Zivido è un quartiere della città lombarda di San Giuliano
Milanese di cui costituisce la porzione meridionale del centro abitato, tra la
Statale Emilia ad occidente e il Lambro ad oriente. La località era un borgo
agricolo di antica origine. Nell'ambito della suddivisione in pievi del
territorio milanese, apparteneva alla pieve di San Giuliano, e confinava con Carpianello
a nord, Mediglia ad est, Santa Brera e Viboldone a sud, e San Giuliano ad
ovest. Al censimento del 1751 la località fece registrare 347 residenti. In età
napoleonica, nel 1805, la popolazione era scesa a 267 unità, tanto che nel 1809
il Comune di Zivido fu aggregato a San Giuliano, a sua volta annessa a Viboldone
nel 1811. Tutte le località recuperarono comunque l'autonomia nel 1816 dopo la
costituzione del Regno Lombardo-Veneto. Nel 1841 i governanti tedeschi decisero
di ampliare il territorio municipale di Zivido, aggregandogli Carpianello a
titolo definitivo. Al censimento del 1853 il Comune di Zivido contava 680
abitanti, a quello del 1861 il numero era salito a 698. Nel 1869 il Comune di
Zivido venne annesso definitivamente da quello di Viboldone, che poi nel 1893
assunse il nome di San Giuliano Milanese. Denominata castello dalla tradizione
locale, l'antica residenza dei marchesi Brivio a Zivido è da più voci ritenuta,
ma senza alcuna conferma di tipo documentario, già proprietà di quei Della
Torre, che, rivali dei Visconti, a questi si sostituirono, nel 1302, al governo
di Milano. Essendo, ormai, l'aspetto iniziale dell'intero edificio molto alterato da
trasformazioni susseguitesi nei secoli, ben poco rimane di quello che si
vorrebbe trecentesco: cioè, almeno parte della torre quadrangolare, attorno
alla quale, al Quattrocento e al Cinquecento devono risalire i corpi di
fabbrica circostanti, tutti poi notevolmente rimaneggiati; dalle due corti,
così formatesi, la minore, delimitata da semplice parete muraria di chiusura,
prospetta sulla via, mentre la maggiore è rivolta a ovest, verso la via Emilia.
Malgrado la discreta bibliografia - che di volta in volta lo ha definito
castello, palazzotto o villa - il castello di Zivido è stato più volte
dimenticato, ad esempio da note guide comprendenti anche la pianura intorno a
Milano. Tuttavia, non sono mancati, anche in tempi recenti, segnali di un
risvegliato interesse: oltre ai piani regolatori dedicati al borgo di Zivido,
che ne focalizzano gran parte della loro attenzione, e ad alcuni studi locali,
l'edificio appare compreso col segno convenzionale di castello con residenza,
nell'atlante all'interno del volume sui beni architettonici ed ambientali della
Provincia di Milano, pubblicato nel 1985, nonché citato nel censimento delle
opere fortificate nella Lombardia, edito, per la zona relativa, nel 1990, in
cui può rientrare - come suggerisce a chi scrive Antonello Vincenti, presidente
della Sezione Lombardia dell'Istituto Italiano dei Castelli - nella convenzione
tipologica stabilitavi per l'edificio agricolo fortificato. Infine, il castello
è compreso sia in studi promossi dal Politecnico di Milano (1990-1991), sia
nella schedatura condotta per l'Ufficio dei Beni Culturali Ecclesiastici nella
Diocesi di Milano (1992), come anche nella segnalazione di opere da restaurare,
nel recentissimo repertorio (1992), dedicato alla Lombardia da salvare. E’
verosimile che, alla pari dei castelli in pianura e risalenti ad età viscontea,
anche la fabbrica di Zivido fosse, agli inizi, semplicemente costruita in
mattoni, con qualche eventuale inserto lapideo per le modanature maggiormente
sollecitate (colonne, chiavi e spalle di archi, mensole). Cioè, anche nella
costruzione del castello di Zivido, l'utilizzazione del materiale più
immediatamente disponibile, dovette corrispondere a quella diffusa visione
economica, evidentemente tesa a ridurre al possibile l'incidenza dei costi di
trasporto. Dovette, così, derivarne un conseguente, maggior senso di
unitarietà. Nel contempo, forse anche l'insediamento di Zivido può riflettere
quelle fasi salienti dell'evoluzione storica del territorio, legata soprattutto
alla dominazione visconteo-sforzesca (1277-1499), e quindi alla spagnola
(1559-1707), le cui testimonianze, più importanti e significative si trovano
dislocate sia nel capoluogo e nei centri di provincia, sia in quelli posti in
particolare posizione strategica lungo il corso dei fiumi, spesso non senza
improntare di sé, come è stato più volte affermato, l'intero territorio. Non
sembra, infatti, da escludere l'ipotesi che, anche a Zivido, esistesse una
torre di avvistamento sul Lambro - come quelle, vicine, della Rocca Brivio o di
San Donato Milanese, e, ancora, della cascina Triulzio - malgrado sia oggi
difficile percepire, date le notevoli trasformazioni, l'altimetria del suolo
rispetto al fiume stesso. Rispetto alla grande maglia di castelli ducali
viscontei, Zivido poteva appartenere, allora, alla rete, minore e meno
organica, ma pur sempre utilizzabile, costituita da castelli feudali, o,
comunque, privati. Questi, infatti, comportavano almeno due vantaggi,
rispettivamente nei periodi di pace e di guerra. Durante i primi, potevano,
infatti, garantire l'ordine in tutto il territorio, che il potere centrale non
sarebbe stato in grado di mantenere con le sue sole forze, tenuto conto anche
della lentezza nel trasferire le milizie, a piedi, o dell'eccessiva spesa di
queste, specie se dovevano affrontare problemi locali, come, ad esempio, il
brigantaggio. In tempo di guerra, e nel particolare caso di invasione, questa
rete di castelli poteva contrastare, o quanto meno rallentare, l'avanzata
nemica, sia se eccezionalmente presidiati da forze regolari, sia per le forze
locali, che si presumevano solidali col potere centrale, a causa della
reciproca convivenza. Più tardi, in effetti, nel 1515 e nel corso della
battaglia dei Giganti, il castello di Zivido sarà quasi completamente
distrutto, come da tradizione ormai accettata da tutti gli studiosi. Oltre alla
torre, l'incendio che fu allora appiccato dovette risparmiare anche, almeno in
parte, alcuni fra i corpi di fabbrica aggiunti, come sembra, nel Quattrocento:
a questo secolo, gli studiosi hanno riferito, in particolare, anche alcuni
avanzi di un porticato, già aperto sulla corte maggiore a ovest. Ma, poichè il
castello fu ricostruito il secolo seguente, è molto difficile, allo stato
attuale, distinguere le fabbriche iniziali da quelle, a loro volta,
rispettivamente quattro e cinquecentesche. Nel contempo, l'indagine delle
strutture in alzato sembra svelare, allo stato attuale delle ricerche, una
ristrutturazione attuata nel Cinquacento di notevole vastità, data la pressochè
continua omogeneità dei materiali costruttivi (in particolare, dei mattoni e
delle malte). Se già dal 22 giugno 1251 è menzionata, nel borgo di Zivido, la
presenza dei Brivio, come in questo volume segnalato anche da Alessandro
Deiana, mancano, purtroppo altre notizie relative non solo al castello, ma
anche al passaggio di proprietà alla medesima famiglia, sino al documento
citato dagli studiosi, in data 9 luglio 1575. Secondo quanto sarà affermato nel
1583, alla data doveva risalire un istrumento rogato dal notaio Giovanni
Battista Bombello, per cui la "casa da gentilhuomo" nel luogo di
Zivido, con il suo "castelletto", già acquistata dal massaro Capponi
(forse lo stesso coinvolto nella lite per la chiesetta di S. Maria della
Natività "di Settembre") era sottoposta all'eredità della famiglia
Brivio. Già ristrutturato, e non più allo stato di rovina, doveva essere il
castello nel 1575, quando era distinta la "casa da gentilhuomo" dal
"castelletto". L'antica destinazione, cioè, si era ormai trasformata,
come di consueto nelle architetture fortificate, essendosene altresì conclusa
la destinazione difensiva: con intenti simili era riadattato, ugualmente nella
pianura intorno a Zivido, anche il castello di Melegnano, donato dal duca
Francesco II Sforza nel 1532 al Medeghino, ma anteriormente sin dal 1513, da
Massimiliano Sforza altresì accordato, quale feudo, proprio alla medesima
casata dei Brivio. Come nella residenza di Melegnano, anche quanto restava del
castello agreste di Zivido fu allora rielaborato, nella trasformazione a
residenza di campagna, quindi sistematicamente assimilato in un progetto
architettonico cinquecentesco: probabilmente nuova rispetto alla preesistenza
dovette essere quella regolare scansione spaziale che ne seguì, variamente
articolata nei corpi di fabbrica costituenti il castello. In tempi recenti, nel
1982 la famiglia proprietaria donava il castello a suore che, attualmente, ne
gestiscono un asilo infantile. Diversi sono, così, gli interventi minori i
quali, legati a tale destinazione, rendono poco visibili, anche ai fini dello
studio, varie parti del castello. Questo non è che uno dei tanti problemi inerenti al notevole stato di degrado
in cui si trova, attualmente, il castello di Zivido: vale a dire una situazione
che contribuisce ad accentuare le difficoltà di uno studio relativo agli
affreschi (di G.B.Sannazzaro da “Zivido, mille anni di storia. Dall’alto
medioevo alla battaglia dei giganti”, pp.158, 159-160, 163, 167, Associazione
Culturale Zivido, 1994. Per approfondire, vi suggerisco la lettura delle altre
pagine sul castello che trovate qui:
http://www.aczivido.net/zivido/tuttozivido/tuttoziv.php.
Inoltre, è consultabile questa pagina:
https://www.mondimedievali.net/Castelli/Lombardia/milano/provincia000.htm#zivido.
Infine, ecco un interessante video di Pierino Esposti sull’argomento:
https://www.youtube.com/watch?v=hPwbMhdk7z8