mercoledì 30 dicembre 2020

Buon 2021 dal "castelliere" !

Cari amici,

speriamo che il prossimo anno sia quello della svolta, in riferimento all'attuale pandemia, e che ci dia salute e possibilità di tornare a viaggiare, per poter tornare a visitare i nostri amati castelli.

Valentino

martedì 29 dicembre 2020

Il castello di martedì 29 dicembre



PRIERO (CN) - Castello e Torre

Il primo antico nucleo abitato, risalente all'anno Mille circa, era situato sulla collina del Poggio a sud dell'attuale borgo. Era sede di una Pieve dedicata alla Beata Vergine Maria; a questa facevano capo le chiese di Castelnuovo, Montezemolo, Osiglia, Calizzano Murialdo e Perlo. Oltre la Pieve sulla collina sorgeva un ricetto, ossia una struttura fortificata sede, nel caso di Priero, di un visconte alle dirette dipendenze dell'impero. Il ricetto è stato abitato certamente fino alla prima metà dei XIV secolo, quando decaduta come in tutta l'Italia settentrionale l'autorità dei Visconti, il territorio prierese passò al Marchese di Ceva. Il 30 giugno 1387 venne sottoscritta una transazione tra Girardo Marchese di Ceva e Signore di Priero e Giacomo Zoppo, sindaco di Priero, in base alla quale si stabilivano criteri di costruzione del "Borgo Nuovo" corrispondente all'attuale centro storico. Il Borgo è stato costruito secondo un piano prefissato. Infatti nella transazione sopracitata si dice che ciascuno "dovrà contribuire alla fortificazione dello stesso Borgo secondo gli Statuti fatti e che si faranno da parte dei consiglieri di detto luogo di Priero e da quattro maestri dello stesso luogo". La strada per Savona attraversava il borgo tra due porte nella cinta muraria ed era porticata sui due lati. Un’altra porta si apriva sul lato sud verso il ponte edificato sulla confluenza dei torrenti Cevetta e Campetto: distrutto da una piena all’inizio del 1800, non fu più ricostruito. Presso la torre maggiore sorgeva il castello costruito, o ricostruito, nel 1260 dal Marchese di Ceva e Signore di Priero che aveva potere su un vasto territorio tra Monregalese e Liguria. Il Castello, pervenuto alla famiglia Doria nel 1500, venne ristrutturato a dimora signorile, venne poi distrutto alla fine del 1700 dalle truppe del Maresciallo Catinat. Il nucleo conserva inalterata la sua struttura, sono ancora visibili le quattro torri angolari, i resti dei vecchio castello, le mura di fortificazione, attualmente inglobate in alcune strutture abitative ed i camminamenti di ronda presenti al piano superiore della Confraternita di Santa Croce. Solo la torre nell’angolo nord-est, che controllava l’accesso della strada da Montezemolo, è tuttora perfettamente conservata. Si tratta di un’alta torre rotonda (circa 37 metri), risalente al XII-XIII secolo, che si erge massiccia nella sua muratura di pietra grigia, traforata da tante file di buche pontaie e da alcune aperture rettangolari realizzate in epoca posteriore. Il coronamento sporge a sbalzo su una fila di beccatelli dritti e molto alti congiunti ad arco con caditoie piombanti. Oggi presenta una copertura a tetto conico ma in origine terminava con una merlatura. All'interno dell'abitato sorgeva una chiesa costruita nel 1494, dedicata ai santi Antonio e Giuliano, ruotata di novanta gradi rispetto all'attuale parrocchia, con l'altare posto ad est e due entrate una ad ovest e l'altra a sud. L'edificio, fatta eccezione per il Campanile tuttora esistente, fu abbattuto a fine Seicento per costruire, nel 1716, l'attuale Chiesa progettata dall'architetto F. Gallo. Altri link suggeriti: http://www.fungoceva.it/vallate_paesi/PRIEROcastello.htm, https://www.unionemonregalese.it/2018/02/22/la-torre-medievale-di-priero-presto-aperta-al-pubblico/

Fonti: http://www.comune.priero.cn.it/, http://archeocarta.org/priero-cn-torre-rotonda/, https://provinciadicuneoinfoto.blogspot.com/2019/08/torre-maestra-priero.html?m=1

Foto: la prima è di alessandro1953 su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/297925/view, la seconda è di val g su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/236885/view

lunedì 28 dicembre 2020

Il castello di lunedì 28 dicembre




ANGUILLARA SABAZIA (RM) - Palazzo Orsini e Torrione

Di Anguillara si ha poi notizia certa da un documento che assegnava i diritti di pesca nel lago al figlio del conte Bellisone, per il quale si sa che nel 1019 esisteva un borgo fortificato (castrum), citato anche in una bolla di Papa Innocenzo III del 1205, e in un documento del 1320 che riporta le pretese del notaio Pietro di Amadeo sul castrum Anguillariae. Il territorio, intorno all'anno Mille, doveva essere pressoché disabitato, di appartenenza a S. Pietro e gestito dalla Camera Apostolica. Quest'ultima era un organismo amministrativo e finanziario che si occupava dei beni economici della Chiesa ed assegnava inoltre le terre a famiglie che ne potevano rappresentare gli interessi e riscuotevano i tributi. L'origine della famiglia degli Anguillara, avvenuta intorno al 950 con Raimone, è avvolta nel mistero. Si narra infatti che intorno al X secolo esisteva un drago che popolava la zona di Malagrotta che terrorizzava i suoi abitanti. Raimone riuscì a sconfiggerlo in riva al lago, nel territorio che successivamente sarebbe rientrato nei possedimenti di Anguillara e il papa, grato per questo servigio, gli donò il territorio. In realtà è ipotizzabile che il drago-serpente fosse semplicemente una banda di predoni che terrorizzavano gli abitanti locali, fino al giorno in cui non venne sconfitta da forze guerriere. Non a caso infatti, lo stemma della famiglia degli Anguillara rappresenta due serpenti incrociati. Divenuta contea (Contea di Anguillara) con la famiglia degli Orsini nel XV secolo, Angullara fu incorporta nel 1560 nel Ducato di Bracciano, retto sempre dagli Orsini, fino a che questi la vendettero al marchese Francesco Grillo nel 1693. Il Palazzo di Baronale di Anguillara, oggi sede del Comune, fu fatto costruire all’inizio del Cinquecento da Gentil Virginio Orsini Junior, che dal 1518 detenne il feudo di Anguillara fino al 1549 (la famiglia Orsini succedette nel 1490 gli Anguillara, che detenevano il feudo almeno dal 1020). E' inserito in un complesso fortificato, formato da un torrione di pianta circolare, bastioni angolari collegati da un muro di cinta e da un bastione circolare. Ha un impianto planimetrico piuttosto irregolare, chiaro sintomo di una progettazione architettonica non unitaria, ma dovuto anche all’andamento orografico della rocca su cui sorge. Esso è formato da una serie di corpi di fabbrica di differenti altezze, riferibili a varie fasi costruttive, che si sono stanziate su altri edifici preesistenti (forse il palazzo che fu residenza degli Anguillara). Il piano nobile del Palazzo (il secondo) ha tre ambienti principali: la Loggia, la Sala dei Putti e la Sala delle Cariatidi. Recentemente, in occasione di lavori di ristrutturazione del Palazzo, sotto a strati di intonaco, è stato scoperto un importante ciclo di affreschi, probabilmente coevo alla costruzione del Palazzo. L'intero ciclo di affreschi può essere datato tra il 1535 e il 1539 e attribuibile alla scuola di Raffaello. La Loggia, la sala di riposo di Gentil Virginio Orsini Junior, conte dell’Anguillara, comandante della flotta pontificia, ha pareti e soffitto affrescati con temi allegorici finalizzati alla celebrazione del conte. Nella Sala dei Putti, gli affreschi su fondo nero, rappresentano putti che giocano con orsi, animali araldici degli Orsini. La Sala delle Cariatidi ha affreschi con tema marino, anche in questo caso finalizzati alla celebrazione del comandante della flotta Pontificia. La sala prende nome dalle cariatidi dipinte che scandiscono con finte architetture le pareti e tra le quali sono tre vedute ‘volo d’uccello’ di città di mare da cui partì in diverse occasioni la flotta pontificia: Napoli, Castellamare di Stabia e Venezia. Oltre ai piani in elevati, sotto al palazzo, sono ambienti sotterranei. Uno ha copertura a doppio spiovente, tipica delle sepolture etrusche del VI-V secolo a.C. L’apertura di altri ambienti, in diverse epoche, in parte mai terminati, iniziò con la costruzione del palazzo cinquecentesco. Il Torrione o Torre e bastione circolare (mastio) è parte integrante della roccaforte difensiva. È stato realizzato presumibilmente durante la seconda metà del XV secolo e ad esso si addossa una piccola struttura quadrangolare, in collegamento con il nucleo centrale della fortezza, detta cassero. Il Torrione presenta quattro livelli: quello più basso era destinato agli armigeri per il controllo della fortezza, il piano immediatamente superiore venne utilizzato come carcere fin all’epoca dei Grillo (come testimoniano anche alcuni interessanti graffiti di prigionieri del XVIII secolo) e gli ultimi due furono usati come residenza. Le carceri sono conservate così come erano un tempo e dovranno essere restaurate. Il quarto livello invece, grazie a una convenzione con il Comune, è oggi sede dell’Associazione Scuola Orchestra per la formazione culturale e musicale, in particolare dei giovani, e relativi laboratori didattici musicali. Tutti i livelli sono collegati tra loro da ripide scale, l’ultima delle quali permette di accedere alla sommità della struttura, da cui si gode uno splendido panorama sull’intero comprensorio, tanto da essere spesso anche location di documentari e di film noti, con affaccio sulla Chiesa della Collegiata e sulla località La Marmotta, ove è stato rinvenuto il villaggio neolitico più antico dell’Europa Occidentale, al di sotto del limo lacustre. Il Torrione è stato realizzato presumibilmente durante la seconda metà del XV secolo ed è attribuito al celebre architetto Francesco di Giorgio Martini, presente a Bracciano con certezza nel 1490. Le fortificazioni nella configurazione attuale sono in parte attribuibili alla famiglia degli Anguillara e in parte agli Orsini. Le fonti storiche lasciano ipotizzare la realizzazione dei Giardini da parte di Giacomo del Duca, in collaborazione con Jacopo Barbone, che fu mastro operaio durante l’intensa attività edilizia esercitata da Paolo Giordano Orsini a partire dal 1579. l Giardini del Torrione rappresentano poi un tipico esempio di modificazioni e risistemazioni urbane avvenute a partire dal XVI secolo. Il loro aspetto originario era composto da una serie di terrazzamenti che si elevavano più in alto rispetto alle attuali creste murarie visibili nella parte superiore del complesso, il cui nucleo originario, ancora parzialmente visibile, è formato da un muro dove ancora si notano due delle tre nicchie semicircolari, un tempo alloggio per statue antiche o dell’epoca, scomparse da tempo. All’inizio del XIX secolo Filippo Agapito Grillo decise di colmare la sommità dei giardini (che presentava strutture difensive con una notevole densità di muri e passaggi militari) con una grande quantità di terra, ottenendo l’assestamento attualmente visibile. Il ritrovamento di strutture murarie sparse su tutta la superficie dei Giardini, lascia supporre che originariamente fossero molto più limitati rispetto alla sistemazione attuale, mentre la maggior parte della superficie era destinata ad ambienti difensivi della fortezza. Ottimi link per approfondire l'argomento: https://www.comune.anguillara-sabazia.roma.it/upload/allegati/05-2015/RBX565WA_2N1JA68E.pdf e http://www.italiavirtualtour.it/dettaglio.php?id=1754 (visita virtuale palazzo) e http://www.italiavirtualtour.it/dettaglio.php?id=1761 (visita virtuale torrione)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Anguillara_Sabazia, https://www.comune.anguillara-sabazia.roma.it/nel_territorio/236-la-storia/, testo di Cristina Capanna su https://www.esplorafrancigena.it/content/palazzo-baronale-anguillara-sabazia-centro-storico-0, http://www.retedimorestorichelazio.it/dimora/rm/anguillarasabazia/torrione-e-giardini-fortilizio-orsini/

Foto: la prima (palazzo) è presa da https://www.lagone.it/2017/01/11/anguillara-sabazia-le-attivita-svolte-dallamministrazione-nel-2016/, la seconda (torrione) è presa da http://www.retedimorestorichelazio.it/dimora/rm/anguillarasabazia/torrione-e-giardini-fortilizio-orsini/

giovedì 24 dicembre 2020

Buon Natale !!


Cari amici amanti dei castelli e interessati al blog, 

auguro a tutti voi - per quanto possibile - un sereno Natale. 

Che la semplicità dei festeggiamenti a cui siamo costretti, ci aiuti a riscoprire e valorizzare quello che abbiamo vicino a noi....visto che il raggio di azione è quello che è ! ;-)

Valentino

mercoledì 23 dicembre 2020

Il castello di giovedì 24 dicembre



LANDIONA (NO) - Castello

L'importanza del castello, che ha contrassegnato la vita quotidiana nel periodo medioevale e che è sempre stato al centro delle scarse notizie sulla comunità landionese giunte fino a noi, è comprensibile. Ad esempio, fra il 1277 ed il 1285 il Comune di Novara sentì addirittura l'obbligo di riservare cinquecento uomini per potenziare le strutture difensive del villaggio, e con ciò proteggere anche la città. Oggi, facilmente visibile da piazza Vittorio Emanuele III, esso mantiene ancora identificabile una parte della sua architettura medievale, sottolineata da una torre d'accesso le cui aggraziate proporzioni non sono state, per fortuna, troppo diminuite dai numerosi recuperi e restauri succedutisi negli anni. Anzi, essa è divenuta un po' il simbolo del paese, tanto da costituire la parte centrale dello stemma municipale odierno. Il Castello di Landiona fu commissionato da Paolo Caccia intorno al 1280 e subì poi continue divisioni dovute ai numerosi proprietari che lo abitavano, spesso anche contemporaneamente. I Caccia, il cui stemma decora la facciata della torre di ingresso, detta "torre del Tega", ne erano divenuti proprietari dopo numerosi passaggi di proprietà. La fortificazione era ambita, non certamente per la sua purtroppo bassa rendita ma grazie alla sua posizione strategica a guardia dei guadi del Sesia. Essa era raccolta attorno ad un ampio cortile che oggi si presenta acciottolato, cinta sui quattro lati da un muro fortificato la cui struttura, purtroppo, è solo immaginabile viste le molte parti ampiamente rimaneggiate. Il castello era costituito da un muro perimetrale di forma rettangolare, in gran parte conservato ancora oggi, il cui ingresso si trovava sul lato est, ed era costituito da un portone con ponte levatoio, affiancato da una porticina più piccola. Su tutto sovrastava un torrione quadrato, edificato nel tardo Quattrocento, segnato da un grande arco a tutto sesto e con un loggiato di epoca più recente nella parte superiore. Prima dell'assedio del 1361 anche nell'angolo nord-ovest si trovava una torre, e così pure sul lato meridionale dove sorgeva il cosiddetto “palacium”, ossia la zona residenziale formata da stanze al pianterreno - precedute da un portico - e da altri vani al piano superiore. Tutto intorno è assai probabile che ci fosse il fossato, oltre il quale passava la strada. Oggi si intravedono qua e là ampi frammenti di muri listati con mattoni, che delimitano estesi settori di ciottoli di fiume lavorati a spina di pesce ed intervallati da corsi di pietre. Soprattutto il corpo nord mostra ancora oggi una interessantissima facciata ricca di questi pregevoli muri che fanno ben comprendere la notevole qualità del complesso e, forse, anche la sua fondamentale vocazione residenziale. Va inoltre ricordato che, esternamente ai quattro corpi di fabbrica che cingono il cortile, compaiono verso sud alcuni resti murari con struttura a ciottoli appartenenti probabilmente a qualche antemurale che recingeva il Castello. E da quanto risulta dalla mappa Rabbini - sempre precisa - la situazione planimetrica ottocentesca, proprio in questa zona, presentava un'ampia spianata che dava respiro alla facciata meridionale del Castello (cioè l'attuale Municipio) e raggiungeva addirittura la via Marconi.

Fonti: testo di Anna Maria Boca su https://www.comune.landiona.no.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/castello-di-landiona-resti-sec-xii-xiii-1357-1-42a7e5d694e8fa3469dabab551b93b24, https://www.provincia.novara.it/comuni/landiona.php, http://www.castellidinovara.it/comuni-e-castelli-l-come/

Foto: la prima è presa da https://www.comune.landiona.no.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/castello-di-landiona-resti-sec-xii-xiii-1357-1-42a7e5d694e8fa3469dabab551b93b24, la seconda è presa da https://www.turismonovara.it/it/GalleriaFotografica

Il castello di mercoledì 23 dicembre




BOVINO (FG) - Castello Ducale

Il castello si colloca su uno sperone roccioso e domina su tutto il “Vallo di Bovino”, famoso per le scorrerie di briganti che, fino all’avvento dell’Italia unita, presero ad assaltare e depredare carovane e carrozze che, dalla Campania, per raggiungere il versante adriatico, erano costrette ad attraversare questa angusta e pericolosa gola tra le montagne. La sua posizione strategica è testimoniata dalla continuità di occupazione: rocca di età romana, secondo la tradizione locale; poi, baluardo difensivo dei Longobardi e dei Bizantini, come sembra attestare la torre “a cavaliere”; maniero, in età feudale, sotto la famiglia di Loretello, Signori di Bovino dal 1059 al 1182. Alla fine del XI secolo, il generale Drogone de Hauteville, a capo delle truppe normanne, lo rase al suolo e sulle sue rovine eresse il nucleo iniziale del castello, attorno alla torre circolare adagiata sul barbacane troncopiramidale. Alle sue spalle, il cassero è quanto rimane della residenza del luogotenente dell’esercito di Federico II di Svevia, del cui passaggio ne è una chiara testimonianza la bifora gotica, che originariamente ornava, assieme ad altre, le finestre del cassero stesso e che oggi si ammira sulla facciata principale del castello. Nei secoli successivi, il castello fu a più riprese sfruttato sia per la sua posizione strategica sull’arteria stradale che attraversava la valle, ma anche come luogo di residenza e soggiorno da personaggi e dinastie di grande fama: Manfredi, figlio di Federico II (che secondo la tradizione soggiornò qui prima della sconfitta di Benevento); gli Angioini, sovrani del Regno di Napoli, gli Estendardo, loro parenti, e la famiglia spagnola dei de Guevara, residenti fino al 1961. In particolare Don Giovanni de Guevara, nominato Duca di Bovino intorno al 1600 da Filippo III d’Asburgo Re di Spagna, provvide a trasformare il castello in una lussuosa residenza ducale. L'edificio fu ampliato con la creazione, sul lato est e sud, di un ampio corpo di fabbrica, dalla tipica architettura seicentesca. Qui furono ospitati importanti letterati, come Torquato Tasso e Giovan Battista Marino, e illustri personaggi, tra i quali si annoverano il papa Benedetto XII e Maria Teresa d’Austria. Il castello ha un bel cortile interno quadrangolare sul quale s’innalza la Torre dell’orologio, eretta nel 1624, in forma quadrata, con cella campanaria ottagonale. Le stanze del Palazzo Ducale offrono al visitatore la possibilità di apprezzare il ricco arredamento e di visitare la piccola ma suggestiva cappella privata con pavimento in maiolica, detentrice di un frammento della sacra Spina della corona di Cristo, di un lembo di porpora della Sua veste e di varie reliquie di Santi, donate dai papi Gregorio XIII e Innocenzo VIII alla corte dei Guevara, loro parenti. Ad una quota meno elevata, addossato alla facciata esterna del Palazzo ducale, il giardino pensile che presenta una ricca varietà di piante e arbusti oltre a strutture architettoniche di un certo interesse, come le mura merlate e i notevoli tratti di opus di età romana. E’ ornato da statue femminili, busti e fontane. Oggi il castello ospita anche una struttura ricettiva, il cui sito web è il seguente: http://www.residenzaducale.it/. Altri link suggeriti: https://www.mondimedievali.net/Castelli/Puglia/foggia/bovino.htm, https://castlesintheworld.wordpress.com/2015/05/10/castello-ducale-di-bovino/,https://www.youtube.com/watch?v=EDJlLKhm6fg (video di Renato Gisonni), https://youtu.be/wbOov92eS44 (video di cirovideo1)

Fonti: testo di Simone Schiavone su http://www.prolocobovino.it/territorio-2/il-castello-ducale/, http://www.comune.bovino.fg.it/bovino/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/20057, https://www.touringclub.it/destinazione/localita/edificio-monumentale/215800/castello-ducale-bovino, http://www.castellocarlov.it/castello-di-bovino/, testo di Cosimo Enrico Marseglia

Foto: la prima è della mia amica Romina Berretti su https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/a.10157886762985345/10153984814295345, la seconda è una cartolina della mia collezione. Infine la terza è presa da https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/a.10157886762985345/10158223030085345

lunedì 21 dicembre 2020

Il castello di martedì 22 dicembre


BORGOMARO (IM) - Castello in frazione Maro Castello

Il piccolo borgo di Maro Castello sorge a ridosso del capoluogo. Se già intorno al 1600 il feudo "collem de castro Macri" non avesse perso l'importanza economica e sociale propria dei centri curtensi, a vantaggio del paese di fondovalle, Borgomaro, si potrebbe ammirare il castello del Maro, un tempo una delle più temute roccaforti della Liguria Occidentale ed era parte integrante di una strategica linea difensiva della bassa Valle Impero. Il "Castrum Macri" fu in tempi diversi possesso dei conti di Ventimiglia, degli Angioini di Francia, dei Lascaris di Tenda, dei Savoia e dei Doria. Il castello, un tempo importantissimo per il controllo di tutta la valle del Maro, fu definitivamente distrutto nel XVII secolo dai genovesi in lotta contro i Savoia. Purtroppo, ai giorni nostri, non rimane che un misero rudere soprastante le attuali case, la grande piazza della chiesa e la fontana con lunghi lavatoi ed abbeveratoi su ambo i lati. Nel "prato della corte", tuttora agibile e accessibile dalla strada, aveva sede il tribunale e si amministrava la giustizia. I condannati a morte venivano sepolti nella sottostante cappella di San Rocco in una tomba comune, come ricordato da una scritta latina. La struttura che noi oggi vediamo è solamente una minima parte di quello che era il castello che, molto probabilmente, includeva anche parte dell'attuale paese di Maro Castello. Ad oggi, non è possibile comprenderne l'esatta dimensione e la sua ubicazione anche perché sono rimasti pochissimi documenti o mappe che ne parlino o lo raffigurino. Tuttavia, si può dedurre che esso fosse formato da quattro torri, un maestoso torrione centrale ed un muro che costeggiava il ciglio del roccione su cui era stato costruito. Altri link suggeriti: https://www.sanremonews.it/2017/12/19/leggi-notizia/argomenti/imperia-golfo-dianese/articolo/alle-origini-della-nostra-civilta-il-castello-del-maro-un-set-fotografico-con-sara-bracco-e-la-re.html, https://izi.travel/it/381a-il-patrimonio-monumentale-di-borgomaro/it#0a52f9bd-5d41-4ed1-a8f3-0c474aaae783 (guida audio)

Fonti: https://www.comune.borgomaro.im.it/prova-contenuto-pagina/361-maro-castello.html, https://it.wikipedia.org/wiki/Maro_Castello, testo di Christian Flammia su https://www.rivieradeifiori.tv/it/rubriche-it/mete-turistiche/942-il-castello-del-maro-era-delle-piu-temute-roccaforti-della-liguria-occidentale

Foto: la prima è presa da https://www.agriturismolegirandole.com/blog/riviera-ponente-cosa-vedere/scoperta-valle-impero/, la seconda è presa da https://www.localidautore.it/paesi/maro-castello-borgomaro-2318

Il castello di lunedì 21 dicembre



GOSSOLENGO (PC) - Castello di Baselica

E' una fortificazione situata nell'omonima località nei pressi di Settima, nella pianura Padana a pochi chilometri dal fiume Trebbia. Il castello fu edificato da Nicolino Tedeschi che ricevette l'autorizzazione alla costruzione il 2 dicembre 1400 da parte di Gian Galeazzo Visconti, duca di Milano. Nel 1486 fu di Daniele I Radini detto Todisco e nel secolo successivo passò agli Anguissola del ramo di Riva e Montesanto, a seguito del matrimonio tra Beatrice Radini Tedeschi e Gian Giacomo Anguissola, insieme al castello di Corano. Fu assalito e saccheggiato dai ghibellini piacentini nel 1514 e, di nuovo, nel 1526 dai Lanzichenecchi. La Camera Ducale lo assegnò, nel 1570, a Ludovico Radini Tedeschi, mentre nel 1675 erano comproprietari i Piombino Appiani di Aragona. L'edificio, realizzato in laterizio, presenta una pianta rettangolare con cortile interno e quattro torri angolari quadrate di poco sporgenti dalla linea delle cortine. In origine più basso, il castello fu sopraelevato in fasi successive, ma vicine nel tempo, riconoscibili dalle tracce di identiche merlature ghibelline presenti su tutti i lati: la prima nella zona inferiore della muratura, la seconda più in alto e la terza di coronamento che serve da appoggio per il tetto. Sui fronti nord ed ovest e sulla torre interposta, si legge il tentativo, mai ultimato, di una trasformazione del castello in residenza. La parte abitativa rimase limitata all'ala meridionale, dove sono presenti tracce di ampie finestre archiacute, sia sull'esterno che su quello interno verso il cortile. Lungo il cortile, corre un ballatoio sorretto da mensoloni. Una poderosa cinta muraria circondava il castello fino al 1880 quando vennero costruiti edifici rurali addossati ad essa. I muri esterni sono leggermente scarpati verso il fossato oggi interrato. Attualmente l'edificio è trasformato in azienda agricola. Altri link suggeriti: http://www.emiliaromagna.beniculturali.it/index.php?it/108/ricerca-itinerari/10/215, http://paolocapriglione.it/lavori-architettura/castello-di-baselica/, https://www.youtube.com/watch?v=cZvPRx3SnE0 (video con drone di Max Wave)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Baselica, https://www.preboggion.it/Castello_di_Baselica.htm, http://www.altavaltrebbia.net/castelli/bassa-val-trebbia/2057-castello-di-baselica.html

Foto: entrambe di Solaxart (2011 e 2013) su https://www.preboggion.it/Castello_di_Baselica.htm

venerdì 18 dicembre 2020

Il castello di sabato 19 dicembre



BARBERINO DI MUGELLO (FI) - Villa medicea di Cafaggiolo

Detta anche Castello di Cafaggiolo, è una delle ville medicee più legate alla storia dei Medici. In passato, veniva indicata anche come Cafagiolo, com'è indicato nella famosa lunetta di Utens della fine del XVI secolo. E' stata una delle più antiche proprietà medicee. Nel 1359, era fonte di abbondante produzione agricola e aveva già la dignità di una dimora signorile. Nel primo Catasto, risalente al 1427, Averardo di Francesco di Bicci de' Medici la dichiarò "un habituro acto a fortezza". Dal 1451, entrata in possesso di Cosimo il Vecchio, vi intervenne Michelozzo con notevoli lavori che definirono il palazzo di forma rettangolare così come si presenta ancora oggi. Sulle logge furono realizzate delle stanze con sale che si susseguono una dopo l'altra. Oltre il camminamento tutto intorno, anche la seconda torre, il fosso con i muri e antimuri, il ponte levatoio e la delimitazione della piazza davanti con muri a levante ed a lato nord, con il "filare delle case" a mezzogiorno, ancora oggi denominato "la manica lunga", e l'orto sul retro, furono opere dell'ampliamento realizzato da Michelozzo. Inoltre, come riporta Vasari nelle poche righe dedicate a Cafaggiolo in un breve ma incisivo riferimento, l'opera michelozziana si estese anche all'organizzazione de "i poderi, le strade, i giardini, le fontane con boschi attorno, ragnaie, e altre cose da ville molto onorate". Il Vasari, inoltre, indica Cafaggiolo come il primo progetto di Michelozzo in una delle ville di famiglia, anche se alcuni studi recenti metterebbero la vicina Villa del Trebbio come quella di più antica ristrutturazione. Non è agevole riconoscere le strutture anteriori all'intervento di Michelozzo tanto che si è ipotizzata una riedificazione praticamente dalle fondamenta. Sembra evidente comunque che il rinnovamento assecondò la struttura di fortilizio medievale, con il mantenimento di due torrette e della struttura fortificata con il fossato e il ponte levatoio. Venutone in possesso, Cosimo I ingrandì l'edificio inserendo sul fronte orientale un corpo di fabbrica ben leggibile, di sviluppo inferiore al fronte preesistente, con stanze a piano terra coperte da volte a crociera fortemente ribassata e travi a vista, con al piano superiore un vasto salone a soffitto ligneo decorato, a cui verrà posteriormente aggiunta una loggetta. Ampliò inoltre la proprietà facendovi anche realizzare un grande Barco murato, una riserva di caccia privata dove introdusse animali rari, mentre sulla sinistra della villa fece costruire le scuderie. Di impianto più rinascimentale è invece l'ordinazione originaria dei giardini, i poderi, le strade, le fontane e i boschi attorno alla villa. La struttura ebbe quindi un triplice ruolo tipico delle prime ville-fortezze: struttura militare difensiva, posta strategicamente sulla via tra Bologna e Firenze, centro economico importante al centro di trentuno fattorie e di un'imponente produzione agricola e luogo ameno di riposo e svago rispetto alla routine cittadina. La villa, amata da Lorenzo de' Medici che vi risiedette nell'adolescenza, fu luogo di liete adunanze di gentildonne e mercanti, capitani e letterati, artisti, cardinali, principi e papi, per convegni di caccia, simposi e feste contadinesche e soprattutto, dimora per soggiorni estivi e autunnali della casata dei Medici. Alla mensa Luigi Pulci leggeva il suo Morgante, Lorenzo componeva canti carnascialeschi (secondo la tradizione qui Lorenzo compose il poemetto intitolato La Nencia da Barberino, dedicato a una bellezza del luogo); vi soggiornarono Agnolo Poliziano, Marsilio Ficino, Pico della Mirandola e nel 1515 vi sostò Leone X. In una stanza del secondo piano fu pugnalata dal marito Piero de' Medici nel 1576 Eleonora di Toledo. Nel 1537 la villa divenne di proprietà del duca Cosimo I, che la ampliò e vi fece realizzare un grande "Barco" murato (cioè una riserva di caccia), dove animali rari potevano scorrazzare in libertà. Il ruolo della villa come casino di caccia fu ancora più sottolineato da figli di Cosimo, come Francesco I e Ferdinando I, che vi soggiornavano solitamente nei mesi autunnali. Nel Cinquecento furono apportate alcune modifiche all'aspetto della villa tra cui l'aggiunta di un corpo edilizio con loggia sul retro della villa. Passato ai Lorena, nel 1778 il Granduca vi ricevette il fratello Giuseppe, Imperatore d'Austria e, più tardi, Leopoldo II, il Re e la Regina di Napoli diretti al Nord. Durante il periodo dei Lorena la villa non fu alienata, a differenza di altri possedimenti, ma continuarono a usarla per la villeggiatura. Qui venne anche attrezzata la sosta per il nascente servizio postale. L'appena costituito Regno d'Italia aveva fatto convogliare tutti i possedimenti delle famiglie regnanti degli antichi stati italiani alla Casa Savoia. La villa fu poi posta all'asta dal governo italiano e acquistata dal principe Marcantonio Borghese nel 1864. I Borghese approntarono delle radicali modifiche alla costruzione, affidando i lavori all'ingegnere Giovanni Piancastelli: abbattuta la torretta posteriore, che si vede ancora nella lunetta dipinta da Giusto Utens nel 1599-1602, e interrato il fossato, si aprì nelle mura di cinta un grande arco per l'accesso monumentale. Nonostante ciò l'interno conserva ancora alcuni elementi originari dell'epoca di Michelozzo: i motivi decorativi del portone, i capitelli e i peducci delle decorazioni in pietra serena, eccetera. A sinistra dell'edificio esistono ancora le scuderie di epoca cinquecentesca, mentre al posto del giardino posteriore originario con aiuole geometriche e fontane oggi esiste un bosco di alberi secolari che circonda la tenuta. Nel periodo che va dal 1886 al 1887, Leto Chini insieme al fratello Dario Chini, decorarono nelle sale del piano terreno stemmi araldici in stile quattrocentesco. Attualmente all'interno della villa sono custodite le copie, realizzate dal pittore Carmine Fontanarosa, di una serie di ritratti di personaggi famosi appartenenti alla casa Medici. Fu per merito dei fratelli vasai Piero e Stefano di Filippo Schiavon provenienti da Montelupo e di Lorenzo di Pierfrancesco dei Medici, a cui il cugino Lorenzo il Magnifico aveva ceduto la villa, se negli ultimi anni del Quattrocento prese il via nella Villa Medicea di Cafaggiolo, in un'area prospiciente le attuali scuderie, una delle più celebri officine ceramiche del Rinascimento. Le opere di questa celeberrima fabbrica sono spesso contrassegnate con le lettere S e P incrociate, per alcuni riferibili alle probabili iniziali dei fondatori, anche se per altri le due lettere sarebbero una contrazione del motto mediceo semper. Nell'ultimo quarto del Cinquecento dopo aver vissuto una grande stagione ceramica, le maioliche di Cafaggiolo declinarono verso una produzione seriale per cessare agli inizi del Seicento, e con motivazioni tuttora avvolte nel mistero, ogni attività. Dopo il possesso dei Borghese, in seguito la villa passò ai Gerini e, nel 1936, fu acquistata da Enrico Scaretti, per poi pervenire alla Congregazione dei Frati Trappisti che adattarono la villa a convento, asilo e fabbrica di formaggi. Dopo il 1965 è stata acquistata da società diverse che l'hanno gestita per cerimonie e congressi. Dal 2013 la villa rientra nell'elenco del patrimonio dell'umanità dell'UNESCO. Altri link suggeriti: https://www.visittuscany.com/it/attrazioni/la-villa-medicea-di-cafaggiolo-00001/, https://www.mugello-tuscany.com/2018/10/23/villa-di-cafaggiolo-in-mugello/, https://www.youtube.com/watch?v=JJh7KPpCJCU (video di La Terrazza di Michelangelo), https://3dwarehouse.sketchup.com/model/e74e34ed5e5452c27ace27c3320b2a7f/Villa-Medicea-di-Cafaggiolo?hl=it

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Villa_medicea_di_Cafaggiolo, https://www.mugellotoscana.it/it/itinerari/i-luoghi-dei-medici/villa-di-cafaggiolo.html, https://www.regione.toscana.it/ville-e-giardini-medicei/villa-di-cafaggiolo

Foto: la prima è presa da https://www.firenze1903.it/mugello-nella-tenuta-medicea-di-cafaggiolo-il-museo-di-caterina-dedicato-a-caterina-de-medici/, la seconda è del mio amico Claudio Vagaggini su https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/a.10158259264970345/10150505583460345

Il castello di venerdì 18 dicembre



ROCCAFORTE LIGURE (AL) - Castello Malaspina

Su un elevato sperone roccioso a picco sulle valli Spinti, Sisola e Borbera si stagliano i ruderi del castello di Roccaforte Ligure. Si tratta della rocca che anticamente proteggeva il sottostante omonimo borgo, che nell’Alto Medioevo faceva parte dei domini temporali della scomparsa Abbazia di Vendèrsi. L’Abbazia fu potente e ricca filiazione del Monastero di San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia, ma ebbe vita breve e sfortunata; saccheggiata dai Saraceni nel X Secolo, venne donata insieme con tutti i suoi possedimenti da re Ugo di Provenza al vescovo di Tortona. Ricostruita agli inizi del XIII secolo, fu definitivamente abbandonata a causa di una frana ed oggi non ne resta traccia. Roccaforte Ligure con il suo castello, pertanto, seguì le sorti dell'Abbazia cui era legata e - più o meno direttamente - entrò a far parte dei mandamenti amministrati della Diocesi e poi del Comune di Tortona (dal 1295). Dopo una breve parentesi malaspiniana, il tutto venne ceduto agli Spinola, che già possedevano feudi e castelli dall’immediato entroterra genovese fino a tutta la Bassa Valle Scrivia. Nel 1644 gli Spinola di Roccaforte vennero insigniti del titolo di Marchesi, ed autorizzati a battere moneta. Il dominio dei marchesi Spinola continuò ininterrotto fino all’arrivo di Napoleone che, nel 1797, abolì i Feudi Imperiali dei quali faceva parte Roccaforte, ma all’epoca il castello era già un rudere abbandonato da tempo. I resti del castello sono visitabili con una breve passeggiata tra prati e boschi che parte dal piazzale antistante alla Chiesa di San Giorgio e sale sino alla cima rocciosa ove sorgeva la fortificazione. Una meravigliosa vista a 360° si apre sulle valli e i monti circostanti.

Fonti: https://www.comune.roccaforteligure.al.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/rovine-del-castello-malaspina-6079-1-c4dac48c6b694e0e25921cf31a91249e, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Piemonte/alessandria/provincia002.htm#roccafort

Foto: la prima è di Davide Papalini su https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Roccaforte_Ligure-castello.jpg, la seconda è presa da https://www.comune.roccaforteligure.al.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/castello-malaspina-6079-1-ff1b8a4e32a839d7ad8115b3fe3ad07d

giovedì 17 dicembre 2020

Il castello di giovedì 17 dicembre



NARNI (TR) - Castello di Capitone

Il castello è stato per lungo tempo dominio della famiglia Capitone, che ne ha sempre mantenuto vivo l’orgoglio autonomistico, tuttora parzialmente esistente. La Comunità di Capitone il 3 febbraio 1277 fece atto di sottomissione nei confronti della città di Narni, che già esercitava dei diritti sul castello. Era amministrata da quattro massari eletti dal consiglio, soggetti ai priori di Narni e con poteri e margini di autonomia limitati. La posizione strategica tra le due città rivali l’ha resa soggetta ad un gran numero di saccheggi ed assalti, nel corso dei secoli. Durante il Medioevo, rimase con fatica sotto il controllo di Narni, poi fu sottoposta allo Stato della Chiesa. Nel 1419 fu conquistata da Braccio da Montone e, per lui, difesa da Erasmo da Narni contro l’assalto di Attendolo Sforza. Solo nel XVI secolo tornò narnese; nel 1527 fu saccheggiato come la stessa Narni dai Lanzichenecchi. In seguito la plurisecolare dipendenza amministrativa di Capitone dal Comune di Narni fu interrotta all’inizio del secolo XIX, infatti, con la ripartizione territoriale della Repubblica romana del 1798, Capitone fu inserito nel Cantone di Narni, ma con le nuove disposizioni del 1810 fu cantone “em>rurale“, alle dipendenze di Terni. Rimangono i resti della cinta muraria di difesa, con una porta a doppio arco aperta sotto un torrione quadrangolare e una torre di avvistamento, fuori dal centro storico, attualmente inserita in una fattoria, "Podere Palombara". Entrando nel castello dalla porta trecentesca, si possono osservare costruzioni quattrocentesche e cinquecentesche ancora intatte. La Chiesa Sant’Andrea Apostolo, parrocchiale, utilizza come campanile un vecchio torrione del castello.

Fonti: https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-capitone-narni-tr/, https://it.wikipedia.org/wiki/Capitone_(Narni)

Foto: entrambe prese da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-capitone-narni-tr/

mercoledì 16 dicembre 2020

Il castello di mercoledì 16 dicembre

 




CONCA DELLA CAMPANIA (CE) - Castello

Conca della Campania lega le sue origini ai monaci benedettini della celebre Abbazia di Montecassino, i quali, già nell' VIII secolo, scoprirono la fertilità di queste terre e la salubrità del clima, iniziando una massiccia opera di bonifica, costruendovi i primi villaggi e case coloniche, nonché il possente maniero denominato "Pilanum", che fu la loro iniziale dimora. Intorno all'anno 1000 i benedettini costruirono un altro castello a protezione del primo, che fu più volte fatto segno di tentativi d'invasione per la sua vulnerabile posizione. In questa seconda fortezza, visibile ancora oggi al centro del paese, abitarono per circa duecento anni, con un percorso storico denso di avvenimenti. Le tappe più rilevanti cominciarono nel 1049, quando gli abitanti del castello riuscirono ad opporsi con successo ai principi longobardi di Capua. Nel 1417 Conca divenne feudo della famiglia di Giovanni Antonio Marzano e poi del figlio Marino. Nel 1419 Matteo De Capua si impadronì del feudo, ma fu soppiantato, subito dopo, da Giulio Cesare De Capua, che si avvalse dell'aiuto di Filippo II. Verso la fine del '700 i De Capua furono detronizzati dagli Invitti che ressero Conca con il titolo di "Principi", fino alla soppressione dei feudi, avvenuta nel 1816. L'attuale complesso si erge su una sella naturale, all’interno del complesso vulcanico del Roccamonfina e occupa un’area di circa 3000 mq. Questa struttura è il risultato della fusione di due diverse entità architettoniche ben distinte: il Castrum e il palazzo principesco. Il Castrum fu fondato a partire dal XII secolo con la nascita del feudo di Conca, presentava nella sua prima fase una torre maggiore, individuata nell’angolo SE della struttura. A tale mastio venne annessa, tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, una cinta rettilinea con le torrette di guardia ancora visibili. Ad un periodo di poco successivo, invece, si deve attribuire la costruzione del muro a scarpa che fascia l’intero complesso precedente. Solo a partire dal XIV secolo è possibile datare la fondazione del palazzo, periodo in cui Conca, insieme a Limatola, Isernia, Sessa e Carinola, entrò nei possedimenti della famiglia Marzano con l’ammiraglio Giacomo da Marzano duca di Sessa. La nobile residenza è composta da tre ali: una a E, una a O e una N che, disposte a forma di ferro di cavallo, presentano rispettivamente tre livelli: piano terra, piano primo e piano secondo o sottotetto. A partire dal XVI secolo, con l’avvento del viceregno spagnolo, la terra di Conca entrò definitivamente nei possedimenti della Famiglia di Capua, nobile casata a cui venne concesso, a partire da Giulio Cesare II di Capua, il titolo di Principi di Conca; ciò avvenne elevando al rango di principato il feudo familiare di Conca della Campania. È a questa famiglia che si devono attribuire gli ultimi interventi architettonici di maggiore rilevanza quali: la demolizione della torre maggiore per la creazione del giardino pensile, la realizzazione dell’affresco nel vestibolo di accesso al palazzo e la costruzione della cappella signorile. Con la morte dell’ultimo principe di conca Domenico Maria di Capua, l’intero complesso fu acquisito prima dalla casata degli Invitti che ne detennero la proprietà dal 1770 al 1850, quando fu venduto alla famiglia Galdieri. Dieci secoli di vita hanno cambiato inevitabilmente qualche connotato all'antico maniero, come la torretta di avvistamento, che oggi si presenta decapitata, seppure rimangono le caratteristiche feritoie. Nell'atrio che apre al grande cortile interno è ancora parzialmente visibile un pregevole affresco raffigurante un Abate di Montecassino mentre riceve in udienza il clero diocesano. Questo dipinto, che abbraccia una parete è chiaramente successivo alla costruzione del castello ed è un eloquente riferimento ai monaci fondatori. Il portale d'ingresso, di scuola catalana, è della stessa epoca degli affreschi (sec. XVI), fatto costruire a protezione di uomini e cose, quando prima ci pensavano le guardie. La fortezza aveva alcuni passaggi segreti, uno dei quali la metteva in comunicazione con il castello di Riardo, un altro portava oltre le mura di cinta, nella zona bassa, ancor oggi denominata "Rivo", un altro ancora comunicava con il quattrocentesco monastero domenicano, poco distante. All'inizio del XVI secolo, il principe del tempo, Matteo De Capua, commissionò ad un rinomato pittore della vicina Pietravairano, un trittico su tavola, riproducente la Madonna delle Grazie al centro, ed ai lati San Pietro e San Paolo, contitolari della Collegiata di Conca. L'opera fu installata nella cappella del castello dove rimase fino al 1770, epoca in cui si insediò il principe Carlo Invitti, il quale, prima ancora di prendere possesso del castello, donò il dipinto alla Collegiata di Conca allo scopo di accattivarsi le simpatie del popolo. Nel 1592 fu ospite del castello Torquato Tasso, che vi rimase per circa tre mesi, pienamente soddisfatto del clima e del paesaggio, che, evidentemente, gli ispirarono i versi adatti alle sue composizioni poetiche. Oggi la struttura appartiene alla famiglia Maddalena,che lo ha acquisito nel 2015, nel tentativo di poterlo restaurare e renderlo fruibile all'intera comunità e alle attività turistiche per riqualificare il territorio e l'ambiente stesso di questo piccolo borgo di provincia. Altri siti per approfondimento: https://www.italianostra.org/castello-di-conca-della-campania-caserta-segnalazione-per-la-lista-rossa/, https://issuu.com/ilpoligrafo/docs/cubellotti_sfoglialibro (pubblicazione sul castello e la sua storia),http://www.parcodiroccamonfina.it/wordpress/conca-della-campania/, https://www.youtube.com/watch?v=DMRofkiaTYA (video con riprese aeree di Marco Cirillo)

Fonti: https://www.concadellacampania.info/monumenti-conca-della-campania/castello-conca-della-campania/, https://www.fondoambiente.it/luoghi/castello-di-conca-della-campania,

Foto: la prima è di Marco Cirillo su https://www.concadellacampania.info/monumenti-conca-della-campania/castello-conca-della-campania/, la seconda è di Diego G. Di Salvo su https://www.concadellacampania.info/monumenti-conca-della-campania/castello-conca-della-campania/. Infine, la terza è presa da https://www.italianostra.org/castello-di-conca-della-campania-caserta-segnalazione-per-la-lista-rossa/

martedì 15 dicembre 2020

Il castello di martedì 15 dicembre



ADRO (BS) - Castello e torre

La notizia più antica del borgo di Adro è presente nel documento in cui viene citato come Atro, datato 10 aprile 822. In esso la Badessa Eremperga ha ceduto a un certo Rampergo un vico con corte. Il castello fu edificato fra il XIII e il XIV secolo: in atti del 1006 e del 1050 Adro è nominato come vicus e non come castrum. Sia sotto la dominazione dei Visconti, sia sotto quella di Venezia, Adro appartenne amministrativamente alla quadra di Palazzolo. Durante la dominazione veneta del territorio (dal 1426 al 1797) nel borgo guadagnarono importanza i Bargnani, importanti nella vita del paese tra XVII e XVIII, ai quali successero i conti Dandolo. Domina il paese di Adro l'alta torre in pietra viva, a merli ghibellini e larga base tetragonale, la quale con l'antico castello faceva parte del sistema difensivo medioevale. Del castello, costruito sulle pendici del monte dove è presente il cimitero, rimane solo l'ingresso trecentesco del ponte levatoio. Con la costruzione della Chiesa di San Giovanni Battista a fine '700, la torre è diventata campanile del paese di Adro. Sui suoi lati, inoltre, sono stati installati degli orologi. Visita di Adro con drone grazie a questi due video di Eurografica: https://www.youtube.com/watch?v=RMDfXEaIHe0 e https://youtu.be/bmVSIikZ7wA

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Adro, https://www.comune.adro.bs.it/vivere-citta/territorio, https://www.fondoambiente.it/luoghi/adro-torre?ldc, https://www.paesionline.it/italia/monumenti-ed-edifici-storici-adro/torre-medievale

Foto: la prima (castello) è presa da https://www.paesionline.it/italia/monumenti-ed-edifici-storici-adro/castello, mentre la seconda (torre) è presa da http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/BS280-00002/

lunedì 14 dicembre 2020

Il castello di lunedì 14 dicembre



TERRASINI (PA) - Castello di Gazzara

Tenuta di caccia di questa antica famiglia feudale di Terrasini, il seicentesco castello di Gazzara si trova in contrada Bagliuso, sotto l'imponente catena montuosa che sovrasta la città. Da non perdere la caratteristica senia, strumento impiegato per l'irrigazione agricola sin dal periodo arabo, espressione della locale cultura contadina. È una costruzione circolare in pietra tufica, all'interno della quale vi sono diversi meccanismi per l'irrigazione messi in funzione dalla forza degli animali da tiro (buoi o cavalli) che giravano aggiogati intorno alla costruzione. Altri link: https://www.facebook.com/378598942670949/posts/594807611050080/ (con foto), https://www.terrasinioggi.net/2014/06/18/castello-di-gazzara-demolito-il-piano-superiore/70/

Fonti: http://terrasini.travelnostop.com/monumenti.php, http://www.sicilie.it/sicilia/Terrasini

Foto: la prima è presa da https://www.mondimedievali.net/Castelli/Sicilia/palermo/terrasingaz01.jpg, la seconda è presa da https://www.facebook.com/insta.cinisi.terrasini/photos/pcb.594807611050080/594807481050093

domenica 13 dicembre 2020

Il castello di domenica 13 dicembre



ORSOMARSO (CS) - Castello di Mercurion e Palazzo Baronale

Di probabile origine romana, Orsomarso è sorta non come nucleo abitativo, bensì come fortezza a difesa degli avamposti romanici sviluppati lungo la pianura del fiume Lao. Non è improbabile però che la zona sia stata abitata da gruppi sparsi di uomini preistorici. Nel 389 in località Piano dei Morti si svolse una dura battaglia con la sconfitta dei Turini ad opera dei Sibaritici. Notizie certe circa l'esistenza dell'abitato si hanno solo verso l'anno 1000 diventando prima centro romanico con interessanti scambi commerciali e poi centro importante per il monachesimo basiliano. Questa zona è stata visitata da santi importanti quali S. Nilo, S. Leone Luca, S. Saba, S. Primo, S. Fantino il Giovane, S. Macario, durante le incursioni saracene nell'interno, precisamente alla confluenza dei fiumi "Argentino" e "Porta La Terra", durante le lotte fra Goti e Bizantini per la difesa delle abbazie di Monaci Basiliani, sorse una fortezza: uno dei suoi comandanti fu Ursus Martius (Orso Marso) da cui derivò il nome del borgo che sorse intorno alla stessa fortezza. L'abitato si è sviluppato non in modo graduale, ma a piccoli nuclei intorno a monasteri o palazzi. Nel Medioevo e nei secoli successivi, in seguito al recupero culturale del Monachesimo Greco-Bizantino, la terra di Orsomarso ebbe alterne vicende. Sequestrata a Barnaba Sanseverino, conte di Lauria, nel 1498, fu venduta da Federico II Perrotto Bisach che la donò in dote alla figlia Barbara. Nel 1538 Barbara portò in dono il feudo al conte Silvestro Tomacello Ferrante di Alarçon. Nel 1640 fu degli Ametrano. Nel 1668 il feudo andò in proprietà ad Andrea I Brancati di Napoli. Il Castello baronale, posto sotto l'orologio e le mura perimetrali, furono anche l'abitazione residenziale della famiglia Brancati. Il feudo dei Brancati venne dato in fitto al duca di Giovene e da questo a don Nicola Cavalcanti, marchese di Verbicaro. Con la fine del feudalesimo, Orsomarso prese parte attiva alle battaglie e lotte risorgimentali, dopo aver subito atroci rappresaglie da parte del comandante borbonico Necco. Partendo da Scalea e percorrendo la statale lungo la valle del Lao, al km 13 si incontra l'area del MERCURIO, con questo termine si definisce una collinetta a strapiombo sul Lao. Risalendola a piedi il viaggiatore ha subito modo di notare le mura che circondano il Mercurio, molto rudimentali. La cittadina, probabile rifugio degli abitanti rivieraschi intorno al mille, era chiaramente a più strati con in alto il castello; vera roccaforte sul promontorio roccioso se ne perdono le tracce intorno al 1500. Rimane intatta la chiesetta, anche se ha subito vari e maldestri rifacimenti. Vi si venera l'immagine della Madonna del Mercurio molto antica, solenne e severa; è la classica rappresentazione della Madonna con Bambino in trono, è in terracotta, gli occhi di vetro le furono aggiunti nel ‘600. Un'area fortificata che non è esagerato far risalire all'epoca della conquista romana della Magna Grecia e che sicuramente era nel suo pieno vigore nei primi decenni successivi all'anno Mille quando ospitava una turma bizantina (uno squadrone di 30 cavalieri) il cui comandante, il turmarca, era proprio lo spataro candidato imperiale Oursos Marsos che firmò l'atto per la definizione di una controversia per il possesso di alcuni terreni nella Regione Mercuriense. Nell'immediato si rende necessaria la sistemazione del percorso di accesso che risulta essere poco agevole e scarsamente fruibile per i visitatori, mentre invece, dovrebbe essere uno dei primi formidabili punti di attrazione turistica di Orsomarso. Le immagini fotografiche descrivono meglio di ogni parola il grande valore di questo sito archeologico, sia dal punto di vista storico-artistico, che sotto il profilo affettivo che la comunità di Orsomarso da sempre riserva per questo luogo simbolo della propria memoria storica. Il palazzo baronale di Orsomarso, che fa da proscenio all’antistante Piazza Municipio, risale ad epoca medievale ed è stato sede di un certo Stefano, insignito del titolo di barone di Ursumartio. Questi appose il proprio signum manus in un processo che si celebrò a Scalea, nel luglio del 1152, in merito ad una controversia tra l’abate dell’Abbazia Benedettina di S. Maria della Matina, nei pressi della cittadina di San Marco Argentano e il prete Pietro da Mercurio, a causa della proprietà di una vigna posta in località Charitus, oggi identificata con località “Garritu” di Orsomarso. Di notevole interesse l’imponente portale bugnato in pietra locale, attraverso il quale si accede al cortile e, da qui, alla stradina che porta alla Torre dell’Orologio. Fino agli anni ’60 sul lato destro della facciata del palazzo, al di sopra del tetto, svettava un incantevole loggiato rettangolare composto da ben cinque finestroni ad arco a tutto sesto sui lati lunghi e tre su quelli corti. La sua struttura quadrangolare chiusa sulla roccia della torre, domina il centro storico da ogni versante, mentre il riservato cortile interno conserva ancora oggi alcuni particolari costruttivi antichi di secoli. Le scale interne che conducono ai vari appartamenti, di proprietà privata, sono costruire in lastroni di pietra locale incorniciati ormai da alte erbacce, segno che da tempo nessuno abita più qui. Negli anni scorsi lo sfondamento di alcune parti del tetto e le infiltrazioni di acqua avevano fatto temere il peggio, per fortuna è stato effettuato un intervento di rifacimento della copertura che ha fatto rientrare l'emergenza, fermo restando il fatto che si pone il problema di un intervento di restauro organico e di un'adeguata valorizzazione di questa struttura. Altri link suggeriti:https://www.youtube.com/watch?v=6dXjZSpZyrQ (video di pandia), http://turismoqr.it/orsomarso/8.php

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Orsomarso, http://www.visitrivieradeicedri.it/comuni/orsomarso/full.php, testo di Pio G. Sangiovanni su http://www.abystron.org/expo/orsomarso/2010/viaggio-nel-centro-storico/piazza%2C-palazzo-baronale%2C-castello-e-torre.aspx, https://www.orsomarsoblues.it/2018/03/in-giro-per-orsomarso-2-tappa-palazzo-baronale/ (testo di Giovanni Russo)

Foto: la prima, relativa al Castello di Mercurion, è presa da https://br.pinterest.com/pin/460422761895410758/. La seconda, relativa al palazzo baronale, è presa da http://appenninobiketour.com/2017/01/15/orsomarso/

Il castello di sabato 12 dicembre



CASTELNUOVO BERARDENGA (SI) - Castello di Orgiale

Si trova sulla sommità di un colle acuminato a 315 mt di altitudine, ai suoi piedi scorre la Malena Morta a circa 60 metri di dislivello, la distanza aerea da Castelnuovo è di 1200 metri.
Il primo documento che ne attesta l’esistenza (Cartulario dell’abbazia di San Salvatore della Berardenga) è del 1101 ed è una donazione al Monastero Berardengo di una casa “ intus castro de Ortiale”, probabilmente per sottrarla da ingerenze imperiali e senesi. Di una chiesa intitolata a S. Ercolano abbiamo testimonianza in atti del 1199 e del 1228. Quanto sia stato importante Orgiale, lo si può dedurre anche dal numero di documenti d’archivio che lo riguardano, almeno 41 ( doc. per la storia delle località senesi- Vincenzo Passeri) che coprono un tempo di quattro secoli, fino al 1554. Nel 1158 fu lo stesso Federico Barbarossa ad interessarsi di Orgiale, intimando ai suoi titolari di non costruire castello alcuno entro 12 miglia da Siena. Già nel 1159 i signori di Orgiale furono i primi, fra i Berardenghi, a riconoscere la supremazia senese, donando loro una parte del poggio e di fatto concedendo il dominio sul territorio del castello, come avrebbero poi fatto tutti gli uomini della berardenga nel 1201 ( con la sola diversificazione di Valcortese). Ad inizio Duecento il territorio di Orgiale contava la presenza di 80 capifamiglia, un numero importante per l’epoca, destinato però a ridursi a causa delle guerre che lo interessarono nel XIII secolo. Nel 1207, ma la cosa si sarebbe ripetuta nel 1234, i fiorentini attaccarono Orgiale e arrecarono forti danni alla fortificazione. Anche per questo, nel 1208 si arrivò alla cessione a Siena della parte più alta del castello, affinchè vi fosse eretta una torre e un palazzo. Questo non bastò a fermare i fiorentini ( 1234) che evidentemente consideravano lo spazio di Orgiale strategico per il loro obbiettivo di occupare la città, per questo dopo alcuni anni, nel 1251, Siena decise di fornire ad Orgiale una sua guarnigione di soldati (mancavano 9 anni alla battaglia di Montaperti). Nel Costituto senese del 1262 si accenna anche alla distruzione del castello, che probabilmente si trovò davvero in condizioni gravi, ma non alla sua sparizione, come vedremo più avanti. A fine Duecento, lo attesta lo Statuto dei Viari, Orgiale era centro di comune e viene citato insieme alla Pieve di Pacina per la strada che porta al Bagno “de Pistille”, lo stesso Priscille o Piscille preso come uno degli indicatori per la realizzazione del Castello Nuovo della Berardenga. Ancora nel 1320, Orgiale ed il suo castello erano sede di comune in un territorio con 21 case che si estendeva dalla chiesa del Romito a Felsina, nel 1337 è segnalato nel vicariato della Berardenga e nel 1367 fu uno dei costitutori del comune che si realizzò attorno al Castello Nuovo. Nel 1397 e per ben due volte, il Concistoro senese prese la decisione di distruggere Orgiale, ma infine ci ripensò e decise di conservarlo, decisione saggia, sembrerebbe, considerato che nel futuro Siena tornerà ad avere bisogno di quella fortificazione. Dalla seconda metà del XV secolo la Repubblica Senese raggiunse l’apice della propria espansione territoriale e forse allentò la presa sui fortilizi del contado, ad esempio, nel 1466 Pietro Bellarmati denunciò il possesso della fortezza di Orgiale e ce ne vollero delle belle per farsela ridare, solo nel 1483 e dopo vari rifiuti, il podestà di Castelnuovo informò Siena dell’avvenuta riconsegna. Nell’anno 1497 la chiesa era ancora quella di S. Ercolano. Si avvicinava la resa dei conti con Firenze, quando, nel 1552 venne disposto che le artiglierie di Castelnuovo fossero portate in parte ad Orgiale e in parte a Sesta, furono anni durissimi per i nostri antenati sul fronte di una guerra che cambiò la Toscana. L’ultimo ordine impartito dai senesi ad Orgiale (che doveva essere abbattuto…) fu nel 1554 e richiedeva una difesa estrema della fortezza, cosa che naturalmente non fu possibile ottenere. Al termine della guerra tra i Guelfi e i Ghibellini, delle cui battaglie e fortificazioni l'intera regione conserva ancora tracce, il Castello divenne un importante centro agricolo. Poco più di 100 anni dopo, nel 1676, probabilmente già ricostruiti alcuni edifici, viene segnalato Orgiale nel Comunello della Pieve di Pacina e di proprietà, insieme a Le Case , delle Monache del Paradiso. C’è un oratorio/cappella intitolato a Santa Caterina e nessuna menzione della chiesa di S. Ercolano. Nel Catasto del 1825 il complesso, con la villa (quella attuale), una casa a pigione, una cappella, il granaio e il frantoio, risulta appartenere a Isabella Mocenni. Nel 1877 fu completato il restauro della cappella di Santa Caterina. Dopo più di un millennio di turbolenti avvenimenti storici, il Castello, costituito dalla possente Torre di difesa e dagli adiacenti edifici minori, a partire dagli anni '50 è stato lasciato all'incuria e all'abbandono fin quando, alla metà degli anni '90 Bernd Gisy, il suo attuale proprietario, non ha acquisito la tenuta e intrapreso un'imponente opera di restauro che ha riportato al suo originario splendore dapprima la cantina e, per finire, nel settembre del 2000, anche gli alloggi che costituiscono l'attuale residence. Il complesso di Orgiale risulta oggi completamente restaurato, senza alterazioni rispetto alle figure architettoniche, austere, ma semiabbandonate di fine novecento. Permane in tutta la sua bellezza il torrione quadrato intonacato con base a scarpa (databile fine XV secolo/ inizio XVI), cordonato in mattoni e archetti in cotto con sottarco trilobo su mensole a piramide rovescia. Sul lato est è addossato un fabbricato che si prolunga sul lato nord, staccato dal torrione e probabilmente più antico, come fanno supporre un arco ribassato in pietra nel fronte nord ed un tratto di filarotto su quello est. Al piano terra si trova la cantina, cui si accede da una scala voltata, che presenta due ambienti coperti con volte a botte; al primo e secondo piano si aprono gli appartamenti di età moderna cui si arriva tramite una scala esterna. L’edificio è circondato da fabbricati rurali di varie epoche e, nel piazzale antistante l’ingresso principale, è presente un pozzo cilindrico a lastre di travertino con base e cornice modanate. Il castello, dal quale si gode uno stupendo panorama verso Siena, è stato fortemente rimaneggiato nella prima metà del XIX secolo con inserzioni di gusto neoclassico. Rimane intatto, comunque, il fascino architettonico e la leggenda, durata cinque secoli

Fonti: articolo di Andrea Pagliantini su https://andreapagliantini.com/2020/09/05/il-castello-di-orgiale/, https://www.castellodiorgiale.it/index.php (sito web residence), testo di testo di Giulia Vivi su https://www.mondimedievali.net/Castelli/toscana/siena/provincia002.htm

Foto: la prima è presa da https://www.facebook.com/castelberardengo/photos/pcb.1021737538261385/1021729768262162/, la seconda è presa da https://www.castellodiorgiale.it/

sabato 12 dicembre 2020

Il castello di venerdì 11 dicembre



COLLARMELE (AQ) - Torre Normanna

La torre è detta "Normanna", in quanto fu costruita da Ruggero II, conte di Celano, il quale si presume che appartenesse ad un ramo cadetto della stirpe dei Normanni. La Torre di Collarmele è stata costruita intorno al 1300 e serviva sia per difesa da attacchi esterni insieme alle mura di cinta, che per comunicazione con le altre fortificazioni vicine. La Marsica, infatti a partire dall'età dei conti Berardi nel 926, iniziò a costruire e a ricostruire tutti paesi in punti impervi, con mura fortificate e una torre o castello, che fossero allineati e a poca distanza l'uno con l'altro, di modo da comunicare a vista possibili attacchi esterni o per problemi interni. Grazie a ciò a partire dall'età dei conti Berardi la Marsica fu per molto tempo, luogo ameno e tranquillo, fino al 400 quando scoppiarono le guerre fratricide tra Orsini e Colonna. In questa cornice s'inserisce la Torre di Collarmele che con la sua posizione teneva sott'occhio il Passo di Forca Caruso, snodo fondamentale per il passaggio di merci e persone. Le costruzioni fortificate con cui la Torre di Collarmele era sempre in contatto, erano la Torre di Aielli e il Castello di Celano. La torre viene detta anche "dei Colonna", in quanto tali Principi nella lotta contro la famiglia avversa degli Orsini, se ne sarebbero serviti per scopi militari. Superata l'età medievale la Torre è divenuta il simbolo del paese di Collarmele, superando indenne anche i tremendi terremoti del 1703 e del 1915 e di recente quello del 2009. A partire dall'inizio del secolo XXI la Torre di Collarmele è divenuta la sede ufficiale della Proloco di Collarmele. Attualmente al suo interno vi è allestito un presepio permanente, costruito dagli abitanti del piccolo borgo, che è visitabile nei mesi invernali. La Torre di Collarmele presenta un corpo cilindrico ed è costituita da una particolare tessitura di paramento esterno costruito con conci lapidei eterogenei a filari orizzontali, dalle dimensioni differenziate, da cui si è ipotizzato l’utilizzo di materiale di spoglio. E' alta 18,45 m, con un diametro di 9,60 m e presenta feritoie su tutte le direzioni che servivano a scagliare frecce sul nemico in avvicinamento. L’ingresso, sopraelevato, con mensole aggettanti, è sormontato dallo stemma dei Berardi, conti di Celano. Internamente è a pianta ottagonale nella parte superiore mentre è ipotizzabile la presenza di una cisterna nel vano sottostante. Al piano terra vi è un locale coperto con volta a otto vele nervate, ai livelli superiori il corpo di guardia, accessibile dall’entrata elevata un tempo servita da ponte levatoio.

Fonti: https://digilander.libero.it/webmarsica/TORRE%20DI%20COLLARMELE.htm, https://abruzzoturismo.it/it/torre-normanna-collarmele-aq, https://www.fondoambiente.it/luoghi/torre-di-collarmele, http://www.lc-architettura.com/index.php/1998-la-torre-di-collarmele/

Foto: la prima è presa da https://i1.wp.com/www.webmarsica.it/wp-content/uploads/2018/11/collarmele-torre-di-collarmele.jpg?ssl=1, la seconda è di Marica Massaro su https://it.wikipedia.org/wiki/Collarmele#/media/File:Collarmele_la_torre_medievale.jpg

giovedì 10 dicembre 2020

Il castello di giovedì 10 dicembre



CERIGNALE (PC) - Castello in frazione Ponte Organasco

Caratteristico borgo medioevale situato al crocevia per Genova, Bobbio e Pavia, il cui toponimo deriva dal ponte romano che si trovava in prossimità del fiume Trebbia adiacente ad un monastero medioevale. Il nome trova assonanza con quello che un tempo veniva dato alla valle del torrente Bobbio: Valle Organa, in seguito tramutato in Valgrana. In documenti del 1700, il ponte viene anche citato come ponte del Gavazo. Era difeso da un castello (dell'XI secolo), le cui rimanenze sono visibili in alcuni edifici dai caratteri stilistici cinquecenteschi. Dalla metà del XII secolo appartenne ai Malaspina, poi ai Doria, nel XVII secolo ai Castelli, nel XVIII secolo ai Palazzi di Genova e agli Ansaldi. Nel XIV secolo, sotto la Repubblica di Genova, il castello venne ampliato e diventò un palazzo gentilizio fortificato, munito di un camminamento di ronda; vi soggiornò in diverse occasioni il vescovo di Bobbio sant'Antonio Maria Giannelli. Una costruzione annessa fu trasformata all'inizio del periodo barocco in una cappella, come è documentato da una bolla papale. Oggi il castello è di proprietà privata. Altri link per approfondire: 
https://www.facebook.com/lavalledellefavole/videos/ponte-organasco-un-gioiello-di-paese-nella-val-trebbia/236687021115257/ (video), https://www.youtube.com/watch?v=3CRxeLJFaJk (video di oltrepotv), http://www.altavaltrebbia.net/castelli/alta-e-media-val-trebbia/2108-castello-di-ponte-organasco.html

Fonti: http://www.altavaltrebbia.net/frazioniemilia/1575-ponte-organasco.html, http://www.appennino4p.it/draghin3.htm, https://it.wikipedia.org/wiki/Cerignale#Monumenti_e_luoghi_d'interesse

Foto: la prima è presa da https://www.tourer.it/scheda?castello-e-oratorio-di-ponte-organasco-ponte-organasco-cerignale, la seconda è presa da https://www.tourer.it/scheda?casa-torre-medievale-al-civico-22-ponte-organasco-cerignale

mercoledì 9 dicembre 2020

Il castello di mercoledì 9 dicembre



MADRUZZO (TN) - Castel Madruzzo

Sorge maestoso su di un’altura nei pressi dell’omonimo abitato. La sua posizione strategica permetteva di controllare la Valle del Sarca, fondamentale via di comunicazione tra Trento e il Lago di Garda. I primi documenti riguardanti il castello risalgono al 1161 quando il principe vescovo di Trento Adalpreto II lo concesse in feudo a Gumpone e a suo nipote Boninsegna. Questi ultimi furono i capostipiti della prima famiglia dei Madruzzo. Durante gli scontri tra guelfi e ghibellini, i Madruzzo furono sempre fedeli ai vescovi di Trento e per questo furono attaccati dai Campo e dai Seiano, che arrivarono ad occuparne il castello. Al termine delle lotte il maniero tornò nei possedimenti dei Madruzzo. Nel 1380 la linea maschile dei Madruzzo si estinse e, dopo alcune lotte per l'eredità, il castello nel 1389 passò ai Roccabruna. Questi ultimi, oberati dai debiti, dopo pochi anni non furono più in grado di far fronte alle spese per l'amministrazione del castello e nel 1441 lo cedettero a Sigismondo Stetten di Carinzia, capitano nel castello di Segonzano. Anch'egli però non fu in grado di sostenere l'impegno economico che il castello richiedeva e nel 1447 lo cedette a Aliprando figlio di Guglielmo di Denno-Nanno. Aliprando morì senza figli, i suoi beni passarono a suo nipote Gian Gaudenzio che iniziò a farsi chiamare Madruzzo e assunse uno stemma che si rifaceva a quello della precedente famiglia. Egli apportò notevoli miglioramenti al castello rendendolo più comodo e adeguando le difese alle nuove armi da fuoco. Uno dei suoi figli fu Cristoforo Madruzzo che iniziò il Concilio di Trento e che fu il primo dei principi vescovi appartenenti questa famiglia che governarono il Trentino per più di un secolo. Durante questo periodo il castello fu più volte ampliato e abbellito e fu usato come residenza dei principi vescovi e luogo per feste e ospiti importanti. Nel 1658 con la morte Carlo Emanuele Madruzzo si estinse anche la linea maschile della seconda famiglia dei Madruzzo. Per matrimonio il castello passò quindi nel 1661 ai Lenoncourt che a loro volta si estinsero lasciando le loro proprietà ai Carretto di Genova nel 1691. Nel 1703 durante la marcia del generale Vendôme in Trentino nell'ambito della guerra di successione spagnola, il castello fu dato alle fiamme e quasi completamente distrutto. Ricostruito nel XIX secolo cadde ben presto in rovina, anche a causa del disinteresse della famiglia Carretto che lo vendette nel 1873. Acquistato dalla famiglia Larcher fu in parte ristrutturato e ha ospitato anche Oreste Barattieri e Antonio Fogazzaro. Nel 1963 fu venduto ai Montagna di Milano. Oggi l'edificio è privato e non è visitabile. Sono ben riconoscibili i due nuclei che lo costituiscono: la parte medievale più antica, detta castello Vecchio, è composta dalla cinta muraria e da due torri merlate risalenti al XII secolo, chiamate di Gumpone (a forma di trapezio, con scale in legno che conducono al coronamento dal quale si può ammirare un bellissimo panorama) e di Boninsegna (a pianta quadrata); il nucleo più recente, d’età rinascimentale, fu costruito da Giovanni Gaudenzio che voleva una residenza alla moda e così nei primi del XVI secolo iniziò i lavori di restauro realizzati poi alla fine dell’Ottocento dal dottor Francesco Larcher. Castel Nuovo è composto da edifici residenziali e da una cinta edificata successivamente che circonda il castello Vecchio e si collega alle strutture più recenti, al cui interno vennero realizzati dei bastioni cilindrici più adatti alle tecniche militari cinquecentesche e che richiamavano quelli delle fortezze rinascimentali, come il Castello di Rovereto e Castel Beseno. Salendo una ripida stradina scavata nella roccia (costruita nella prima metà del '500 da Giangaudenzio Madruzzo, padre del cardinal Crostoforo Madruzzo) che fiancheggia le mura medievali, si raggiunge il maniero. Entrando si nota subito la cura nella manutenzione ordinaria degli spazi esterni, compresa la corte dove si erge l'antico pozzo/cisterna. Interessante anche la piccola chiesa (dedicata a S. Nicolò), in cui ai tempi dei Madruzzo il pievano di Calavino doveva celebrare la messa a Natale e Pasqua. La chiesa si presenta in buono stato negli affreschi e nei dipinti e si fregia degli stemmi della Famiglia e del principe vescovo Cristoforo Madruzzo. Tutti gli appartamenti del palazzo nuovo si aprono sull’ampio salone di ingresso. Vi sono quattro locali luminosi: la sala delle guardie, dove si è trovato un affresco del Cinquecento, la sala del camino, dove sono appesi una serie di ritratti dei personaggi madruzziani attribuiti al Chiocchetti, la sala della Tavola, che ospita una grande tavola in quercia, la sala della stua, dove è situato un grande camino dallo stile nobiliare. Il castello è circondato da un meraviglioso parco di 12 ettari, racchiuso da un muro di cinta e caratterizzato da interessanti varietà arboree, dal leccio, alle querce, ai faggi secolari. Rimane aperto l'interrogativo sul futuro del maniero, dal momento che alcuni anni fa si parlava di una possibile vendita, dati anche i costosi e urgenti interventi di restauro della parte più antica (anno 1160). Altri link per approfondire: https://www.casetrentine.it/magazine/view/423/castel-madruzzo-pi-vicina-la-vendita, https://www.youtube.com/watch?v=kt4jlbvwRfE (video di Semita Tridentum), https://www.youtube.com/watch?v=Opqq7mzU2qI (video di Unicredit SubitoCasa), https://www.unicreditsubitocasa.it/immobilidipregio/tn/lasino/castello-in-vendita-lasino-ID1321624 (visita virtuale)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Madruzzo, http://www.castellideltrentino.it/Siti/Castel-Madruzzo, https://www.icastelli.it/it/trentino-alto-adige/trento/lasino/castel-madruzzo, https://www.comune.madruzzo.tn.it/Territorio/Cosa-visitare/Il-Castello-di-Madruzzo

Foto: la prima è presa da https://www.unicreditsubitocasa.it/immobilidipregio/tn/lasino/castello-in-vendita-lasino-ID1321624, la seconda è una cartolina della mia collezione

Il castello di martedì 8 dicembre




VICO DEL GARGANO (FG) - Castello Normanno-Svevo-Aragonese

Il castello “castrum Vici” nell’ XI secolo era già esistente ed era di proprietà dei Normanni, ne abbiamo notizia attraverso diverse fonti scritte. La prima menzione relativa al castello è contenuta nel Regesto di San Leonardo di Siponto e si riferisce ad un documento del 1113: “Guarino de Ollia al signor castellano di Vico rende noto nello stesso castello, di possedere un pezzo di terra in località Guasto”. Un ulteriore notizia relativa al castello si trova in un documento del 1144 in cui la Chiesa di San Pietro Apostolo “supra montem, prope castellum Vici”, viene donata dal cavaliere normanno Enrico de Ollia ai canonici di San Leonardo. Un’altra testimonianza si trova in un documento del 1149 in cui il castello viene citato da Cristofano, abitante del castello di Vico. Motivi di difesa sono alla base del primo impianto del complesso, che in età sveva venne ampliato ed adattato a sede di caccia. Il nucleo più antico del castello si sviluppa sull’asse NE-SE, chiuso agli angoli da torri quadrate. Quella di NE si eleva su di una scarpa di base a blocchi sagomati e smussati, evidenziata da un costolone marcapiano; l’altra di SE culmina con un’elegante bifora a tutto sesto con colonnina centrale: quest’ultima presenta un capitello a foglie piatte e crochets angolari, mentre alla base i resti di una foglia angolare. La torre è così descritta da A. Haseloff :"un capitello a foglie piatte e grossi bulbi obliqui". La merlatura, con due intervalli fra merli sul lato est e tre su quello sud e con i rispettivi merli senza feritoie, sembra essere quella originaria. Quasi a rinsaldare quest’ultima slanciata struttura angolare, un bastione circolare di fortificazione, la cosiddetta torre maestra, ricorda il periodo aragonese. E gli adattamenti per bocche di fuoco, accanto alle balestriere, riportano al ricorrente dramma della guerra, all'assedio e al cannoneggiamento di Vico nel 1529, da parte degli Spagnoli. Il tracciato delle mura che insiste sull’asse SE-NO è visibile solo a tratti in quanto al castello risultano addossate costruzioni realizzate nei secoli successivi. In prossimità dell’attuale ingresso il tracciato risulta intervallato da una torre semicircolare che si eleva su una scarpa non molto ampia; all’angolo nord-ovest una torre a struttura circolare si eleva su una scarpa da cornice marcapiano. All’ interno degli edifici vi è un cortile ampio sul quale si affacciano sia gli ingressi che danno alle stalle ed ai magazzini terranei, sia quelli che conducono ai piani superiori di civile abitazione; di fronte all’ingresso vi è un portico coperto da volta unghiata mentre lateralmente è situata la cisterna per la raccolta delle acque piovane. Come detto, il castello normanno fu in seguito ampliato da Federico II di Svevia nel 1240. Agli Svevi si succedettero gli Aragonesi. Durante il periodo feudale Vico fu territorio delle più importanti famiglie napoletane, tra le quali i Caracciolo e gli Spinelli. Il disastroso terremoto del 1646 causò a Vico del Gargano gravi danni materiali, specialmente al convento dei frati cappuccini minori, oltre che la morte di 40 cittadini. Nella sagoma quadrilatera del castello moduli architettonici diversi evidenziano tempi, funzioni e culture artistiche che si succedono, dai Normanni agli Aragonesi. Motivi di difesa sono alla base del primo impianto del complesso, che in età sveva assunse gli ideali residenziali di una domus solaciorum, di una dimora signorile per gli svaghi di cortigiani e forse anche dello stesso imperatore Federico II. Questi, nel 1234, aveva dato in dote alla terza moglie, Isabella d'Inghilterra, Vico e i paesi garganici compresi nell'Honor Montis Sancti Angeli.
Oggi il Castello rimane un simbolo dominante sulla composizione urbanistica del paese ed è piacevole visitarlo in quanto si inserisce nel caratteristico centro storico ricco di viuzze lastricate e stradine panoramiche quasi di montagna. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=ZIZZCIy51Z8 (video con drone di Mazinga G - drone experience), https://www.youtube.com/watch?v=gBpna2R03AU (video di Grazia Video)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Vico_del_Gargano, https://www.paesionline.it/italia/monumenti-ed-edifici-storici-vico_del_gargano/castello-normanno, http://www.prolocovicodelgargano.it/index.php/18-vuota/93-castello

Foto: la prime due sono del mio amico Claudio Vagaggini su https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/a.10157886805035345/10155787825015345 e su https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/a.10157886805035345/10155787805075345. La terza è una cartolina della mia collezione.