PAOLA (CS) - Castello Aragonese
La città di Paola deve ai Normanni la costruzione del "Castello di
Paola" intorno all’anno 1110 d.C. Questa roccaforte fu eretta usando malta
e tufo, in una posizione strategica che sovrastava l'abitato e aveva lo scopo
di difendere monaci e popolazione dai soldati che passavano attraverso il
territorio paolano. Durante il regno di Federico II di Svevia la Calabria
raggiunse uno dei suoi momenti di maggiore prosperità. Il sovrano aveva la sua
residenza a Melfi, in Basilicata. Egli fece costruire il castello e il Duomo di
Cosenza e la fortezza di Rocca Imperiale sullo Ionio. I calabresi rimasero
sempre fedeli agli Svevi, anche dopo la morte di Corradino di Svevia ucciso per
ordine di Carlo I d'Angiò, che prese il potere a Napoli. Anche Paola beneficiò
di questo periodo prosperoso. La cittadina iniziò progressivamente ad
ingrandirsi fino a che, quando la Calabria passò dal dominio Svevo a quello Angioino
divenne feudo, e fu affidato alla famiglia Ruffo. Nel 1418 Polissena Ruffo sposò
il duca di Milano Francesco Sforza, portando anche in dote il territorio
Paolano. Polissena morì avvelenata da uno degli zii nel 1420 senza dare eredi
al duca di Milano. Paola e gli altri paesi che aveva portato in dote tornarono
quindi alla sua famiglia. Il feudo di Paola fu portato nuovamente in dote da
Covella, sorella di Polissena, quando sposò Giovanni Antonio Marzano. Dalla
loro unione nacque Marino Marzano, che fu spogliato del feudo per aver
congiurato contro il Re di Napoli Ferdinando I d'Aragona, detto Ferrante. Con
l’arrivo degli Aragonesi Paola raggiunse lo status di Città, fu proclamata tale
da Ferdinando II d'Aragona. Durante lo sbarco, avvenuto nel 1283, gli abitanti
della contrada Fosse, per evitare di essere coinvolti negli scontri, si
trincerarono nelle zone limitrofe al Castello di Paola, scombussolando gli
equilibri che ruotavano intorno all'antica abbazia della loro contrada. Il
monastero andò incontro quindi ad un inevitabile declino, nonostante il
prodigarsi degli ultimi abitanti e dei monaci. Il 2 luglio 1555 la città fu
assediata dai Turchi, comandati da Dragut Rais, il quale, dopo averla
saccheggiata e incendiata, assalì il Convento dei Frati minimi fondato da San
Francesco e lo depredò. Ripresasi, la città continuò a vivere come gli altri
paesi della Calabria, ma andava sempre più ingrandendosi, crescendo anche in
importanza. Il 18 ottobre del 1806, Paola subì l'occupazione da parte dei
Francesi. Essi incendiarono e saccheggiarono il Santuario di S.Francesco, che
restò deserto. In seguito ad una legge emanata da Gioacchino Murat nel 1809,
iniziò la soppressione di tutti gli ordini religiosi del regno di Napoli,
compreso il protocenobio dei Minimi di Paola, nonostante la sua importanza, i
conventi furono tutti convertiti ad altro uso, spesso militare, le chiese
passarono al clero diocesano e tutti i beni clericali confiscati. La Torre del
Castello sorge su di una struttura rocciosa in declivio sovrastante la fascia
costiera tirrenica, in una delle zone paesisticamente e storicamente fra le più
interessanti della Calabria. Di forma cilindrica su bastione quadrilatero,
costituiva l'elemento principale di un sistema collaborante di fortificazioni,
di cui le torri costiere rappresentavano gli estremi puntuali di controllo
esterno, garantiti dal presidio posto a monte e a difesa dell'abitato,
destinato anche ad accogliere il feudatario al quale offriva pertanto residenza
ufficiale. Oscure sono le origini dell'impianto che, da vaghe e limitate fonti
desunte dalla storiografia locale verrebbero attribuite all'età normanna e
successivamente al periodo svevo. Di forma cilindrica con coronamento
superiore, è tipologicamente assimilabile ad altre strutture consimili come la Torre
Drogone di San Marco Argentano, di costruzione normanna, ed alla torre
all'interno del Castello di Isola Capo Rizzuto, ascritta al periodo angioino.
La caratteristica assolutamente diversa ed unica, è rappresentata dall'evidente
ristrutturazione interna con il ridisegno totale della sala al primo piano a
pianta ottagonale, sulla quale si imposta una volta a "spicchi"
dall'inedita impennata con accenno di flesso di ispirazione islamica. Il
"segno" architettonico denuncia una espressione culturale tipica
dell'età sveva. Se eventuali documenti storici dovessero confermare la già
citata origine normanna, il successivo apporto federiciano sarebbe confermato
nell'attuale composizione spaziale dell'interno, che in ogni caso registra, pur
in assenza di verifiche ed ascrizioni storiche certe, una espressione
stilistica tra le più significative e valide dell'intero meridione d'Italia.
Nel XV e XVI secolo iniziarono le poderose aggiunte e innovazioni che
determinarono l'attuale condizione dell'impianto fortificato. Motivi di natura
militare legati al controllo delle vie di collegamento e necessità difensive ne
stimolarono lo sviluppo e l'accrescimento, per rendere meglio adatto il
manufatto alle mutate esigenze delle diverse "gestioni" succedutesi
nei secoli. ...». "L'anno 1288 passandovi il Re Gaime di Sicilia, se gli
rese volontaria, onde non sentì danno alcuno, non così l'anno 1554 in cui le
convenne soffrire l'assedio, e poi il saccheggiamento da Dragutto gran Corsaro
di Turchi..." "E' celebre questa Città per la nascita di molti
signori Spinelli, che da lungo tempo la possiedono; una sopra tutti di San
Francesco di Paola, Fondatore de' Minimi, per li meriti del quale ottenne il nome
di Città da Re' Alfonso II, nel mille quattrocento novantaquattro, e da
Ferdinando pur II, nel mille quattrocento novantasei, confirmato un secolo
appresso dal Re' Filippo II coll'aggiunta della prerogativa per lavorarvisi
seta. Quelli, quali vanno dominato furono D. Carlo Ruffo Terzo, Conte di
Mont'alto, Covella Sua Figliuola, e Marino Marzano, passò a D. Giovan Battista
Spinelli Conte di Cariati, e Duca di Catróvillare. Serve d'ordinaria residenza
a Signori di Fuscaldo, colla presenza de' quali potè moltiplicarsi in novecento
trentasei Fuochi (3750 abitanti circa). Dunque non gl'è vero, quello che scrive
Isidoro Toscano e cioè che non sia stata sotto d'altri Baroni, che di Spinelli
essendo stata prima di questi, sotto il dominio de' Ruffi, e dé Marzani"
(P. G. Fiore da Cropani: Della Calabria illustrata volume I). La Torre venne a
costituire nel corso dei secoli il centro fisico di una modellazione
artificiale che trasformò l'aggregato roccioso in una complessa articolazione
di vani, cortili, terrazzi, camminamenti e poderosi bastioni, che all'antica
struttura isolata sostituirono l'identità di una vera e propria
"rocca", circondata da vari caseggiati, servì ad essi da sostegno
strutturale lasciando ancora oggi di tale passata configurazione significative
tracce a livello fondale dei muri di appoggio e nello spessore delle murature
di elevato. Un sistema ben riconoscibile di scale e di varchi di accesso
consentiva i collegamenti con i nuovi ambienti, ora scomparsi, a partire dal
primo livello della Torre. Il processo avvenne lento ma costante nel tempo e
soprattutto nel XVI secolo si ebbe la completa definizione del sistema di cinta
perimetrale, già iniziato in età aragonese, con la costruzione dei muri di
fortificazione e degli speroni d'angolo, caratterizzati dal classico andamento
a "scarpa", della cordolatura maracapiano e dal taglio delle feritoie
e delle caditoie, eseguiti questi ultimi in materiale lapideo del luogo.
L'ingresso principale fu realizzato lungo il lato a monte, ove si nota ancora
murato il sontuoso portale dall'ampio varco, significativo delle notevoli
dimensioni complessive dell'intero sistema architettonico. Non mancarono in
tale periodo problemi di natura militare per la forte presenza Ottomana lungo
le coste calabresi, le cui audaci azioni determinarono sicuramente dei gravi
danneggiamenti al Castello poiché, come già ricordato, nel 1555 la flotta Turca
comandata dall'Ammiraglio Dragut distrusse la città e costrinse addirittura
Isabella di Toledo, figlia del Viceré Pietro e signora di Paola, a rifugiarsi
seminuda a Montalto, come ci ricorda Gabriele Barrio. Nel XVII secolo il
Castello era ancora perfettamente funzionante e svolgeva un duplice ruolo:
residenza del feudatario e presidio di guarnigione. Riferisce a tal proposito
l'Abate Pacichelli nel suo viaggio in Calabria avvenuto nel 1693:
- "…forte in rocca intagliata con Piazza D'Armi, e Presidio, Cannoni, e
Armeria, prezzato dal Re' Ferdinando D'Aragona, che somministra l'abitazione
sontuosa al Marchese (Spinelli), ed opportuna a suoi stipendiati, e
honorati...".
La descrizione seguente è una delle poche che riguardi l'apparato interno del
Castello e pur sintetica offre una visione interessante della ricca dotazione
in arredi e dello svolgimento di funzioni inerenti la fortezza-abitazione:
- "…la sera poi salimmo al Castello, consueta stanza del Signor Marchese,
colma di acqua perenne, partito in pia quarti di stupenda veduta, e assai
comodo. Il Cavallerizzo, e qualche Gentilhuomo ci condusser per tutto, a veder
le suppellettili, de' Tappeti, e de' Quadri, Scrittori, e altro: una bella Tela
dipinta da un Forastierro nel volto di un camerone, la Cappella divota con un
Choretto in piano, e l'ingresso alle scale, ove si pensava a festeggiar co'
Sermoni per quindeci giorni l'Assunzion della Vergine, ancorchè validamente ciò
contradicesse l'Arcivescovo di Cosenza. Vidi il cavalcatore assai largo, e
goduto dalle fenestre, la scuderia per cinquanta cavalli, e più muli: qualche
cannon di ferro, un de' quali si era crepato all'arrivo del P. Generale
suddetto. Molto poi mi fu grata la canattaria, o stanza lunga per settanta
Bracchi, partita in legna con gli anelli per legarli, e anche i luoghi per
curare gl'infermi: in testa dipinta, con più cani l'immagine di S. Vito. Si
alimentar col latte in montagna la state, ne più si costuma portargli per le
case de' Vassalli, ti qué chiostri; mentre vedeansi smagrite, massimarte fra
Padri Giesuiti. Fu detto che la spesa di questi cani sorpassi due mila ducati
annui. Osservai ancor con singolar piacere, e segni meco di affetto, il solito
cangiamento della Guardia di trenta soldati, precedendo il Tamburo alle
ventidue kore, per antica prerogativa di questa Casa: variandosi poi più tardi
nella state la Guardia del Mare" (Gustavo Valente: Viaggio in Calabria
dell'Abate Pacichelli - 1693).
Condizione che mantenne quasi inalterata fino all'avvento dei Borboni per poi
essere gradualmente limitata e sostanzialmente modificata con le leggi eversive
della feudalità. Il Castello divenne poi sede di un reparto di militari, con
postazioni di artiglieria, fino alla seconda metà dell'Ottocento. Le vicende
successive consistettero, come fatto fondamentale, nella cessione operata dal
Demanio dello Stato a privati, essendo venute a mancare operativamente le
funzioni originarie di carattere militare rivestite dall'impianto fortificato
fin dall'origine.
Fonti: http://it.wikipedia.org, http://www.vacanzeitinerari.it/schede/castello_normannoaragonese_sc_2437.htm
( testo a cura di Fulvio Terzi da www. comune.paola.cs.it )
Foto: una cartolina della mia collezione e di Giuseppe
Pagnotta su http://www.pinterest.com/pin/315744623846655519/