venerdì 21 dicembre 2018

Buone feste


Cari amici

auguro a tutti voi buone feste e il meglio per il 2019 che sta per arrivare.

Non avendo un pc a disposizione dove vivo ora, sono costretto a usare quello in ufficio e, siccome iniziano le ferie natalizie, sono costretto a "bloccare" la mia attività sul blog fino a gennaio.

Mi raccomando, non mi abbandonate e continuate a seguire questo blog. Ancora tanti castelli devono essere trattati qui e non ne dimenticheremo nemmeno uno ;-)

Valentino 

giovedì 20 dicembre 2018

Il castello di giovedì 20 dicembre




BUCCINO (SA) - Castello normanno-angioino

Dopo un certo sviluppo per tutta l'età romana, alla fine dell'epoca imperiale si verificò un lento abbandono del borgo, terminato nel XII secolo con l'instaurazione di un castello normanno, che ricalca in gran parte l'antico abitato. Ancora oggi lo sviluppo urbanistico è legato all'antico assetto della città romana. Per tutta l'epoca medievale Buccino fu un feudo dei conti Lamagna, che nel XIV secolo ottennero il castello locale dagli Angioini e lo fortificarono. In quel castello fu poi ospite papa Urbano VI durante la sua fuga da Carlo di Durazzo. Successivamente la città passò ai Caracciolo di Martina. Situato in zona altamente sismica, il comune patì gravi danni per i terremoti del 1466 e 1561. La città subì ingenti danni e numerose vittime nel bombardamento aereo da parte dell'aviazione britannica il 16 settembre 1943; persero la vita nell'attacco un gruppo di bambini che giocava nella piazza di accesso alla città, oltre ad altri abitanti che rimasero coinvolti nel bombardamento, l'accaduto e l'elenco delle vittime è testimoniato dal monumento funebre ai caduti situato in piazza Municipio. La cittadina venne fortemente danneggiata dal sisma del 23 novembre 1980, che ha portato successivamente a numerosi lavori di ricostruzione e messa in sicurezza degli edifici cittadini. Nelle fasi di ricostruzione post sismica sono venute alla luce gran parte delle testimonianze archeologiche dalla antica città di Volcei, oggi ben visibili nel centro storico e nel parco archeologico urbano. Da questo momento in poi la città è divenuta un importante centro archeologico e turistico all'interno della regione. Quello di Buccino rappresenta un tipico esempio di castello baronale dell'entroterra salernitano. Il maniero, anche se allo stato di rudere, è stato di recente restaurato nell'ambito dei programmi del Parco urbano dell'Antica Volcei. Sono stati conservati i diversi elementi architettonici attraverso i quali è possibile leggere l'evoluzione cronologica e funzionale del sito. Non è escluso che il promontorio a guardia del sottostante abitato sia stato utilizzato già in epoca romana, come testimoniano i diversi elementi di reimpiego rinvenuti nei recenti lavori. Dobbiamo però attendere il XII secolo per avere le prime notizie documentali del feudo di Buccino, attraverso le quali conosciamo i nomi dei primi dominus : Nicola di Principato, conte (1128); Giudice Aminabad (1141); Riccardo Philippi (1141). Con l'avvento degli svevi il castello dovette perdere d'importanza, dato che esso non è menzionato nello Statutum de reparatione castrorum imperialium . Neanche in seguito si hanno notizie circa la presenza di castellani e di serventi all'interno del castello. Da questi dati si desume che il castello buccinese non svolgeva un ruolo particolarmente importante, dal punto di vista militare, nello scacchiere delle fortificazioni del Regno. Nel 1247 il castrum Buccino o Pulcini appartenne al feudatario Tommaso di Fasanella. Con gli angioini il castello fu nuovamente assegnato a importanti feudatari, che cambiarono il volto al maniero secondo le consuetudini del tempo. Nel 1269 il maniero, insieme a quelli di Campagna, Eboli, Auletta e Quaglietta, fu assegnato a Roberto, primogenito del conte di Fiandra. Già nel 1271 fu revocato alla Curia regia, per essere poi assegnato, fino al 1274, a Gualtiero de Sommerouse, milite e giustiziere del Regno. Nel corso della V indizione di Carlo I d'Angiò (1276-1277) il castello fu sottratto a Tommaso conte di Marsico per essere assegnato a Guidone d'Alemagna, milite, giustiziere, consigliere, familiare regio, tesoriere e ricevitore fiscale. Nei due secoli successivi, il castello fu in possesso della famiglia d'Alemagna, quindi passò alle famiglie Caracciolo e Di Sangro. Allo stato attuale l'impianto castellare è caratterizzato da un possente mastio a pianta quadrata di epoca normanna che dovette essere l'unica struttura esistente, almeno fino all'avvento degli angioini. Al tardo XIII secolo risale la costruzione di un primo cortile, con relativi edifici residenziali, due torri circolari agli angoli ed una grande cisterna, con annesso ambiente di servizio nella parte meridionale. Questa prima trasformazione è verosimilmente opera della famiglia d'Alemagna, in un momento cruciale per la storia del Regno, caratterizzata dalla cosiddetta guerra del Vespro, scoppiata nel 1282 e che ebbe il suo culmine in Campania proprio alla fine del XIII secolo. In quel periodo si cominciarono a costruire torri circolari scarpate alla base con coronamento superiore costituito da beccatelli e archetti per la difesa piombante. Benché mozze le torri circolari del castello di Buccino rientrano in tale tipologia costruttiva, tipica dell'architettura castellare angioina. Alla prima metà del XIV secolo il castello fu interessato da una nuova riorganizzazione strutturale. La collina venne munita di un apparato difensivo costituito dal fossato con altre due torri circolari e da una seconda cinta muraria. Ancora all'età angioina sono ascrivibili alcuni ambienti ed una scuderia comprese nell'area perimetrata della cinta muraria esterna. Tra il XVI e il XVII secolo il castello subì un graduale abbandono, testimoniato dai progressivi strati di riempimento del fossato e dai livelli di obliterazione rinvenuti nell'ambiente identificato come scuderia. La ripresa di un'occupazione intensiva della collina si colloca tra il XVIII e il XIX secolo quando la riorganizzazione della corte interna, occupata lungo il margine settentrionale da una stalla, e la creazione di un sistema di drenaggio delle acque, definiscono un sostanziale cambiamento nella destinazione d'uso degli spazi. Nel corso del XIX sec. il castello ha assunto la fisionomia di una fabrica testimoniata da quattro grosse calcare, localizzate lungo il versante settentrionale della collina, e da numerose fosse di spegnimento della calce nella parte meridionale. Altri link suggeriti: http://terredicampania.it/reportage-in-campania/il-castello-baronale-di-buccino-volcei-sfida-alla-storia/17/10/2016/, http://www.volcei.net/parco_archeologico/il_castello_normanno_angioino.html, https://www.destinazioneseletanagrovallodidiano.info/evento.php?pid=45, https://www.youtube.com/watch?v=7NcXiYnENt4 (video di provincia d'amare),

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Buccino, testo dell'Arch. Lucio Ganelli su http://nuke.cittadicampagna.com/Cultura/Articoli/LucioGanelli/IlcastellodiBuccino/tabid/119/language/it-IT/Default.aspx

Foto: entrambe sono di Frabbey59, prese da https://www.tripmondo.com/italy/campania/provincia-di-salerno/buccino/

mercoledì 19 dicembre 2018

Il castello di mercoledì 19 dicembre




FILOTTRANO (AN) - Molino di San Polo

E' una fortificazione militare risalente al sec. XV, posta sulla riva destra del fiume Musone, poco distante dalla “cupa Selva” di Monte Polesco. In “età moderna” cioè nel sec. XVII, l'edificio venne adibito a Mulino per granaglie, fatto funzionare con forza idrica. Per intere generazioni venne dato dal Comune di Filottrano a nolo alla famiglia Polverini. Il Mulino è rimasto attivo fino agli anni ’80. Il Molino di San Polo è una rara e meravigliosa realtà architettonica di epoca medioevale giunta fino ai nostri giorni quasi integra in ogni sua parte. Nato come Molino già nei tempi delle comunità religiose dei Benedettini e dei Cistercensi, poi, presidio militare “Montefilottrano” nel periodo in cui si acuirono le lotte di parte quando scorazzavano compagnie di ventura al soldo di questo o quel Signore. Superati i tempi dei dissidi tra osimani e filottranesi, il Molino di San Polo continuò per secoli la sua attività molitoria le cui macine erano fatte girare con la forza delle acque del Musone, appositamente convogliale con un “fossato artificiale”. Dato in enfiteusi dal Comune di Filottrano a privati, l’onore e l’onere toccò ai Polverini, già dalla metà del ‘700 garanti della continuità lavorativa in ogni rinnovo contrattuale con la certezza di contare sulla prestanza fisica di tre giovani figli maschi. Ciò si è perpetrato fino agli anni ’60 quando le macchine elettriche hanno sostituito le “macchine ad acqua”. Oggi il Molino di San Polo non svolge più l’assidua attività molitoria degli anni e secoli passati. Attualmente vi si svolge un’attività artigianale (restauro di mobili antichi e commercio di mobili e oggettistica di antiquariato).

Fonti: testo tratto da “Filottrano, Guida Storico Artistica” di Mario Filippi – Marco Binci Editore - su http://www.iluoghidelsilenzio.it/molino-di-san-polo-filottrano-an/

Foto: entrambe prese da http://www.iluoghidelsilenzio.it/molino-di-san-polo-filottrano-an/

martedì 18 dicembre 2018

Il castello di martedì 18 dicembre




TRAVO (PC) - Castello Malaspina-Anguissola

Dopo la caduta dei Longobardi a opera di Carlo Magno, il Sacro Romano Impero costituì i Feudi Imperiali, all'interno della Marca Obertenga, con lo scopo di mantenere un passaggio sicuro verso il mare, assegnò Travo, con molti dei territori limitrofi, alla famiglia dei Malaspina che vi eressero un castello (Castrum Trabani) nel XII secolo, distrutto nel 1255 da Oberto Pallavicino. Il feudo con l'arrivo dei Visconti a Piacenza fu assegnato alla famiglia Anguissola nel 1302. Divenne sede comunale nel 1805. Il Castello di Travo sorge sulla riva sinistra del fiume Trebbia e si trova sul lato meridionale di Piazza Trento, accanto ad altre costruzioni di epoca medievale. Sorse nel XII secolo quando il feudo apparteneva ai Malaspina, passò agli Anguissola alla fine del XVIII secolo che poi lo trasformarono in dimora signorile. Nel 1978 la contessa Maria Salini Anguissola donò il castello al Comune. Dal 1997 è sede del Museo Civico Archeologico, che espone reperti risalenti al paleolitico, ceramiche del neolitico, testimonianze dell'età del rame, del bronzo e del ferro, dei Liguri, dei Celti e degli Etruschi fino all'epoca romana. Il castello, oltre all'originario torrione rotondo del XII secolo, di rimarchevole conserva sulla facciata due ordini di finestre trilitiche, assai rare in questo territorio. La torre quadrata a sinistra, sormontata da un'altana in mattoni, è di epoca più tarda e fungeva da ingresso all’antico borgo fortificato stretto fra il fiume e il castello. Un'altra torre, a base quadrata con finestre a tre archi, é inserita tra le case, mentre una terza, a base circolare, è posta fra la torre passante ed il fiume. Altri link suggeriti: http://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/castelli/index.jsp?id=1840, http://www.preboggion.it/Castello_di_Travo.htm, https://www.youtube.com/watch?v=29M-S5Cr8xs (video di grongoramasarveigu).

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Travo, http://www.emiliaromagnaturismo.it/it/localita/travo-pc/scheda?ID=236, http://turismo.provincia.piacenza.it/it/scopri-il-territorio/arte-e-cultura/castelli-torri-campanili/item/castello-di-travo.html, http://www.altavaltrebbia.net/castelli/alta-e-media-val-trebbia/2082-castello-di-travo.html

Foto: la prima è di Marco Gallione su http://www.altavaltrebbia.net/galleria/picture.php?/760/categories, la seconda è di Solaxart 2008 su http://www.preboggion.it/Castello_di_Travo.htm

lunedì 17 dicembre 2018

Il castello di lunedì 17 dicembre



RODIGO (MN) - Castello Gonzaga

L'origine di Rodigo si situa nel secolo XI, tra il 1050 e il 1100. Il nome Rodigo deve probabilmente le sue origini al nome del fondatore "Roto", ovvero "del popolo dei Roti". In latino questa formula veniva scritta "Rodingum", cioè "Roti vicus", che per elisione e scambio di lettere si sarebbe mutato in Rodi igo, cioè "Luogo di Roto". Lo stemma del Comune, raffigurante una ruota, risale all'epoca in cui Rodigo era Contea (1479-1587): esso riportava il motto Rotat Omnia Secum. Nel paese di Rodigo si trovano diversi palazzi e ville di un certo pregio. La maggior parte di esse risale al secolo scorso o all’inizio del ‘900; la più antica, Villa Balestra, è datata fra fine Cinquecento e primo Seicento. La torre dell’orologio, di epoca sicuramente precedente, è tutto quel che resta di un castello che ne possedeva quattro, ai quattro angoli delle mura di cinta. Del ‘700 è la bella chiesa di S. Maria delle Rose. La palazzina centrale dell’Istituto Geriatrico Intercomunale è del secolo scorso, così come l’edificio municipale; sono del primo Novecento le eleganti scuole elementari e altre prestigiose ville. Sparse su tutto il territorio sorgono Ville e Corti agricole di notevoli dimensioni. Di alcune corti si ha testimonianza già nel tardo Medioevo, ma è probabile che siano ancora più antiche: corte Samafeia, corte Retenago, corte Fornace, corte Camerlenga, corte Sette Frati. Il territorio comunale di Rodigo costituiva, quasi sicuramente, un antico avamposto romano sulla via Postumia, da cui è sfiorato. L'intero territorio divenne dominio dei Gonzaga nel 1432 e dal 1479 fu elevato al rango di Contea indipendente dal Marchesato di Mantova. Nel 1630 Rodigo venne assalito dai Lanzichenecchi che, colpirono pesantemente l'abitato, distruggendo anche il castello. Nel 1708, come conseguenza della caduta del duca Ferdinando Gonzaga, il comune entrò a far parte dell'impero austriaco. In seguito a rovinose battaglie passò, quindi, ai francesi (1796) per poi tornare all'Austria nel 1814. Nel 1859 Rodigo passò all'Italia, annesso alla provincia di Cremona, pur restando a far parte della diocesi di Mantova. Soltanto nel 1866 si riunì definitivamente a Mantova italiana. Il castello di Rodigo era una struttura militare rinascimentale, sorta su una preesistente costruzione medievale. Il castello venne ricostruito ed ampliato da Vespasiano Gonzaga nel 1582, che ne rinforzò la struttura. Il possesso passò al duca di Mantova Vincenzo I Gonzaga nel 1591. Da allora l'edificio ospitò il granaio pubblico, che conteneva tutte le derrate alimentari. Con il duca Vincenzo II Gonzaga la struttura si trasformò in fortezza, dotata di trincee, rialzi e baluardi. Facevano parte del complesso sette torri merlate, ponte levatoio e fossato che rendevano la fortezza inespugnabile. Smantellato intorno al 1630 circa, oggi del castello è rimasta intatta una torre quadrangolare merlata, dotata di orologio

Fonti: http://www.comune.rodigo.mn.it/la-storia-di-rodigo, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Rodigo

Foto: la prima è presa da http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MN360-01775/, la seconda è di Massimo Telò su https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Rodigo#/media/File:Rodigo_panorama.jpg

venerdì 14 dicembre 2018

Il castello di venerdì 14 dicembre




GUBBIO (PG) - Castello in frazione Camporeggiano

Il toponimo "Camporeggiano" sembra nascere dal termine regghia, che indica un'insenatura o un crepaccio; una seconda ipotesi, meno probabile, lo fa discendere dal latino Campus Regis, con riferimento ai possedimenti dei signori locali, i Gabrielli. Le prime costruzioni risalgono al VI secolo, e consistevano in alcune torri difensive (monte Cavallo, Sant'Angelo, Castello di Aria, Goregge, Castiglione) poste lungo il corridoio Bizantino, una via che portava da Roma a Ravenna al tempo dei longobardi. Attorno a quella di monte Cavallo sorse la pieve di Agnano, un castello fortificato che era feudo dei Gabrielli già agli inizi del X secolo. Nel 1057 giunse in visita al castello san Pier Damiani, che a Fonte Avellana aveva come discepolo il piccolo Rodolfo Gabrielli: egli ottenne in dono da Rozia Gabrielli, madre di Rodolfo, il maniero e le terre circostanti, con la promessa di costruire un monastero dedicato all'apostolo san Bartolomeo. Già nel 1058 un gruppo di monaci (anche abili muratori) si trasferì nel nascente nuovo monastero, con un seguito di maestranze. Essi si prodigarono per migliorare il borgo: costruirono un ponte sull'Assino, ingrandirono un molino ed una fornace, fondarono una vetreria, aprirono un ospedale per i pellegrini. Giovanni Gabrielli, fratello di Rodolfo e antico proprietario dei luoghi, fattosi monaco a Fonte Avellana, vi tornò come abate: i suoi possedimenti si estesero alle vicine Montone, Umbertide e Città di Castello. Su richiesta di Rodolfo Gabrielli, nel frattempo nominato vescovo di Gubbio, il papa Alessandro II sottrasse nel 1063 l'abbazia alla giurisdizione episcopale eugubina, e la pose sotto la diretta protezione della Santa Sede. Papa Innocenzo II, il 24 maggio1139, a istanza di Benedetto priore e dei suoi monaci, confermò all’eremo di S. Croce di Fonte Avellana i suoi diritti e possessi, tra cui: “Monasterium Sancti Bartolomei de Camporegiano cum castris atque ecclesiis, villulis omnibusque pertinentiis suis.”. In un atto emesso dal Consiglio Comunale datato 23 luglio 1326 concernente un’ordinanza “per gli uomini dei castelli di Monte Episcopi e Campiregii “ troviamo il castello alle dipendenze del Comune di Gubbio, che lo dotò di un capitano e notaio. Nel 1350, il castello di Camporeggiano e altri, tra i quali quelli di Cantiano, Pergola, Montesecco, Serra Partucci, Agnana, Carbonana si ribellarono a Gubbio il cui comune era finito nelle mani di Cantuccio Gabrielli divenuto nello stesso anno tiranno della città. Cantuccio lottò contro Giovanni della Serra, che, assediato nel castello di Agnana, venne catturato e decapitato. Il castello di Camporeggiano per ritorsione alla sua ribellione venne raso al suolo. Ad oggi dell'edificio, situato sulla piccola altura chiamata Monte Cavallo, non restano che ruderi e brandelli di mura che si notano in mezzo al bosco sulla collina che sovrasta l’abbazia di Camporeggiano.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Camporeggiano, http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-camporeggiano-camporeggiano-di-gubbio-pg/

Foto: entrambe prese da http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-camporeggiano-camporeggiano-di-gubbio-pg/

giovedì 13 dicembre 2018

Il castello di giovedì 13 dicembre




VOGOGNA (VB) - Castello Visconti

Il castello sorge a nord del nucleo storico dell'abitato e il suo massiccio torrione lo domina dall'alto. La pianta irregolare dell'edificio rivela sia l'adattamento alle condizioni del terreno scosceso sia le diverse fasi di costruzione susseguitesi nel tempo. Al XI secolo risale la torre poligonale (oggi parzialmente diroccata) che s'innalza nella parte posteriore dell'edificio e che, circondata in origine da un recinto in muratura, fungeva da avamposto difensivo della soprastante rocca situata sul monte Orsetto a 350 m. s.l.m. (Distrutta nel XVI secolo e oggi ridotta in rovine - https://castelliere.blogspot.com/2014/10/il-castello-di-mercoledi-8-ottobre.html). Il castello nacque come presidio militare a difesa di tutta la valle ed in particolar modo del paese di Vogogna. Nel 1328 infatti il piccolo centro divenne capitale dell'Ossola Inferiore, contrapposta a Domodossola che in quegli stessi anni rivestiva il ruolo di capitale dell'Ossola Superiore. Nel 1348 Giovanni Visconti, vescovo di Novara e signore di Milano, fece ingrandire il castello nell'ambito di un più ampio piano di rinforzo dei confini del Ducato di Milano contro le incursioni degli Svizzeri provenienti dal Vallese. Alla primitiva torre poligonale fu aggiunto un corpo di fabbrica rettangolare e una imponente torre semicilindrica sul lato est. Poco si sa relativamente ai danni riportati dalla fortificazione in seguito agli attacchi inferti nel 1360 dalla lega capeggiata dal marchese del Monferrato e nel 1374 dagli Spelocri (fazione che aveva come centro Domodossola). Nel 1446 il feudo passò alla famiglia Borromeo che rafforzò ulteriormente il castello con la costruzione sul lato sud di una cinta murata quadrangolare in cui era aperta una porta ad arco dotata di ponte levatoio. Circa a quell'epoca risale probabilmente anche la costruzione attorno al torrione, come adattamento all'uso delle armi da fuoco, di una base a scarpa e il suo coronamento con una parte sporgente munita di feritoie, caditoie e archibugiere coperta da un tetto con orditura sorreggente una copertura in lastre di pietra. I lavori portarono l'altezza della torre semicircolare agli attuali 19,40 m. suddivisi in cinque piani. In seguito, nel 1514 sotto gli Sforza, il castello fu inglobato nella nuova cinta muraria del borgo, di cui oggi non restano che poche tracce. Nel XVI secolo la dominazione spagnola ridusse l'importanza strategica del Castello di Vogogna che venne adibito prima a prigione (per delinquenti comuni e detenuti politici) e magazzino, funzione che mantenne anche sotto la dominazione dei Savoia, poi nell'800 a sede dei Regi Carabinieri. Fino al 1952 il castello, di proprietà comunale sin dal 1798, fu dato in affitto come dipendenza della sottostante Villa Biraghi, successivamente il degrado ne causò la chiusura nel 1970. Finalmente nel 1990 iniziarono i lavori di restauro che portarono alla riapertura al pubblico nel 1998 e si conclusero nel 2005 con l'apertura di una sala conferenze multimediale. Oggi il castello ospita una mostra permanente dal titolo "Il soldatino di piombo. Figurini storici dal secolo V al secolo XXI" e mostre temporanee. È gestito dal Comune di Vogogna, proprietario della struttura, ma uno spazio è in uso al Parco Nazionale Val Grande. Ciò che colpisce l'attenzione del visitatore è la torre semicircolare di cinque piani (altezza 19,40 m). Gli storici ipotizzano che fosse merlata e che la copertura fosse stata realizzata in epoca successiva rispetto al resto della struttura costruita probabilmente nel Quattrocento. La torre assunse in seguito la funzione di prigione e la mantenne fino al 1914. All'interno sono ancora visibili le anguste celle e i graffiti realizzati dai condannati: dopo i lavori di restauro questi spazi ospitano al piano terra mostre permanenti e al primo piano esposizioni itineranti, come quelle del corpo centrale. Esso è limitato a ovest dalla torre semicircolare e ad est da quella quadrata. Le stanze dei tre piani che costituiscono l'edificio sono dotate ognuna di un camino: questo farebbe ipotizzare un uso abitativo. L'ultimo piano viene attualmente utilizzato come sala informativa e per ospitare conferenze organizzate dal Centro Multimediale, ubicato invece nella torre quadrata. Al suo interno è stata realizzata una struttura trasparente di tre piani: il primo è riservato alla consultazione mentre negli altri vengono prodotti e archiviati i materiali multimediali. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=9L1nkJiRuBw (video di pedrereg), https://www.youtube.com/watch?v=26jDrzf2ArU (video di Sabrina Proverbio), https://www.youtube.com/watch?v=we8DY6wgq68 (video di Castelli Ducato di Milano), https://www.youtube.com/watch?v=9HdpSdZsaCo (video di robby4815).

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Vogogna, https://www.comune.vogogna.vb.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/castello-visconteo-sec-xiv-20956-1-619a19e0d3dba1f2f049f8ad767a0c54, http://www.parcovalgrande.it/centrivisita_dettaglio.php?id=642 , http://www.lagomaggiore.net/66/castello-visconteo-di-vogogna.htm#!prettyPhoto

Foto: la prima è presa da https://www.comune.vogogna.vb.it/it-it/immagine/img-20956-O-36-248-0-0-6b0ad1d9f377c14431abff36bcbe3fba, la seconda è di Alessandro Vecchi su https://it.wikipedia.org/wiki/Vogogna#/media/File:Vogogna_castello.jpg

mercoledì 12 dicembre 2018

Appuntamento a domani 13 dicembre

Cari amici,

oggi non ho modo di inserire un nuovo castello, troppi impegni e poco tempo libero....

A domani! 

martedì 11 dicembre 2018

Il castello di martedì 11 dicembre




VELTURNO (BZ) - Castel Velturno

Le origini del paese risalgono alla preistoria; a questa risalgono le scoperte archeologiche rinvenute nella zona Tanzgasse. Attorno al 1112 i signori di Velturno avevano la loro sede nel castello di Ziern (sul Pflegerbühel). Il Castello di Velturno (Schloss Velthurns) venne fatto costruire dal cardinale Christoph von Madrutz nel 1577 ed è stato ampliato dal suo successore Johann Thomas von Spaur fino al 1587. Fu adibito, nel corso della storia, soprattutto come residenza estiva dei principi vescovi di Bressanone fino al 1803. Il castello è ornato da rivestimenti sui muri e sui soffitti, che fanno parte dei capolavori rinascimentali, particolarmente pregiati all'interno del cosiddetto Fürstenzimmer (stanza dei principi). Nel 1978 questo monumento artistico venne acquisito dalla Provincia di Bolzano e fatto restaurare. Oggi l’edificio è gestito dalla Ripartizione Beni Culturali della Provincia Autonoma di Bolzano. Un tempo il castello era conosciuto per il suo recinto dei cervi, il laghetto con i pesci e per l’enorme voliera. Al giorno d’oggi, l’edificio stesso è divenuto una vero e proprio luogo d’interesse. Particolarmente degni di nota la Cappella di Santa Caterina al piano terra, con la pala di altare di Hans Schmid e, al piano superiore, la boiserie rinascimentale, portali intagliati, una stufa ottagonale con stemmi familiari e scene dell'Antico e Nuovo Testamento, affreschi ed opere d’intarsio, come ad esempio il dorato soffitto a cassettoni nella Stanza del Principe (Fürstenzimmer). Nella cancelleria (Schreiberhaus) è possibile visitare il Museo della Cultura Contadina con una raccolta di manufatti e utensili a uso agricolo e artigianale. Di recente si può visitare anche l'Archeoparc, il luogo di culto dell'età del rame rinvenuto nel paese, con la sua area megalitica costituita da cerchi di pietre, tumuli e strutture a forma di ellisse. Ecco il sito web ufficiale del castello: http://www.schlossvelthurns.it/it/. Altri link suggeriti: http://www.mondimedievali.net/castelli/trentino/bolzano/velturno.htm, https://www.klausen.it/it/piaceri-cultura/cultura-luoghi-interesse/castel-velturno/, https://www.youtube.com/watch?v=X-GWAS5rKvo (video di PiccolaGrandeItalia.tv)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Velturno, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Velturno, https://www.suedtirolerland.it/it/cultura-e-territorio/castelli/castel-velturno/, https://www.altoadigepertutti.it/it/poi/castel_velturno

Foto: la prima è presa da https://www.altoadigepertutti.it/it/poi/castel_velturno, la seconda è presa da http://www.musei-altoadige.it/it/musei.asp?muspo_id=603

lunedì 10 dicembre 2018

Il castello di lunedì 10 dicembre



LIZZANELLO (LE) - Palazzo baronale Palmieri-Majola in frazione Merine

Pare che Merine esistesse prima ancora di Lizzanello; si dice che la frazione sia sorta in epoca alto medioevale, intorno ad una grancia basiliana. Merine fino al XIII secolo fu incorporata alla Contea di Lecce e fu infeudata nel 1353, ai Carovineis che la possedettero sino al XV secolo. In quel tempo il luogo era soggetto, per la giurisdizione civile e penale, al Vescovo di Lecce. Il casale passò ai Montenegro e, nel 1613, ai Palmieri, che lo acquistarono per 20.500 ducati. Costoro furono signori del luogo fino all'800, ossia fino all'evasione della feudalità. A Merine, oltre le abitazioni a corte, esistono moderne costruzioni. Il centro storico ha l'aspetto di un agglomerato rurale, costituito da casupole realizzate con muratura irregolare e con il tetto a spiovente coperto da embrici. Gli ambienti di queste case contadine, all'esterno dipinte di bianco, sono angusti. Inoltre la struttura urbanistica della frazione di Lizzanello gravita intorno a masserie e ad altre costruzioni fortificate, che ora sono state totalmente assorbite dall'abitato. Evidentemente si tratta di dimore occupate dai ceti elevati dell'epoca, con la funzione di proteggersi in qualche modo dai briganti e dalle incursioni saracene e piratesche, provenienti dal mare fino a tutto il XVIII secolo. Il Palazzo Baronale di Merine, sorse nell'area di una precedente costruzione feudale tra il XVI e il XVII secolo ad opera dei baroni Palmieri. La ricostruzione cinquecentesca del palazzo baronale, al quale era annesso un vasto giardino, ha cancellato qualsiasi elemento di fortificazione originario. Questo imponente palazzo, dotato di tanti ambienti che in un certo senso lo rendevano autosufficiente, era sicuramente guardato con timore e rispetto dai sudditi del barone. Oggi l'edificio, che discretamente si conserva, è conosciuto come Palazzo Palmieri-Majola, e ciò perché, la baronessa Antonia Pamieri ultima discendente della sua famiglia, aveva sposato l'ingegnere Giuseppe Majola. La costruzione, già nel tardo Ottocento, era in decadenza ed esso ospitò, fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, una fabbrica di tabacco. Restò chiusa per molti anni e sconosciuta ai merinesi, ma essendo divenuta proprietà del Comune di Lizzanello, furono avviati restauri e furono tra l'altro così scoperte interessanti pitture parietali, per tanto tempo ignorate in quanto occultate da strati di pittura. Il palazzo per la prima volta venne aperto al pubblico durante la "Sagra te lu ranu" del 2007 che, per tradizione, a Merine si organizza nella seconda settimana di luglio. Il palazzo è dominato dall'ampia facciata a due piani. La parte alta è animata da una serie di finestre architravate, concepite secondo i dettami del gusto borghese tipico dell'area tra la fine del Settecento e i primi del Novecento. Altro link suggerito: http://www.robertobellantuono.it/index.php?option=com_oziogallery3&view=05imagerotator&Itemid=188&tmpl=component&lang=it

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Merine, http://www.mondimedievali.net/Castelli/Puglia/lecce/provincia000.htm#merine

Foto: la prima è di ML1504 su https://it.wikipedia.org/wiki/Merine#/media/File:Palazzo_Baronale_Palmieri-Magliola_-_Merine.jpeg, la seconda è di Lupiae su https://it.wikipedia.org/wiki/File:Palazzo_baronale_di_Merine.jpg

venerdì 7 dicembre 2018

Il castello di venerdì 7 dicembre


 

MONTAGNA IN VALTELLINA (SO) - Castello di Mancapane

Nascosto tra i boschi, si trova ad un'altitudine di circa 900 m s.l.m ed è un castello praticamente sconosciuto, nonostante la sua importanza nelle Alpi Retiche per l'eccezionale tipicità di piccolo castello-recinto, costituito da due sole essenziali tipologie: recinto e torre. Una tradizione popolare vorrebbe che il nome derivi dalla mancanza di pane subìta dai castellani durante un assedio dei comaschi. Più attendibile è l'ipotesi avanzata dallo storico F.S.Quadrio in base alla quale il nome Mancapane deriverebbe dal nome greco Catapani, nome originario e contratto di De' Capitanei, la potente dinastia guelfa insediata nel 1372 nel castello Grumello, in colleganza con quello di Mancapane. La costruzione parrebbe risalire al periodo tra la fine del secolo XIII e l'inizio del secolo XIV, a scopo di avvistamento e difesa. Situato nella vicinanze del torrente Davaglione è composto da una torre e da una cinta muraria. Come nella maggior parte delle fortificazioni l'entrata è a circa 4 mt. di altezza; l'ingresso era pertanto consentito da una scala removibile in caso di necessità. Purtroppo nel muro del recinto non rimane quasi traccia della ghiera dell'arco d'accesso - solo due conci sono ancora in loco - e lo stesso vale anche per l'ingresso alla torre. La torre è alta 21 mt. e non presenta finestre ma solo feritoie, alcune munite di scivolo per facilitare la caduta di sassi e olio bollente in caso di attacco. Non aveva funzione abitativa, nonostante al suo interno fosse suddivisa in più piani; era presente un solo alloggio per la guardia, sono infatti ben visibili sul muro di cinta le tracce che testimoniano la presenza di un camminamento di ronda. Una diffusa tradizione locale vuole che il Castello di Mancapane e il Castello De Piro al Grumello fossero uniti da un cunicolo sotterraneo. I Grigioni ordinarono lo smantellamento del castello di Mancapane nel 1526. Gironzolando nei dintorni è possibile visitare anche il piccolo mulino di Ca' di Mazza recentemente ristrutturato e riconsegnato perfettamente funzionante grazie alla forza motrice fornita dal vicino torrente Davaglione. Altri link suggeriti: http://www.paesidivaltellina.it/montagna/mancapane.htm, video su https://www.youreporter.it/visita-ai-ruderi-del-castello-di-mancapane-a-montagna-in-valtellina-so/, https://www.youtube.com/watch?v=5Km2ehNEOzY (video di Giampaolo Palmieri), https://www.youtube.com/watch?v=8FoRyVTGFoc (video di annamaria bordet), https://www.youtube.com/watch?v=iqFiKfFxWCw (video con drone di Maurizio Azzola)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Mancapane_(Montagna_in_Valtellina), http://www.waltellina.com/valtellina_valchiavenna/dalla_storia/castello_di_mancapane_montagna_in_valtellina/castello_di_mancapane_montagna_in_valtellina.html, http://www.sondrioevalmalenco.it/it/torre-di-mancapane

Foto: la prima è presa da http://www.valtellina.it/it/approfondimenti/castelli/torre-di-mancapane, la seconda è presa da http://mtbtour.altervista.org/it/itinerari/media-valtellina/144-anello-carnale-davaglione

giovedì 6 dicembre 2018

Il castello di giovedì 6 dicembre



CALANNA (RC) - Castello

Calanna fu spesso al centro di forti interessi militari; ne è testimonianza il castello, di età normanna ma forse costruito attorno ad una precedente struttura bizantina, che ancora oggi si vede sulla collina che domina il paese. Grandi battaglie si ebbero per la sua conquista con assedi prolungati, eroiche resistenze ed implacabili ritorsioni. Nel 1255, ai tempi dello scontro tra Manfredi ed i sostenitori dei sovrani svevi, Pietro Ruffo, conte di Catanzaro ed avversario di Manfredi ne affidò la difesa al nipote Falcone, a Carnelavario de Pavia e a Boemondo da Oppido. Nel 1275 venne tenuta da un presidio angioino costituito da un castellanum, uno scutiferum e dieci serventes; da un documento angioino dell’anno successivo conosciamo l’impianto del suo castello: una torre “massiccia” a nord, un’altra ad est usata come carcere; tra esse un muro lungo quaranta canne (80 mt circa); una terza torre si alzava a sud ed una quarta al fianco della “magna janua” ad occidente, un lungo muro fra la porta e la torre massiccia, altre torri minori ed altre porte più piccole. Era rimasto danneggiato seriamente dopo i precedenti eventi bellici ed il sovrano ne ordinò la ricostruzione, evidentemente preoccupato per la sicurezza dell’abitato. Era una grossa struttura con dentro addirittura tre cisterne e ben due chiese (di S. Nicola e di S. Caterina). Nel 1283 per la guerra del vespro Calanna cadde in mano aragonese insieme a Fiumara, Solano e Mesa; ma nel 1302 con la pace di Caltabellotta ritornò agli Angioini. Le ostilità ripresero nel 1313, l’esercito aragonese occupò Reggio, Catona e Fiumara. In Calanna, attaccata personalmente da Federico d’Aragona, Damiano de Polizio offrì una prolungata quanta disperata resistenza. La punizione fu spietata, infatti il castello e il paese sottostante vennero gravemente danneggiati. Distrutta anche l’antica Mesa che aveva avuto fin dai tempi bizantini una grande importanza; si ritiene che il suo castello sia più antico di quello di Calanna ma era nota soprattutto come centro di grande spiritualità per i monasteri greci esistenti nei suoi dintorni. Il territorio di Calanna arrivava fino al mare fra Gallico e Catona, sbocco perso molto probabilmente in quella circostanza. Dalla distruzione di Mesa derivò la fondazione di Mesanova o Motta Anoveri; da quella di Calanna si vuole far discendere la nascita o quantomeno il popolamento di Laganadi. La guerra ebbe fine nel 1317; Calanna, con tutti i territori della Calabria occupati dagli Aragonisi finì a Papa Giovanni XXII che nel 1321 la restituì a Roberto d’Angiò. In quell’epoca, suoi casali erano oltre a Laganadi, Alessi (S.Alessio), S.Stefano Scroforio o S.Giuseppe di Scrofi oggi Villa S.Giuseppe e Rosalì. Ma il paese, diversamente da Mesa, si dovette riprendere rapidamente, perché nel 1377, la regina Giovanna I avendo bisogno di soldi vendette il suo territorio elevato a Baronia con tutti i casali a Fulcone Ruffo, conte di Sinopoli. Un diploma di Re Ladislao di Durazzo del 1412, inoltre, definendo la giurisdizione del capitano di Reggio da Bagnara a Bruzzano, elenca anche Calanna. Da quel 1377 cominciò la sua storia feudale. Spodestati i Ruffo, la baronia venne comprata da Bertoldo Carafa, patrizio napoletano. I Ruffo di Scilla la ricomprarono nel 1608. Con la ristrutturazione Amministrativa Operata da Gioacchino Murat nel 1811, Calanna divenne capoluogo di un circondario di cui facevano parte i nuovi comuni di S. Batello con S. Giovanni e Diminuiti, Laganadi, S. Alessio, Podargoni, S. Stefano, Ortì, Arasì e Cerasi, S. Roberto,Villa S. Giuseppe con Rosalì. In posizione dominante della valle del Gallico, tra il centro abitato e lo stretto di Messina, sorge l'antico castello. Esso fu edificato nel X secolo dai Bizantini e sui registri angioini del 1276 si trova testimonianza della fortificazione che pare avesse base ottagonale. Più volte rimaneggiato ed adeguato nel corso del tempo, fu feudo dei Sanseverino, dei Ruffo, dei Carafa, dei de Francesco e infine dei Ruffo di Scilla. Subì notevoli danni dal terremoto del 1783. Oggi ne rimangono pochi tratti della cinta muraria intervallata ogni 30 metri da tre torri quadrangolari, il fossato ed alcune cisterne. Il maniero era dotato di due ingressi. Sono ravvisabili, inoltre, quattro ambienti presso il torrione ad angolo, tre dei quali erano forse utilizzati come cisterne idriche. Altri link per approfondimenti: https://prolococalanna.wordpress.com/storia-e-archeologia-2/il-castello-bizantino-normanno/, https://www.youtube.com/watch?v=nzPmKKqAXc0 (video di PiccolaGrandeItalia.Tv)

Fonti: http://www.comune.calanna.rc.it/index.php?action=index&p=76, http://www.comune.calanna.rc.it/index.php?action=index&p=85, http://atlante.beniculturalicalabria.it/schede.php?id=125


Foto: entrambe sono prese da https://prolococalanna.wordpress.com/storia-e-archeologia-2/il-castello-bizantino-normanno/

mercoledì 5 dicembre 2018

Il castello di mercoledì 5 dicembre




CASTELNUOVO DI VAL DI CECINA (PI) - Torre dei Pannocchieschi in frazione Montecastelli Pisano

Il piccolo borgo fortificato di Montecastelli Pisano sorge nell'alta valle del fiume Cecina, lontano dalle vie di comunicazione principali, in una zona dominata da vasti boschi. E' situato sulla sommità di una collina, a 503 metri sul livello del mare e dista 16 km da Castelnuovo Val di Cecina. Dalla sua posizione si hanno ampie vedute di vallate poco popolate che spaziano fino alle Cornate e alla vicina val d'Elsa. Le prime notizie sul borgo risalgono al 1114, quando a Ruggero dei conti di Bergamo, Vescovo di Volterra, furono donati beni su quella collina. L'origine del castello è attestata al 1202, quando il Vescovo volterrano Ildebrando Pannocchieschi e Guasco, capostipite dei conti Guasco della Rocca, edificarono il castello, dividendosene a metà il dominio. Benché nel 1204 gli uomini del castello si sottomettessero al Comune di Volterra, il Vescovo riuscì con altre vicende a conservare il controllo della località sino alla fine del Duecento. Allorché il Comune si impadronì con le armi del castello e distrusse il cassero, il palazzo e la torre appartenente ai vescovi. Nei primi anni del Trecento il Comune legalizzò la conquista comprando la porzione di castello e dei diritti signorili spettanti ai Conti Pannocchieschi e ai Guasco, finché nel 1318 ottenne dal Vescovo Ranieri Belforti la cessione della quota vescovile della Signoria. La vertenza sul processo del castello tuttavia continuò e trovò soluzione solo alla metà del secolo con la cessione compiuta dal Vescovo Filippo Belforti. In questo contesto gli uomini di Montecastelli giurarono fedeltà al Comune di Volterra nel 1319 e nel 1337, ma nel 1370 si sottomisero al Comune di Firenze per tornare sotto il controllo volterrano nel 1381. Salvo un'altra parentesi fiorentina, dal 1429 Montescastelli seguì le sorti del Comune volterrano. Talvolta a seguito delle dispute tra Volterra e i Vescovi, oltre che i Fiorentini, si svolsero anche fatti bellici, come nel 1431, quando truppe al seguito di Niccolò Piccinini occuparono il borgo. Passarono pochi anni e, nel 1447, Montecastelli si trovò assediato dalle truppe di Alfonso d'Aragona, riuscendo però a resistere. Finite le dispute medioevali, con il consolidarsi del potere di Firenze, il borgo perse importanza militare. Alla fine del XVIII secolo la sua comunità fu incorporata a quella di Castelnuovo Val di Cecina. La struttura urbana a cerchi concentrici intorno alla sommità del colle, le strette stradine, i vicoli angusti, i passaggi coperti e le case in pietra testimoniano ancora con fedeltà l'aspetto medievale del borgo. I due principali assi stradali paralleli conducono alla pieve e alla torre. Tra i resti dell'antica cinta muraria ancora visibili alla base delle case del perimetro esterno, appare integra la porta di accesso sul fronte meridionale, con arco a tutto sesto e interamente costruita in blocchi squadrati di pietra (chiamata porta Bucignana perche si apriva in direzione del castello di Gabbro Bucignano). L'abitato è dominato dalla possente Rocca-Torre dei Pannocchieschi, attualmente di proprietà privata e non accessibile all'interno. Nel 1215 il vescovo Pagano dei Pannocchieschi fece costruire la torre a difesa della chiesa adiacente. Fu distrutta dalle milizie del Comune di Volterra (1219) e ricostruita dal Vescovo Felice Belforti nel 1343. La massiccia Torre di pietra ha la forma quadrata, con una base lievemente scarpata e redondone in pietra che la separa dal muro a piombo. L'ingresso è al livello del primo piano, della cui scala in pietra, ben più recente come costruzione, restano soltanto i supporti. Nella parte superiore della facciata rivolta a sud si possono notare i resti di una bella finestra con arco a tutto sesto (sul lato opposto una simile apertura è oggi tamponata) fanno supporre l'uso abitativo dei piani alti. A fianco della torre sorge la bella parrocchiale dei SS. Filippo e Giacomo eretta per volere di Ildebrando Pannocchieschi nel 1186. La chiesa conserva ancora intatta la sua struttura romanica a tre navate con pilastri e capitelli scolpiti. La facciata in conci squadrati presenta tre arcate; nella centrale si apre la porta di accesso. All’interno è presente L’immacolata Concezione ed i Santi Antonio, Biagio, Orsola e Francesco (1585-1588) eseguito da Cosimo Daddi. Sul fianco destro si apre una finestra a sesto acuto sulla cui architrave è scolpita una scena di caccia. Abbellisce l'insieme un campanile a base quadrata che va ad affiancare la torre. Altri link consigliati: https://www.youtube.com/watch?v=Ksd3uf4fI3k (video di Tekna Servizi srl), http://www.ilpoggiomontecastelli.com/it/Montecastelli/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Montecastelli_Pisano, http://www.fototoscana.it/mostra-gallery.asp?nomegallery=montecastelli, http://www.castellitoscani.com/italian/montecastelli.htm,

Foto: la prima è presa da http://www.fototoscana.it/mostra-gallery.asp?nomegallery=montecastelli, la seconda è presa da https://italianostrapisa.wordpress.com/2016/02/13/montecastelli-pisano-intatto-borgo-medioevale-posto-allestremo-lembo-della-provincia-pisana-verso-le-terre-senesi-vede-minacciato-il-suo-ambiente-naturale-dalla-geotermia/

martedì 4 dicembre 2018

Il castello di martedì 4 dicembre




CASALOLDO (MN) - Castello

Il castello dei Casalodi (o castello di Casaloldo, Torre Civica o torre Casalodi) è una fortificazione di origine medievale situata a Casaloldo, in provincia di Mantova. La torre civica è quanto rimane di un antico castello in terra e legno (essendo l'unica parte del complesso castellano edificata in muratura, è quindi naturale che oggi costituisca l'unica traccia concreta della zona fortificata dopo il suo smantellamento), edificato per difendere il feudo dagli attacchi dei signorotti confinanti e proteggere la popolazione e i suoi beni. La costruzione del fortilizio è probabilmente iniziata nell'XI secolo ed è strettamente legata alla presenza dei conti Ugoni-Longhi sul territorio. La casata vantava vasti possedimenti tra Bassa bresciana orientale e Alto Mantovano che comprendevano Montichiari, Desenzano, Asola, Castel Goffredo, Mosio e San Martino Gusnago. Il castello passò poi nelle mani di un ramo della stessa stirpe comitale che da Casaloldo prese il nome: i conti Casaloldi. Divenuta una delle più potenti famiglie del Bresciano, intorno al 1190 i Casalodi si stabilirono a Mantova, da dove vennero cacciati con l'inganno dai Bonacolsi, con Pinamonte, alla fine del XIII secolo. L'episodio è ricordato da una lapide marmorea del 1921 murata su una parete della torre che ricorda la menzione fatta da Dante Alighieri di Alberto II Casalodi nel XX canto dell'Inferno. Nel 1237, in occasione della discesa in Italia dell'imperatore Federico II, il maniero, assieme al castello di Carpenedolo, venne distrutto dalle truppe ghibelline di Reggio, alleate dell'imperatore. Il 5 ottobre 1237, infatti, dopo un breve assedio, le armate imperiali misero a ferro e fuoco i castelli di Carpenedolo e Casaloldo, sia quello dei conti, che quello fondato dal Comune di Brescia, cioè Castelnuovo. Si può facilmente immaginare come, in quegli anni 1236-37, a causa del passaggio dell'esercito ghibellino, i territori del Comitatus degli Ugoni-Longhi di Mosio, Redondesco, Marcaria, Casaloldo, Carpenedolo venissero saccheggiati, i villici spogliati dei loro beni e molte case incendiate; per molto tempo questi borghi dovettero risentire dei dolorosi effetti di questa calamità. Lo studioso tedesco Bohmer, riguardo alla presa di Casaloldo e Carpenedolo da parte delle armate reggiane, scrisse che i Reggiani, usciti da Goito, non marciarono con l'esercito imperiale, ma prima andarono verso sud e conquistarono solo Casaloldo e Castelnuovo, mentre essi si sarebbero riuniti solamente in seguito con l'esercito principale che stava a Carpenedolo. Dunque il lunedì 5 ottobre 1237, le milizie ghibelline dei Reggiani, guidate dal loro podestà Manfredo Cornazzano, si gettarono prima su Casaloldo e Castelnuovo, e in seguito si diressero a nord verso Carpendolo, prendendo e distruggendo con il fuoco i castelli di entrambe le due località. Il castello di Casaloldo, dunque, come molti altri della zona, era in terra e legno; in muratura aveva solo la torre portaia quattrocentesca tuttora conservata. Appartenente dal XV secolo alla repubblica di Venezia, nel 1441, nel corso della guerra che vedeva Visconti e Gonzaga alleati contro la Serenissima, il fortilizio si ribellò alla Dominante e si diede ai nemici. Le sorti del conflitto furono, però, favorevoli al leone di San Marco, che inflisse una pena esemplare a Casaloldo, decretando, con lettera del doge Francesco Foscari, l'abbattimento e la totale distruzione delle fortificazioni e dei palancati della infedele comunità: “fortilitia et palachata terrarum Rametelli Superioris et Casalisalti, de squadra Asule, funditus subvertantur, dirumpantur et prosternantur”. Terragli e steccati furono però in seguito ripristinati, ammesso che le fortificazioni di questo luogo siano state smantellate, dubbio legittimato da un'epigrafe murata nella facciata della superstite torre d'ingresso al castello, che reca la data di costruzione del 1437. Una eccezionale testimonianza della struttura del castello di Casaloldo è data da una bella e poco conosciuta fonte iconografica del 1717, una tela della parrocchiale di Casaloldo che raffigura la battaglia ivi combattuta il 10 maggio 1509 nell'ambito della guerra che oppose la lega di Cambrai, cui aderì anche Mantova, a Venezia. In quella circostanza le truppe gonzaghesche, guidate all'assalto del fortilizio di Casaloldo da Alessio Beccaguto, nella convinzione di una facile e corroborante vittoria, si trovarono invece a sostenere una lotta accanita contro la popolazione locale, che, animata dal coraggio e dall'energia delle donne, impegnò a fondo gli attaccanti mantovani. Nel frattempo Asola, avvisata del fatto, provvedeva a inviare un contingente armato in soccorso di Casaloldo e così, aggrediti da due fronti, i soldati del Beccaguto sbandarono e si diedero a una ignominiosa fuga con perdite di uomini e mezzi. Nel quadro, che raffigura con l'efficacia di un'ispirata arte popolare la fase cruciale del combattimento, risalta il castello di Casaloldo con fossato acqueo – Casaloldo era protetto, oltre che dal fossato, anche da una cercha, cioè un secondo fosso esterno al primo, e ancora nel 1754 il canale intorno all'abitato si chiamava Cerca -, torre portaia e rivellino e si evidenziano, al posto delle mura, i terrapieni erbosi sormontati dallo steccato. Esaurite le sue funzioni, la fortificazione fu gradualmente smantellata tra Settecento e Ottocento, con lo spianamento dei bordi dell'altura e l'interramento del fossato; fu lasciata al suo posto solo la torre d'ingresso, che rimane ancora oggi con l'aggiunta torretta con funzioni di campanile e di torre dell'orologio. La torre risale al XV secolo; la facciata principale in mattoni a vista è rivolta verso via Dante Alighieri, ed oggi risulta chiusa lateralmente fra edifici di costruzione posteriore – il macello e la ex “casa del fascio” -. Attraverso la torre e mediante un ponte levatoio sul fossato, ora interrato, si accedeva al recinto fortificato. La struttura della torre si compone della porta in muratura e del sovrastante campanile. Essa in epoca medievale e moderna collegava il nucleo più antico – il castello – alla parte più recente – il borgo. Nella torre sono state ricavate, nel XX secolo, alcune stanze d'abitazione. Il fabbricato mostra elementi costruttivi tipici delle torri portaie, quali i due accessi – uno carraio ed uno pedonale - prospicienti il Tartaro e il borgo, i grandi tagli nella muratura necessari allo scorrimento dei bolzoni del ponte levatoio principale e del ponticello pedonale, la struttura delle volte, poste a definizione plastica della porta. Poco conservati sono i resti di decorazione a fresco ancora presenti su alcune rientranze ricavate nella facciata; sulla sommità corrono due serie di dentellature decorative in cotto, mentre sopra l'arco di accesso principale è stata collocata nel 1921 la già citata lapide dedicata a Dante Alighieri e ai conti Casalodi. Insieme ai fabbricati adiacenti del macello e dell'ex “casa del fascio”, a partire dal 2010 è stata oggetto di restauro e di recupero da parte del comune. Oggi, dopo i lavori, la torre accoglie la biblioteca e sale espositive. Altro link suggerito: http://www.comune.casaloldo.mn.it/index.php?option=com_content&view=article&id=148:cenni-storici&catid=30&Itemid=127

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_dei_Casalodi, https://it.wikipedia.org/wiki/Casaloldo, http://www.terrealtomantovano.it/luogo/torre-civica-di-casaloldo/

Foto: la prima è di Massimo Telò su https://it.wikipedia.org/wiki/Casaloldo#/media/File:Casaloldo-Torre_Casalodi.JPG, la seconda è presa da http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MN360-00224/?view=luoghi&offset=1&hid=7.268&sort=sort_int

lunedì 3 dicembre 2018

Il castello di lunedì 3 dicembre



FAULE (CN) - Castello

Il nome di Faule deriva da Fagus, ovvero faggio. Questa zona doveva essere un Fagale, il cui significato era "selva di faggi". In un atto del 1040 il nome Fagulae si vide accorciarsi in phale, e alterato con Faloa, poi Faulae e infine Faule. Lo stemma rappresenta un faggio, mentre il lago rappresenta l'ormai estinto lago di Capalla. I primi documenti che citano Faule risalgono al 1040 in un atto dell'abbazia San Silano di Romagnano, con il toponimo Fagulae. A quei tempi il comune era sotto il dominio dei marchesi di Susa, e successivamente ai Marchesi Del Vasto, di Saluzzo. Nel 1163 Federico I lo donò ai Romagnano che vi eressero un castello su una preesistente fortificazione dei marchesi di Busca; passò successivamente agli Acaia (dopo circa quattro secoli), prima di essere infeudata ai Provana, ai Gauteri, ai Doria del Maro, ed infine ai Casana. Il castello di origini trecentesche, composto da un blocco centrale in mattoni con due torri angolari rotonde, è considerato un esempio di castello agricolo del basso Piemonte. Sorge sul sito di un antico maniero demolito nel 1780. Le torri più basse sono quello che rimane della precedente fortezza che servì il 17 giugno 1577 ai Savoia come difesa. Di particolare interesse è il torrione circolare, coronato superiormente da merli ghibellini a coda di rondine.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Faule, http://www.comune.faule.cn.it/Home/Guidaalpaese/tabid/16471/Default.aspx?IDPagina=6820, http://www.visitterredeisavoia.it/it/localita-approfondimento/?IDS=6477

Foto: sono entrambe di alessandro1953, prese su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/239999/view e su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/239993/view

venerdì 30 novembre 2018

Il castello di venerdì 30 novembre



BARLETTA (BT) - Torre Ofanto

Situata presso la foce del fiume in località Fiumara, a circa 1 km da Barletta, è una torre d'avvistamento del XVI secolo. Fu costruita nel 1568 a spese del governo di Napoli e dell’università di Barletta su progetto dell’ing. Tommaso Scarla; originariamente destinata a torre di vedetta (faceva parte del sistema di difesa costiera contro le incursioni navali costruito nel Regno di Napoli tra il XVI e il XVII secolo), funse da faro per Barletta e le torri limitrofe. A pianta quadrata con volte a botte incrociate e spessore della muratura maggiorato sul lato esterno, di circa tredici metri di lato, presenta una base tronco-piramidale e cinque caditoie per lato. L’accesso originario al piano superiore era costituito da una scala detraibile in caso di attacco e difeso da una caditoia posta sulla sua perpendicolare; in seguito furono costruite due scalinate, non più esistenti. All’interno, al primo piano è una sala quadrata con nicchie nei muri d’ambito, al piano inferiore una cisterna. L’edificio, nello stato attuale, è adibito ad usi agricoli e, nonostante il suo valore storico, si presenta in uno stato di grave degrado statico causato dalla totale assenza di manutenzione. Le caditoie sono in gran parte crollate mentre le rimanenti sono pericolanti; il rivestimento esterno dei paramenti murari, costituito da conci di tufo carparo è stato in più punti asportato ed eroso. La torre dista circa un chilometro dal mare e cinquecento metri dal fiume (in destra idraulica). Alcune foto scattate negli anni Settanta mostrano la torre in migliori condizioni di conservazione ma con i segni evidenti di quei dissesti che avrebbero successivamente provocato i crolli di gran parte delle merlature e delle caditoie. Qui si può visitare "virtualmente" all'esterno (https://virtualglobetrotting.com/map/torre-ofanto/view/google/)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Ofanto#/media/File:Torre_Ofanto.jpg, http://www.itc.cnr.it/ba/fabrica/ita/index.php?id=progetto&id2=casi_di_studio&id3=torre_ofanto&pag=02, https://intothelandscape.wordpress.com/2012/11/05/torre-ofanto-barletta-lungo-lofanto4/

Foto: la prima è di Vipstano su https://it.wikipedia.org/wiki/Ofanto#/media/File:Torre_Ofanto.jpg, la seconda è didonizettiboy jr su https://mapio.net/pic/p-63139229/

giovedì 29 novembre 2018

Il castello di giovedì 29 novembre




FERENTILLO (TR) - Castello di Umbriano

Umbriano è un castello di pendio attualmente abbandonato ubicato nel comune di Ferentillo. Il castello venne costruito sul versante nord del monte S. Angelo nell'890 subito dopo le incursioni saracene in Umbria in una posizione dominante e naturalmente imprendibile. Difendeva, assieme alla rocca di Ferentillo, l'importante abbazia di San Pietro in Valle. Durante la sua millenaria storia ebbe vari passaggi di proprietà e seguì sostanzialmente le vicissitudini di Ferentillo che, dopo esser stato riportato al rango di comune, lo ricomprò nel 1860. Nel XIII secolo l’abate di San Pietro, lo cedette per avere più protezione alla potente Spoleto, possesso poi confermato dal Cardinale Capocci, e la città provvide a restaurarne le fortificazioni nel 1400. Nel 1500 passò ai Conti Cybo Malaspina di Ferentillo, insieme ad alcuni villaggi vicini. Nel 1730 fu dei Benedetti di Spoleto; essi, nel 1847, lo vendettero a Luigi Desiderato di Monthelon, che da Pio IX ebbe il titolo di principe di Umbriano e Precetto (Ferentillo). Privo di collegamenti stradali con la Valnerina e di attrattive economiche ha subito, nel secondo dopoguerra, un progressivo spopolamento, comune a tutti i centri minori umbri, e dal 1950 risulta essere completamente abbandonato. Dal punto di vista architettonico la fortificazione (che domina il Nera) è costituita da una serie di edifici allineati lungo la via principale, con una planimetria che segue l'andamento del pendio roccioso, con bastioni (uno angolare e l’altro cilindrico che racchiudono stanze dalle piccole finestre) e porta ogivale, il tutto sotto l'alta torre quadrata, ancor oggi ben visibile dalla valle e alla quale si accede per un'alta pusterla. La torre era in comunicazione con le altre del territorio raggiungendo le postazioni di vedetta in alta montagna. Le abitazioni hanno tutte la stessa caratteristica, al piano terra i granai e le stalle, vasche per pigiare l’uva; al primo piano le cucine e saloni e, al piano sovrastante, stanze a tetto in legno dove immancabilmente sono presenti camini in pietra finemente lavorati. Questo tipo di architettura, come ad esempio, le finestre abbellite da davanzali e i portali in pietra, fanno presagire la ricchezza e il prestigio del castello, dove gli abitanti erano soprattutto dediti al commercio e all’allevamento, soggetti all’abbazia e al potere ecclesiastico. Gli abati, certamente, tenevano in vera considerazione gli Umbrianesi, ai quali, rendevano più del previsto della parte dei raccolti, con la speranza di una maggiore protezione. Agli abitanti del Castello, vassalli dell’abbazia, era stato dato il compito di coltivare le terre della valle, svolgere la pesca lungo il tratto del fiume, controllare il passaggio delle merci da e per la Valdinarco. La chiesa, per quel che rimane, si incontra all’ingresso, un tempo ricca di opere d’arte, come viene evidenziato da alcuni frammenti di affresco situati sulla parete dell’abside dove, si intravede un arto trafitto da freccia (San Sebastiano). Fino agli anni settanta era visibile sulla parete, dove era situato l’altare maggiore un Crocifisso tenuto dall’Eterno Padre in Trono; doveva essere il Mistero Trinitario dipinto da Giovanni Lo Spagna. L’edificio, ad un’unica navata, di piccole dimensioni, conserva ancora il portale con piedritti e architrave semplice su mensole, la facciata a capanna e campanile a vela sul lato destro. Una finestra si apre sulla valle e verso il monte Sant’Angelo. La chiesa è in rovina, nel peggior degrado e abbandono. Sono state anche profanate le botole sul pavimento in pietra, un tempo deposito dei morti. Altri link consigliati: http://www.sanpietroinvalle.com/umbriano-borgo-fantasma/, http://www.luoghidelsilenzio.it/umbria/02_fortezze/01_valnerina/00014/index.htm (numerose foto), https://www.youtube.com/watch?v=4GMPmC9M8sc (video di Nazzareno Bonifazi Capodaio), https://www.youtube.com/watch?v=b-6JzqXO7OM (video di Redazione UmbriaVentiquattro), https://www.youtube.com/watch?v=dNw7EZX7YWw (video di Claudio Mortini).

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Umbriano, http://www.umbria.website/content/umbriano-castello-di, http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-umbriano-ferentillo-tr/

Foto: la prima è presa da http://www.umbriaturismo.net/turismoumbria-it/piccoli-borghi/umbriano-ferentillo/, la seconda è di Silvio Sorcini su http://www.italiainfoto.com/gallery/umbria/p15589-ferentillocastellodi-umbriano.html. Infine, la terza è presa da http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-umbriano-ferentillo-tr/

mercoledì 28 novembre 2018

Il castello di mercoledì 28 novembre





TIZZANO VAL PARMA (PR) - Rocca di Belvedere

La rocca di Belvedere, nota anche come castello di Rusino o castello di Moragnano, era un maniero medievale, i cui resti sorgono tra le piccole omonime frazioni del comune di Tizzano Val Parma. Si ipotizza che dalla zona in cui sorge la rocca abbia avuto origine, nell'XI secolo, la nobile famiglia dei Da Moragnano, che furono vassalli degli Obertenghi ed ebbero il proprio storico feudo a Nasseta, oggi nel comune di Collagna. La rocca fu probabilmente edificata nei primi anni del XV secolo per volere di Ottobuono de' Terzi, signore di Tizzano, quale presidio fortificato sulla val d'Enza. Nel 1409, in seguito all'uccisione del condottiero, il castello di Rusino fu occupato dal marchese Odoardo Pallavicino e subito dopo dal marchese di Ferrara Niccolò III d'Este. Dopo la cessione di Parma in cambio di Reggio Emilia nel 1420 al duca di Milano Filippo Maria Visconti, quest'ultimo nel 1441 investì nuovamente del feudo di Belvedere i conti Guido e Giberto Terzi. Nel 1447 il Comune di Parma affidò direttamente la gestione del territorio, comprendente le località di Rusino, Moragnano, Vezzano, Groppizioso, Lalatta, Treviglio e Musiara, al podestà Antonio Caviceo; tuttavia, nel 1450 il duca Francesco Sforza elevò il feudo al rango di contea e lo assegnò ancora ai Terzi, che ricevettero conferma dell'investitura nove anni dopo. Nel 1479 il maniero fu assediato dal conte di Caiazzo Roberto Sanseverino d'Aragona, ma l'assalitore fu costretto a desistere. Nel 1518 la rocca fu nuovamente assediata, questa volta dal bandito reggiano Domenico Amorotto, che non riuscì nell'impresa. Nel 1666 il marchese Scipione I de' Rossi, oberato dai debiti contratti per rientrare in possesso della contea di San Secondo, fu costretto a cedere alla Camera Ducale di Parma tutte le rocche appenniniche in suo possesso. Il feudo di Belvedere fu in seguito assegnato ai conti Camuti; nel 1790 il conte Giuseppe lo cedette, in cambio di alcune terre a Ronchetti di San Secondo, al conte Pietro Andrea Leggiadri Gallani, che ne mantenne i diritti fino al 1805, quando i decreti napoleonici sancirono la loro abolizione nell'ex ducato di Parma e Piacenza. Dell'antico castello rimane oggi soltanto una torre mozzata, parzialmente recuperata agli inizi del XX secolo, con il rinforzo strutturale e l'eliminazione delle parti in pericolo di crollo. Gli ambienti interni sono stati inoltre svuotati dai detriti. La massiccia struttura in pietra, sviluppata su una pianta quadrata, è caratterizzata dalla presenza di piccole feritoie e dello stretto portale d'ingresso ad arco a tutto sesto, chiuso da cancello. Altri link suggeriti: http://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/castelli/index.jsp?id=2790, https://www.youtube.com/watch?v=gsBwAT87JGQ (video con drone di Flying Cat), http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/52809/view (foto di bormiolina)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Rocca_di_Belvedere

Foto: la prima è presa da https://www.rblob.com/dci/index.asp?cok=OK&fun=view&campo=REF&dat=PR068, la seconda è un fermo immagine tratto dal video su Youtube già menzionato sopra.

martedì 27 novembre 2018

Il castello di martedì 27 novembre




COLICO (LC) - Forte Fuentes

Tra il 1603 ed il 1606, il conte di Fuentes, Pedro Enriquez Acevedo, governatore di Milano, fece costruire sul Montecchio una fortezza con lo scopo di difendere il confine settentrionale del Ducato di Milano dai francesi e dai Grigioni svizzeri, che all'epoca occupavano la Valtellina e la Valchiavenna. La piana del forte era allungata, con opere a corno nelle estremità, mentre l'andamento irregolare delle mura, che uscivano e rientravano come cunei, consentiva una migliore difesa della bastionata. Il forte si sviluppava su diversi livelli: in alto, ancora visibile, il palazzo del governatore, che però, a causa dell'insalubrità dell'aria, risiedeva a Gravedona; ai livelli più bassi i quartieri dei soldati. Complessivamente il forte poteva ospitare 300 uomini. L'ubicazione della struttura consentiva di dominare la pianura sottostante, che da allora venne appunto denominata Pian di Spagna e permetteva di controllare le strade per la Valtellina e per il passo dello Stelvio, per la Valchiavenna e per il passo dello Spluga, e, infine, per Como e Milano. Ancora oggi la zona viene indicata come Trivio di Fuentes perché all'incrocio di tre direttive: verso Lecco, verso Sondrio e verso Chiavenna. A completamento del progetto difensivo spagnolo furono inoltre costruiti due fortilizi, uno sopra Sorico, l'altro, detto Fortino d'Adda, a Gera Lario e rivolto verso la Valchiavenna. Il forte era inoltre collegato ad una serie di avamposti preesistenti, noti con il generico nome di Torrette. Nonostante il Forte di Fuentes nel corso del XVII e XVIII secolo fosse una delle principali fortificazioni della Lombardia, la sua vita non ebbe eventi militari degni di nota: solo nel 1706, durante la Guerra di successione spagnola, il Forte venne assediato per la prima volta dagli austriaci che lo espugnarono solo dopo tre settimane. Nel 1714 in Lombardia al dominio spagnolo si sostituì quello austriaco: il Forte di Fuentes si trovò così coinvolto in due altri assedi, nel 1733, da parte di spagnoli e Piemontesi, durante la Guerra di successione polacca, e nel 1746 da parte degli spagnoli, durante la Guerra di successione austriaca. Nel 1782, in seguito alla riforma voluta dell'imperatore Giuseppe II d'Austria, la fortezza venne dismessa, radiata dall’elenco delle fortezze imperiali, messa all’asta e venduta a privati. Nel 1796, per volere di Napoleone, venne completamente smantellata ed in seguito abbandonata. Durante il periodo della prima guerra mondiale al forte di Fuentes venne costruita una postazione blindata che ospitava otto cannoni, suddivisi in due batterie da quattro delle quali l’una puntata verso la Val Chiavenna e l’altra verso la Valtellina. Nello stesso periodo venne anche costruito nelle vicinanze il Forte Montecchio Nord, ad oggi la fortezza militare meglio conservata in Europa. Fortunatamente, la guerra non toccò così da vicino questo forte che non è stato coinvolto nel primo conflitto mondiale, venendone sfiorato, nella Guerra di Liberazione durante la Seconda. Dell'antico Forte di Fuentes oggi rimangono in piedi solo alcuni ruderi, in parte sommersi dalla vegetazione, ricchi tuttavia ancora di fascino ed interesse. Dalla primavera 2012 il Forte è gestito dal Museo della Guerra Bianca in Adamello. Il forte aveva due accessi: la grande porta principale ed una più piccola detta porta del Soccorro (soccorso). Sulla porta principale, oltre al passaggio pedonale e a quello carraio, è visibile anche una porta murata, in realtà una finta porta che aveva solo una valenza estetica: rispettare la simmetria della facciata. All’interno dell’area del forte e a lato della piazza d’armi, di circa 15.000 mq, erano presenti diversi edifici:
- il palazzo del Governatore: sette stanze per ognuno dei suoi due piani; una stanza al primo piano adibita a cappella privata. Il palazzo aveva anche un grande scalone in pietra, di cui non restano tracce;
- la chiesa dedicata a Santa Barbara, sul lato ovest della piazza d’armi, anch’essa distrutta. La chiesa, con volta a botte e due altari laterali era decorata con affreschi. L'affresco staccato dalla chiesetta del forte, una Santa Barbara, patrona degli artiglieri, opera non particolarmente pregevole, ma di notevole importanza storica, è ora posta nel mezzo della navata laterale sinistra della chiesa parrocchiale di San Giorgio, nel centro di Colico;
- alloggi per il cappellano e il tenente del Forte a lato della chiesa;
- acquartieramenti per circa 400 soldati;
- cisterne per l’acqua;
- magazzini sotterranei.
Dal punto di vista letterario abbiamo traccia scritta del Forte di Fuentes proprio nei "Promessi Sposi", capolavoro di Alessandro Manzoni, che ci indica come il Conte di Fuentes fu il Governatore spagnolo che vergò molte delle Grida – “Non fu però di questo parere l’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don Pietro Enriquez de Acevedo, Conte di Fuentes, Capitano, e Governatore dello Stato di Milano; non fu di questo parere, e per buone ragioni. Pienamente informato della miseria in che vive questa Città e Stato per cagione del gran numero di bravi che in esso abbonda… e risoluto di totalmente estirpare seme tanto pernizioso, dà fuori, il 5 decembre 1600, una nuova grida piena anch’essa di severissime comminazioni, con fermo proponimento che, con ogni rigore, e senza speranza di remissione, siano onninamente eseguite” (cap. I, I Promessi Sposi). Nell’atrio di ingresso del Palazzo Belgiojoso a Lecco si possono vedere, sulle pareti del portico, alcune vestigia del Forte di Fuentes: lo stemma araldico del Conte di Fuentes, la lapide che era posta sopra la porta principale e l’arma di Spagna. Il monumento ha un suo sito web: https://www.fortedifuentes.it/. Altri link suggeriti: https://it.wikipedia.org/wiki/Forte_di_Fuentes, http://www.turismocolico.it/jhome/mnu-luoghi-e-monumenti/mnu-forte-di-fuentes.html, http://www.comoeilsuolago.it/fortefuentes.htm, https://www.youtube.com/watch?v=-mQ3EKXBtYc (video di etruscanwarrior), https://www.youtube.com/watch?v=hRTp8f6TxK4 (video di TeleUnica), https://www.youtube.com/watch?v=KdbxC3kkW4M (video di Sali in Vetta), https://www.youtube.com/watch?v=a62s7jLXUyU (video con drone di Dante Colombo).

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Colico#Forte_di_Fuentes, https://www.eccolecco.it/arte-cultura/castelli-lombardia/forte-di-fuentes-colico/

Foto: la prima è presa da http://www.leccoonline.com/articolo.php?idd=31329&origine=1&t=Colico%3A+7000+visitatori+al+Forte+di+Fuentes%2C+in+continua+crescita, la seconda è presa da https://lefotodiluisella.blogspot.com/2015/02/forte-di-fuentes.html (pagina di cui consiglio la visita)