venerdì 22 dicembre 2023

Buone feste dal Castelliere !!

Il blog si ferma e tornerà a pubblicare articoli sui nostri amati castelli dal giorno 8 gennaio.

Auguri a tutti !

Valentino

NB: Il castello nella foto è a Maenza (LT)


Il castello di venerdì 22 dicembre



VISSO (MC) - Rocca San Giovanni

Secondo alcuni storici locali nella propaggine centro settentrionale del Colle della Concezione era localizzato un antico insediamento, che una leggenda farebbe risalire a 907 anni prima della fondazione di Roma, denominato successivamente Vicus Elacensis. Secondo altre fonti esso fu fondato invece verso il 1500 a.C.. Nel 292 a.C. tale centro passò sotto il dominio di Roma per essere poi distrutto da Alarico nel 408. Sempre secondo gli storici locali dopo la distruzione del Vicus Elacensis gli abitanti superstiti si ritirarono più in alto e più a sud, sul declivio del colle più ripido e quindi meglio difendibile. Il nuovo nucleo abitato prese il nome di Visse. Tra il 494 e il 526 fu un presidio gotico e nel 579 passò ai longobardi del Ducato di Spoleto. Nel 740 il re Liutprando pose Visso sotto il Castaldo di Ponte, tenendo sul luogo alcuni soldati con a capo uno sculdascio coadiuvato da sottufficiali. Nel secolo successivo Visso restò sotto i duchi di Spoleto e fu governato da un conte feudatario la cui residenza era posta in cima al colle. Difficile dire cosa resti oggi di questo antico insediamento. Alla fine del IX secolo il conte feudatario di Visso, temendo le incursioni dei Saraceni che si erano spinti nella Sabina e nell'Umbria, trasferì la sua residenza in un castello meglio difeso costruito nei pressi di Nocria di Castelsantangelo sul Nera. Tra il X e l`XI secolo gli abitanti di Visso, concentrati sempre sul declivio del Colle della Concezione, costruirono in cima all'abitato la torre di avvistamento (detta poi torre di S. Giovanni o Torre della Rocca ). Tale struttura faceva parte di un più ampio sistema difensivo del feudo dei Signori di Nocria, realizzato in quel tempo. Fin dai secoli X-XI gli abitanti di Visso iniziarono quel lungo processo che portò, all'inizio del sec. XIII alla nascita del Comune. Verso la fine del XII secolo alcune famiglie di Visso incominciarono ad insediarsi nel fondovalle. La borgata prese il nome di Castel S. Giovanni perché in tale luogo esisteva già da tempo una cappella dedicata al santo, accanto alla quale venne poi costruita l'attuale Collegiata. Nella prima metà del secolo XIII fu costruita la cinta muraria della zona sud. Dalla rocca furono prolungate le mura castellane fino al fiume Nera in modo da racchiudere lo spazio ritenuto sufficiente per le nuove abitazioni. Furono costruiti ventiquattro antemurali e quattro torrioni tra cui quello a sud est attualmente trasformato in Monumento ai caduti. Nel 1232 tale Adamo Tenaggio ed il notaio vissano Bonagiunta fecero una ricognizione delle mura probabilmente ancora in costruzione, mentre, con la costruzione di Porta Pontelato avvenuta nel 1283, i lavori poterono dirsi conclusi. Il colle fu definitivamente abbandonato dopo il 1328 a causa di un forte terremoto che rese inabitabili la maggior parte delle case. Crollò anche una parte del castello e degli edifici adiacenti. Impossibile dire se anche la torre subì danni. Sul colle abbandonato, presso la torre di vedetta già esistente, si costruì una rocca a protezione da eventuali nemici provenienti dal passo Appennino e dalla valle di Ussita. Tale rocca era a pianta quadrata con mura e quattro torri. Difficile individuare con precisione oggi tale edificio. Il 4 settembre 1434 Piergentile Da Varano, governatore di Visso per conto del papa, venne decapitato fuori delle mura di Recanati. La moglie Elisabetta Malatesta, che si trovava a Visso, conosciuta la sorte del marito, si rifugiò nella rocca insieme ai figli ed al nipote Giulio Cesare, figlio di Giovanni Da Varano. Per la protezione accordata ad Elisabetta Visso venne assediata per tre mesi dalle truppe del Legato della Marca Card. Giovanni Vitelleschi e dei due fratelli del da Varano. La Rocca e la città si rivelarono inespugnabili. Il 15 febbraio 1504 papa Giulio II fornì il denaro per il restauro delle mura. Impossibile dire se fu restaurato anche il torrione. Cipriano Piccolpasso realizzò nel 1565 una veduta di Visso con tutto il sistema difensivo completato nel quale è visibile la torre in questione (il disegno è pubblicato in "Piante e ritratti delle città e delle terre dell’Umbria", Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte, Roma 1964). Dai primi anni del secolo XVII le mura incominciarono a cadere in disuso e iniziò il loro degrado che fu maggiore nella parte a nord ben presto sommersa dalla vegetazione. Nella parte a sud esse furono invece generalmente inglobate in nuovi edifici, costruiti a ridosso delle stesse, o demolite. La Torre di S. Giovanni fu danneggiata nel 1944 da eventi bellici, mentre nel 1965 si staccarono alcuni elementi lapidei, finchè nel 1972 una scossa tellurica provocò ulteriori danni. Nel 1976 il torrione fu restaurato a cura della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici delle Marche. Venne realizzato un solaio di copertura in travetti prefabbricati e tavelloni successivamente impermeabilizzato, mentre le murature furono consolidate con cuciture armate e stuccate. Il giorno 26 settembre 1997 ebbe inizio una serie di scosse sismiche che provocò i seguenti danni: diffuse e numerose cavillature e lesioni su tutta la superficie, con particolare evidenza sui cantonali; ulteriore dissesto della volta già parzialmente crollata. Nella seconda metà del 1999 la conferenza di servizi approvò il progetto di restauro che in particolare prevedeva le seguenti opere: ricostruzione della volta a botte e del solaio del primo piano; inserimento di quattro tiranti in acciaio inox in corrispondenza della quota di imposta della volta a botte; ripulitura dalla vegetazione; rimozione e recupero delle pietre pericolanti e crollate; scavo ed asportazione del terreno franato all’interno della torre e sul perimetro esterno; ricostruzione delle murature e consolidamento delle stesse mediante iniezioni, stuccatura dei giunti e reintegro delle lacune; realizzazione di una cimasa di protezione della sommità e stuccatura delle parti terminali delle murature. Lungo la via per Macereto, in una zona che domina la città, si elevano due torri di guardia merlate, di cui una più alta (25 m.). Quest’ultima è stata restaurata nel 1973 e presenta all’esterno i resti di una scala che portava al primo piano; era utilizzata anche come torre di vedetta sulla valle Ussitana. Sono visibili anche i ruderi di antiche mura che erano protette da quattro torrioni più bassi (uno soltanto è tuttora intatto), che formavano il quadrato della Rocca.

Fonti: https://www.comune.visso.mc.it/servizioalcittadino/index.php/le-torri/10-torri/62-rocca-castel-san-giovanni, https://www.sibillini.net/il_parco/cultura_territorio/castelli/visso.php, https://www.iluoghidelsilenzio.it/rocca-di-visso-visso-mc/

Foto: entrambe prese da https://www.iluoghidelsilenzio.it/rocca-di-visso-visso-mc/

giovedì 21 dicembre 2023

Il castello di giovedì 21 dicembre



BRIGNANO FRASCATA (AL) - Castello Bruzzo

Durante il medioevo fu sotto la giurisdizione dei vescovi di Tortona dal 1157. Fu uno degli antichi fortilizi del contado di Tortona, che seguendo le sorti della vicina città, venne assegnato ai Pavesi dopo la sua seconda distruzione (1164) e quindi ad essa riconfermato con l’atto di riconciliazione nel 1176, nella qual circostanza appare con la denominazione di Balegnano. Località disabitata e distrutta: questa era la drammatica situazione di Brignano, allorché nel 1375 Galeazzo Visconti, conte di Virtù, con atto redatto nel castello di Pavia, la investiva a Spinetta Spinola q. Lucemburgo. Fu questi il feudatario, che subito dopo esserne venuto in possesso, diede mano alla riedificazione dell’attuale castello, sul luogo dell’antico fortilizio, probabilmente costituito da una torre a base quadrata, i cui resti vennero incorporati nella nuova costruzione. Durante l’occupazione francese del ducato di Milano, seguita alla caduta degli Sforza, il castello di Brignano venne rioccupato da Antonio Spinola. All'alba del 1º giugno 1478 Napoleone Spinola e Giovanni Antonio Spinola uccisero nel castello di Brignano il fratello Battista e i suoi tre figli maschi; una delle figlie nubili morì poco dopo per le ferite riportate. In seguito alla confisca dei beni degli assassini il feudo passò a Enrico Bigurra, genero di Battista, che però lo vendette nel 1485 ai Guidobono Cavalchini per 13.500 lire imperiali. Nel 1685 i Guidobono Cavalchini cedettero la loro quota di Brignano e Frascata, per il prezzo di L. 25.000 al cap. Francesco Ferrari di S. Sebastiano, la cui famiglia tenne il castello fino al 1800 circa. Più tardi il maniero passò ai Giani e quindi, quando il fabbricato si trovava già in cattive condizioni di manutenzione, ai conti Bruzzo di Genova, che negli anni successivi lo ricostruirono parzialmente, adottandolo alle attuali forme ed arricchendone l’arredamento con preziose raccolte d’arte. Fu in quest’occasione che l’interno del castello, già rude e severo, subì notevoli manomissioni, secondo il discutibile gusto del tempo. Adagiato su un colle, che domina l’abitato di Brignano e la Val Curone, al centro di un vasto parco di conifere di incomparabile, selvaggia bellezza dell’estensione di 5 ettari, il castello, dopo i recenti ampliamenti conta una trentina di stanze, tra cui ampi saloni, biblioteca, locali adibiti a foresteria e a scuderia. È a pianta quadrilatera, con torre anch’essa quadrata, a protezione dell’ingresso, secondo un modulo tipicamente lombardo. La sua struttura è mista, in arenaria e mattoni. Il nucleo originario di costruzioni, dovuto agli Spinola, consisteva nei due avancorpi a settentrione, collegati tra loro da un ponte levatoio; in epoca barocca i Guidobono Cavalchini vi aggiunsero il corpo di fabbrica oggi adibito a biblioteca; il conte Bruzzo il fabbricato a ponente, ossia la costruzione di Castelnuovo. All’interno è conservata, in parte, la struttura antica. La porta di ingresso al palazzo, che si apre sotto una loggetta nella parte avanzata del fabbricato, è di fattura rinascimentale. L'edificio è di proprietà privata e attualmente non visitabile. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=0RTVqAwRVCQ (video di Carlo Nani), https://www.preboggion.it/CastelloIT_di_AL_Brignano_Frascata.htm, https://www.altavaltrebbia.net/2020/11/23/castello-di-brignano-frascata/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Brignano_Frascata, https://comune.brignanofrascata.al.it/territorio/luoghi-di-interesse/, http://www.vivitortona.it/Scheda.jsp?idR=1800

Foto: entrambe prese da https://www.naniimmobiliare.it/scheda/ita/262/

mercoledì 20 dicembre 2023

Il castello di mercoledì 20 dicembre



PROCIDA (NA) - Torri

Attualmente a Procida si contano 3 torri, tutte ricostruite, almeno parzialmente, ma si hanno notizie e qualche rudere di almeno altre quattro torri di avvistamento. La Torre di Tabaia a Punta della Lingua fu costruita, probabilmente nel XV secolo, sull'estremità orientale della spiaggia di Sancio Cattolico da dove una scala conduceva alla strada della Vigna attraverso i terrazzamenti verso la Terra Murata. La struttura attualmente è poco più che un rudere e nel tempo è stata soggetto a continue modifiche, ma i pochi resti visibili indicano l'esistenza di un corpo compatto, a base quadrata, allineato con la strada. La torre Tabaia, dal nome dei proprietari del XIX secolo, fu usata come ricovero e deposito di mercanzie dei pescatori e marinai isolani. In seguito al crollo della scala nel XVIII secolo, ripristinata solo nel '900, la torre fu adattata a residenza abitativa. Sulla costa settentrionale di Sancio Cattolico, per il diretto contatto visivo con la costa flegrea e il traffico di mercanzie che vi si svolgeva, in corrispondenza della spiaggia denominata "sotto le Grotte" per le cavità scavate nel tufo, all'inizio del XVI secolo fu costruita una fortezza a ridosso del terrapieno e allineata alle case sviluppate lungo la costa. Non esistono fonti documentarie sulla costruzione e sul nome della fortificazione, conosciuta quindi col nome di Torre della Catena per la vicinanza al Palazzo Catena, il nome assunto nell'800 dal Palazzo Montefusco, conosciuto attualmente col nome di Palazzo Merlato per la presenza della merlatura di coronamento. La torre della Catena si sviluppava su un corpo isolato a pianta quadrata a due livelli innalzati su un basamento. La facciata interna presentava tre coppie di finestrelle che scandivano i livelli, mentre sulla sinistra un passaggio coperto da una volta immetteva sul cortile e collegava al sentiero interno che portava fino alla strada del Canale. Molto conosciuta, ed anche la meglio conservata, è la Torre aragonese della Rotonda in contrada Pozzo Vecchio. Si tratta di una torre a base quadrata, di circa 12 metri di lato su tre piani, tra le più alte delle torri di Procida perché situata all'interno dell'isola; non esiste documentazione certa sulla sua costruzione, ma la sua presenza è menzionata nell'inventario dell'Abbazia di San Michele del 1521. Questa torre fu costruita nel XVI sec. per ordine del viceré di Napoli, Don Pietro di Toledo, per la difesa delle popolazioni contro le incursioni dei corsari. A Procida ne furono costruite altre due. La fortificazione del Pozzo Vecchio estendeva il controllo sull'intera Starza, sulle Corree in cui era diviso il territorio lungo il versante settentrionale della strada che proveniva dal monastero di Santa Maria del Gesù, oggi Madonna della Libera. In contatto visivo con il casale turrito del Pozzo Vecchio e dominante le corree del Cottimo, sullo strapiombo roccioso sul mare di punta Ottimo, fu costruita un'alta torre per controllare l'orizzonte oltre la costa di Ischia fino a Ventotene, la Torre al Cottimo. L'area prendeva il nome dalla forma di retribuzione, a cottimo, corrisposta dai contadini all'abate di Sant'Angelo, proporzionalmente alle derrate agricole prodotte. La torre, su 3 livelli e sull'altura, appare visibile da buona parte dell'isola, e nonostante i numerosi rimaneggiamenti moderni la struttura difensiva originaria è ben visibile nelle pareti piene su tutti i fronti e le aperture di dimensioni ridotte. Al centro dell'isola possiamo trovare altre torri successivamente rimaneggiate in edifici fino a farle perdere il carattere originario. Una di queste è la Torre degli Infernali, di cui si dice possa essere stata la residenza isolana di Giovanni Da Procida, il medico e diplomatico consigliere di Federico II di Svevia. Negli ultimi anni del secolo XIX Michele Infernale, da cui il fiabesco nome della torre, vendette il fabbricato che conservava ancora i tratti in pietra della vecchia torre e gli archi ampiamente rimaneggiati lungo la cortina quadrangolare. La zona attorno alla torre è tuttora denominata dagli isolani come "Sotto la Torre", e l'edificio dovrebbe essere una delle tre torri che compongono lo stemma cittadino. Su un terrazzamento a ridosso della collinetta del Pennino, sopra le parule della Chiaiolella, venne costruita la Torre della Chiaiolella con funzione di avvistamento sul mare verso Vivara. Il trasferimento dei monaci domenicani nel nuovo complesso di Terra Murata rese ancora più periferico questo lembo di isola, che successivamente, nei secoli XVII e XVIII divenne territorio di caccia dei Re borboni. Non esistono nell'inventario del 1521 toponimi riferibili alla Chiaiolella, mentre i primi scritti risalgono alla metà del '600 che riportano l'assegnazione di alcuni terreni di Solchiaro ai coloni dell'Università. La torre è stata profondamente rimaneggiata, e la sua fisionomia può immaginarsi nel basamento e nelle pareti cieche sui lati rivolti verso il mare. Altri link suggeriti: http://www.tonidirossi.it/itinerando/vacanze/Procida/cottimo.html (alcune foto), https://fondoambiente.it/luoghi/palazzo-merlato-porto-di-procida?ldc

Fonti: http://canoro.altervista.org/procida/torri.php, http://www.procida.net/procida6.htm

Foto: entrambe si riferiscono alla Torre Aragonese della Rotonda. La prima è presa da http://canoro.altervista.org/procida/torri.php, la seconda è una cartolina della mia collezione

martedì 19 dicembre 2023

Il castello di martedì 19 dicembre



GENOVA - Forte Fratello Minore

Si trova sulle alture di Bolzaneto, in Val Polcevera. Il forte sorge sulla vetta del Monte Spino (622 m s.l.m.), una delle due collinette che formano la cima del monte popolarmente chiamato “Due Fratelli”. Il forte Fratello Minore fa parte di una serie di fortificazioni esterne alle "Mura Nuove di Genova" che comprendeva anche i forti Puin, Diamante e Fratello Maggiore. Il Forte Fratello Minore è costituito da una torre quadrata inserita all'interno di un recinto bastionato, originariamente accessibile mediante un ponte levatoio, oggi non più esistente. La torre è in pietrame posto a conci irregolari, ancora intonacata in parte, con gli spigoli in pietra da taglio; pure in pietra da taglio sono gli architravi del portoncino, finestre ed i fianchi delle feritoie. Il mattone è utilizzato nelle volte, negli archetti poggianti su mensole dell’ultimo piano e nel parapetto del terrazzo. L’ingresso nell’area fortificata si apre su un fossato in parte colmo, il che non toglie qualche difficoltà di entrare nel recinto. Per arrivare da qui al livello degli spalti la strada acciottolata si articola entro una trincea, tenuta sotto controllo dalle feritoie della torre e del soprastante terrapieno. L’accesso alla torre è sul lato sud; si entra in uno stanzone su cui si affacciano numerose feritoie, tutte però troppo alte da terra per poter essere utilizzate direttamente, probabilmente una piattaforma in legno girava tutto attorno. Sul lato prospiciente il Fratello Maggiore c’è una scaletta. Si scende al seminterrato illuminato da feritoie ed a fianco, dal lato Begato, c’è una cisterna della capacità di 23 metri cubi d’acqua. Saliamo al primo piano, in cui si aprono due finestre tipo cannoniera con spallette ed arco in mattoni, e notiamo come esso era formato da un solaio in legno oggi naturalmente scomparso ma di cui si vedono nel muro i fori di incastro delle travi. La copertura è una volta a botte di oltre 2 metri di spessore, a prova di bomba, il terrazzo è piano. Dal parapetto del terrazzo aggettano sui quattro lati delle caditoie, sostenute da mensole in pietra rinforzate da barre di ferro. Dai disegni esistenti negli uffici del Genio Militare di Genova risultano le seguenti difese: un cannone sullo spalto nord per battere l’alta val Polcevera, tre cannoni da 12 GRC Ret puntati sulla bassa Polcevera posti nello spalto a sud della torre e di cui si notano ancora gli appoggi dei basamenti fatti in pietra e disposti a semicerchio; quattro cannoni puntati verso il Fratello Maggiore. Inoltre nella sella esistente tra i due Fratelli un ripiano è pronto per ospitarvi un’eventuale nuova batteria. La linea di fuoco dei parapetti è di 20 metri, mentre le postazioni protette dietro feritoie sono 20. La guarnigione ordinaria in tempo di pace era composta di 15 uomini, neppure necessari per coprire tutte le feritoie. In caso di necessità se ne potevano aggregare altri venti sistemati su pagliericci a terra. Nella riservetta polveri vi erano 1200 chilogrammi di esplosivo. I rilievi noti come “Due Fratelli” rivestirono un importante ruolo strategico già durante l'assedio del 1747, quando il responsabile delle fortificazioni della Repubblica di Genova, il maresciallo De Sicre, vi fece collocare delle postazioni d'artiglieria dei genovesi puntate verso il monte Diamante, occupato dagli austriaci. Queste postazioni erano protette da una linea trincerata, dalla quale si diramavano altre trincee di sbarramento (delle quali restano ancora oggi tracce visibili), per contrastare eventuali sortite delle truppe austriache. Nel 1780 gli ingegneri militari della Repubblica di Genova ipotizzarono la costruzione su questi colli di una struttura difensiva permanente, ma all'epoca la proposta non ebbe alcun seguito. Durante l'assedio del 1800 la zona fu nuovamente teatro di violenti combattimenti tra Francesi e Austriaci, culminati con la battaglia del 30 aprile, quando le truppe francesi del generale Nicolas Soult conquistarono definitivamente queste postazioni; in questi combattimenti rimase ferito Ugo Foscolo, che si era arruolato nella Guardia Nazionale francese. La costruzione di fortilizi permanenti, riproposta dai Francesi durante la dominazione napoleonica ma ancora una volta non attuata, fu poi ripresa dal Genio Militare Sardo dopo l'annessione della Repubblica Ligure napoleonica al Regno di Sardegna, decisa dal Congresso di Vienna nel 1814. Il forte Fratello Minore fu costruito a partire dal 1816 e inizialmente, come il Fratello Maggiore e il Puin, era costituito da una semplice torre quadrata. Solo nel 1830 fu decisa l'aggiunta del recinto bastionato. Alla fine dell'Ottocento il forte, ritenuto non più strategico dalle autorità militari, fu abbandonato, per essere poi utilizzato, durante la seconda guerra mondiale come alloggio del responsabile della postazione contraerea posizionata sui ruderi del "Fratello Maggiore". Attualmente abbandonato, è liberamente accessibile ma in condizioni di degrado. I parapetti sono in parte sbrecciati, anche qui i tiranti in ferro della volta sono stati tagliati, la scala interna è stata demolita in un tratto per asportarne meglio le chiavi annegate nella muratura, per cui è anche arduo salire sulla terrazza. Il forte può essere raggiunto solo a piedi, in circa un'ora di cammino dal Forte Sperone, raggiungendo prima il Forte Puin e imboccando subito dopo una breve strada militare che devia dal percorso principale, che conduce al Forte Diamante. Altri link suggeriti: https://www.visitgenoa.it/it/forte-fratello-minore, https://www.youtube.com/watch?v=7gV_Ee5VCZs (video di ProgettoMonteMoro), https://www.liberoquotidiano.it/video/liberotv/27812654/forte-fratello-minore-genova-viaggio-alture-citta-superba-degrado-storiche-fortezze.html

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Forte_Fratello_Minore, https://genovaforti.com/fratello-minore/

Foto: la prima è presa da https://www.gesacai.it/15-febbraio-2023-forti-di-genova/, la seconda è presa da https://genovaforti.com/fratello-minore/

lunedì 18 dicembre 2023

Il castello di lunedì 18 dicembre



TRABIA (PA) - Castello in frazione San Nicola L’Arena

Fu edificato nel XIV secolo, attorno alla preesistente torre d’avvistamento di epoca normanna. Anch'esso, come tutti i castelli della costa siciliana, ebbe lo scopo di proteggere quel tratto di mare dalle aggressioni dei pirati turchi e saraceni che, in quei tempi, avevano preso di mira le spiagge siciliane più ricche di pesca. In seguito, con la nascita della tonnara, il castello divenne il punto focale per l’adiacente piccolo borgo marinaro di San Nicola L’Arena, che trovava nella pesca del tonno una delle sue principali attività. Secondo alcuni documenti rinvenuti, si ritiene che, quella di San Nicola L’Arena, sia stata la prima Tonnara ad ottenere la concessione regia nel 1367. L'antica apparteneva nel 1361 a Perrone Gioeni che ottenne da re Federico IV il diritto sulle tonnare del territorio di Palermo (non a caso il paese di San Nicola l’Arena era denominato anche San Nicola Tonnara). Il Castello pur trasformandosi nei secoli, è ancora oggi caratterizzato dalla presenza di tre torri, una torre di guardia di notevoli dimensioni, ed altre due più piccole, situate sul lato maggiore della cinta muraria. Il mastio cilindrico, coronato da mensole modanate, si erge al centro del complesso. Al suo interno si sovrappongono tre sale rotonde ed una terrazza alla quale si aggiunge per una stretta scala ricavata nello spessore del muro. Tutto il sistema giace su un basamento naturale che venne successivamente fortificato ma anche addolcito da un giardino interno. Gli attuali proprietari, i Principi Vanni Calvello di San Vincenzo, continuano un’opera di conservazione atta a mantenere viva la memoria di un pezzo di storia siciliana. Il Castello di San Nicola l’Arena, si staglia sulle acque del golfo di Trabia, riportando la memoria indietro nel tempo per rivivere le emozioni ed i fasti delle corti del passato. Un castello colmo di leggende, di storie, di amori contesi, di racconti di battaglie, di emozioni e sensazioni evocative di tempi ormai andati. Attualmente il Castello è utilizzato per trattenimenti nuziali e spettacoli vari.
Altri link per approfondimento: https://www.vivasicilia.com/castello-di-san-nicola-l-arena/, https://www.youtube.com/watch?v=tfJ04O9M-40 (video di castellodisannicola), https://www.virtualsicily.it/Monumento-Castello%20di%20San%20Nicola%20l-Arena-PA-193, https://reportagesicilia.blogspot.com/2013/12/quelloscura-fama-del-castello-di-san.html, https://www.youtube.com/watch?v=zJtRWno7AFY (video di Marco Guzzo)

Fonti; http://www.castellodisannicola.it/castello.html, https://www.icastelli.it/it/sicilia/palermo/trabia/castello-di-san-nicola, https://www.typicalsicily.it/listing/castello-in-sicilia-castello-san-nicola/

Foto: la prima è presa da https://www.typicalsicily.it/listing/castello-in-sicilia-castello-san-nicola/, la seconda è una cartolina della mia collezione

venerdì 15 dicembre 2023

Il castello di venerdì 15 dicembre




CANINO (VT) - Castello di Vulci (o dell'Abbadia)

Fu eretto a riparo di un suggestivo ponte etrusco-romano, detto dell'arcobaleno o del diavolo (III sec. a.C.), alto trenta metri e dominante sul fiume Fiora. Il castello, in origine, era un'abbazia benedettina (da cui il nome), dedicata a san Mamiliano: la sua posizione strategica nella zona tra Stato Pontificio e Granducato di Toscana e l'importante arteria su cui vigilava il ponte, rendevano l'edificio conteso e appetibile. Infatti, dal XII secolo in poi, gli Aldobrandeschi, Orvieto e i Prefetti di Vico se lo contesero aspramente modificandone l'aspetto e trasformandolo in castello fortificato, in forma trapezoidale e con torre di vedetta. Nel 1430 Ranuccio Farnese il Vecchio ebbe il maniero in feudo e nel 1513 il cardinale Alessandro Farnese, futuro papa Paolo III, lo ebbe in vitalizio e vi dimorò piacevolmente quando gli impegni da porporato lo permettevano. Il futuro pontefice modificò la struttura esterna ed interna del castello nella maniera in cui lo si vedrà nei secoli futuri. Nel 1537 l'Abbadia fu inserita nel Ducato di Castro che il papa Farnese aveva appositamente costituito per il figlio Pier Luigi: rientrò nello Stato della Chiesa nel 1649 dopo la distruzione della città. Nel periodo napoleonico il castello fu assegnato a Luciano Bonaparte, fratello dell'imperatore, come principe di Canino. In seguito passò ai Torlonia, ma nel corso dell'Ottocento, vista la sua posizione decisiva, fu adibito a dogana pontificia. Dopo anni di incuria il complesso fu incamerato dallo Stato italiano e dal 1975 diventò la sede del Museo Archeologico Nazionale di Vulci, sono esposti reperti provenienti dagli scavi archeologici di Vulci. Lo scrittore inglese David Herbert Lawrence, l’autore de L’amante di Lady Chatterley, visitò il territorio di Vulci e descrisse il castello nel libro "Libri di viaggio e pagine di paese". Egli scrisse, nell’epoca precedente alla costituzione del museo: “A ridosso del ponte, da questa parte, è la nera costruzione del castello rovinato, con l'erba che spunta dall'orlo dei muri e dalla nera torre. Come il ponte è costruito con blocchi di tufo spugnoso, bruno-rossiccio, ma molto più quadrati. E c'è all'interno un vuoto tutto speciale, Il castello non è interamente in rovina, è una specie di casa rurale”. Una delle curiosità interessanti sul castello di Vulci riguarda il ponte a esso adiacente, il cosiddetto Ponte del Diavolo. In realtà è solo uno dei numerosi ponti così chiamati esistenti al mondo, dato che secondo una leggenda diffusa in tutto il globo e riadattata per l’infanzia da James Joyce, questi ponti verrebbero costruiti in una sola notte dal demonio in persona. Nel mito il diavolo viene sempre gabbato dalla popolazione locale, che decide di sacrificare un piccolo animale per salvare capra e cavoli, o meglio il ponte e l’anima. Il complesso castello di Vulci-Ponte del Diavolo è all’interno del locale parco archeologico-naturalistico. Il ponte, che è molto antico, essendo di epoca etrusca, collega le due sponde del fiume Fiora, su una delle quali ricade il castello, e consta di tre archi, del quale uno, il centrale, è alto 20 metri. Il Castello di Vulci ha una forma trapezoidale e domina la riva sinistra del Fiora mentre ad est, dove è protetto da un fossato, si affaccia sulla pianura circostante con un muro di cinta munito di quattro torri semiellittiche. Si caratterizza per avere un corpo di fabbrica sul lato occidentale e un altro sul lato nord orientale. Dal ponte si mostra in tutta la sua bellezza e suggestione medievale. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=l0jmlee05Ec (video di giroilmondoingiro), https://www.beniculturalionline.it/location-3834_Castello-della-Badia---Museo-Nazionale-Archeologico-di-Vulci---Virtual-Tour-360%C2%B0.php (visita virtuale),https://www.youtube.com/watch?app=desktop&v=0WOXlNGXhDo (video di Renato Maiorana), https://www.youtube.com/watch?v=Bhzj_tUsPww (video di ArcheoTime)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_dell%27Abbadia, https://terredivulci.it/visitare/il-castello-dellabbadia/, https://www.ilgiornale.it/news/viaggi/castello-di-vulci-informazioni-2085790.html, https://www.lazionascosto.it/castelli-fortezze-rocche-da-visitare-nel-lazio/castello-di-vulci/, https://www.prolocoroma.it/il-castello-dellabbadia-vulci/

Foto: la prima è presa da https://www.beniculturalionline.it/location-3834_Castello-della-Badia---Museo-Nazionale-Archeologico-di-Vulci---Virtual-Tour-360%C2%B0.php, la seconda è di angelo.mele su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/15138/view. Infine, la terza è una cartolina della mia collezione

giovedì 14 dicembre 2023

Il castello di giovedì 14 dicembre



POTENZA - Torre Guevara

La costruzione si trova in via Bonaventura, ai margini est del centro storico della città ed è un antico monumento costruito nel secolo IX d.C., facente parte del non più esistente castello cittadino. La storia del castello di Potenza è incerta, poiché anche nell'Istoria della Città di Potenza (1673) compilata da Giuseppe Rendina, cui fanno riferimento i maggiori storici della città, mancano informazioni precise circa le sue origini. Forse l'edificio venne costruito sui resti di un'altra struttura fortificata, forse una struttura di detenzione. L'edificio è sicuramente precedente all'anno mille, quindi di plausibile origine longobarda. Con molta probabilità la torre fu costruita precedentemente al castello, intorno al IX secolo, con una precisa ed autonoma funzione di vedetta e, soltanto dopo, sarebbe sorta intorno ad essa la struttura fortificata che l'avrebbe trasformata nel castello dei conti di Potenza, databile al X-XI secolo. La torre, posta all'estremità est del centro storico, ebbe nel corso del Medioevo grande importanza per la difesa dalle scorribande dei barbari e per il controllo della sottesa ansa fluviale del Basento dalla sorgente alla stretta di Albano. Data la sua importanza strategica, inoltre si suppone che la torre in origine fosse ben più elevata; il Riviello, infatti, narra dell'antico castello con la sua altissima merlata ed inaccessibile torre fatta logora e screpolata dal lavorio dei secoli e dalla forza dei terremoti. La storia del castello comunque è legata a quella delle casate che ebbero in feudo la città. Nel 1268, dopo la vittoria di Carlo I d'Angiò su Corradino di Svevia, la città, fedele a quest'ultimo, fu quasi distrutta ed il Castello, occupato dagli Angioini, fu tolto ai Conti e affidato ad un Regio Castellano. Durante il Medioevo la torre aveva la funzione di torre di avvistamento, o maschio, adibita alla funzione di avvistare i nemici grazie alla propria altezza e alla sua posizione strategica. Con la fine del regno angioino e l'arrivo degli Aragonesi, il re Alfonso concesse la città, divenuta contea, al fido Don Innico de Guevara. Tra i tanti padroni avvicendatisi alla guida della contea, i Guevara lasciarono segni tangibili della loro presenza mostrandosi partecipi alle vicende socio-politiche della città. Nel 1445 Innico de Guevara diede inizio ai lavori di ristrutturazione della cinta muraria di origine normanno-sveva, in parte distrutta e ricostruita già in età angioina; essa fu fortificata e dotata di numerose porte di accesso nonché di torri di avvistamento e di difesa. Dovrebbero infatti risalire a questo periodo la Porta de la Mendola, citata per la prima volta nel 1481, Porta San Luca e Portasalza. Quest'ultima, posta sul lato ovest del centro antico, si presentava come una struttura fortificata la cui mole faceva da contrappunto a quella della torre. Altre opere riconducibili ai Guevara sono la ristrutturazione del palazzo del Seggio, la ricostruzione del chiostro duecentesco di San Francesco nonché del convento e della chiesa di Santa Maria del Sepolcro, luogo di culto prediletto e cimitero dei conti. Inoltre verso la fine del Quattrocento terminato il nuovo palazzo comitale, commissionato dai Guevara stessi, il castello perse l'originaria funzione di residenza e venne abbandonato. In seguito e fino al 1612, questa costruzione, non più curata, servì ad un ordine di Frati Cappuccini per ospizio. Quando poi Don Alfonso de Guevara, sesto conte di Potenza, diede in sposa sua figlia Beatrice a Enrico di Loffredo, la città, che costituiva la dote nuziale, passò ai Loffredo. Nel 1621 Beatrice de Guevara donò l'antico castello ai Frati Cappuccini di San Carlo ad eccezione della torre, che i conti vollero tenere per sé. Più tardi, nel 1626, il conte Carlo di Loffredo, figlio di Beatrice, lasciò ai frati una somma considerevole a condizione che nel castello fondassero una chiesa ed un monastero. Soltanto nel 1810 il castello fu tolto ai religiosi e adibito a sede dell'Ospedale San Carlo, con Decreto del re di Napoli Gioacchino Murat. Il castello, ormai divenuto ospedale, subì varie ristrutturazioni e nel 1927 fu aggiunto un vasto fabbricato che si affacciava sull'attuale piazza Bonaventura. Dopo l'ultimo conflitto mondiale il castello fu demolito per far posto ad un edificio scolastico e oggi, unica testimone di secoli di storia, resta soltanto l'antica Torre. Nel 1980 la torre resistette solidamente al rovinoso terremoto dell'Irpinia. Essa subì ugualmente vari restauri. Attualmente è la sede dell'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della provincia di Potenza. L'Ordine esternamente ha realizzato un giardino pubblico, denominato “Il Giardino dell’Agronomo - Gioacchino Viggiani” in memoria del primo iscritto nella Provincia di Potenza mentre all'interno c'è un museo permanente a lui dedicato. La segreteria dell’Ordine della Provincia di Potenza si occuperà della gestione sia del giardino esterno, sia del suddetto museo, interno alla Torre. La torre è un edificio molto spoglio a causa del logorio dei secoli, costruito mediante l'utilizzo di alcune particolari pietre che si trovano sul letto del fiume Basento. Infatti analizzando queste pietre con quelle della torre si è potuta osservare l'uguaglianza fra le due. Molte strutture medievali dello stesso periodo presentano la medesima pietra. La torre è formata da tre piani che raggiungono l'altezza di venti metri. Ha un diametro interno di 7 metri e un diametro esterno di 10. Inoltre presenta 86 scalini e 7 finestre.Altri link proposti: https://lnx.altobradano.it/torre-guevara-potenza/, https://www.lucania.one/artistilucani/gentile/scale/36.htm, https://www.youtube.com/watch?v=bW8yLsmsuRM (video di AOR San Carlo), https://www.rainews.it/tgr/basilicata/video/2022/05/bas-Torre-Guevara-Lavori-Riqualificazione-84f04634-60f3-4881-8580-16f179819037.html (video)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Guevara_(Potenza), https://www.comune.potenza.it/?p=35, https://fondoambiente.it/luoghi/torre-guevara-potenza?ldc

Foto: la prima è presa da https://www.basilicataturistica.it/scopri-la-basilicata/potenza/potenza-il-patrimonio-culturale/la-torre-guevara/?privacy=updated, la seconda è presa da https://www.comune.potenza.it/?p=48990

mercoledì 13 dicembre 2023

Il castello di mercoledì 13 dicembre




MONTAIONE (FI) - Castello di Castelfalfi

È opinione comuine che il nome Castelfalfi sia una derivazione di Castrum Faolfi o Farolfi, cioè la roccaforte militare di Faolfo, re longobardo che pare abbia fondato il Borgo. Le prima ed unica prova scritta di tale periodo è una lettera del 754 in cui Walfredo di Ratgauso della Gherardesca cita Castelfalfi in occasione di una donazione alla Badia di Monteverdi in Maremma. Ma se ci fosse stato un errore di trascrizione e il nome fosse invece Fuolfi, significherebbe che il Castello risale al 550-600 d.C. e quindi ad un periodo pre-longobardo, circa 200 anni prima rispetto alla datazione ufficiale. Durante il basso Medioevo, nel 1139, Il Castello di Castelfalfi venne venduto da Ranieri della Gherardesca al vescovo di Volterra per cento lire. Nel 1230 Castelfalfi entrò a far parte del contado di San Miniato insieme a Tonda, Vignale e Camporena. Nel 1200 il piviere di Castelfalfi aveva 13 chiese suffraganee. Intorno al 1370, Castelfalfi, insieme alle comunità circostanti, si sottomise alla Repubblica di Firenze distaccandosi da San Miniato. Nel 1475 i proprietari di Castelfalfi erano Giovanni di Francesco Gaetani e sua moglie Costanza de' Medici, che ristrutturarono il castello dandogli l’aspetto di villa e costruirono qui una seconda dimora. Durante l’aspra guerra tra Firenze e Siena, nel 1554, Castelfalfi venne saccheggiato e incendiato dalle milizie di Piero Strozzi. Castelfalfi passò poi alla famiglia Medici - Tornaquinci. Per lungo periodo il Borgo visse la tranquilla quotidianità di una grande fattoria con molti mezzadri e alcuni braccianti dell’azienda unificata dai Gaetani, dai Bardi e dai Biondi. All’inizio del XX secolo venne edificata una tabaccaia, essiccatoio per le piante di tabacco giunte dall’America e coltivate anche in questa zona. Durante la Seconda Guerra Mondiale il castello ospitò una divisione dell'esercito tedesco, e fu danneggiato da bombardamenti americani durante la loro avanzata per la liberazione del territorio. A partire dal secondo dopoguerra e per alcuni decenni a venire, il Borgo e la fattoria di Castelfalfi sono stati progressivamente abbandonati da abitanti ed artigiani, in cerca di lavoro nelle fabbriche della Valdera. Nel 1982 l'imprenditore milanese Virginio Battanta rilevò dal tribunale di Firenze le società che detenevano tutto il borgo medievale ed i 1320 ettari di terreno agricolo che costituivano la tenuta di Castelfalfi, incluse le 36 case coloniche e il campo da golf. Tutti i beni ed i terreni erano stati detenuti fino a quel momento da diverse società che avevano sottoscritto un concordato fallimentare con il tribunale di Firenze. Successivamente iniziò il ripristino e la ricostruzione di alcuni degli immobili di maggior valore quale il castello, la villa Medicea ed altri edifici siti nel centro storico. Più volte ristrutturato e trasformato, anche a causa dei danni provocati dalle guerre, il castello è oggi un complesso che mantiene evidenti i caratteri del castrum, con un’alta e possente cinta muraria, i bastioni circolari, ma addolcito da un’architettura che lo avvicina al modello della villa. Di particolare interesse sono le cantine, disposte su due livelli entro la cinta muraria, al di sotto del piano su cui sorge l’edificio principale, dove si trovano alcuni dei primi esemplari di tini invetriati di inizio Novecento. All’estremità del borgo opposta al Castello si trovano una villa di impianto mediceo e la Pieve di San Floriano. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=CG7Hcykx-yI (video con drone di Dario Billi), https://www.youtube.com/watch?v=9vPM8QwraZQ (video di Luca Melai), https://www.youtube.com/watch?v=M0Az-pw0WH8 (video di SG-Video)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castelfalfi, https://www.montaioneintuscany.it/arte-cultura-storia/castelfalfi/

Foto: la prima è presa da https://www.siceimpianti.com/progetto/restauro-castello-di-castelfalfi-montaione/, la seconda e la terza sono del mio amico (e inviato speciale del blog) Claudio Vagaggini

martedì 12 dicembre 2023

Il castello di martedì 12 dicembre



PIVERONE (TO) - Torri del ricetto

Nel XIII secolo, si hanno notizie del podestà di Vercelli Pruino degli Incoardi che cedette il territorio ai consoli feudatari Brulino e Raimondo da Livione, Raimondo da Anzasco, Giovanni del Platola da Palazzo e Albertino del Monte. I consoli vercellesi fortificarono il paese con un bastione in stile romanico a tre torri, in previsione di espandersi verso la vicina Eporedia. Una delle tre torri (la torre-orologio municipale, d'ingresso al borgo) è rimasta in buono stato, mentre le altre due sono parecchio degradate. Dello stesso periodo è la chiesetta romanica di San Pietro di Subloco, di cui oggi non rimane che il campanile. A partire dal XV secolo, Piverone diventò l'ultima roccaforte territoriale protetta a nord-est del Ducato di Savoia, attraverso i nobili De Marchi, assoggettati a Ludovico di Savoia. Agli inizi del XVIII secolo, il paese fu poi meta di villeggiatura di madama Giovanna Battista di Savoia-Nemours, moglie del duca Carlo Emanuele II. Vediamo in dettaglio le tre torri rimaste dell'antico ricetto di Piverone:

TORRE D’ANGOLO NORD-ESTSi trova in piazza Lucca, a destra della porta turrita, un tempo utilizzata come carcere era stata poi inglobata, come vano scale, nell’antico palazzo sede delle scuole ed ora è isolata nei pressi dell’edificio scolastico.

TORRE D’ANGOLO NORD-OVEST
La torre d’ angolo di nord ovest, detta di S. Giacomo, è ubicata in un giardino privato ed ha pianta circolare. Anche questa torre un tempo era aperta verso l’interno e non aveva copertura, presenta decorazioni ad “archetti pensili” e merlatura ghibellina a “coda di rondine”. Un muro merlato, fiancheggiato all’interno dalla “curseria”, collegava le due torri d’angolo e costituiva il lato longitudinale verso la Serra. I due lati minori del rettangolo irregolare erano cinti da mura uguali, che passando attraverso le due porte congiungevano i due muri longitudinali difesi da altre due torri di cortina a base quadrata.

TORRE-PORTA CAMPANARIA O DELL’OROLOGIO
In Via del Torrione c’è una massiccia porta turrita, che oggi ha la funzione di torre campanaria e dell’orologio; un tempo era completamente aperta verso l’interno e priva di copertura con la tipica torretta di vedetta “la bertesca”, presenta un arco a tutto sesto, feritoie per azionare i tre “bolzoni” dei due antichi ponti levatoi (carraio e pedonale), decorazioni ad “archetti pensili” e merlature ghibelline “a coda di rondine”. Esisteva un’altra torre porta simile a quella esistente che fronteggiava Palazzo Canavese ed era chiamata il “Torrione”. L’attuale “via del Torrione” conserva il nome che aveva preso da quell’antica porta, abbattuta nel 1750.

Vi erano poi altre torri appartenenti alle mura medioevali, quella di Cortina verso la Serra che è ormai scomparsa, mentre l’altra è ancora oggi visibile e forma l’abside della Cappella della Confraternita dei Disciplinati in Via Flecchia. Per maggiore sicurezza, esisteva un ampio fossato, le cui sponde erano formate da una prima cerchia muraria, detta “bastioni”, esso si riempiva con acque derivanti dalle sorgenti della Serra. Le mura erano merlate, delle stesse, rimangono alcuni tratti visibili nei pressi della Cappella in via Flecchia, l’antica via Maestra. Nel borgo troviamo ancora la grossa cisterna dell'acqua, stradine ciotolate e vecchie abitazioni. Altri link suggeriti: https://archeocarta.org/piverone-to-resti-medievali/, https://www.youtube.com/watch?v=kQE6_DJiXLA (video di PiccolaGrandeItalia.TV)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Piverone, https://www.turismotorino.org/it/le-cinque-torri-di-piverone, https://www.capotrenogio.it/torre-campanaria/

Foto: la prima (Torre dell'Orologio) è di D. Bragaglia © mondointasca.it su https://mondointasca.it/2020/07/13/via-francigena-morenico-canavesana-da-pont-saint-martin-a-piverone/piverone-torre-campanaria/, la seconda (torre angolo nord-est) è di Laurom su https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Piverone_Torre_Angolo_Nord_Est.jpg

giovedì 7 dicembre 2023

Il castello di giovedì 7 dicembre


PONTECAGNANO FAIANO (SA) - Castello Moscati in località Faiano

Il castello Moscati è un palazzo signorile situato in località Trivio Granata (Casa Boccia) a Faiano della famiglia faianese Moscati. L'edificio, a pianta quadrata, ha vari piani con una piccola torre ed un chiostro centrale. Il castello è recintato da una grande fortezza con tante piccole torri. Inoltre intorno ad esso, in passato, vi erano grandi castagni, alti fino a trenta metri. I Moscati erano dei latifondisti, come la famiglia Morese molto attiva in quelle che oggi sono Sant' Antonio a Picenza e Pontecagnano. I latifondi dei Moscati, si trovavano invece a ridosso dei Monti Picentini e della collina faianese

Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_Moscati

Foto: è la copertina del libro "Una casa" di Antonella Moscati, presa da https://www.sololibri.net/Una-casa-Antonella-Moscati.html

martedì 5 dicembre 2023

Il castello di martedì 5 dicembre



PROSSEDI (LT) - Palazzo baronale

Chiamato anche Palazzo Ducale o Palazzo Gabrielli-Del Gallo, domina con le sue dimensioni la Piazza Umberto I. Sulla sua storia si hanno poche notizie. Fu costruito nel 1100, a cavallo della collina che si affaccia sulla valle dell'Amaseno. Nel 1125 il paese venne dato alle fiamme dalle truppe di papa Onorio II. Ricostruito dopo l’incendio, il Palazzo subì nel tempo diversi passaggi di proprietà: dai Chigi ai Massimo, dai Gabrielli agli Altieri e infine, nel 1758, nuovamente rivenduto dagli Altieri ad Angelo Gabrielli, il cui discendente, Placido Gabrielli, sposato alla cugina Augusta Bonaparte, fu il quarto e ultimo dei principi di Prossedi. Al suo interno soggiornò Papa Pio IX in occasione della sua visita del 1856. Una volta acquistato dai Gabrielli, questi lo ampliarono conferendogli dignità principesca secondo lo stile barocco-rococò in voga nel XVIII secolo. Alla loro morte nei primi del ‘900 il Palazzo passò ad Alberto del Gallo di Roccagiovine. L’attuale fabbricato risale probabilmente al XVI secolo, innalzato su uno più piccolo appartenuto ai Conti de Ceccano a partire dal XII secolo. Il complesso presenta in tutte le sue parti perfetta simmetria rispetto al cortile centrale. L’impianto è rettangolare con quattro massicci torrioni angolari. Il tutto ripete la tipologia cinquecentesca del castello-fortezza nel quale il senso della fortificazione prevale su quello dell’abitazione. Al palazzo si accede attraverso una elegante scalinata di 10 gradini, separata da Piazza Umberto I da un cancello in ferro battuto. Il Palazzo è alto più di 20 metri e sorge su tre piani. Il portale di ingresso, in pietra levigata, è sormontato da tre scudi raffiguranti gli stemmi araldici dei proprietari del castello. La visita al palazzo si limita al cortile interno attorno al quale si aprono alcune porte che immettono negli spazi di servizio. Entrando dal portone il visitatore è accolto da un fitto colonnato dal gusto settecentesco. Sul lato destro si apre una scala che comunica con i piani superiori: al secondo piano era la residenza signorile, al terzo piano un tempo abitava la servitù. Nei due piani sono sistemate circa 50 stanze tra piccole e medie. Oggi vi ha sede una rinomata cantina vinicola. Le prime vigne nei colli sottostanti al paese, nella valle dell’Amaseno, sono state piantate dai Gabrielli alla fine del ‘700. Altri link consigliati: https://www.youtube.com/watch?v=XnI_WGOxxOA (video di Angelo Petrucci), https://www.youtube.com/watch?v=puIeQs7FMS4 (video di Borghi d'Italia TV2000), https://www.youtube.com/watch?v=O5av9R8Pjj4 (video di 9cento)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Baronale_(Prossedi), https://it.wikipedia.org/wiki/Prossedi, https://palazzoprossedi.it/, https://www.compagniadeilepini.it/prossedi-cultura-edifici-storici/, https://www.camminoreginacamilla.it/prossedi/

Foto: la prima è presa da https://www.compagniadeilepini.it/prossedi-cultura-edifici-storici/, la seconda è una cartolina della mia collezione

lunedì 4 dicembre 2023

Il castello di lunedì 4 dicembre


MONTEPESCALI (GR) - Cassero

Affacciato su Piazza del Cassero, si presenta come un complesso costituito da un palazzo a pianta rettangolare, al cui lato destro è addossata la Torre dell'Orologio. Il complesso fu costruito quasi certamente nel corso dell'XI secolo, svolgendo originariamente funzioni religiose in quanto originariamente era un convento che includeva anche la chiesa di Santa Cecilia e la torre era, all'epoca, adibita a campanile. Nel corso del XII secolo il complesso conventuale fu soppresso e trasformato in rocca e divenne la sede del feudo controllato dalla famiglia Aldobrandeschi. Nel Trecento, il passaggio di Montepescali alla Repubblica di Siena portò alla trasformazione della rocca nel cosiddetto Cassero Senese, che successivamente venne ristrutturato per ospitare il locale Palazzo di Giustizia: la realizzazione del cassero comportò anche la soppressione della chiesa che vi sorgeva. Perso lo status di Libero Comune, il borgo vide una graduale dismissione dei palazzi pubblici, che furono gradualmente venduti ai privati e trasformati in edifici abitativi: tale destino fu seguito anche dal cassero. L'edificio che ospitò il Palazzo di Giustizia ha subito profonde modifiche hanno alterato gran parte degli elementi stilistici, pur potendo intuire dall'articolazione del complesso le primitive funzioni di complesso religioso. La Torre dell'Orologio, a pianta quadrata, con strutture murarie rivestite in pietra, si eleva ben oltre il tetto del palazzo. Nella parte alta è collocato un orologio, risalente alla seconda metà dell'Ottocento, che ha sostituito quello originario perduto durante la battaglia del 1555 tra Fiorentini e Senesi per il controllo di Montepescali: l'antico orologio è conservato nel Museo d'Arte e Storia di Ginevra. Al di sopra, vi è una piccola apertura ad arcotondo rivestito in laterizi, mentre sugli altri lati si aprono più ampie monofore, sempre ad arco tondo. La parte alta, non perfettamente conservata, presenta alcuni resti di merli che testimoniano l'esistenza di una merlatura sommitale nei secoli scorsi. I Tolomei, donarono la campana della torre in memoria della loro parente la Dantesca Pia, che secondo la leggenda finì i suoi giorni in maremma in località Castel di Pietra, nel territorio di Giuncarico. Questa campana ricorre spesso, nei momenti che regolavano la vita del Comune di Montepescali ed era insieme all'orologio un vanto per il comune a un collegamento con il quadrante dell'orologio, quadrante unico che era posto sul fronte nord della torre. Ancora oggi, all'interno delle mura della torre, in corrispondenza del posto dove si trovava l'orologio originale, si può vedere il quadrante con le sue ore, inciso nel muro, che serviva per rimettere dall'interno l'ora esatta sull'orologio posto esternamente. Questi due pezzi, rari per quel tempo, ebbero però, anche se in epoche diverse, la disavventura di essere trafugati e la campana in particolare distrutta. Altri link suggeriti: https://wikimapia.org/18244515/it/Piazza-del-Cassero, https://www.youtube.com/watch?v=zQal_iMdmsE (video di Fabio Balocchi), https://www.youtube.com/watch?v=mPxSSrHT2wI (video di DronePills)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Cassero_Senese_(Montepescali), https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/0900234963A

Foto: la prima è presa da http://www.poderesantapia.com/album/grosseto/montepescalicassero.htm, la seconda è presa da https://www.bellitaliainbici.it/montepescali.htm

venerdì 1 dicembre 2023

Il castello di venerdì 1 dicembre



REANO (TO) - Castello dei principi Dal Pozzo della Cisterna

La parte antica del paese è di origine medioevale ed è protetta dal Castello sorto nel XIII secolo sui resti di un antico fortilizio romano, dall'originaria funzione difensiva, di cui ha mantenuto l'aspetto esteriore: turrito e merlato, divenne nei secoli seguenti una residenza signorile con interni in stile barocco. La sua storia è strettamente legata alla famiglia Dal Pozzo che lo acquistò nel 1566 e ne rimase in possesso per secoli, sino alla morte avvenuta nel 1876, della Principessa Maria Vittoria, Signora di Reano e Regina di Spagna, figura molto cara ai reanesi per la sua sensibilità e generosità. Nell’anno 1904 il Duca Emanuele Filiberto lo vendette ai Marchesi Durazzo, ai quali rimase sino all’anno 1960, anno in cui lo cedettero al Conte Tournon. Dopo lunghe e complesse vicende giudiziarie il castello fu acquistato da un ricco petroliere egiziano (sposatosi con una giovane donna di Reano) che fece realizzare ampi interventi di restauro. Attualmente il castello è di proprietà privata e non è visitabile. Il complesso ha una pianta irregolare con struttura difesa da torri quadrate e merlate, tuttora conservate. Altri link suggeriti: https://www.lagendanews.com/il-castello-di-reano-la-dimora-di-una-regina-di-spagna/, https://www.youtube.com/watch?v=AcbtO8LvfpQ (video con drone di Fabio Zilio), https://www.youtube.com/watch?v=L2W4v83RCKI (video di Sergio Isoardi), https://www.youtube.com/watch?v=i3skIK27DlU (video di Nicola Patruno), https://www.piemonteis.org/?p=2507

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Reano, https://www.comune.reano.to.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/castello-sec-xiii-4715-1-84783eebf68d698682129dbbfc1bcecc, http://rete.comuni-italiani.it/wiki/Reano/Castelli_e_Fortificazioni, testo preso dal libro "Castelli in Piemonte" di Rosella Seren Rosso (1999)

Foto: la prima è di joiedevivre su http://rete.comuni-italiani.it/wiki/Reano/Castelli_e_Fortificazioni, la seconda è di PIERVICTOR su http://rete.comuni-italiani.it/wiki/Reano/Castelli_e_Fortificazioni

giovedì 30 novembre 2023

Il castello di giovedì 30 novembre



SAN CESARIO SUL PANARO (MO) - Torre dell'Orologio

Nel corso dei secoli XII e XIII la corte di San Cesario venne coinvolta nelle lotte di confine fra i due comuni rivali di Modena ghibellina e filo-imperiale e Bologna guelfa e filo-papale. San Cesario era l’avamposto modenese e pertanto dall’anno 1190 diventò un “castello”, cioè un borgo fortificato racchiuso da un profondo fossato, circondato da terrapieni sormontati da palizzate di legno. I bolognesi dal canto loro fronteggiarono San Cesario con i “castelli” analoghi di Piumazzo e Castelfranco. Tutto il territorio, seguendo la sorte di altri centri di confine, fu teatro di sanguinose battaglie che lo resero di nuovo desolato e disabitato, tanto che si legge in una cronaca modenese che “omnes homines aut mortui sunt, aut inde aufugerunt” (tutti gli uomini erano morti o erano fuggiti da lì). Con la battaglia di Zappolino nel 1325, senza che ci sia stato un vero vincitore, si conclusero le guerre di confine poiché si andò affermando nella città una nuova istituzione: la signoria. Nel 1367 iniziò per San Cesario una nuova fase della storia; col permesso degli Estensi, signori di Modena e Ferrara, presero possesso del luogo il capitano Albertino Boschetti, distintosi come esperto soldato, che iniziò l’opera di ricostruzione. Non si trattava ancora di un’investitura ufficiale, che avvenne nell’anno 1404 per concessione ecclesiastica (il territorio infatti apparteneva ancora di diritto alla Chiesa e quindi al Papa), da parte del cardinale Cossa, ma i Boschetti sollecitarono un’investitura ufficiale anche da parte degli Estensi, a cui prestavano servizio come capitani, cosa che avvenne nell’anno 1446 quando il duca Leonello d’Este elevò a Contea San Cesario concedendone la giurisdizione ad Albertino III e ai suoi discendenti” con le ville e i terreni adiacenti”, con tutti i diritti e le facoltà proprie delle investiture dell’epoca. Forti di questa doppia investitura i Boschetti poterono affrontare il lungo contenzioso che nel frattempo si era aperto con i benedettini di San Pietro di Modena, i quali si ritenevano gli unici beneficiari del luogo e rivendicavano il possesso delle terre. Arrivarono comunque ad accordi abbastanza soddisfacenti per entrambi. I Boschetti mantennero la giurisdizione su San Cesario fino all’anno 1796, quando le nuove leggi napoleoniche abolirono tutti i diritti feudali. Continuarono tuttavia anche dopo a mantenere il possesso di molte terre e della loro residenza. Nel 1860 San Cesario divenne un Comune del Regno d’Italia. A partire dal 1368 San Cesario aveva assunto un nuovo e originale aspetto di cui rimangono ancora oggi le tracce. Tutto il paese è diviso in tre parti: la rocca, il castello, il borgo. La rocca, di forma rettangolare, era circondata da un muro dello spessore di un metro e da un ampio fossato. Aveva negli angoli una torre e una quinta torre più grande stava sulla porta d’ingresso a ovest. Di queste cinque torri è rimasta solo quella dell’orologio, mentre si può individuare la base della torre adiacente. Dentro la rocca c’erano la Chiesa, la Canonica, la residenza dei Boschetti (palazzo e rocca) e una caserma con una guarnigione di soldati. Si accedeva alla rocca tramite due porte: una verso est (Piumazzo), costituita da una semplice apertura nel muro chiusa da una grossa catena; l’altra a ovest, ben più importante, sormontata da un’alta torre sotto la quale si apriva un ampio voltone terminante con un ponte levatoio; in questa torre abitava il custode e veniva all’occorrenza adibita a prigione. Uscendo dal ponte levatoio si accedeva al “castello”, cioè il borgo con il perimetro tondeggiante e fortificato da terrapieni e da un parancato, circondato da un fossato; all’interno si ergevano le modeste case di legno. Il perimetro di questo “castello” medievale è ancora chiaramente percepibile nell’andamento dell’attuale via Marconi. Un edificio in muratura chiudeva il castello verso ovest e lo divideva dal borgo, cioè dalle abitazioni che via via venivano costruite sempre più fitte al di fuori della fortificazione. Altro link per approfondimento: https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/0800241350,

Fonte: https://www.comune.sancesariosulpanaro.mo.it/servizi/Menu/dinamica.aspx?idSezione=16741&idArea=20889&idCat=8883&ID=16481&TipoElemento=categoria

Foto: la prima è di Paolo Bonassin su https://www.tourer.it/scheda?torre-dellorologio-san-cesario-sul-panaro, la seconda è di mirco su http://rete.comuni-italiani.it/wiki/File:San_Cesario_sul_Panaro_-_Torre_dell%27orologio.jpg

mercoledì 29 novembre 2023

Il castello di mercoledì 29 novembre



GRAMMICHELE (CT) - Castello di Occhiolà

L'abitato sorgeva quattro chilometri a sud-ovest di Grammichele nella località denominata Terravecchia, sulle sommità e nelle insellature di tre colline facenti parte di un sistema di formazione arenaria dai fianchi particolarmente ripidi. Dal sistema di colline alcuni rigagnoli alimentano il torrente Caltagirone. Dell'abitato è ancora possibile vedere i resti del castello, delle chiese e delle abitazioni e altre rovine che si estendono verso Santo Spirito. Negli scavi condotti dal 1890 l'archeologo Paolo Orsi (1859-1935) rilevava, dove terminano le rovine medievali, la presenza di ulteriori resti più antichi ma manomessi dalla riduzione in colture dei campi dove sorgevano e dall'asportazione di materiale per le successive ricostruzioni di Occhiolà. L'Orsi vedeva in quelle rovine l'esistenza certa di un precedente insediamento ellenistico o tardo-greco, particolarmente sviluppato in forma di acropoli sulla cima appiattita di una collina di 490 m. L'ipotesi avanzata è che si tratti del residuo di un insediamento siculo ellenizzato menzionato da Diodoro Siculo con il nome di Echetla in riferimento all'occupazione siracusana del 309 a.C.; tuttavia l'ipotesi non è condivisa da tutti gli studiosi, alcuni dei quali non concordano con quanto ipotizzato da Orsi (vedi Antonio Taramelli. I reperti archeologici sono conservati presso il locale museo comunale di Grammichele e presso il Museo Archeologico Paolo Orsi di Siracusa. Domenica 11 gennaio 1693 verso le ore 14, mentre la popolazione cercava di sistemare le proprie case danneggiate dal terremoto avvenuto il venerdi 9 gennaio, una nuova fortissima scossa distrusse l'abitato. I superstiti abbandonarono l'abitato e si trasferirono verso l'eremitorio Madonna del Piano e verso le campagne di Margi e Camemi. Al momento del terremoto l'abitato di Occhiolà contava 2 910 abitanti: secondo alcune fonti (Mongitore) ne morirono 1 407; per altre (Gallo) 725, per altre (Boccone) ci furono circa 100 morti e 190 feriti. Il paese fu totalmente atterrato. Nel 1993, in occasione del 300º anniversario della distruzione a causa del terremoto, venne avviata la realizzazione del Parco Archeologico di Occhiolà, già interessato da frequenti campagne di scavo. Il monumento più importante del Parco è il castello, arroccato sulla parte più settentrionale dell’abitato, in diretto collegamento visivo con le colline di Caltagirone ad ovest e la rupe di Mineo ad est. Del maniero, utilizzato negli anni precedenti il sisma del 1693 come palazzo signorile, allo stato attuale restano in piedi i muri perimetrali del corpo centrale a pianta rettangolare che raggiungono in alcuni punti anche due metri di spessore. A ponente lungo il ripido fianco che volge verso il vallone delle Canne si conservano consistenti porzioni di un potente contrafforte realizzato con blocchi di pietra calcarea perfettamente squadrata. Del castello di Occhiolà, mai indagato in modo sistematico, si hanno poche notizie storiche e risale alla fine del XIII sec. il più antico documento, in cui ricorre per la prima volta il nome di “Alchila”, inviato da re Pietro d’Aragona al Giustiziere del Val di Noto . Nel 1398 il feudo ed il castrum di Occhiolà furono concessi ai Santapau, signori di Licodia, e rimasero proprietà della famiglia fino al 1591, quando divennero possedimenti di Fabrizio Branciforti, principe di Butera, nipote di Antonia, sorella di Francesco Santapau, deceduto senza figli. Altri link suggeriti: https://www.siciliafotografica.it/gallery/index.php?/category/230 (ricco di foto), https://www.youtube.com/watch?v=6vFLuNsGvW8 (video di Mirco Mannino), https://www.youtube.com/watch?v=GAylI8AQ1io (video di Angelo Coppoletta), https://www.youtube.com/watch?v=FsulTSdtq0Y (video di Grammichele EU)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Occhiol%C3%A0, https://www.sicilmedtv.it/castello-di-occhiol/

Foto: la prima è di Diego Barucco su https://www.siciliafotografica.it/gallery/index.php?/category/230, la seconda è presa da https://fondoambiente.it/luoghi/parco-archeologico-di-occhiola?ldc

martedì 28 novembre 2023

Il castello di martedì 28 novembre



NOCERA UMBRA (PG) - Castello di Salmaregia

Il castello di Salmaregia, fatto costruire da Rodolfo I, di stirpe longobarda e Conte di Nocera, era il principale e più importante della rete di fortilizi che dominava e proteggeva l'omonima valle e dei quali attualmente in territorio nocerino rimane il solo Giuggiano, l'odierna Casaluna. Al castello che, malgrado alcuni interventi discutibili, è ancora ben conservato si giunge principalmente attraverso la strada provinciale che passando per monte Alago si ricongiunge alla via Clementina al Passo del Termine. Anticamente alla valle di “Somaregia” si arrivava per mezzo del “diverticulum” della via Flaminia che da Nocera portava ad Ancona, tracciato modificato e migliorato da papa Clemente XII (da cui il nome della strada “Clementina”) nel 1734. Salmaregia è un castello di poggio posto su una piccola collina che ne garantisce almeno su tre lati una buona difesa. La sua pianta è ellissoidale e sia le abitazioni che le strade seguono questo andamento sfruttando le curve di livello. L'elemento principale che caratterizza l'insediamento e lo domina è il grande cassero di forma quadrangolare e alto attualmente circa 22 metri, il cui interno è purtroppo completamente diruto. Tra le altre costruzioni del castello di notevole c'é il palazzo dei signori, anche se fortemente rimaneggiato, mentre le mura sono leggibili solo nei tratti in cui coincidevano con le pareti esterne degli edifici. Fuori le mura e in epoca successiva al nucleo originale, si sviluppò un piccolo borgo forse anch'esso circondato da mura. Salmaregia aveva anche una “villa” (l'attuale Ville Santa lucia) caratteristica che l'accomuna all'altro dei due castelli più importanti del nocerino, Postignano. Secondo la leggenda il nome deriverebbe da Soma-Regia (corpo di re) poiché nei sotterranei della torre sarebbe stato sepolto col suo tesoro, il re Ottone III nell'anno 1002. E secondo i racconti popolari tramandati nei secoli, era costituito dalla statua del re con armatura e spada e una chioccia con pulcini, tutto in oro massiccio. Per anni il favoloso tesoro ha attirato ricercatori che però scavando sono rimasti a mani vuote. E tra storia e leggende di questo luogo misterioso e pittoresco del territorio nocerino ci soffermiamo, quasi due secoli dopo, sui testamenti di Monalduccio e Sebilia, personalità eminenti che vissero nel castello fra la prima e seconda metà del XIII secolo. Monalduccio, figlio primogenito di Namerio, aveva ricevuto dal padre il comando dei possedimenti e scrisse il proprio documento testamentario in data 28 Febbraio 1279. Da questo si possono estrapolare delle notizie essenziali per comprendere comportamenti, mentalità e vita dell'epoca. La sua prima parte del testamento riguarda lasciti in denaro che dovevano essere di una certa consistenza a chiese e autorità religiose con le quali egli aveva avuto stretti rapporti. Nell'ultima parte si arriva a stabilire l'eredità spettante ai propri figli che erano numerosi: risultano cinque figli maschi e tre figlie femmine: Meruzio, Fra Pelosino, Alberto, Rinaldo, Nerio, Zuccia, Dialtuccia e Floruccia. Riguardo al primogenito Meruzio si sospetta che fosse nato da un precedente matrimonio. Floruccia si ritrova invece col nome di suor Illuminata come un altro figlio è indicato come religioso, il già citato Fra Pelosino. La struttura del testamento di Sebilia è simile a quella del marito e appare proprietaria di un buon quantitativo di denari e beni frutto della dote di provenienza. Un aspetto importante è che i testamenti vennero stilati all'interno della casa dei signori stessi, nel castello di Salmaregia. Ciò avvenne alla presenza di numerosi testimoni. Monalduccio dettò le proprie volontà al notaio sotto gli occhi di tre religiosi che poi non sono altro che i reggenti di alcune delle chiese destinatarie dei suoi beni e alla presenza dei suoi fratelli e del primogenito nonché otto notabili che avevano l'esclusiva funzione di essere a conoscenza del contenuto testamentario. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=pMBipGO99x8 (video di Oltre sentiero), https://www.youtube.com/watch?v=s5hYHRIm-DM (video di Giardinoweb), https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-salmaregia/

Fonti: https://noceraumbraturismo.it/contenuti/190086/castello-salmaregia, https://oltreilsentiero.altervista.org/salmaregia/, https://www.facebook.com/profile/100064712974630/search/?q=longobarda

Foto: entrambe prese da http://www.luoghidelsilenzio.it/umbria/02_fortezze/03_folignate-spoletino/00075/index.htm

lunedì 27 novembre 2023

Il castello di lunedì 27 novembre



PIZZIGHETTONE (CR) - Castello

Il Castello costituiva il nucleo della piazzaforte di Pizzighettone, eretta a partire dal XII secolo e utilizzata per scopi difensivi fino alla seconda metà dell’Ottocento. A iniziarne la costruzione fu il consignore di Milano Bernabò Visconti, fra il 1369 e il 1370: per controllare e difendere il basso córso dell’Adda e l’asse stradale fra Cremona, Lodi, Milano e Pavia, che valicava il fiume proprio a Pizzighettone. Probabilmente, la struttura andava a sostituire o a integrare una precedente «rocha», che nel 1342 era governata da un castellano: un ufficiale incaricato non soltanto di gestire e difendere la roccaforte, ma di sorvegliare il territorio circostante. Inglobato nel Ducato di Milano alla sua costituzione nel 1395, il Castello rivierasco acquisì grande importanza strategica nel XV secolo, durante le guerre che opposero lo stato milanese alla Repubblica di Venezia: soprattutto, dopo l’attestazione del confine con la Serenissima a meno di venti chilometri da Pizzighettone. Sottratto nel 1403 al dominio visconteo dal casato cremonese déi Cavalcabò e inglobato nella signoria di Cabrino Fondulo tre anni dopo, nel 1419 il Castello e il borgo di Pizzighettone furono recuperati al dominio dei Visconti a opera del condottiero Francesco Bussone, detto il Conte Carmagnola. Dal 1424 il duca di Milano Filippo Maria Visconti promosse lavori di ristrutturazione e ampliamento del Castello e della cerchia muraria pizzighettonese. Proseguite dai suoi successori Francesco Sforza Visconti e Galeazzo Maria Sforza, queste opere trasformarono l’intero abitato in una città da guerra. Nel 1450 le munizioni del presidio castellano comprendevano diversi tipi di armi (bombardelle, balestre, canonus unus a bombarda), proietti lapidei, scale da arrampicata ed equipaggiamenti navali (cime, alzaie, dardi incendiarî, remi da galeone, una grossa àncora in ferro). Come altre fortezze, anche quella pizzighettonese fungeva anche da prigione di stato, per detenuti politici e militari di notevole rilevanza. Per esempio, nel 1525 vi fu tenuto prigioniero il re di Francia Francesco I di Valois-Angoulême e nel 1707 l’ex viceré di Napoli Juan Manuel Fernández Pacheco y Zúñiga, marchese di Villena. Conteso tra la Repubblica di Venezia, il re di Francia e il casato Sforza nel primo trentennio del XVI secolo, dal 1535 il Castello rivierasco fu incluso ufficialmente nei dominî di casa Asburgo (fino al 1700 il ramo di Spagna, dal 1706 quello d’Austria) che andarono a costituire lo Stato di Milano asburgico. Tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo le sue funzioni difensive furono ridotte. Gli incarichi di castellano e di membro della guarnigione furono spesso assegnati a militari di lungo córso, ai quali la Corona spagnola concedeva di trascorrere in tranquillità gli ultimi anni del servizio o della vita. Nel 1782 l’impianto castellano fu messo in disarmo insieme a tutti i fortilizi pizzighettonesi e due anni più tardi divenne parte del carcere militare realizzato dall’esercito asburgico all’interno della cerchia muraria. In particolare, il Castello fu utilizzato per la detenzione e il lavoro forzato dei vagabondi. Le funzioni difensive del fortilizio furono ripristinate nel 1796, con la calata in Italia delle truppe francesi comandate da Napoleone Bonaparte: dapprima contro l’esercito rivoluzionario, poi come opera difensiva della Repubblica Cisalpina. Cinque anni dopo un incendio danneggiò alcune parti del Castello. Diverse strutture superstiti furono abbattute a più riprese: le ultime demolizioni furono compiute negli Anni Sessanta del Novecento. Alcune aree castellane furono impiegate per la costruzione di alcuni edifici: abitazioni, magazzini e impianti produttivi. Dell'imponente fortificazione sono rimaste, a seguito della suddetta demolizione, due Torri: la Torre del Guado (già adibita a museo delle armi), dove nel 1525 fu imprigionato il Re di Francia Francesco I di Valois, sconfitto nella battaglia di Pavia dalle truppe dell'imperatore spagnolo Carlo V, e la Torre mozza del Governatore, che nel XV sec. aveva la funzione di torre-porta. Altri link per approfondimento: https://www.youtube.com/watch?v=D-sSPWtnXRA (video di GVM Pizzighettone), https://www.prolocopizzighettone.it/content/la-cerchia-muraria, https://www.preboggion.it/CastelloIT_di_Pizzighettone.htm, https://www.preboggion.it/CastelloIT_di_Pizzighettone.htm

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Pizzighettone, https://www.comune.pizzighettone.cr.it/it/point-of-interest/704712, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Pizzighettone, https://www.davide.info/it/il-castello-di-pizzighettone.html (da visitare per trovare ulteriori notizia storiche)

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è presa da https://www.preboggion.it/CastelloIT_di_Pizzighettone.htm