martedì 31 gennaio 2017

Il castello di martedì 31 gennaio






SICULIANA (AG) - Castello Chiaramonte

Il castello di Siculiana, che già preesisteva alla fondazione del borgo, fu costruito da Federico Chiaromonte intorno al 1300 sulle rovine del castello arabo di Kalat Sugul, citato tra gli undici castelli che resistettero agli assalti del re Ruggero il Normanno e che fu raso al suolo dopo la resa di Girgenti. La signoria del castello rimase a lungo ai discendenti dei Chiaromonte. Il centro abitato di Siculiana, invece, fu fondato nel 1425 circa e fu feudo con titolo di baronia della famiglia Bonanno dei principi di Cattolica. L'impronta dei Chiaramonte nello stile architettonico è inconfondibile, con chiare analogie riscontrabili nei castelli di Favara e Racalmuto. Quella di Siculiana doveva essere e fu una vera e propria fortezza. La posizione sopraelevata, le mura tanto consistenti e la presenza di un ponte levatoio quale unica entrata possibile, ne fecero di fatto una roccaforte pressoché inespugnabile. L'accesso era stato ricavato scavando nella roccia e da esso, attraverso un androne, sovrastato da un enorme arco centrale, si poteva entrare nella grande piazza d'armi che aveva una sagoma triangolare. Al centro della piazza era stata ricavata una cisterna molto capiente che serviva a raccogliere l'acqua piovana da utilizzare nel caso in cui il castello fosse stato posto sotto assedio. Cominciava a nascere il primo nucleo del paese attorno alle mura del castello merlato. La fama del bellissimo castello si accrebbe in occasione del secondo matrimonio dell'unica figlia di Federico Chiaramonte, Costanza. La nobile donzella era già andata una prima volta a nozze, sposando Antonio del Carretto, signore assoluto e marchese degli Stati di Savona e Finale. Insieme alla bella Costanza, il nobile ligure aveva ottenuto in dote da Federico, le baronie di Calatabiano e Siculiana e la contea di Racalmuto. Da questo matrimonio nacque un figlio maschio chiamato con lo stesso nome del padre prematuramente scomparso. La giovane vedova ebbe seconde nozze fastose e solenni, e la cerimonia, che vide il suo destino intrecciarsi con quello del nobile genovese Brancaleone Doria, si svolse proprio nella piazza d'armi del castello, imbandierata a festa per l'occasione, e fu riferita con dovizia di particolari in ogni vicina contrada. Il tutto avvenne in un alone di fascino speciale, amplificato dall'esistenza di un'antica credenza che vuole benedetti dalla Provvidenza i patti matrimoniali conclusi sulla Rocca di Siculiana. Se la baronessa Costanza fu felice o meno a noi non è dato sapere; non esistono documenti che lo attestino, ma è indubbio che il suo consorte ebbe gran fortuna, tanto da essere nominato nel 1335 governatore di Sardegna. Alla morte di Federico, avvenuta nel 1311 a Girgenti dove la madre, Marchisia Profolio dei Signori di Ragusa e conti di Caccamo aveva fondato il Convento di San Francesco e il Monastero di Santo Spirito, la baronia fu ereditata da questa unica figlia, Costanza Chiaramonte. Quando questa morì la baronia passò al figlio di primo letto Antonio del Carretto Chiaramonte, barone di Racalmuto, come risulta da un censimento fatto effettuare da re Martino I di Sicilia nell'anno 1413. Il castello e la baronia appartennero ai Chiaramonte fino al 1427, quando comparve sulla scena siculianese un nobile di Catalogna, Gilberto Isfar (o Desfar) y Corillas, arrivato nell'Isola al seguito del re Alfonso I il Magnanimo che gli aveva conferito l'ufficio di maestro segreto del Regno. Egli comprò le terre e la fortezza, con vari privilegi nel 1430 e il feudo di Favarchi nel 1432. Di questi privilegi ottenuti dal nobile catalano scrive nella sua opera "Le due deche dell'Istoria di Sicilia" lo storico Tommaso Fazello: <<...impetrò novellamente la potestà di congregar gente, non che l'uso della spada ed in fine ottenne nel 1437 di esportar liberamente, a sei miglia dall'emporio, le così dette tratte...>>. Sotto la sua baronia assunse notevole importanza "Il Caricatore", già conosciuto dagli arabi come "Tirsat Abbad". Nel 1440 Gilberto divenne Vicario generale del Regno e, dopo trent'anni, investì il figlio Giovanni Gaspare che chiese al suo sovrano, re Alfonso, di poter conglobare alla baronia di Siculiana anche il territorio di Monforte. Il figlio di costui, Vincenzo, avendo ereditato i feudi alla morte del padre, decise di vendere Siculiana a Guglielmo Valguarnera, ritenendo però le tratte. Questo può farci intendere ancor più l'importanza e l'entità dei commerci che si svolgevano nella zona. Sostiene ancora il Fazello che Federico Isfar si riappropriò dei suoi possedimenti e li trasmise ai legittimi discendenti. In questo periodo il nucleo del paese contava circa 38 case. Nel 1592 prese investitura della baronia di Siculiana e delle Saline, Blasco Isfar, definito dall'abate e storico Vito Amico <> che dal matrimonio con Laura Caetani non ebbe eredi maschi, quindi l'eredità passò alla figlia Giovanna, moglie di Vincenzo del Bosco duca di Misilmeri. Da un censimento effettuato all'epoca si contavano a Siculiana 564 abitanti. Giovanna diventò principessa allorché, per privilegio di Filippo III, il marito ricevette l'investitura di Cattolica e intorno al 1610 vi fondò il paese. Lo stemma degli Isfar-Del Bosco, tre monti d'argento fiammeggianti di rosso moventi dalla punta, su campo azzurro, è in parte stato adottato nello stemma civico di Siculiana, anche se qui il campo è rosso, i monti sono cinque e al centro c'è anche un gatto nero, che è il simbolo dello stemma della famiglia Bonanno. Le insegne dei Chiaramonte e dei Bonanno, che ebbero il feudo nel periodo successivo, si potevano scorgere in passato nelle mura del castello e vi si poteva leggere anche il motto " Nec sol per diem, nec luna per noctem". L'andamento demografico del paese era in netto aumento, tanto da far contare circa 1029 abitanti. Nel 1655 fu nominato principe di Cattolica e barone di Siculiana, Francesco del Bosco da cui nacque Giuseppe, che morì senza eredi nel 1668. Nel 1713 si era passati a 3042 anime, un bel numero certamente, per un'economia basata su agricoltura e pesca. Nel 1720 s'investì della baronia Francesco Bonanno, zio per parte di madre di Giuseppe. Francesco Bonanno, infatti, era figlio di Rosalia del Bosco e di Filippo Bonanno ed era già principe di Roccafiorita, duca di Montalbano e di Misilmeri. Alla morte di Francesco, il figlio Giuseppe Bonanno Filangeri, ereditò l'immenso patrimonio e assommò ai titoli ereditari, come quello di Grande di Spagna e per quanto riguarda le vicende del territorio siculianese, barone e Maestro Portulano del Caricatore di Siculiana. Tanto onore e prestigio in cariche e onorificenze ebbe questo nobilissimo cavaliere, che si rese necessario il suo trasferimento a Napoli, presso la corte del re, per poter attendere alle sue mansioni. Occorse quindi affidare i suoi interessi in Sicilia a qualcuno che potesse prendersene degnamente cura. Giuseppe nominò quindi il fratello Don Emanuele Bonanno Filangeri suo Procuratore Generale, incaricandolo del governo di tutte le sue Baronie e i suoi Stati. Purtroppo la lontananza della Famiglia dall'Isola ne determinò la decadenza e il fallimento: il tenore di vita che mantennero alla corte di Napoli comportò oneri economici altissimi e l'amministrazione dei beni non venne fatta oculatamente; il risultato fu il declino economico della potentissima famiglia. Nel 1779 morì Giuseppe Bonanno e gli successe il figlio Francesco Antonio Bonanno Filangeri che sposò poi Caterina Branciforti dei Principi di Butera. Con la legge votata dal Parlamento Siciliano, precisamente il decreto del 10 luglio 1812, venne abolito il Baronaggio e quindi la famiglia, come le altre nobili famiglie siciliane, perse tutti i privilegi feudali, tutte le baronie, i ducati. Dal censimento datato 1861 risulta che gli abitanti del paese in quell'anno erano saliti a 5794. Pare che i Bonanno abbiano ottenuto nuovamente il feudo di Siculiana con un decreto ministeriale datato 26 dicembre 1898. L'ultimo discendente a possederlo risulta sia stato un Bonanno Perez. Nel 1901 Siculiana contava addirittura 7084 abitanti, record battuto solo nel 1951 quando il loro numero salì a 7911. Da allora si è assistito a un decremento e uno spopolamento continui. Dopo l'esproprio dei terreni della Chiesa da parte del Regno d'Italia, un nobile pisano residente a Palermo, il barone Nicolò Agnello, si aggiudicò in un'asta pubblica il possesso della baronia e dell'antico castello, possesso che la famiglia tenne fino al 1915, quando venne affiancata da altre famiglie nobili del luogo, come i Basile, gli Scalia e gli Scaramazza. Le condizioni pessime della fortezza fecero sì che dopo l'unità d'Italia fosse adibita a carcere mandamentale. La sua parte orientale o " Quarto Nobile", la più antica e interessante, dove si trovava una torretta sormontata dallo stemma dei Chiaramonte, venne fatta letteralmente demolire dal barone Stefano Agnello che vi fece costruire una residenza più sontuosa dove trascorrere la villeggiatura. Secondo alcune testimonianze dell'epoca, ai tempi di Francesco Agnello, il castello ebbe a ospitare il grande scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Fu in quelle stanze che vennero scritte alcune pagine del famoso romanzo "Il Gattopardo". Numerosi furono gli sposalizi ed accordi nobiliari celebrati nel castello, incoraggiati da un'antichissima credenza che vuole benedetti dalla Provvidenza i patti conclusi sulla "Rocca di Siculiana". La chiesa di S.Lorenzo, posta sull'ala Sud del Maniero è la più antica del paese, fu edificata nel XVII sec. Essa fu la prima sede di culto del SS.Crocifisso, che è attualmente custodito nell'omonimo santuario del paese. Del complesso architettonico originario rimane soltanto la parte occidentale dove si trovano gli ambienti di servizio un tempo destinati a magazzini, stalla, e la suddetta chiesa. La parte restante presenta un impianto planimetrico composto da due corpi longitudinali convergenti, costruiti lungo i margini del costone roccioso, che formano una corte interna aperta. L'ala meridionale consta di un corpo longitudinale ad una elevazione; l'ala settentrionale presenta una articolazione più complessa e doppia elevazione. Tutta la costruzione è realizzata in pietrame di gesso legato con abbondante malta. La muratura che definisce lo spazio interno della corte è stata restaurata lasciando la pietra a vista; la finitura originaria tuttavia, doveva essere uguale alla superficie muraria esterna che è definita con un intonaco in malta di gesso disposto a raso con la pietra che resta a vista. Il complesso, oggi di proprietà privata, mette a disposizione ampi spazi disponibili per convegni, congressi, meetings in sale attrezzate e con servizi accessori e complementari di rilievo ed all’avanguardia per una fornitura completa. Per approfondimenti sulla storia e le leggende legate al castello di Siculiana, suggerisco la visita del suo sito web ufficiale: http://www.castellochiaramonte.it. Ecco un video (di Turitalia Arte) in cui ammirare sia gli esterni che gli interni del complesso: https://www.youtube.com/watch?v=Irisa9GsglU.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Siculiana, http://www.comune.siculiana.ag.it/siculiana/zf/index.php/storia-comune, http://www.sviluppocultura.com/2012/01/il-castello-chiaramonte-di-siculiana.html, http://www.icastelli.it/it/sicilia/agrigento/siculiana/castello-di-siculiana

Foto: la prima è presa da https://www.distrettoturisticoselinuntino.it/a.cfm?id=416, la seconda è di mbriatore su http://rete.comuni-italiani.it/foto/contest/16422

lunedì 30 gennaio 2017

Il castello di lunedì 30 gennaio







SALUSSOLA (BI) - Resti castello e Torre Nigra

In epoca romana, Salussola divenne un avamposto strategico e fortificato; veniva utilizzato come riserva aurifera delle estrazioni dei torrenti Olobbia e Elvo, nella vicina Riserva della Bessa. Tuttavia, finite le riserve aurifere, il borgo perse parzialmente di interesse. Dominato dalle scorribande longobarde nel V-VII secolo, in questo periodo spiccò la figura del Beato Pietro Levita, originario di Salussola, ma trasferitosi in Sicilia. Annessa quindi al Sacro Romano Impero, Salussola fu poi ceduta da Carlo III il Grosso a favore del Capitolo di Vercelli e, nel XII secolo, spartita tra i Conti di Biandrate e gli Avogadro di Cerrione, che la amministrarono sotto il Ducato dei Savoia. Poiché la posizione su cui sorgeva l’agglomerato di Salussola era ritenuta, all’epoca, di rilevanza strategica, in particolare delle fortificazioni di cui disponeva il castello, nel 1375 il Vescovo di Vercelli ordinò al tesoriere del Comune di Biella, certo Bartolomeo Scaglia, di elargire 540 fiorini d’oro, per l’impegno del Comune di Salussola nel fortificare le bastie del castello, per aver ricostruito le mura cadute in rovina, nonché per la costruzione di due porte, una verso nord-est e la seconda verso sud-est. Il borgo fu munito dal vescovo Giovanni Fieschi di un castello con tre torri, ora semidistrutto, e di una cinta muraria che circondava il borgo. Essa aveva due porte d'accesso, di cui è ancora in piedi solo quella di sud. La porta rimasta sorge sulla salita anticamente detta "Crosa"; è stata restaurata negli anni settanta, visto che il lato verso il paese era in parte crollato. L'esterno, verso la pianura ha, una zona inferiore di pietre squadrate e, più in su, di ciottoli a spina di pesce con due corsi orizzontali di mattoni; l'apertura principale, a sesto acuto, è sormontata da un'altra apertura quadrata. La zona superiore, di mattoni, ha una finestra a tutto sesto e sei beccattelli triplici in pietra sostenenti cinque caditoie. Come nota il Conti, queste caditoie hanno una caratteristica insolita: a partire da quella centrale, più larga, diventano più strette verso i lati. Secondo l'autore i tre tipi di muratura che si vedono in questa porta segnano tre distinte fasi costruttive. Ancora più in su, una decorazione in mattoni (dentelli su mensole e dente di sega) è sormontata da tre merli guelfi. Nel Biellese la merlatura è quasi sempre ghibellina; questa è un'eccezione. La spiegazione va ricercata nell'elargizione in denaro che il Vescovo " Guelfo " di Vercelli Giovanni Fieschi fece al Comune di Salussola nel 1375 per l'edificazione delle fortificazioni. L'esterno verso monte presenta nella zona inferiore, in mattoni, l'arco leggermente acuto dell'apertura principale, e nella zona superiore un'ampia apertura. Una decorazione in mattoni simile a quella del lato verso valle orna il breve tratto di muro ai lati dell'apertura stessa. L'insieme non ha un aspetto solido, nonostante la trave orizzontale di rinforzo: non stupisce se da questa parte si sia verificato il crollo. Anche il vano interno è aperto verso l'alto. Per il Conti questa tipologia " a vela " non è primitiva, ma frutto di interventi posteriori. L'arco verso valle è sormontato da un altro arco, di rinforzo, poggiante su mensole di pietra; ha un profilo a tutto sesto alquanto irregolare. Le pareti laterali del vano interno hanno ognuna una finestra a pieno centro, molto in alto; quella verso valle è a doppia ghiera. Qui la muratura è di ciottoli a spina di pesce. La parete verso monte presenta, al di sopra dell'apertura principale, tre corsi orizzontali di mattoni. Ancora oggi, del castello si possono vedere i ruderi di una delle tre torri originarie, dei resti di mura e parti di un fossato. La torre Nigra, che ora domina la collina di Salussola, non è un restauro del mastio del castello, bensì una ricostruzione romantica, dato che di questo mastio - che già il Gabotto vide "mozzo e scoperto" restava poco più delle fondamenta. Ferdinando Gabotto a metà dl 1800, scriveva che i resti del castello ancora visibili erano costituiti "da un mozzicone di torre quadra, massiccia che era il rudere del mastio, e da larghe camere che si sprofondano nel suolo, elevatosi per i rottami. In mezzo una pietra chiude la discesa di un'ampia rotonda donde si diramano sotterranei fino alle porte del borgo". La torre fu fatta costruire dalla famiglia del geometra Antonio Bocca, Cavaliere Mauriziano e Commendatore della Corona d'Italia, su un progetto della fine degli anni '30 dell'architetto Carlo Nigra, già collaboratore nella costruzione del borgo medievale del Parco del Valentino a Torino e del castello nuovo di Rovasenda. Le opere murarie sono state eseguite dai Salussolesi Giovanni Maffeo ed Edoardo Mosca. Da notare la merlatura " ghibellina ", mentre quello che rimane della torre della cortina è di fattura " guelfa ", così come la merlatura della Porta Urbica Inferiore. L'inaugurazione dell'opera avvenne nel 1941 nel giorno della festa del Beato Pietro Levita, alla presenza del prevosto don Lino Loro e al suono della banda musicale di Trivero. Una lapide ne ricorda l'avvenimento: " Regnando Vittorio Emanuele III nell'anno 1941 durante la II Guerra Mondiale sulle gloriose vestigia del passato il geometra Antonio Bocca Cavaliere Mauriziano Commendatore della Corona d'Italia erigeva questa torre in auspicio ai grandi destini della Patria nei secoli venturi". Altro link utile: http://archeocarta.org/salussola-bi-porta-urbica-e-resti-medievali/.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Salussola, http://www.salussola.net/salussola_-_la_porta_urbica.html, http://www.museolaboratoriosalussola.org/storia.html, http://www.salussola.net/salussola_-_il_castello_fortificato.html

Foto: la prima è presa da http://www.salussola.net/af/063.JPG, la seconda è di max37 su http://fotobiellese.blogspot.it/2011_08_01_archive.html, infine la terza (con la torre Nigra) è una cartolina in vendita su www.delcampe.net

domenica 29 gennaio 2017

Il castello di domenica 29 gennaio





MONTALCINO (SI) – Castello in frazione Castel Verdelli

Situato in eccezionale posizione panoramica a Montalcino in provincia di Siena, immerso tra le colline di questo verdeggiante territorio fatto di vigneti, querce, lecci e folte macchie, Castel Verdelli sorge lungo la strada per Vergelle offrendo scorci incantevoli sulle vallate e sui caratteristici paesaggi della zona. Il castello si compone di due parti probabilmente risalenti alla stessa epoca, ma strutturalmente separate. L'immenso ed alto palazzo trecentesco è stato costruito interamente in mattoni con base a scarpa. Sul lato sud sorgono dei fabbricati più recenti attribuibili al XVI secolo, ma pesantemente ristrutturati in epoche successive. Adiacente al complesso storico sorge una graziosa cappella di famiglia a pianta ottagonale facente parte dell’intero complesso storico. La superficie complessiva è di 3800 metri quadrati che si sviluppano su quattro livelli oltre alle cantine, raggiungendo un'altezza massima di 18 metri. Il terreno circostante ad esso è di 5000 mq estendibile con l’aggiunta di altri 7 ettari. La strada che conduce ad esso prende il nome dal Castello ed è di proprietà, il viale è fiancheggiato da due file fittissime di cipressi secolari. Stranamente di questo castello non si trovano riferimenti storici diretti. La cosa lascia perplessi perchè la sua collocazione si trova esattamente all'incrocio viario da cui parte l'unica strada che permette di raggiungere il comunello medioevale di Vergelle in cui nacque, secondo alcune fonti, il pittore rinascimentale denominato “Il Sodoma”. Inoltre il castello risulta poco distante dalla Pieve di Pava presso la quale, recenti scavi hanno portato alla luce resti di edifici medioevali e tracce di epoca romana. Le proprietà di Castel Verdelli furono acquisite dalla famiglia De Vecchi dalle divisioni ereditarie delle sorelle Margherita e Giulia Verdelli figlie di Cristofano Verdelli che morì nel 1592 senza eredi maschi. Nei primi anni del duemila la proprietà è stata acquisita dal Conte Barone Renato Santoro che lo ha lasciato in eredità ai figli che sono gli attuali proprietari. Il Castello Medievale è giunto ai giorni nostri mantenendo un fascino antico ed una misteriosa bellezza. Soggiornare in questi luoghi silenziosi permette di rivivere la più genuina tradizione toscana e godere del fascino incontaminato della natura circostante. La famiglia Santoro è impegnata da anni nel recupero del complesso monumentale architettonico di Castel Verdelli. La zona è classificata a livello urbanistico come "Area per insediamenti turistico ricettivi". È già stato attuato un progetto del piano di recupero del complesso approvato dalla Commissione Edilizia Integrata, previsto nel pieno rispetto delle caratteristiche paesaggistiche ed architettoniche con cura nella scelta di materiali e lo studio dei particolari decorativi.

Fonti: http://www.cretesenesi.com/castel-verdelli-p-3_vis_9_168.html, http://www.castelverdelli.it/Descrizione/Descrizione.htm (visitate questo sito dove troverete anche molte altre informazioni e foto)

Foto: la prima è presa da http://www.cretesenesi.com/castel-verdelli-p-3_vis_9_168.html, la seconda invece da http://ec2.it/ilariapanchettiarchitetto/projects/67446-SCHEDATURA-DEGLI-EDIFICI-DI-INTERESSE-STORICO-ARCHITETTONICO

venerdì 27 gennaio 2017

Il castello di sabato 28 gennaio






MONTALCINO (SI) – Castello in frazione San Giovanni d’Asso

Nel Medioevo iniziò a nascere il vero e proprio paese: già nel 714 è documentata l'esistenza della chiesa di San Pietro in Villore e, fino al 1178, il paese fu conteso fra il vescovo di Arezzo e quello di Siena, che poi ebbe la meglio. Inoltre, nel XIII secolo il castello venne notevolmente ampliato dai Petroni, poi ristrutturato dai Pannilini che ne conservarono la proprietà fino lo scorso secolo. Il 2 giugno 1777 entrò in vigore il Regolamento particolare con cui le comunità di San Giovanni d'Asso, Lucignano d’Asso, Monterongriffoli e Vergelle vennero unite, per volere del granduca di Toscana Pietro Leopoldo, dal punto di vista economico, sociale e amministrativo, andandosi a formare il primo nucleo del comune. Il castello di San Giovanni d'Asso è situato nel nucleo antico del centro abitato, sul versante opposto rispetto alla pieve di San Giovanni Battista, di fianco alla chiesa della Misericordia. L'edificio è costituito da tre corpi di fabbrica originati dall'unione di altre costruzioni innalzate nel corso dei secoli e che racchiudono un cortile al loro interno. I materiali impiegati sono la pietra calcarea e, soprattutto, il mattone. I periodi costruttivi risultano essere stati quattro: dalla metà del 1100 al 1230 circa, dalla metà del 1200 agli inizi del 1300, dai primi del 1300 alla metà del 1400 e dalla metà del 1400 al 1900. Particolare importanza rivestono i lavori condotti dalla famiglia Petroni, che acquisì il castello all'inizio del XIV secolo. Nell'anno 1539 Benedetto del fu Giovanni di Benedetto Martinozzi vendette il palazzo (già Castello), le terre e i diritti su San Giovanni d'Asso a Giulio Pannilini. La famiglia Pannilini ne conservò il possesso fino agli inizi del secolo scorso. In seguito ad importanti interventi di restauro, terminati nel 1999, ospita sia gli uffici dell'amministrazione comunale, svolgendo il ruolo di casa comunale, sia il Museo del Tartufo. La parte più antica del complesso è costituita dal blocco, di forma pressochè quadrata, posto a Nord-Est. Questa costruzione ha inglobato la prima torre originaria, oggi del tutto scomparsa, che si trovava all'altezza del Pozzo di Piazza. Tale fabbricato, sulla facciata Ovest presenta delle monofore e delle bifore con arco affrescato. La parte a Sud, costruita successivamente (con torretta esagonale, camminamento di ronda e merlatura) è raccordata a quella Nord da due corpi di fabbrica posti sul lato Ovest e che presentano, nella facciata occidentale, i finestroni archiacuti del grande salone e cinque bifore con colonette di travertino, mentre, a piano terra, vi sono delle monofore. È questa una parte del castello edificata o ristrutturata al tempo dei Petroni (secoli XIV-XV). Alla facciata principale del castello, che è rivolta verso settentrione, si accede da piazza Antonio Gramsci; essa è caratterizzata dal portone d'ingresso con arco ogivale senese; un secondo ingresso si trova sul fianco orientale, che dà su piazza Vittorio Emanuele II, nel cuore del borgo antico. Le due entrate sono unite da due rampe di scale passanti per il cortile, caratterizzato da un alto portico su pilastri ottagonali sormontato da un loggiato. L'interno comprende un ampio vano seminterrato, voltato e con grossi archi, molto suggestivo; sulle pareti si rilevano tracce di pitture degli inizi del trecento riproducenti una decorazione a formelle quadrilobate policromate, drappi di vaio e superiormente un fregio con vaso di fiori e uccelli; lo stesso motivo di "medaglioni" quadrilobati si trova al piano superiore presso l'ex forno. Sulla volta del lungo corridoio che porta al detto vano si notano resti di pitture riproducenti racemi verdi e fiori rossi stilizzati (secolo XIV). L'ambiente più importante del palazzo è la Sala del caminetto, con accesso sul cortile e ampie bifore lungo la fiancata occidentale; essa prende il nome dall'ampio caminetto che si apre al centro della parete sud, dirimpetto al lavabo marmoreo del XVII secolo. Le pareti sono decorate con affreschi realizzati tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII da un pittore della cerchia di Ventura Salimbeni raffiguranti una grottesca che corre poco sotto il soffitto e tre stemmi di importanti membri della famiglia Pannilini e delle relative consorti. Nel salone Sud dell'ultimo piano si trovano ancora pitture geometriche dei secoli XIV-XV. Altri link utili: http://www.castellitoscani.com/italian/asso.htm, http://www.cretesenesi.com/san-giovanni-d-asso-p-3_vis_8_131.html.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/San_Giovanni_d'Asso#Castello, http://www.comune.sangiovannidasso.siena.it/on-line/Home/Turismoemultimedia/Luoghidiinteresse/articolo3006806.html,

Foto: la prima è presa da http://www.key4chianti.com/itinerari-in-toscana/san-giovanni-asso-rocca-castelli-tartufo/, la seconda è presa da http://www.tuscany-charming.it/it/localita/sangiovannidasso.asp

Il castello di venerdì 27 gennaio






SCALEA (CS) - Torre Talao

Dal belvedere di Napoleone, dove uno scoglio ricorda la testa dell'imperatore, si può ammirare la lunga spiaggia interrotta da un imponente scoglio su cui sorge un'antica torre, Talao, oggi simbolo di Scalea. In origine lo scoglio di Torre Talao era una isola. Poi in seguito ad un fenomeno d'interramento è diventata penisola. Oggi è completamente all'asciutto. Le grotte dello scoglio di Torre Talao furono abitate dagli uomini della preistoria 40.000 anni fa. Lo scoglio di Torre Talao vide il passaggio di Enea e di Ulisse. Nei pressi morì il compagno di Ulisse Dracone. A ricordo dell'amico del re di Itaca sorse un oracolo. Tempo dopo l'oracolo predisse:"presso Dracone Lajo molto popolo sarà per perire". Infatti nel 389 a.C. avvenne, nella piana del Lao lo scontro tra Lucani contro Laini e Thurini. Nella battaglia,una delle più terribili dell'antichità, persero la vita oltre 10.000 uomini tra fanti e cavalieri. Torre Talao fu costruita nel sec. XVI. Faceva parte del sistema difensivo costiero, contro le incursioni dei turchi, voluto da Carlo V. Il sistema difensivo fu suggerito a Carlo V da don Pedro di Toledo, viceré del Regno di Napoli nel 1573. Il sistema difensivo costiero comprendeva 337 torri una in vista dell'altra. Torre Talao venne costruita a carico della gente del posto. Ogni cittadino dovette contribuire all'edificazione della Torre o con una somma in denaro o con la prestazione gratuita secondo le proprie capacità. La costruzione si presenta come una massiccia torre troncopiramidale a pianta quadrata di 13 metri di lato sviluppata su tre livelli. Al pianterreno vi è una sola apertura di ingresso e locali coperti da volta a botte con botola di comunicazione con il piano superiore. Una doppia scala esterna addossata alla costruzione conduce al primo piano, in cui sono numerose le bucature e vi è la presenza di ambienti voltati a botte, di un camino e di un forno, ed al ballatoio dell’ultimo livello, da qui una scala ricavata nella muratura conduce al terrazzo. Diverse le aperture presenti su tutti i fronti. Sul lato mare è addossato un successivo edificio in parte crollato; prima del recente restauro, era visibile la traccia di una caditoia. Intorno al complesso sono visibili tracce del muro di cinta. Una caratteristica particolare è inoltre la presenza nel piazzale del lato mare di un’aia con piattaforma circolare. Nel tempo la fortificazione ha subito diverse destinazioni d’uso e molte evoluzioni. Le sue evoluzioni nel tempo sono denunciate anche dalla struttura muraria. Questa, in pietrame misto di diversa dimensione e malta, con ricorsi orizzontali in laterizio, presenta alcune parti basamentali con tessitura differente dalle restanti. Verso la fine del sec. XVII Torre Talao venne privata dai suoi cannoni, in precedenza sistemati per la difesa della costa. All'inizio del nostro secolo il proprietario del tempo, Del Giudice, imbottigliò l'acqua solfurea della sorgente alla base dello scoglio di Torre Talao, e la mise in commercio con notevole successo: Negli stessi anni soggiornarono più volte nella Torre, ospiti del proprietario del tempo Armentano, il maestro Enrico Toselli e la principessa Luisa D'Asburgo-Lorena, ex regina di Sassonia. Ecco un interessante video, effettuato con un drone che riprende dall'alto anche la torre Talao (di SfizidiCalabria): https://www.youtube.com/watch?v=fUe04fPScO8

Fonti: http://www.scalea.it/storia/talao.htm, http://atlante.beniculturalicalabria.it/schede.php?id=103

Foto:la prima è presa da http://www.turismoincalabria.it/la-perla-di-calabria.asp?perla=torre-talao-a-scalea, la seconda invece da http://static.panoramio.com/photos/original/4836831.jpg

giovedì 26 gennaio 2017

Il castello di giovedì 26 gennaio



SOVRAMONTE (BL) - Castello Schenèr

Baluardo difensivo della Repubblica Veneta contro l’Impero, sorse verso la fine del Quattrocento in posizione dominante sulla Valle del Cismon lungo l’antica strada per il Primiero, più precisamente sulla Costa di San Zenone (oggi Costa delle Fratte), dove essa piega a est per guadare il torrente Rosna. Nei pressi si trovava pure un castelliere di origine romana, confermato dal ritrovamento di alcune monete. Il luogo era forse il medesimo dov'era edificato un castello del 1027 quando Corrado il Salico conquistò il Primiero. Questa via era più che altro una mulattiera molto malandata e pericolosa: il trasporto delle merci vi era possibile solo a schiena d’uomo o di animale, e per questo alla località venne dato il nome di Schenaro o Schenér. La costruzione fu terminata nel 1494, anche con l’impiego di settanta roveri tagliati in zona. Dalla locale famiglia Moretta provengono i suoi primi conestabili, nominati e pagati dal Podestà di Feltre: fin dal 1494 Pietro era Capitano del fortilizio presidiato da un caporale e 4 soldati, mentre nel 1509 viene ricordato il consanguineo Agostino che assistette alla distruzione del 1510 provocata, a seguito degli eventi della guerra cambraica, dalle milizie dell’imperatore Massimiliano. Prontamente ricostruito, già nel 1539 alcuni documenti accennano a disegni per una necessaria fortificazione della struttura, esigenza sentita e ribadita in tutto il Seicento. Tuttavia fino alla caduta della Repubblica di Venezia il castello fu utilizzato semplicemente come alloggio per il capitano e qualche soldato. Lasciato quindi in completo abbandono, venne demolito dalle truppe italiane nel 1915 utilizzandone i materiali per costruire trincee. Le principali funzioni del castello erano di sorveglianza del transito e repressione del contrabbando, molto praticato dai lamonesi che esportavano illegalmente granaglie in Primiero. Ci si può fare un’idea di come doveva essere il fortilizio guardando la litografia del Moro risalente al 1876, che lo riproduce quarant’anni prima della sua distruzione: era una piccola costruzione difensiva posta a cavallo della strada. La porzione più a valle era l’abitazione del capitano dominata a monte da una massiccia torre, le cui poderose fondazioni sono ancora visibili. Entrambe le strutture erano circondate da mura. Sul terreno oggi si può osservare solo qualche misero rudere di fondazione, ora digerito dalla folta vegetazione, che non può rendere conto della struttura del castello. Altri link suggeriti: http://www.ladige.it/territori/dolomiti/2014/11/24/riscoperta-dellantica-via-primiero-feltrino

Fonti: http://www.magicoveneto.it/feltrino/Sovramonte/Sovramonte.htm, http://www.sovramonte.it/web/index.php?option=com_content&view=article&id=17&Itemid=191

mercoledì 25 gennaio 2017

Il castello di mercoledì 25 gennaio






CANEPINA (VT) - Castello Anguillara

Intorno alla metà dell'XI secolo, la potente famiglia Di Vico, fece costruire nella zona un castello su un'altura, un dirupo allora inaccessibile, per vigilare, specialmente con la sua torre d'oriente, sulla piana del Tevere, da dove si temevano attacchi offensivi. Intorno, isolati, vivevano accampati ai margini della intricata Selva Cimina, pastori e contadini. Nel 1154 il castello venne acquistato, da Adriano IV divenendo così patrimonio di S. Pietro. Il terreno ricco di acque, che scorrevano in ruscelli e si diramavano anche in una moltitudine di rivoli, favoriva la coltivazione della canapa. Dal 1174 Canepina e il suo castello passarono sotto il dominio di Viterbo, che li donó nel 1332 alla Santa Sede. Nel 1544 il castello entró a far parte del nuovo stato, che Paolo III aveva creato sette anni prima e vi rimase fino al 1649. Quello che oggi si chiama Castello degli Anguillara perché fu l’ultima potente famiglia ad averne il possesso (e di cui vediamo lo stemma sull’antica porta d’ingresso), fu costruito intorno alla metà del XI sec. dagli esponenti della famiglia Di Vico, potenti Ufficiali Prefetti di Roma. Come tutti i castelli nelle alture vicine aventi le stesse funzioni, anche questo di Canepina subì, nelle alterne vicende, i vari domini. Del Castello resta uno sperone del torrione occidentale e la torre orientale, probabilmente torrione di difesa. Quando, alla fine del 1800, la famiglia degli Anguillara si trovò in difficoltà economiche,  una parte dell'edificio venne frazionata in appartamenti civili e venduta direttamente a singoli privati; la parte restante, forse in cambio di qualche favore ricevuto, fu donata alla famiglia Rem – Picci come vitalizio. Ai primi del 1900 anche Rem – Picci frazionò in appartamenti civili l’altra parte che vendette, donando la torre d’oriente, la più piccola, al comune di Canepina, il quale allestirà all’interno un museo della flora e della fauna, ora chiuso. Sul piazzale d’ingresso del castello, dove si immagina chiaramente vi fosse un tempo il ponte levatoio, vi è tuttora un pulpito da dove si dice, (la notizia è tramandata solo verbalmente), che predicò S. Bernardino da Siena. L' ambone, in peperino e di forma semicircolare, nella parte superiore contiene una piccola nicchia con immagine sacra ed è concluso da timpano con cornice. Il corpo della bigoncia, superiormente bordato, poggia su una base appena sporgente, ornata da nastri intrecciati e terminante con appendice a forma di ghianda. Nella parte centrale c’è un sole irraggiante che circoscrive la sigla IHS, simbolo bernardiniano (Secolo XV- XVI).

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Canepina, http://www.comune.canepina.vt.it/davisitare.php, http://www.mondimedievali.net/Castelli/Lazio/viterbo/provincia000.htm#canepincas

Foto: la prima è presa da http://www.comune.canepina.vt.it/scorcipalazzi.htm, la seconda è di Paolo Santini su http://www.paolosantini.it/SITO.WEB/castello.jpg

martedì 24 gennaio 2017

Il castello di martedì 24 gennaio






ARNAD (AO) - Castello Superiore

Posto in posizione dominante sul paese, a lato del vallone di Machaby, il castello è attualmente ridotto a rudere perchè abbandonato da secoli. Il castello superiore di Arnad viene nominato per la prima volta in una bolla papale del 1207 nella quale viene citata la relativa cappella intitolata a santa Maria Maddalena ed a san Michele, ma non ci sono certezze sulle sue origini e sui suoi primi proprietari. Una prima ipotesi storiografica sostiene che il castello fu fatto costruire da Saverio di Arnad (Xavier d'Arnad, o in generale dalla famiglia de Arnado) nel XII o forse XIII secolo. Una seconda ipotesi sostiene invece che il castello apparteneva già nel XII secolo ai signori di Bard, e che sia stato Guglielmo di Bard a riceverlo in dono dai Savoia. Secondo questa ipotesi, divenne di proprietà di Guglielmo di Bard insieme al castello di Pont-Saint-Martin dopo le pesanti lotte che lo videro impegnato in scontri armati col fratello Ugo. Nel 1239, per ragioni economiche, metà del castello di Arnad venne infeudato a Ruffino de Arnado e dal 1293 l'intero complesso venne venduto ai signori di Valleise. La famiglia dei Valleise vi abitò per tutto il XIV secolo e viene ricordato dalle cronache che nel 1351 vi ospitarono a pranzo Amedeo VI di Savoia. Al dominio dei Valleise risale la parte centrale che è composta da un fabbricato del XIV secolo, merlato, dotato di grandi camini e stemmi d'epoca affrescati alle pareti. Per l'inadeguatezza della struttura e l'ormai oltrepassata funzione bellica, la struttura venne abbandonata a partire dal XV secolo e dal XVII la famiglia la famiglia si trasferì nel castello della Costa, sempre ad Arnad ma a una latitudine inferiore, il che dettò la fine dello splendore della rocca superiore. Oggi il castello non è fruibile, e, a differenza del castello inferiore di Arnad recentemente acquisito dalla regione autonoma Valle d'Aosta, resta privato. Il maniero ha pianta irregolare ma si può dire  che era formato da due corpi principali di fabbrica, raccordati tra loro da un corpo più rientrato per lasciare posto al piazzale interno. Il fabbricato verso est, con il mastio, è il più antico. La cinta circonda il complesso sui lati sud e ovest terminando con una torre circolare d'avvistamento, affiancata da un'altra torre che proteggeva l'ingresso esterno. I fabbricati sono sormontati da merlatura. Tutte le finestre in pietra lavorata sono state divelte e asportate. 
 
Fonti: http://www.lovevda.it/it/banca-dati/8/castelli-e-torri/arnad/castello-superiore/984, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_superiore_di_Arnad, http://www.icastelli.it/it/valle-daosta/aosta/arnad/castello-superiore-di-arnad

Foto: la prima è di Jacques Bottel su https://www.flickr.com/photos/jacquesbottel/5812749653, la seconda è presa da http://www.italianbotanicalheritage.com/it/scheda.php?struttura=355

lunedì 23 gennaio 2017

Il castello di lunedì 23 gennaio





PRAROLO (VC) - Castello

La località di Prarolo è citata per la prima volta in un frammento del Sinodo celebrato nel 964 da Ingone, vescovo di Vercelli, come Petroriolum ed è elencata tra quelle comunità che devono servirsi del fonte battesimale del Duomo di Vercelli, come si usava fare prima dell’invasione degli Ungari. Quindi, nel 964, a Prarolo risulta esistere una comunità ben impiantata da almeno un secolo, da quando cioè erano iniziate le incursioni degli Ungari. Successivamente al 964, la località di Prarolo è citata come Pratarolium (1142 e 1155) e Pradarolium (1173). L’ipotesi più ragionevole è che i Benedettini dell’Abbazia di S. Stefano di Vercelli, a cui Prarolo apparteneva (link 1 - Abbazia), abbiano dissodato l'antico ghiaieto trasformandolo in terreno coltivo. Stando a ritrovamenti tombali in regione Gamberina – conservati presso il Museo Leone di Vercelli – il territorio era già abitato in epoca romana, almeno nella parte ad ovest della linea Gamberina-Monteoliveto, non soggetta ad alluvioni della Sesia. Per conto dell’Abbazia a Prarolo fu costruito un castello che è citato per la prima volta in un documento del 1398, quando già si parlava di onerose riparazioni da effettuare all’immobile; pertanto l’edificio già esisteva in tale data. Almeno la torre quadrangolare, dotata di ponte levatoio rivolto a mezzogiorno, risale ad epoca precedente. Gli abati benedettini soggiornavano spesso presso il castello di Prarolo, come testimoniato da vari documenti ivi redatti; per tale motivo l'abbazia è anche nota come Abbazia di Prarolo. Nella seconda metà del secolo XV l’abbazia di S. Stefano, detta anche abbazia di Prarolo, venne sottratta ai benedettini e da allora fu data in appannaggio ad un abate commendatario nominato dai Savoia in accordo con il Papa. I commendatari appartenevano a potenti famiglie, quali quella dei Borromeo di Milano che fornì il più illustre degli abati di Prarolo: il cardinale Federico, nipote di san Carlo, che nel 1628 fece ricostruire la chiesa parrocchiale di Prarolo. In seguito alla nazionalizzazione di gran parte dei beni ecclesiastici, nel 1801 la tenuta agricola Castello di Prarolo fu acquistata dall’Ospedale S. Andrea di Vercelli e ora è di proprietà dell’ASL 11. Prarolo fu infeudato ai Centoris (1540), ai Langosco (1620) ed ai Losa (conti di Prarolo dal 1722). Attualmente il complesso presenta una pianta a "C" caratterizzata da due torri cilindriche d'angolo e da una quadrangolare, indipendente, con caditoie e due torricelle soprelevate. La torre quadrangolare costituiva l’accesso del castello tramite un ponte levatoio di cui sono ancora bene evidenti le tracce. L’interno della torre, a lungo usato per scopi agricoli, non risulta interessato dall’ampio rimaneggiamento che, a metà del XVIII secolo, ha dato al castello di Prarolo il suo aspetto attuale. Nel novembre 2011 un sopralluogo ai locali interni della torre quadrangolare ha permesso di fare una prima valutazione dello stato di conservazione degli affreschi quattrocenteschi recentemente segnalati dal prof. Giovanni Ferraris (a tale scopo potete consultare http://vercellioggi.it/dett_news.asp?id=27354). A parte tracce minori, sulla parete della torre rivolta a sud sono state evidenziate due aree affrescate attualmente separate da un varco di accesso all’ultimo piano della torre, ma originariamente appartenenti ad un unico affresco avente una base di oltre 2 metri ed una altezza di poco inferiore al metro. La parte di sinistra, meglio conservata, rappresenta una Madonna seduta con un ampio manto rosso e in grembo Gesù bambino che si sta sporgendo verso un devoto che appena si intravvede. Sulla parte destra del varco è ancora leggibile, seppure alquanto rovinata, una Crocifissione. A parere dei tecnici, è urgente procedere ad un consolidamento degli affreschi onde evitare ulteriori stacchi; inoltre durante l’operazione potrebbero venire alla luce altri frammenti di pitture. Presumibilmente i locali affrescati costituivano la residenza dell’abate dell’abbazia benedettina di S. Stefano di Vercelli quando, in particolare durante il secolo XV, si trasferiva a Prarolo in occasione di turbolenze nella vita cittadina. Tali periodi residenziali sono testimoniati da alcuni documenti abbaziali redatti a Prarolo e conservati a Milano. Incendiato dagli Spagnoli nel XVII secolo e nuovamente occupato da loro nel XVIII secolo, il castello di Prarolo è stato interessato da azioni di guerra solo nel 1859, alla vigilia della battaglia di Palestro.

Fonti: http://www.comune.prarolo.vc.it/Guidaalpaese/tabid/5950/Default.aspx?IDPagina=1480, http://archeocarta.org/prarolo-vc-castello/, http://www.preboggion.it/CastelloIT_di_VC_Prarolo.htm, testo su pubblicazione "Castelli in Piemonte" di Rosella Seren Rosso (1999)

Foto: la prima è di Solaxart 2014 su http://www.preboggion.it/images/CastelliChiese-Piemonte/VC_Prarolo_B7449.jpg, la seconda è di antonio.aina su http://www.panoramio.com/photo/83620495

sabato 21 gennaio 2017

Il castello di domenica 22 gennaio






ALBINEA (RE) – Castello di Montericco

Sorge su un piccolo poggio che inizia anticamente chiamato Bazzano (sul quale ora è eretta la nuova chiesa di Montericco)e va a innestarsi alla catena preappenninica fra Albinea e Borzano. Il castello poteva dominare a settentrione e a levante su un ampio tratto di pianura. Osservando la configurazione attuale del territorio e i resti esistenti, si può facilmente conoscere come le difese del castello fossero disposte in due ordini: uno più basso era formato dalla scarpata del poggio, tagliata a picco, in modo da evitare una facile scalata. Questa difesa circondava tutto intorno il castello. La seconda era una vera e propria cortina in muratura di pietra medello spessore di oltre un metro, probabilmente merlata. L'accesso principale alla rocca era sul lato di mezzogiorno chiuso da torre e ponte levatoio; le fondazioni di questa costruzione si osservano tuttora. Le origini del castello di Montericco o forse solo della Torre, non sono molto precise, alcuni studiosi lo danno come luogo dove il Vescovo di Reggio vi teneva un presidio di militi dopo il X secolo. Nel 1243 risulta di proprietà della potente famiglia reggiana dei Fogliani assieme al Castello di Albinea dove il Vescovo Guglielmo stabilì la sua residenza abbandonando Reggio a seguito di contrasti politici. Nel 1329 il castello subì un primo assalto e la ricostruzione del 1353 è documentata dalla pietra ritrovata a Borzano. Su questa pietra compare scritta per la prima volta la parola “Montericco”, in sostituzione dei vecchi toponimi di Vergnano, Bazzano e Pissignano che figurano nei precedenti documenti. Altri assedi sono riportati nel 1367 e nella guerra del 1371/74 combattuta dai Visconti contro i Manfredi sostenitori degli Estensi. Usciti vittoriosi, i Manfredi consolidarono il loro dominio con Giovanni, Conte di Montericco. In tal periodo il castello comprendeva le ville di Caselle, Casematte, Borzano, Strada Corticelle, Razzola e Poiano. Il dominio dei Manfredi durò fino al 1618 quando il loro Ercole vendette parte della proprietà al Cardinale Domenico Toschi e parte al Conte Francesco Vezzani. Al Cardinale Domenico Toschi, altra figura importante del clero reggiano che rischiò nel precedente Conclave del 1605 di diventare Papa, fu venduto anche il titolo di Conte. Al feudo Toschi dipendevano metà della villa di Fogliano, Borzano ed il Querciolese mentre al feudo Vezzani era soggetta la parte verso villa Canali. Lo stemma dei Toschi, presente anche nella omonima Cappella, nella parte destra del Duomo di Reggio, è parzialmente visibile anche nel pavimento della chiesa di S. Maria dell’Oliveto dove probabilmente segnala delle sepolture della famiglia. E’ scolpito in un marmo rosso di Verona con una mano sormontata da tre stelle a sei punte. Estintasi casa Manfredi del ramo di Montericco, il 5 agosto 1738 il Duca di Modena Francesco III investì il Marchese Alessandro Frosini della rimanenza dei beni di Montericco. Soppressi i feudi Estensi durante la Rivoluzione Francese, i Frosini perdettero i privilegi sulle loro terre, mentre  i Toschi continuarono ad avere la proprietà del Castello fino al 1901 quando la Contessa Matilde Cagliari, vedova del Conte Antonio Toschi, vendette l'immobile ai Conti Rinaldo e Giulia del fu Conte Francesco Casoli con rogito del Notaio Rubertelli del 2. 1. 1901. In seguito fu proprietà degli Arduini, dei Gallinari ed infine dei Bertani. Nel 1927 fu restaurato sotto la direzione dell'Ing. Otello Siliprandi. L'antico castello di Montericco (oggi residenza privata) ha subito estesi rifacimenti e pur presentandosi imponente e ben conservato, ha perduto in buona parte l'aspetto originario. Il maniero è a pianta trapezoidale e solo la torre – posta nell'angolo di nord-ovest - è merlata, provvista di piombatoi; in origine tutto l’edificio doveva essere con i merli che si notano, tamponati, nella facciata che guarda la pianura. La torre, di poco più alta del resto, è costituita da solida muratura, l'uso di essa si limita alla piccola piattaforma di cima. L'accesso avviene attraverso una scala di pietra. La sala di ingresso è ampia e alta con soffitto a cassettoni, ancora in buono stato di conservazione; conserva una botola difesa da un robusto coperchio ferrato che porta ad un sotterraneo adibito a prigioni. Diversi sono gli ambienti con volta a botte. Il primo piano è composto da alcune stanze, residenza delle guardie e dei servi, mentre il secondo con una grande sala (illuminata da quattro grandi finestre ) con soffitto a cassettoni e un grande camino - con cappa di scagliola ornata di stemmi - era per le feste e i ricevimenti. Rimangono pure frammenti di fregio del XVII secolo. Nel XV secolo vi è segnalata l'esistenza di una cappella. In tempi moderni venne costruita una strada detta castellana che dal basso portava alla “colombara” Questa strada proseguendo si innesta all'altra dell'oliveto e porta alla chiesa vecchia. Il restauro recente ha permesso di ripristinare completamente il castello nella sua forma primitiva, liberandone da aggiunte interne e consolidandolo all'esterno, nelle fondazioni e nella muratura.


Foto: la prima è di arzan su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/205794, la seconda è di Alfio Ansaloni su http://www.mototurismo.mobi/mt80/img_eme/26.jpg

venerdì 20 gennaio 2017

Il castello di sabato 21 gennaio






PONTEDASSIO (IM) – Castello in frazione Bestagno

In epoca medievale e rinascimentale Bestagno, grazie alla sua posizione isolata ed elevata, costituì una risorsa importante per il controllo del territorio circostante da parte dei signorotti di turno. I suoi territori, così come quelli di Oneglia e di altri comuni limitrofi, essendo situati all'estremo ovest della Liguria, furono spesso contesi dalle potenze circostanti: la Repubblica di Genova, il Marchesato del Monferrato, il Ducato di Savoia. La sua castellania fu, nel XIII secolo, alle dipendenze della famiglia Doria. Con gli eventi napoleonici di fine Settecento la costituita municipalità di Bestagno confluì tra il 1801 e il 1803 nella Repubblica Ligure. Annesso al Primo Impero francese, dal 13 giugno 1805 al 1814 il territorio fu inserito nel Dipartimento di Montenotte sotto l'arrondissement di Porto Maurizio. Nuovamente inglobato nel Regno di Sardegna dal 1815, così come stabilito dal Congresso di Vienna del 1814, la comunità bestagnina confluì nel Regno d’Italia dal 1861. Dal 1859 al 1927 il comune fu compreso nel IV mandamento di Oneglia del circondario di Porto Maurizio facente parte della provincia di Porto Maurizio e, con la sua costituzione, della successiva provincia di Imperia. Nel 1928 il comune fu soppresso e aggregato a Pontedassio come frazione. Risalente al periodo medievale, ubicato poco fuori il centro abitato della frazione, il castello di Bestagno fu alle dipendenze del Marchesato del Monferrato e del Ducato di Savoia. Nel 1430 rientrò tra i possedimenti del duca Amedeo VIII di Savoia che poi, intorno al 1435, lo restituì al marchese monferrino Gian Giacomo. Successivamente passò pure alle dipendenze dei Doria e fu un suo esponente, Domenico, ad avviare una pressoché riedificazione della postazione difensiva oramai vetusta e devastata dai conflitti tra le varie potenze della zona. Si presenta attualmente allo stato di rudere. La costruzione è dotata di un corpo centrale risalente al XII secolo con aggiunte del XIII secolo come la torre quadrata verso est. La cinta difensiva più esterna con merli e torri appartiene invece ad interventi del XVI secolo. Nel 1611 è stato conquistato e distrutto dagli Spagnoli e da allora versa in uno stato di completo abbandono. Ecco un video molto interessante sull’argomento (di Old castle Bestagno): https://www.youtube.com/watch?v=U1ohvoo6pJ8&list=PLC8C4155631D60102


Foto: la prima è di Vaiale su http://mapio.net/pic/p-76367851/, la seconda è di joiedevivre su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/41735/view

Il castello di venerdì 20 gennaio






MARCIANISE (CE) - Castel Loriano

E' ubicato nell’area meridionale dell’abitato di Marcianise, lungo la provinciale Loriano-Trentola, all’incrocio con l’asse viario che si collega all’antica via Atellana. Di epoca medievale, con mura di cinta e torri merlate, ha all'interno del grande piazzale una chiesetta della quale si sta definendo l'anno di costruzione. Il Castel Loriano fu costruito intorno al 1200, secondo alcune citazioni storiche riguardanti la città di Capua. Di esso si ha la prima menzione nel 1294, perché il 26 maggio di quell'anno Carlo II d'Angiò ne fece concessione come feudo a tal Giletto Malbohe. Da costui passò ad Egidio Malbohe ed alla morte di quest'ultimo fu devoluto al fisco. Sul cominciare del XIV secolo, Re Roberto d'Angiò ne investì l'Arcivescovo di Capua Ingeranno De Stella e suo fratello Riccardo. Dopo la morte di questi ne ottenne il dominio utile, il 31 maggio 1334, un certo Tommaso Mansella. Nel 1339 ne era possessore il figlio di Roberto De Lagonessa che lo vendette a Roberto De Capua, Conte d'Altavilla. Seguì poi il figlio di Roberto, Bartolomeo De Capua. II Conte d'Altavilla ne tenne il possesso fino al 1380. Nel 1390 ne era signore Guglielmo De Lagonessa, marito di Lucrezia, figlia del detto Bartolomeo De Capua, ed a lui successe Roberto II De Capua. Dopo Roberto De Capua, ne divenne possessore Andrea De Capua che lo vendette a Giorgio Grittis di Venezia. Alla morte di questi, passò nel 1420, al figlio Michele che nel 1448 lo vendette ad Alfonso Caracciolo, da costui passò ad Oliviero ed indi a Giovan Battista Caracciolo; poi passò alla figlia, che andò in sposa a Prospero Suardo. Da Prospero Suardo e i suoi discendenti primogeniti, pervenne nel 1638 ad un terzo Prospero e poi ad un quarto, la cui figlia Anna Maria Suardo nel 1731 sposò Giovanni De Guevara. Da questi venne a Prospero De Guevara, poi a Carlo ed infine a Giovanni Guevara Suardo, detto Duca di Bovino e di Castel d'Airola. Dalla erede dei discendenti di costui, Donna Maria Guevara Suardo, fu G. Battista, maritata al Duca D. Giulio Lecco, l'edificio fu venduto circa cinquant'anni fa a Pietro Gigliofiorito. I loro eredi lo hanno venduto alla famiglia Fretta, gli attuali proprietari. La massiccia costruzione, un tempo immersa in un esteso bosco, in origine era circondata da un fossato e da una cinta muraria considerevole per estensione. Durante il 1400 fu ristrutturata, ma nei secoli successivi fu modificata radicalmente. Ha ancora le torri, le mura di cinta e la chiesa interna. Oggi risulta in massima parte distrutto e ormai inglobato in muri di contenimento. Della corte interna facevano parte la chiesa dedicata a S. Marcello e i locali per la servitù e per il magazzinaggio. Di notevole interesse sono tuttora le due torri cilindriche di guardia, originariamente orlate a merli aragonesi e munite di feritoie. L'edificio, non di certo in buono stato, è attualmente abitato da varie famiglie e vi è stato installato un ristorante. È citato nel romanzo "Il dormiveglia" di Giuseppe Bonaviri, poiché la moglie, Raffaella Osario, era originaria di Marcianise. È convinzione popolare che all'inizio dell'Ottocento Napoleone Bonaparte fosse ospite a Castel Loriano, pertanto derivata dal fatto che per molto tempo il castello venne abitato dai militari francesi. Alcuni studiosi pensano che sotto il castello siano presenti alcuni tunnel che servivano, in caso di attacco nemico, come via di fuga.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Loriano, http://www.marcianise.info/2016/11/prende-copro-il-progetto-del-natale-al-castello-di-loriano-ecco-i-nuovi-dettagli-sullevento/, http://www.mondimedievali.net/Castelli/Campania/caserta/provincia000.htm#marcianiscas

Foto: la prima è di Nick Russill su http://www.weather-forecast.com/locations/Marcianise/photos/13784, la seconda è presa da http://rizieroalberico.altervista.org/wp-content/uploads/2011/05/castel_loriano.jpg

giovedì 19 gennaio 2017

Il castello di giovedì 19 gennaio






MONTENARS (UD) - Castello di Ravistagno

Anche se le prime notizie risalgono alla metà del secolo XIII, il toponimo tedesco Ravestein, "rupe dei corvi", indicherebbe un'origine forse ottoniana. Era inserito in un più vasto complesso di fortificazioni che comprendeva anche il castrum di Artegna. Dopo vari passaggi di proprietà, nel 1287 il fortilizio entrò in possesso dei signori di Prampero, ai quali si affiancarono altre famiglie, quasi tutte appartenenti all'aristocrazia della vicina Gemona. Nel 1415, l'intero feudo fu dei Prampero (Ravistagno assieme alla giurisdizione su Prampero, Montenars, Flaipano, Pers e Plazzaris), ai quali rimase per i secoli successivi, fino al periodo napoleonico. Presumibilmente il castello cadde in rovina già nel secolo XIV, forse a causa della guerra contro il patriarca commendatario Filippo d'Alenton, tra il 1381 e il 1387, forse anche prima per il terremoto del 1348. Le sue pietre vennero poi utilizzate dagli abitanti del paese per altre costruzioni, smantellando quasi del tutto le antiche mura. Fino al devastante terremoto del 1976, restava un angolo in piedi, forse del mastio. Del fortilizio, a pianta trapezoidale e posto su uno sperone roccioso a strapiombo sul torrente Orvenco, sussistono imponenti lacerti murari, ai quali si accede percorrendo l'antica stradina castellana, in alcuni punti con ancora le originali spallette in pietra. I resti visibili sono ciò che resta di una struttura molto più ampia ed articolata, comprendente torri di vedetta e altre costruzioni. Il castello assolveva al duplice scopo di proteggere Gemona e di fungere da punto privilegiato per avvistamenti e segnalazioni; quest'ultima funzione la si può ancora comprendere appena giunti nei pressi del castello, allorché si può spaziare, quasi senza fine, sulla pianura friulana. Nel secolo scorso, dalla proprietà della famiglia Toniutti, il castello passò al signor Schicker ed ultimamente al Comune di Montenars. Attualmente si sta effettuando un restauro strutturale-conservativo, sotto la direzione scientifica della Sopraintendenzaper i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia. Il recente intervento ha recuperato il tracciato originale delle fondamenta, tranne il lato a destra, coinvolto nel collasso della parete rocciosa strapiombante sul torrente Orvenco. La ricostruzione si è fermata al rialzo delle mura esterne, in particolare al tratto frontale ed al recupero delle mura delle stanze interne e della cisterna con pozzo al centro. Altri link suggeriti: http://www.scoprifvg.it/site/castello-di-ravistagno/, http://ricerca.gelocal.it/messaggeroveneto/archivio/messaggeroveneto/2010/01/22/UD_15_PROE8.html
Fonti: http://www.consorziocastelli.it/icastelli/udine/ravistagno, http://www.comune.montenars.ud.it/index.php?id=3405, http://www.archeocartafvg.it/portfolio/artegna-ud-castello-di-ravistagno-rabenstein/, http://www.viaggioinfriuliveneziagiulia.it/wcms/index.php?id=6490,0,0,1,0,0

Foto: la prima è presa da http://www.archeocartafvg.it/wp-content/uploads/ravistagno-bastione-centrale.jpg, la seconda da http://www.archeocartafvg.it/wp-content/uploads/ravistagno-recupero.jpg

mercoledì 18 gennaio 2017

Il castello di mercoledì 18 gennaio






POGGIBONSI (SI) - Castello della Magione

Conosciuto anche con le denominazioni di "magione di San Giovanni al Ponte" o ancora "spedale di san Giovanni in Jerusalem alla Magione", è un complesso monumentale medievale che si trova lungo l'antica via Francigena, nell'omonima località Castello della Magione. Sorge sulla riva destra del torrente Staggia, in corrispondenza dell'antico ponte di Bonizio, a circa 3 km dal centro di Poggibonsi. Esso è costituito da una antica chiesa e da uno "spedale" per i pellegrini in transito sulla via Francigena. Il Castello della Magione risale al secolo XI. Il 5 Settembre 1140 venne donato da Gottifredo di Arnolfo e da Arnolfino di Cristofano, eredi dei fondatori, ai Monaci dell’Abbazia di San Michele a Poggio Marturi, i quali lo affidarono ai Cavalieri del Tempio, divenendo così una delle numerose "Mansiones" o "Domus Templi" sulla via Francigena. Quando nel 1312 l'ordine fu soppresso, passò agli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme che lo detennero fino al 1734, allorché il papa Clemente XII lo concesse in enfiteusi al piccolo Lorenzo Corsini, figlio del suo bisnipote. Successivamente lo spedale fu dato in usufrutto a diversi proprietari, tra cui i principi Corsini. Con la soppressione dell'ordine di Malta (1799), i beni che erano appartenuti al complesso furono incamerati dal demanio (1817). Nel 1866 i Corsini vendettero la chiesa e gli altri edifici, mantenendone però l'usufrutto. Negli anni successivi il complesso perse di importanza e fu ridotto a podere, subendo anche continui e considerevoli danni alle strutture, a causa delle frequenti inondazioni del vicino torrente Staggia. La chiesa fu sconsacrata nel 1822. Nel 1942 e nel 1969 furono fatti alcuni tentativi di recupero. Nel 1979 l'intero complesso fu acquistato dal Conte Marcello Alberto Cristofani della Magione, che lo donò, come dotazione patrimoniale e sede magistrale, alla Milizia del tempio - Ordine dei poveri cavalieri di Cristo, da lui fondato, e vi fece condurre i lavori di restauro. Dopo i restauri, la chiesa è stata benedetta dall'arcivescovo di Siena, Mario Jsmaele Castellano, il 16 ottobre 1982 e riconsacrata al culto il 19 settembre 1987 dal vescovo ausiliare Fernando Charrier. L'intero complesso, che fa parte dell'Associazione dimore storiche italiane, conserva quasi del tutto inalterati i segni della sua origine romanica. Dall'esterno si possono osservare alcune parti delle fortificazioni e delle mura difensive che collegano tra loro le strutture edilizie a formare un unico insieme a pianta trapezoidale, che costeggia sul lato ovest il torrente Staggia. Entrando nel cortile interno, sul quale si affacciano le sale dell'antico pellegrinaio, i locali del convento dei cavalieri-monaci, la piccola foresteria, tuttora utilizzata, la scalinata per l'accesso ai piani superiori dell'edificio, si ha la sensazione di rivivere in un’atmosfera di pieno Medio Evo. Nel complesso fortificato è inserita la chiesa in stile romanico, intitolata a "San Giovanni in Jerusalem", che presenta una facciata a capanna. L'interno è ad una sola navata, terminante in una piccola abside e coperta da un teppio a doppio spoviente, mascherato in un secondo momento da volte settecentesche. Il Castello della Magione è stato definito "il più completo complesso ospedaliero medievale rimanente in Europa occidentale... la sua sopravvivenza e il suo restauro sono estremamente importanti sia per gli storici che per gli storici dell'arte" (Dipartimento di Storia dell'Arte dell'Università di Buffalo - Università dello Stato di New York - USA). Il 24 Aprile 2012 è stato inserito tra le "Mille meraviglie d'Italia". Il cortile interno del Castello è stato dedicato al Papa Pio XII e all'Arcivescovo Mons. Mario J. Castellano O.P.; in occasione del 50° anniversario della Rivoluzione Ungherese vi è stata scoperta una lapide in onore del Cardinale József Mindszenty, Principe Primate di Ungheria, martire dei regimi nazista e comunista. Nel Castello della Magione hanno anche la loro sede il Gruppo Scout Valdelsa “Alberto d'Albertis", l'Accademia "S. Giovanni", la casa editrice "La Magione" e la fondazione "Jacques de Molay" per le opere templari e di carità. Il Castello della Magione fa parte dell'Associazione Dimore Storiche Italiane. Altri link suggeriti: http://www.castellitoscani.com/italian/magione.htm, https://www.youtube.com/watch?v=6euakmayRIs (video di SgtNoferus), http://www.duepassinelmistero.com/San%20Giovanni%20in%20Jerusalem%20alla%20Magione.htm

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_della_Magione, http://www.ordo-militiae-templi.org/il-complesso-monumentale-P-40.html

Foto: la prima è di Thomashooker su https://en.wikipedia.org/wiki/File:Militia_castello.jpg, la seconda è presa da http://www.ordo-militiae-templi.org/il-complesso-monumentale-P-40.html