sabato 30 agosto 2014

Il castello di domenica 31 agosto






ASUNI (OR) - Castello di Medusa 

Pur facendo parte del comune di Samugheo, sono strettamente legate ad Asuni le rovine del Castello di Medusa, di probabile origine bizantina, ricordato già nel 1189 dal giudice di Arborea Pietro I, come di pertinenza del paese. Sorge a picco sulla gola formata dal Riu Araxisi. Scendendo più a valle questo fiume diventa Riu Majori e dà vita alla gola di "Mitza sa canna", dalle pareti calcaree ricche di grotte e vegetazione. A differenza di come venivano posizionati di solito i castelli, il castello di Medusa rappresenta un eccezione, in quanto non è costruito su un altura con funzione di difesa e/o di avvistamento ma al contrario nascosto in fondo ad una valle. L'importanza della fortificazione dipendeva dal ruolo di controllo del territorio e di protezione dalle scorrerie operate dai barbaricini che abitavano l'interno della Sardegna, a danno dei ricchi centri della pianura e della costa. Le indagini archeologiche hanno permesso di datare la prima fase dell'insediamento nel castello di Medusa al IV-V secolo d.C. Una seconda fase si colloca nel VI secolo, mentre la terza risale al VII-VIII secolo. Le strutture più recenti sono state realizzate tra il X ed il XII secolo. La prima menzione archivistica potrebbe rintracciarsi in un documento del 1189, nel quale si fa riferimento a un Castrum Asonis che è probabilmente da identificare con la stessa struttura fortificata. In quell'anno il castello fu ceduto dal giudice Pietro I d'Arborea al comune di Genova e, dopo poco, recuperato dal sovrano dietro la promessa di un ingente pagamento. I resti materiali della fortificazione sono immersi in una fitta vegetazione, che ne rendono difficoltosa l'analisi in dettaglio. Restano solo tratti delle mura, che dovevano recingere un'area di circa 540 mq, una cisterna, e i resti di due torri. Numerose leggende circolavano e circolano tuttora sulla presenza, nel castello, di una fantomatica Medusa, figlia del re di Sardegna Forco che, secondo la leggenda, era una principessa divenuta guerriera e dedita alla magia e che morì in combattimento. Curiosa è fra l'altro la vicenda, a metà strada fra realtà e fantasia, narrata in un documento dell'Archivio di Cagliari. Durante la detenzione in un carcere piemontese nel XIX secolo un bandito, tal Pietro Perseu, raccontava di come durante la sua latitanza fosse capitato tra le rovine del castello di Medusa e, scendendo una scala di marmo, si fosse ritrovato in una sala meravigliosa piena di gioielli, armi e oggetti di valore. Il bandito scrisse al Ministro chiedendo la grazia nel caso fosse riuscito a trovare la stanza del tesoro, ma una volta accompagnato sul posto non ritrovò né le scale né la sala, non ottenendo la grazia e nemmeno riuscendo a fuggire. Oggi ciò che rimane del castello è solo un rudere che è difficile da raggiungere per via delle scarse indicazioni e dalle condizioni delle vie di accesso. Per arrivare sull'altura dove si trovano le rovine e tornare indietro, sono necessarie almeno 3 ore di cammino. Per approfondire, consiglio i seguenti link: http://www.monteualla.it/public/index.php?option=com_content&view=article&id=61&Itemid=69, http://www.videolina.it/video/servizi/49627/asuni-un-monumento-pieno-di-fascino-il-castello-di-medusa.html (video)

Il castello di sabato 30 agosto






BRIVIO (LC) – Castello

La storia di Brivio è sempre in ogni epoca inscindibile da quella del suo castello il quale, a seconda delle esigenze, è stato usato come difesa (non possiamo dimenticare che per molti anni il fiume Adda è stato il limite di confine tra la Repubblica Veneziana e lo Stato Milanese), come abitazione dei signorotti locali, sino a diventare alla fine dell'Ottocento, durante la rivoluzione industriale, un opificio serico. L'origine del Castello di Brivio viene fatta risalire all'XI secolo. E’ un grande quadrilatero con agli angoli tre torri a sezione rotonda e una quarta di maggiori proporzioni a sezione quadrata, in funzione di maschio "frangipalle" - probabilmente non eretto a fini militari ma per resistere alla forza della corrente del fiume che certamente circondava la costruzione lungo l'itinerario della odierna Via Fossa Castello. A quest’ultima, sul lato est, venne aggiunto in seguito uno sperone a pianta triangolare. Nonostante molte siano state, nei secoli, le modifiche estetiche e strutturali apportate all’edificio, restano ancora ben visibili e ben conservate due delle tre originali torri rotonde ed il maschio. Nelle possenti torri si trovano are romane e resti di una chiesuola medievale. Anche il fossato, originariamente ricavato facendo deviare il corso dell’Adda, è stato poi livellato in epoca recente. All'interno del maniero, come in uso sin dai tempi del fervore religioso della Regina Teodolinda, era situata la Chiesa per i militari della guarnigione, edificio ormai completamente scomparso. Fu proprio nella seconda metà dell'Ottocento, a seguito dei lavori di posa in opera di una grossa caldaia industriale per la produzione del vapore, che venne alla luce un reperto archeologico, dimostratosi se non il il più importante sicuramente il più bello rinvenuto nel territorio. Trattasi di una Cappella argentea con figure finemente sbalzate che apparterebbe all'arte Sirica del V-VI secolo oggi esposta al Museo del Louvre di Parigi. Il castello fu dei Conti di Lecco, dei vescovi di Bergamo, dei Visconti milanesi e nel ‘400 della Serenissima. Al tempo della denominazione degli Sforza fu consultato Leonardo da Vinci nell'ardito intento di rendere navigabile l'Adda sino a Milano. Sino ad allora le merci, che viaggiavano lungo la "via dello Spluga", venivano trasbordate a Brivio e da qui trasportate con grande fatica via terra sino al capoluogo lombardo. Il maestro Leonardo, nel lungo periodo trascorso tra Trezzo e Brivio, oltre che interessarsi di opere idrauliche, rimase oltre modo affascinato dalle bellezze dei luoghi tanto da raffigurare, secondo alcuni critici locali, nella famosa Vergine delle Rocce, un paesaggio molto familiare ai briviesi. Al di là di questa attribuzione che potrebbe sembrare di parte, la presenza di Leonardo lasciò comunque ampia traccia sul sentimento artistico locale tanto che si può considerare di sicura scuola leonardesca la Beata Vergine delle Grazie che si può ammirare nell'Oratorio di S. Leonardo all'ingresso del Paese. Dal castello, percorrendo la sponda dell'Adda, si può giungere sino a Crespi d'Adda per una pista ciclabile attraverso spazi verdi ricchi di storia ed archeologia industriale che ne rendono unico ed affascinante il percorso. Oggi il castello è visibile solo dall'esterno. I suoi appartamenti verso l’Adda vennero adibiti, tra il 1835 e il 1856, a  carceri pretorie. Altri link consigliati: http://www.archeologicacomo.it/admin/news/immagini/Brivio.pdf, http://www.preboggion.it/CastelloIT_di_Brivio.htm,
Foto: di kingleo su http://rete.comuni-italiani.it e da http://www.contestvolta.it/lol/lc004.htm

giovedì 28 agosto 2014

Il castello di venerdì 29 agosto







POGGIO TORRIANA (RN) - Castello Guidi di Montebello (o di Azzurrina)

Di Mimmo Ciurlia

Dall’alto dei suoi 436 metri, il Castello di Montebello, sorto come rocca difensiva in epoca romana, domina la valle del Marecchia e dell'Uso, offrendo al proprio visitatore un affascinante panorama. La sua poderosa rocca fu non a caso posta a guardia di una via, quella che risale la Valmarecchia (l’antica “Via Maior”) di grande valore strategico poiché costituiva il collegamento principale con il Montefeltro e con la Toscana, e rappresenta senza dubbio uno degli edifici storici più interessanti della signoria malatestiana di tutto il territorio romagnolo. Il castello ha la particolarità di poggiare le sue fondamenta proprio sul picco del un monte. È un complesso in cui è possibile leggere ancora con chiarezza gli interventi subiti nel corso dei secoli, da quelli più strettamente militari a quelli finalizzati all'adattamento in dimora nobiliare. Il mastio e parte della fortezza sono ancora quelli risalenti all’originale struttura, databile intorno all'anno 1000. L'ingresso è dato da due archi a sesto acuto che si aprono nel cortile dell'edificio, il quale è composto da due parti ben distinte: quella a ponente, la più antica, è rimasta fedele all'originario disegno architettonico medievale; la parte a levante presenta invece caratteristiche più propriamente residenziali. Nel corso della sua storia, fu meta di molteplici assalti. Già nel III secolo dopo Cristo i romani vi eressero una torre di vedetta a pianta quadrata, che fu integrata nell’XI secolo a un inespugnabile fortilizio militare. I primi documenti che ne parlano risalgono al 1141, quando venne concessa dal Papa Lucio II alla chiesa riminese, che a sua volta la assegnò il 24 settembre 1186 ai Malatesta di Verucchio. I Malatesta dotarono il castello di fortificazioni in quanto si trovava al confine con il territorio dei Montefeltro, nemici storici della famiglia riminese. Dopo circa 200 anni, nel 1393 furono i Montefeltro, con un audace colpo di mano, a conquistarla: la Rocca rimase sotto il loro dominio fino al 1438, quando il signore dei Malatesta Sigismondo Pandolfo la riconquistò. Ma la fortuna militare del Malatesta declinò fino a quando, nel 1464, venne sconfitto a Pian della Marotta, presso Senigallia, per mano dell'esercito pontificio inviato da Papa Pio II (Piccolomini) e guidato da Federico da Montefeltro. In seguito alla sconfitta, Montebello passò ai conti Guidi di Bagno. Da allora la famiglia dei conti Guidi è tuttora proprietaria della rocca. Dopo il Cinquecento la fortezza subì degli interventi per essere adattata a dimora nobiliare. Rispetto alla struttura del 1464, i Guidi hanno ristrutturato un'intera ala del castello, adibendola ad ala nobile che custodisce decine di pezzi di arredo come quadri, mensole, specchi, cassettoni, forzieri e cassapanche, fra le quali una dipinta risalente all'epoca delle Crociate, due seggioloni in legno nero del XVI secolo, un elegante divano a 4 posti seicentesco ricco di intagli e, nelle sale delle feste e dei banchetti, l'imponente credenza della fine del '500 ed il bellissimo tavolo ottocentesco. Indubbiamente si tratta di autentici gioielli di arte e artigianato italiano fra il 1400 e il 1700. Tra il 1968 e il 1973, il castello ha subito un grande intervento di restauro per ripristinare la rocca dagli ingenti danni dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale ed è poi diventato un museo a partire dal 1989. Dallo stesso 1989 è aperto ai visitatori ed è inserito tra i monumenti del patrimonio nazionale italiano per il suo alto valore storico. Del castello si tramanda ancora oggi la storia di Guendalina Malatesta figlia di un certo Ugolinuccio o Uguccione, feudatario di Montebello, meglio conosciuta come “la leggenda di Azzurrina”. La leggenda narra di una bambina nata albina. A quell’epoca chi aveva l’onta di nascere “diverso” era considerato figlio del demonio, e quindi doveva venire condannato al rogo. Fu allora, per difendere (o nascondere) la figlia che i genitori le tinsero i capelli, ma il bianco dell'albinismo non trattiene il colore, e reagisce al pigmento diventando azzurro. Ecco spiegato lo “strano” caso e l'appellativo ad esso legato. Durante il solstizio d’estate, il 21 giugno 1375, Azzurrina,  giocava sorvegliata a vista dalle guardie, mentre fuori infuriava un temporale. La sua palla di pezza cadde però nella ghiacciaia e lei scese dall’unico ingresso, per recuperarla. Trascorso diverso tempo, gli armigeri non vedendola ritornare fuori, accorsero a cercarla ma non ne ravvisarono più alcuna traccia. La bambina era inspiegabilmente scomparsa! Da allora, c'è chi dice che allo scadere del solstizio estivo di ogni lustro, si possa udire ancora un suono (il pianto di Guendalina?) provenire dalla nevaia del castello. Il 21 giugno del 1990, tecnici del suono interessati a tali episodi effettuarono le prime registrazioni. Furono impiegate apparecchiature sofisticate e tutte le frequenze vennero incise. In sede di studio si procedette all'ascolto: tuoni, uno scrosciare violento di pioggia, e poi ...un suono!!! Anno 1995, sempre 21 giugno. Nuove registrazioni. Stesso suono. Anno lustro 2000. Ancora 21 giugno. Ancora il solstizio estivo e, ancora, quel suono che si ripeteva. Sono numerosi gli studiosi che con modernissime apparecchiature hanno cercato di avvalorare questa storia, e sono molti i turisti che, curiosi, vanno a visitare la Rocca per udire le registrazioni di questi misteriosi suoni. Il castello ha un sito ufficiale: www.castellodimontebello.com/

Il castello di giovedì 28 agosto






SILANDRO (BZ) - Castello Schlandersberg

Il castello di Silandro (in tedesco Schloss Schlandersberg) è di origine medievale e sorge a 1.100 metri di altezza sopra l'abitato di Silandro in Alto Adige. L'edificio fu costruito nel XIII secolo dai signori di Montalban e fu abitato da una linea laterale della famiglia, i signori di Schlandersberg, che nel XV secolo si annoveravano tra le stirpi più importanti del Tirolo. Inizialmente il castello era costituito da una casatorre. In seguito, nel XVI secolo, fu rimaneggiato ed esteso con l'aggiunta di edifici più signorili intorno al nucleo originario, raggiungendo l'aspetto attuale. Il ramo maschile della famiglia si estinse nel 1755 e dopo la scomparsa della sua ultima rappresentante femminile, nel 1813, il castello venne dapprima ceduto ad una famiglia contadina. Nel 1928 lo stemma della famiglia degli Schlandersberg fu acquisito dal comune di Silandro, diventandone il simbolo. Nel 1999 la costruzione è stata ristrutturata e vi sono state ricavate delle abitazioni di lusso. Essendo una dimora privata non è oggi visitabile. Per approfondire, consiglio il seguente link: http://www.gemeinde.schlanders.bz.it/gemeindeamt/download/221371610_3.pdf
Fonti: http://it.wikipedia.org, http://www.valvenosta-vinschgau.it/it/davedere_silandro.htm, http://www.venosta.net,

Foto: da www.sentres.com e di MV03041951 su http://rete.comuni-italiani.it

mercoledì 27 agosto 2014

Il castello di mercoledì 27 agosto







FRAGNETO MONFORTE (BN) - Palazzo Ducale Montalto

È intorno al 1000 che si fa risalire la costruzione del Palazzo Ducale, epicentro dell’annesso feudo, chiamato dai Longobardi (nel 1010) Castello Nostro. Nel 1113 ne divenne signore Rodolfo Pinello della Contea di Ariano, seguace del re normanno Ruggiero, il quale con la sua opera riuscì a tenere alto il prestigio e la ricchezza del feudo, anche se nel 1138 il Castello venne saccheggiato e poi incendiato dal conte Rainulfo (così come narrato dal cronista beneventano Falcone). Ad ogni modo, in seguito alla ricostruzione, esso venne ceduto ai Frangipane da parte di Carlo I d'Angiò. Successivamente, il borgo di Fragneto con il Castello passò a far parte, nel 1350, del contado beneventano e prese il nome di Castrum Fragneti Montisfortis. Feudo dei Gambatesa, fu da Ferdinando II d’Aragona venduto ad Andrea di Capua. Le vicende storiche sono strettamente collegate alle imprese militari nella contesa tra Aragonesi e Angioini, in particolare alla battaglia e all’assedio di Circello, quando Ferdinando II d’Aragona lo fece mettere a “ferro e fuoco”. Anche il Guicciardini ne parla nella “Storia Italiana”. Più tardi, il terremoto del 1456 distrusse buona parte dell'edificio e del borgo adiacente ma, grazie alla grande laboriosità degli abitanti, venne ricostruito tutto, ancora una volta in breve tempo. Nel XVI secolo, in seguito alle distribuzioni di terre a nobili famiglie, il feudo di Fragneto con il Palazzo venne concesso nel 1528 al luogotenente vicereale Don Ferrante Montalto: il feudo rimase ai Montalto, col titolo di ducato, fino alla scomparsa della feudalità. . Il palazzo, oggi monumento nazionale, è stato oggetto di diversi restauri tra cui quello operato agli inizi del secolo XVII da Massimo Montalto, primo duca di Fragneto. Imponente è il portale del secolo XVIII sulla cui chiave d'arco è impresso lo stemma della casata con gli emblemi dei Caracciolo. Allo stato attuale, il Palazzo Ducale (pur essendo ancora di proprietà della famiglia Montalto) è sede di una società di ristorazione, la quale ospita al suo interno cerimonie, ricevimenti, meeting e conferenze a livello locale e nazionale. Nonostante questo adattamento alla realtà moderna, l'edificio testimonia ancora un passato glorioso e travagliato: il muro di cinta, il frontale, i tetti, le torri, il cortile interno ed il giardino portano il visitatore a rivivere, anche se per breve tempo, in pieno ambiente medioevale. L'antico palazzo ha un sito ufficiale:
http://www.palazzo-ducale.com

Fonti: http://www.comune.fragnetomonforte.bn.it/il-palazzo-ducale.html, http://it.wikipedia.org, http://www.mondimedievali.net/castelli/campania/benevento/provincia000.htm#fragnmon, http://www.eptbenevento.it/luoghi.php?comune=34,

martedì 26 agosto 2014

Il castello di martedì 26 agosto






MONTEFALCONE NEL SANNIO (CB) - Palazzo Ducale

Riguardo le origini del paese non si hanno notizie certe. E’ solo grazie al ritrovamento di alcuni resti archeologici nella zona che è stato possibile datare i primi insediamenti umani già in epoche remote. In particolare in località Maronea, sul monte Rocchetta, sono stati rinvenuti resti di antiche mura di cinta presumibilmente appartenenti ad un’antica città sannita, denominata Maronea. Durante il periodo angioino il borgo fu feudo della famiglia Cantelmo alla quale successero gli Arcuccio. Il feudo nel corso della storia passò sotto il dominio di diverse famiglie nobiliari, ultima delle quali la dinastia Coppola. Nonostante il forte terremoto che danneggiò gravemente il borgo nel 1805, ancora oggi il suo patrimonio storico è ricco ed interessante. Il Palazzo ducale, risalente alla seconda metà del XVIII, è caratterizzato da una torre cilindrica resto dell’antico castello. A causa delle scarse tracce scritte è possibile ricostruire la storia dell'edificio e la sua appartenenza solo attraverso elementi architettonici e strutturali. Il palazzo, ubicato sulla cima del centro storico del paese, nel mezzo delle abitazioni, ha subito nel corso degli ultimi anni profondi cambiamenti. Di stile vagamente neoclassico, a pianta quadrangolare, era originariamente circondato da mura con quattro torri, una delle quali ancora esistente. La facciata presenta il portale sormontato da una lavorazione in ferro battutto a raggiera nonchè dei pesanti stipiti. La parte superiore della facciata accoglie una serie di finestre che conducono ad un ballatoio, su una delle quali spicca ancora lo stemma gentilizio della famiglia Coppola di Canzano (costituito da una “COPPA AUREA” - coppola - attorniata da cinque gigli aurei), feudatari di Montefalcone, a cui si deve la ricostruzione del palazzo su un altro preesistente, risalente al XIV sec. (tale ipotesi è confermata dal fatto che  nel 1700 certamente non poteva esistere al centro del paese un’area edificabile così estesa). Dopo aver oltrepassato il portale, una galleria con copertura a botte dirige in un atrio, preceduto da un secondo portale dal quale si accede al palazzo. Del castello originario attualmente si conservano solo le mura a scarpa, una torretta e un giardino. Dopo i Coppola, la proprietà del palazzo passò alla famiglia dei Petrella che lo divise in vari appartamenti vendendoli a privati. Alla fine degli anni quaranta Mons. Vittorio Cordisco comprò gran parte del Palazzo destinandolo a Casa di Carità, gestita dalle Suore Francescane della Carità, ordine da lui stesso istituito nel 1948. L’ambiente interno non conserva alcunchè di antico, poichè le molte stanze che lo componevano sono state abbattute per accogliere una casa di riposo per anziani.

Fonti :http://www.borghiautenticiditalia.it/bai/comune-di-montefalcone-nel-sannio-cb/,
www.maestrilavoromolise.it, http://www.molise.org/territorio/Campobasso/Montefalcone_nel_Sannio/Arte/Castelli/Castello_di_Montefalcone_nel_Sannio, http://www.amicomol.com/montefalcone.html

Foto: lo ammetto...non sono riuscito a trovare granchè sul web ! Nelle immagini prese, rispettivamente, da www.comune.montefalconenelsannio.cb.it e da www.alessandropreziosi.tv si vede davvero poco del palazzo di cui abbiamo parlato.


lunedì 25 agosto 2014

Il castello di lunedì 25 agosto






FIASTRA (MC) - Castello Magalotti

Il Castello Magalotti, chiamato nell’antichità Castrum Flastrae, era un insieme di edifici che sorgevano sul colle di San Paolo fin da prima del IX sec. Il Castrum veniva utilizzato dalla popolazione che risiedeva nella valle sottostante per ripararvi il bestiame e le scorte alimentari durante le invasioni nemiche. Nel periodo medioevale, Fiastra rappresentava una cittadina di fondamentale importanza dal punto di vista politico-geografico; era sede dei Signori Magalotti, che esercitavano il loro "potere" su quattro castelli: Fiastra, Poggio, Appennino e Macereto. Nel 1240, il cardinale Fieschi, concesse al comune di Camerino l'estensione dei propri domini su queste terre anche se inizialmente in maniera nominale; soltanto nel 1259 Magalotto II cedette tutti i suoi possedimenti in cambio del pagamento di un compenso e l'inserimento della famiglia Magalotti nell'alta nobiltà camerte. A questo punto Fiastra risultò un avamposto strategico molto efficace per proteggere i confini a sud-ovest dello stato di Camerino in collaborazione con Serravalle, Capriglia, Torricchio e Appennino. Alla morte di Rodolfo Varano, i quattro figli si suddivisero l'eredità e Fiastra passò di mano a Piergentile. Dopo la sua uccisione, dal 1443 al 1447, fu Francesco Sforza, Gonfaloniere della Chiesa e Marchese di Ancona, a possedere le chiavi della cittadina che tornò in mano ai Varano nel 1468. Il castello di Fiastra iniziò il suo declino già sotto il periodo sforzesco e fu abbandonato definitivamente quando i domini camerti erano sotto la guida di Cesare Varano il quale ritenne che non vi erano più particolari esigenze stategiche difensive. Il Castrum aveva una superficie di 21.000 m2, solide mura che correvano lungo tutto il perimetro, sette torri, un possente mastio a forma tondeggiante del diametro di 5 mt. Nel mezzo si trovava la Chiesa benedettina di San Paolo, patrono di tutta la comunità. Negli anni le abitazioni e le mura furono demolite con lo scopo di ricavarne pietre da utilizzare per la costruzione delle nuove abitazioni ed oggi ne rimangono visibili, a ovest, solo pochi resti delle due torri, del mastio e di alcuni tratti della fortezza. E poi, come detto, la chiesa di S. Paolo situata al centro del castello con la funzione di chiesa castellare. Una costruzione puramente romanica a tre navate fondata nel 515 dal duca di Spoleto Faroaldo I e, in seguito, ricostruita da Faroaldo II nel 705. Dopo la riforma cistercense, fu inglobata all'abbazia di Chiaravalle di Fiastra dal 1234 al 1302. Gli organi del Castrum erano composti del Consiglio Generale e dal Consiglio di Credenza che, assieme al Podestà, risiedevano al suo interno. Al primo spettava il compito di approvare le nomine dei consiglieri di Credenza, del Sindaco Generale, dei Capitani, dei Baiuli (coloro che amministravano la giustizia penale per i reati minori), di un Massaro, colui che era il custode dei beni della comunità, quattro Hominis che avevano il compito di sorvegliare la macellazione del bestiame e la vendita delle carni, dei Viales ai quali spettava l’incarico di sorvegliare le strade, i ponti e le fonti e di numerose altre figure. Al Consiglio di Credenza invece spettava nominare altri ruoli più marginali ma sempre importanti per la salvaguardia del Castello. Il Castrum era regolato da statuti ai quali la Comunità si doveva attenere come ad esempio l’obbligo per gli uomini di radersi almeno una volta al mese, di non poter celebrare nozze clandestine e di non poter disporre, per gli uomini sposati, di una concubina. Inoltre tutti coloro che avevano un’età tra i 15 ed i 60 anni aveva l’obbligo di svolgere la funzione di guardiano per la sicurezza della Comunità, nessun forestiero poteva acquistare o ricevere immobili senza specifica autorizzazione e chiunque voleva ospitare un forestiero doveva darne comunicazione al Podestà e garantire che esso non avrebbe recato nessun danno e fastidio alla Comunità. La falciatura del fieno non poteva iniziare prima del 24 giugno e la vendemmia prima del 6 ottobre mentre i cereali dovevano essere macinati nel mulino di Fiastra. Tutte queste regole negli anni vennero riviste e corrette e comunque servirono a rendere efficace e funzionale lo svolgere della vita all’interno del Castello. Fino al 1752 la residenza civica rimase entro le mura ma, con delibera del Consiglio generale del 6 aprile dello stesso anno, si decise di trasferirla nell’abitato a valle perché risultava scomodo da raggiungere durante il periodo invernale e perché il palazzo in cui si riunivano necessitava di interventi di restauro. Il restauro avrebbe comportato la spesa di 168 scudi mentre la costruzione di un nuovo palazzo non avrebbe superato i 150 e si avrebbe potuto utilizzare alcune parti del vecchio edificio. Venne quindi costruito quello che oggi è chiamato Palazzo Ruggeri ed in seguito, nel 1923, passò definitivamente nell’attuale e sontuoso Palazzo Conti oggi sede del Comune di Fiastra, eretto nel XVIII sec. per volontà di Romualdo Conti.
Fonti: http://www.trekkingmontiazzurri.com/index.php/il-fiastrone/da-sapere/153-il-castello-magalotti-di-fiastra-e-la-chiesa-di-s-paolo.html, http://www.sibilliniweb.it/citta/fiastra-castello-magalotti-xsec/, http://www.sibillini.net/il_parco/Cultura_Territorio/Castelli/fiastra.htm,

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, mentre la seconda è presa dal sito http://www.lecasetteagriturismo.com

domenica 24 agosto 2014

Il castello di domenica 24 agosto






LERMA (AL) – Castello Spinola

Proprietà dei marchesi di Morbello, Lerma passò a Genova nel 1233 e in feudo ai Malaspina. Feudo di Cassano Doria, sotto la signoria del marchese del Monferrato, tornò brevemente a Genova, per poi passare definitivamente agli Spinola. Simbolo di Lerma è il castello, che conserva intatto all’interno della cinta muraria l’antico “ricetto”, il primo nucleo del villaggio che prese il nome di l’Herma. Il maniero risale nelle sue strutture fondamentali alla fine del XV secolo (1499) quando la costruzione venne realizzata da Luca Spinola, ricco ed influente patrizio genovese, creato Cavaliere di Sproni d’oro da Carlo VIII Re di Francia. L’imponente edificio si erge su una rocca tufacea che sovrasta il fiume Piota. Lo schema costruttivo è a corpo unico in stile francesizzante e simile come impianto ai castelli di Montaldeo, Mornese e Silvano d’Orba. La costruzione ha così assunto una pianta a pentagono irregolare, con il lato sud difeso dal torrione. Lo stesso apparato difensivo rivela un edificio di transizione, tra la fortificazione ed il maniero signorile, infatti si può notare la mancanza di caditoie tra un beccatello e l’altro, e i merli stessi sono parte integrante di finestre e del tetto formando un apparato a sporgere divenuto quasi un elemento decorativo. Inoltre è da segnalare una sobria presenza di bifore nella parte più alta e dal lato nord. Sotto ogni finestra vi è una feritoia strombata da usare come bombardiera e sui lati due fuciliere completano gli apprestamenti bellici. Simbolo di comando e signoria, nella parte nord, rivolta verso il borgo, s’innalza la nuova torre quadrata e sulla parete est è dipinto un enorme stemma degli Spinola col motto “Potius mori quam foedari”. Al centro del castello è ricavato un caratteristico cortile triangolare quattrocentesco, con arcate e colonne in pietra e bifore. Situato su un displuvio a pendio con strapiombi su entrambi i lati, il borgo era pressoché inespugnabile. Una delle torri cilindriche di origine medievale è stata trasformata nel ‘400 in abside della chiesa parrocchiale, ma ha conservato la struttura originaria propria delle torri dei castelli del Monferrato. Attraverso una porta ad arco, presso cui funzionava anticamente un ponte levatoio, si accede nella piazza, sulla quale si affacciano il castello e la chiesa. All’interno, i numerosi saloni, le sale ed altri ambienti espongono alle pareti una ricca collezione di quadri, completano l’arredamento mobili d’epoca e suppellettili antiche, e una galleria degli stemmi della casa Spinola che ancora oggi appartiene al marchese Andrea Spinola. Pregevole la galleria degli stemmi, così chiamata perché in essa sono affrescati cinque grandi stemmi della casa Spinola inquartati con quelli delle famiglie congiunte: Doria, Pallavicino, Neurone… Usciti dalla chiesa c’è il “ricetto” che si sviluppa su di uno sperone strapiombante su due lati e, quindi, privo di fortificazioni su di essi, disposto su di un asse nord ovest-sud est. Il complesso del ricetto era munito di due accessi: uno a valle e l’altro di pertinenza del castello. Secondo uno schema molto regolare, dalla via principale si dipartono, a pettine ed a distanze costanti, le vie che delimitano le varie isole edilizie. Dall’accesso inferiore del ricetto si dipartiva un sentiero scosceso che scendeva in fondo valle e, costeggiando la riva del torrente, un tempo, raggiungeva la Chiesa di S. Giovanni. Una leggenda, che ancora si narra tra gli abitanti del luogo, è legata al soggiorno al castello nel 1565 di donna Isabella Corvalan, dama d’onore della regina di Castiglia. Si narra che in quel tempo un gruppo di cavalieri appartenenti alla Repubblica Marinara genovese si recarono al castello per consegnare a donna Isabella, la quale era in procinto di ritornare in patria, uno scrigno di cristallo contenente tre rose d’oro i cui petali erano tempestati di rubini rossi per la Regina. Il dono nascondeva, nella disposizione delle pietre preziose, nel loro colore, nella loro dimensione e nel loro numero un messaggio in grado di essere interpretato solo dagli appartenenti ad alcuni ordini cavallereschi segreti, iniziati all’esoterismo. Infatti la sovrana, che era affiliata ad uno di essi e svolgeva un’intensa attività politica, era da tempo in relazione segreta con la Repubblica. Donna Isabella, visto i tempi perigliosi, volle mettere al sicuro il dono prezioso in un nascondiglio segreto, pare, in una cavità del cortile fra il loggiato e la scala esterna. In quei giorni ella fu richiamata dal Viceré spagnolo a Milano per ricevere istruzioni per il suo rientro in patria e per cause ancora sconosciute, purtroppo non riuscì a tornare al castello per riprendere lo scrigno, così le rose rimasero occultate nel nascondiglio. Per alcuni secoli le vicende di quel tempo persero importanza, finché nell’Ottocento il ritrovamento fortuito di alcuni appunti fra le pagine di un vecchio volume risvegliò il ricordo di quei fatti che portarono a numerose ricerche con l’aiuto di un rabdomante, ma invano. Tuttavia il documento ritrovato forniva indicazioni precise sul nascondiglio segreto, affermava che in un determinato giorno dell’autunno inoltrato, che peraltro non indicava, e solo in quel giorno, il sole, verso il tramonto, raggiungeva con i suoi raggi obliqui la nicchia segreta, facendo avvampare i rubini che riverberavano attorno al loro splendore. Allora il castello pareva avvolto da una luce infuocata che incuteva un vago senso d’inquietudine. In quel momento, e solo in quel momento, il vecchio maniero svelava il suo segreto, ma era questione di attimi, poi il colore si stemperava nelle rosate iridescenze di un quieto tramonto monferrino e per un altro anno lo scrigno poteva ritornare a dormire il suo sogno indisturbato.
Fonti: http://www.comune.lerma.al.it, http://it.wikipedia.org, http://www.marchesimonferrato.com, http://www.welcomeinliguria.com/web/ita/l_oltregiogo/lerma/il_castello_di_lerma.htm,
Foto: da http://www.mondimedievali.net e da http://www.comuniriunitibm.it

venerdì 22 agosto 2014

Il castello di sabato 23 agosto







LACES (BZ) – Castello di Coldrano

Più che una vera e propria struttura fortificata, il castello è una ben curata residenza nobiliare. Si trova alle pendici del Monte Mezzodì, ad una quota di 700 metri, immerso in vigneti e frutteti. La struttura principale è circondata da mura di cinta, lunghe 350 metri, non erette per scopi militari bensì per creare una divisione di classe tra nobili e contadini. Agli angoli vi sono 4 torri cilindriche. Il portone d'accesso del castello ha la caratteristica di essere decorato con marmi di Lasa lavorati col diamante. Un oggetto di rilievo è un antico torchio risalente al 1701, ben conservato nelle cantine, che testimonia come all’interno del maniero probabilmente si tenessero feste e danze. Il castello fu eretto nel 1475 dai nobili Hendl, che provenivano dalla Engadina, attorno a una preesistente torre risalente al XII secolo. Nel '600 la famiglia Hendl aumentò il suo prestigio, tanto che nel 1616 diventarono baroni, e nel 1697 conti. Fu in questo periodo che il castello si trasformò man mano in una residenza signorile, con l’aggiunta di diversi elementi di pregio: il loggiato in stile rinascimentale, le scale bicolori, le porte e finestre contorniate di marmo, gli intagli in legno, le stufe in maiolica, il balconcino in stile veneziano, ecc. Gli Hendl erano anche proprietari di altri castelli dell'antico Tirolo: castel Juval, castello di Castelbello e castel Mareccio. Nel 1863 la famiglia cedette il castello al comune, il quale lo riadattò facendone una scuola e un ricovero per i parrocchiani. Oggi, dopo anni di abbandono ed un successivo profondo restauro, l’edificio ospita mostre e convegni. Questo ne fa di diritto il centro culturale dell'Alto Adige occidentale. All'interno della struttura sono presenti grandi sale conferenze con fino a 100 posti di capienza e tutte le tecnologie necessarie, come ad esempio un impianto per la traduzione simultanea. Il castello è visitabile: ogni giovedì vengono organizzate visite guidate su prenotazione dall'ufficio turistico di Laces. Sito ufficiale del castello: http://www.schloss-goldrain.com/. Per approfondire (foto varie): http://www.suedtirol-it.com/laces/castel-coldrano.html, http://www.sentres.com/it/castello-di-coldrano-schloss-goldrain, http://www.dolomiti.it/it/alto-adige/laces/approfondimenti/castel-coldrano-a-laces/

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è una foto della mia amica Romina Berretti, infine la terza è presa dal sito www.sentres.com

Il castello di venerdì 22 agosto






CHIANOCCO (TO) - Castello

E' un edificio medioevale già attestato nel XIII secolo, ubicato nel Comune di Chianocco, a 45 chilometri da Torino, in possesso della famiglia Bertrandi alcuni anni dopo la costruzione dell'avito castello di Bruzolo. Nel panorama dei castelli della Valle di Susa ha mantenuto molte delle caratteristiche medioevali, tra cui la presenza di un dongione, finestre in pietra e uno splendido salone. È posto sulla sommità del conoide alluvionale del rio Prebec, poco a valle del punto dove esso sbocca dall'Orrido di Chianocco, subendo per questo motivo danni dalle alluvioni sul lato nord-est, come peraltro la vicina casaforte di Chianocco, posta alcune centinaia di metri più a valle. Secondo alcuni studiosi, il maniero potrebbe essere l'ultima dimora della marchesa Adelaide di Susa, figlia del marchese Olderico Manfredi, nata intorno al 1020. Appartenne di certo al casato dei Biancamano, dai quali ebbe origine casa Savoia; tale circostanza è documentabile anche dai resti degli affreschi ancora visibili. L'edificio, che in alcune parti è rimasto al periodo medioevale e in altre è stato profondamente modificato, presenta un dongione di più piani, con una bella finestra trilobata al terzo piano e un apprezzabile portale di ingresso in pietra da taglio in marmo. La torre è contornata da un edificio a due piani con finestrelle romaniche e da una sala bassa con un monumentale camino, illuminata da finestre di stile romanico-palatino (tipico nelle regioni del Sacro Romano Impero) notevoli nel panorama valsusino e rari affreschi a tema civile (riportanti lo stemma Bertrandi) di fine XIII-inizi XIV sec. ed ancora da recuperare. All'interno, notevole è il Museo degli antichi mestieri, realizzato dalla omonima associazione di Chianocco. In tre sale, presenta i mestieri tipici di un tempo. Partito da una installazione meccanizzata che raffigura personaggi all'opera nella Chianocco del secolo scorso, è poi stato ampliato con una sezione sulla lavorazione della pietra nelle cave della Valle di Susa e una sezione con documentazione e ricostruzione della ferrovia del Moncenisio a sistema Fell, che valicava il colle del Moncenisio superando un dislivello di 1588 metri. Di proprietà privata, il castello è visitabile in alcuni periodi dell'anno. Altri link consigliati, per approfondire, sono i seguenti: http://www.comune.chianocco.to.it/wp-content/uploads/2012/01/201211281147404.pdf, http://www.provincia.torino.gov.it/territorio/strat_strumenti/beni_culturali/vsusa/milit/comuni/chianocco_2

Fonti: http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Chianocco, http://www.comune.chianocco.to.it

giovedì 21 agosto 2014

Il castello di giovedì 21 agosto






SAN SOSTI (CS) - Castello della Rocca

E' una struttura che risale al XI secolo, probabilmente di origine bizantina, posta su uno sperone roccioso ad una quota di 550 m s.l.m. e dominante la valle sottostante di San Sosti e la Gola del Rosa. La sua caratteristica posizione fa pensare al ruolo che avesse un tempo e cioè di forte di vedetta per il controllo del territorio e soprattutto della via di comunicazione che, attraverso la Gola del Rosa, giungeva sul mar Tirreno. L'antica via Istmica di cui si parla, permetteva gli scambi commerciali fra lo Ionio e il Tirreno della Calabria Settentrionale. Da Sibari, seguendo i corsi d'acqua come il Crati e poi i suoi affluenti Esaro e infine Rosa, si giungeva nella nostra valle che continuandosi nella stretta Gola del Rosa dava l'accesso al Tirreno. Il Castello della Rocca probabilmente era utilizzato per presidiare questo tratto di via in quanto posto proprio all'imbocco della Gola. Dagli studi archeologici effettuati si pensa che questa rocca sia stata frequentata fino al XII secolo. Sono state rinvenute monete di epoca sveva e angioina. Ma dagli scavi sono emerse anche testimonianze di altre epoche, come: ceramiche romane del I - II secolo e frammenti di micro ceramiche votive greche del VI - V secolo a.C. Altri ritrovamenti attestano una frequentazione del sito risalente addirittura all'età del bronzo e del ferro. Comunque gli studi sono ancora in via di sviluppo e non è chiaro ancora compiutamente il ruolo di questo "castello" ma soprattutto la sua relazione con gli altri siti come "I Casilini" e i vari ritrovamenti sotto l'abitato di San Sosti. Dell’antica fortificazione rimane un mastio quadrangolare da cui si gode una visione panoramica molto suggestiva. Altri link consigliati: http://it.wikipedia.org/wiki/San_Sosti, http://www.archeopollino.it/Castello_it.html

Fonti: testo di Raffaele Rosignuolo su http://www.goladelrosa.eu/TERRITORIO/Castello%20della%20Rocca/castello_della_rocca.htm, http://www.vhlab.itabc.cnr.it/esaro/itinerario7.htm#mottafollone,

Foto: di Raffaele Rosignuolo su http://www.goladelrosa.eu e da www.vhlab.itabc.cnr.it

Ad inizio agosto sono passato a San Sosti, dove ho visitato il meraviglioso Santuario della Madonna del Pettoruto. Purtroppo non mi sono potuto avvicinare al castello (non era agevole raggiungerlo per me), che mi sono limitato a fotografare ad una certa distanza.


mercoledì 20 agosto 2014

Il castello di mercoledì 20 agosto







MOTTAFOLLONE (CS) - Castello

Sorge sulla collina del centro storico, "La Motta" medievale. Venne edificato nel Medioevo come dimora del principe feudatario e a difesa del vasto e ricco territorio. All'ombra del castello si è man mano formato il nucleo più antico dell'attuale abitato. Anche se è stato sempre denominato "castello", segno di dominio e di ricchezza, non presenta carattere di costruzione strategico-militare, come il maniero di Malvito e la torre normanna di S. Marco Argentano, di cui tuttavia è in vista, formando così un triangolo difensivo con le predette costruzioni. La sua caratteristica rimane comunque quella di dimora fortificata del feudatario. Conserva ancora sul lato sinistro del muro di cinta le torrette dei "rivellini" lungo il camminamento di difesa intorno al castello. C'era anche il fossato dalla parte dell'entrata al maniero, ma è stato colmato da tempo ricavandone una rampa d'accesso. Restano ancora i muri di contenimento. Il portale d'ingresso è ad arco in pietra intagliata ed era coperto con una volta a mattoni. Sull'ingresso c'era la cappella. Segue un atrio quadrato intorno al quale sono disposti gli appartamenti su due piani. Nel cortile si notano altri archi in pietra. A piano terra vi sono ampi magazzini: servivano a contenere le provviste e a alloggiare i dipendenti. Vi era una grande cucina con un'enorme cappa. Al piano superiore i saloni con i caminetti per il riscaldamento e gli alloggi dei signori, disposti su tre ali attorno al cortile, con finestre prospicienti sull'atrio. L'intera ala esposta a settentrione era invece adibita a soggiorno, con numerosi finestroni ad arco senza infissi. L'elemento architettonico è appunto l'arco a tutto sesto. È usato pure per dividere gli ambienti e renderli nello stesso tempo intercomunicanti. Anche le comuni porte di passaggio sono ad arco. L'ala di nord-ovest è caduta da molto tempo e resta solo parte dei muri perimetrali. Le stalle e le scuderie sono sul lato destro, nell'interrato ricavato dal dislivello tra il cortile d'ingresso e la rampa d'accesso. Al centro d’una stalla è conservato un abbeveratoio in terra, intonacato. Dopo l'eversione della feudalità avvenuta nel 1806, il castello è passato in mano ai privati che hanno diviso tra loro i numerosi vani, chiudendo gran parte degli archi che rendevano intercomunicanti le ali dell'edificio. Negli ultimi tempi, con precari adattamenti, venne adibito a scuola pubblica. Fortunatamente sono rimaste intatte e sgombre da rifiuti le ampie cisterne a volta, intonacate, ricavate sotto l'acciottolato del cortile. Opera di gran pregio e molto funzionale, serviva per una abbondante riserva di acqua e di altri liquidi. Le caratteristiche con cui si presenta oggi il castello di Mottafollone lo fanno risalire intorno al XIV secolo, ma una finestrella romanica in pietra lavorata, venuta fuori da sotto l'intonaco su una parete dell'ala di centro, lo riporta più indietro nel tempo, o almeno può indicare che un primo nucleo dell'edificio, quello centrale, sorse probabilmente in concomitanza con l'abitato, verso il X - XI secolo. Sono in corso i lavori di recupero e restauro in collaborazione con la Sovrintendenza di Cosenza. Infatti, i proprietari di una parte del castello hanno iniziato a spese proprie, e con il via libera della Sovrintendenza, a ristrutturare ciò che appartiene loro. Riguardo la restante porzione di castello, gli proprietari ancora non hanno preso nessuna iniziativa. La presenza del castello è legata ovviamente al territorio e al feudo. Già possedimento di una famiglia normanna omonima, cioè Motta Falone o Folone, nel 1343 venne alienato ai Sangineto dai quali, per successione femminile, ai Sanseverino, da cui fu subinfeudato alla famiglia Arcella. Nel 1580 venne venduto ai Pescara, nel 1605 ai Firrao, nel 1611 ai Della Cava, nel 1616 ai Telesio che lo tennero fino al 1740. Ne furono proprietarie anche le famiglie dei Pignatelli e dei Carafa. Comprato dai Van den Eyden (1740 -1743) per successione femminile pervenne ai principi di Belvedere, che lo tennero fino alla eversione delta feudalità (1806). (Cfr. G. Valente: Dizionario dei luoghi della Calabria). Infine è opportuno tenere presente che il castello e il centro storico di Mottafollone sorgono su una preesistente area di stanziamenti di epoca greca e romana. Sul retro del castello, nel declivio settentrionale della collina, c'è ancora il borgo antico, con la sua denominazione originale la "Gorga" menzionata pure dai poeta greco-italiota Licofrone, IV sec. a.C., nel suo poema "Alesandra". È stato inoltre tramandato che il castello avesse un'uscita segreta sotterranea, che portava fuori dalle mura di cinta. Sempre sul versante settentrionale disponeva dì un fossato naturale costituito dal cosiddetto "Gafaro di Corcillo”. Ad inizio agosto ho visitato di persona questo castello e ho avuto modo di incontrare uno dei proprietari, il Sig. Lucio Paura, il quale molto gentilmente mi ha mostrato alcuni locali del castello, fornendomi diverse informazioni sulla sua storia più recente. Tali notizie, da me apprese a voce, le ho ritrovate in questo link molto interessante che vi consiglio di visitare: http://mottafollone.wordpress.com/2012/02/23/intervista-a-lucio-paura-sui-particolari-del-castello-di-mottafollone-dopo-linizio-dei-lavori-di-ristrutturazione/

Fonti: http://www.comune.mottafollone.cs.it, http://atlante.beniculturalicalabria.it/schede.php?id=91, http://mottafollone.wordpress.com/2011/07/27/castello-di-mottafollone-iniziano-i-primi-lavori/

Foto: tutte realizzate da me in occasione della visita al castello (agosto 2014)

martedì 19 agosto 2014

Il castello di martedì 19 agosto






AULLA (MS) - Castello in frazione Bigliolo

di Mimmo Ciurlia 

Il castello di Bigliolo è situato in cima ad una colle, protetto da una muraglia di 260 metri che lo circonda, e si estende per circa 2500 m². La sua costruzione  risale a prima del XII secolo e fu una delle fortificazioni che presidiarono la gran corte Vescovile della media Lunigiana. Per quanto non si abbiano particolari notizie di avvenimenti che lo riguardano, è certo che esso non rimase estraneo, nel sec. XIII, alle lotte combattute fra il Vescovo e i Malaspina in Val di Aulella (Ugo Formentini). Bigliolo, dopo queste contese, finì nel potere dei Marchesi di Filattiera e precisamente a Bernabò Malaspina, feroce persecutore della Diocesi Lunense. Questi lo lasciò al figlio Francesco. Dall'atto di divisione del 1275 risulta che a quest'ultimo, iniziatore della linea di Olivola, fu assegnato fra l'altro, anche tutto ciò che la famiglia possedeva in castro Bilioli (Ugo Formentini). Il castello di Olivola fu scelto a capoluogo del vasto feudo perché era ritenuto il più sicuro e anche perchè posto quasi al centro del dominio feudale comprendente Aulla - Terrarossa - Virgoletta - Pieve de Monti Licciana - Varano - Groppo San Pietro - Bastia - Agnino - Bigliolo - Pallerone' ( C. Caselli). Nel 1412, dopo l'eccidio di Apella, in cui il Capitano Rossi di Varano uccise i due Marchesi di Olivola, si estinse detta dinastia e Bigliolo con Magliano, Collecchia e Pallerone, sentita la popolazione, scelse la dipendenza dai Marchesi Leonardo e Galeotto del Castello dell'Aquila a Gragnola. Nel 1418 Bigliolo passò, insieme ai castelli del suddetto Feudo, sotto il dominio di Firenze, quale pena inflitta ai feudatari del Castello dell'Aquila per la strage dei Marchesi della Verrucola di Fivizzano. Successivi accordi con Firenze, nel 1428, riportarono Bigliolo nel dominio dei Marchesi di Gragnola fino al 1466, anno in cui morì il Marchese Galeotto e, per mancanza di figli maschi, si estinse il ramo dei Marchesi dell'Aquila. Nel 1467 Bigliolo passò al marchese Malaspina Gabriele di Fosdinovo fino al 1510, quando alla sua morte il figlio Lazzaro I, dalla divisione del feudo, secondo la ben nota legge di successione dei Malaspina, diede inizio alla seconda Dinastia dei Marchesi di Olivola. Un momento tragico per il Castello di Bigliolo si verificò nel 1523, quando Giovanni de' Medici, detto dalle Bande Nere, acquistato il feudo di Aulla, che non gli fu confermato dall'Imperatore, tentò di costruirsi un feudo in Lunigiana, assalendo vari castelli. Bigliolo fu tra quelli, come Bastia, che resistette, e dove le Bande Nere commisero stragi e atrocità inaudite. La sanguinosa presa di Bigliolo fu certamente successiva allo scontro di Bibola dove i circa 700 soldati di Giovanni dalle Bande Nere ebbero la meglio sui 2000 soldati dei Malaspina, fra i quali vi erano anche uomini di Bigliolo. Giovanni dalle Bande Nere, poi, su consiglio del Vescovo di Pistoia, mandato dal Papa Clemente VII (Papa dello scisma anglicano), figlio di Giuliano dei Medici, fece pace con i Malaspina e ricevuti 2500 scudi d'oro abbandonò la zona. Da quel momento si accentuò la decadenza del castello di Bigliolo come centro abitato, di fronte all'emergere delle ville del piano, anche se conservò una posizione di prestigio perché vi si continuò ad amministrare la giustizia e a convocare le assemblee. Il 14.11.1568, con un contratto rogato dal notaio Giovanni Michele dei Cerri di Bigliolo, i figli di Lazzaro I divisero il marchesato in due parti, una comprendente Pallerone con Canova assegnata a Spinetta e a Carlo e l'altra comprendente Olivola con Bigliolo assegnata a Camillo e a Troilo. Si diede inizio ad una direzione collegiale, in cui i due Marchesi padroni si sarebbero alternati per un anno, l'uno dopo l'altro nel governo della quota assegnata. Il desiderio di conservare la sostanziale unità del feudo indusse però il 10 marzo 1572 Camillo, Carlo e Troilo, scapoli, a regolare con atto notarile la successione, in modo che Spinetta, l'unico ad essersi ammogliato, potesse garantire con i suoi figli, la continuità della dinastia inaugurata da Lazzaro I. Nel periodo Napoleonico le terre di Lunigiana passarono, con l'editto datato 2/7/1797, alla Repubblica Cisalpina. Oggi restano i ruderi, rivestiti dall'edera e invasi dalla vegetazione, di tutto il tratto nord della fortificazione con una torre cilindrica e la torre est.


Foto: da www.dodecapoli.com e da http://terredilunigiana.blogspot.it/2014/03/13-gennaio-2014-ritorno-al-castello-di.html