del XV secolo, anche come punta avanzata della difesa. Ma la vera innovazione è rappresentata dal caput martiniano, per la complessità della struttura architettonica rispetto alla relativa semplicità della struttura della rocca; pensato come una struttura autonoma dalla fortezza (pur essendo attaccato ad essa), senza collegamenti diretti tra le due parti e con una propria cisterna d'acqua sotterranea, distinta da quella del resto del complesso. Il mastio si svillupava su tre piani con gli ambienti concentrati nel collo, tra il puntone (in gran parte terrapieno) e la rocca, dove si trovavano anche le feritoie per le armi da fuoco, sui fianchi del collo e sul tratto di mura prossimo all'angolo tra il collo e le murature della rocca. Le feritoie erano di due tipi, alcune ampie permettevano di piazzare più persone su due livelli, altre piccolissime, dette a chiave. Sul piano più alto probabilmente vi erano le macchine da guerra ed i depositi di munizioni e polvere da sparo, invece i due piani sottostanti avevano una similare distribuzione degli ambienti interni, composti da poche stanze (solo nella parte centrale del collo) e molti cunicoli voltati a botte, con ampi spessori murari. Il piano terra era destinato ad alloggiamenti delle truppe, oltre a due celle per i prigionieri con accesso dal piano soprastante tramite il soffitto; invece il primo piano presentava ambienti provvisti di camini il che fa pensare potesse essere la residenza del castellano, il quale poteva tenere sotto controllo quattro direzioni, sia la rocca (essendo il mastio la torre principale della fortificazione) sia la città sottostante (essendo il caput in una posizione molto protesa verso di essa), ma anche i fianchi tramite le feritoie e il piano sottostante tramite aperture sul pavimento. I piani del caput erano collegati da due vani scale, pensati per essere usati anche a cavallo, situati sul lato orientale del collo. Nel piano terra vi era un piccolo corridoio che attraversava il puntone fino alla suo vertice estremo, dove vi era un'apertura per chiamare eventuali soccorsi. La porta di accesso alla rocca doveva trovarsi probabilmente sul lato occidentale, ora l'accesso a ciò che resta della parte interna è da est. La rocca era provvista anche di un cunicolo di fuga, il cui accesso doveva trovarsi vicino al torrione nord-orientale, ma non è più possibile rintracciarne il tracciato. Le murature della rocca sono in pietra calcarea locale, proveniente dalle cave delle vicine Cesane o del Furlo (materiale molto apprezzato da Francesco di Giorgio), di piccolo taglio, in origine erano intonacate sia esternamente che internamente. All'interno dei resti del recinto murario si trova la chiesa di Sant'Aldebrando con annessa canonica, davanti all'ingresso della chiesa vi è un pozzo collegato alla grande cisterna della rocca. Il complesso, per la sua tecnica edilizia così avanzata, costituì un importante caposaldo nel sistema difensivo del ducato di Federico da Montefeltro. Anche per la favorevole posizione strategica, che fece la fortuna anche della stessa città di Fossombrone, rendendolo un centro molto conteso. Altri link consigliati: https://www.youtube.com/watch?v=daptzSyQS-I (video con drone di Gabbyfly), https://fondoambiente.it/luoghi/rocca-malatestiana-feltresca?ldc (foto varie), https://www.youtube.com/watch?v=Azl0ux0MReo (video con riprese aeree di Enrico Barbaresi)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Rocca_di_Fossombrone, https://www.iluoghidelsilenzio.it/rocca-malatestiana-di-fossombrone-pu/, https://www.lavalledelmetauro.it/contenuti/beni-storici-artistici/scheda/5452.html

Foto: la prima è presa da https://www.italia-italy.org/loc12187-cosa-vedere-fossombrone/la-rocca-malatestiano-feltresca-fossombrone, la seconda è una cartolina della mia collezione