venerdì 28 febbraio 2020

Il castello di venerdì 28 febbraio





CORTEMILIA (CN) - Castello

Tradizionalmente deriva il nome dalla Cohors Aemilia di Marco Emilio Scauro che qui pose gli accampamenti nel 118 a.C., ma l’origine più probabile è da “Curtismilium” da “curtis”, vasta proprietà agricola autosufficiente di epoca altomedievale; infatti, sono stati trovati reperti di epoca romana. Nel Medioevo, sotto la signoria dei Del Carretto fu un marchesato indipendente sino all’inizio del XIII secolo, epoca cui risale il castello, che fu in gran parte distrutto dagli Spagnoli nel 1635. Cortemilia, principale centro commerciale dell’alta Langa e della Val Bormida, passò poi al comune di Asti, successivamente ai marchesi di Saluzzo che la diedero in feudo agli Scarampi. Nel 1615 divenne territorio sabaudo. Cortemilia è costituita da due borghi: San Michele, con il castello, e San Pantaleo, con la Madonna della Pieve. Sorto nel secolo XII, il castello di Cortemilia rappresenta uno degli esempi più significativi di struttura fortificata che utilizza il modello originario di recinto con torre. Di eccezionale qualità costruttiva, veniva già menzionato come castrum (stuttura fortificata) in alcuni documenti del XII secolo, ma è nel corso del Duecento che si registrano le modifiche più rilevanti dal punto di vista difensivo, come il recinto perimetrale in muratura con un piano di ronda continuo su arcate. La datazione della torre risulta invece più problematica, in quanto per tecnica e articolazione sembra collocabile nel XII sec., ma ciò risulta incompatibile con il periodo di diffusione delle torri cilindriche nel cuneese (metà XIII sec.). Si propende pertanto ad attribuire alla torre l’adozione di un linguaggio architettonico arcaicizzante.Nel XIV sec. si registrano le ultime modifiche alla struttura; il complesso venne progressivamente abbandonato, fino a quanto subì gravi danni durante le guerre del XVI secolo. Del castello, in origine forse già parte dell'insediamento romano in materiale ligneo, e successivamente ampliato e progressivamente fortificato, posto in posizione dominante sulla confluenza delle valli Bormida ed Uzzone, rimangono ruderi imponenti, come una muraglia rivolta a sud-est e scandita all'interno da 20 arcate, resti di palazzi, di locali semi-interrati e di quelli che dovevano essere il fossato e l'ingresso. La torre circolare, costruita in pietra lavorata, che misura attualmente 30,3 m di altezza e circa 26 di circonferenza, doveva in origine superare i 40 m. E' scandita da sei fasce, con alcune piccole aperture. Un'altra poderosa struttura a ferro di cavallo difendeva l'area sul versante nord. Altri link suggeriti: https://www.centrostudibeppefenoglio.it/it/articolo/9-11-843/arte/architettura/castello-di-cortemilia, https://www.youtube.com/watch?v=7_0JPibq4LU (video di Borghi d'Italia), https://www.youtube.com/watch?v=cTzgNGF41tc (video di Giacomo Berrino).

Fonti: http://archeocarta.org/cortemilia-cn-resti-del-castello-ed-edifici-medievali/, http://www.langamedievale.it/monumenti-medievali-langhe/complesso-fortificato-di-cortemilia/, https://it.wikipedia.org/wiki/Cortemilia#Monumenti, https://www.comunecortemilia.it/v2/

Foto: la prima è presa da http://www.langamedievale.it/monumenti-medievali-langhe/complesso-fortificato-di-cortemilia/, la seconda è di marioparigi487 su https://it.wikiloc.com/percorsi-escursionismo/i-ruderi-del-castello-fortificato-di-cortemilia-22742941/photo-14398087

giovedì 27 febbraio 2020

Il castello di giovedì 27 febbraio






ALZATE BRIANZA(CO) – Torre civica

Alzate fu legata alla vicina Cantù per quanto riguarda le vicende storiche, e la videro, nel XII secolo, alleata con Milano contro Como. Successivamente, durante lo scontro tra i Visconti e i Torriani per il predominio sul capoluogo lombardo, si schierò dalla parte dei ghibellini ed entrò a far parte della signoria degli Sforza; infine, circa alla metà del XV secolo, divenne feudo della potente famiglia dei Pietrasanta. Riguardo alla storia delle località di Fabbrica Durini e Verzago, la prima ebbe un significativo sviluppo quando nel 1600 fu concessa in feudo ai conti Casati e in seguito ai Durini, da cui prese inoltre il nome; fece parte della parrocchia di Anzano fino al 1906, per poi essere annessa ad Alzate Brianza nel 1929. Al centro dell'abitato sorge una solida torre quadrata, unico resto del castello medievale, che incorpora frammenti di lapidi e sculture romane: nella facciata che dà sulla piazza è una bella meridiana. La torre si erge imponente a pochi passi dalla suggestiva chiesetta di San Giorgio e da secoli scandisce il tempo agli alzatesi con il suo grande e prezioso orologio solare. Un luogo da non perdere, che regala ai visitatori, dotati del coraggio necessario a raggiungere la splendida terrazza attraverso gli impervi scalini della scala a chiocciola in legno, un panorama mozzafiato: nelle giornate più limpide, infatti, è possibile scorgere addirittura il Duomo di Milano, e comunque godere sempre della splendida vista di Alzate Brianza, fatta di caratteristiche abitazioni e vasti spazi verdi sapientemente curati. Nel cuore della struttura è presente un locale senza finestre, che per il suo grande fascino è sovente utilizzato per mostre ed esposizioni, dove possono essere ammirate le antiche e preziose campane che per lungo tempo, prima di essere sostituite di recente con un dispositivo che riproduce elettronicamente i rintocchi, hanno scandito lo scorrere del tempo.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Alzate_Brianza#Storia, http://www.sapere.it/enciclopedia/Alzate+Brianza.html, https://old.geoplan.it/luoghi-interesse-italia/monumenti-provincia-como/cartina-monumenti-alzate-brianza/monumenti-alzate-brianza-torre-civica.htm





Foto: la prima è di ErmesCorti su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/229294, la seconda è di annamaria1965 su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/141929

mercoledì 26 febbraio 2020

Il castello di mercoledì 26 febbraio




MALOSCO (TN) - Castello

La costruzione sorge a metà strada fra i borghi di Fondo e Malosco. I primi documenti riguardanti il maniero risalgono al 1188: anche se non ne viene citato esplicitamente il nome è probabile che si riferiscano ad esso. Primi proprietari furono i nobili Malosco, ministeriali del principe vescovo di Trento. Il castello, sorto in posizione dominante a controllo delle due strade che conducono al Passo della Mendola e a quello delle Palade, fa parte delle costruzioni turrite erette tra il XII e il XIII secolo a scopo di controllo e difesa della viabilità. Il primo riferimento esplicito su di esso risale invece al 1228, quando Pietro di Malosco, nel suo testamento, lo lasciò in eredità ai fratelli Bertoldo ed Enrico. Il castello passò quindi varie volte di mano, diventando di proprietà tra gli altri dei Boymont e dei Neideck, questi ultimi di origine austriaca e ai quali apparteneva Giorgio III, principe vescovo di Trento tra il 1505 e il 1514. Nel 1579 Vittore Neideck lo cedette a Girolamo Guarienti di Seregnago che lo ristrutturò. I Guarienti mantennero il possesso del castello fino al 1820 quando si estinsero e il castello passò al demanio austriaco che vi insediò l'ufficio giudiziario di Fondo. Nel 1863 subì una profonda ristrutturazione per adattarlo alle esigenze dell'ufficio giudiziario a cui dobbiamo l'aspetto attuale: vennero abbattute le mura esterne, aperte finestre più ampie, ridefiniti gli spazi interni e spostato l'ingresso. Gli apparati difensivi si ridussero ad una bassa cortina muraria, coronata da merli ghibellini, e al mastio che emerge nella parte centrale dell’elegante residenza cinquecentesca a pianta quadrangolare. Nel 1892 vi nacque Fortunato Depero, il cui padre viveva nel castello in quanto dipendente dell'amministrazione austriaca. Dopo la prima guerra mondiale vi trovò sede prima la pretura di Fondo e poi quella del Libro Fondiario, finché negli anni'80 non venne lasciato inutilizzato dall'amministrazione pubblica. Da allora il castello ha subito un forte degrado anche se non in maniera irreversibile. L’impostazione attuale, molto semplice, conserva un tratto della cinta muraria e il palazzo rinascimentale, compatto e massiccio, sviluppato attorno alla torre-mastio medievale. Tale soluzione ricorda quella adottata a Castel Vasio, presso l’omonima frazione del comune di Fondo. Le falde dei tetti cuspidati, della torre e del palazzo, si appoggiano al coronamento merlato e dotato di feritoie. Questo modello, d’influsso transalpino, viene probabilmente ripreso da Castel Nanno, sempre in Valle di Non, di qualche anno precedente. Nel 2006 è partito un progetto per il suo recupero che però al 2014, nonostante un'importante stanziamento finanziario nel 2012, non aveva ancora portato a un suo risanamento completo. Attualmente Castel Malosco è proprietà pubblica ed è disabitato, in attesa di restauri che lo rendano visitabile. Altri link suggeriti: https://www.giornaletrentino.it/cronaca/non-e-sole/castel-malosco-da-trent-anni-attende-di-essere-restaurato-1.2127039, https://www.lavocedeltrentino.it/2019/12/17/castel-malosco-verifica-urgente-dello-stato-del-castello-e-piano-dintervento-approvata-la-proposta-di-claudio-cia/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Malosco, http://www.castellideltrentino.it/Siti/Castel-Malosco, https://www.cultura.trentino.it/Luoghi/Tutti-i-luoghi-della-cultura/Castelli/Castello-di-Malosco, https://www.youtube.com/watch?v=yMfp4N3zRi0 (video con drone di Trentino Abbandonato)

Foto: la prima è presa da https://www.lavocedeltrentino.it/wp-content/uploads/2019/12/lesterno-di-Castel-Malosco.jpg, la seconda è presa da https://www.cultura.trentino.it/Luoghi/Tutti-i-luoghi-della-cultura/Castelli/Castello-di-Malosco

martedì 25 febbraio 2020

Il castello di martedì 25 febbraio



PORTO SAN GIORGIO (FM) - Rocca Tiepolo

Nei documenti medievali compare col nome di Portus Sancti Georgi e Portus Firmi nel 1231, nell'XI secolo divenne fortezza col nome di Castel San Giorgio. È indicato nei portolani e nelle carte nautiche antiche come scalo marittimo di primaria importanza. Dopo la calata dei barbari e le conseguenti distruzioni, si stabilì sulle falde del cosiddetto Monte Cacciù nella zona una colonia di pescatori veneti o dalmati che diedero vita ad un centro abitato che nel 1164 passò per ordine di Federico Barbarossa al Capitolo dei Canonici di Fermo e nel 1266 fu preso in affitto dal comune di Fermo. La storia di Porto San Giorgio da allora in poi si riassume in una serie di tentativi di riconquistare l'autonomia rispetto a Fermo. Lorenzo Tiepolo, podestà a Fermo e futuro doge di Venezia, dette impulso al porto, dotandolo nel 1267 di una roccaforte, che da lui avrebbe preso il nome, per vigilare contro le incursioni dei Saraceni dal mare e proteggere Fermo. Per questo suo ruolo chiave nella difesa di Fermo, a Castel San Giorgio era riconosciuto il diritto di sfilare in testa al corteo della Cavalcata dell’Assunta, il 15 agosto. Nel 1362, viste le incursioni turche nell'Adriatico, con il permesso di Giovanni Visconti d’Oleggio, signore di Fermo, fu eretta, a difesa del porto, una fortificazione che viene scandita ad intervalli regolari da delle torri merlate. Il baluardo (oggi in parte ancora visibile) venne realizzato parallelo alla costa per chiudersi alle due estremità da ulteriori mura che correvano fino al mare, il quale arrivava dove oggi troviamo la statale adriatica. Lungo i due muraglioni laterali, a protezione della vasca navale, erano state aperte tre arcate a sesto acuto, quasi totalmente demolite nel ‘900. Nei secoli successivi il Castello cercò sempre di affrancarsi da Fermo, ma la città episcopale si oppose a lungo alla sua autonomia. Durante la manifestazione del 15 agosto 1490, approfittando del fatto che i sangiorgesi si trovavano a Fermo, duecento fermani, capeggiati da tale Antonio Trovatelli irruppero nel palazzo del Vicario di Porto San Giorgio, bruciando l'archivio e asportando libri e documenti. L'evento testimonia tensioni mai sopite fra i due paesi. Nel 1538 tra il Porto e Fermo si registrano nuovi contrasti, che si ripetono nel 1620 e nel 1711. Asti e attriti che nel 1729 sfociano in un conflitto passato alla storia con il nome di "guerra per l'imbarco dei grani". Nel 1741 la Congregazione Fermana stabilì che Porto San Giorgio fosse considerata un castello distinto da Fermo ottenendo l'indipendenza ed il diritto di eleggere i suoi consiglieri ed i suoi Magistrati e prese il nome di Porto San Giorgio. Nel 1782 il Governo Pontificio concesse il possesso dei territori che vanno dal Tenna all’Ete. Nel 1802 con un documento scritto da Pietro Orlandi e firmato da numerosi sangiorgesi si ribadisce la volontà di autonomia e indipendenza del Porto in opposizione ai tentativi di riannessione da parte di Fermo. Durante il periodo napoleonico Porto San Giorgio conseguì la sospirata autonomia da Fermo ottenendo anche, nel 1810, l’annessione di Torre di Palme. Tuttavia in questi primi anni dell’Ottocento il centro abitato di Porto San Giorgio non era ancora al sicuro dalle incursioni dei pirati provenienti dall'altra sponda dell’Adriatico: nel 1815 una nave corsara portò via decine di giovani sangiorgesi che sarebbero stati venduti come schiavi in Oriente. Ad ovest del vecchio incasato si stagliava in origine, senza soluzione di continuità, una muraglia oggi comunemente definita fortezza, al centro della quale svetta la Rocca ancora oggi maestosa. Sulle mura non si registra unanimità di consensi: secondo una tradizione la costruzione risalirebbe al Governo di Giovanni Visconti d’Oleggio rettore della Marca, e in seguito, Vicario Generale di Fermo; secondo altri, il d’Oleggio ne avrebbe soltanto curato la ricostruzione o l’ampliamento di opera precedente. La Rocca fu fatta costruire dal Governatore di Fermo, poi Doge di Venezia, Lorenzo Tiepolo, di cui porta il nome, nel 1267. Ne era responsabile un castellano che abitava all’interno con la propria consorte; signoreggiava la Rocca con responsabilità pesanti: in caso di gravi inadempienze andava incontro ad una penale di mille fiorini e financo il taglio della testa. Era estratto a sorte tra i cittadini idonei e restava in carica sei mesi. Costruita su una collinetta artificiale con terra di riporto dal soprastante Colle della Misericordia, ha subito nel tempo, varie traversie che vanno dal rischio della demolizione all’uso improprio: cimitero, in sostituzione del sottostante cimitero del Settecento reso impraticabile dalle ricorrenti esondazioni del Fosso Rivo; “ad uso di casa di pena o altro”, l’acquisto, tout court, per utilizzo da definire. E’ un magnifico monumento di architettura militare del Medioevo; è a pianta quadrilatera dotata di merli guelfi, con due angoli smussati, dunque un esagono irregolare. Ognuno dei quattro angoli principali ha una torre, una quinta (il mastio) sta nel mezzo del lato rivolto a tramontana. La rocca si estende per circa 1000 mq. e ad essa si accede tramite una scalinata che rendeva difficoltoso l’accesso agli assedianti. Le prime mura che circondavano la rocca erano munite di ballatoi con parapetto che permettevano l’ingresso alle torri. Il Comune la rilevò dal Ministero delle finanze per la somma di 2000 lire (delibera del 30 giugno 1874). C’è anche una leggenda: sul finire del XIV secolo, la bella castellana del tempo per non cadere nelle mani dei turchi invasori che, superate le mura della Rocca, avanzavano verso la Torre Maggiore, non essendoci per lei possibilità di scampo, si gettò giù dagli spalti sfracellandosi al suolo. La rocca è stata recentemente ristrutturata ed è sede di manifestazioni culturali teatrali di arte drammatica. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=yEEMF6_Bw7g, https://www.youtube.com/watch?v=KE2QQlXfbQI, https://www.youtube.com/watch?v=UIffuVcB4rg (tutti e tre i video di Luigi Manfredi), https://www.youtube.com/watch?v=cxngp5MeaDg (video di Redazione VeraTV)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Porto_San_Giorgio, http://portosangiorgio.virtour.it/index.php?option=com_content&view=article&id=50:5-rocca-tiepolo-e-il-mito-della-castellana&catid=18&Itemid=205, https://www.fermomia.it/rc-02b.html,

Foto: la prima è presa da https://www.inspirock.com/italy/porto-san-giorgio/rocca-tiepolo-a7507091305, la seconda è una cartolina la cui foto è stata presa dal gruppo Facebook "Castelli Rocche e Fortificazioni in Italia" (https://www.facebook.com/308856780344/photos/a.10152090919245345/455000675344/?type=3&theater)

lunedì 24 febbraio 2020

Il castello di lunedì 24 febbraio



RAPINO (CH) - Torre del Colle e Torre del Monarca

In epoca medievale, Rapino conobbe la colonizzazione monastica benedettina rimanendo sotto il controllo del monastero di San Salvatore a Majella per molti secoli. Il monastero fu eretto attorno al 700, dai frati benedettini provenienti dall’Abbazia di Montecassino, a circa 7 Km al di sopra di Rapino. L prime testimonianze sul controllo del monastero sul paese risalgono al IX secolo e sono contenute nel “Memoratorium” dell’abate cassinese Bertario, il quale descrive i beni sottoposti a Montecassino. In questi scritti, però, non viene detto quale fosse la consistenza della popolazione, lo stato e la situazione degli abitanti. Solo dall’XI secolo inizia a costituirsi un primo corpus documentario nell’archivio di San Salvatore e i riferimenti all’abitato e al territorio di Rapino diventano numerosi: ripercorrendo le vicende del monastero, si può notare l'importanza che esso rivestì nell'assetto territoriale del versante orientale della Majella. Nel XV secolo, a causa della decadenza dell’Abbazia di San Salvatore, Rapino fu infeudata dalla famiglia Orsini e successivamente dai Colonna di Roma fino all’abolizione della feudalità. Oggi il paese conserva poche tracce delle sue fortificazioni medievali: la Torre del Colle e la Torre del Monarca.
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Torre del Colle: situata in località omonima, è a pianta quadrata, in condizione di rudere. Fa parte di un insediamento fortificato medievale. La torre è realizzata con poderosa muratura, sulla quale si aprono le feritoie. Ai piani superiori si accedeva mediante botole servite da scalette di legno. Manca oggi la parte superiore della costruzione che, si ipotizza, fosse dotata di una copertura a terrazzo con merlatura a filo di muro. La sua tipologia strutturale consente di ascriverla tra le torri angioine, che partecipavano al sistema difensivo del regno di Napoli.
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Torre del Monarca: piccola torre cilindrica in pietra concia, situata nella parte alta del borgo, dietro la chiesa di San Giovanni, e costituisce l'unico elemento di fortificazione medievale sopravvissuto nel centro di Rapino.

Altri link suggeriti: https://www.comitatoabruzzesedelpaesaggio.com/2010/03/torre-medievale%E2%80%A6-svendesi/, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Abruzzo/chieti/rapino.htm, https://www.youtube.com/watch?v=rm3-75NRoUc (video con drone di Rocco Micucci)

Fonti: http://www.rapino.net/c069071/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/20000, https://it.wikipedia.org/wiki/Rapino_(comune), http://unafavolaalcontrario.it/posts/tag/rapino

Foto: la prima, relativa a Torre del Colle, è una cartolina in vendita sul sito Delcampe.net; la seconda, relativa alla Torre del Monarca, è di Guido T su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/143849/view

venerdì 21 febbraio 2020

Il castello di venerdì 21 febbraio





VECCHIANO (PI) - Castello di Rosaiolo in frazione Avane

Il toponimo "Avane" è riconducibile al latino ad vanendum, cioè "per la caccia", e sta ad indicare la presenza di un territorio, composto da foreste o bandite, i cui proprietari erano soliti utilizzare per praticare attività venatorie: a conferma di questa ipotesi vi sono altri toponimi riconducibili a queste attività, come Falconaja e Cafaggioreggio, oggi due vie del paese con i nomi di "Falcata" e "Cafaggio". Il territorio di Avane risulta abitato già in epoca preistorica sino al periodo romano, e in epoca alto-medievale è proprietà della Corona d'Italia. Il paese è citato per la prima volta in un documento del 952. Altri documenti che ricordano Avane sono i diplomi di Corrado II (1138) e Federico I (1178) indirizzati all'arcivescovo di Pisa, per ottenere l'investitura dalla corte e distretto di Avana. In epoca medievale è ricordata anche le presenza, oltre che della pieve di Santa Cristina ancora oggi esistente, di altre due chiese scomparse: la chiesa di Santo Stefano, nota dal 1128, e quella di San Salvatore, attestata al 1212 e dipendente dal diruto castello di Rosaiolo. Di questo castello si conservano solo dei ruderi alle pendici di Monte Spazzavento. Ricordato per la prima volta nel 1026 come castellum de Avane, è menzionato nel 1175 come castellum de Rosaiolo, nel 1269 come castrum de Avane Pontis Sereli e nel 1341 come castrum Pontis sereli sive de Avane. Dai documenti del 1196 risulta situato nel distretto del castello di Vecchiano e di proprietà vescovile da un atto del 1227. Fu gravemente danneggiato nel 1286, e nel 1314 fu oggetto di restauri da parte della Provincia di Pisa. Di questo pezzo d'arte restano purtroppo e per intero la Torre apicale, tratti della triplice cinta difensiva, porzioni degli alzati di torri difensive o abitazioni. Critiche risultano le condizioni della Torre apicale, la quale presenta enormi aperture su diversi lati, aperture dovute, secondo fonti orali, agli eventi derivanti dall'ultimo conflitto mondiale e a fenomeni di usura. Il complesso fortificato è noto anche come castello di Ponte a Serchio, in quanto comprendeva dal 1168 un ponte che attraversava il Serchio e di cui rimane oggi solamente una palizzata sull'acqua del fiume. Altri link suggeriti: https://www.fondoambiente.it/luoghi/avane, http://www.pernasoft.net/hosted/avane/storia.htm, http://www.lavocedelserchio.it/vediarticolo.php?id=29358&page=0&t_a=il-vecchio-ponte-riaffioradi-stefano-benedetti, https://www.youtube.com/watch?v=TK2rgrPiE5s (video con drone di m15alien), https://www.youtube.com/watch?v=C0LR_NN9dkQ (video di Thomas Gronchi)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Avane, https://ricerca.gelocal.it/iltirreno/archivio/iltirreno/2001/09/23/LP801.html

Foto: la prima è presa da http://www.pernasoft.net/hosted/avane/storia.htm, la seconda è del mio amico Claudio Vagaggini su https://www.facebook.com/308856780344/photos/ms.c.eJxlzrENwFAMQsGNImPA39l~;sShNCtKe9BAo2DvWUG3KFz7xmRDtVshBSK~_jamXVrhADWXFDeJR~;yrlz~;0QK4TJkUO~;yA6sNNlI~-.bps.a.10152169444160345/10155865465765345/?type=3&theater

giovedì 20 febbraio 2020

Il castello di giovedì 20 febbraio




VECCHIANO (PI) - Castello

La menzione più antica del castello si trova in un uno statuto del vescovo di Pisa Daiberto che chiede misure urgenti di difesa del territorio ad alcune famiglie (fare) dei longobardi pisani tra cui gli Orlandi e i Gaetani (o Caetani) nel 1092. Potrebbe essere però di origine più antica, forse bizantina, già feudo dei vichingo-normanni Pagano Ebriaci (o Embriaci) da Vecchiano o Verchionesi, secondo alcune ricerche. Le origini documentate del castello risalgono al 1120, allorché Guido di Ungarello, della famiglia pisana dei San Casciano, donò all'arcivescovo di Pisa, Azzone II, «suam portionem integram de castello, podio di Velano (Vecchiano)». Della chiesa si conserva un documento del 1134, con cui il figlio di Ugo I di Pagano, Pietro da Parlascio, lascia in eredità ai suoi nipoti (figli del fratello Ugo II, detto l'Eburiaco), la «ecclesiam de Velano, cui vocabulum est Sante Marie». Tra il 1276 ed il 1397 il possesso del castello passò alla famiglia pisana dei Lanfranchi dei Chiccoli, osteggiata da papa Bonifacio VIII e legata all'antipapa Niccolò V mentre la chiesa del castello figura dipendenza della Pieve di Rigoli e Corliano. Nell'ottobre 1397 il castello è preso ai Lanfranchi da Giovanni Colonna al comando di mille cavalieri e 170 lancieri lucchesi. Nel 1405 Gabriele Maria Visconti, figlio di Gian Galeazzo Visconti, lo vendette al comune di Firenze dopo che il padre lo aveva comprato dagli Appiani nel 1399, in quanto parte del territorio della Repubblica di Pisa. Situato a difesa del ponte sul fiume Serchio, lungo la frontiera con il territorio lucchese, venne riconquistato dai Gaetani, Conti di Terriccio e d'Oriseo, con l'aiuto dei milanesi e degli aragonesi nell'ottobre 1436 a cui venne nuovamente sottratto dai fiorentini e dagli angioini il 1º maggio 1437. Il testamento di Galeazzo Visconti dell'8 settembre 1473 (calendario pisano), rogato da "ser Jacopo di Giorgio Bonaparte da S.Miniato al Tedesco", dispone del patronato a favore dei patrizi pisani Bocca Gaetani, che mantennero il possesso del castello fino al 1595, per poi passare successivamente in eredità a Pietro di Niccolao della Seta ed infine a Cosimo Agostini Venerosi della Seta nel 1801. In base al contratto del 24 settembre 1579, rogato da ser Alessandro Monticelli, i feudatari del castello avevano il benefizio o "posta" su diversi appezzamenti di terreno ed alcuni immobili per una superficie totale "di staiora 198, pertiche 2 e braccia 23" delle comunità di Vecchiano e Nodica in cambio del "canone annuo di staia 13 di grano nitido e mercantile e per lire toscane 9 a contanti", come conferma l'atto rogato dal notaio ser Giovan Batta Citti del 14 dicembre 1715, conservato nell'archivio storico della famiglia Agostini Venerosi della Seta. Entrato il territorio pisano a fare parte del Granducato di Toscana, il castello perse la sua importanza militare dalla fine del XVI secolo mentre la chiesa ebbe una sempre maggiore affluenza di fedeli per la festa della Natività di Maria dell'8 settembre, divenendo luogo di preghiera di eremiti. Leonardo da Vinci raffigura e indica la chiesa di Santa Maria in Castello nella carta RLW 12683 e la menziona nel Codice Atlantico (f. 305r) come punto di riferimento nella Valle del Serchio, sulla riva destra del fiume, sopra uno sperone roccioso sovrastante Vecchiano. Nel 1810 le seguenti famiglie vecchianesi erano tenute al pagamento del benefizio o "posta" a favore del pievano dell'eremo per l'uso dei fondi enfiteutici del castello: Baraglia, Bartalini, Becagli, Bianchi, Bianchini, Grossi, Magagna, Pardella, Possenti, Prato, Puccetti e Sbragia. L'ultimo rettore che abitò l'eremo fu Cesare Del Chiocca di Rigoli nel 1858. La chiesa venne restaurata dai danni causati nel 1944-45 dal passaggio della linea Gotica durante la seconda guerra mondiale su iniziativa del pievano Gino Barzacchini e di un comitato cittadino e, successivamente, dal Gruppo Archeologico Vecchianese nel 1991. Il castello e la chiesa di S.Maria, divenuta santuario durante il Giubileo del 2000, sono oggi proprietà della famiglia Agostini, discendente delle famiglie pisane dei Gaetani, dei Lanfranchi, degli Orlandi, dei Bocca e dei della Seta, mentre l'uso liturgico continua ad essere riservato al pievano di Vecchiano, Renato Melani. Ogni anno vi si svolgeva (ultima edizione nel 2017) il "Premio internazionale di poesia, narrativa e saggistica " S. Maria in Castello - Città di Vecchiano". Dell’intero complesso restano oggi la piccola Chiesa di Santa Maria e dei resti della fortificazione: la metà inferiore della torre, il lato nord del recinto esterno con due basi di bastioni agli angoli est ed ovest, tratti del recinto esterno sud-ovest, l’impianto delle cisterne. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=TUZjTvHfD0o (video di m15alien), http://www.italiadiscovery.it/storia/castello-di-vecchiano.html, http://vecchianounpaese.blogspot.com/2011/10/il-santuario-della-madonna-di-castello.html

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Vecchiano, http://www.lakinzica.it/leremo-di-santa-maria-in-castello-vecchiano

Foto: la prima è presa da http://www.italiadiscovery.it/storia/castello-di-vecchiano.html, la seconda è di Giovanni V. su https://www.flickr.com/photos/ramas2k/4631859218

mercoledì 19 febbraio 2020

Il castello di mercoledì 19 febbraio





MARMIROLO (MN) - Castello Gonzaga

Costruito nel XII secolo con cinta e fossato nella zona centrale del paese dove sono collocati attualmente la torre civica ed il municipio, il castello passò intorno al 1200 alla famiglia Corradi-Gonzaga, futuri signori di Mantova, che già detenevano ampi possedimenti terrieri nella zona. Divenne la loro residenza di famiglia. Nel 1209 Guido (Guidone) Corradi ospitò nel castello re Ottone IV, diretto a Roma da papa Innocenzo III per essere incoronato imperatore del Sacro Romano Impero. All'interno delle mura venne edificato il Palazzo Gonzaga come luogo di villeggiatura. Con l'ascesa al potere su Mantova di Ludovico I Gonzaga nel 1328 il castello di Marmirolo restò per molto tempo disabitato. Solo nel 1440 i Gonzaga, col marchese Gianfrancesco, tornarono negli edifici fortificati. Furono ampliati dai discendenti della famiglia Federico I e da Francesco II che chiamarono valenti pittori come Lorenzo Leonbruno e Francesco Bonsignori per decorare le loro stanze. Anche Giulio Romano, tra il 1536 e il 1539 affrescò alcune sale del castello.
Agli inizi del XVII secolo i palazzi versavano in precarie condizioni. Nel 1630 i lanzichenecchi procurarono notevoli danni agli edifici e dopo il "sacco di Mantova" il duca Carlo II impegnò ingenti capitali per il restauro dei palazzi e dei giardini. Dopo la caduta dei Gonzaga, nel 1750 gli austriaci fecero demolire il primo palazzo e successivamente il secondo. Dall'antico castello è sopravvissuta solo la torre che, rimaneggiata, affianca il municipio nella piazza Roma. A pianta quadrata è coronata su ogni lato da sei merli ghibellini e con una bifora a tutto sesto per ciascuna facciata. Essa costituisce elemento difensivo collocato a fianco dell'ingresso originario (costituito dall'arco posto sul lato destro della torre stessa). Un tempo preceduta da un fossato, la torre è stata rivestita da un intonaco dipinto a mattoni, le cui sgretolature lasciano intravedere l'originario paramento in cotto. Era dotata di un orologio installato nella seconda metà del XV secolo. Nel Luglio 1700 crollò. I cittadini subito si attivarono per costruire una nuova struttura che potesse contenere anche la campana per segnare le ore ad uso del comune e le funzioni religiose ad uso della chiesa Parrocchiale. La campana che apparteneva alla prima torre costruita nel XIV secolo, superstite al crollo, fu posta sulla torre ricostruita, venne fusa per scopi bellici agli inizi del 1939-1945 e sostituita con un'altra uguale negli anni '50 a cura dell'Amministrazione Comunale. La torre, nel suo aspetto attuale, è stata ristrutturata nel 1872-1873 e nel 1995. La sua parte inferiore ingloba parte delle mura trecentesche del castello di Marmirolo. Altri link suggeriti: http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MN360-01235/, https://www.youtube.com/watch?reload=9&v=lIXkBm_nBq4 (video di Mantova.TV)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Marmirolo, http://www.parcodelmincio.it/pun_dettaglio.php?id_pun=1484, http://www.turismo.mantova.it/index.php/risorse/scheda/id/2350

Foto: la prima è di photo studio su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/149370/view, la seconda è presa da http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MN360-01235/

martedì 18 febbraio 2020

Il castello di martedì 18 febbraio




PISONIANO (RM) - Castello Theodoli

Il suo nome deriva dalla famiglia romana Pisonia, stirpe di Caio Calpurnio Pisone uno dei congiurati di Nerone. Più precisamente, il nome Pisoniano trae origine proprio dalla villa - situata nella località attualmente chiamata “Rotte” (Le Grotte) - in cui trovò rifugio il famoso console subito dopo l’attentato. La presenza di questa abitazione dette il nome di "Vicus Pisonis" a tutto il nucleo abitato ivi esistente costituito dalla villa patrizia ed alloggi annessi per il numeroso personale di schiavi e liberti. Durante le invasioni barbariche la zona prese il nome di come Piscanum o Massa Jubentiana ( da Giovenzano, altro nome di Fiumicino) e nel 594 fu donata, da papa Gregorio Magno, all’Abbazia di Subiaco. Nel XIV secolo Pisoniano fu ceduto dalla Chiesa ai Colonna, quindi agli Orsini e, infine, nel 1572 al nobile prelato di Camera Apostolica, Girolamo Theodoli. La famiglia Theodoli eresse un grande palazzo munendolo di una piccola torre a scopo difensivo che dette al rione adiacente il nome di Castelluccio. Il torrione è crollato il pomeriggio del 2 novembre 1969. Nei secoli successivi la presenza di organi periferici dello Stato Pontifico vide riaffermarsi il controllo della Chiesa, finchè nel 1871, si costituì il Comune autonomo con l’attuale nome. Altri link suggeriti: https://www.tibursuperbum.it/ita/escursioni/pisoniano/Storia.htm, https://www.youtube.com/watch?v=I0d1gjf-KmY (video di Comunicando Leader)

Fonte: https://comune.pisoniano.rm.it/storia-e-territorio/17-la-storia/

Foto: la prima è presa da http://www.tibursuperbum.it/ita2/eventi/SagraPolentaPisoniano2015.htm, la seconda è presa da http://discoverplaces.travel/it/Places2/guida-di-pisoniano/

lunedì 17 febbraio 2020

Il castello di lunedì 17 febbraio




CASTELNUOVO CALCEA (AT) - Castello

Il nome deriva da Castrum Novum (Castelnuovo) mentre Calcea potrebbe derivare da calcarias (strada rincalzata) o calceus (zona di cave di calce). Il primitivo insediamento si deve ai Liguri, presenza testimoniata da alcuni toponimi. Nel 1154 subì l’assedio del Barbarossa e venne distrutto. Passò quindi sotto il Comune di Asti e dal 1290 fu feudo dei Guttuari, del marchese di Monferrato e dei Visconti. L'antico castello, di origine medievale, ebbe vita assai tormentata. Nato nel 1142 a opera dei Conti di Loreto, sotto la dominazione Franca, venne eretto su di una collina poco distante dall'attuale paese, sulla strada romana che collegava Vinchio ad Agliano; su tale altura oggi sorge una cascina denominata "Il Castello". Nel 1154 subì presumibilmente un cruento assedio a opera del Barbarossa, in seguito al quale fu completamente distrutto. Ricostruito nell'attuale posizione, ovvero sul rilievo più elevato del territorio, divenne rifugio degli astigiani e degli alessandrini scampati alle battaglie contro l'imperatore. Nel 1183 Castelnuovo passò sotto il comune di Asti mentre nel 1290 divenne feudo dei Guttuari. Dopo una breve signoria del marchese di Monferrato, passò ai Visconti, inserito nel Ducato di Milano. Venne nuovamente distrutto nel 1635 da Stefano Re e dai suoi Savoiardi; da qui il paese prese il nome di "Castelnuovo bruciato".Tra gli ultimi feudatari i Trotti, che, dal 1645, lo dotarono di numerose opere d'arte. Il rifacimento più ampio del castello avvenne alla fine del XVII sec., quando i feudatari rifabbricarono le torri e il dongione e fecero numerose altre opere di ristrutturazione dell'edificio. Dal 1706 al 1735 il paese fu feudo imperiale francese, prendendo il nome di "Castelnuovo delle Langhe". Nel 1735 il castello passò sotto casa Savoia, che lo cedette poi alla famiglia Trotti, la quale lo tenne fino al 1835. Trasferito poi alla famiglia Beneck, di origine savoiarda, che lo tenne fino al 1939, come conseguenza del declino economico della famiglia, anch'esso subì un rapido declino. In quegli anni venne utilizzato come colonia estiva del fascio, dopolavoro, scuola elementare e sala da ballo. L'edificio subì poi importanti crolli nel 1945, nel 1952 e nel 1961. Nel 1962 divenne proprietà del castelnovese Ferrero che avviò la demolizione dei muri pericolanti e ipotizzò uno smaltimento completo dell'edificio. Per fortuna nel 1987 il Comune lo acquistò per tentarne il recupero, da allora lo stemma comunale ha impressa l'immagine di una torre. Del castello rimangono oggi solo pochi resti, visitabili: il portale d’ingresso, le mura perimetrali, un camminamento sotterraneo, le segrete e la torre d’avvistamento. È inserito nel sistema dei "Castelli Aperti" del Basso Piemonte. L'area su cui sorgono i resti del castello, danneggiato da crolli del Novecento, è stata adibita a parco; Alla sua ombra è stato ricavato un ampio e suggestivo cortile a terrazza, palcoscenico delle varie manifestazioni estive da cui si gode uno splendido panorama sull’Alto Monferrato. La struttura originaria del XII secolo, commissionata dai marchesi d'Incisa, fu modificata l'ultima volta nel XVII secolo. Altri link consigliati: http://www.marchesimonferrato.com/web2007/_pages/gen_array.php?DR=all&URL=marchesidelmonferrato.com&LNG=IT&L=2&C=93&T=news&D=IT%7B2F4A6627-AC59-FF4B-1E6B-A3D283894F55%7D&A=0, https://www.castelliaperti.it/it/strutture/lista/item/area-del-castello-di-castelnuovo-calcea.html

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castelnuovo_Calcea, https://www.comune.castelnuovocalcea.at.it/it/point-of-interest/castello-di-castelnuovo-calcea, http://www.astiturismo.it/it/content/castelnuovo-calcea

Foto: la prima è di tobia60 su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/140092/view, la seconda è presa da https://www.comune.castelnuovocalcea.at.it/it/point-of-interest/castello-di-castelnuovo-calcea

giovedì 13 febbraio 2020

Il castello di giovedì 13 febbraio



LUOGOSANTO (OT) - Castello di Santo Stefano o Reggia di Re Baldo

Il sito si trova immerso in una fitta lecceta a circa quattro chilometri dal centro abitato; esso è citato sin dalla metà del XIV secolo in documenti risalenti a quell'epoca. Il castello fu costruito in epoca giudicale, nel Regno di Gallura, Regno per il quale le fonti documentarie sono piuttosto scarse. Si può comunque dedurre che a causa della guerra con il Regno di Torres, tra re Baldo e Giorgia di Torres, nell’XI secolo, vennero costruiti i castelli di Balaiano (https://castelliere.blogspot.com/2011/11/il-castello-di-lunedi-14-novembre.html) e Baldu in agro di Luogosanto. Dalle indagini archeologiche sono emerse tre unità principali: il cosiddetto Palazzo di Baldu, la chiesa di Santo Stefano e la fornace. Il palazzo, del quale si conservano la base e tre muri esterni, era un edificio a pianta quadrata di 9,20 metri per lato, con basamento a scarpa, sviluppato su tre piani per un'altezza di almeno dieci metri e munito di terrazza. L'ingresso al piano nobile, posto a circa 3 metri dal piano di campagna, era assicurato da una scalinata esterna. La tecnica costruttiva utilizzata richiama gli edifici religiosi in stile romanico sardo della Gallura e della Corsica. Il palazzo si affaccia su un ampio cortile di circa 780 m² attorno al quale si aprivano sedici ambienti di diverse dimensioni dei quali resta il basamento dei muri perimetrali e tracce della pavimentazione, realizzata con argilla battuta o col posizionamento manuale di frammenti di mattoni e pietre. Le indagini archeologiche svoltesi tra i 1999 e il 2002 a cura dalla Soprintendenza archeologica per le province di Sassari e Nuoro hanno permesso di riconoscere in questi spazi: abitazioni, magazzini, cucine, stalle, botteghe e, a breve distanza, una fornace di circa tre metri di diametro utilizzata per la cottura di materiale fittile. Dai manufatti rinvenuti nel sito è emerso che l'insediamento riceveva merci da diverse zone del bacino del Mediterraneo infatti, oltre a quelli creati in loco, ne risultano altri provenienti da Toscana, Liguria, Spagna, Africa settentrionale e Medio Oriente, prodotti tra il XII ed il XV secolo. Apparteneva all'insediamento anche la chiesetta di Santo Stefano, situata nelle immediate vicinanze del palazzo. Senza dubbio sottoposta ad importanti interventi di restauro, allo stato attuale risulta composta da un'aula a pianta rettangolare con tetto a doppio spiovente, formato da travi e travetti in legno ricoperti da canne protette da tegole. L'edicola sopra il piccolo altare contiene la statua in marmo del santo con l'epigrafe "S. STEFANVS PHROTVS MARTIR". Per approfondimenti, ecco altri link utili: http://virtualarchaeology.sardegnacultura.it/index.php/it/siti-archeologici/eta-medievale/palazzo-di-baldu, http://www.insidegallura.it/cosa-fare-a-luogosanto-e-dintorni-1/archeologia-e-musei/18-palazzo-di-baldu.html, http://www.sardegnacultura.it/j/v/253?v=2&c=2488&t=1&s=17938, https://www.youtube.com/watch?v=mUJUYuA774c (video di Tommaso Gamboni), https://www.facebook.com/LuogosantoTouristOffice/videos/1535408173182107/ (video di Ufficio Turistico Luogosanto).

Fonti: https://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Luogo/MibacUnif/Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=150595&pagename=57, https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_di_Baldu

Foto: la prima è presa da http://www.agriturismolacerra.it/blog/itinerari-sardegna-nord/cosa-vedere-a-luogosanto/, la seconda è di Unicity Spa su http://virtualarchaeology.sardegnacultura.it/index.php/it/siti-archeologici/eta-medievale/palazzo-di-baldu

mercoledì 12 febbraio 2020

Il castello di mercoledì 12 febbraio



BITONTO (BA) - Torre d'Agera

Situata in strada vicinale di Torre d’Agera, nel territorio comunale di Bitonto, nei pressi dell’autostrada A14, questa antica struttura difensiva, immersa nella verde macchia mediterranea, è databile intorno al XV secolo. Di pianta quadrangolare, sviluppata su due livelli, si ergeva su un antico frantoio oleario ed era racchiusa in un ampio recinto, che delimitava un delizioso pometo. Apparteneva alla nobile famiglia Agera, salita agli onori della vita civile ed economica della città nel XVI secolo, grazie a ripetute prove di nobiltà. In tal modo l'emergente famiglia cercò di ottenere un seggio nella piazza di Sant'Anna (Sedile dei nobili, ove i patrizi godevano del seggio, per iscrizione all'albo d'oro della nobiltà locale). Finalmente fu ammessa nell'ambito novero per surrogazione nel 1748, con l'estinzione di alcune famiglie nobili locali “...pro nunc ad coetum noblium in locum deficentium familarum...”. Estese furono le proprietà terriere degli Agera sia nei contadi di Giovinazzo e Bitonto (contrada Torre d'Agera appunto), sia nel centro della città (casa e loggia Agera, edificata in via San Pietro Nuovo da Michelangelo Costantino tra il 1586 ed il 1642, a seguito del matrimonio del Magnifico Michelangelo Agera e Perna De Blaso). Della torre, oggi fortemente degradata, residuano minimi elementi architettonici, tra cui una caratteristica bifora, uno stretto ingresso difeso da caditoia ed alcuni possenti muri perimetrali. Al piano terra si evidenzia un ambiente, un tempo voltato a botte ed oggi scoperto, dotato di focolare, nicchie e un probabile cisterna interna, tipica delle torri difensive e forse sepolta sotto l'enorme cumulo di materiale pietroso, dovuto al crollo del piano superiore. Sulla facciata principale, ormai crollata, con molta probabilità spiccava lo stemma araldico degli Agera. All'interno del pericolante complesso, a differenza di altre simili strutture rurali, non vi è alcun ambiente destinato al culto religioso (una cappella). Ciò fa supporre che nei pressi di tale contrada anticamente sorgesse, al servizio del complesso difensivo, una piccola chiesetta rurale, di cui nel tempo si è persa ogni traccia (forse la chiesetta rurale dell'Immacolata, ubicata sulla vicina via del “Cuorchio”). Tutt'intorno sono presenti, sparsi sul suolo, cocci di epoca medievale, testimonianza di una florida viabilità rurale che collegava l'entroterra bitontino al mare di Giovinazzo. Oggi la torre, nei suoi resti superstiti, sprovvista di vincolo, “catalogata tra le masserie e chiese rurali di particolare interesse storico artistico”, come ci ricorda Pasquale Fallacara, è, oramai, destinata a scomparire tra gli uliveti e le cave di pietrisco presenti nella zone circostanti, “cancellando per sempre una delle tante dimenticate strutture rurali ricche di storia e di bellezza”» (a c. di Sergio Chiaffarata).

Fonti: http://www.itc.cnr.it/ba/sc/BTN/BTN0067.html, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Puglia/bari/provincia000.htm#bitager, https://pugliaindifesa.wordpress.com/2016/12/20/49/

Foto: la prima è di Pasquale Fallacara su https://www.mondimedievali.net/Castelli/Puglia/bari/bitontager01.jpg, la seconda è di Sergio Chiaffarata su https://pugliaindifesa.wordpress.com/2016/12/20/49/

martedì 11 febbraio 2020

Il castello di martedì 11 febbraio



SAN GIORGIO PIACENTINO (PC) - Castello di Viustino

Viustino è una frazione della Val Riglio nel comune di San Giorgio Piacentino, dal quale dista circa 6 km. Il castello di Viustino, anticamente segnalato come Vicojustino, emerge in posizione panoramica sulle prime colline della Val Nure. La cronaca piacentina racconta che nel 979, l'imperatore Ottone, entrato in Piacenza, dopo aver creato milites i fratelli Lanfranco, Opizzo, Jacopo, Gherardo e Fero, li investì in perpetuo del castello di Vicojustino. Nel 1314, i guelfi piacentini fuorusciti dalla città, capeggiati da Leonardo Arcelli e Giacomo Salimbene, attaccarono nella località detta «Frescarolo», i soldati di Galeazzo Visconti, obbligandoli ad abbandonare notevoli quantità di vino razziato agli abitanti di Chero, Sariano e Corneliano. Per vendicarsi, il duca inviò nella zona un contingente di uomini reclutati a Borgo San Donnino con l'ordine perentorio di distruggere Viustino.Il fortilizio fu in seguito teatro di un violentissimo scontro tra guelfi e ghibellini piacentini, avvenuto nell'aprile del 1373 quando Marcello Braciforte, a causa di un incendio verificatosi nel castello di Corneliano (che egli teneva in nome della Chiesa), si rifugiò nella torre di Viustino presidiata anch'essa dalle truppe pontificie. A questa notizia numerosi ghibellini della zona di San Giorgio, guidati da Marsilio Anguissola si portarono nella località cingendo d'assedio il castello. Il Braciforte, obbligato ad arrendersi alle preponderanti forze avversarie, venne fatto prigioniero e, poco dopo, impiccato a Piacenza fuori Porta San Raimondo. Nel 1515 il maniero, al momento proprietà di Bartolino Nicelli, fu preso d'assalto e saccheggiato da Pier Maria Scotti, detto il Buso. Nel settembre del 1530 i figli di Bartolino Nicelli si divisero i beni paterni. La parte spettante ad Alessandro era composta dal castello e dal luogo di Viustino con 1200 pertiche di terra. L'edificio, a pianta quadrangolare, pur sottoposto in passato a molteplici ricostruzioni, conserva l'originario torrione che si innalza al centro del corpo di fabbrica.

Fonti: http://www.altavaltrebbia.net/castelli/val-nure/2171-castello-di-viustino.html, http://www.preboggion.it/Castello_di_SanGiorgioPiacentino-Viustino.htm

Foto: la prima è di Solaxart 2013 su http://www.preboggion.it/Castello_di_SanGiorgioPiacentino-Viustino.htm, la seconda è presa da http://www.emiliaromagna.beniculturali.it/index.php?it/108/find-itinerary/9/290

lunedì 10 febbraio 2020

Il castello di lunedì 10 febbraio





CORTACCIA (BZ) - Castel Ulmburg

Castel Ulmburg (o Castellolmo, in tedesco Schloss Ulmburg) è un castello che si trova a 1173 m s.l.m. nella frazione di Favogna di Sopra (Oberfennberg) del comune di Cortaccia in Alto Adige. L'attuale costruzione risale alla fine del XIX secolo e fu fatta edificare dai signori von Widmann sul luogo di un castello da caccia risalente al XIII secolo. Il palazzo principale rettangolare si presenta in stile rinascimentale con una piccola torre che lo sovrasta. Essendo una dimora privata il castello non è visitabile. Nelle vicinanze si trovano delle sequoie piantate nel 1908 per il giubileo dell'imperatore Francesco Giuseppe.

Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Ulmburg

Foto: la prima è di plentn su https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Ulmburg#/media/File:Ulmburg.png, la seconda è presa da https://www.suedtirolerland.it/it/alto-adige/il-giardino-del-sudtirolo/cortaccia/favogna-di-sopra/

venerdì 7 febbraio 2020

Ci rivediamo lunedì 10

Cari amanti dei castelli,

purtroppo, per motivi di lavoro, in questi ultimi due giorni non ho avuto modo di pubblicare novità sul blog. Conto di riprendere lunedì. Buon weekend !!

Valentino

mercoledì 5 febbraio 2020

Il castello di mercoledì 5 febbraio





 
CHIANNI (PI) – Rocca di Montevaso

Il Monte Vaso è un rilievo delle colline pisane nel comune di Chianni (PI) che raggiunge un'altezza di 634 m. Posto al confine tra la diocesi di Pisa e la diocesi di Volterra, in posizione dominante sulle colline tra il torrente Sterza e l’alto corso del fiume Fine, fu oggetto di contese da parte dei vescovi di queste due diocesi nel Medioevo. Oggi è possibile ammirare i resti della rocca militare medioevale. I resti della doppia cinta muraria del castello di Montevaso consentono un’attendibile interpretazione della sua ampia ed imponente struttura, messa in relazione con le attività estrattive sviluppatesi per la presenza di importanti vene minerarie. Il castello risulta costituito da due aree distinte ma coerenti: quella signorile sulla sommità del monte e quella insediativa immediatamente circostante. Purtroppo del complesso architettonico di Montevaso oggi rimane ben poco visibile. Le poche strutture oggi osservabili appartengono sostanzialmente al terzo castello di Montevaso. Infatti, sula cima del monte furono costruiti, e distrutti, tre castelli di cui il terzo è probabilmente quello attuale. Anche questo terzo castello subì distruzioni parziali e parziali riedificazioni in seguito alle travagliate vicende avvenute all'interno della struttura. Dai documenti risulta che tutta l'area compresa fra le due cinte murarie era costruita, come è rilevabile anche dalle numerose tracce, a volte consistenti in solo due o tre conci legati insiema dalla malta, anche se l'esiguità e la frammentarietà di queste non permette di formulare ipotesi per la ricostruzione dell'abitato castellano. Fra i vari edifici che sorgevano all'interno della rocca di Montevaso, vi era anche una chiesa dedicata a S. Jacopo, la cui prima attestazione risale al 5 marzo 1137, allorchè essa era elencata, nella bolla del papa Innocenzo II all'arcivescovo di Pisa Uberto, insieme con la chiesa di Pomaia. Tutte le strutture presenti sarebbero state edificate tra il 1150, anno in cui è testimoniata la distruzione del secondo castello, ed il 1152, anno in cui è riportata la vendita di parte del castrum di Montevaso da parte del monastero di S.Maria di Morrona in favore dell'arcivescovo pisano Villano. Ammettendo invece che le precedenti distruzioni di cui parla la vertenza non fossero totali ma parziali, la datazione per l'edificazione del castello di Montevaso si sposterebbe di quasi mezzo secolo arrivando a collocarsi fra il 1073 ed il 1113. Dall'analisi delle diverse testimonianze ascoltate nel 1150 risulta che il conte Ughiccione II dei Carolingi (1073-1096) fece costruire un castello in Montevaso, ma prima dell'anno della morte dell'ultimo conte, avvenuta nel 1113, il castello fu distrutto. E' quindi in questo arco di tempo che va collocata la data della prima fondazione del castello: lo Schneider propone come data di distruzione il 1107.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Monte_Vaso, http://www.miracolipisani.it/pisa-tour/castelli-e-siti-archeologici-pisa.html, http://www.montevaso.it/i_resti_del_castello.html

Foto: entrambe prese da http://www.montevaso.it/i_resti_del_castello.html