MESAGNE (BR) – Castello Normanno-Svevo
(scritto da Mimmo Ciurlia)
La posizione eminente del sito e la presenza di acqua
sorgiva nelle immediate vicinanze, spinse gli antichi conquistatori, tra alto e
basso Medioevo, a sceglierlo come sito per erigere un castrum a protezione
della Via Appia tra Taranto e Brindisi. Il documento più antico che menziona il
castrum risale al periodo svevo, datato 1220, quando Federico II ordinava la
demolizione dei castelli privati riservando a se stesso il diritto di
costruirne di nuovi o restaurare e ripristinare quelli già esistenti. Nell’elenco
dei castelli da restaurare è menzionato proprio il Castrum Mejanii. Nel 1256
Manfredi assediò Mesagne per combattere una lega anti-sveva creata tra
Brindisi, Mesagne, Lecce ed Oria. In quella occasione il castrum di Mesagne,
benché fortemente devastato, fu usato come base di appoggio per l’assalto a
Brindisi. Mesagne fu poi ricostruita dagli Angioini nel 1276. In un manoscritto
di fine Cinquecento, lo storico Cataldantonio Mannarino, ci tramanda che il
nucleo più antico del castello, pericolante, fu abbattuto da Giannantonio del
Balzo Orsini intorno al terzo, quarto decennio del ‘400. Al suo posto venne
edificato l’attuale torrione, circondato da un fossato profondo due metri e
largo ben nove. La torre era dotata di un ponte levatoio, probabilmente situato
sul lato meridionale, in corrispondenza dell’auditorium. Infatti le uniche
caditoie, le feritoie da cui si facevano precipitare materiali vari per colpire
il nemico, sono poste su questo lato. La città era protetta da una cinta
muraria che comprendeva anche 22 torrette difensive. Nel XVII, al tempo dei
feudatari di casa De Angelis, subentrati agli Albricci, il castello di Mesagne
assunse le attuali sembianze. Infatti il castello medievale fu trasformato
radicalmente, intorno al 1660 dall'architetto e sacerdote mesagnese Francesco
Capodieci, di cui i De Angelis furono i mecenati e al cui estro si affidarono
per rendere armoniosa l’imponente struttura: a lui si deve la progettazione dei
piani superiori. Negli immensi sotterranei erano state realizzate, tra il
Cinquecento ed il Seicento, diverse “posture" e "cellari", per
la conservazione dell'olio e del vino prodotti nei vasti possedimenti dei
feudatari di Mesagne. I De Angelis spesero somme ingenti per trasformare
l'antico castello in residenza moderna, e attuarono una serie di restauri
destinati ad imprimere all’antico maniero quel volto barocco che avrebbe
conservato fino al giorni nostri. Gli ambienti che caratterizzano il castello
sono il Torrione diviso in cinque camerette in cui si nota la presenza di
feritoie e di stipi. Esse sono dotate di grandi camini che hanno la canna
fumaria in comune. Nella stanzetta centrale vi sono le scale di accesso alle
carceri, ed un pozzo di acqua sorgiva. Nella prima stanza ad ovest si trova
quella che si ipotizza essere una porta o una loggia; accanto alla finestra vi
è un servizio igienico. Alla base del Torrione sono collocate le carceri. Le
celle erano sei, sebbene attualmente soltanto quattro siano accessibili. Vi si
accedeva grazie a due ripidissime scale, oramai del tutto consunte a causa del
tempo. Altra via di accesso era una angusta scala a chiocciola, in parte
crollata e che oggi è stata ricostruita per un breve tratto per consentire
l’accesso a questi ambienti. Le celle sono soffocanti, e si può immaginare in
quale stato versassero i prigionieri, incatenati ad anelli di ferro infissi nel
muro. Le celle collocate a nord sono dotate ciascuna di una piccola finestra,
all’altezza della base della torre. Proprio al centro del castello si trova il
cortile interno ritenuto l’antica piazza d’armi. Qui probabilmente si riunivano
i soldati prima di mettersi in marcia. Un tempo, al centro dell’atrio, vi era
un pozzo con abbeveratoio. Esistono anche due bocche tramite le quali si
raccoglieva l’acqua piovana. Attraverso il cortile si aveva accesso alla
rimessa, ad un magazzino e alla stalla. Dal cortile dove affacciano il
porticato rinascimentale e gli appartamenti nobiliari, si accede ad un loggiato
secentesco che sorge nell’ala occidentale del castello, esattamente sopra la
cantina. Esso fu fatto costruire dal principe Giannantonio Albricci e venne
terminato nel 1661. Si ha testimonianza di questa data, oltre che in alcuni
documenti, anche su un frammento di mosaico collocato sul pavimento. Nel
Seicento la loggia era coperta da un grande tetto in legno, sorretto da una
duplice fila di colonne. Nel mezzo si trovavano vasi con piante decorative. L’ambiente
che più colpisce però è la gran sala che era la stanza di rappresentanza. Qui
si tenevano banchetti e riunioni. La copertura della sala è realizzata con
suggestive capriate lignee, un sistema di copertura in cui le travi di legno
del tetto rimangono a vista. Fino a qualche decennio fa, esisteva un soffitto
di tavole a quadrelli che è andato distrutto nelle varie fasi di vita del
castello. Le pareti presentano preziosi affreschi, raffiguranti stemmi di
casate nobiliari. Sul lato meridionale si osserva una piccola stanzetta, che
era probabilmente adibita a cappella privata. Gli ambienti però che
caratterizzano fortemente il castello di Mesagne sono le neviere e le cisterne.
La neviera era un ambiente sotterraneo, interamente rivestito in legno, in modo
tale da ottenere un discreto isolamento termico. Qui un tempo veniva
immagazzinato il ghiaccio, utilizzato per conservare le vivande. La neve veniva
raccolta sulle montagne delle Murge tarantine e, dopo essere stata compressa in
sacchi di canapa, era condotta a Mesagne e conservata, appunto, nelle neviere.
All’interno del castello esistevano due di questi ambienti: il primo era collocato
sotto il pavimento della stanza sulla sinistra dell’ingresso principale. La
seconda neviera era ubicata sul lato nord-ovest del castello, in corrispondenza
dell’attuale sala mostre. Una delle principali risorse dell’economia mesagnese
è stata nei secoli scorsi la coltivazione dell’olivo e ciò spiega perché questa
città fosse così ricca di frantoi. L’olio prodotto era per lo più conservato
nelle cisterne del castello. Queste in origine erano quattro, della capienza di
circa centomila litri l’una. Successivamente ne furono aggiunte altre due.
L’ultima non è visibile, essendo stata murata negli anni ’50 per problemi di
stabilità della torre. Ogni cisterna è rivestita nella parte inferiore con
pietra calcarea impermeabile e, in quella superiore, con carparo o tufo,
materiali piuttosto porosi: ciò fa supporre che queste vasche fossero riempite
soltanto fino ad un determinato livello. In corrispondenza delle bocche, fori
attraverso cui l’olio veniva introdotto nelle cisterne, ci sono le “pozzette di
decantazione”. Queste servivano per raccogliere gli scarti dell’olio, che, più
pesanti, si depositavano sul fondo. I fori che si osservano nelle pareti, si
rendevano forse necessari per il ricambio dell’aria nella cisterna. Ciò
risultava utile quando si ripulivano queste vasche, che altrimenti sarebbero
state inaccessibili perché sature di gas nocivi. Le porte di comunicazione fra
le cisterne sono state aperte di recente, per rendere questi ambienti
visitabili. La fervida fantasia popolare ha ispirato miti e leggende, che
vedono il castello al centro di incredibili vicende. Quella che più colpisce
riguarda un fantomatico pozzo irto di spade acuminate. Si narra che i
prigionieri dopo essere stati sottoposti a crudeli torture nelle carceri, vi
fossero gettati senza pietà. Questa leggenda è di gusto squisitamente
medievale; essa potrebbe derivare proprio dal fatto che all’interno del
torrione, nucleo più antico del castello, esiste effettivamente un pozzo, la
cui conoscenza incompleta e parziale avrebbe acceso la fantasia popolare. Molti
dicono di aver visto con i propri occhi questo pozzo, ma nessuno sa indicare
con precisione dove esso si trovasse. I mesagnesi più anziani sono certi che il
castello di Mesagne fosse dotato di un corridoio sotterraneo segreto che avrebbe
collegato Mesagne con San Vito Dei Normanni. C’è però chi sostiene che il
tunnel terminasse a Latiano o addirittura a Oria e che il passaggio fosse largo
abbastanza per far passare una carrozza e che fosse illuminato con torce. Il
tunnel partiva probabilmente da sotto il torrione o da sotto la rimessa.
Effettivamente nei castelli, solitamente esisteva una fitta rete di passaggi
segreti. Ciò ha forse determinato la nascita di questa leggenda. Tuttavia, il
passaggio segreto non è stato mai ritrovato, nemmeno durante i lavori di
restauro. Gli ultimi feudatari del castello furono gli Imperiali che nel 1908
cedettero il Castello alla principessa Iran d’Abro Pagradite. Il Castello fu
poi acquistato dal Comune di Mesagne dagli ultimi proprietari, i Granafei, il
15 marzo 1973. Il 23 dicembre 1996 il castello parzialmente restaurato viene
riaperto al pubblico destinandolo a scopi culturali. Il 14 luglio 2001 viene
inaugurato il primo piano. Oggi il castello comunale mostra tutto il suo
splendore; oltre ad essere un bellissimo monumento è anche un importante
contenitore culturale; l’auditorium ospita convegni, conferenze,
incontri e matrimoni civili; il torrione e il piano nobile accoglie mostre
temporanee mentre le sale al piano terra accolgono il Museo del Territorio “U.
Granafei” con importanti reperti della civiltà messapica.