SPERLINGA (EN) - Castello
Il toponimo Sperlinga è di origine greca e deriva dal
termine “spelino”, Spelunca, che significa spelonca, grotta. Infatti il sito su
cui sorge Sperlinga e tutto il territorio circostante è cosparso di numerose
grotte artificiali scavate nell'arenaria. Il borgo nacque il 30 novembre nel
1597, quando il re Filippo IV concesse a Giovanni Forti Natoli il privilegio di
"potervi fabbricare terre". Nei secoli precedenti alla nascita di
Sperlinga, esisteva semplicemente la fortezza (in parte scavata in una
gigantesca mole d'arenaria dai Siculi a partire dal XII secolo a.C., e in parte
costruita sulla stessa roccia intorno all'anno Mille) e le poche case costruite
ai piedi del castello. Situato in prossimità di una di quelle che erano ritenute
tra le più importanti strade di comunicazione interna, assunse un'importanza
strategica fin dall'avvento dei Normanni e raggiunse il massimo splendore in
epoca medievale. L'avvenimento più importante nella storia di Sperlinga è
senz'altro il Vespro Siciliano del 1282. Quando la ribellione contro la
dominazione angioina si diffuse per tutti i paesi della Sicilia, una
guarnigione di francesi, capeggiati da Petro de Alemanno o Lemanno, doveva
trovarsi nel castello di Sperlinga; raggiunta dalla notizia della rivolta si
asserragliò all'interno del maniero, dove, aiutata per gli approvvigionamenti
dai signori locali, resistette per quasi un anno. L'episodio è ricordato da una
scritta postuma (sec. XVI) sull'arco nell'androne: QUOD SICULIS PLACUIT SOLA
SPERLINGA NEGAVIT. La sola Sperlinga negò ciò che ai Siciliani piacque. Il
Castello in quel periodo era di proprietà dello stesso Petro de Lemanno che
attese invano gli aiuti di Carlo d'Angiò. La storia di Sperlinga si identifica
con le famiglie che possedettero il castello ed i feudi annessi. Il primo
signore di cui abbiamo notizie fu Russo Rubeo (o Russo Rosso) nel 1132 col
titolo di Barone. Dopo la guerra del Vespro (1282) il re Pietro d'Aragona, che
fece distruggere il castello, assegnò la baronia di Sperlinga a Francesco
Scaglione. Nel 1296, stando a quanto scrive B. Muscia, (1692), il castello di
Sperlinga si trovava in mano a Francesco Ventimiglia. La famiglia Ventimiglia,
che smembrò il castello vendendone una parte ai Ferrara di Gragnano, mantenne
il controllo del fortilizio, e delle terre annesse, fino al 1597 quando
Giovanni Ventimiglia cedette tutto a Giovanni Forti Natoli. Il re Filippo IV
concesse al Natoli, per sé e per i suoi discendenti, il titolo di principe
erigendo la baronia a principato. Giovanni Natoli destinò la rocca a centro
propulsore del suo principato, iniziando così l'ascesa economica connessa al
ritorno alla terra dell'aristocrazia imprenditoriale. L'adattamento della
fortezza a palazzo baronale, la fondazione di una nuova chiesa madre fuori
della cinta, alla quale passarono tutti i privilegi di quella antichissima che
era all'interno del castello, indicano la volontà colonizzatrice di questo
nuovo signore. Francesco Natoli, vendette a Giovanni Stefano Oneto la fortezza
di Sperlinga, quest'ultimo fu il primo duca di Sperlinga. A lui successe il
figlio Domenico nel 1680 quale primogenito. L'ultimo duca di Sperlinga fu
Giuseppe Oneto e Lanza che nel 1862 concesse il castello in enfiteusi al barone
Nunzio Nicosia da Nicosia. Gli eredi del Nicosia nel 1973 lo vendettero al
Comune di Sperlinga per la simbolica cifra di mille lire.
Da allora i ruderi lentamente sono tornati a somigliare
sempre più ad una fortezza che oggi, dopo i lavori di restauro, è
fruibile al pubblico. Il castello sorge su diversi
livelli che meravigliano per la loro maestosità e grandiosità. Presenta
pianta oblunga di circa 200 metri di lunghezza per 15 di larghezza; in cima
alla rupe, alta circa 70 metri dal calpestio di piazza Castello, le dimensioni
del corpo superiore risultano alquanto ridotte (40 x 7 metri circa). Oltrepassato
quello che doveva essere il ponte levatoio, si entra in una serie di ambienti
che conducono al cuore del castello, dove l'ingegno dell'uomo si fonde con la
bellezza della natura plasmando e trasformando la roccia
che diviene via via una scuderia capace di contenere decine di cavalli, un
officina per i metalli, un carcere e poi ancora un canale e un serbatoio
per l'acqua oppure un magazzino per le derrate. Nella complessa struttura
individuiamo almeno 5 elementi di rilievo: 1) Corpo ingresso e stanze 'baronali'. Sul
corpo dell'ingresso sono presenti due sale prive di copertura e di uno dei muri
perimetrali. La sala piu ampia è dotata di tre aperture poste sulla facciata
sud, risalenti ai lavori di ristrutturazione del sec. XVII. La sala minore è
decorata dalla bifora trecentesca posta sulla facciata che guarda il borgo. Esternamente
il corpo d'ingresso è caratterizzato da un lungo muro, in alcune parti munito
di contraffotti e forato da una serie di aperture di epoche diverse poste nel
secondo ordine. Sul prospetto principale che guarda la sottostante piazza,
oltre alla suddetta bifora, troviamo due finestre e il portale di un balcone
con stipiti e mensole in pietra riferibili agli interventi di ristrutturazione
seicentesca.
2) Ambienti rupestri dell'ala est. Alla stessa quota delle stanze ora
descritte, scavate nella roccia, si estende per circa 100 m verso est un
ambiente ipogeo con copertura piana; costituiva la cavallerizza del castello.
Seguono le prigioni e infine due vani di servizio, un tempo abitazioni. Alcuni
piloni di roccia che sostenevano la volta dell'ipogeo sono stati demoliti intorno
agli anni '50 e in seguito sostituiti con pilastroni in blocchi di pietra
intonacati. Nella parte mediana dell'ambiente si apre un corridoio che conduce
all'esterno tramite la cosiddetta 'porta falsa'. Accanto al luogo ove erano le
celle della prigione si nota, ricavata nel masso, una cappa di aspirazione
tronco-conica funzionale ad un focolaio.
3) Cisterne. Scavate nella roccia, sono localizzate all'interno di una stanza
che si affaccia sul cortile del castello. La raccolta delle acque meteoriche
avveniva attraverso una serie di canalette di convogliamento
4) Chiesa e ambienti adiacenti.
La chiesa, dedicata a San Domenico di Siria, posta sul lato ovest è stata interamente ricostruita
sui suoi ruderi. Sino al 1610 era aperta al pubblico
mentre in seguito divenne cappella privata. Presenta una successione di
3 vani disposti secondo l'asse est-ovest; si notano tracce della pavimentazione
seicentesca in formelle di terracotta smaltata dismessa in occasione della
recente ricostruzione (1995). A fianco della cappella, sul lato ovest, sono
collocati altri due ambienti, anch'essi ricostruiti: il primo presenta un
accenno di scala ricavata all'interno del muro perimetrale, il secondo presenta
due forni in pietra e terracotta e una serie di 'fornelli'.
5) Sale ovest e ambienti ipogei.
Nell'ala ovest abbiamo ancora una serie di ambienti ipogeici comunicanti tra di
loro, posti al di sotto del piano di calpestio. Nello spazio antistante la
chiesa, sul piano di calpestio si notano dei fori, circolari alcuni, ellittici
altri, protetti da ringhiere di ferro che corrispondono ciascuno ad un vano
rupestre posto in basso. Da ricordare pure la ripida
scalinata, quasi incisa nella roccia, che conduce alla torre di
avvistamento che permette la visione a 360° sull'altopiano di Gangi con il
massiccio delle Madonie alle spalle, i Nebrodi (a nord) e l'Etna. La
parte ovest del castello ricorda la prua di una nave. Un altro "spettacolo
è dato dall'"aggrottato": tutto il fianco del castello che si riversa
sul paese è interamente "traforato" da una cinquantina di grotte
artificiali, scavate dall'uomo in tempi lontanissimi. Collegate le une alle
altre da stradine e scalini anch'essi ricavati dalla rupe, costituiscono, nel
loro insieme, un suggestivo borgo rupestre. Ognuna, al suo interno, si è
trasformata in umile abitazione, con una o due stanze al massimo che ancora recano
i segni dei millenni trascorsi lì dentro. Alcune sono state acquistate dal
Comune e adibite a museo etnografico. Vi è un sito web dedicato al castello e
dove, certamente, poter trovare molto altro materiale al riguardo: www.castellodisperlinga.it