martedì 29 giugno 2021

Il castello di martedì 29 giugno


FIVIZZANO (MS) - Torre in frazione Moncigoli

Il primo documento in cui viene citato il nome di Moncigoli riguarda il suo Castello e porta la data del 1078. Questo è l'atto relativo all'incastellamento di Soliera ed è stipulato tra il Vescovo di Luni, Guido II, e Rodolfo di Casola del ramo dei Bianchi d'Erberia. Il 29 luglio 1185 le ville di Moncigoli, Agnino e Ceserano ed il castello di Soliera vennero concessi al vescovo di Luni con diploma dell'imperatore Federico I. Si può sicuramente pensare che esistesse anche una comunità che abitava nel castello, e questa doveva essere abbastanza grande ed importante perché si trovano atti di diversi notai in Lunigiana che provenivano da Moncigoli, come Benvenuto (1201), Nicolosio (1250), Gerardo (1250), Buonaguido (1306), Guglielmo di Gio (1330). Anche il castello di Moncigoli, come quello di Ceserano è totalmenete scomparso. Sorgeva dove si trova ora il paese, alla destra del torrente Rosaro, su di un poggio a dominio della strada che conduceva a Modena. Si trova nominato in un documento del 10 settembre 1232. Il castello si trasformò poi in villaggio, perdendo ogni funzione difensiva. Oggi rimane a testimoniare il suo antico passato una torre inglobata nelle mura del paese, nei pressi della chiesa di Santa Maria Maddalena.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Moncigoli, https://www.terredilunigiana.com/castelli/castellomoncigoli.phpm

Foto: scattata dal sottoscritto durante la visita sul posto dello scorso 19 giugno

lunedì 28 giugno 2021

Il castello di lunedì 28 giugno

 



                                       

CONTA' (TN) - Castel Corona

E' un castello medievale ormai in rovina che si trovava nel non più esistente comune di Cunevo. È uno dei castelli più singolari del Trentino: come Castel San Gottardo è stato costruito all'interno di una rientranza della parete rocciosa sbarrandone l'imbocco verso valle con delle mura. E' una fessura nella roccia, una "corona" (secondo il termine dialettale che sta a indicare una grande caverna); è un' emozionante muraglia di pietre alta una ventina di metri per trenta di lunghezza, dotata di feritoie. Un camminamento di ronda collega questo corpo principale ai resti di una torre quadrangolare. All’interno della grotta si trova la cisterna per la raccolta dell’acqua piovana scavata a scalpello nella roccia. Probabile riparo già in epoca preistorica (Età del Bronzo), trova le prime certe citazioni a partire dal XIII secolo (fu costruito in quel periodo per scopi puramente difensivi, vista la particolare conformazione adatta a proteggersi da assedi). Questa poco frequente tipologia, nel Trentino, si caratterizza per uno scopo squisitamente militare, perchè permetteva di essere abbandonato senza incertezze non appena la situazione politica lo consentiva. Tipologicamente il castello rientra nella categoria dei cosiddetti “castelli in grotta”, “castelli-caverne” o Höhlenburgen. In Trentino Alto Adige ne sono documentati altri otto, tra i quali - come detto - San Gottardo, sopra Mezzocorona e Cóvelo del Rio Malo, nel comune di Lavarone. L'abitabilità, divisa su tre piani e povera di agi, non fu continuativa; durò comunque fino non oltre il Cinquecento. Del castello oggi sono visibili solo i ruderi. Appartenne dapprima agli Enno, a cui venne concesso dal vescovo di Trento Federico Vanga il diritto di costruire una fortezza, come attestato dalla prima fonte documentaria risalente al 1217. Il castello passò in seguito ai Flavon. Nel 1415 gli Sporo lo assediarono e se ne impossessarono, nel 1490 divenne proprietà degli Sapur, poi della famiglia Thun. Con l´avvento di un periodo di stabilità politica, la posizione fortificata perse importanza e venne abbandonata dopo il XVII secolo, cadendo velocemente in rovina. Nel 2003 è stato oggetto di un approfondito restaurato ad opera del comune.È raggiungibile tramite un sentiero che parte dal paese di Cunevo. Altro link consigliato: https://www.lifeintravel.it/castel-corona-antica-fortezza-val-di-non.html

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Corona, https://www.comune.conta.tn.it/Territorio/Cosa-visitare2/A-Cunevo/Castel-Corona, http://www.castellideltrentino.it/Siti/Castel-Corona

Foto: la prima è presa da https://www.pnab.it/poi/castel-corona/, la seconda è presa da https://www.lifeintravel.it/castel-corona-antica-fortezza-val-di-non.html

domenica 27 giugno 2021

Il castello di domenica 27 giugno




MONTOTTONE (FM) - Cinta muraria e Torrione San Giovanni

Montottone è uno tra i più importanti castelli fondato intorno al 1000 da un certo Attone, si trova nella marca fermana di cui per un decennio ne fu la capitale. Fino al secolo XV ebbe la denominazione di Mons Actonis (Monte di Attone), sostituita poi con quella odierna di Montottone. Possesso di signori locali, fu donato da Celestino III ai monaci benedettini (1191). Nel 1221 il patriarca di Aquileia cedette a Pietro IV, vescovo fermano, il castello di Montottone in feudo. Nel 1397 i montottonesi si ribellarono contro il Comune di Fermo; nel 1405 passarono sotto il dominio di Ludovico Migliorati da Sulmona e nel 1415 vennero assediati dal Malatesta di Cesena. Dopo la morte del Migliorati si assoggettarono al Rettore della Chiesa della Marca e nel 1433 il dominio passò a Francesco Sforza. Nel 1537 Pier Luigi Farnese, tolto il governo a Fermo, costituì a Montottone lo Stato Ecclesiastico in Agro Piceno sotto il governo del cardinale Ranuccio Farnese. In esso si riunirono tutti i castelli soggetti a Fermo e il paese, per ben dieci anni, fu residenza dei vari governatori che si susseguirono. La supremazia su tutti i castelli vicini diede a Montottone lustro e benessere. Restituito a Fermo nel 1575, tornò definitivamente alla Santa Sede nel 1606. Testimoni dell’importante passato sono i resti delle poderosa mura castellane (disposte a ferro di cavallo attorno ad uno spazio centrale) entro le quali il paese è rimasto pressoché immutato, su cui spicca il torrione d'ingresso, detto di Porta Marina, il principale accesso al paese che lo connetteva alla città di Fermo attraverso la via Grande conservatosi integro nella sua configurazione medievale fino a tutto il secolo XVIII. Fuori le mura è invece il torrione San Giovanni. Altri link suggeriti: https://www.alisei.net/borghi/montottone.html, https://www.youtube.com/watch?v=dnMnkwFtSBM (video di Marca Fermana)

Fonti: https://www.sapere.it/enciclopedia/Montott%C3%B3ne.html, http://www.montottone.eu/cenni-storici/, https://www.habitualtourist.com/montottone(capoluogo), http://cst.comune.fermo.it/default.aspx?menuid=1845, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Marche/fermo/provincia000.htm#montottonk, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Marche/fermo/provincia000.htm#montottontor

Foto: la prima è presa da https://www.marcafermana.it/it/95/b124da/16/, la seconda è presa da https://www.mondimedievali.net/Castelli/Marche/fermo/montotton01.jpg ; infine la terza (relativa al torrione San Giovanni) è di Marca Fermana su https://nl.pinterest.com/pin/461478293041160117/

venerdì 25 giugno 2021

Il castello di sabato 26 giugno




SERRAVALLE PISTOIESE (PT) - Torre longobarda

Già il toponimo "Serravalle" fa capire quale era la posizione strategica occupata dal castello fin dalla sua origine: a dominio del passaggio obbligato posto fra le alture ai piedi del Monte Albano che separano la valle dell'Ombrone dalla Valdinievole. Da qui, sicuramente già ai tempi dei romani, passava la principale via di comunicazione fra Pistoia e Lucca, proseguimento da Firenze della via consolare Cassia. Anche durante tutto il medioevo questa strada mantenne elevata la sua importanza facendo del castello di Serravalle il fulcro di tutto il sistema difensivo della zona grazie alla presenza delle due Rocche, la Vecchia a sud-est verso Pistoia e la Nuova a nord-ovest verso la Valdinievole. La data della nascita del castello non è certa anche se nel 1128 già esisteva il borgo fortificato sotto il controllo pistoiese e che nel 1148 gli abitanti di Serravalle, alleatisi segretamente con Lucca, cercarono senza fortuna di sottrarsi a questo dominio. A cavallo fra il XIII e il XIV secolo furono frequenti le lotte con la vicina Montecatini per ragioni di confine, fino alla pace siglata nel 1223. Tutti i fatti bellici di questi anni interessavano la Rocca Vecchia, all'epoca l'unica esistente. Nel 1302 i Lucchesi, temporaneamente entrati in possesso della roccaforte, fecero costruire, sotto la supervisione di Uguccione della Faggiola, nuove fortificazioni sul lato della Valdinievole. Queste presero il nome di "Rocca Nuova", di cui parleremo in seguito sul blog. Tutto il borgo era racchiuso da un'irregolare circuito murario che univa le due rocche. Della più antica, ad ovest nel punto più alto dell'abitato, resta oggi la bellissima torre longobarda a pianta quadrata, fra le più alte della zona e recentemente restaurata, una seconda torre è divenuta il campanile della chiesa di Santo Stefano ma purtroppo il recinto fortificato è andato quasi totalmente perduto. Comunemente ma impropriamente detta anche "del Barbarossa", la torre longobarda è alta 42 metri, edificata in pietra calcarea bianca in conci regolari su base quadrata. Non si conoscono i motivi della denominazione, visto che non esiste attualmente nessun cenno storico che metta in relazione il Barbarossa ai fatti storici avvenuti in questa località. A parte la tradizione orale popolare, non esiste nessuna certezza storica che questa torre sia stata costruita alla fine del VI secolo a opera dei Longobardi, dopo che gli stessi con il loro re Agilulfo erano riusciti (593) a sfondare il Limes bizantino posto proprio nella zona di Serravalle a protezione del territorio di Pistoia, Fiesole, Firenze e tutta l'alta Tuscia. La torre è posizionata in un importante punto strategico sul colle prospiciente il passo che dalla Valdinievole porta nella piana pistoiese-fiorentina. Dalla sua cima si poteva controllare sia tale vallata, fino a Firenze, sia tutta la pianura della Valdinievole, arrivando fino a Lucca e al mare. Qualsiasi esercito marciasse verso di essa poteva essere individuato con giorni di anticipo e da quell'altezza potevano essere controllate anche le altre torri del circondario, per esempio quelle di Fucecchio e Monsummano Alto, e altre ancora più lontane, permettendo di effettuare segnalazioni luminose per rimanere in comunicazione con esse. Nell'anno 1140 vennero costruiti da parte della città di Pistoia la torre fortificata (edificata in pietra calcarea bianca in conci regolari, a sezione quadrangolare) e il perimetro delle mura, posta sul versante est del colle in direzione e in vista di Pistoia. Nacque così il castello vero e proprio di Serravalle Pistoiese, baluardo di difesa contro i nemici che provenivano dalla costa e cancello d'ingresso per tutte le persone e merci che dalla Valdinievole giungevano verso il comune pistoiese. Obbligatoriamente chiunque volesse entrare doveva passare dalla Porta della Gabella, porta principale del castello, così denominata per il dazio che occorreva pagare per entrare nel libero comune di Pistoia. Delle antiche mura della Rocca Vecchia oggi restano poche tracce, tra cui resti della recinzione muraria e una porta d'ingresso al castello e alla rocca stessa, tuttora ben visibili. La porta d' ingresso alla torre si trova a 5,20 m di altezza da terra. Interessanti sono le disposizioni che ne regolavano la sorveglianza contenute negli Statuti del XII secolo e che sottolineano l' importanza della funzione di mastio e di guardia svolta dalla torre: il custode preposto alla sua sorveglianza era scelto tra i cittadini pistoiesi di censo piuttosto elevato e, durante i quattro mesi del suo incarico, non poteva uscire dalla torre. La porta veniva infatti sbarrata dall' esterno e nessuna costruzione poteva essere costruita nello spazio circostante compreso tra la Porta della Castellina e la casa del comune. I primi interventi di restauro da parte della Soprintendenza di Firenze risalgono agli inizi del Novecento. L' aggravarsi delle condizioni statiche della torre hanno portato a un complesso intervento di consolidamento, durato dal 1991 fino a metà degli anni Novanta, sotto la direzione dell' ingegnere Luciano Marchetti. Tale intervento ha permesso la realizzazione della scala interna che conduce alla sommità della torre e permette di osservare la piana di Pistoia e la Valdinievole ripercorrendo i passi del custode della torre. Altri link: https://youtu.be/LlWkInE7rSk e https://www.youtube.com/watch?v=7VzxSt6_iu4 (entrambi i video del Comune di Serravalle Pistoiese), https://www.girandolina.it/serravalle-pistoiese-visita-al-piccolo-borgo-medievale-delle-torri/, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Toscana/pistoia/serravalle.htm#vid

Fonti: https://castellitoscani.com/serravalle/, https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_longobarda_(Serravalle_Pistoiese), https://www.qualcosadafare.it/25670, https://www.visititaly.it/info/1264140-torre-del-barbarossa-serravalle-pistoiese.aspx

Foto: tutte realizzate dal sottoscritto in occasione della visita dello scorso 18 giugno, durante la quale ho potuto visitare la torre al suo interno ed ammirare il vasto panorama (solo in minima parte documentato nella terza immagine) che si gode dalla sua cima.

Il castello di venerdì 25 giugno



PIANELLO VAL TIDONE (PC) - Rocca Dal Verme

La presenza di un primo castello a Pianello è testimoniata all'interno di alcune cronache locali le quali riportano che esso venne raso al suolo nel 1164 da parte dei soldati dell'imperatore Federico Barbarossa. Durante la parte terminale del XIV secolo il duca di Milano Gian Galeazzo Visconti concesse la zona di Pianello a Jacopo Dal Verme, che già vantava tra le proprie proprietà la vicina rocca d'Olgisio (https://castelliere.blogspot.com/2017/02/il-castello-di-mercoledi-8-febbraio.html) e Bobbio (https://castelliere.blogspot.com/2021/06/il-castello-di-mercoledi-9-giugno.html). La decisione della costruzione della rocca è generalmente attribuita allo stesso Jacopo Dal Verme. A seguito della morte di Jacopo, avvenuta nel 1422, sorse una diatriba tra il figlio di questi, Luigi, e il condottiero Niccolò Piccinino poiché entrambi sostenevano che la zona di Pianello, comprendente la fortificazione, facesse parte delle loro investiture; la questione venne risolta a favore della famiglia Dal Verme da parte di una commissione che era stata appositamente istituita dal duca di Milano. Nel 1485 Pietro Dal Verme, figlio di Luigi, morì, probabilmente avvelenato per volontà di Ludovico il Moro, con il quale erano sorte diverse incomprensioni a causa dei metodi di governo impiegati dal duca. L'intero stato vermesco tornò quindi nelle disponibilità del duca di Milano, il quale nel 1486 concesse la zona pianellese a Galeazzo Sanseverino. Negli anni seguenti Pianello e la rocca cambiarono più volte di mano: i Dal Verme riuscirono a riottenere i beni che gli erano stati privati, tuttavia nel 1499, a seguito della discesa in Italia delle truppe francesi, essi furono concessi dal comandante delle truppe francesi Gian Giacomo Trivulzio a Bernardino Da Corte che aveva svolto un ruolo chiave nella presa di Milano da parte delle forze francesi. Nel 1516, dopo che Bernardino Da Corte si era suicidato, il re di Francia Francesco I concesse Pianello ai Sanseverino, che la mantennero fino al 1521 quando la famiglia Dal Verme, sfruttando l'abbandono di Piacenza da parte delle truppe francesi, ne recuperò il possesso. All'interno dell'edificio morirono nel 1544 il conte condottiero Giacomo Michele Dal Verme e sua moglie Camilla Valenti Gonzaga, sconvolta dal dolore per la morte del consorte. La famiglia Dal Verme mantenne il possesso della rocca fino al 1646 quando, a seguito della scomparsa del conte Federico Dal Verme il ramo famigliare si estinse e la proprietà fu avocata dalla Camera Ducale farnesiana. Durante il XVII secolo il castello fu oggetto di una serie di interventi voluti dalla famiglia Dal Verme che portarono alla sua trasformazione a scopo abitativo. Dopo aver ospitato una quadreria nel corso dell'Ottocento, la rocca è divenuta di proprietà del comune di Pianello Val Tidone, venendo adibita a sede del municipio. Il complesso, fortemente cambiato nell'aspetto e nella struttura a seguito dei lavori realizzati durante il Seicento, presenta una forma irregolare caratterizzata dalla presenza di diversi corpi di fabbrica con uno sperone angolato posto sul fronte settentrionale. Il fortilizio primitivo poggia su due volte a botte costruite in pietra, ha un perimetro quadrato con lato di circa undici metri ed è sostenuto da possenti mura che misurano alla base circa un metro e mezzo di spessore. È da queste mura che gli abitanti di Pianello avranno probabilmente tentato di difendersi prima dalle truppe dello Svevo Federico I Barbarossa (1164), poi da quelle di re Enzo (1244), figlio dello Svevo Federico II. Le mura esterne, realizzate con ciottoli di torrente e sasso, si caratterizzano come piuttosto scarpate sotto alla cordonatura. L'irregolarità della struttura deriverebbe dall'ampliamento, negli ultimi anni del Medioevo, dell'originaria costruzione con la costruzione di un corpo di fabbrica di dimensioni maggiori della costruzione originaria, rispetto alla quale il corpo di fabbrica più recente si trovava fuori asse, probabilmente per la necessità di seguire la morfologia del terreno, situato a breve distanza dal corso del torrente Tidone. Il corpo più antico, invece, basato su una coppia di volte a botte realizzate in pietra e caratterizzato da mura spesse circa 1,5 m., presenta una struttura a base quadrata il cui lato misura circa 11 m. Da esso deriva l'usanza locale di appellarsi alla rocca chiamandola Turón, ovvero torrione. La rocca, restaurata negli anni ’90, è sede del Comune e del Museo Archeologico della Val Tidone (http://www.museoarcheologicovaltidone.it/), sito nelle sale ricavate nei sotterranei e di un ostello per la gioventù al piano più alto. Altro link suggerito: https://www.youtube.com/watch?v=tzAp_HnDptY (video di Annifrid Elle)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Rocca_di_Pianello_Val_Tidone, testo di Super User su http://www.pianellovaltidone.net/turismo/luoghi-da-visitare-in-val-tidone/207-rocca-qdal-vermeq-di-pianello-val-tidone,

Foto: entrambe del mio amico (e inviato speciale del blog) Claudio Vagaggini su https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/?tab=album&album_id=10157783358670345

giovedì 24 giugno 2021

Il castello di giovedì 24 giugno



VETRALLA (VT) - Castello di Campo Giordano

“Un castrum utilizzato dai romani come avamposto per penetrare e conquistare le terre degli etruschi. Un luogo strategico da cui consolidare e proseguire la conquista dei territori etruschi. Una zona importante che aveva una funzione militare di controllo territoriale e di punto propulsivo. Un castrum romano sui cui resti è poi sorto il Castello di Campo Giordano a Vetralla”. È quanto emerge dal libro di Giuseppe Grassi, “Storia e misteri del Castello di Campo Giordano. Castrum, Limes e luogo di culto”. "Il Castello – prosegue infatti Giuseppe Grassi – ha continuato a svolgere un ruolo fondamentale anche nei secoli successivi all’epoca romana. Prima con una funzione militare, esigenza che ha portato infatti alla nascita del Castello di cui si rintracciano ancora i resti di due torri medievali. Poi con un ruolo di natura diplomatica, giocando una parte rilevante nelle trattative che porteranno alla conquista dei territori americani. Infine come contea riconosciuta da Papa Benedetto XIII. Tante le famiglie nobili del passato che lo hanno abitato – conclude l’autore – dagli Orsini ai Conti Di Vico e Anguillara, da Papa Innocenzo VIII ai Farnese, dai Cybo ai Brugiotti fino alla famiglia Grassi”. “Il Castello – sottolinea Gaetano Platania, direttore del dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università degli studi della Tuscia e autore di una delle prefazioni alla pubblicazione di Giuseppe Grassi – ha avuto una serie di ristrutturazioni, come si evince dalla lettura del testo, e ciò che colpisce è proprio il ruolo che ha avuto con il passare dei secoli e pur mutando nei suoi aspetti è stato sempre polo strategico del suo contesto territoriale”. Il Castello di Campo Giordano che fu luogo di soggiorno, tra gli altri, di papa Alessandro VI Borgia. Qui potete trovare altre foto relative al castello: https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/?tab=album&album_id=10157781711635345

Fonti: http://www.tusciaweb.eu/2014/03/castrum-romano-campo-giordano/, https://www.osservatoreitalia.eu/vetralla-lo-storico-castello-di-campo-giordano-apre-le-porte-ai-visitatori/

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è presa da http://www.tusciaweb.eu/2014/03/castrum-romano-campo-giordano/

Il castello di mercoledì 23 giugno



BORGOMALE (CN) - Castello

Borgomale (Borgo delle Mele, secondo alcuni, Borgo di Adimaro, secondo altri frose dal nome di uno dei suoi fondatori), ha un territorio a forma molto allungata, attraversato per 10 km dalla Statale n. 29, e che da Ponte Mabuc, a nord, si estende fino alle rive del Belbo, a sud.Il piccolo centro storico poggia sulle rocce di tufo a ridosso del castello, e conserva la grazia e il fascino del caratteristico borgo medioevale. Nel paese ebbero signoria, a partire dal XII secolo i Marchesi del Vasto, i Marchesi di Ceva e Cortemilia e, in successione i Del Carretto di Gorzegno, i Della Chiesa, i Falletti, i Busca, i Rabino, i Prandi. Anche Francesco Sforza, invadendo nel 1431 le terre del Monferrato, si impossessò del castello di Borgomale. Con il trattato di Cherasco (1631) il feudo di Borgomale, unitamente ad altre 74 terre albesi, divenne possedimento sabaudo. L'antico castello, detto "delle cinque torri", fu costruito a partire dal 1429 dai Falletti di Alba sulle fondamenta di una precedente fortificazione del XII secolo. Le torri scomparvero nel corso dei secoli, così come subì profonde trasformazioni la facciata, in particolare nei secoli XVII e XVIII. La costruzione si erge su uno zoccolo a base poligonale: il corpo principale su cinque livelli e una rampa coperta a chiusura del cortile sono di realizzazione seicentesca. Interessante è la torre centrale, i cui diversi elementi a differenti livelli (finestre a diverse altezze, lunga feritoia per ponte levatoio, quattro mensole in pietra) testimoniano la complessa stratificazione di varie fasi costruttive. In età barocca venne costruita una scala esterna coperta, con affreschi di carattere architettonico e medaglioni con immagini di cavalieri. Tra i suoi ambienti, una sala d'arme, lo scalone d'onore, i saloni della Caminata e dell'affresco, il cammino di ronda. In luogo dell'attuale terrazza affacciata sulla valle del Berria, sorgeva una robusta torre. Il castello ospitò il pontefice Pio VII durante il suo viaggio verso la Francia, per l'incoronazione di Napoleone Bonaparte. Maestoso ma lugubre nel suo grigiore, l'edificio è ritenuto luogo dalla tragica leggenda medievale di Nella di Cortemilia, fanciulla bella e virtuosa che nacque in una torre del castello dove la madre, Adelaide, venne segregata per aver respinto il cognato conte Lionello, che si opponeva all’amore tra lei e suo fratello e marito legittimo Ulderico. Il castello è stato recentemente acquistato dal torinese Prof. Massara Giovanni che ha provveduto a curarne il restauro. Luogo residenziale dopo il passaggio di Borgomale a Casa Savoia (1631, pace di Cherasco), figura fra i "Castelli Aperti" del Basso Piemonte. Altri link suggeriti: https://www.centrostudibeppefenoglio.it/it/articolo/9-11-832/arte/architettura/castello-di-borgomale, https://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/borgomale-e-alta-langa-paesi-paesaggi-da-vedere_67478.shtml (video)

Fonti: http://www.comune.borgomale.cn.it/Home/Guida-al-paese?IDPagina=27925, http://www.comune.borgomale.cn.it/Home/Guida-al-paese?IDPagina=27935 https://it.wikipedia.org/wiki/Borgomale, https://langhe.net/sight/castello-borgomale/, https://www.langamedievale.it/monumenti-medievali-langhe/castello-di-borgomale/

Foto: la prima è presa da https://collacostruzioni.it/restauri/, la seconda è presa da https://langhe.net/sight/castello-borgomale/

martedì 22 giugno 2021

Il castello di martedì 22 giugno



FARRA DI SOLIGO (TV) - Torri di Credazzo in località Col San Martino

Le Torri di Credazzo sono un complesso fortificato posto in posizione sopraelevata rispetto al sottostante Quartier del Piave, sorgendo su un'altura di mezzacosta a 308 m. s.l.m. Prendono il nome dalla vicina borgata di Credazzo, toponimo a sua volta derivante da creda, "creta", in riferimento alla natura argillosa del territorio. Il feudo di Credazzo costituiva uno di punti strategici dell'agguerrito sistema difensivo che caratterizzava tutta la fascia collinare. La storia più antica del fortilizio resta in gran parte oscura. Sarebbe stato edificato tra il IX e il X secolo durante le invasione degli Ungari e faceva parte di un sistema difensivo molto articolato, che comprendeva, tra gli altri, i vicini castelli di Col San Martino e di Soligo. Costruttori furono forse i Collalto, conti di Treviso: lo proverebbe un diploma del 980, con il quale l'imperatore Ottone II aggiungeva alle proprietà della famiglia anche il territorio compreso tra i fiumi Soligo e Raboso. Il primo documento che cita esplicitamente Credazzo è però molto più tardo, del 1233. Allora la fortezza era da tempo controllata dalla famiglia da Camino, formando il centro di un piccolo feudo che comprendeva anche il borgo di Credazzo (l'antica Villa Credacii) e la chiesetta di San Lorenzo. Il complesso è legato alle vicende di alcuni degli esponenti più importanti dei Caminesi: qui nacque Guecellone VI, alleato di Ezzelino da Romano e padre di Tolberto III, marito della nota Gaia da Camino ricordata da Dante. Nel 1321 il castello venne messo all'asta e fu comprato da Rambaldo VIII di Collalto. Rambaldo morto nel 1324, non godette a lungo del possesso del castello che rimase comunque ai Collalto fino alla sua demolizione. Agli inizi del 1413, quando il Trevigiano era ormai parte della Serenissima, la fortificazione fu infatti distrutto dagli Ungari guidati da Pippo Spano e i Collalto non ebbero alcun interesse a ricostruirlo. Le antiche vestigia del castello nel tempo ispirarono diversi letterati tra i quali il solighese Quirico Viviani, autore di una leggenda pastorale ambientata tra le mura di Credazzo, in cui si legge: “Agnesina, pastorella del luogo, viene rapita all’amato Giacinto da Guecellone, signore di Credazzo. Giacinto, disperato, si reca di notte sotto le mura della torre in cui Agnesina è tenuta prigioniera. L’amata lo scorge e gli si getta dall’alto tra le braccia. I due rotolano abbracciati lungo la china scoscesa: divisi dalla vita si ritrovano uniti nella morte di cui l’amore è più forte”. Già a partire dal XVIII secolo le Torri vennero circondate da vigneti, oggi definiti storici, da cui prende il nome il prosecco CRU Torri di Credazzo della storica azienda vinicola Follador Prosecco. Dopo un lungo periodo di abbandono, negli anni '40 del Novecento gli edifici rimasti furono acquistati dalla famiglia Biscaro, per poi passare all'architetto Giovanni Barbin che ne ha curato il restauro trent'anni dopo. Il castello è ancora costituito da tre torri allineate in direzione nord-sud (un "mastio" a nord, una "casa torre" e una interessante "torre scudata a sperone" rivolta a sud), collegate fra loro da mura robuste che delimitano due cortili interni e sulle quali era possibile il passaggio delle sentinelle e della servitù. Esso corrispondeva quindi ad esigenze di signorile abitazione e di valida difesa: castrum et fortificia. All'interno della cinta si trovavano probabilmente costruzioni in legno che ospitavano la servitù. Nel 1988 il Circolo Vittoriese di Ricerche Storiche ha editato gli atti del convegno “Il Dominio dei Caminesi tra Piave e Livenza” tenutosi a Vittorio Veneto nel novembre 1985, in cui si legge: “… Nella complessa e singolare pianta della fortificazione di Credazzo spicca ad evidenza una torre della cortina che si protende a sprone verso la pianura; in essa il paramento murario è costituito con tecnica mista da una tessitura irregolare di pietre tufacee e da blocchi squadrati di arenaria che marcano elegantemente gli spigoli e le fenditure delle lunghissime saettiere. Ad esaltare il raffinato effetto cromatico delle murature del fortilizio si aggiungeva la fitta trama delle fugature in malta rosata sulle quali era ridisegnato col grassello di calce, a pennello, un reticolo simulante una orditura più regolarizzata delle pietre. Le fugature di malta profilate con il colore costituiscono una tipica scelta estetica nella consuetudine costruttiva medievale …”. Dal 2015 il complesso è di proprietà di una famiglia di imprenditori di Cordignano. A breve distanza sorge una chiesa dedicata a San Vigilio. Una leggenda vorrebbe che un passaggio segreto sotterraneo colleghi il fortilizio con il Montello, passando sotto il letto del Piave. Un'altra graziosa leggenda, e quasi tutti i castelli ne hanno una, tramandata verbalmente, è stata trascritta in un poemetto del 1869 che riportiamo integralmente come dal libro "Le Torri di Credazzo" di don Nilo Faldon : "Ad Ermano conte di Ceneda, indi ai suoi congiunti di Colfosco, passando con Sofia, unica erede, nella famiglia dei Caminesi, poscia a que' di Collalto, appartenne il Castello di Credazzo, che, costruito in vetta alla collina amena di Farra, fra quelli di Soligo e Col San Martino, era con essi ed altri parecchi anello alla serie dei castelli eretti a fronteggiare i nemici lungo la bella vallata del Piave. L'avvenimento, cui si accenna, è serbato dalla memoria del nostro popolo. Agnesina, orfana di madre, venne da Guecello rapita al canuto suo genitore. Giacinto suo fidanzato recavasi la notte e cantare sotto la torre del castello, di dove lanciatasi la perseguita fanciulla fra le braccia dello sposo, trovò, morendo eroicamente con esso, l'unica via di scampo che ancora le rimanesse". Altri link proposti: https://www.youtube.com/watch?v=p97ji9tVPp8 (video di song spin), https://www.latendatv.it/video/un_esco-con-cristina/un_esco-con-cristina-farra-di-soligo-il-baldacchin-e-le-torri-del-credazzo/ (video), https://www.caipievedisoligo.it/?attachment_id=873 (foto)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Torri_di_Credazzo, http://turismo.provincia.treviso.it/Engine/RAServePG.php/P/399410070300/M/399610070303/T/Torri-di-Credazzo, testo di Ingrid Feltrin Jefwa su http://ingridfeltrin.altervista.org/blog/le-torri-credazzo/, https://www.magicoveneto.it/trevisan/soligo/Torri-del-Credazzo.htm, http://www.undicigradi.com/medioevo-medievale/castelli-medievali/credazzo.htm

Foto: la prima è presa da https://tribunatreviso.gelocal.it/treviso/cronaca/2015/12/28/news/industriale-compra-le-torri-di-credazzo-1.12686905, la seconda è presa da https://tribunatreviso.gelocal.it/treviso/foto-e-video/2015/12/28/fotogalleria/le-torri-di-credazzo-faro-sulle-nuvole-1.12686784

giovedì 17 giugno 2021

Il blog si ferma


Cari amici del blog,

sto per partire per la Toscana e nel prossimo weekend conto di visitare diversi castelli in quella regione, in particolar modo nella Lunigiana. Riprenderò la pubblicazione di nuovi articoli al mio ritorno, per l'inizio della prossima settimana. Salutoni !!

Valentino

Il castello di giovedì 17 giugno



MAGIONE (PG) - Castello di Antria

Il castello, antico pagus romano, è ubicato sulla sommità di un colle a 373 metri sul livello del mare e appartenne nel Medioevo ai contadi Perugini di Porta Sant’Angelo e Porta Santa Susanna. Nel dicembre del 1185, quando l’insediamento compare per la prima volta nella documentazione scritta, in Antria deteneva proprietà la canonica perugina di S. Lorenzo. A quella data l’arciprete della cattedrale, magister Benetevolo, con il consenso dei canonici, confermava la cessione “per libellum emphiteosim” a terza generazione maschile e femminile ad Oderisio di Pietro di Ranuccio Blanci e al nipote Bonbarone, della metà di vari beni ubicati nella città e nel contado di Perugia; tra i luoghi in cui essi si trovavano, vi è anche Anteria. Compreso all’interno del territorio pertinente alla pieve di S. Maria di Mantignana, il nucleo abitato era ubicato sull’antico asse viario che da Perugia giungeva al Trasimeno e a Cortona connotandosi come nodo stradale di una certa importanza. In prossimità di Antria si distaccava infatti dalla Perugia-Trasimeno-Cortona una via alternativa che giungeva alla città toscana dopo aver interessato Caligiana, Pian di Marte (Lisciano Niccone-Passignano) e la Val di Pierle (Lisciano Niccone-Cortona), mentre un ramo di quest’ultima proseguiva alla volta dell’Umbria settentrionale dopo aver toccato la zona di Monte Murlo nel territorio dell’attuale comune di Umbertide. Nel 1258 era già dotato di una robusta cinta muraria ed è per questo che ben si comprende lo sviluppo fatto registrare dal nucleo abitato nel corso del secolo XIII, quando, nel 1282 vi si censirono 60 fuochi per una popolazione ipotetica che si aggirava intorno alle 300 unità. Al contrario del trend demografico generale, che nel secolo XIV si connota nella grande maggioranza dei casi per la contrazione subita a causa delle carestie e delle epidemie susseguitesi nel corso del Trecento, la popolazione di questo insediamento si accrebbe raggiungendo nel 1410 le 641 unità.
L’incremento demografico fatto registrare dalla comunità nel corso del secolo XIV, stabilizzatosi nella prima metà del successivo, nel 1456 si censirono in essa 122 fuochi, per un ipotetico numero di abitanti che andava oltre le 600 unità, contribuì in maniera determinante alla costituzione di una pieve o parrocchia autonoma. Fu nel 1448, infatti, che il vescovo perugino Giovanni Andrea Baglioni autorizzò l’erezione del fonte battesimale nella chiesa di S. Rocco e S. Antonio Abate di questo insediamento poi, tra il 1584 e il 1587, trasferito nella chiesa di S. Michele Arcangelo di Collesanto. Il castello fu più volte coinvolto nelle vicende belliche, infatti nel 1260 fu gravemente danneggiato dalle continue incursioni di fuoriusciti perugini e di soldati mercenari fra cui l’arrivo nel territorio perugino della compagnia di ventura inglese di Giovanni Acuto (John Hawkwood) nel 1364. Nel 1426 si arrese a Braccio Fortebracci da Montone che proprio nel castello ricevette gli ambasciatori perugini Sacco Saccucci, Andrea di Guidarello, Andrea Guidoni e Cianello d’Alfano Alfani. In quell’anno fu chiamato a ricoprire la carica di notaio Guilielmus ser Antoni di Antria al seguito del Podestà perugino Michele di Vanni Castellani di Volterra. Nel 1479 fu occupato dai fiorentini ma venne subito ripreso da Perugia. Il pozzo che si trova all’interno del fortilizio, ultimato nel 1496, fu finanziato dal governo Perugia nel 1488 quando, per la sua realizzazione, vennero stanziati 30 fiorini d’oro. Nel 1567 il cardinale Bernardo Salviati generale delle galee dell’Ordine di Malta invitò i Priori perugini a non gravare di tasse il castello già sottoposto a giurisdizione della Badia di Magione. La comunità ebbe un costante e rapido decremento a partire dalla metà del ‘700 tanto da arrivare nel secolo successivo a poco meno di 50 abitanti. Il 22 aprile del 1798, dopo la proclamazione della Repubblica Romana, alcuni abitanti del castello si unirono ai ribelli comandati da Antonio Brugiapelo, detto “Broncolo“, di Passignano che aveva radunato un piccolo esercito controrivoluzionario, marciando alla volta di Perugia, dove furono respinti dalla Guardia Civica. Nell’800 quasi tutto il borgo apparteneva ai Massini. Il castello mantiene ben conservata gran parte della cinta muraria con l’eccezione della parte nord-est; la porta di accesso è sovrastata da beccatelli e una torre mozza oggi adattata a campanile dell’adiacente chiesa. Rimangono delle torri perimetrali fra cui una a base quadrata accanto alla porta e una cilindrica, da poco restaurata, nella parte est; caratteristico anche il possente fabbricato fra la porta e la torre est. All’interno le abitazioni sono disposte lungo l’asse viario centrale con piccoli e stretti vicoli spesso voltati che da questo si dipartono ortogonalmente; ben conservati i due pozzi medievali nella parte alta dell’abitato. Altri link suggeriti: https://m.facebook.com/Antria-440297509446466/, http://www.magionecultura.it/default3.asp?active_page_id=168&idL=10

Fonti e foto: tutto il materiale è preso da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-antria-magione-pg/

Il castello di mercoledì 16 giugno



FIVIZZANO (MS) - Castello di Aiola

Il borgo di Aiola storicamente seguì le vicende del capoluogo, con il dominio dei marchesi Malaspina e della Repubblica Fiorentina e rivestì un ruolo importante nella valle, con un castello e un eremo dedicato a San Giorgio, oggi in rovina. Il castello sorge su uno sperone roccioso, a circa 500 metri di altezza, che dal monte San Giorgio va a chiudere la valle del Lucido in direzione di Vinca, sorvegliando i due rami del torrente Lucido, quello di Vinca e quello di Equi Terme. Ci sono poche notizie documentarie, tanto che neppure se ne conosce il nome preciso; per tradizione si fa riferimento a esso come "Castellaccio", termine andato a designare tutta l'area intorno a questa fortificazione. Il castello, dotato di una cinta muraria così ampia da poter contenere un intero borgo, si trova in una posizione strategica tale da controllare i collegamenti sia di fondovalle che di crinale nella valle del torrente Lucido, collegamenti tra questa parte della Lunigiana e l'area di Massa. La sua struttura architettonica lo fa datare intorno alla seconda metà del XV secolo: potrebbe quindi essere collegato alla lenta ma inesorabile penetrazione dei Fiorentini in Lunigiana, che si abbinò alla costruzione di varie opere fortificate per presidiare i territori di nuova conquista. Era dotato di una cortina muraria merlata e di almeno una torre cilindrica di avvistamento, già in stato di rudere nel XVIII secolo. All'interno della cinta muraria, dotata di due porte voltate, ci sono vari resti di edifici, il maggiore dei quali è a due piani e presenta murature perimetrali merlate. La presenza di troniere, feritoie per archibugio, tende ad assegnare al secolo XV la realizzazione della fortificazione. Nella parte verso il fondovalle del circuito murario sono state trovate murature realizzate con tecniche e materiali diversi dalla parte restante dell'opera: questo ha fatto supporre la preesistenza di fortificazioni o di edifici, successivamente inglobati nelle mura tardomedievali. In seguito ad un intervento di ripulitura che il Comune di Fivizzano ha realizzato con il contributo del Parco Regionale delle Alpi Apuane e la collaborazione e sostegno di Legambiente e della locale sezione del CAI, il castello è progressivamente riemerso alla vista dal bosco di lecci che lo aveva avvolto dopo l’abbandono. Oggi è visitabile l’intera area attraverso un percorso attrezzato con pannelli illustrativi bilingue e un punto panoramico con bellissima vista sulla Lunigiana. Il bassorilievo in marmo raffigurante San Giorgio che uccide il drago posto sopra la chiesa di San Maurizio ad Aiola proviene molto probabilmente dall'antica cappella del maniero, la cappella di Corvara, prima di transitare anche dal vicino eremo di San Giorgio. Altri link suggeriti: http://www.escursioniapuane.com/itinerari/itinerario.aspx?Id_Itinerario=324 (foto varie), https://youtu.be/fiLFh1yAmfc (video di Bruno Monego)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Aiola, https://visitlunigiana.it/il-castello-di-aiola-un-tesoro-ritrovato/, https://www.terredilunigiana.com/castelli/castelloaiola.php, https://www.terredilunigiana.com/borghi/borgoaiola.php

Foto: la prima è presa da https://visitlunigiana.it/il-castello-di-aiola-un-tesoro-ritrovato/, la seconda è presa da https://www.lunigianasostenibile.it/2021/01/31/il-castello-nel-parco/

martedì 15 giugno 2021

Il castello di martedì 15 giugno



CRESPELLANO (BO) - Torre dei Cattanei o Villa Stagni

Posta in cima a un colle, in splendida posizione panoramica che insieme rivela le originarie funzioni difensive dell'edificio, le sue origini sembrano essere ben documentate: così come attesta un'iscrizione murata in facciata, esso fu costruito nel 1474 da Eliseo Cattanei. La notizia è confermata da una seconda iscrizione in cui si leggono le parole "Tugurium Elisei De Cataneis". Stando a questi dati, la Torre Cattanei si qualifica come una delle più antiche dimore del Comune di Crespellano. Come l'edificio doveva presentarsi alcuni secoli più tardi, più precisamente nel tardo Settecento, ci viene documentato da due disegni e da una descrizione dell'Oretti, che intorno al 1770 scrive: "Di bel disegno come una antica fortezza con bella torre, merlato, tutto con fosse d'acqua attorno". Pochi anni più tardi, intorno al 1781, le parole di Marcello Oretti sono confermate dal Calindri, che così descrive l'edificio: "una magnifica antica fabbrica di un palazzo fortificato con merli e torre agli angoli con fossa d'intorno all'uso militare del XV secolo". Da Pantasilea Cattani la villa-fortezza e i terreni adiacenti furono lasciati in eredità al nipote, il conte Giovanni Calderini e dopo la morte di questi passarono ai Padri di San Giovanni in Monte. In epoca napoleonica, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi e alla confisca dei loro beni, l'intera proprietà fu acquistata dagli Stagni, che ancor oggi ne detengono il possesso. Nel corso dell'Ottocento, probabilmente nella seconda metà del secolo, furono intrapresi i lavori che trasformarono l'antica fortezza in residenza, assecondandone la funzione di fulcro dell'attività agricola svolta nei terreni di proprietà. Furono colmati di terra i fossati esterni, evidentemente non più confacenti alle esigenze dell'epoca e, come sembrano testimoniare i disegni settecenteschi dell'Oretti, fu demolito il corpo centrale dell'antica struttura, al posto del quale venne ricavata una corte con pozzo e costruito un nuovo edificio in stile neogotico. Poco distante dalla villa si trova l'oratorio di San Michele Arcangelo, che un tempo ebbe la funzione di parrocchia. La Torre Cattanei, idealmente, è sempre a guardia di Crespellano. anche se il capoluogo stesso ha la sua torre secolare, tradizionalmente chiamata Bentivoglio. edificata alla fine del secolo XVI. Oggi tappa irrinunciabile della rassegna musicale Corti Chiese Cortili, villa Stagni rimane sempre uno dei luoghi più suggestivi del territorio.

Fonti: testo di Silvia Rubini su https://www.comune.valsamoggia.bo.it/index.php/cosa-vedere-itinerari-in-valsamoggia/93-vivere-valsamoggia/897-torre-cattanei-villa-stagni, http://www.appenninobolognese.net/apbo/index.cfm?event=scheda&qpTemaID=0&qpTAS3=20212&qpGEO2=0&qpNEWS_ID=10198&qpParolaChiave=&qpPeriodoID=0&qpOrderBy=&qpRowNro=6, http://web.map2app.com/Fuori-Bologna/it/Crespellano/Crespellano-Palazzi/TORRE-CATTANEI-E-VILLA-STAGNI/

Foto: la prima è presa da http://crespellanoville.blogspot.com/search/label/Torre%20Cattanei%20-%20%20Stagni%20%20%28Villa%29%20-%20Immagini, la seconda è presa da https://valsamoggia.net/crespellano-e-le-10-ville/

lunedì 14 giugno 2021

Il castello di lunedì 14 giugno

 



CASTRONOVO DI SICILIA (PA) - Castello

L’antico nome “Crastus” si trasformò, per la trasposizione della lettera “r”, in Castrus, e quindi Kassaro Kars-nub per gli Arabi, fino a divenire Castrum per i Normanni. Furono proprio i Normanni che sconfissero gli Arabi con il conte Ruggero, a rafforzare le mura della città costruendo due castelli. Ruggero fece erigere una cappella dedicata a San Giorgio, sulle cui vestigia sorse successivamente la chiesa di San Vitale. Sorsero anche i due nuovi borghi di Rabto e di Rakbiat, detto poi di S. Maria Bagnara; da questo nucleo sorse la nuova Castronovo. Durante il periodo della guerra del Vespro, Castronovo assunse un ruolo fondamentale. Federico II d’Aragona, battuti gli Angioini a Caccamo, a Corleone ed a Sciacca, nel 1302 costituì il suo quartier generale a Castronovo, iniziando le lunghe trattative che dovevano portare alla pace di Caltabellotta, sancita il 24 agosto del 1302, concludendo così la lunga guerra del Vespro durata ben vent’anni. Castronovo divenne la sede principale di Federico. Durante la guerra del Baronaggio a Castronovo il 10 luglio 1391 nella chiesa di San Pietro, sulle sponde del fiume Platani, venne convocata la prima seduta del Parlamento del Regno Siciliano, per iniziativa di Manfredi Chiaramonte che aveva preso l’impegno con il legato del Papa Bonifacio IX di fare cessare le discordie interne alla Sicilia. Gli abitanti di Castronovo, nel corso dei secoli, si sono dimostrati gente forte e temeraria al punto di dover riacquistare per ben quattro volte il titolo di città demaniale, con notevoli sacrifici per non subire l’umiliazione del declassamento a città feudale. Il 10 luglio 1401 l’Università di Castronovo si diede un proprio statuto successivamente sanzionato dal re Martino. In esso erano introdotti i primi elementi del nostro Diritto Amministrativo in un regolamento municipale. Castronovo dal 1587 al 1812 fu capoluogo di Comarca ed alla sua giurisdizione appartenevano sette casali e ventisei feudi. L’insediamento medievale si trovava sul colle di San Vitale (750 m), una cresta rocciosa fortemente allungata in senso nord-sud, che sovrasta la parte del Platani nonché l’odierno paese. Quest’ultimo si è sviluppato, secondo un impianto ortogonale, lungo un asse stradale principalmente orientato verso il castello. Si tratta sicuramente dell’antica strada di collegamento con il castello, preesistente all’abitato moderno. Sulla sommità del colle sussistono i ruderi del castello e di diverse chiese. Si segnala in particolare la chiesa di San Giorgio (localmente chiamata del Giudice Giusto) a tre absidi decorate con affreschi di tradizione bizantina (staccati e ricollocati in una chiesa del centro abitato). Un altro sito di grande interesse archeologico nelle immediate vicinanze di Castronovo è la montagna del Cassar che conserva i resti di un insediamento fortificato di età bizantina. La linea fortificata, adattandosi alle asperità della roccia del colle di San Vitale, assume un contorno irregolare in particolare nell’area settentrionale, fortemente allungata e stretta. All’interno di questa cinta, sussistono le vestigia di una torre cilindrica (6,50 m di diametro) e una cisterna rettangolare (7,50 x 3,80 m) scavata in parte nella roccia e coperta da volta. I muri sono costruiti con pietre calcaree di piccole e medie dimensioni, rinzeppate da frammenti di tegola e legate con abbondante malta. I muri presentano modesto spessore (da 0.70 a 1 m), giustificato probabilmente dalla naturale imprendibilità del sito. Solo il lato sud era protetto da un muro più spesso, rinforzato in seguito da una scarpa, nonché da un presumibile ponte levatoio (posto più a valle, lungo l’attuale strada di accesso) che isolava totalmente il colle. Il pessimo stato di conservazione delle vestigia non permette di datare con certezza il castello e di individuare eventuali ampliamenti o modifiche. Solo la chiesa del Giudice Giusto, con le sue particolarità architettoniche e stilistiche trova confronti con chiese castrali del XII secolo (Castellaccio di Monreale, Caronia, Segesta). Alcuni saggi archeologici, effettuati nel 1985, hanno restituito soltanto ceramica databile a partire dal XIV secolo. Le ricerche archeologiche in corso da parte della Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo potranno dare risposte più precise. Quando Martino I re di Sicilia morì in Sardegna nel 1409, nel tentativo di sedare le ribellioni contro gli Aragonesi, ne prese posto, sino alla morte avvenuta l’anno successivo, il padre, Martino il Vecchio re d’Aragona.
Il Regno di Sicilia da decenni addietro era tormentato dagli scontri feudali. In quei frangenti la personalità di rilievo impostasi a condizionare la monarchia era quella di Bernardo Cabrera, gran giustiziere del regno ed ex comandante dell’esercito aragonese giunto in Sicilia nel 1392.Era stato proprio costui a prelevare Bianca, figlia di re Carlo III, dalla Navarra per condurla nell’Isola come moglie di Martino I il Giovane (a cui l’anno precedente era morta l’altra moglie Maria).La regina Bianca era stata delegata dai due Martini per l’esercizio del governo isolano, ma alla morte di Martino il Vecchio sorsero nuovamente aspri scontri. Infatti l’anziano Cabrera, cui nell’interregno spettava il governo, ambiva al trono e pensava di sposare la regina vedova (che le cronache tramandano fosse molto bella e dotata di talento politico). La regina nel 1411 si era rifugiata presso il barone Matteo Moncada nel castello di Castronovo di Sicilia (che risale all’undicesimo secolo) sul Colle San Vitale: da lì aveva promesso l’amnistia ai ribelli se avessero sospeso le loro azioni e avessero riconosciuto la sua autorità. Quando Cabrera la incontrò in un convento catanese e le manifestò le sue intenzioni fu immediatamente scacciato da lei che esclamò: «Ah, vecchio depravato!». La regina quindi si rifugiò a Siracusa, Cabrera cinse d’assedio la città, ma lei riuscì comunque a scappare grazie ai suoi partigiani che la preferivano come reggente. Diretta a Palermo, dove avrebbe atteso dall’Aragona i nuovi consiglieri di governo, sostò una seconda volta a Castronovo. I partigiani di Cabrera a Palermo, dove l’aspettavano, erano stati allontanati con le armi prima che la regina la raggiungesse. Tuttavia il vecchio spagnolo tentò un ultimo colpo di mano notturno cercando di catturare Bianca dopo aver simulato una ritirata: non ci riuscì per poco, la regina avvisata scappò direttamente in camicia da notte su una nave diretta a Catania. E Cabrera trovando il letto vuoto e tiepido ci rimase moltissimo male. Si tramanda che avesse detto: «Ho perso la pernice, ma mi è rimasto il nido!», e che in preda ad uno sconvolgimento mentale dopo essersi tolto i vestiti si gettasse sul letto rotolandovisi ed annusandolo come i cani da caccia. Alla fine il ribelle Bernardo Cabrera fu preso prigioniero e tra l’altro sospeso nudo dentro una rete per due giorni al muro di un castello dove tutti potessero vederlo. Altri link suggeriti:https://www.vivasicilia.com/castello-di-castronovo-di-sicilia/, https://www.youtube.com/watch?v=gGtUGetDlsQ (video di Danilo Caruso), https://www.sicilmedtv.it/castello-di-castronovo/,

Fonti: https://www.associazioneculturalekassar.it/il-territorio-di-castronovo-di-sicilia/le-origini-di-castronovo-di-sicilia/, https://www.icastelli.it/it/sicilia/palermo/castronuovo-di-sicilia/castello-di-castronovo, testo di Danilo Caruso su http://danilocaruso.blogspot.com/2011/04/la-regina-bianca-castronovo-di-sicilia.html

Foto: la prima è di fabiogattuso su https://mapio.net/pic/p-12223079/, la seconda è presa da https://www.vivasicilia.com/castello-di-castronovo-di-sicilia/

domenica 13 giugno 2021

Il castello di domenica 13 giugno



LANA (BZ) - Castel Leone

Chiamato anche Lanaberg o Leonburg, si trova sulla strada che porta al passo Palade, che unisce il Burgraviato alla val di Non. Fu eretto in una posizione particolarmente strategica, da cui si domina tutta la vallata che scende verso l'Adige, dagli antenati della famiglia Brandis, i signori di Lanaberg, intorno al 1200; ed ancora oggi (sebbene sia disabitato) appartiene a quella stessa famiglia: cosa estremamente rara nella solitamente travagliata storia di passaggi di proprietà dei castelli altoatesini, e che lo accomuna all'altro castello di famiglia, Castel Brandis (https://castelliere.blogspot.com/2014/02/il-castello-di-martedi-11-febbraio.html), sempre a Lana. Eppure i Brandis furono sul punto di perdere le loro proprietà, quando si schierarono contro Mainardo II venendo infine sconfitti. Ma Ildebrando, il capo famiglia, ebbe l'accortezza di sottomettersi a Mainardo e di offrirgli le due fortezze. Il conte di Tirolo fu colpito dal gesto e le ridiede in feudo ai proprietari originari. A metà del XV secolo il castello fu semidistrutto da un incendio, ma fu fatto riedificare e ampliare (e da qui derivano le caratteristiche rinascimentali del palazzo signorile). Tra il 1461 e 1463, i Conti Brandis ripresero la proprietà del castello e ne sono in possesso tuttora. Probabilmente solo per questo motivo il maniero oggi è ancora conservato nel suo stato originario. Castel Leonburg è composto da due torri a tre piani ed un reparto adibito ad abitazioni. Ancora oggi è di proprietá privata e quindi non è accessibile al pubblico.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Leone_(Lana), https://web.archive.org/web/20111030101914/http://www.burggrafenamt.com/it/highlights/castelli/castel-leone.html, https://www.meranerland.org/it/cultura-e-territorio/castelli-di-merano/castel-leone/

Foto: la prima è presa da https://www.irisproduzioni.com/riprese-con-drone-per-la-leggenda-di-bassano-2017/, la seconda è presa da https://www.meranerland.org/it/cultura-e-territorio/castelli-di-merano/castel-leone/

sabato 12 giugno 2021

Il castello di sabato 12 giugno



CERTALDO (FI) - Castello di Santa Maria Novella

Il castello di Santa Maria Novella domina ancora oggi uno dei colli del crinale che separa la Valdelsa dalla Val di Pesa, sul torrente Virginio. Il maniero fu distrutto dai ghibellini dopo la battaglia di Montaperti: ricostruito poco dopo, fu distrutto nuovamente nel 1313 dalle truppe che erano al seguito dell’imperatore Arrigo VII. Il castello rimase abbandonato per più di un secolo, finché non fu riedificato ad opera della famiglia dei Samminiatesi. Si presenta come un'imponente costruzione a pianta quadrata, con torri angolari ed elegante fronte di carattere gotico – senese, conferitogli nella riedificazione del XV secolo, avvenuta sui resti del più antico nucleo medievale. Il complesso ha assunto nel tempo l’aspetto di un castello in stile gotico, frutto di una profonda ristrutturazione tardo-ottocentesca. Non è in questa forma che lo vide e lo disegnò Leonardo ai primi del Cinquecento: il castello di Santa Maria Novella figurato nella mappa leonardiana RL 12278 di Windsor ha l’aspetto della dimora fortificata, forma raggiunta nel corso del XV secolo dai nuovi proprietari, cittadini fiorentini che avevano acquistato e progressivamente modificato l’antico edificio medievale. Le sue origini risalgono almeno al secolo XII mentre la località e la chiesa di Nuovole sono documentati già dal secolo XI. Il luogo detto Nuovole, dove fin dai primi del secolo XI esisteva la piccola chiesa rurale di Santa Maria, è la località dove successivamente venne edificato il castrum detto de S. Maria Novella. Il centro fortificato aveva assunto il nome del luogo e della piccola chiesa di cui ancora si conservano i resti presso la villa-fattoria. La chiesa, ad aula unica, presenta ancora oggi una interessante monofora che si apriva al centro del catino absidale. L’archivolto, realizzato in un unico blocco, è decorato da due cornici, rispettivamente a dentelli lungo l’intradosso e a listello sull’estradosso. Sulla faccia del blocco dell’arco della monofora sono scolpite due figure zoomorfe a bassorilievo realizzato a risparmio entro superfici circolari. I caratteri dell’edificio sembrano riferibili alla chiesa castellana del secolo XII. Santa Maria Novella viene infatti rammentato per la prima volta come castrum in una famosa donazione dell’anno 1126. Il documento ne chiarisce le origini, legate probabilmente alle due famiglie comitali che fra XI e XII secolo avevano in questa parte della Valdelsa cospicue proprietà: i conti Cadolingi e poi gli Alberti. Si tratta della donazione di una serie di curtes e castelli effettuata a favore del vescovo di Firenze Goffredo, un esponente della famiglia comitale degli Alberti. Il donatore fu la vedova di tale Rodolfino di Berardo de Catignano, personaggio appartenente ad uno dei gruppi familiari legati fino ai primi del XII secolo ai conti Cadolingi e poi, forse proprio dopo l’estinzione della casta, agli Alberti. Fu infatti proprio nella prima metà del secolo XII che si vennero a creare le condizioni per un più intenso radicamento dei conti Alberti in Valdelsa, una presenza che culminò nel progetto di fondazione di Semifonte. Osservando la famosa donazione del 1126 al conte Goffredo degli Alberti si nota come l’insieme dei beni acquisiti fosse costituito in parte da curtes e castelli dell’ex dominio cadolingio, come Linari, Catignano e forse anche Santa Maria Novella, e da altri già parte dei possessi della casata albertinga, come il castello di Pogni. Fu infatti proprio nella prima metà del secolo XII che gli Alberti rafforzarono notevolmente la propria presenza in Valdelsa, lungo un’importante via di penetrazione che dal Valdarno portava verso Sud. Uno degli episodi più significativi dell’ascesa di questa casata comitale fu certamente la fondazione, sullo scorcio del secolo XII, di Semifonte. Su uno dei percorsi di crinale mediano fra le vie volterrane Nord e Sud venne fondata per iniziativa del conte Alberto IV una nuova terra murata in concorrenza con tutti i centri che allora punteggiavano i percorsi e i nodi viari più importanti del sistema di strade della Valdelsa. Il progetto come noto, fu drasticamente interrotto da Firenze che distrusse Semifonte a pochi decenni dalla sua nascita. Dal giuramento imposto agli abitanti si apprende che un insieme di nove capifamiglia proveniva da Santa Maria Novella. Dunque un nucleo cospicuo di abitanti del castello di Santa Maria Novella erano andati a popolare la nuova fondazione degli Alberti. Nel corso del XIII secolo il piccolo castello, oramai compreso nel contado di Firenze, venne acquistato dalla famiglia fiorentina dei Gianfigliazzi, come avvenne per molti dei castelli che, perduta la funzione legata agli antichi detentori di diritti (le grandi famiglie comitali del fiorentino), divennero oggetto di investimento da parte dei facoltosi esponenti della nuova élite mercantile in ascesa. Le vicende belliche legate alla discesa dell’imperatore Enrico VII ai primi del Trecento coinvolsero anche il piccolo castello di Santa Maria Novella che nel 1312 fu occupato dalle truppe imperiali. Le sue strutture difensive dovevano essere ancora in efficienza se il castello venne rivendicato come appartenente all’impero. Nel corso del Trecento la proprietà passò dai Gianfigliazzi alla famiglia dei Sanminiatesi, tuttavia la chiesa castellana era ancora il cuore della comunità dei residenti che abitavano le case e i poderi documentati anche nell’antico toponimo Nuovole. Nel 1358 la piccola comunità di Santa Maria Novella dovette provvedere, per ordine della città di Firenze, al contributo per le spese necessarie al ripristino delle mura di Certaldo. Dunque sebbene l’antico castello fosse oramai divenuta dimora privata, nelle carte tardo trecentesche la comunità risulta in qualche modo ancora legata al sito (1375, actum in castro et populo sancte mariae novelle). Il complesso edilizio di Santa Maria Novella dovette essere radicalmente trasformato nel corso dei primi decenni del secolo XV, quando l’antico castello risultava dotato ormai dei caratteri tipici della dimora fortificata di campagna. In una portata catastale del 1427 si legge: Santa Maria Novella: luogo da abitare overo fortezza con orto chiamato “Giardino” […]il quale luogo abitano dette rede […]e nel detto luogo tenghono un uomo che guarda il detto luogo e lavora il detto giardino al quale danno fiorini 11 l’anno e le spese e lavora certa vigna perghole e anghuillaie sono in detto giardino. È questo il bellissimo complesso che venne disegnato da Leonardo al principio del Cinquecento in una delle sue mappe più famose. Nella carta della collezione Windsor Castle RL 12278, poco sopra il castello di Lucardo, si vede il profilo di un castello circondato da mura e ben turrito, segnato con il toponimo S[anc]ta Maria Novella. La dimora-fortezza rappresentava per Leonardo ancora un luogo fortificato in perfetta efficienza nel caso di necessità. L’aspetto attuale di Santa Maria Novella risale probabilmente alla seconda metà dell’Ottocento quando l’immobile risultava appartenere ai Franceschi-Galletti, famiglia pisana imparentata con gli Aulla, i precedenti proprietari. Ai nuovi proprietari si deve probabilmente la riconfigurazione degli esterni dei fabbricati bassomedievali in stile neo gotico. In particolare, come è stato osservato, il piano di calpestio risulta essere stato notevolmente rialzato in corrispondenza della facciata con l’ingresso monumentale, la parte che risulta più profondamente rimaneggiata. L’intervento sembra essere successivo al 1820 e deve essere stato funzionale alla realizzazione dell’ingresso in stile neogotico abbellito da bifore, trifore e dal coronamento merlato che si trova unicamente su questo prospetto. I pesanti interventi ottocenteschi non hanno tuttavia cancellato l’impianto del fortilizio bassomedievale che ancora si riconosce nella serie di edifici di forma e dimensioni diverse che circondano la corte centrale. Oggi il castello è un’elegante struttura ricettiva e una cornice d’eccezione per matrimoni ed eventi (https://castellodisantamarianovella.com/). Altri link suggeriti: http://www.carnesecchi.eu/castellofiano.htm, https://www.youtube.com/watch?v=GEY96PW83Xo (video di Marco Galeotti), https://www.youtube.com/watch?v=iLrzOIiJzt4 (video di ursea1952),

Fonti: https://www.latoscanadileonardo.it/it/luoghi/citta-metropolitana-di-firenze/comune-di-certaldo/santa-maria-novella.html, https://toscananelcuore.it/castello-di-santa-maria-novella/, http://www.ursea.it/walking/493/percorso.htm

Foto: la prima è presa da https://iltirreno.gelocal.it/empoli/cronaca/2021/05/06/news/anche-il-castello-di-santa-maria-novella-fra-i-gioielli-in-cerca-di-investitori-privati-1.40240468, la seconda è presa da https://www.toscanafilmcommission.it/luoghi/castello-di-santa-maria-novella/

venerdì 11 giugno 2021

Il castello di venerdì 11 giugno



MONTEGIORGIO (FM) - Castello di Alteta

Il castello di Alteta risale al Medioevo, epoca in cui fu conteso fra Montegiorgio (cui venne assegnato all'inizio del XIII secolo) e Fermo (alla quale venne ceduto nel 1199). Con altri castelli fermani subì la conquista da parte di Carlo Malatesta nell'attacco condotto da questi al marchese Ludovico Migliorati, signore di Fermo, per conto del papa regnante Gregorio XII (1413). Fu tuttavia riconquistato dai fermani dopo la sconfitta del Malatesta ad opera di Braccio da Montone (1416). Alteta fu comune autonomo fino al 4 aprile 1869 e anche in seguito, essendo stato ricostituito il 30 luglio 1896. Il comune di Montegiorgio però interpose appello al Consiglio di Stato e l'8 aprile 1900, per decreto reale, si vide riannessa la frazione. Con il XX secolo inizia il progressivo abbandono, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, che rende oggi Alteta un paese quasi fantasma nonostante il centro storico si conservi ancora molto bene. Si accede all'antico incasato attraverso la caratteristica porta castellana, unica via per accedere ancora all'antica Alteta, che immette sulla piazza principale in cui si innalza la facciata della chiesa di San Zenone con il suo campanile. Completata nel XIV secolo e modificata nei secoli successivi, la porta castellana, che si apre a meridione, è fornita di un arco gotico in cotto incorniciato da una fila di mattoni in rilievo, piuttosto comune nel fermano. La si raggiunge percorrendo una rampa disposta alla "mancina" ovvero in modo tale da offrire il lato destro degli assalitori, solitamente occupato a tenere la spada e non lo scudo. Probabilmente all'epoca la rampa era differente e presentava un solido portone e verosimilmente anche un ponte mobile, sebbene non vi siano tracce di un eventuale ponte levatoio. Oltrepassato l'arco d'ingresso ci si trova nel cuore dell'opera: molto suggestiva è la travatura del soffitto, il piano superiore della porta era occupato dagli ambienti dell'ex palazzo municipale. Si possono solo fare ipotesi sul coronamento superiore della porta dato che le modifiche apportate nei secoli ne hanno cancellato le tracce. Sempre nella piazza XXV Aprile si affacciano dei palazzi nobiliari mentre una stretta via percorre un tracciato ad anello che collega la parte restante del castello occupata dalle abitazioni. Gradevole è la strada che costeggia l'esterno del paese dove è possibile ammirare la campagna fermana e la cinta muraria, di cui rimangono parecchie tracce, nonostante si sia fusa nel tempo con le abitazioni del paese, ed è ancora possibile comprenderne il perimetro. Costruita presumibilmente tra il XIII ed il XIV secolo, e riaggiornata fino al XVI secolo, durante la propria storia la cinta diede prova di riuscire a difendere bene la comunità come durante l'assedio del 1498. Le mura hanno un andamento a cuspide, nel fronte meridionale si apre la porta castellana raggiungibile da una rampa, preceduta dai resti di un torrione angolare del quale rimane solo un piano ma se ne rende comunque possibile una ricostruzione. Proseguendo oltre la torre mozza si trova un tratto di mura sufficientemente rettilineo che si conclude con la pseudo torre angolare, l'elemento più interessante delle difese castellane. La torre è costituita da due grandi e strette arcate, quasi a formare due caditoie spropositate, appoggiate ad un'alta scarpa che si alza dalla base fino alla cima della struttura su cui è sorretta una piattaforma superiore, un tempo probabilmente merlata, che assicurava la difesa ai lati delle muraglie. Poco distante la chiesa di San Zenone emerge dalle mura, snaturandone la struttura insieme all'area del palazzo Tiracorda, anch'essa riadattata. Da qui in poi la cinta va arrotondandosi fino a formare quasi un angolo rivolto verso ovest, tornando quindi verso la porta castellana. La circonvallazione segue l'andamento delle difese in quest'area, giusto per rendere un'idea al visitatore dato che risultano poco leggibili, soprattutto riavvicinandosi alla porta dove alcune strutture recenti non si integrano con le le calde armonie del cotto. Malgrado lo stato di abbandono è da visitare soprattutto per la singolare torretta!

Altri link suggeriti:https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=prodente&Chiave=13495, http://www.luoghidelsilenzio.it/marche/07_castelli/04_fermo/00002/index.htm, https://www.youtube.com/watch?v=5ocePgmT2h8 e https://www.youtube.com/watch?v=nqqH0aLPFnM (entrambi i video di MARKMEDALVideochanel), https://www.youtube.com/watch?v=u2llqZ7wXss (video di Invest in Marche Property)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Alteta, https://www.habitualtourist.com/alteta

Foto: la prima è presa da https://www.habitualtourist.com/cinta_muraria(alteta-montegiorgio), la seconda è presa da http://www.luoghidelsilenzio.it/marche/07_castelli/04_fermo/00002/index.htm

giovedì 10 giugno 2021

Il castello di giovedì 10 giugno



BRINDISI - Masseria di Mitrano

Con il governo spagnolo di Carlo V e dei Vicerè nel Regno di Napoli l’esigenza di realizzare una linea difensiva fu di primaria importanza. Il Marchese d’Alarçon nel 1530 scrive al sovrano dicendogli che la Terra d’Otranto è impossibilitata a difendersi, ma i suoi interventi furono però sporadici per l’esiguità delle risorse. Nel frattempo i pirati turchi, forti della loro supremazia navale, effettuarono per tutto il corso del XVI secolo attacchi e saccheggi, nel Salento per esempio: a Tricase, Castro, Presicce, Gallipoli anche se non ebbe buoni risultati, Ugento, S. Pancrazio Salentino, addirittura riuscirono a trovare rifugio su due isole vicino a Taranto. Gli equilibri politici europei, inoltre, si spostavano portando la Francia di Francesco I a nuove e preoccupanti relazioni diplomatiche e alleanze con l'Impero Ottomano di Solimano I il Magnifico. Per far fronte a questa difficile situazione politica-militare nel 1532-33-39 il Vicerè spagnolo Don Pietro de Toledo emanò una serie di ordinanze rivolte alle singole Università, imponendo loro di proteggersi da eventuali attacchi nemici con la costruzione a proprie spese di torri di avvistamento marittimo. La ripresa del conflitto franco-spagnolo rallentò la realizzazione del progetto che gravava interamente sulle spalle dei singoli comuni, impoveriti dalle guerre e impossibilitati a sostenere le spese, e soltanto una minima parte fu realmente costruita. Solo fra il 1560 ed il 1563, regnante Filippo II ed a Napoli il governo del Vicerè Don Pedro Afan de Ribera duca d'Alcalà, fu approvato un piano sistematico delle difese del regno. Emanò precise istruzioni ai governatori provinciali:
- la costruzione delle torri era decisa dalla Regia Corte, tutto doveva essere fatto con il suo permesso, in quanto il loro posizionamento doveva essere regolato da precisi criteri riguardo la distanza reciproca per una buona visibilità;
- le fortificazioni esistenti ritenute di pubblica utilità venivano espropriate dietro indennizzo per essere eventualmente riadattate;
- Regi ingegneri avrebbero individuato le località adatte alla costruzione di una catena ininterrotta di torri per tutto il Regno, più rade nei tratti di scogliera alta ed impervia, più ravvicinate in tratti di costa bassa;
- L’organizzazione, le modalità di funzionamento del sistema di guardia;
- Le spese della costruzione sarebbero state imputate alle Università cointeressate in proporzione alla popolazione.

Il piano fu messo a punto dal Preside della Regia Camera della Sommaria, Don Alfonso Salazar, che si avvalse della collaborazione dei migliori architetti militari del tempo. I governatori delle provincie si mossero immediatamente con gli ordini di progettazione e di costruzione di numerose nuove torri costiere. In realtà poche vennero effettivamente realizzate subito, a causa del criterio di ripartizione delle spese, molte Università, infatti, ritenevano che lo Stato dovesse farsi carico per buona parte dell'esborso, altre lamentavano che le proporzioni erano falsate da censimenti superati e talvolta errati. Per reperire i fondi necessari le comunità costiere subirono una notevole imposizione fiscale, fu anche creata un apposita tassa per le città distanti meno di 12 miglia dal mare. In tal modo nel giro di pochi anni la fabbricazione delle torri progettate si sperava di portarla a termine. Il tutto si doveva collegare con i sistemi difensivi delle città, mura, bastioni, torri, castelli. La Regia Camera impose una nuova imposta necessaria per:
- la manutenzione e il restauro di torri rovinate;
- gli equipaggiamenti, un documento notarile elenca: “mascolo di ferro, uno scopettone, uno tiro di brunzo con le rote ferrate accavallato, con palle settanta di ferro”;
- gli stipendi ai Torrieri;
- il mantenimento delle compagnie dei Cavallari, coloro che perlustravano in modo da allarmare in caso di necessità i caporali delle torri e avvertivano gli abitanti delle zone più esposte alla minaccia; dato che l’organizzazione degli uomini era demandato alle Università, in un periodo successivo, per ragioni economiche, si organizzarono anche volontari scelti fra gli abitanti.

Nonostante questa capillare pressione fiscale, nel 1568 erano costruite solo alcune di quelle previste, ed il Vicerè ordinava di affrettarne l’edificazione. Le autorità spagnole escogitarono anche uno stratagemma, chi si fosse preso l’impegno di erigere una torre sarebbe poi stato ripagato con il titolo di “Capitano di Torre”, che aveva spesso il diritto di riscuotere dazi non offrendo l’aiuto di difesa e riparo a chi fosse stato inadempiente. Ogni torre doveva contenere pochissimi uomini armati, in quanto avente funzione di avvistamento e non di difesa, il "Capo Torriere" e tre guardiani dipendenti che percepivano una retribuzione di 4 il primo e 3 ducati gli altri due. Perciò le sue dimensioni si aggiravano intorno ai 10m. x 10m. di lato, misurati all’esterno, con un vano interno netto di circa 5m x 5m. Solo poche erano di dimensioni maggiori rispetto alle altre, o perché già costruite da privati per potersi eventualmente rifugiare, o perché sede del comando di altre torri vicine (torri capitane) o di riserve di uomini, vettovaglie, materiali, o dei Cavallari (torri cavallare, spesso anche munite di una barca chiamata feluca da guardia, con la quale raggiungere e sorvegliare zone di più difficile osservazione). Da non sottovalutare anche la presenza di Casali e Masserie Fortificate, il tutto andava ad infittire il reticolo difensivo. Nella nostra provincia, esistevano alla metà del XVI secolo, diverse masserie dotate di torre d’avvistamento, alcune ancora oggi visibili. Per esempio in agro di Brindisi, a nord: masseria Torre Regina Giovanna, Baccatani, Badessa, Grottamiranda, ma anche il Castello di Serranova, nel territorio di Carovigno che proprio in quegli anni veniva completamente ristrutturato; Baroni, Belloluogo, Incantalupi, lungo la direttrice verso l’interno; Lu Plema e Mitrano vicino alla città; Pigna, S.Teresa, Villanova a sud. In uno scenario verdeggiante della campagna brindisina, a 3 km. dall’Aeroporto Papola, tra secolari alberi di querce e pini, circondata da vitigni di negramaro e malvasia, sorge la Masseria Mitrano, dove insiste una Torre del 1549.

Fonti: http://www.brindisiweb.it/monumenti/difesa_costa2.asphttp://www.circoloippicomitrano.eu/index.php/struttura,, https://www.piratinelsalento.it/citta-salento/cosa-fare-a-brindisi.php (foto)

Foto: la prima è presa da http://www.brindisiweb.it/monumenti/difesa_costa2.asp, la seconda è presa da https://www.brindisioggi.it/ambiente-ed-equitazione-al-via-le-lezioni-anche-per-gli-adulti/mitrano1/

Il castello di mercoledì 9 giugno











BOBBIO (PC) - Castello Malaspina-Dal Verme

Il borgo di Bobbio cominciò ad essere fortificato, con la costruzione delle mura, nel XIII secolo, un documento del 1219 nomina una "braida de castello". La documentazione storica relativa all'antico maniero che fu dei Malaspina, quindi dei conti Dal Verme, non è eloquente delle singole fasi costruttive. La storiografia riferisce che la costruzione originaria ebbe inizio nel 1304 nella parte alta di Bobbio ad opera di Corradino Malaspina, primo "signore" della città, forse in collaborazione con Visconte Pallavicino. La struttura e le proporzioni originarie del fortilizio erano inferiori a quelle attuali, derivanti da progressivi ampliamenti nel corso dei secoli. Venne edificato di fianco ad un'antica chiesa romana che un tempo gli storici ritenevano potesse essere l'antica chiesa romana della Basilica di San Pietro, che era stata costruita prima dell'arrivo di san Colombano da un ignoto missionario che evangelizzò il primitivo borgo romano. Il fatto che il borgo si sviluppasse attorno all'antica chiesa romana già fece soppiantare questa tradizione, e le successive indagini geologiche ed archeologiche hanno dimostrato definitivamente che la basilica antica era esattamente dove è oggi l'attuale basilica abbaziale ricostruita più volte per stratificazione sia in epoca longobarda e carolingia che medievale e rinascimentale. L'antica chiesa del castello, detta anche non a caso "del vescovo", di cui rimangono i resti a lato ingresso assieme alla torre, era l'antica chiesa di Santa Maria, utilizzata fin dall'epoca longobarda per le celebrazioni in cui potevano parteciparvi anche le donne, infatti la chiesa monastica era preclusa all'elemento femminile. Essa divenne dal 1017 al 1075 la sede temporanea del vescovo-conte e della diocesi di Bobbio, prima della costruzione definitiva della nuova Cattedrale di Santa Maria Assunta di cui ne assunse il nome ed il titolo. Infatti il nuovo potere politico-amministrativo sorto il 14 febbraio del 1014 con l'elevazione di Bobbio dal rango di borgo a città e sede vescovile, temporaneamente nella persona di Pietroaldo già abate e nuovo abate-vescovo, si scisse nel 1017 nelle persone del nuovo abate Bosone e nel nuovo vescovo Attone, che sposto la sede diocesana temporaneamente nell'antica chiesa romana di Santa Maria. Nel turbolento periodo delle lotte tra Guelfi e Ghibellini il castello fu presidio dei Ghibellini, vi si rifugiavano i nobili in fuga dagli assalti portati dal Comune di Piacenza (Guelfo) ai castelli della val Trebbia. Nel 1342 divenne possesso dei Visconti di Milano e nel 1360 Galeazzo Visconti lo donò alla nuora Isabella di Francia, sposa del figlio Gian Galeazzo. Nel 1413 venne conquistato dagli Anguissola di Travo per un solo anno, infatti tornò rapidamente ai Visconti, i quali nel 1436 assegnarono il castello con il titolo di conte ai Dal Verme che ne mantennero il possesso con alterne vicende fino alla soppressione del feudalesimo. L'assetto attuale della costruzione sembrerebbe potersi ricondurre alla volontà di un discendente di questi ultimi, Pietro Dal Verme, che intervenne alla metà del XV secolo. L'assetto attuale del castello sembrerebbe infatti potersi ricondurre alla volontà di un suo discendente, Pietro Dal Verme, che intervenne nel 1440. Alla sua morte, nel 1485 tutti i suoi beni furono confiscati dalla Camera Ducale, che nel 1487 li concesse a Galeazzo Sanseverino, marito di Bianca Sforza. Da questa concessione furono esclusi Bobbio e il castello, perché ritenuti del patrimonio ducale. Durante l'assedio di Ludovico di Lussemburgo, nel 1500, Eleuterio e Pier Antonio Dal Verme persero il castello e ne rientrarono in possesso solo cinque anni più tardi, ma da quella mantennero la proprietà per poco tempo, fino alla discesa in Italia di Francesco I il quale, nel gennaio 1516 cedette i castelli vermeschi a Galeazzo Sanseverino. Nello stesso anno il re gli assegnò anche Bobbio, elevandolo in marchesato. Anche il dominio del Sanseverino ebbe breve durata, poiché nel 1521 i Dal Verme furono reintegrati nei loro tradizionali possessi, Bobbio compreso, ricevendo ulteriori investiture ducali e imperiali. Nella divisione dei beni vermeschi avvenuta nel 1530, Bobbio toccò al conte Federico, mentre nelle successive divisioni del 1545 passò al figlio Gian Maria, capostipite della linea dei conti di Bobbio. La trasformazione dell'antico, austero maniero in elegante dimora, che le fonti datano al 1545, si deve allo stesso Gian Maria Dal Verme. Una consistente campagna di lavori dovrebbe risalire alla metà e poco oltre del Cinquecento. Infatti il dislivello che intercorre fra l'attuale accesso e il piano di appoggio del muro a scarpa, alto circa 3 metri, può lasciare supporre che al piano terreno fossero in origine presenti alcuni ambienti oggi non più praticabili. La trasformazione dell'antico, austero maniero in elegante dimora, che le fonti datano al 1545, si deve allo stesso Gian Maria Dal Verme. Una consistente campagna di lavori dovrebbe risalire alla metà e poco oltre del Cinquecento. Infatti il dislivello che intercorre fra l'attuale accesso e il piano di appoggio del muro a scarpa, alto circa 3 metri, può lasciare supporre che al piano terreno fossero in origine presenti alcuni ambienti oggi non più praticabili. Con la morte di Carlo Dal Verme, nel 1759, si estinse il ramo bobbiese della famiglia e il castello unitamente ad altri beni pervenne ai Dal Verme di Piacenza, nonostante la ferma opposizione del vescovo di Bobbio, il quale aveva preteso, peraltro senza esito, la restituzione di tutti i feudi vermeschi che, a suo parere, spettavano all'episcopato bobbiese. Fra la seconda metà del Settecento e i primi anni del secolo successivo il fortilizio conobbe una fase di decadenza. L'analisi condotta sulla cospicua documentazione conservata nell'Archivio dal Verme, depositato presso l'Archivio di Stato di Verona, non ha purtroppo dato riscontri positivi in relazione alle singole fasi costruttive. Il materiale documentario infatti, pur relativo a Bobbio e alle terre dei Dal Verme, riguarda principalmente diritti di caccia, carteggio di alcuni membri della famiglia con il conte Bogino, a Torino, primo segretario di guerra di S.M.S., nonché scritture inerenti piccoli lavori al castello ("riduzione delle finestre che erano alla sommità del dongione in cannoniere... costruzione d'un nuovo forno, de tellari delle finestre mancanti, colla formazione di diversi condotti che allontanano l'acqua a cui erano sottoposti i sotterranei...") resisi necessari dopo l'occupazione delle soldatesche, che vi avevano alloggiato dal novembre 1748 all'11 giugno 1749. Truppe francesi occuparono il castello dopo la battaglia del Trebbia nel 1799, ma per poco tempo poiché furono cacciati dalle forze della Seconda Coalizione (austriaci e russi). Diverse sono le lettere nelle quali si citano i "gravi danni" subiti dal conte, derubato dei mobili dalle truppe che avevano danneggiato anche "la vigna, i giardini e siti annessi". Dal carteggio si evince che erano stati spogliati di tutto il legname il giardino e la vigna, e che avevano subito danni la cucina del castello e i suoi arredi. A quell'epoca il castello era dotato di ponti levatoi sui fronti nord e ovest e del fossato, riempito nel corso dell'Ottocento. Nel 1805 i conti dal Verme alienarono il fortilizio con le terre annesse all'avvocato Paolo Della Cella, esponente di un'antica famiglia piacentina la cui lunga genealogia è dipinta su una grande tela ovale, del XVIII secolo, conservata in una delle sale del secondo piano del castello. Una nipote di Paolo Della Cella, Irene, alla fine del XIX secolo portò in dote il castello all'ing. Eugenio Piccinini, al quale si devono numerosi e non sempre pertinenti interventi di restauro. Irene Della Cella Piccinini è la madre dell'ultimo proprietario, Riccardo Piccinini, che alienò il castello allo Stato, attuale proprietario, nel 1956. Attualmente il castello è visitabile ed è inserito nel circuito dell'Associazione dei Castelli del Ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli. Dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali lo gestiva in "gestione diretta" tramite il Polo museale dell'Emilia-Romagna, nel dicembre 2019 divenuto Direzione regionale Musei. A partire dall'11 gennaio 2020 la gestione del Castello Malaspina-Dal Verme di Bobbio è passata al Comune di Bobbio. Il castello Malaspina Dal Verme, sottoposto a disciplina di tutela diretta per effetto del D.M. 15.11.1956, e a tutela indiretta a seguito del D.M. del 19.02.1965, è una struttura fortificata costituita da più corpi di fabbrica racchiusi entro la cinta muraria interna in pietra. Attualmente il castello presenta la sola cinta muraria interna, essendo stata quella esterna demolita, unitamente al torrione di Porta Nuova, nel 1858, quando si aprì il rettifilo detto di Porta Nuova (dalle piante settecentesche risulta che il maniero era collegato a una cinta muraria esterna dotata di porte fortificate, che al suo interno aveva altre due torri: il torrino e la torre di Primatello). Sui lati nord ovest e nord est della cinta muraria sono visibili le tracce dei due ponti levatoi. Al fortilizio si accede da due ingressi, entrambi posti a nord. All'interno del sistema murario si erge il mastio, su pianta quadrangolare, originariamente fornito di una sola porta, in asse al ponte levatoio di nord ovest. Il mastio presenta una muratura in pietra sbozzata apparecchiata con disegno pseudo isodomo. In corrispondenza del coronamento è situata la serie di finestre, cinque sui alti nord e sud, quattro sui lati est e ovest, ora concluse da archetti a piatta banda modestamente inflessa, ma che in origine costituivano i vuoti intercalati tra un merlo e l'altro. Sul lato ovest del fortilizio si individuano resti di quella che è indicata come torre del Vescovo, ritenuta la parte più antica del castello, costruita dopo il 1017 vicino all'antica chiesa romana di Santa Maria, probabilmente torre campanaria poi adattata a scopi difensivi. Prima della costruzione del castello vi erano alloggiate le truppe, fu abbassata in epoca imprecisata. Sul lato est, in angolo del muro di cinta, è presente una torre circolare, dotata di due ambienti, il primo, coperto da tetto conico a livello del terrapieno del castello, il secondo, ipogeo, coperto da volta a padiglione, cui si accede attraverso una scala esterna addossata alla parte esterna della torre circolare. A nord ovest si conserva l'antico pozzo. Due gli ingressi che consentono l'accesso al mastio, rispettivamente ricavati a sud est e a nord ovest. Sui fronti del mastio al di sotto della linea delle merlature, corre una cornice orizzontale costituita da una serie di fori rettangolari che presumibilmente in origine dovevano consentire il deflusso dell'acqua piovana dai retrostanti camminamenti di ronda, risalenti alla fase quattrocentesca del castello. Su questo stesso fronte si aprono un ingresso al salone del primo piano, accessibile da una scala esterna a rampa unica in pietra, e una porta finestra, dotata di balconcino con ringhiera in ferro battuto, che dà luce al salone. La struttura della torre reca un'alta base a scarpa. L'articolazione e la distribuzione degli ambienti interni del mastio, il cui primo piano risulta notevolmente rialzato e molto trasformato rispetto all'originario presupposto assetto, soprattutto a seguito degli interventi promossi dall'ultimo proprietario tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, si presenta piuttosto funzionale. Qui si aprono l'atrio di ingresso, con pavimento di legno intarsiato, la "Sala delle Marine” e un salone dotato di un grande camino in pietra sormontato dalle armi della famiglia Dal Verme. Su questo stesso piano si aprono anche alcuni locali di servizio, ricavati nel corpo addossato al lato nord ovest. Sulla parete lungo la scala che conduce ai piani superiori, è un affresco staccato, riferibile al XVI secolo, raffigurante una Madonna con Bambino. Al secondo piano si aprono altri ambienti intercomunicanti, fra i quali un salone, coperto da volta a botte, arredato con mobili in stile. Gli ambienti di questo piano, ove si aprono anche la camera da letto, un salotto, uno studiolo e una sala con camino, hanno pavimenti in legno a intarsio. Uno stemma vescovile con la croce dei Lorena è affrescato sulla rampa di scale che conduce al terzo piano. Qui una grande sala, con volta a botte, riceve luce da una sola finestra, ed è dotata di camino; seguono due ambienti comunicanti. La rampa che conduce al quarto piano reca ancora resti di affreschi e uno stemma vescovile con la croce di Lorena. Il quinto piano, oggi caratterizzato da quattro possenti pilastri, tutti di recente fattura, probabilmente delimitato in origine da murature merlate, è illuminato da una serie di finestre rettangolari alcune delle quali sono state ricavate dai vuoti interposti tra i merlo e l'altro. Un intervento di restauro e di consolidamento è stato condotto nel 1973 e ha comportato il rifacimento di tutti gli intonaci, dei pavimenti, della copertura, il consolidamento delle strutture e di parte della scala. Si narra la leggenda del pozzo dei coltelli, ubicato presso il castello nei sotterranei della torre circolare di sud-est, oggi riempito e chiuso; si sarebbe trattato di un pozzo con il condotto rivestito da numerosissime lame affilate, sporgenti e messe orizzontalmente e comunicante con una segreta senza via di uscita. Chi ci finisse dentro non è dato a sapere, verosimilmente nemici del signore e gente sgradita, ma si narra anche di giovani donne rapite dai vari castellani. Nei racconti anche degli ultimi proprietari del castello si fa riferimento al fatto che coloro che venivano scaraventati nel pozzo in parola preferissero buttarsi contro le lame sui bordi, al fine di evitare l'agonia nella segreta; si narra pure di “fantasmi”, c'è chi giura di averli visti sopra le mura, forse di alcuni dei condannati a questo supplizio. Altri link suggeriti: https://www.icastelli.it/it/emilia-romagna/piacenza/bobbio/castello-malaspina-dal-verme-di-bobbio, https://www.youtube.com/watch?v=cLg-Zjbl_zI (video di Luca Allegrone), https://www.youtube.com/watch?v=DVwX7UJiAkg (video di oltrepotv)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_Malaspina-Dal_Verme_(Bobbio), https://www.castellidelducato.it/castellidelducato/castello.asp?el=castello-malaspina-dal-verme-di-bobbio-borgo-di-san-colombano, https://musei.emiliaromagna.beniculturali.it/musei/castello-malaspina-di-bobbio

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è presa da https://fondoambiente.it/luoghi/castello-malaspina-bobbio?ldc