martedì 31 gennaio 2023
Il castello di martedì 31 gennaio
ROMA - Castel Giubileo
La storia dell'attuale Castel Giubileo si collega direttamente con l'antica città di Fidenae che, sulla base di testimonianze archeologiche, sorse intorno all'XI secolo a.C. in un'importantissima posizione strategica tra la via Salaria e la via Nomentana. Da qui dominava le vie commerciali poste tra l'Etruria, la Sabina e l'Italia meridionale, nonché il tratto navigabile del Tevere, ove avvenivano i traffici commerciali. L'insediamento, circondato da mura, estendeva il suo controllo anche nella zona del Monte Sacro ed era fiorente - soprattutto in considerazione della fertilità del terreno (la vicinanza al fiume e la presenza di detriti vulcanici o tufi) - già prima della fondazione dell'Urbe. Nel 1280 l'agro apparteneva al monastero di San Ciriaco. In seguito, il castello (castrum) fu acquistato da Bonifacio VIII Caetani, pare con il ricavato del Giubileo del 1300, da qui si vorrebbe la denominazione Castel Giubileo. In realtà il nome deriva da quello della famiglia Giubilei del rione Trevi, a cui apparteneva, ancora nel 1371, tal Buzio di Giubileo. Sempre a causa dell'importanza strategica della postazione, nel 1406 Paolo Orsini, al comando delle milizie pontificie, bombardò il castello al cui interno si erano rifugiate le truppe del Re di Napoli e ne demolì parte delle mura; nel 1482 il castello venne assalito e saccheggiato da Ferdinando I mentre nel 1484 a saccheggiarlo furono alcuni trasteverini che sfogarono il loro rancore per la famiglia Della Rovere portando via mucche, maiali, asini, formaggi e vini. I saccheggi continuarono fino a quando il castello non venne definitivamente abbandonato e solo nel 1800 tornò a vivere ma trasformato in casale agricolo. Alla fine dell’ottobre del 1867 Giuseppe Garibaldi che morse il freno accampò i suoi 3000 volontari a Fidene nei pressi di Villa Spada; prima di lanciarsi all’assalto di Roma dormì in una delle stanze del castello e il giorno dopo diresse verso Casal de Pazzi. La tanto sperata insurrezione non ci fu e così egli fu costretto a battere in ritirata. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=umUWHlL9cqc (video di info.roma.it), https://www.info.roma.it/monumenti_dettaglio.asp?ID_schede=4834 (con cronologia eventi storici), https://www.ilmessaggero.it/roma/roma_segreta/la_rocca_non_c_entra_con_il_giubileo-3467547.html
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Giubileo, testo di Francesco Gargaglia su https://www.vignaclarablog.it/2019020884313/castel-giubileo-garibaldi-assalto-roma/
Foto: la prima è di torrimedioevalicampagnaromana.it su https://mappae-mundi.tumblr.com/image/172860903872, la seconda è presa da https://www.ilmessaggero.it/roma/roma_segreta/la_rocca_non_c_entra_con_il_giubileo-3467547.html
lunedì 30 gennaio 2023
Il castello di lunedì 30 gennaio
L'edificio si trova nell’abitato omonimo, frazione del comune di Majano, su una piccola altura (192,81 metri sul livello medio del mare) posizionata di fronte a quella che ospita la Chiesa di San Silvestro. Il ritrovamento di una necropoli longobarda (scavi effettuati tra il 1920 e il 1945) a poche centinaia di metri dal luogo dove si erge la casa-forte ed il borgo di S. Salvatore fa presumere che il colle sul quale sorgono possa avere costituito la sede di uno stanziamento longobardo formato da una "curtis" di pertinenza regia, databile al VII secolo. Le prime notizie relative al borgo di S. Salvatore risalgono al 1275; a quell'epoca faceva parte dei feudi dei Signori di Mels e continuò a restare in loro proprietà almeno fino agli inizi del XV secolo. Dell'edificio non si conosce l'epoca di costruzione, però sicuramente il luogo, posto in posizione dominante e distante poche centinaia di metri dalla necropoli, doveva essere adibito a vedetta e a compiti difensivi. Il borgo venne gravemente danneggiato dal terremoto del 1511 ed in seguito ricostruito, spostandolo rispetto alla casa-forte da Nord a Sud. Per alcuni secoli la casa-forte è stata proprietà dei conti di Colloredo-Mels e le ultime notizie, prima di arrivare ai giorni nostri, risalgono al 1900 quando la casa-forte entrò in possesso della famiglia Furchir. La casa-forte si presenta in pianta come una C completata e chiusa nel lato sud, verso Mels, da un corpo impostato a un livello più basso di alcuni metri rispetto alla costruzione principale, adibito a tinaia e a granaio. . Per accedere alla corte interna, racchiusa dai corpi edilizi risultanti da stratificazioni ed aggregazioni avvenute in epoche diverse e in cui si trova un pozzo, ci sono due ingressi: est e ovest. Il corpo orientale si presenta con una facciata seicentesca, ma rifatta in tempo più recente, caratterizzata da un portale d’ingresso ad arco in conci di pietra chiara e da finestre con riquadri in pietra piasentina con motivo modanato al piano nobile. Sulla sinistra un secondo portale architravato, posto ad un livello più basso, consente l'accesso alle cantine a sud. Il corpo a nord esternamente non presenta nulla di particolare, mentre all’interno, sul cortile, si può ancora vedere affrescata una meridiana al centro della facciata. Il lato ovest, soprattutto nel suo punto di collegamento con il lato nord, è sicuramente la parte più antica della costruzione in quanto nella muratura sono presenti mattoni probabilmente antichi. Inoltre, oggi, anche dopo i restauri, ancora in corso, si può vedere come la parete occidentale della casa-forte, esternamente, è l’unica ad essere caratterizzata da alcune feritoie. Altro link di approfondimento:https://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2011/11/13/news/majano-sara-ricostruito-il-castello-di-san-salvatore-1.1670012
Fonti: https://www.archeocartafvg.it/portfolio-articoli/majano-ud-casaforte-san-salvatore/, https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/0600007857
Foto: entrambe prese da https://www.archeocartafvg.it/portfolio-articoli/majano-ud-casaforte-san-salvatore/
venerdì 27 gennaio 2023
Il castello di venerdì 27 gennaio
SAN LEO (RN) - Torre Civica (o Campanaria)
È il monumento più appartato di San Leo, non per sua mole, massiccia e imponente, quanto per sua collocazione impervia ed una sorta d’innata alterigia che, ancor oggi, intimorisce ed allontana. È monumento però che connota e identifica la città, ne sconvolge il profilo, tutto rivolto al culmine-rocca, con una improvvisa, precisa, geometrica impennata. Il campanile-torre è edificio di grande bellezza, opera compiuta del romanico anzi, emblematico esempio di quello stile architettonico. Le sue murature esterne - principalmente d’arenaria ocra - sono costruite con perizia certosina, i conci sono connessi l’uno all’altro, in filari regolari, senza rivelare lo strato di malta che li incolla, così che il muro è un unico blocco compatto di pietra dalla base al culmine. Storicamente si sa ben poco della torre, che nell’impianto esterno è certamente contemporanea all’adiacente cattedrale del 1173. Originariamente la torre, oggi isolata, era parte della cittadella vescovile di Montefeltro, distrutta dai Malatesta a metà secolo XIV. Il suo perimetro quadrato ingloba ed occulta all’interno una costruzione a piante circolare, alta sino alla cella campanaria. Si tratta probabilmente di una torre precedente, più antica, per alcuni versi affine alla Pieve dell’assunta assunta (IX-XI secolo); vi si ritrova il medesimo tipo d’alcune monofore di quest’interno presentano un impianto e strombatura simili a quelle delle absidi della stessa Pieve. Qualcuno ha prospettato che il corpo cilindrico-raccordato al rivestimento quadrato da una scala a chiocciola in muratura costituisse il campanile della cattedrale altomedioevale. Certamente questa torre ha rivestito funzioni militari-difensive, rappresentando il più vicino rifugio per il vescovo ed i canonici della cattedrale in caso di pericolo. Essa è raffigurata in tutti i "ritratti" del masso leontino; nell’acquerello del 1626 di Francesco Mingucci vi si scorgono ben due ordini di finestroni arcuati ed un’altezza ben maggiore: come se la torre fosse munita di due soprastanti celle campanarie di cui non v’è traccia nell’originale. Di lavori approntati al "campanile del Vescovado" parla Giambattista Marini nelle sue memorie manoscritte del 1730, conservare nell’archivio storico comunale di San Leo. Si tratta di accomodamenti perpetrati nel 1612 poiché la fabbrica era ridotta "à cativo termine" a seguito dai danni subiti nell’occasione "dell’allegrezza della nascita del Ser.mo Principe" Federico Ubaldo Della Rovere, nel 1605. Augusto Campana ipotizzava che nella pietra posta sopra la porta d’ingresso né con probabile richiamo all’occasione ed epoca di costruzione ed eventuali committenti. Fra i conci d’arenaria ve ne sono numerosi altri in colore bianco. Provenienti da altra costruzione: alcuni esibiscono il lato scolpito con maglie ad intreccio, di sicura matrice altomedievale. Nello strombo di una finestra è presente un capitellino e relativo pilastrino frammentato, proveniente dalla recinzione presbiterale della pieve, insieme a quelli riutilizzabili nelle pseudo-loggette della stessa ed alle lastre dei plutei, conservate nel Museo d’Arte Sacra di San Leo. Solitamente chiusa al pubblico, la torre viene aperta nei periodi di festività o in occasioni di eventi. Altro link di approfondimento: https://youtu.be/szSJ2p7JcQU (video di Guida San Leo)
Fonti: La Torre Civica – Benvenuti a San Leo (san-leo.it),Tutte le fortificazioni della provincia di Reggio Emilia in sintesi, Castelli dell'Emilia Romagna (mondimedievali.net), San Leo (Italia) - Wikipedia
Foto: la prima è presa da La Torre Civica - Campanile di San Leo | guidasanleo.it, la seconda è presa da Torre Campanaria » Val Marecchia (explorevalmarecchia.it)
giovedì 26 gennaio 2023
Il castello di giovedì 26 gennaio
FARIGLIANO (CN) - Castello
Quanto importante fosse Farigliano in epoca basso-medievale ce lo suggerisce il nome della famiglia che per secoli ne ebbe il controllo, nientemeno che i Marchesi di Saluzzo, che qui avevano un avamposto rispetto al grosso delle loro terre montane e pedemontane. In località Castello restano i ruderi dell’antico maniero che un documento del 1210, stipulato dal Marchese Manfredo II, sommariamente descrive: si trattava di una torre fortificata con un palazzotto adiacente. Successivamente il castello fu ampliato: erano i tempi di Manfredo IV che, a testimonianza di una certa frequentazione, proprio a Farigliano venne sepolto. La vedova, Isabella Doria, continuò a dimorarvi (sembra per 15 anni) non incontrando le simpatie della gente, ma ancora più temuto era il figlio Manfredo (un nome che continuava a ripetersi tra i Saluzzo) indicato da alcuni come "flagello di Dio o figlio del demonio". La distruzione del castello risale però a tempi successivi, all’epoca delle guerre tra l’imperatore Carlo V ed il re di Francia Francesco I: siamo nella prima metà del XVI secolo e l’ordine espresso che sia ‘abatuto, smantellato e ruinato’ il maniero giunse nel 1544 dal Governatore di Cherasco Lois de Boller de Riez. Ma se fu abbattuto il castello, che rare notizie descrivono forte e munito ma insieme residenza confortevole e ornata, restano a testimonianza di un passato degno di nota alcune frammenti architettonici e figurativi di deciso carattere. Di gatti rossi è probabile che a Farigliano non ne troverete tanti, o comunque non più del solito. Ma sappiate che, praticamente da sempre, gli abitanti sono detti “i gat rus”, i gatti rossi. Nei tempi andati, attorno all’inizio del XIV secolo, il castello era abitato dalla Marchesa Isabella Doria. In un banchetto in suo onore pare che un gatto, bianco candido, saltò sul tavolo e fece rovesciare tutto il vino, macchiandosi inevitabilmente di rosso. Tutti i gatti che nacquero dopo furono rossi e Farigliano divenne inevitabilmente il “paese dei Gatti Rossi”. Discretamente conservate a Farigliano sono alcune case medievali, mentre non resta che un rudere dell'antico castello, demolito nel 1537 durante le guerre tra Francesco I e Carlo V per ordine di Ludovico Bollero di Centallo, un pioniere del banditismo politico, che si fece pioniere dei francesi in Piemonte taglieggiando le popolazioni nonostante la sua dignità di vescovo di Riez, diocesi di cui non prese mai il possesso.
Fonti: https://www.comune.farigliano.cn.it/Home/Guida-al-paese?IDPagina=29548&IDCat=4517, https://visitmondovi.it/farigliano-tra-gatti-rossi-e-artisti-misteriosi/, https://www.radiocorriere.tv/piemonte/Farigliano_cn.html
Foto: entrambe di Luisella Occelli su https://www.facebook.com/groups/221844924669748
mercoledì 25 gennaio 2023
Il castello di mercoledì 25 gennaio
SATRIANO (CZ) - Torre Ravaschiera
Satriano, allo stesso modo di Cardinale, venne governato dapprima dalla famiglia Gironda, successivamente dalla famiglia Ravaschieri ed infine dalla famiglia Filangieri. Satriano come tantissimi altri centri della Calabria subì dannose conseguenze dalla serie di terremoti che iniziarono il 5 febbraio 1783 e si conclusero con una ultima e tremenda scossa il 28 marzo 1783. L'antica Torre Ravaschiera, unico mastio del comprensorio di Soverato a essere ancora in piedi - anche se in pessimo stato di conservazione - si trova a circa un chilometro dal mare, in un luogo nascosto della valle del fiume Acinale. L'edificio era in collegamento visivo con altre due torri nel 1500, periodo in cui venne costruito. La struttura è a pianta quadrangolare, impostata sull'alto basamento con le mura a scarpa e con terminazione piana. L’ingresso alla torre è posto, come di norma, molto in alto: vi si accede da una scaletta che, all’epoca, doveva terminare in un piccolo ponte levatoio. Sulle facciate si aprono numerosi piombatoi (ciascuno dei fori attraverso i quali si lasciava cadere sul nemico olio bollente o sassaiole). L’interno consta di quattro ambienti sovrapposti, ai quali si accedeva per mezzo di scale di legno amovibili, coperti da un sottotetto a capriate, ormai completamente crollato in seguito alle forti piogge che si sono susseguite dal settembre 2009 ad oggi. In corrispondenza del prospetto laterale, è ubicato lo sperone in pietra mista, come il resto del paramento murario. Annesso alla torre è stato aggiunto successivamente, intorno alla fine del XIX sec., un frantoio ad acqua, com’è facilmente desumibile dalla tipologia, dai resti lignei della macchina ad acqua e del muro di canalizzazione, oltre che dall’unica macina superstite. Altri link sull'argomento suggeriti: https://www.lanuovacalabria.it/satriano-torre-ravaschiera-fermare-le-crepe-cercando-la-quadra-nel-recupero, https://www.comune.satriano.cz.it/index.php?action=index&p=10297,http://www.preserreedintorni.it/perche-e-importante-salvare-la-torre-ravaschiera-a-satriano/. Alcuni video trovati sul web: https://www.youtube.com/watch?v=gN-2XvOFpuQ (di Gianpiero Taverniti), https://www.rainews.it/tgr/calabria/video/2022/09/cal-torre-ravaschiera-satriano-rischio-crollo-7878d4bf-8986-41a5-ade0-60f1d6148439.html, https://www.youtube.com/watch?v=_kTb_UmTQ9Y&t=5s (di Raffaele Cosentino)
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Satriano, https://fondoambiente.it/luoghi/torre-ravaschiera?ldc, https://www.italianostra.org/beni-culturali/torre-ravaschiera/, https://www.soveratoweb.it/Articoli/54.htm
Foto: la prima è presa da https://www.lanuovacalabria.it/la-nuova-sezione-di-italia-nostra-paolo-orsi-soverato-guardavalle-la-torre-ancinale-rischia-di-crollare, la seconda è presa da https://fondoambiente.it/luoghi/torre-ravaschiera?ldc
martedì 24 gennaio 2023
Il castello di martedì 24 gennaio
TITO (PZ) - Rovine e torre di Satrianum
Citata in fonti medievali già nel IX secolo, Satrianum fu edificata su una collina (mt.950 s.l.m.) in posizione strategica da cui si controllava il valico di Brienza e l'antica via Herculea. Distrutta, venne ricostruita da Carlo D’Angiò, divenne possesso di Giovanni de Anches e poi degli Sforza e fu definitivamente abbandonata nella metà del XV secolo. L'antica Satriano, venne distrutta durante per volere di Giovanna II Durazzo D'Angiò e non fu mai più ricostruita. Sulla distruzione della città, avvenuta in seguito ad un incendio attorno al 1450, la leggenda narra che la regina di Napoli, Giovanna II d'Angiò-Durazzo, fece condurre a Satrianum una giovane dama di compagnia scortata da milizie del Regno. Quando il corteo attraversò Satrianum, la nobile donna venne rapita a causa della sua bellezza e Giovanna II, dopo l'affronto subito, ordinò una tremenda vendetta. L'abitato, infatti, venne incendiato risparmiando solo la torre normanna ed alcuni muri di edifici. I suoi abitanti si dispersero nei paesi vicini di Pietrafixa (oggi Satriano di Lucania) e Tito e del suo glorioso passato non rimasero che il nome, i resti che ancor oggi possono essere visitati e i racconti a metà tra la realtà e la fantasia circa la sua distruzione. I ruderi attualmente visibili comprendono, due cinte murarie, due villaggi con edifici residenziali e una chiesa con annesso cimitero. Sul pianoro sommitale sono visitabili una torre quadrata di XII secolo (adibita a museo multimediale “Una rocca di avvistamento sulla storia”) e i resti di un episcopio e della Cattedrale di S. Stefano. L’allestimento museale si sviluppa su tre piani. Il primo piano della torre, che poggia sulla cisterna per la raccolta delle acque piovane, porta il visitatore alla scoperta delle risorse ambientali e delle trasformazioni che il paesaggio ha subito ad opera di questi elementi naturali, con approfondimenti sulla rete viaria, l’economia e gli scambi. Il secondo piano è invece dedicato alla cultura materiale – alimentazione, agricoltura e artigianato – e si completa con un approfondimento su religiosità e riti popolari, dall’era precristiana al medioevo. L’ultimo piano del museo è a cielo aperto ed è rappresentato dal terrazzo della torre da cui, nelle ore notturne, si possono osservare le stelle mediante un telescopio computerizzato, oltre che elementi di geostoria riferiti al vasto territorio dominato dalla fortezza. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=wBwLW6NN1Fo (video di Comune di Tito), https://www.rainews.it/tgr/basilicata/video/2021/08/bas-torre-satriano-scavi-scuola-specializzazione-matera-archeologia-tito-92808984-3c40-4366-9164-86e09047555e.html (video), https://www.regione.basilicata.it/giunta/site/giunta/tiles/popupPrint.jsp?secId=100133&otype=1023&cntId=2985821
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Tito_(Italia), https://comune.tito.pz.it/vivere-la-citta/torre-di-satriano-in-tito-e-il-museo-multimediale-una-rocca-di-avvistamento-sulla-storia/, https://it.wikipedia.org/wiki/Satrianum, https://www.basilicataturistica.it/scopri-la-basilicata/arte-e-cultura-in-basilicata/musei-in-basilicata/musei-multimediali-in-basilicata/museo-torre-di-satriano-in-tito/
Foto: la prima è presa da https://cultura.gov.it/evento/l%20%27altura-di-Torre-di-Satriano, la seconda è presa da https://comune.tito.pz.it/vivere-la-citta/torre-di-satriano-in-tito-e-il-museo-multimediale-una-rocca-di-avvistamento-sulla-storia/
lunedì 23 gennaio 2023
Il castello di lunedì 23 gennaio
CASTIGLIONE DELLA PESCAIA (GR) - Castello di Casallia in frazione Case di Vetulonia
Sorse attorno all'anno mille come struttura conventuale che, abbandonata dai monaci, fu poi trasformata in fortilizio. Il complesso è costituito da una massiccia torre attorno alla quale si dispone un agglomerato di edifici abitativi, frutto di interventi di restauro avvenuti in epoche recenti, che hanno mantenuto le strutture murarie in pietra. La loro particolare disposizione evidenzia le originarie funzioni di convento, lasciando facilmente immaginare la collocazione dell'antica chiesa e quella delle strutture adibite a celle. L'edificio turriforme, in origine la torre campanaria dell'antico complesso religioso, ha mantenuto pressoché intatto l'originario aspetto di epoca medievale. Si presenta a sezione quadrangolare, con basamento a scarpa cordonato, pareti completamente rivestite in pietra, dove si aprono alcune finestre e feritoie disposte su tre livelli al di sopra del redondone. La parte sommitale, coperta da un tetto a 4 spioventi poco pronunciati e rivestiti con in mattoni, è il frutto di un rifacimento successivo che ha trasformato definitivamente l'antico campanile nell'attuale torre. Nella parte posteriore vi si addossa un contrafforte, probabilmente coevo. Il convento dipendeva dalla vicina Abbazia di Sestinga e, in seguito all'abbandono, venne acquistato da signori locali che lo trasformarono adibendolo a loro residenza e accettando la sottomissione a Siena a partire dal 1331. Con la caduta della Repubblica Senese avvenuta nella seconda metà del Cinquecento, il castello fu inglobato nel Granducato di Toscana, pur rimanendo sempre di proprietà privata. Dal Settecento in poi, una serie di interventi di ristrutturazione, andati avanti fino al secolo scorso, ne hanno modificato in buona parte l'originario aspetto medievale. Oggi la torre di Casallia è adibita a struttura ricettiva: https://www.torredicasallia.it/. Per approfondimento suggerisco questo video di Lucio Galassi (https://www.youtube.com/watch?v=zhFAhy8hlH4)
Fonti: https://castellitoscani.com/casallia/, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Casallia
Foto: entrambe sono prese da https://castellodicasallia.business.site/
venerdì 20 gennaio 2023
Il castello di venerdì 20 gennaio
MONTECALVO IRPINO (AV) - Castello in frazione Corsano
L'esistenza di Corsano è attestata fin dall'epoca della dominazione normanna, poiché il borgo è già citato nel "Catalogus baronum" del secolo XII. Corsano era infatti soggetta a un barone dipendente dalla grancontea di Ariano, mentre gli uffici religiosi erano affidati a un abate-curato dipendente dalla diocesi di Ariano. Il borgo disponeva di un palazzo baronale fortificato (il "castello") ubicato sul colle più alto, descritto come assai sfarzoso e dotato di ampi granai, e di due chiese: quella abbaziale di San Nicola di Mira (poi rovinata dal terremoto del 1962, ma ricostruita nel 2000) e quella di Santa Maria degli Angeli (citata solo in antichi documenti); nel XV secolo vi si aggiunse il convento dei Padri Eremitani di Sant'Agostino fondato dal beato Felice da Corsano, nativo del posto. Dal 1445 Corsano fu possesso di Luigi di Capua, poi passò a Caterina Pignatelli, quindi ai Carafa e infine ai Riccardi. Il borgo, che con i suoi 498 abitanti era nel 1593 l'undicesimo comune per popolazione fra i 14 che componevano la diocesi, rimase però totalmente deserto dopo la devastante epidemia di peste del 1656; a seguito di tale evento la baronia fu soppressa e le sue terre, frequentate ormai solo stagionalmente da braccianti agricoli avventizi, vennero assoggettate al barone di Montecalvo che provvedeva a nominare un governatore. Viceversa la diocesi di Ariano non soppresse ufficialmente l'abbazia, ma la carica di abate divenne solo nominale data l'assenza di popolazione residente. A partire dal Novecento la località è stata resa accessibile mediante la strada provinciale 148 che collega l'ex strada statale 414 di Montecalvo Irpino alla valle dell'Ufita. Il castello di Corsano era diverso e forse esteticamente più bello del castello di Montecalvo (di cui parleremo prossimamente nel blog), perché più residenza abitativa civile che fortezza. È crollato a seguito dei terremoti del Novecento: 1930, 1962 e 1980. È invaso dalla boscaglia che avanza inesorabilmente, come la giungla nei templi della Thailandia, o del Messico dei Maya e degli Aztechi. Ma diverse strutture murarie sono ancora in piedi. E poi al suo interno si trovano i pezzi del frantoio dell’olio, funzionante ancora alla fine degli anni Cinquanta, integri nelle parti metalliche e in pietra. Esistono di esso le foto scattate prima del terremoto del 1930. Si potrebbe recuperare e ricostruire buona parte dei suoi ambienti crollati, risanarlo e destinarlo alla storia della produzione del grano, dell’olio e del vino, istituendovi un Museo della civiltà contadina. In questo modo lo si farebbe diventare un luogo di storia e archeologia sociale, raccogliendovi i reperti e gli strumenti di lavoro dismessi, ancora reperibili sul territorio.
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Corsano_(Montecalvo_Irpino), https://www.angelosiciliano.com/S.%20o%20S.%20PER%20IL%20TRAPPETO.htm
Foto: la prima è di ALC su https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Castello_di_Corsano.jpeg, la seconda è una foto d'epoca che mostra come si presentava il castello prima della sua distruzione (https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/87/Corsano_%28Montecalvo_Irpino%29_ante-1930.jpg)
giovedì 19 gennaio 2023
Il castello di giovedì 19 gennaio
MERCATELLO SUL METAURO (PU) - Castello della Pieve
Il principale nucleo storico-culturale di Mercatello è Castello della Pieve, che fa corona al centro abitato e rende suggestivi i percorsi agresti e montani, ove si trova un caratteristico borgo, facilmente riconoscibile dalla bella torre medioevale e dalle case in fila, tutte in pietra scura, con al centro la chiesetta sormontata da un modesto campanile. Castello della Pieve fu costruito in prossimità di un antico tempio pagano dedicato, secondo la tradizione, al Dio del fiume Metauro. Il Castello sorse dopo la disgregazione dell’Impero Romano nel XII secolo, venne fortificato per difendere l’antica Pieve d’Ico, attuale Mercatello sul Metauro. Con le sue alte torri in grandi conci di pietra, gli armigeri difesero questa nobile terra dagli intrighi di cavalieri erranti e dalle congiure di potenti. Il Castello Medievale ebbe così un ruolo di rilievo nella geografia militare della Massa Trabaria, roccaforte Guelfa e Vassalla della Santa Sede. Correva l’anno 1301 quando a Castello della Pieve, il valoroso Carlo di Valois, fratello del Re di Francia, decretò insieme al rettore di Massa Trabaria l’esilio di Dante Alighieri. Si narra che al tramonto, viandanti ed artisti, presero riparo a Castello della Pieve, ultimo rifugio in prossimità dell’unica strada che li avrebbe condotti in Umbria e Toscana per evitare di affrontare probabili agguati notturni dei briganti nascosti tra i fitti boschi del valico di Bocca Trabaria. Col tempo, una sola Torre rimase a dominare la valle, mentre gli armigeri abbandonarono il castello e queste mura divennero un borgo abitato dalle genti del contado. Nella seconda metà del 900, questo borgo divenne un luogo fantasma (gli abitanti si trasferirono a Mercatello) finchè venne recentemente restaurato. Il paese ha una stradina in pietra e sassi che lo percorre longitudinalmente tra le case e la torre fino ad arrivare ad un´arcata che chiude il paesino unendo due case. Si può entrare nella torre per il portale sormontato da grandi pietre disposte ad arco. La Torre medioevale, di costruzione antecedente al 1258, è situata in posizione centrale e domina l´intero borgo con i suoi 20 metri di altezza. Nel lato di ponente è posta una Lapide in pietra arenaria scolpita dal mercatellese Giambattista Bastari (1895-1966) che ricorda le vicende storiche avvenute all’interno del castello e legate all’esilio di Dante Alighieri da Firenze. Sulla sommità della Torre si eleva ciò che rimane del seicentesco campanile a vela a due celle, contemporaneo della chiesa. All’inizio del secolo vi erano ancora le campane e su una di esse si poteva leggere: “HONOREM DEO ET PATRIAE LIBERATIONEM MERIUS DEURILIO ME FECIT A.D. MCCCXIIII”. Purtroppo questa andò perduta assieme al campanile, ricostruito nel 1912 sulla facciata della vicina Chiesa dedicata a San Giovanni Battista. L’antica chiesetta, ancora consacrata, con il protiro a tre archi coperto da una volta e un grazioso campanile, aggiunge valore al borgo, dove oggi è attivo un agriturismo biologico (https://castellodellapieve.it/). Altri link consigliati: https://www.facebook.com/FotoPaoloMini/videos/castello-della-pieve-mercatello-sul-metauro/1266648033393646/ (video), https://www.youtube.com/watch?v=3Jjsj9Jv-b0 (video di castellodellapieve), https://www.youtube.com/watch?v=VCVMSvtdgd8&t=2s (altro video di castellodellapieve)
Fonti: https://www.mondimedievali.net/Castelli/Marche/pesaro-urbino/provincia000.htm#mercatelcast, https://castellodellapieve.it/, https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-della-pieve-mercatello-sul-metauro-pu/
Foto: entrambe prese da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-della-pieve-mercatello-sul-metauro-pu/
Fonti: https://www.mondimedievali.net/Castelli/Marche/pesaro-urbino/provincia000.htm#mercatelcast, https://castellodellapieve.it/, https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-della-pieve-mercatello-sul-metauro-pu/
Foto: entrambe prese da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-della-pieve-mercatello-sul-metauro-pu/
mercoledì 18 gennaio 2023
Il castello di mercoledì 18 gennaio
MONTECCHIO (TR) - Castello di Carnano in frazione Tenaglie
Il castello, posto in una posizione dominante il territorio, è composto dalla rocca dove era situata la dimora o residenza del signore, e da una svettante e massiccia torre (o mastio), quasi un vero e proprio dongione (donjon), posta sul punto più alto, da dove si poteva controllare a vista tutto quello che avveniva intorno e su diversi lati, in direzione dei domini adiacenti: Orvieto, Todi, Amelia, i territori verso Viterbo e Montefiascone, dai quali era separata e contemporaneamente unita dalla viabilità fluviale, ottenuta mediante la navigabilità del fiume Tevere. Il castello fu costruito dalla signoria dei conti Baschi a guardia del versante dei monti della loro contea, che aveva come base il castello Baschi della Teverina, divenuto oggi l'odierno comune di Baschi. Il periodo più antico, dal V secolo alla fine del IX secolo, vede l'utilizzo di fossati, steccati e antemurali che difendono le torri, realizzate in pietra nella parte inferiore e aventi la parte superiore interamente o in parte lignea. La tipologia di queste torri rientra in quelle presenti alla guardia dei confini del limes romano tardoantico e, successivamente a livello cronologico e territoriale, alle torri punto di difesa del cosiddetto corridoio bizantino, che univa Roma all'Esarcato di Ravenna, capitale della Penthapoli nel corso del VI secolo. È probabile che ci troviamo a parlare di una torre di avvistamento e segnalazione per difendere e controllare il territorio dei bizantini, o greci, come li definisce nel VI secolo lo storico bizantino Procopio di Cesarea nel De bello Gothico. Altri elementi possono essere dedotti dalla Historia Langobardorum, scritta nell'VIII secolo dallo storico longobardo Paolo Diacono. Dagli inizi dal X secolo all'XI, con la pressione esercitata dai Longobardi sul caposaldo fortificato bizantino di Ameria (oggi Amelia), che aveva il controllo della importante via Amerina, arriviamo a Carlo Magno e il Sacro Romano Impero, con Ottone I e le donazioni dell'Impero alla Chiesa, alle investiture e alle lotte tra le varie famiglie. Il castello di Carnano è segnalato su due mappe cinquecentesche. Nella stampa del 1583 di Ignazio Danti dedicata a Monaldo Monaldeschi, il castello di Carnano compare nella sua interezza, mura di cinta e mastio. Nella pianta del 1585 dell'Archivio Comunale di Todi (Tav. 178, Fon. Dis/Piante. inv. 1991), compare l'immagine del castello di Carnano "scaricato", ossia diroccato a seguito del saccheggio del popolo di Tenaglie e di Montecchio. Le campane della chiesa di S. Maria, all'interno del castello, furono sottratte dai montecchiesi, i quali le apposero nel campanile della Chiesa del Carmine, in piazza Garibaldi. Negli anni cinquanta tale chiesa fu demolita per far spazio ai giardini comunali, e delle campane di Carnano non si ebbe più traccia. Il 17 dicembre 2007, dopo 400 anni di abbandono, un piano di recupero è stato predisposto per il completo recupero ed uso del maniero (Fonte Comune di Montecchio Ufficio Edilizia) redatto grazie ad Emiliano Volpetti che finanziò e partecipò in prima persona ai rintracciamenti architettonici ed archeologici, ai rilievi e agli studi bibliografici e delle fonti. La roccaforte e l'annesso castello è divenuta famosa per esser stata visitata da san Francesco di Assisi e ove, secondo tradizione, decise di fondare il Terz'Ordine Francescano. Tradizione confermata anche dalle edizioni più tardive dei Fioretti. Nelle trascrizioni al posto di Carnaro ed anche "Carmano" fu scritto Cannaia (Cannara), un piccolo paesino rurale ai piedi di Assisi, perché nessuno riuscì a scoprire realmente il luogo umbro "Carnano" il cui castello scomparve dalle mappe alla fine del 1500. Il castello Baschi di Carnano è dal 1999 di proprietà di Emiliano Volpetti, discendente della notabile famiglia Volpetti dell'Umbria, famosa per le botteghe del gusto capitoline dal 1870, originata in Valnerina presso Nortosce nel Comune di Cerreto di Spoleto (Pg). Tutto l'impianto della Roccaforte e del castello sono di tipo difensivo militare e fu scoperto dopo lunghi studi da Emiliano Volpetti nel 1999. Da un piccolo brano di mura emergenti dal terreno e dal rudere dell'abside della chiesa completamente mangiati dal bosco durante i secoli (per questi motivi la Rocca e il castello non furono più riportati nelle cartografie) il Volpetti con una campagna di saggi e scavi archeologici ha riportato alla luce tutto il sedime della poderosa roccaforte con castello che si estende su un ettaro. Il Volpetti ha rintracciato sino all'anno 2012 circa il 95% dei manufatti edilizi storici che risultavano completamente interrati dai 5 ai 10mt sotto il livello del piano campagna. È riuscito a rintracciare gli ingressi, i portali, i sotterranei, molte stanze con i pavimenti originali del XIII secolo, le cripte della chiesa, il rivellino del ponte elevatoio, i bastioni, il cassero avanzato con gli alloggi nobiliari ecc... Sottostante il mastio, nel versante del castello, vi era un nucleo di edifici per le abitazioni delle famiglie degli inservienti, dei soldati, la cappella, i magazzini, i forni, le carbonaie, le stalle, i corpi di guardia e tutti gli altri servizi di castellanza. Le caratteristiche strutturali e tecniche delle varie parti di questo castello fortificato seguirono i progressi dell'arte militare: si passò così dalle nude muraglie merlate della prima struttura architettonica feudale, alle ben studiate disposizioni difensive dei castelli dal XIII al XV secolo, dominati dall'alta mole del mastio, coronati dalla serie delle merlature su caditoie del cammino di ronda aggettante, protetti dalle robuste torri distribuite nei punti più salienti. In questi già complessi e vasti organismi, il palazzo del signore di Baschi, con i fabbricati annessi, prese importanza e aspetto di dimora principesca e, pur conservando all'esterno le disposizioni necessarie per la difesa e la sicurezza degli abitanti, si arricchì, nell'interno, di cortili e di sale dalle amene architetture e leggiadre decorazioni. Vi sono segni evidenti delle ultime manipolazioni eseguite nel XVI secolo, probabilmente ad opera dei due facinorosi fratelli Baschi di Carnano, Attilio e Flaminio, dove il castello comincia a perdere il duplice carattere di fortezza e di dimora signorile ponendosi sotto forma di fastosa dimora nobiliare. La poderosa struttura non ha fondazioni, poggia direttamente sul banco di roccia ed è difesa più in basso dalla vigorosa cintura difensiva consistente nelle possenti murature realizzate a blocchi lavorati e squadrati, unitamente a conci in pietra sbozzati di varie forme e dimensioni. Queste opere murarie delimitavano il perimetro del complesso militare e civile cingendolo tutto intorno, ad eccezione dei punti dove era difeso naturalmente verso la valle da precipizi. All'interno, sono visibili le tracce delle abitazioni, delle cisterne, i resti della pavimentazione, i sotterranei dell'antico borgo, il cassero appartenuto ai conti di Baschi e le interessanti strutture architettoniche romaniche superstiti, riferibili al complesso religioso della chiesa medievale dedicata a Santa Maria. L'arco cronologico del complesso, per quanto riguarda le fonti storiche e d'archivio, copre un periodo che dal XII secolo arriva al XVI secolo: l'ultimo quarto del 1500 rappresenta il momento dell'abbandono definitivo. Emiliano Volpetti nel 2010 ha voluto rendicontare tutto il rintracciamento e il sedime del castello e della rocca (dissepolti dopo 4 secoli), mediante un attento rilievo topografico fatto realizzare dal Geom. Stefano Materazzini di Allerona e dall'Arch. Pier Luigi Venanzi di Terni. Altri link per approfondimento: https://www.andreabovo.it/castello-di-carnano/, https://www.iluoghidelsilenzio.it/abbazia-di-santandrea-di-carnano-montecchio-tr/, https://www.facebook.com/wpvideomacking/videos/il-castello-di-carnano-montecchio-tr/892685768182463/ (video con drone)
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Carnano
Foto: entrambe sono prese da https://www.iluoghidelsilenzio.it/abbazia-di-santandrea-di-carnano-montecchio-tr/
martedì 17 gennaio 2023
Il castello di martedì 17 gennaio
ANFO (BS) - Rocca d'Anfo
Sulla sponda destra del lago d'Idro si estende un complesso militare denominato Rocca d'Anfo, riconosciuta come una delle più grandi fortezze di epoca napoleonica. Il complesso, di forma triangolare, si estende per oltre un chilometro sulla riva del lago e lungo le pendici del monte Censo fino quasi alla sua sommità, con un dislivello di circa 700 metri. Si divide in tre parti: la Rocca Vecchia del XVI secolo di cui rimangono pochi frammenti, la Rocca Bassa e la Rocca Alta realizzata dagli ingegneri napoleonici. Il complesso militare fortificato venne eretto sul pendio del monte Censo nel secolo XV dalla Repubblica di Venezia, che governò il territorio bresciano della Val Sabbia dal 1426 al 1797 e posto a guardia del vicino confine di Stato con il Principato vescovile di Trento. Il compito di progettare e sovraintendere ai lavori di costruzione fu affidato al conte Gian Francesco Martinengo, “valoroso condottiero e valente ingegnere militare” di Barco di Orzinuovi. In questo modo si cestinarono definitivamente i progetti originari dei Visconti di Milano, precedenti dominatori di queste terre, che prevedevano la fortificazione del confine con il Trentino lungo il fiume Caffaro a nord del rio Riperone, o l'eventuale ripristino e ampliamento del luogo fortificato posto sul dosso di Sant'Antonio di Caster situato nel Comune di Bagolino nei pressi di Monte Suello. I lavori durarono fino al 1490 e secondo alcuni ricercatori il nuovo complesso difensivo fu edificato su una precedente fortezza di origine longobarda. Nel periodo veneziano, tutte le esigenze della Rocca, così come per tutte le altre fortificazioni, erano supervisionate dai Collegio dei Savi, poi dal 1542 la Serenissima diede l'incarico a due senatori con il titolo di Provveditori alle fortezze, portati a tre nel 1579. Il comando militare della struttura era affidato ad un patrizio con il titolo di provveditore, alle cui dipendenze vi era un capitano, una trentina di soldati e qualche bombardiere. Il presidio militare era soggetto per la milizia al capitano di Brescia e, per la logistica, al Podestà. Delle originarie edificazioni viscontee sono ancora visibili solamente la doppia cinta muraria superiore, in quanto, con l'avvento dell'era napoleonica, le mutate tecniche belliche imposero una completa revisione di tutta la struttura fortificata. Il generale François De Chasseloup-Laubat (1754-1833), ispettore delle fortificazioni, a seguito della pace di Lunéville sottoscritta dalla Francia e Austria il 9 febbraio 1801, ordinò al fine di completare la difesa e l'occupazione dell'Italia la fortificazione di Peschiera, Taranto, Alessandria, Mantova e la Rocca d'Anfo. L'ordine d'operazione era giunto direttamente da Napoleone Buonaparte preoccupato di garantire il controllo alle sue truppe della strada che univa Trento alla città di Brescia. Il Primo Console di Francia si era subito reso conto dell'importanza strategica della vecchia fortezza per la "difesa dello Stato", ma la Rocca mostrava i segni decadenti di tante guerre sostenute. Quindi Napoleone diede ordine al suo generale François De Chasseloup-Laubat di provvedere all'ammodernamento delle disastrate strutture "senza ritardi e senza riguardo per la stagione". Il progetto fu affidato ad ingegneri del genio militare di grande esperienza: prima al barone colonnello, comandante del Corpo Ingegneri, François Nicolas Benoit Haxo (1774-1838) e successivamente al colonnello François Joseph Didier Liedot. Gli ingegneri militari napoleonici abbandonarono saggiamente le strutture venete dando il via ad un grandioso progetto di ampliamento che aveva come fulcro il costone roccioso leggermente posto più a nord. Questi affrontarono l'opera approntando preliminarmente una cartografia particolareggiata del luogo, adattando mirabilmente le strutture alla natura scoscesa e selvaggia del territorio, secondo le nuove teorie della famosa “Ecole Polytechnique” dell'esercito francese di Parigi. Il Liedot distribuì le varie batterie su piccole terrazze ricavate dallo scavo della roccia e proteggendole per mezzo di una grande Lunetta (la Rocca Alta) nella parte superiore dotata di casematte di artiglieria e fucileria. La strada Trento-Brescia che passava alla base della Rocca, secondo il progetto mai realizzato, doveva essere interrotta da profondi fossati e resa transitabile da ponti levatoi. I progetti elaborati dai due tecnici francesi rappresentano una tappa fondamentale nella storia della cartografia. I lavori ebbero inizio nel 1802 e in soli 10 anni, nel 1812, furono portati a termine. La spesa sostenuta di militari francesi di 2,5 milioni di franchi testimoniano lo sforzo di fare della Rocca d'Anfo una delle più grandiose e possenti fortezze d'Europa. La caduta dell'impero napoleonico impedì il completamento dell'opera nella sua parte medioinferiore. Le integrazioni delle strutture, fino all'assetto definitivo attuale, vennero effettuate prima dagli Austriaci e poi portate a termine dal Regno d'Italia, dal 1860 al 1914 circa. La Rocca perse il suo valore strategico nel 1918, quando il Trentino passò definitivamente al Regno d'Italia. Dopo il 1860 l'esercito austriaco in contrapposizione alla Rocca, iniziò la costruzione del Forte d'Ampola a Storo e dello Sbarramento di Lardaro. Adibita dall'esercito italiano a caserma per l'addestramento dei militari di leva, la Rocca fu anche luogo di detenzione e polveriera (il 12 agosto 1924 la Rocca Vecchia venne distrutta a seguito dello scoppio di alcuni depositi di polvere); fu dismessa nel 1975, ma restò vincolata al Ministero della difesa fino al 1992. Attualmente, di proprietà dell'Agenzia del Demanio dello Stato, è in fase di recupero strutturale. Nel maggio del 2005 una convenzione stipulata fra l'Agenzia del Demanio, l'Amministrazione comunale di Anfo e la Comunità montana di Valle Sabbia ha permesso al municipio di Anfo di gestire e ristrutturare i 500.000 metri quadrati di patrimonio storico collocati sulle pendici e all'interno del Monte Censo. È in parte visitabile con guide organizzate e prenotazione. La Rocca è costituita da una trincea fortificata in direzione del paese di Anfo, difesa da una caserma detta Rocca Vecchia, a sua volta sovrastata dalla batteria veneta; entrambe dominate da un corpo di guardia, posto a 200 metri sul livello del lago e collegato alla batteria da un muro con feritoie e gradini. Verso il “nemico” Trentino si sviluppava una serie di batterie e casermette, sovrapposte a scalinata. A nord esisteva uno scosceso burrone. Queste batterie di difesa erano chiamate:
- batteria Tirolo, a 100 metri sul lago;
- batteria Rolando, a 150 metri sul lago;
- batteria Belvedere Superiore a 250 metri sul lago.
- ridotto costituito da una Lunetta, detta Rocca Alta, che collegava i due fronti precedenti, a 200 metri sul lago, e conteneva una caserma e una batteria casamattate;
- a 50 metri, sotto la Lunetta, c'era la batteria Bonaparte, poi ribattezzata Anfo, a difesa della strada fra Rocca Vecchia e la batteria Tirolo.
Sul tutto ad una altezza di 300 metri, sovrastava una torre rotonda a due piani. Trincee, piazzole, rampe, strade coperte, polveriere, stalle per i muli, alloggi per la truppa e cisterne dell'acqua completavano la logistica della fortezza. Il complesso di queste costruzioni militari è distribuito in una fascia di terreno di forma triangolare, di cui un lato corrisponde all'incirca ad un chilometro di riva del Lago d'Idro. Il resto si sviluppa sul versante orientale del monte Censo, fino quasi alla sua cima, con un dislivello che varia dai 371 metri sul livello del mare dalla riva del Lago ai 1050 metri dal vertice. Alla Rocca è dedicato questo sito web di cui è consigliata la visita: https://www.roccadanfo.eu/. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=lO-3fvDWGyc (video di Gio Del Bianco), https://www.youtube.com/watch?v=7WqQvu53cBE (video di inLOMBARDIA), https://www.youtube.com/watch?v=8jTF0r3vVx4 (video di Turismo Valle Sabbia e Lago d'Idro), https://www.youtube.com/watch?v=FX2ChBpmm-w (video di Giancarlo Giupponi), https://www.youtube.com/watch?v=xizXfosooIg (video di Le storie e spifferi bresciani)
Fonti: https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A060-00192/, https://it.wikipedia.org/wiki/Rocca_d%27Anfo
Foto: la prima è di © Superbass / CC BY-SA 4.0 su https://commons.wikimedia.org/wiki/File:2018-08-05-Rocca_d%27Anfo-9890.jpg, la seconda è presa da https://www.bresciatourism.it/cosa-fare/rocca-danfo/
- batteria Rolando, a 150 metri sul lago;
- batteria Belvedere Superiore a 250 metri sul lago.
- ridotto costituito da una Lunetta, detta Rocca Alta, che collegava i due fronti precedenti, a 200 metri sul lago, e conteneva una caserma e una batteria casamattate;
- a 50 metri, sotto la Lunetta, c'era la batteria Bonaparte, poi ribattezzata Anfo, a difesa della strada fra Rocca Vecchia e la batteria Tirolo.
Sul tutto ad una altezza di 300 metri, sovrastava una torre rotonda a due piani. Trincee, piazzole, rampe, strade coperte, polveriere, stalle per i muli, alloggi per la truppa e cisterne dell'acqua completavano la logistica della fortezza. Il complesso di queste costruzioni militari è distribuito in una fascia di terreno di forma triangolare, di cui un lato corrisponde all'incirca ad un chilometro di riva del Lago d'Idro. Il resto si sviluppa sul versante orientale del monte Censo, fino quasi alla sua cima, con un dislivello che varia dai 371 metri sul livello del mare dalla riva del Lago ai 1050 metri dal vertice. Alla Rocca è dedicato questo sito web di cui è consigliata la visita: https://www.roccadanfo.eu/. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=lO-3fvDWGyc (video di Gio Del Bianco), https://www.youtube.com/watch?v=7WqQvu53cBE (video di inLOMBARDIA), https://www.youtube.com/watch?v=8jTF0r3vVx4 (video di Turismo Valle Sabbia e Lago d'Idro), https://www.youtube.com/watch?v=FX2ChBpmm-w (video di Giancarlo Giupponi), https://www.youtube.com/watch?v=xizXfosooIg (video di Le storie e spifferi bresciani)
Fonti: https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A060-00192/, https://it.wikipedia.org/wiki/Rocca_d%27Anfo
Foto: la prima è di © Superbass / CC BY-SA 4.0 su https://commons.wikimedia.org/wiki/File:2018-08-05-Rocca_d%27Anfo-9890.jpg, la seconda è presa da https://www.bresciatourism.it/cosa-fare/rocca-danfo/
lunedì 16 gennaio 2023
Il castello di lunedì 16 gennaio
SAPONARA (ME) - Castello
Il centro è di chiara origine medievale, lo testimoniano i resti del poderoso castello che dalla rocca continuano a dominare quello che rimane del contado. E' anzi verosimile che su quell'altura sin dall'alto medioevo sia esistita qualche opera fortificata, poi adattata a castello o ricostruita in epoca successiva alla conquista normanna della Sicilia. I ruderi del castello costituiscono l'elemento locale più antico; infatti la tipologia della struttura potrebbe avvalorare la tesi di una sua origine anteriore al mille. Si tratta solo di un'ipotesi, la quale, però, se confermata, anticiperebbe al XI - X secolo l'origine di Saponara, il cui abitato certamente è nato in funzione della suddetta struttura difensiva. Soltanto sul piano delle ipotesi si può pensare che la struttura risalga al periodo delle invasioni arabe: potrebbe infatti trattarsi di uno dei tanti castelli costruiti dai bizantini sui monti per frenare l'avanzata dei musulmani. Sembra, poi, che il castello sia stato fortificato dagli Angioini tra il 1266 e il 1289. La documentazione è scarsa, ma da quella esistente sappiamo che quale dote maritale, concessione, privilegio, lascito, investitura, baronia, ducato, Saponara, dal 1353 al 1804, fu possesso delle più nobili famiglie siciliane che avevano ingerenza politica nella Val Demone, del cui comprensorio faceva parte. Dal XII secolo Saponara raggiunse un certo numero di ettari di terreno e insieme al “castello” e al “Casale”, divenne un feudo, con a capo Matteo Palizzi, il quale morì nel 1353 in una sommossa popolare, per i suoi errori politici. A Matteo Palizzi successe, nella seconda metà del 1300, Enrico Rosso, un conte messinese, quindi passò in ordine cronologico a Filippo Marino, Guglielmo Raimondo Montecano e Nicolò Castagna. Quest'ultimo morì senza lasciare figli, perciò il feudo passò alla famiglie La Grua Ventimiglia e Pollicino. Sappiamo da Vito Amico (1778) che il paese venne insignito del titolo di ducato nell'anno 1650 per privilegio di re Carlo, e che era situato in una valle amena piantata ad alberi fruttiferi, che a metà '700 era sovrastato da un castello già in rovina mentre era "elegante e magnifico" il palazzo baronale nel cui atrio sgorgavano "perenni fonti di acque". L'ultimo duca di Saponara fu Giuseppe Alliata Moncada che ottenne l'investitura nel 1805 e la mantenne fino al 1825, anno in cui la cittadina divenne comune autonomo assieme a Villafranca, con la denominazione di Saponara - Villafranca. Il "Castello" è un rudere di una struttura difensiva che sorge lungo la collina (a circa 314 mt s.l.m.) che sovrasta il centro abitato. Questa struttura è stata edificata chiaramente in una posizione strategica dove si poteva facilmente vedere dall'alto l'avanzata degli invasori, inoltre le collina è particolarmente ripida e scoscesa e questo metteva in difficoltà coloro che osavano avanzare verso tale fortificazione. Il castello, oggi particolarmente danneggiato, possiede delle mura di cinta fatte di pietrame e laterizi, tenuti insieme dalla malta. Vi sono particolari strutture ancora oggi visibili come un muro di contrafforte e un baluardo quadrangolare, e una torre sull'angolo destro rispetto alla porta a pianta quadrangolare ma che all'esterno sembra poligonale. Il vano all'interno è pressappoco quadrato e rivestito di grossi mattoni e intonaco. Attualmente non è possibile visitare gli interni del Castello, in quanto il sito è costituito soprattutto da ruderi che appartengono a privati. Altri link di approfondimento: https://www.icastelli.it/it/sicilia/messina/saponara/castello-di-saponara, https://www.youtube.com/watch?v=y-TAa8RcEvw (video di archeologiahead)
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Saponara, https://www.comune.saponara.me.it/, https://sicilyenjoy.com/listing/i-ruderi-del-castello-di-saponara/, http://www.siculina.it/Saponara_Messina.htm, https://www.cittametropolitana.me.it/il-territorio/i-comuni/saponara/
Foto: la prima è presa da https://sicilyenjoy.com/listing/i-ruderi-del-castello-di-saponara/, la seconda è di ciao411 su https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/fc/CastelloSaponara.JPG
venerdì 13 gennaio 2023
Il castello di venerdì 13 gennaio
ROCCA SINIBALDA (RI) - Castello Sforza Cesarini
Di notevole impatto visivo, il castello nacque come fortezza militare, intorno alla metà dell’XI secolo, in una posizione strategica a dominio della valle del Turano. Deve il suo nome a Sinibaldo, conte e rettore della Sabina tra il 1058 e il 1065. Nei secoli successivi appartenne ai monaci benedettini di Farfa e, con la dilapidazione dei beni dell’Abbazia, tra il XIV e il XV secolo entrò nei feudi di 2 famiglie poi scomparse – i Buzzi e i Brancaleone di Romancia, con qualche traccia di tutto ciò negli Statuti di Tivoli e nell’Archivio della Cattedrale di Rieti. In quei secoli si stabilizzò l’impianto medievale del castello come fortezza. Solo nel XVI secolo arrivano notizie appena più precise. I conti Mareri risultavano in qualche modo proprietari del Castello. Subirono presto l’aggressività dei Medici, entrati in conflitto con i Mareri che ostacolavano la loro espansione in Abruzzo e in particolare nella zona de L’Aquila. Leone X de’ Medici aveva già nel 1517 nominato cardinale Alessandro Cesarini. Approfittando di una lite tra due Mareri, Clemente VII de’ Medici (papa nell'intervallo 1523-1534) assegnò metà del castello al cardinale, che poi completò l’acquisizione in data incerta, ma in ogni caso entro il 1539. La famiglia Cesarini ebbe l’obbligo di provvedere al suo mantenimento e al rafforzamento del suo ruolo strategico sul confine tra lo Stato Pontificio e il Reame di Napoli. Dopo il Sacco di Roma del 1527, Alessandro Cesarini rinforzò il Castello, con l’obiettivo tuttavia di fare della vecchia Rocca medievale anche un luogo di stampo rinascimentale, adatto a feste ed eventi. Commissionò dunque a Baldassarre Peruzzi, architetto della Fabbrica di San Pietro dal 1530, l’incarico di superare la distinzione tra villa e fortezza, unendo la funzione militare a quella di palazzo nobiliare. I disegni per il rinnovo del vecchio impianto, conservati agli Uffizi di Firenze, evidenziano l’innovativo progetto architettonico, i cui lavori – tuttavia – non furono portati a compimento dal Peruzzi, scomparso anzitempo nel 1536, e subirono diversi adattamenti in corso d’opera. Il Castello presenta un corpo anteriore a sperone con torri merlate, mentre l’ala nord comprende l’abitazione nobiliare e una splendida Coda con funzione difensiva. Meritano un cenno anche i giardini sospesi, riprogettati da lppolito Pizzetti nel 1972. La decorazione delle pareti interne del palazzo, ispirata dalle Metamorfosi di Ovidio con innesti di narrazioni legate alla storia della famiglia Cesarini, fu effettuata da diverse mani e in stili diversi. Tra i vari ricordiamo Girolamo Muziano e le scuole del Manierismo romano e umbro-toscano. Tra il XVII e il XVIII secolo fu feudo dei Mattei, dei Lante della Rovere, dei Muti Bussi e dei Lepri. Nel XVII e nel XVIII secolo vennero ingentiliti gli interni con affreschi; negli anni cinquanta fu acquistato per 2.600 dollari dalla scrittrice americana Caresse Crosby, che lo utilizzò come luogo d'incontro per artisti, anche promuovendo seminari di poesia; dal 1928 è stato classificato come monumento nazionale. Nel 1980, le Poste Italiane dedicarono al castello un francobollo da 550 lire, facente parte della raccolta nota come "Castelli d’Italia". L'intero maniero è stato restaurato e riaperto nell'aprile del 2014. La fortezza è unica in Europa in quanto a impatto visivo, perché ha la straordinaria capacità di prestarsi alle più varie considerazioni in merito alla sua forma estrosa e ricercata, ritenuta da molti assimilabile alle peculiarità estetiche di animali come l’aquila e lo scorpione, senza però postergare la possibilità di un’interpretazione più geometrica, artisticamente riferibile alle tendenze cubiste d’astratta accezione. Una rocca in bilico fra concezione medievale e logica rinascimentale, avente in sé una quantità inimmaginabile di paradossi e contraddizioni, dicotomie capaci di contrapporre i suoi lati più antinomici, il gotico al razionale, la natura militare a quella signorile, la severità alla dolcezza: un bel giorno l’hanno soprannominato “Castello delle Metamorfosi“, ed è così che Rocca Sinibalda lo vuole, anticamera della bellezza spiazzante e porta d’ingresso (o d’uscita) del paese. Attuale proprietario del maniero, che è visitabile su prenotazione, risulta il professor Enrico Pozzi. La visita al castello è permessa solo in alcune parti (le visite private includono anche zone interdette). La scoperta della maestosa fortezza inizia dall’ingresso principale che conduce all’interno della Corte grande, l’ampio spazio merlato al quale si arriva attraversando una stretta galleria. Dalla corte grande passando da un ampio scalone, si entra nel Piano nobile del palazzo signorile. Dopo il passaggio si entra nella Sala Grande, dove son presenti affreschi del ‘700 e le Tre Parche di Marcos Cei a guardia del castello. Cuore della fortezza è il cosiddetto Cannocchiale (visitabile parzialmente) che tocca varie sale come la Biblioteca, la Sala dello Sciamano, la Sala del Criminale, la Sala del Giardino incantato, la Sala della Musica, fino al grande Salone del Totem bianco. Il Cannocchiale è in realtà una “prospettiva” che tocca le suddette Sale fino a terminare sulla terrazza della Coda nord. La vista dal basso, permette di ammirare questa parte del castello in tutta la sua bellezza e il suo straordinario impatto scenico. All’interno di ogni sala sono conservate “Le Collezioni”: maschere rituali del Nord Ovest americano, totem indiani (uno di 9 metri), maschere e oggetti tribali africani, la Collezione Padiglione di maschere, le sculture di Agapito Miniucchi, la street art. Le cantine era uno spazio dove in passato dormivano insieme cavalli e soldati. Oggi viene utilizzato per ospitare installazioni e performance artistiche. Al termine dei suoi 80 metri di lunghezza sorge un piccolo Teatro appoggiato alla cisterna sotterranea della Corte Grande. Essa riforniva di acqua piovana l’esercito durante gli assedi. Il castello ha un sito web che consiglio di visitare per approfondire la conoscenza del prestigioso monumento: http://www.castelloroccasinibalda.it/. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=UJ8xVBaiyMY (video di PiccolaGrandeItalia), https://video.corriere.it/rocca-sinibalda-videoarte-remoto-dimora-medievale/249fa0a4-d076-11ea-b6b4-c1fd88d9cdd9 (video), http://percorsireatini.it/wordpress/i-percorsi/rocca-sinibalda/ (con video proposto)
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Rocca_Sinibalda, https://www.retedimorestorichelazio.it/dimora/ri/rocca-sinibalda/castello-di-rocca-sinibalda/, https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-rocca-sinibalda-rocca-sinibalda-ri/, https://www.lazionascosto.it/castelli-fortezze-rocche-da-visitare-nel-lazio/castello-di-rocca-sinibalda/
Foto: la prima è presa da https://www.beniculturalionline.it/location-3316_Castello-Di-Rocca-Sinibalda.php, la seconda è presa da https://lazioeventi.com/luoghi-da-visitare/castello-rocca-sinibalda
giovedì 12 gennaio 2023
Il castello di giovedì 12 gennaio
VENDONE (SV) - Castello Clavesana in frazione Castellaro
Il borgo fu compreso originariamente nella Marca Arduinica e a tale dominazione risalirebbero l'edificazione di due postazioni difensive nel territorio di Vendone: qualche avamposto contro le prime invasioni piratesche sulla costa, ma che colpirono anche diversi centri della piana di Albenga. Al non più esistente castello presso le pendici del monte Castell'Ermo, è ancora visibile invece ciò che resta della fortificazione presso la frazione di Castellaro, dove tra i ruderi svetta la torre esagonale. L'amministrazione del feudo vendonese fu gestita da locali signori o del territorio - tra questi i Della Lengueglia, i Basso e i Carlo - e analoga scelta fu attuata dal Comune di Albenga nei primi anni del XIV secolo quando, dopo aver reclamato il borgo già nel 1251, subentrò alla proprietà di Vendone dopo la vendita da parte dei marchesi di Clavesana. Il territorio di Vendone in epoca medievale e moderna fu quindi riunito in un'unica circoscrizione amministrativa facente capo alle autorità e alle leggi del comune albenganese, all'interno della Repubblica di Genova. Con la successiva dominazione napoleonica il territorio di Vendone acquisì una propria autonomia amministrativa rispetto alla municipalità ingauna rientrando dal 2 dicembre 1797 nel Dipartimento del Letimbro, con capoluogo Savona, all'interno della Repubblica Ligure. Nella frazione di Castellaro si possono ammirare i ruderi dell'antico castello medievale eretto dai marchesi Clavesana, costruito in forme triangolari e con torre esagonale - alta 25 metri e costituita da ciottoli di fiume e conci di pietra di Cisano - ancora oggi conservata, che serviva da prigione. Dell'antica fortificazione sono visibili anche tracce di mura e di un secondo torrione. Altri link suggeriti: https://www.facebook.com/meravigliediimperia/videos/vendone-castello-dei-clavesana-e-parco-museo-rainer-kriester/583904935854407/ (video con riprese aeree), https://www.savonanews.it/2011/09/23/leggi-notizia/argomenti/attualit/articolo/vendone-restaurata-la-torre.html
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Vendone, https://www.rivieraligure.it/IT/vendone.k3c1157.htm, https://www.provincia.savona.it/comune/vendone
Foto: la prima è di Davide Papalini su https://it.wikipedia.org/wiki/Vendone#/media/File:Vendone-torre1.jpg, la seconda è di Marinella Orso su https://www.archilovers.com/projects/55739/restauro-della-torre-medioevale-di-castellaro-gallery?384765
mercoledì 11 gennaio 2023
Il castello di mercoledì 11 gennaio
ROCCA SAN FELICE (AV) - Castello d'Aquino
Non si conosce con esattezza la data di costruzione del castello ma è probabile che una sua edificazione sia avvenuta intorno all'850 da parte dei Longobardi a difesa del ducato di Benevento, contro le invasioni dei Bizantini. Con l'occupazione normanna, a partire dal 1076, venne restaurato e ampliato; tra il 1150 e il 1160 venne citato per la prima volta in documento scritto, nel "Catalogus baronum", con il nome di Castellum Sancti Felicis, quando il proprietario risultava essere Ruggiero de Castelvetere, vassallo di Elia Gesualdo. Secondo la tradizione locale, durante la dominazione degli Svevi, all’interno del Castello di Rocca San Felice fu rinchiuso nel 1236 Enrico VII di Svevia, figlio dell’imperatore Federico II. La leggenda popolare narra che, nelle notti di luna piena, il fantasma di Margherita d’Austria, sua giovane sposa, si aggiri ancora tra i ruderi della fortezza in cerca del suo Enrico, a lungo sottoposto a dure sofferenze e tragicamente morto nel 1242, all’età di soli trentuno anni. Successivamente il maniero perse la funzione difensiva per essere adibito a uso abitativo: fu di proprietà dei d'Aquino, dei Saraceno dal 1440, sotto i quali venne devastato da un terremoto nel 1456, dei Caracciolo, dei Reale, che nel 1603 ne curarono il restauro (in particolare il barone Francesco Reale) e infine dei Capobianco, fino al 1806. Nel Castello di Rocca San Felice fu ospitato per un breve periodo Papa Leone IX. Per un periodo di tempo venne utilizzato come officina di un fabbro per poi essere abbandonato. Grazie ad una stampa del 1783 si è potuto risalire alla fisionomia del castello in quel periodo, ossia organizzato con una cinta muraria con due torri che delimitavano lo spazio dove sorgeva il borgo. Edificato su uno sperone roccioso, a 750 metri d'altezza, del castello rimangono ben visibili una porta situata all'interno del paese, parte della cinta muraria e il donjon. Superato un primo ingresso si accede ad una corte dove un tempo erano sistemati gli artigiani e i soldati; si passa un secondo ingresso per entrare nella corte dov'è il donjon. Il nucleo più antico della fortificazione è costituito da una torre cilindrica del XII secolo che incorpora precedenti strutture difensive, e dalla cinta muraria nella quale, lungo il lato meridionale, si apriva l’ingresso, ricavato nel banco di roccia calcarea. Costituita da un cilindro non privo di slancio nonostante i 10 metri di diametro, la torre è fondata su roccia e costruita con la tecnica del riempimento a “sacco” (opus caementicium) entro cortine di conci calcarei di forma irregolari (opus incertum). I muri, che hanno lo spessore di m. 2,50, impiegano come sostegni dei conci di paramento, frammenti di tegole e di coppi. La torre è strutturata su quattro piani. Nel primo trovano posto la cisterna per l’approvvigionamento idrico e un locale per lo stivaggio di provviste e legname (deposito); il secondo piano, dotato di monofore e di vani a muro per il deposito di oggetti e l’alloggiamento di lucerne, svolgeva funzioni di cucina, come si desume dalla presenza del pozzo e del forno-camino. A funzioni abitative erano destinati gli ultimi due piani: il terzo, fornito di servizio igienico, di lavabo e di un vano-finestra, era accessibile dall’esterno grazie alla porta d’ingresso, collocata in alto per esigenze di sicurezza, che veniva raggiunta mediante una struttura di legno ancorata alla muratura da tiranti. A destra della porta, una scala ricavata in spessore di parete, consentiva di salire al quarto piano, testimoniato da pochi resti. La copertura, impiegata per l’avvistamento e la difesa, svolgeva anche le funzioni di impluvio ai fini dell’approvvigionamento idrico; una tubazione fittile portava l’acqua alla cisterna, servita dal pozzo della cucina. Altri link proposti: https://sistemairpinia.provincia.avellino.it/it/luoghi/castello-di-rocca-san-felice, https://www.youtube.com/watch?v=R5pzX7wmWTs (video di Castelli d'Irpinia), http://www.irpinia.info/sito/towns/roccasanfelice/castello.htm, https://ecampania.it/event/rocca-san-felice-borgo-medievale-e-castello/, https://www.irpiniaworld.it/il-castello-di-rocca-san-felice/, https://www.youtube.com/watch?v=foqjs5bDxkw (video di Passione Mavic), https://www.youtube.com/watch?v=MAmBEkbVe4A (video di Info Irpinia)
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Rocca_San_Felice, https://www.e-borghi.com/it/sc/2-castelli-chiese-monumenti-musei/avellino-rocca-san-felice/835/castello-di-rocca-san-felice.html, https://infoirpinia.it/castello-di-rocca-san-felice-storia-leggenda/
Foto: la prima è di Teemu Vaisanen su https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Rocca_San_Felice#/media/File:Rocca_San_Felice_donjon.jpg, la seconda è di @alexdelpriore su w.paesaggiirpini.it/foto/rocca-san-felice/6135/
martedì 10 gennaio 2023
Il castello di martedì 10 gennaio
LESEGNO (CN) - Castello Del Carretto e Castellazzo
Lesegno ha una storia antica; nel decimo secolo il villaggio apparteneva alla contea di Andrate, dei marchesi di Susa. Nel 1013 Olderico Manfredi, marchese di Susa, vendette il castello ad un prete, poi passò al vescovo astigiano, che lo cedette ai marchesi di Ceva, che lo tennero in possesso fino al diciassettesimo secolo. Nel 1790 divenne marchesato e dato al marchese di Ceva e Lesegno, Cesare Gaspare. Subì danni dagli spagnoli e dai francesi nel 1649 e nel 1796. Anticamente i castelli di Lesegno erano tre: uno sorgeva a Mongrosso, ma fu distrutto nel 1500 per ordine dei Savoia; un secondo, eretto forse dai Saraceni, di cui restano pochi ruderi tra cui una torre ed alcuni muri perimetrali, era conosciuto come il Castellazzo e si trovava in località San Gervasio. Il terzo castello, il più importante, sorgeva in regione Villa. L’antica fortezza era cinta da muraglioni, torri e fossati e fu possesso di parecchi feudatari. Della prima costruzione restano ancora una torre mozza, avanzi di mura ed i sotterranei. Del castello sappiamo che fu innalzato all'inizio dcl secolo XI. Di proprietà allora di Olderico Manfredi, fu venduto successivamente a dei nobili del luogo che, vassalli del Marchese di Ceva, prestarono omaggio, nei 1410, al Duca di Savoia e, poco dopo, al Duca d'Orléans, che era entrato in possesso del Monferrato. Il castello fu seriamente danneggiato durante le lotte tra Francesco I e Carlo III ai tempi della guerra di successione al ducato sabaudo. Restaurato soltanto dopo le guerre con Carlo V, ritornò in possesso dei Savoia, nel 1657, che diedero il luogo in feudo a Carlo Francesco Del Carretto. Negli anni successivi i lavori continuarono fino a concludersi nella prima metà del secolo XVIII e i risultati sono ancora oggi visibili nell'attuale palazzone che, sorto sui ruderi del vecchio castello, ne conserva alcuni resti. Qui, trascorso non molto tempo dalla conclusione dei lavori, nel 1796 troviamo Napoleone Bonaparte intento a dirigere la battaglia detta della Bicocca di S. Giacomo, durante la campagna d’Italia, dopo aver occupato l'edificio scacciando i proprietari del momento, il marchese Gerolamo Brunone del Carretto, sposato con Luisa Pallavicino di Ceva. Napoleone piazzò nell'attuale palazzo il quartier generale e spedì il suo primo rapporto al Direttorio sull'andamento della campagna militare in Italia. Di questa battaglia resta il ricordo in una poesia del Carducci che ebbe per titolo il nome della località nella quale si svolse: " La Bicocca di S. Giacomo". Altri link per approfondimento: https://visitmondovi.it/lesegno-il-paese/, http://www.comune.lesegno.cn.it/Home/GuidaDettagli/Galleria-fotografica?IDAlbum=3200 (foto)
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Lesegno, http://www.comune.lesegno.cn.it/Home/Guida-al-paese?IDPagina=27811, https://www.cuneocronaca.it/alla-scoperta-del-castello-di-lesegno-fra-antiche-atmosfere-e-sotto-la-guida-del-marchese-guido-gay, https://www.fungoceva.it/sito%20mestieri/Sito%20monumenti/LESEGNOcastelli.htm
Foto: la prima è di Marco Plassio su https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Lesegno-Castello.jpg, la seconda è presa da https://www.cuneocronaca.it/lesegno-al-via-da-venerdi-17-la-festa-delle-casette-tra-passeggiate-a-cavallo-musica-e-buon-cibo. Infine, la terza, relativa al Castellazzo, è presa da http://www.comune.lesegno.cn.it/Home/GuidaDettagli/Galleria-fotografica?IDAlbum=3200
lunedì 9 gennaio 2023
Il castello di lunedì 9 gennaio
GRAGNANO TREBBIENSE (PC) - Castello di Castelbosco in frazione di Campremoldo Sopra
La data della costruzione del castello, situato in una località che nel 1186 era sotto il controllo dei nobili da Pecorara, risale al XIII secolo, probabilmente ad opera della famiglia Scotti, che nella seconda parte del secolo aveva ampliato i propri possedimenti nella zona. La presenza del castello viene segnalata per la prima volta nel 1314 per alcuni fatti d'arme svoltisi nell'ambito delle contese tra nobili e populares; è poi citato nel 1335 tra i castelli che rimasero fedeli alla famiglia Visconti nella guerra che vedeva i milanesi opposti al papato. Durante il XIV secolo subì diversi assalti de parte della fazione guelfa, che culminarono nella sua distruzione. Nel 1482 venne riedificato da Antonio Maria Scotti che aveva ottenuto una licenza ducale che gli permetteva di fare ciò. Nel 1546 Marc'Antonio Scotti ottenne, da parte del duca di Parma e Piacenza Pier Luigi Farnese, che la propria signoria su Castelbosco fosse elevata a marchesato. Nel 1624 il possesso di Castelbosco, così come delle vicine Campremoldo Sopra e Campremoldo Sotto, venne confermato agli Scotti da parte della Camera Ducale farnesiana in virtù del diritto di "disporre di detti luoghi a favore dei figli e discendenti maschi e legittimi" concesso da parte di Odoardo I Farnese. Nel 1636 il castello venne danneggiato da parte delle truppe spagnole impegnate nella guerra contro il ducato farnesiano; a seguito di queste azioni, il feudatario Luigi Scotti fu obbligato a un considerevole sforzo economico per la sistemazione del forte. All'interno del castello morì, nel dicembre del 1737, il pittore Giovanni Battista Tagliasacchi. La famiglia Scotti mantenne il possesso del maniero fino al 1818 quando esso fu ceduto ai conti Galli, ai quali succedette prima il conte Giuseppe Nasalli Rocca, poi la famiglia Chiapponi e infine la famiglia Locatelli da Camairago, che vi ha avviato un'attività di allevamento di bovini, alla quale nel 2015 si è aggiunto il museo della Merda. Il castello presenta una pianta rettangolare e, pur caratterizzato da dimensioni ridotte, presenta elementi interessanti come i merli e alcune tracce del ponte levatoio principale posto a scavalco del fossato e dotato di pseudo rivellino, al quale se ne affiancava in origine un secondo sul lato opposto. Nel complesso rimangono due torri: una, notevolmente modificata rispetto all'aspetto iniziale, che si eleva rispetto al corpo centrale e un'altra, ribassata fino ad eguagliare l'altezza della linea delle cortine e dotata di tetto a falda singola. L'edificio si presenta in buone condizioni di conservazione. L'ingresso maestro dà sul giardino e permette l'accesso a una grande scala che conduce al piano nobile, dove si trova un cortile interno su cui affacciano i diversi ambienti. Nei pressi del complesso sono stati costruiti negli anni diversi edifici destinati ad un uso rurale, che si affiancano ad altri edifici preesistenti, probabilmente le originarie scuderie, anch'essi modificati per un uso agricolo. ll castello ospita dal 2015 il museo della Merda (http://www.museodellamerda.org/), nato da un'idea dell'imprenditore agricolo Gianantonio Locatelli, che aveva in precedenza avviato un allevamento bovino nei pressi del castello, riguardo allo sfruttamento delle 150 t di sterco prodotte giornalmente dagli animali. All'interno del museo sono presenti opere sul tema prodotte da diversi artisti, tra cui David Tremlett e Anne e Patrick Poirier, nonché diverse testimonianze, provenienti dalle epoche più varie: dalla divinità egizia dello scarabeo stercorario, assunto anche a simbolo del museo, all'utilizzo dello sterco per la costruzione di edifici in epoca pre-antica, dalle opere di autori di epoca romana come la "Naturalis historia" di Plinio il Vecchio all'utilizzo dello sterco nelle arti figurative, fino alla moderna ricerca scientifica.
Altri link per approfondimento: https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/0800603153, https://new.turismopiacenza.it/itinerari/gragnano-trebbiense/castelli/castelbosco/, https://www.preboggion.it/Castello_di_Castelbosco.htm
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Castelbosco
Foto: la prima è di Solaxart 2011 su https://www.preboggion.it/Castello_di_Castelbosco.htm, la seconda è presa da http://www.turismoapiacenza.it/comune_gragnano_trebbiense.html
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