sabato 30 luglio 2016

Il castello di domenica 31 luglio






PONTELANDOLFO (BN) – Castello

È intorno al 980 d.C. che nacque l'attuale abitato che prese il nome di Pontis Landulphi dal principe longobardo Landolfo che probabilmente vi edificò un ponte sul torrente Lenta per accedere al suo castello. Subì due assedi nel 1138 e nel 1462, il primo ad opera di Ruggiero il Normanno e il secondo su iniziativa di Ferdinando I d’Aragona. Pontelandolfo subì numerosi danni a causa dei vari terremoti che colpirono il Sannio ed in particolare dal sisma del 1456 e da quello del 1688. Nel 1466 divenne possedimento dei conti di Cerreto Carafa. Dell'antico Castello medievale di Pontelandolfo resta solo la possente Torre, alta oltre venti metri e avente un diametro di quattordici metri ed uno spessore delle mura del basamento di 4,5 metri. Nel 1134 un castello già da qualche secolo dominava sul territorio di Pontelandolfo, in cui si incrociavano le vie provenienti dagli Abruzzi e dal Molise, dalla Capitanata, dal Beneventano e dalla Terra di Lavoro. Ma solo dopo che i passaggi dell’esercito di Carlo d’Angiò nel 1266 e di quello di re Luigi d’Ungheria nel 1348, ebbero additata l’importanza strategica del luogo, i feudatari, per meglio fortificarlo, costruirono questa torre dalle poderosa mura, che tuttora si ammira. D’altra parte, non poté essere edificata prima della seconda metà del XIV secolo, perché, se ciò fosse avvenuto, Carlo Artus, che acquistò il castello nell’anno 1341, quale capitano valoroso che tanto teneva alle cose del reame, non avrebbe avuto il gusto di alienarlo quattro mesi dopo l’acquisto. E neppure si può ammettere che sia stata costruita prima della metà del XV secolo: infatti, l’applicazione della polvere alle armi da sparo, allontanando gli assedianti dalle mura, avrebbe consigliato un sistema diverso di fortificazione. Il castello venne distrutto a seguito del terremoto del Sannio del 1688. Rimase in piedi solo la torre che attualmente è di proprietà privata. Maestosa ed imponente, la torre Medioevale venne fatta erigere dai Gambatesa. Le sue mura s’innalzano a scarpa sopra un cerchio di base di 14 metri di diametro. Un anello di pietra bruna separa le mura di basamento con le mura soprastanti, che si innalzano in forma perfettamente cilindrica per uno spessore di metri 3. Tale cordone, tagliandola orizzontalmente, la distingue in due parti. L’inferiore comprende due vani: uno spazioso, chiuso tra il basamento e una volta di pietre, era adibito a uso cisterna, da cui, per un foro scavato nel muro dal lato sud-ovest, si attingeva l’acqua per il bisogno degli assediati; l’altro, dell’altezza d’un uomo, interposto tra la volta della cisterna e il pavimento superiore, diviso in quattro settori eguali, serviva per conservare le munizioni. La parte superiore, poi, chiusa pure da una volta di pietre, era separata da un assito in due piani, che comunicavano per mezzo di botole. Serviva come difesa vera e propria del castello di cui sono presenti ancora i resti con mura ad impianto poligonale e torrette di avvistamento. Nella prima metà del sec.XIX, venduto il castello dal principe di Colobrano al dott. Gaetano Maria Perugini, nella torre furono eseguite parecchie costruzioni: sul terrazzo venne alzata una torretta, si aprirono, in direzione della cisterna una porta dal lato del giardino, due balconi al secondo piano ed uno al primo, e si scavò nelle mura una scala che conduce fino alla torretta. Alla torre si accedeva dall’interno del castello mediante un ponte levatoio, il quale, partendo dalle mura del fabbricato che le si alzava di fronte, calava sulla soglia del finestrone che guarda a mezzodì, di forma rettangolare, dalle spallette di pietra oscura, la cui costruzione è coeva alle mura della torre. La tradizione orale riporta l’esistenza, all’interno della Torre, di un passaggio segreto che conduceva fuori dell’abitato. Certamente qualche cunicolo poteva esistere, all’interno della torre o del castello, per consentire agli assediati, in caso estremo, di fuggire dalla fortezza, ma la sua ubicazione non è stata mai trovata ed accertata. Al suo interno è possibile vedere nella prima sezione un vano cantinato con pavimento in legno, nella seconda sezione due stanze con balconi: uno prospiciente sul giardino e l’altro permette la bellissima veduta della Piazza e del Viale dell’Impero che si allunga verso il bivio di San Donato. Le stanze sono abbellite da una armatura medioevale, letti e cassapanche antiche con arredi d’epoca. Arrivati alla sommità si potrà ammirare il panorama di Pontelandolfo e la veduta dei paesi circostanti quale Casalduni, Ponte, Paupisi e Benevento. Altri link suggeriti: http://www.pontelandolfonews.com/gallerie/la-torre-di-pontelandolfo/ (ricco di foto), http://www.pontelandolfo1861.it/locations/torre-medievale-xii-sec/


Foto: la prima è di colloca1 su http://www.panoramio.com/photo/6213585, la seconda è di Pino Guerra su http://www.panoramio.com/photo/56379750


venerdì 29 luglio 2016

Il castello di sabato 30 luglio






MONTENERO VAL COCCHIARA (IS) – Palazzo Ducale

Il paese in origine si chiamava "Mons Nigro"e viene citato nel Chronicon Volturnense nel 975 come appartenenza dell'abbazia di San Vincenzo al Volturno. Successivamente nel 1039 fu sottratto all'abbazia dai feroci conti Borrello insieme a Malacocchiara che era nelle sue vicinanze a circa 3 miglia (oggi di difficile individuazione, comunque doveva trovarsi nella valle del Pantano sulle pendici del monte Corvale - sono in corso ricerche per rintracciare il sito). Nel 1045 fu restituito ai monaci e nessuna notizia se ne ha fino al 12 marzo 1166, quando un certo Jonathas de Mala Cuclaria è presente a Belmonte del Sannio per la sottoscrizione di una donazione fatta con il consenso di Oderisius filius Borrelli. La prima notizia concreta sulla esistenza di una chiesa e della relativa parrocchia (che una volta si chiamava plebs) si ricava da una pergamena che Papa Lucio III inviò nel 1182 a Rainaldo, vescovo di Isernia, dove per la prima volta appare il nome attuale del paese: in Monte Nigro plebem S. Mariae. Si tratta certamente dell'attuale S. Maria di Loreto, trasformata ripetutamente nel tempo. Ci si arriva facilmente se si entra nel paese dalla parte di sopra, come probabilmente si faceva una volta seguendo la strada che passa davanti alla cappella rurale della Madonna Incoronata. La parte alta di Montenero Val Cocchiara sembra saper resistere alle violenze urbanistiche che caratterizzano molti paesi circostanti. Anzi, girando per i vari borghi come quello pittoresco del Colle (dove forse era l'antico castello), dai portali, loggette e balconi settecenteschi, si ha l'impressione che una gran quantità di persone, anche straniere, abbiano deciso di fare di Montenero una specie di rifugio tranquillo, conservando ed esaltando le sue caratteristiche ambientali. Tra il XII secolo e il Settecento si alternarono diversi proprietari feudali: i Collalto, i Carafa, i Caracciolo, i Cantelmo, i de Sangro che ne furono investiti da Alfonso I d’Aragona, i Bucca che estesero il loro dominio fino ad Alfedena, i Greco e di nuovo i Carafa di Forlì del Sannio che esercitarono i diritti sul territorio fino al termine dell'epoca feudale, dopodiché il titolo di marchesi di Montenero passò ai Pulce Doria. Il palazzo ducale, oggi chiamato De Acangelis-Del Forno, è un edificio a tre piani con delle eleganti finestre che ricordano l’architettura rinascimentale. Passò nelle mani aragonesi (XV secolo) dopo l'abbandono degli Angioini costruttori. Fino al XVIII secolo fu dei Carafa, dei Sangro e dei Caracciolo. Si tratta di una struttura a forma rettangolare, residenza signorile oggi, con tracce medievali nell'arco che sovrasta la via di accesso, e nelle piccole logge poste sopra l'arco stesso. Un secondo loggiato è visibile con arcate a tutto sesto.

Fonti: http://www.francovalente.it/2007/09/14/montenero-valcocchiara/, https://it.wikipedia.org/wiki/Montenero_Val_Cocchiara, http://www.italiapedia.it/comune-di-montenero-val-cocchiara_Storia-094-029, http://www.mondimedievali.net/Castelli/Molise/isernia/provincia000.htm#montener

Foto: la prima è presa da http://www.mondimedievali.net/Castelli/Molise/isernia/montenerovalcocc01.jpg, la seconda è presa dalla pagina Facebook “Castelli del Molise” (https://www.facebook.com/CastelliMolise/?fref=ts)

Il castello di venerdì 29 luglio






GREVE IN CHIANTI (FI) - Castello di Montefioralle

Il più antico ricordo documentato risale al 6 febbraio del 1085 quando viene rogato un atto nel a castro Monteficalli. Il castello viene citato diverse altre volte all'inizio del XII secolo come una curtis in cui venivano rogati atti ufficiali, atti conservati nell'archivio della Badia a Passignano. Tra questi documenti quello datato 4 marzo 1122 è di particolare interesse; in quel documento viene certificata la vendita di un bene tra un tale Benne di Gerardo e Gisla di Guinildo insieme alla madre Ermengarda del fu Rolando, i personaggi di questa vicenda portano tutti un nome di origine germanica tanto che si è ipotizzato che fossero esponenti di una famiglia nobile di stirpe longobarda. In epoca successiva il castello e borgo di Monteficalle fu di proprietà dei Ricasoli, dei Benci di Figline e dei Gherardini di Montagliari. Il borgo si trovava lungo una strada chiamata via del Guardingo di Passignano, questa strada metteva in comunicazione le tre principali valli della parte meridionale del contado fiorentino, la Val d'Elsa, la Val di Pesa e la Val di Greve con il Valdarno Superiore. In antico il castello era conosciuto come Monteficalle per poi divenire Montefioralle nel XVIII secolo. Il paese si è sviluppato intorno alla parte più elevata che corrisponde all'antico insediamento feudale. Sviluppandosi intorno all'antico castello il borgo ha preso una pianta di forma ellittica, composto da una strada radiale dalla quale si dipanano dei vicoletti facenti tutti capo al cassero feudale. Dell'antico cassero oggi è rimasta una poderosa struttura a pianta rettangolare che presenta un rivestimento in filaretto di pietra alberese. Il complesso, oggi scapezzato e ridotto ad uso abitativo, dovrebbe risalire tra la fine del XII e l'inizio del XIII secolo. Tutto intorno all'abitato sorgono le mura di cinta che ripetono la forma del borgo. Le parti di mura ancora oggi conservate presentano i resti di alcune torri, oggi convertite in abitazioni, e le tre porte di accesso, tutte aperte direttamente nelle mura. Le mura realizzate interamente a sasso scapezzato sono da datarsi tra la fine del XIII secolo e l'inizio del XIV. Il tessuto urbano si presenta con uno stile molto unitario, caratterizzato da edifici con strutture medievali. Tra questi edifici si segnalano una casa ritenuta essere stata di proprietà del navigatore fiorentino Amerigo Vespucci e un'altra che presenta un bel portale a sesto acuto con sopra uno stemma del Bigallo. L'edificio sacro del borgo è la chiesa di Santo Stefano. Altri link inerenti il borgo: http://www.montefioralle.it/, http://www.montefioralle.info/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Montefioralle

Foto: la prima è di Antonio Cocchi su http://www.panoramio.com/photo/35381721, la seconda è di Aldo Innocenti su https://media-cdn.tripadvisor.com/media/photo-s/09/8b/93/1d/castello-di-montefioralle.jpg

giovedì 28 luglio 2016

Il castello di giovedì 28 luglio






GREVE IN CHIANTI (FI) - Castello di Panzano in Chianti

Nel XII secolo si ha la prima testimonianza del nome Panzano che viene citato nella plebe Sancti Leolini sitam in Panzano mentre nelle decime del XIII secolo si trova citata anche la chiesa di Santa Maria posta nel castello. Il castello di Panzano sicuramente si era già sviluppato prima del XII secolo e risultava tra i possedimenti della famiglia Firidolfi. Delle vicende storiche del castello non sono rimaste molte tracce. Alla metà del XIII secolo quando il contado fiorentino fu organizzato in leghe Panzano era compreso nella Lega della Val di Greve. Dopo la Battaglia di Montaperti nel 1260 il castello venne saccheggiato ed ebbe distrutte due torri da parte dalle truppe ghibelline vittoriose. Durante la guerra che oppose Firenze con i Visconti di Milano Panzano, nel 1397, venne occupato e nuovamente saccheggiato dalle truppe di Alberico da Barbiano. Nel 1478, le truppe senesi e i loro alleati, le truppe del Re di Napoli Ferdinando II d'Aragona invasero per la seconda volta il Chianti. In quell'occasione il castello di Panzano fu uno dei più importanti baluardi a difesa della Repubblica di Firenze tanto da divenire la sede del Commissario della Repubblica. Dopo la caduta della Repubblica di Siena nel 1555, Panzano non fu più coinvolto in eventi bellici fino al 1944. Il castello è la parte più in alto e la più antica di Panzano. Sono ancora conservate buona parte delle mura che cingevano il poggio (la cinta ha forma irregolare semi rettangolare); su due lati però sono state diminuite in altezza mentre nella parte sud-est mancano del tutto. Si sono conservate anche delle torri d'angolo tra cui una è stata riutilizzata come campanile della chiesa di santa Maria mentre nell'altra sono ancora visibili tracce dei beccatelli che sostenevano l'apparato a sporgere. La struttura interna del castello è semplice; dall'unica porta di accesso, che in origine forse presentava un'antiporta, attraverso un'unica strada si arriva ad una piccola piazzetta sulla quale si affaccia il cassero quadrato. Il cassero è costituito da un'alta torre che si eleva più in alto di tutti gli altri edifici; non esistono dubbi che sia integra nell'altezza originaria. All'interno del castello sono presenti altri edifici interessanti tra cui va segnalato quello posto accanto alla porta di accesso che presenta un palese carattere medievale. Tutti gli edifici del castello per l'accuratezza del paramento murario e per la foggia degli archivolti fanno datare al XII secolo le strutture del castello di Panzano. Costruito (poco dopo i castelli di Montegrossi e di Brolio) ed appartenuto da sempre alla famiglia Firidolfi o da Panzano (che, secondo alcuni autori, inurbatisi a Firenze hanno dato il nome all'attuale Via Panzani) , alla metà del XIX secolo è passato in parte per successione ed in parte per riacquisto dai Conti Mancini alla famiglia Buoninsegni (poi Tadini Buoninsegni) cui è appartenuto fino alla seconda metà del XX secolo.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Panzano_in_Chianti, http://www.castellitoscani.com/italian/panzano.htm

Foto: la prima è presa da http://www.tuscanypeople.com/wp-content/uploads/2015/09/Panzano-in-Chianti--e1441273805884.jpg, la seconda è di Vignaccia76 su https://it.wikipedia.org/wiki/Panzano_in_Chianti#/media/File:Panzano-in-chianti,torre-del-mastio.jpg

mercoledì 27 luglio 2016

Il castello di mercoledì 27 luglio






ROCCACASALE (AQ) - Castello De Sanctis

L'origine della struttura architettonica dell'attuale paese è da ricercarsi nell'antica località Casali, piccolo insediamento di poche abitazioni precedente al 925. In seguito alla costruzione del castello, il centro abitativo ha assunto con il passare del tempo la tipica struttura chiusa del borgo medievale; il castello formava un tutt'uno con le abitazioni e l'intero complesso era accessibile da quattro porte di cui è ancora evidente la presenza, anche se con i secoli il paese si è sviluppato fortemente al di fuori dell'antico insediamento, snaturando il primitivo perimetro e la primitiva struttura urbanistica, di cui si hanno ancora palesi tracce. Wickam cita che il castello sia stato costruito nel 1056, mentre Perogalli afferma che il castello sia stato costruito nel 1025. Dal 1250 al 1590 il castello fu feudo dei De Sanctis. Antecedentemente al 1251 il feudo risulta di Aloisio e Manfredi di Collepietro mentre nel 1307 il paese fu feudo di Tommaso di Collepietro e del milite Tommaso. Nel 1525 il paese ritorno ai De Sanctis. Nel 1590 Roccacasale passò ad Ottavio Cantelmo di Popoli, che, in epoca imprecisata, rivendette il feudo a Pietro di Sulmona. Nel 1799 il castello fu assediato durante l'invasione francese. Nella guerriglia furono trucidate tutte le persone all'interno della roccaforte, che in seguito fu incendiata, così l'edificio subì gravi danni, tanto che i cittadini non furono in grado di ricostruirlo. In seguito alla distruzione del maniero, il centro perse d'importanza nazionale. Nell'800 vi furono varie epidemie di colera che decimarono sensibilmente la popolazione. Nel frattempo, dalla distruzione del castello in poi, il borgo perse la sua fisionomia di un centro medievale. Durante la seconda guerra mondiale, nel 1943 vennero ospitati alcuni alleati e prigionieri di guerra, tra cui Uys Krige, poeta sudafricano, che in alcuni suoi libri narra della sua permanenza a Roccacasale. Ignazio Silone narra di altri 30 ostaggi rinchiusi a Roccacasale. Il castello De Sanctis si trova alle pendici del monte Morrone. La tradizione vuole che sia stato costruito nel 925 d.C. dai conti di Spoleto per controllare l'accesso alla Val di Sangro ed all'Altopiano delle Cinquemiglia. Tra il medioevo ed il Rinascimento il castello cadde sotto il controllo dei Cantelmo, per passare alla fine del XVI secolo ai Baroni De Sanctis fino al 1803, quando venne distrutto dai francesi. Dal 1994 al 1996 il castello è stato restaurato dal Comune di Roccacasale, curandone sia la via pedonale d'accesso che i resti, oltre alla realizzazione di una struttura che dal 2004 ospita il Museo della Documentazione e delle Tradizioni Popolari. È un tipico castello-recinto, simile a molti altri dell'Altopiano di Navelli, come San Pio delle Camere, Barisciano o Fossa. La pianta delle mura è triangolare ed al vertice più alto del triangolo si trova un puntone, parzialmente crollato, a pianta trapezoidale. Della torre è rimasta immune dalle ingiurie del tempo soltanto la parte volta a sud-est, mentre quella di sud-ovest e quella di nord-est sono andate per metà distrutte e nulla resta della parte volta a nord-ovest. I ripiani della canna della torre erano ottenuti mediante volte a botte, tranne l’ultimo. I resti della torre sono, comunque, sufficienti ad indicare l’importanza dell’elemento verticale della struttura non solo a livello difensivo ma anche configurativo rispetto alle orizzontalità delle terrazzature che segnavano sul terreno una sorta di linee di livello, conferendo a questo tipo di fortezza un andamento a gradoni. L'ingresso al castello, posto lungo il lato a valle prospiciente sul borgo, è controllato da una torre quadrata, priva del lato interno. A differenza dagli altri castelli-recinto della provincia dell'Aquila, a Roccacasale si trovano anche i resti di un palazzo baronale, che ne testimoniano l'uso non solo nei momenti di pericolo dell'abitato che difendevano. La presenza continuativa nel maniero è testimoniata anche da consistenti resti di veri e propri edifici in pietra: un rudere a sud-est della torre principale che potrebbe essere la base di un’altra torre, e una grande parete posta nel piazzale inferiore, a strapiombo sul paese con le sue aperture triangolari che un tempo furono probabilmente le finestre del palazzo vero e proprio. Si accedeva al suddetto piazzale, e di lì all’intero complesso, tramite una porta ad arco in una torre posta ad oriente con pianta all’incirca quadrata e che presentava, probabilmente sin dall’origine, tre lati soltanto: l’assenza del lato interno rispondeva alla strategia dell’attacco verso gli assalitori che si fossero impossessati della torre. All'interno del recinto vi sono anche resti di cisterne. Altro link suggerito: http://abruzzonascosto.blogspot.it/2012/06/roccacasale-aq-il-castello.html.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Roccacasale, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_De_Sanctis, http://www.roccacasale.gov.it/c066079/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/16

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è di Pietro su https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_De_Sanctis#/media/File:Castello_di_Roccacasale_05.JPG

martedì 26 luglio 2016

Il castello di martedì 26 luglio






GUBBIO (PG) - Castello di Magrano in frazione Carbonesca

Circondato da un’ampia ansa del fiume Chiascio, nel territorio di Gubbio, su di un promontorio la cui visuale spazia fino al Monte Cucco, si erge il Castello di Magrano. Immerso in un paesaggio incontaminato, costellato di boschi, prati e acque, la storia di Magrano risale al Medioevo, quando costituì il fulcro della difesa del Comune di Gubbio contro Perugia. Nel 1391 Melchiorre Montaiti, signore di Magrano, osò ribellarsi al conte Antonio da Montefeltro, signore di Urbino e di Gubbio: Magrano allora subì una dura rappresaglia con la distruzione del suo molino (poi ricostruito e tuttora esistente) ma i fanti dei Montefeltro non riuscirono ad espugnare il Castello. Nel 1431 Magrano passò sotto la giurisdizione dei duchi di Montefeltro. Federico da Montefeltro (1422-1482) ne fece la sua residenza di caccia prediletta; si narra che il Duca si lanciasse nella caccia ai daini e ai cinghiali che tuttora popolano la proprietà; questa si concludeva immancabilmente con un lauto banchetto in cui si apprezzavano i frutti più preziosi di questa terra tra cui, in particolare, il tartufo. Nel 1600 la proprietà del Castello passò ai conti di Carpegna, famiglia che annoverò vescovi, cardinali e Priori di varie città dell'Umbria e del Lazio. Dal 1830 Magrano venne in proprietà alla famiglia che tuttora possiede la residenza: più precisamente alla principessa Giulia Bonaparte, figlia di due cugini di primo grado Zenaide e Carlo Luciano Bonaparte principe di Canino, entrambi nipoti di Napoleone. Oggi il castello è una lussuosa e particolare struttura dove poter soggiornare. Per approfondire è consigliata la lettura del testo di Daniele Amoni su http://www.mondimedievali.net/Castelli/Umbria/perugia/magrano.htm.. Interessante anche questo link: https://alfemminile.blogspot.it/2004/07/la-famiglia-giunta-e-magrano-gubbio.html. Ecco la pagina Facebook del castello: https://it-it.facebook.com/CastelloDiMagrano/
  
Fonti: http://www.castellodimagrano.it/

Foto: la prima è presa da http://files.salsacdn.com/card/1994_Castello_di_Magrano/imagemain/1_z.20150304162817.jpg, la seconda è presa da http://giacometticostruzionigenerali.it/restauro-e-risanamento-conservativo/

lunedì 25 luglio 2016

Il castello di lunedì 25 luglio






PIETRAVAIRANO (CE) - Castello angioino

Menzionato in un documento del 1070, conservato nell'archivio dei Benedettini di Montecassino, come Castrum Petrae, il toponimo è anche citato in Catalogus Baronum (1150-1168) di epoca normanna che lo attribuisce come feudo ad un personaggio della famiglia de Petra, che proprio da quel feudo prese il suo nome, Alexander de Petra, definito signore del castello di Petra; in seguito altri personaggi della famiglia, citati nei registri angioini, vennero definiti signori di Petra: Giovanni de Petra (1272), suo figlio Roberto (1276), Seneballo de Petra (1289), Nicola III de Petra (1415). Successivamente fu feudo dei de Roccaromana, dei Marzano, dei Cicinello, dei Como, dei Montaquila e, alla fine del secolo XVI, passò stabilmente alla famiglia Grimaldi, che lo mantenne fino all'eversione della feudalità. L'agglomerato medievale di Pietravairano era racchiuso da una cinta di mura, con numerose torri rotonde, che iniziava e si concludeva con il Castello che conserva tuttora l'intera cortina con due porte, una dal lato del paese e l'altra verso la montagna; nel suo interno vi sono una grande e robusta torre a forma cilindrica, una piccola Cappella dedicata alla Santa Croce - che un tempo fungeva da punto di avvistamento, in quanto essa sovrasta tutta la piana circostante, da Venafro ad Alife e l'antica Via Latina - e grandi cisterne sotterranee per raccogliere e conservare l'acqua piovana. Nella fortezza era ubicato il carcere locale. Nei tempi più antichi vi erano soltanto tre porte: Porta Sant'Andrea, Porta Vigna e la Porta della Grotta. In seguito, con l'estendersi dell'abitato si aggiunsero la Porta Nova, la Porta del Cauto e la Porta San Sebastiano.Il nucleo più antico era ristretto tra il Castello e l'attuale via Collegiata sulla quale si apriva la portella, che rappresentava la porta di soccorso della fortezza. Successivamente, per contenere l' accresciuta popolazione, il centro urbano si sviluppò anche nella parte sottostante alla via Collegiata dando origine alla zona denominata sotto la Chiesa. Altre foto del castello le trovate qui: http://www.comune-italia.it/foto-pietravairano.html

Fonti: http://www.campaniatour.it/poi.view.php?id=779, https://it.wikipedia.org/wiki/Pietravairano, http://www.pietravairano.gov.it/la-storia?voce=41&old=http://www.pietravairano.gov.it/la-storia

Foto: la prima è presa da http://www.paesenews.it/?p=56668, la seconda da http://www.pietravairano-ce.it/photo%20RUBRICHE%20OPINIONI_file/Torre_satellite.jpg

sabato 23 luglio 2016

Il castello di domenica 24 luglio






SAN PAOLO DI CIVITATE (FG) – Palazzo Gonzaga

Nel 1043 il Parlamento generale dei baroni Longobardi e Normanni istituì la baronia di Civitate, vassalla della Contea di Puglia. Primo conte ne divenne Gualtiero, un cavaliere normanno imparentato con la casata Altavilla, eroe della battaglia di Montepeloso combattuta nel 1041. La baronia comprendeva la città di Civitate, fortificata, e una porzione della Capitanata. Il 18 giugno 1053 vi si svolse la battaglia di Civitate che vide contrapposti i Normanni di Umfredo d’Altavilla e un esercito di Suebi, Italici e Longobardi coalizzati da papa Leone IX. Alla morte di Gualtiero, nel 1060 quale signore di Civitate gli succedette Amico II. L'attuale centro urbano sorse con il nome di San Paolo dei Greci nella seconda metà del XV secolo per iniziativa di una colonia di albanesi provenienti da Torremaggiore e Civitate che nel 1573 stipulò un istrumento con il feudatario don Cesare I Gonzaga che li autorizzava alla costituzione del nuovo casale attorno alla preesistente chiesa di San Paolo e al palazzo baronale avviato pochi anni prima da Giovanni Battista Carafa. Il 30 luglio 1627 un violento terremoto distrusse quasi interamente il casale, del quale restarono in piedi solo la chiesa di San Paolo e il palazzo baronale. Nel 1640 il feudatario Andrea Gonzaga provvide alla ricostruzione, che avvenne secondo un razionale piano urbanistico basato su rete stradale ad assi rettilinei. Il palazzo Gonzaga, a tre piani di pianta quadrata con 16 stanze per lato, era dotato di torri quadrangolari, delle quali sopravvive solo quella anteriore destra, sia pur rimaneggiata. Nella relazione del Tavolario Vinaccia si legge: “… che in stanza del suo palagio leggevasi 1640, e dietro in una lapide A.D. 1640, per segno che in quell’anno fu ristaurato da lui. Questo palagio dell’ultimo Principe D. Giulio fu venduto a D. Michelangelo Picucci per doc. 3000. Guarda con sei finestre, senza balconi all’Est la gran Piazza, contiguo al Sud colla Parrocchia di San Giovanni, sul cui ingresso in un carretto con gelosie su due colonne, assisteva il Principe a’ divini uffici. Ha tre piani laterizi con breccioni, il portone inarcato di saxo quadrato, donde si entra in un cortile lamiato con 16 sottani per magazzino, ed altro, poi in un altro scoperto, quadro, e selciato di braccioni, con pozzo in messo e cantina. A sinistra la gradinata scoperta monta alle sedici stanze divise in quattro braccia, quadre, ed alte palmi 23 e ben soffittate. Intorno ha le colombaie; all’ovest dietro quattro finestre oltre due torrette bislunghe di palmi 12 negli angoli sud e ovest con saettiere su, e giù ne’ tre loro lati; quella nel sud è diruta in parte: nel lato sud-est vi sono quattro finestre, nel nord il giardino è lungo 30 e largo 20. Nel frontespizio nell’angolo contiguo al giardino sporge nella gran Piazza altra torretta dislunga con due finestre oltre una ne’ lato, dov’era il carcere Baronale, e fa ala al palagio col campanile della Parrocchia, il quale sporge 15 palme al pari di essa con palmi 100 circa intermedi sino a questa torretta, incluso il frontespizio della Chiesa”.  Nel 1720, la torre che delimitava anteriormente a sinistra il palazzo, già in stato precario, venne abbattuta per la realizzazione del campanile della Chiesa. Anche la torre posteriore del palazzo venne abbattuta in tempi recenti in quanto pericolante. Un’unica torre si è conservata, quella che oggi si vede dalla piazza centrale del paese e che delimita il palazzo baronale nella parte destra della sua facciata. Di forma quadrangolare, a tre piani di cui il primo e il terzo voltato a botte, il secondo a voltine, costruita con materiale di reimpiego proveniente dalla vicina Civitate, nel corso del tempo la torre è stata privata del piano merlato e dotata di finestre.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/San_Paolo_di_Civitate, http://www.comune.sanpaolodicivitate.fg.it/Citt%C3%A0/La-citt%C3%A0-moderna,  

Foto: la prima è presa da https://apuliadestination.com/san-paolo-di-civitate/, la seconda è di Giuseppe Galasso su https://c2.staticflickr.com/2/1439/5117809655_04d7903504_b.jpg

venerdì 22 luglio 2016

Il castello di sabato 23 luglio






CISTERNINO (BR) – Torre di Porta Grande (o Normanno-Sveva)

Il borgo si trova in un’area già frequentata almeno dal periodo Neolitico, ma il primo documento ufficiale che parla del casale di Cisternino è dell’XI secolo: da allora il paese ha seguito le vicende storiche legate alla vicina Monopoli e a quest’angolo di Puglia che ha visto succedersi numerose dominazioni, dai Normanno-Svevi, agli Aragonesi e agli ultimi Borboni. L’antica cinta di mura, quella che probabilmente fu costruita a partire dal XIII secolo per dare difesa e dignità civica a Cisternino, può essere ancora individuata qua e là, seppur camuffata e inglobata dalle costruzioni; così come le due torri cilindriche angioine, una annessa all’imponente Palazzo Amati, l’altra a fianco della terrazza barocca di Palazzo Capece. Ma la cinta fortificata del borgo fu preceduta dalla costruzione della Torre Grande, dall’inconfondibile forma quadrangolare, voluta forse così dalla maestranze normanne e di Federico II. Era un punto di avvistamento strategico sulla valle d’Itria e divenne ben presto sede e simbolo del potere civile e clericale. È detta Torre Grande perché è la più imponente e la più importante dell'antico sistema difensivo della cinta muraria. Si presenta a forma parallelepipeda, quasi fosse un donjon, e in altezza sviluppa 18 m per una base circa di 8 m per 10 metri. Presumibilmente la sua conformazione originale risale all'epoca normanno-sveva, fra il XI e XII secolo, e poi nel XIV secolo per problemi di staticità fu ingrandita e rivestita da una camicia di pietre squadrate. La torre non ha accorgimenti difensivi come feritoie o caditoie e la stessa struttura non era idonea a sopportare l'impatto delle armi da fuoco, perciò sicuramente era usata come torre di vedetta o di segnalazione. Infatti, non a caso si colloca sul punto più alto del colle, a guardia della Valle d'Itria, ed è congiunta visivamente con le fortificazioni di Ceglie Messapica, sullo Jonio, e di Ostuni, sull'Adriatico. Da un dipinto di Barnaba Zizzi, pittore oriundo di Cisternino del Settecento, risulta che affianco alla torre doveva esserci la porta di ingresso del borgo, la cosiddetta Porta Grande (il più importante varco d’accesso al centro storico), da cui si originava il decumano in direzione della Porta Piccola. A fianco alla Porta Grande esisteva l'antica Chiesa Madre dedicata a San Nicola. Allora il sistema difensivo era concepito come una sorta di trait d'union fra edifici religiosi ed edifici civili e in caso di scorrerie o di guerre rappresentavano un sicuro baluardo difensivo per gli abitanti. Questa ingerenza ecclesiastica sulla torre c'è sempre stata: basti notare il palazzo Vescovile attaccato, alle spalle della torre, la statua di San Nicola collocata in alto su un angolo e le lapidi con stemma episcopali incastonate nelle mura della stessa. Oggi non esiste più la Porta Maggiore, la Chiesa Madre ha cambiato prospetto e la stessa torre nell'Ottocento ha ridefinito i suoi volumi. Si costruì in aderenza al muro orientale un porticato alto 10 m e largo 2 m per inserire una scala e garantire l'accesso ai piani superiori e si ridusse l'altezza della torre da 4 piani a tre. All'ultimo piano della Torre è custodita una preziosa lapide con arme gentilizie. Nel 1860, in seguito alla soppressione dei Beni Ecclesiastici, divenne sede della Guardia Nazionale e poi del Comune. Per questo è detta anche Torre Comunale o Civica. Il monumento è stato sottoposto nei secoli a vari riadattamenti, l'ultimo dei quali nel 1995. Oggi è usato come centro espositivo e la sua apertura è legata a iniziative culturali. Altro link suggerito: http://www.mondimedievali.net/Castelli/Puglia/brindisi/cisternino.htm


Foto: la prima è di Goose83 su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/124023, la seconda è di maselluzzo su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/160234

Il castello di venerdì 22 luglio






CORDIGNANO (TV) - Castello in frazione Villa di Villa

Villa di Villa fonda le sue origini tra I e II millennio a.C., in età paleoveneta, periodo a cui risalgono i primi insediamenti di cui si ha traccia. Sviluppatasi ulteriormente in epoca romana, specie per la sua posizione sulla strada che collega il Friuli a Serravalle, ebbe la sua fioritura sotto i longobardi. Nel 1337, assieme all'attigua Cordignano divenne dominio veneziano, per poi passare ai nobili Rangoni di Modena, che lo dominarono tra XV e XVIII secolo. Successivamente i Mocenigo subentrarono ai Rangoni, dando splendore a una preesistente residenza, oggi simbolo di Villa. Nel 1797 le truppe napoleoniche posero fine al dominio dei Mocenigo e fecero razzia di beni. Il Castelat o castello di Cordignano è un'antica fortificazione posta sul Col Castelir e risalente all'XI secolo; nel Quattrocento, come dimostra un disegno del 1408, il castello era ancora integro, ma, presumibilmente nel 1499, fu abbattuto per mano turca. Oggi ne restano soltanto i ruderi, inseriti in un contesto paesaggistico assai suggestivo di colline e vigneti. La cortina del castello, nominato per la prima (e sola) volta nel 1233, conserva parte della merlatura e fori pontai forse relativi a un cammino di ronda in legno. Il paramento "romanico" e le difese in legno permettono di confrontare tale cortina con esempi simili datati al XIII/XIV sec. Sulla cortina si inseriscono due torri più recenti: una può essere ricondotta a esempi scaligeri o carraresi e viene datata al XIV sec, l'altra, invece, appare chiaramente predisposta per contrastare l'azione delle armi da fuoco, e la sua datazione non può essere di molto precedente la metà del XV sec. Si riconosce una separazione fra l'area più interna destinata a ospitare gli edifici residenziali della famiglia signorile locale (dongione) e la più ampia area esterna, distinzione che si riscontra spesso nei castelli della fase signorile matura in tutto il territorio trevigiano. La torre nord ha ancora le feritoie. Qui abitarono i Da Camino dal 1139 al 1388. Attualmente è proprietà privata. Il colle su cui sorge presenta una cima tronca formante una spianata concava, rettangolare, con orientamento est-ovest, delimitata da una cornice di sassi. Castelir deriva dal latino “castellarium”, termine con il quale i Romani indicavano le costruzioni in muratura che videro erette tra il Veneto ed il vicino Friuli Venezia Giulia. Altre fonti sostengono che il Castelir fosse stato di proprietà di una popolazione originaria dell’Istria pervenuta fino a Cordignano e che venne in contatto con i Veneti Antichi. Uno studio archeologico in loco, degli anni ‘80, ha riportato alla luce molti reperti delle varie epoche. Nel 1983 venne scoperta una fondazione larga due metri formata da pietre disposte secondo un certo schema. Ad est si eleva un terrapieno formato dalla terra asportata alla cima. Visto lo stato del Castelir e le poche informazioni disponibili non risulta possibile stabilire con certezza le fattezze originali della costruzione. Il maniero secondo alcuni deve il nome di un re che lo abitò, Gnano, la cui lungimiranza portò ad un periodo di pace la zona, tanto da esser chiamato Cuor di Gnano; secondo altri deriva da Curtis (un tempo così veniva detta una grande Villa rustica). Altro link suggerito, per approfondimenti: http://www.undicigradi.com/medioevo-medievale/castelli-medievali/castello-di-cordignano.htm.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Villa_di_Villa_(Cordignano), http://www.marcadoc.com/castelir-o-castelat-a-villa-di-villa-a-cordignano/, http://www.probelvedere.it/villadicordignano/storia/index.php?lingua_sito=it#, http://www.lucabaradello.it/cordignano.html, http://turismo.provincia.treviso.it/Engine/RAServePG.php/P/398810070300/C/1

Foto: entrambe prese da http://dolomiti-friulane.blogspot.it/2016/01/strada-del-patriarca.html

giovedì 21 luglio 2016

Il castello di giovedì 21 luglio






LIGNANA (VC) - Castello

La prima notizia del castello si ha nel 1417, in relazione alla dichiarazione di fedeltà dei Corradi, possessori del feudo omonimo, a Filippo Maria Visconti, ma il castello è certamente preesistente a tale data. Non essendo strategicamente importante non è mai stato coinvolto in episodi bellici, nonostante ciò, l’unico pezzo originale rimasto, con purtroppo la incoerente sopraelevazione, è la torre d'ingresso, che presenta ancora caditoie e feritoie, a difesa dei due ponti levatoi, per la porta carraia e la pusterla, di cui si intravedono gli scassi dei bolzoni di sollevamento. Lo stato di conservazione del castello non è certamente soddisfacente. La sua trasformazione in casa colonica ha molto danneggiato il suo aspetto. Le mura degli edifici perimetrali lasciano intuire le reali dimensioni della costruzione. Il castello è attulmente una azienda agricola. Altri link da visitare: http://mapio.net/pic/p-84439494/  

Fonti: http://www.preboggion.it/CastelloIT_di_VC_Lignana.htm, testo su pubblicazione "Castelli in Piemonte" di Rosella Seren Rosso (1999)

Foto: la prima è di Alessandro Vecchi su https://it.wikipedia.org/wiki/Lignana#/media/File:Lignana_castello.jpg, la seconda è di Solaxart su http://www.preboggion.it/CastelloIT_di_VC_Lignana.htm

mercoledì 20 luglio 2016

Il castello di mercoledì 20 luglio






CASTELSARDO (SS) - Castello Doria

Con la caduta dell'Impero Romano e la presa di potere da parte dei vari Giudici, con l'andare degli anni molte terre vennero donate dai giudici turritani a vari ordini monastici. A pochi chilometri venne fondato l'importantissimo monastero benedettino di Tergu, ora in fase di studio archeologico, mentre sul colle di Frigiano vi era già un monastero probabilmente di eremiti antoniani, intorno a cui si aggregò la popolazione locale, per lo più dispersa in focolai rurali. Tale centro di aggregazione perse di importanza, per divenire poi un lazzaretto, quando nel 1102 venne fondato il castello della famiglia genovese dei Doria, battezzato Castelgenovese, da non confondere con Castel Doria. Questa è considerata la data ufficiale di fondazione del castello, ma studi successivi indicano come data ben più probabile il 1270, periodo principe dell'incastellamento feudale nel Nord-Sardegna. Gli abitanti della zona, si trasferirono progressivamente all'interno della rocca, dotata di un approdo indipendente e di numerose vasche per la raccolta dell'acqua; importante fu anche l'afflusso di famiglie còrse e liguri. Quella fu la nascita del paese così come ancora oggi possiamo vederlo, nonostante l'urbanizzazione avvenuta dal 1950 ad oggi. Esso fu, con qualche breve parentesi, la sede dei Doria in Sardegna durante le varie lotte per il possesso dell'isola che portarono allo sfinimento di tutte le forze in campo. A cominciare dai Doria, passando per i Giudici di Arborea del casato dei Cappai de Baux, tanto che la moglie di Brancaleone Doria, Eleonora d'Arborea, vi abitò per anni, fino agli aragonesi, che uscirono vincitori dagli ultimi conflitti, ma dopo aver pagato un alto prezzo in termini di vite, denari e tempo. Castelsardo fu l'ultima città dell'isola a venir inglobata dal Regno di Sardegna aragonese, nel 1448, lo stesso anno in cui venne nominata Città Regia. Dai confini del Regno sardo restò fuori solo l'arcipelago della Maddalena, che venne annesso da Carlo Emanuele III di Savoia nel 1767-69. La rocca, così come era stata concepita, risultò imprendibile fino all'avvento delle armi moderne. Dal 1520 (la data non è certa) il paese venne rinominato Castillo Aragonés (Castel Aragonese); nel frattempo divenne sede vescovile, sostituendo così l'ormai scomparsa Ampurias, di cui però conservò la denominazione; nel 1586 ebbe inizio la costruzione della cattedrale. Nel romanzo di Giulio Angioni intitolato "Le fiamme di Toledo", del 2006, l'autore mette in scena, sugli spalti del castello, una lunga disputa teologica, verosimilmente svoltasi, verso il 1550, tra Gaspar Centelles, allora governatore del castello, e il giovane magistrato cagliaritano Sigismondo Arquer: ambedue finirono sul rogo per eresia in Spagna ai tempi di Filippo II. Nel 1767 Castelsardo, sotto la dinastia sabauda, assunse l'attuale denominazione durante il regno di Carlo Emanuele III, ma a differenza di altre città regie, come Alghero, Bosa, Cagliari, Oristano e Sassari, conservò nel proprio stemma le barre d'Aragona del passato regime, invece di sostituirle con la croce dei Savoia. La città cominciò a perdere di importanza verso la prima metà dell'Ottocento, schiacciata da proprietari terrieri troppo autoritari e da un impoverimento della vita culturale e sociale, unica alternativa alle poche terre coltivabili, dovuta al progressivo allontanarsi dei seminaristi, dei frati, del vescovo. La peste di fine secolo, arrivata con notevole ritardo rispetto al resto dell'isola, completò l'opera condannando il paese al periodo più povero della propria storia, superato grazie ai molti figli emigrati e poi rientrati, ai finanziamenti delle varie amministrazioni, all'industria del turismo, sempre attenta ai luoghi ricchi di mare, fascino e storia. Il protrarsi dell'uso come città fortificata ha fatto sì che negli anni si siano modificate anche le strutture difensive, da semplici torrioni a sistemi di difesa bastionata più complessi. Le mura che rinserrano il centro abitato si presentano come una serie di bastioni e torrioni, di cui alcuni a picco sul mare, raccordati da una poderosa cinta muraria. La tecnica muraria non è accurata: viene infatti utilizzato pietrame misto sommariamente lavorato, con l'utilizzo di cantoni squadrati per dare solidità agli spigoli. È difficile oggi leggere le strutture di epoca medioevale. Gli accessi al centro abitato avvenivano attraverso una porta "a mare", ad E, e una porta "di terra" a S. All'interno della cinta fortificata, di forma irregolare, a N/E si trovava la cattedrale, vicina alla porta "a mare", mentre a S/O si trovava il castello. Questo, costituito da una serie di ambienti addossati, comprendeva un vano centrale, residenza della famiglia Doria, dispense per i viveri, una cisterna, un avamposto di guardia per le truppe. In alcuni tratti è ancora percorribile il camminamento di guardia e sono visibili i punti fortificati: a est troviamo i bastioni Bellavista, a nord il Bastione Manganella e a sud est la Loggetta e lo Sperone, aggiunti nel 1512 dagli Aragonesi. Nella cala di Lu Grannaddu esisteva l’accesso dal mare consentendo l’afflusso dei rifornimenti da Genova anche durante i periodi di assedio della città. Le abitazioni attorno al castello nacquero disposte a scacchiera e le vie, chiamate “carruggi” negli statuti di Castel Genovese, furono pavimentate in pietra locale. Dopo la caduta della famiglia Doria infatti, la corona spagnola inviò il Vicerè Vivas per accertare le condizioni della piazzaforte e stilare un rapporto sul quale basare gli interventi di restauro della fortificazione. Oggi le mura e l’intera struttura sono ben conservati. Nucleo originario della città fortificata, la fortezza è tutt’oggi racchiusa dalle originarie mura. Il Castello oggi è sede del Museo dell’Intreccio, ma precedentemente ospitava la caserma dei carabinieri, fatto per cui la stradina che accede all’edificio si chiama Sottu la polta, proprio perché sopra vi era la postazione militare a controllo della costa. I locali del Monte Granatico sono divenuti sala congressi (sala XI), mentre le stanze adiacenti al Museo ospitano mostre di pittura. La parte più alta del castello è uno straordinario punto panoramico permettendo allo sguardo di abbracciare la visione che va dall’Asinara alla Corsica, da S. Teresa al Monte Limbara, alla Gallura e Porto Torres.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castelsardo, http://www.sardegnacultura.it/j/v/253?s=17884&v=2&c=2488&c1=2126&t=1, http://www.comune.castelsardo.ss.it/cultura/cultura.asp?id=21&ln=IT, http://www.mondimedievali.net/Castelli/Sardegna/sassari/provincia000.htm#castelsardo

Foto: la prima presa da http://www.pbase.com/image/162079348 , la seconda è di vassanna su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/367614/view

martedì 19 luglio 2016

Il castello di martedì 19 luglio



CALDARO SULLA STRADA DEL VINO (BZ) - Castelchiaro (o Castel Leuchtenburg)

E' il rudere di un castello che sorge sulla cima di un colle del Monte di Mezzo e guarda dall’alto il Lago di Caldaro. In realtà, grazie alla sua posizione, il borgo è ben protetto, così i suoi enormi bastioni sembrerebbero puro esibizionismo. All’interno dell’alto manto boscoso si trovano ancora abitazioni dell’epoca, ancora riconoscibili. Probabilmente la struttura venne costruita dai Signori di Rottenburg attorno al 1250; l’Istituto dei Castelli dell’Alto Adige lo fa risalire addirittura alla generazione precedente, attorno al 1200. Infine Castelchiaro entrò in possesso dei governanti, i signori di Tirolo, che lo concessero in feudo ai Capitani di Caldaro. Per lungo tempo, il castello fu anche sede della Corte di giustizia. Nel XVII secolo, l’uso della costruzione venne meno, e il castello cadde in rovina a poco a poco, , finché fu abbandonato attorno al 1610. Nel XX secolo fu acquistato dal comune di Caldaro sulla strada del vino. Ciononostante, resti del palazzo con affreschi del XVsecolo sono tuttora ben conservati. Caratteristica di quel che rimane del palazzo sono le tracce della quadrettatura grigia e bianca con cui era dipinto esternamente. Una piacevole passeggiata conduce dal lago sino al castello. Dall’alto, l’escursionista può godere di un’ampia vista sui vitigni e sul fresco paesaggio collinare della Bassa Atesina. Tutto il Monte di Mezzo è caratterizzato da tracce di fortificazione retiche modificate poi dai romani. Sul sentiero che porta dalla strada alle rovine, inoltre, si costeggia un muro di difesa preistorico. Al maniero è legata una delle leggende sulla nascita del lago di Caldaro. Il signore del castello - i cui possedimenti si estendevano in tutta la conca, che allora non era coperta dalle acque - era molto ricco, ma molto avaro. Bussò un giorno alla sua porta un bambino orfano, che chiedeva di che sostentarsi; il bimbo fu cacciato in malo modo e si allontanò in lacrime. Il cielo si oscurò e si scatenò una tempesta di enormi proporzioni. Gli abitanti fuggirono verso l'alto, temendo un secondo diluvio universale. Dopo tre giorni, tornò il sole, ed al posto dei vigneti dell'avaro signore c'era un lago, così profondo da aver superato anche il campanile del paese. Ancora oggi, durante i temporali, secondo la leggenda si possono sentire le campane che rintoccano. Ecco uno spettacolare video con riprese aeree del castello (preso da http://www.kalterersee.com/it/video/le-rovine-di-castelchiaro-riprese-dallalto/).

Fonti: https://www.sentres.com/it/castelchiaro-leuchtenburg, https://it.wikipedia.org/wiki/Castelchiaro

Foto: entrambe prese da https://www.sentres.com/it/castelchiaro-leuchtenburg

lunedì 18 luglio 2016

Il castello di lunedì 18 luglio






VADENA (BZ) - Castel Varco

Situato sul passo di Monte di Mezzo (Mitterberg) che separa il lago di Caldaro e Vadena, fu costruito nel XIII secolo dai signori di Laimburg, come loro residenza e, anni più tardi si ritrovò, assieme a Castelchiaro (un altro castello-rudere, posto sopra al Castel Varco su una cima del Monte di Mezzo, raggiungibile a piedi tramite un sentiero), fra i possedimenti dei Signori di Rottenburg. Per un breve periodo fu utilizzato anche come sede giudiziaria di Caldaro. Il castello cadde in rovina nel XVII secolo. Nel 2002 è stato sottoposto ad una ristrutturazione completa in modo da preservarne le rovine che si presentavano in cattivo stato di conservazione. Nonostante il restauro, ad oggi il castello appare come un rudere. Quello che rimane sono essenzialmente le mura perimetrali e parte del mastio. Il tetto è scomparso. Dalle rovine del castello prende il nome e il logo il centro di sperimentazione agraria e forestale "Laimburg", di proprietà della provincia di Bolzano, che si trova proprio al di sotto di esso. Anche una nota cantina vitivinicola prende il nome dal castello. Per ulteriori notizie storiche vi consiglio di leggere l'articolo di Stefano Favero su http://www.mondimedievali.net/Castelli/Trentino/bolzano/castelvarco.htm

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Varco, https://www.sentres.com/it/castel-varco-laimburg

Foto: la prima è di Llorenzi su https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Varco#/media/File:CastelVarco1.JPG, la seconda è presa da http://www.weinstrasse.com/it/cultura-e-territorio/castelli/laimburg/

sabato 16 luglio 2016

Il castello di domenica 17 luglio



TREGNAGO (VR) – Il Castelletto in frazione Marcemigo

Situato alla destra del Progno e collegato a Tregnago da un ponte del XIX secolo, Marcemigo è raggruppato intorno alla chiesa di San Dionigi posta a mezza costa della collina. Una torre recentemente restaurata potrebbe indicare la presenza in loco di un castello tuttavia non documentato. Molti terreni in età medievale erano sotto la giurisdizione del monastero cittadino di San Giorgio in Braida che nella costruzione che ora conosciamo come villa De Winckels raccoglieva i proventi delle decime e dei livelli pagati da coloro che lavoravano i campi. Il borgo conserva tuttora l'antico aspetto con viottoli circondati da muri di recinzione in pietra. La chiesa di San Dionigi al suo interno accoglie affreschi del ‘300, epoca del suo maggior splendore che perdurò fino agli inizi del secolo successivo. In seguito la chiesa venne definita "cappella della pieve di Tregnago" perché ad essa assoggettata. Il suo interno fu più volte ritoccato nei secoli. Data la mancanza di documentazione precisa su un eventuale castello di epoca medievale posto a Marcemigo, allo stato attuale delle ricerche si possono solo fare supposizioni sulla sua effettiva esistenza e localizzazione. Di un non meglio identificabile “castrum” di Marcemigo si parla in documenti del XII secolo: Federico I nel 1154 e nel 1185 assegnò e confermò come dipendenze del vescovo Adelardo II “un locus qui dicitur valle Longazeria cum castris qui vocantur Caculo (Cogollo) , Massemanitus (Marcemigo) , Taureniacus (Tregnago). Il sito più probabile per un castello potrebbe essere quello dove si trova ora la chiesa di San Dionigi. Qualche studioso ha creduto anche di poter scorgere nel basamento del campanile qualche traccia di una costruzione precedente. Il sito potrebbe essere il più indicato per posizionare un castello con scopi militari. Dal colle della chiesa, infatti, si può scorgere, oltre al castello di Tregnago, anche quello di San Pietro di Badia Calavena. Chi arriva a Marcemigo scorge sul colle della chiesa, una torre restaurata da qualche anno, “el casteleto”. Per anni la torre è stata considerata da alcuni – in modo piuttosto frettoloso e superficiale – una parte di un antico castello, uno dei tre che, secondo qualche studioso, danno origine al toponimo “Tregnago” con quello di Tregnago e quello di Cogollo. In realtà in un attento esame della mappa del catasto austriaco del 1847 che riporta le costruzioni allora presenti, la torre non compare. La sua costruzione è quindi più recente, forse di fine Ottocento.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Tregnago, http://www.tiraccontotregnago.it/wp-content/uploads/2015/11/Milli-Marsemigo-tera-santa.pdf

Foto: la prima è di Dino Danieli su http://www.panoramio.com/photo/54790787, la seconda è presa da http://www.visitillasivalleys.com/it/sogna/18-castelli.html

venerdì 15 luglio 2016

Il castello di sabato 16 luglio






TREGNAGO (VR) – Castello Della Scala

Nel IX secolo, in seguito alle invasioni ungare, gli abitanti della campagna si riunirono intorno ai luoghi fortificati per cui divennero importanti i castelli costruiti dai vescovi, dagli abati o dai signori: uno di questi era quello posto su un colle a est di Tregnago, di cui si hanno notizie dal XII secolo, che servì come riparo per la popolazione. Per tutto il Medioevo, tuttavia, la storia del paese rimase legata a quella del monastero di San Pietro, divenuto poi di San Pietro, Vito e Modesto di Badia Calavena che, essendo proprietario di molte terre nella zona, le affidava in cambio di livelli ai contadini locali. Dal XIV secolo in poi le vicende del monastero si intrecciarono sempre più con quelle della pieve di Santa Maria di Tregnago la cui chiesa era stata costruita a fianco della chiesa di san Martino gravemente lesionata dai terremoti del 1116 e del 1182. La frazione di Cogollo fu una delle località interessate dalle vicende umane e storiche che si svolsero tra il XI secolo e il XIII secolo e dalle numerose proprietà che videro protagonisti i vari componenti della famiglia degli Ezzelini. Proprietà che furono certosinamente accertate, censite e documentate dopo la loro definitiva sconfitta avvenuta nel 1260. L'abitato dell'attuale capoluogo nel Trecento appariva già con una struttura bipolare nei suoi due nuclei storici: il Vicus de Supra ed il Vicus de Subctus, chiamato in alcuni documenti anche contrada Sancti Egidii. L'insediamento era caratterizzato da abitazioni costruite attorno a corti centrali chiuse ed aveva il suo centro nella casa comunale che si affacciava sull'attuale piazzetta Sant'Egidio. Nei primissimi anni del Quattrocento, all'epoca in cui Verona, città e provincia, passò sotto il dominio della Repubblica di Venezia, a Tregnago risiedevano esponenti della classe dirigente cittadina che, oltre ad esercitare la funzione vicariale, avevano la casa d'abitazione e ottenevano a livello beni fondiari. Negli ultimi decenni del secolo, anche in questa zona si intensificò la penetrazione della proprietà fondiaria cittadina che portò, agli inizi del secolo successivo, all'arrivo in paese di importanti famiglie urbane come i Fracanzana e i Cipolla che qui avrebbero costruito le loro ville. Nel Cinquecento il monastero di San Pietro, Vito e Modesto e la pieve di Santa Maria di Tregnago con le relative dipendenze furono annessi al monastero cittadino di San Nazaro. In paese i larghi spazi liberi ancora presenti tra il centro civile e quello religioso furono colmati dalla costruzione tra il ‘600 e il ‘700 delle ville e residenze dominicali che si aggiunsero a quella quattrocentesca dei Casari, in contrada Ortelle, e a quella cinquecentesca dei Cipolla. Nel 1771 quando i beni del monastero di San Nazaro nella Bassa Calavena furono messi all'asta, la Comunità di Tregnago li rilevò entrando così in possesso dei terreni, delle decime delle terre e di alcuni di livelli, ma acquistò anche il diritto di eleggere il parroco anche se con l'obbligo di farne approvare la nomina dall'autorità vescovile per l'approvazione e di provvederlo di un salario. Situato su un colle ad est del paese (Monte Precastio) e costruito tra l'XI e il XII secolo sui resti di un'antica fortificazione romana, il castello era un recinto fortificato destinato ad accogliere la popolazione e il bestiame in caso di attacchi provenienti da nord e da nord-est. Tradizionalmente si attribuisce al vescovo Walterio l’edificazione delle struttura, ma non è certo che si tratti di proprio di questo castello quanto forse quello di Badia Calavena. Ciò che è certo è che in poco più di un secolo in Val d’Illasi furono edificati vari manieri, disposti in maggior parte sul versante orientale della valle, creando una sorta di barriera difensiva. Di questa imponente struttura articolata rimangono oggi il castello di Illasi e quello di Tregnago, oltre alla torre di Marcemigo (il cosiddetto Castelletto). Dei castelli di Cogollo, Badia Calavena e Colognola ai Colli rimane solo la memoria e qualche traccia di pietre sul terreno. Le strutture difensive di questo tipo furono acquisite insieme al territorio circostante dagli Scaligeri, i quali ebbero un progetto ben preciso per fortificare tutto il territorio veronese in maniera organica. I Castelli della Val d’Illasi erano un buon supporto a questo progetto, ma con la continua espansione dei domini dei Della Scala il confine si spostò più ad est e di fatto rese se non proprio superflui almeno secondari molti di questi. Sembra essere questo alla base della “donazione” del castello al comune di Tregnago da parte di Cangrande I, donazione che avvenne nel 1328, poco prima della sua morte dopo aver reso finalmente sua la città di Vicenza. Tale donazione fu poi rinnovata dagli Scaligeri successivi nel 1329 e nel 1385, a segnalare che non era evidentemente più loro intenzione utilizzarlo attivamente. Le poche mappe arrivate fino a noi mostrano un castello dalla forma ben definita fin dalle sue origini. Si tratta sostanzialmente di un poligono vagamente pentagonale, contornato da mura, intervallate da torri. Nel 1891 uno spaventoso terremoto distrusse gran parte della struttura, lasciando pochi ruderi che l'incuria umana degli ultimi due secoli ha contribuito a ridurre. Allo stato attuale rimane una torre di vedetta, a sud del castello, che va aggirata per giungere all’ingresso, che si trova sotto alla torre che nell’ultimo secolo è stata più volte rimaneggiata, con l’aggiunta di un orologio e una campana. Su questa torre, ora molto più alta che in origine, si possono ancora notare le tracce di un affresco probabilmente del XIV secolo, raffigurante la Madonna con bambino e una figura in ginocchio. Al di sopra di esso rimangono labili tracce di un altro affresco, che fa pensare a un leone di San Marco. Sul lato ovest della torre invece, svetta l’orologio in ferro, quasi invisibile dal paese a causa della vegetazione. Al di sotto di questo si può ancora vedere una scritta di epoca fascista che è stata evidentemente cancellata, ma che riemerge in parte. Entrando nel castello troviamo qualche sezione di mura perlopiù diroccate in cui verso sud si intravvede ancora lo sperone di una torre. E partendo dal mastio sono ancora visibili alcune sezioni del doppio profilo di mura che proteggeva quella parte del castello. A pochi metri dal mastio, al centro del castello, si trova un cerchio di pietre, probabilmente un pozzo per il bestiame. Nella parte più bassa della struttura, vicino all’ingresso, si trova una casa abitata dai custodi fino a pochi decenni fa, che in questi mesi è in fase di restauro. Nel primo fine settimana di settembre l'associazione ludico-culturale The Inklings organizza una Festa Medievale con il passaggio di proprietà del castello da Cangrande della Scala alla cittadinanza tregnaghese, già citato in precedenza.


Foto: la prima è stata scattata in loco dal sottoscritto, la seconda è di sabrina1983 su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/2901/view