RIMINI – Castello Malatesta
Residenza e fortezza della famiglia Malatesta, fu realizzata tra il 1437 e
il 1446 dal signore di Rimini e Fano, Sigismondo Pandolfo, che la volle
chiamare con il proprio nome. Fu concepita di grandiose proprozioni, perchè
rappresentasse visivamente il potere e la supremazia della signoria
malatestiana, in un periodo di grande prosperità. Sigismondo, celebrato come
architetto dell’opera dagli scrittori di corte, fu verosimilmente ispiratore e
coordinatore del progetto, per la sua esperienza di condottiero e la grande
conoscenza delle arti belliche. Di certo egli fu affiancato da progettisti ed
ebbe la consulenza, poco dopo l’inizio dei lavori, di Filippo Brunelleschi,
architetto di grande prestigio chiamato a Rimini nel 1438 per eseguire
sopralluoghi nelle principali fortezze malatestiane in Romagna e nelle Marche.
Alla fabbrica inoltre lavorarono, prima dell’arrivo di Brunelleschi e ancora
nel 1454, Cristoforo Foschi e Matteo Nuti. La costruzione della rocca sfruttò
in parte strutture preesistenti: un grande complesso fortificato costruito da
Galeotto Roberto, fratello di Sigismondo e suo predecessore, case malatestiane
duecentesche (forse torri residenziali) e un breve tratto delle mura urbane di
età federiciana. Il complesso originario, sorto nella zona denominata Gattolo
di Santa Colomba, nel rione Cittadella doveva probabilmente risultare angusto e
inadeguato per la corte di Sigismondo. Era costituito da una serie di edifici
raccolti intorno ad un torrione centrale, con l’ingresso sulla piazza della
cattedrale difeso sulla sinistra da una seconda torre. Lo storico
cinquecentesco Baldo Branchi ricorda come il signore avesse proceduto
distruggendo gli antichi palazzi e le abitazioni dei suoi avi, ad eccezione del
"palazzo maggiore", intorno al quale costruì il nuovo complesso,
probabilmente ricavando materiali da costruzione di recupero dalla demolizione
delle fabbriche originarie. Le
fortificazioni esistenti furono rafforzate e adattate alle nuove esigenze
militari con il rialzamento dei camminamenti e del muro di cinta, la
regolarizzazione e l’ampliamento del fossato, la costruzione di nuove torri e,
dopo la morte di Sigismondo, con l’edificazione di una seconda cinta, più
esterna, aperta da due doppie porte di ingresso, una rivolta verso la città e
l’altra verso la campagna. La costruzione iniziò il 20 maggio 1437 alle ore
18.48: il momento della fondazione fu deciso dal Malatesta sulla base di
calcoli elaborati con precisione dagli astrologi di corte. Durante i lavori, al
fine di creare un’ampia fascia di rispetto intorno al fossato, fu demolito un
intero complesso di edifici, tra i quali il battistero di San Giovanni, il
convento di Santa Caterina e il vescovado. Per esigenze difensive, inoltre, fu
ordinata la demolizione della parte superiore del campanile della cattedrale. I
lavori di costruzione del castello durarono circa 15 anni, anche se le
iscrizioni apposte sul portale d'ingresso e su alcuni torrioni fanno risalire
la sua inaugurazione al 1446, anno particolarmente fortunato per Sigismondo;
tuttavia taluni lavori si protrassero fino al 1454, ed è possibile che la rocca
non sia mai stata compiuta secondo il progetto originario. Il complesso era circondato
da un grande e profondo fossato, superato da due ponti levatoi che immettevano
in due distinte corti fortificate: la corte a mare verso la città e la corte
del Soccorso verso l'entroterra. Il nucleo centrale, che divideva le due corti
esterne, era composto da un grande cassero, difeso da poderosi terrapieni, da
cinque torri e da un corpo meridionale denominato "Palazzo di
Isotta". L'impianto poligonale irregolare di Castel Sismondo era pensato
per fronteggiare i colpi delle bocche da fuoco, secondo le tecniche militari
dell'epoca; i bastioni e le torri, rivolti verso la città, dovevano difendere
il signore dalla cittadinanza ancor prima che dai nemici esterni.
Nel suo amatissimo castello Sigismondo morì
il 9 ottobre del 1468. Il declino dei Malatesta, alla fine del XV
secolo, determinò l’inizio di un lungo periodo di decadenza. Il castello fu
destinato unicamente a scopi militari, perdendo definitivamente il carattere di
residenza, e fu soggetto a radicali lavori per rispondere alle mutate necessità
di difesa dovute al rapido sviluppo delle armi da fuoco. Nel 1503, durante il
breve periodo di dominazione veneziana, il complesso fu oggetto di un
sopralluogo del provveditore Vincenzo Valier, che lo ritenne inadeguato dal
punto di vista balistico alle moderne esigenze difensive. Importanti
cambiamenti del perimetro murario, come l’introduzione di bastioni poligonali
in luogo di quelli quadrangolari del XV secolo, sono documentati dalla più
antica planimetria esistente di Castel Sismondo, disegnata nel 1526 da Antonio
da Sangallo il Giovane. Tra il 1624 e il 1626 il maniero fu interessato da
nuovi restauri e trasformazioni, con l’aggiunta di cannoniere, la demolizione
delle sommità delle torri per sistemarvi i mortai, il rialzamento delle quote
esterne e la demolizione del rivellino verso la campagna, e assunse il nome di Castel
Urbano, in onore del pontefice Urbano VIII. Nello stesso periodo furono
ricostruiti i muri di controscarpa e i tetti e furono rinnovati la cappella e i
magazzini. Nel 1821 il castello venne adibito a caserma dei Carabinieri.
L’assetto della fortezza subì nel 1826 ulteriori estese modifiche con la
distruzione della cinta e dei baluardi esterni, il riempimento del fossato, la
demolizione della terza torre e la costruzione di un magazzino di sale
addossato ai bastioni. La rocca fu adibita a caserma, deposito e infine nel
1857 a prigione, funzione che mantenne fino al 1967. Della fortificazione originaria
è dunque oggi superstite solo l'imponente nucleo centrale.
In anni recenti Castel Sismondo è stato oggetto di un generale restauro,
diretto da Carla Tomasini Pietramellara, che ne ha permesso la fruizione da
parte del pubblico, la conservazione e la comprensione delle fasi costruttive.
L’accessibilità è stata garantita con l’introduzione di ascensori, passerelle e
nuovi corpi scala di disegno contemporaneo all’interno del mastio e dell’ala di
Isotta. Nel corso dei lavori sono emerse preesistenze di età romana e
altomedievale, tra cui i resti delle mura tardo imperiali (il cui tracciato
segue esattamente il fronte sud-occidentale del mastio), una porta e le
fondazioni di una torre, che sono stati resi visibili e integrati nella nuova
sistemazione dei percorsi e degli spazi espositivi. Castel Sismondo è stato
considerato il primo castello moderno per l’impianto vagamente stellare
rafforzato da torri protese verso l’esterno. La grande conoscenza del Malatesta
dell'arte militare del tempo e delle nuove artiglierie, permise la commissione
di una struttura fortificata alla moderna, capace cioè di resistere alla forza
distruttrice delle armi da fuoco. Le cortine infatti, sono molto più robuste
del solito e gli stessi grandi torrioni quadrangolari accoglievano al loro
interno un cannone in bronzo ciascuno. Castel Sismondo era un complesso di
grandiose dimensioni, simile ad una cittadella fortificata, e interamente
circondato da un’enorme fossato asciutto, al centro del quale scorreva un
rigagnolo denominato “fustigata”. Il fossato era predisposto per l’allagamento,
che poteva avvenire solo sfruttando particolari sistemi idrici, essendo posto
ad un livello superiore rispetto al fiume Marecchia. Complessivamente, tra parti
coperte e cortili, la rocca ha una superficie di oltre 3.300 mq. È nota
attraverso i documenti storici l’esistenza di passaggi sotterranei percorribili
a cavallo che comunicavano direttamente con l’esterno e di trabocchetti con
pozzi a rasoio, utilizzati con efferatezza dal nipote di Sigismondo, Pandolfo
IV, detto “Pandolfaccio”. Egli era solito condurre gli sventurati innanzi ad
un’immagine della Vergine dipinta sul muro, in un punto in cui nel pavimento si
apriva, al di sotto di una tavola di legno, una profonda fossa dalle pareti
ricoperte di ferri acuminati. Castel Sismondo conserva un notevole fascino, con
le sue grosse torri quadrate e le poderose muraglie a scarpa, il cui effetto
originario, quando si innalzavano dal profondo fossato, doveva essere
formidabile; e Roberto Valturio non a torto le paragonava, per la loro
inclinazione e la loro grandiosità, a piramidi. L’ingresso verso la città, che
era costituito un terrapieno e da un doppio rivellino con ponti levatoi, è ornato
da uno stemma costituito dal classico scudo con bande a scacchi, sormontato da
un cimiero a testa d’elefante crestato e affiancato da una rosa quadripetala:
si tratta di un rilievo d’ispirazione pisanelliana, di buona qualità, scolpito
da un artista probabilmente veneto, come dimostrano le cadenze goticheggianti
della figurazione. A sinistra e a destra dello stemma è scritto
"Sigismondo Pandolfo" in caratteri gotici minuscoli, alti e
pittoreschi. I lavori di restauro su Castel Sismondo sono stati intrapresi con
lo scopodi farne un luogo permanentemente visitabile sotto il profilo
monumentale e in grado di ospitare iniziative in campo culturale e artistico. Per
chi volesse ulteriormente documentarsi, segnalo il sito web dedicato al
castello: www.castelsismondo.it/
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