POLESINE ZIBELLO (PR) – Castello Pallavicino (o Corte Pallavicina) in frazione Polesine Parmense
Nel 962 l'imperatore del Sacro Romano Impero Ottone I di Sassonia assegnò al marchese Oberto degli Obertenghi, dal quale discesero i Pallavicino, numerose terre in varie parti d'Italia, tra cui l'intero territorio compreso tra il Parmense e il Piacentino nei dintorni di Busseto. Nel 1145 Oberto Pallavicino, detto Pelavicino, cedette tutte le corti che possedeva nel Parmense al Comune di Piacenza, che lo investì nuovamente di quei feudi in cambio del giuramento di vassallaggio. Nel 1249 l'imperatore Federico II di Svevia investì il suo condottiero Uberto Pallavicino di numerosi feudi del Parmense, tra cui Polesine di San Vito, dipendente dalla diocesi di Cremona; il marchese vi costruì un castello a difesa dell'adiacente porto fluviale e controllo degli spostamenti attraverso il corso d'acqua e dei traffici delle merci, che richiedevano il pagamento di dazi. Tuttavia, pochi anni dopo, in seguito alla caduta degli Svevi, il Comune di Cremona si impossessò dei beni del Pallavicino, annettendo il territorio di Polesine, che da allora non si trovò più sul confine; di conseguenza la fortificazione perse la funzione originaria e fu abbandonata. Con la presa del potere da parte dei Visconti nel ducato di Milano, nel XIV secolo i Pallavicino rientrarono in possesso dei loro territori e nel 1360 il marchese Oberto ricevette conferma dell'investitura da parte dell'imperatore Carlo IV di Lussemburgo. Nel 1395 suo figlio Niccolò Pallavicino fu confermato nell'investitura dall'imperatore Venceslao di Lussemburgo. Una serie di rovinose piene del Po, oltre a danneggiare il castello ormai abbandonato, causò lo spostamento più a nord del letto fluviale; nel 1408 il marchese Rolando il Magnifico, erede di Niccolò, fu quindi costretto a costruire una nuova rocca in prossimità del corso d'acqua, oggi non più esistente. Nel 1441 Niccolò Piccinino convinse il duca di Milano Filippo Maria Visconti del tradimento da parte del Marchese e si fece incaricare di conquistarne lo Stato Pallavicino; attaccato su più fronti, il Pallavicino fu costretto alla fuga e tutti i suoi feudi furono incamerati dal Duca. Nel 1445 Rolando il Magnifico diede prova di lealtà al Visconti, che acconsentì alla restituzione di quasi tutte le terre confiscate, a eccezione di Monticelli d'Ongina e alcuni altri feudi donati al Piccinino. Alla morte di Rolando nel 1457 il marchesato di Polesine, unitamente al feudo di Costamezzana, fu ereditato dal figlio Giovan Manfredo. Nel 1477 Gian Galeazzo Maria Sforza confiscò al Marchese, per demeriti e trasgressioni contro il Duca stesso, tutti i suoi beni; nel 1490 li rivendette ai cinque figli di Giovan Manfredo, destinandoli per metà al primogenito Giannottaviano e per la restante metà in parti uguali agli altri quattro Ippolito, Ugoccione, Uberto e Massimo. Nel 1499 Giannottaviano alienò la sua quota di Polesine e Costamezzana al cugino Rolando, marchese di Cortemaggiore, ma il duca Ludovico il Moro, per appianare le liti scatenatesi tra i fratelli, annullò la vendita. L'antico forte, ormai ridotto a rudere, fu quasi completamente ricostruito verso la fine del XV secolo, con funzioni prevalentemente residenziali, probabilmente dal marchese Galeazzo Pallavicino, appartenente al ramo di Busseto. Il castello, detto all'epoca "Casino Bianco", mantenne le originarie due torri angolari, ma fu interamente adattato alle esigenze abitative del marchese, con l'aggiunta di un loggiato, l'innalzamento dell'intera struttura e l'apertura di finestre più ampie; i lavori, che si conclusero nel XVI secolo, interessarono anche i soffitti del piano terreno, su cui furono realizzate le volte ad ombrello, e le sale, che vennero dotate di camini e decorate. Nel corso del secolo successivo furono modificati alcuni ambienti interni, tra cui il salone del primo piano, che fu frazionato in più vani; nel corso del XVII secolo furono inoltre decorate a tempera numerose stanze del palazzo. Agli inizi del XVI secolo il Po spostò il suo letto più a sud, fino a lambire le fondamenta della rocca, che nel 1547 crollò; la stessa sorte toccò pochi anni dopo anche alla chiesa costruita da Giovan Manfredo nei pressi del maniero. Successivamente il fiume riprese il suo corso e il borgo di Polesine rifiorì, con la costruzione di abitazioni e di due palazzi marchionali. Nel 1712, con la morte cardinale Rannuzio Pallavicino, il castello passò al marchese Vito Modesto, ultimo erede del ramo di Polesine. La situazione precipitò ancora agli inizi del XVIII secolo, quando il Po deviò nuovamente verso sud e, straripando, distrusse nel 1720 la cinquecentesca chiesa di San Vito e, alcuni anni dopo, il palazzo delle Fosse, residenza di Vito Modesto Pallavicino. Il Marchese finanziò i lavori di costruzione di un nuovo tempio in una posizione più distante dalla riva, fulcro dello sviluppo successivo del paese. Vito Modesto morì nel 1731, nominando erede universale il "ventre pregnante" della moglie, che tuttavia partorì una femmina, Dorotea. Il palazzo entrò fra i possedimenti del marchese Alessandro, appartenente al ramo di Zibello; quest'ultimo, però, non vi risiedette mai, in quanto gli preferì la Villa Pallavicino di Busseto. Suo nipote Antonio Maria lo ereditò, decidendo tuttavia di affittarlo e, nel 1780, di alienarlo alla Camera ducale di Parma, quale caserma per i dragoni confinari, con la funzione di contrasto al contrabbando di merci fra le due rive del Po; l'edificio fu pertanto modificato, con l'aggiunta di nuove fortificazioni, la sostituzione delle finestre con feritoie e la tinteggiatura a calce delle pareti, che causò la perdita dei dipinti che arricchivano le sale. La Camera ducale di Parma lo assegnò, unitamente a Borgo San Donnino, alla duchessa Enrichetta d'Este, vedova del duca di Parma Antonio Farnese. Alla sua morte il marchesato passò ai duchi Borbone, fino all'ultimo feudatario Ludovico I di Etruria; nel 1805 i diritti feudali furono aboliti da Napoleone. Intorno al 1830 il Po si avvicinò nuovamente all'edificio, che fu profondamente danneggiato dalle sue acque, tanto da richiedere alcuni lavori di rinforzo e soprattutto l'abbassamento dell'intera struttura. In seguito all'Unità d'Italia il confine svanì e la fortificazione perse ogni funzione, pertanto il Demanio ne decise l'alienazione. Acquistato da una famiglia di Pieveottoville, l'edificio fu trasformato in azienda agricola; frazionato in abitazioni contadine, l'antico palazzo si deteriorò anche a causa del fiume, che si avvicinò sempre più ai suoi muri e più volte ne invase gli ambienti. Verso la fine del XIX secolo la famiglia Spigaroli prese in affitto la tenuta, gestendola fino alla prima guerra mondiale; in seguito il piccolo podere fu preso in locazione da un affittuario di un terreno più ampio, mentre l'edificio continuò ad essere occupato da pescatori e braccianti, sprofondando nel completo degrado. Nel 1990 gli eredi dei primi affittuari decisero di acquistare la proprietà, avviando un complesso intervento di ristrutturazione, che durò quasi vent'anni, consentendo il completo recupero di tutti gli ambienti; le antiche cantine ripresero l'originaria funzione, riempiendosi di culatelli e forme di Parmigiano-Reggiano in stagionatura, il livello terreno fu trasformato in ristorante ed il primo piano divenne un elegante relais di sei camere (http://www.anticacortepallavicinarelais.it/). Gli antichi dipinti a tempera che arricchivano le pareti furono inoltre riscoperti sotto le mani di calce e recuperati, anche se in buona parte danneggiati irreparabilmente a causa dell'incuria. L'edificio, detto anche palazzo delle Due Torri per la presenza dei due torrioni laterali, conserva al piano terra varie sale arricchite da camini e volte a ombrello decorate con dipinti cinquecenteschi, seicenteschi e, nell'antica cappella, settecenteschi. Le decorazioni, a tempera, spesso interessano anche le cappe dei grandi camini. Al XVI secolo risalgono i dipinti rinascimentali di due sale del piano terreno sul lato sud, che rappresentano rispettivamente il ciclo dello Zodiaco e quello dell'Olimpo, oltre alle tracce di un fregio nella cucina; sono invece ascrivibili alla metà del XVII secolo i dipinti della sala centrale e di quella adiacente, che raffigurano rispettivamente numerosi stemmi dei membri della famiglia Pallavicino e delle loro consorti ed il ciclo delle stagioni; a cavallo del 1700 fu inoltre realizzata la decorazione della sala del piano terreno della torre nord, incentrata sul fiume Po e sulle attività che vi erano esercitate; fu infine dipinta alla fine del XVIII secolo la piccola cappella. L'edificio si sviluppa attorno alla corte centrale, cui si accede attraversando un ponticello ed un arco in mattoni. La struttura più antica sorge sul lato ovest; in corrispondenza degli spigoli esterni sono evidenti le due antiche torri in aggetto, che si elevano rispetto al corpo centrale più basso; la simmetria è rotta dalla presenza al livello terreno di una finestra più piccola, all'interno di una struttura in laterizio totalmente priva di decorazioni. Al primo piano gli ambienti sono invece coperti da soffitti lignei a cassettoni o capriate. L'antica Corte è aperta al pubblico e fa parte del circuito dei castelli dell'Associazione dei Castelli del Ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli (a tal riguardo potete visitare questo link http://www.castellidelducato.it/castellidelducato/castello.asp?el=tour-antica-corte-pallavicina-tra-castelli-ducato-parma-piacenza-pontremoli). Risultano visitabili l'orto-giardino, la corte centrale, le sale affrescate e le cantine di stagionatura; è inoltre possibile visitare l'azienda agricola. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=M7xd-prDniU (video di alaNEWS), http://www.12tvparma.it/Video/tg-parma---telegiornale/inaugurato-all-antica-corte-pallavicina-il-museo-1.
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Polesine_Parmense, https://it.wikipedia.org/wiki/Antica_Corte_Pallavicina
Foto: la prima è presa da http://www.andareingiro.net/article-natale-e-capodanno-all-antica-corte-pallavicina-113592785.html, la seconda è presa da https://www.alimentipedia.it/all-antica-corte-pallavicina.html