martedì 24 dicembre 2019

Buon Natale e Felice 2020 !!



Cari amici,

il blog va in vacanza e riprenderà ad essere aggiornato dopo le feste. Ci rivediamo intorno al 7 gennaio, auguri a tutti !!

Valentino

lunedì 23 dicembre 2019

Il castello di lunedì 23 dicembre





MARZABOTTO (BO) - Castello in frazione Medelana

Forse, non tutti sanno che vicinissimo a Marzabotto, per la precisione nella frazione diMedelana, esiste un castello che improvvisamente appare, percorrendo la provinciale cheattraversa le colline. Fiero e bellissimo come molti dei suoi “colleghi”, ma da anni in stato di totale abbandono, anche se fonti recenti sembrano vederlo protagonista di un qualche tentativo di valorizzazione, a giudicare anche dalla tosatura completa della vegetazione antistante, che ormai penalizzava anche la vista del gigante di pietra. Scarse sono le informazioni storiche sull’edificio, che viene citato nei documenti del catasto Gregoriano prima e di quello Pontificio poi, risalenti al diciannovesimo secolo. Il complesso del “Castello” è costituito da quattro edifici disposti attorno ad uno spazio centrale adibito a corte agricola e da vaste superfici di terreni di varia natura: seminativo, bosco ceduo e castagneto. L’edificio più importante sia per dimensioni che per funzioni, il cui uso originariamente era residenziale, possiede l’aspetto di un piccolo castello articolato su vari piani: un seminterrato, tre piani fuori terra ed una piccola torretta. I restanti tre edifici delimitanti i tre lati della corte agricola interna possiedono le seguenti caratteristiche architettoniche e funzionali: il primo fabbricato nasceva ad uso esclusivamente rurale ed è composto da un piano terra ad uso stalla, da pollai e da un piano primo ad uso fienile; il secondo fabbricato era ad uso rurale promiscuo infatti è costituito dall’ abitazione rurale che si sviluppa su due piani da una parte e dall’altra dai servizi agricoli con ricovero e deposito attrezzi al piano terra e fienile al piano primo. Infine il terzo edificio anch’esso di tipo rurale promiscuo come il precedente nasce dall’aggregazione di due fabbricati: quello che si affaccia verso la corte interna era destinato ad abitazione per il custode e possedeva anche delle cantine, l’altro, infatti, che si affaccia verso Marzabotto, ha le caratteristiche di una piccola fabbrica ad uso rurale e possiede una piccola stalla, dei pollai, una legnaia ed un ampio fienile posto al piano primo. La Villa ed i suoi edifici annessi hanno subito, nell’arco del tempo, varie trasformazioni con modifiche considerevoli ed aggiunte ai volumi originari; esse sono documentate solo in parte e, risalenti a tempi abbastanza recenti, si hanno solo le planimetrie catastali per poter operare un confronto (si veda a questo proposito l’analisi storica e la relativa documentazione cartografica e fotografica). All’inizio del XX secolo il podere fu acquistato dall’ Ing. Ivan Mercatelli, che ne conferì lo stile post liberty che possiamo vedere attualmente, denominandolo Villa Ada. Si presume che l’utilizzo dell’edificio principale fosse quello residenziale, mentre le tracce del fienile e degli altri piccoli edifici attorno, intuiscono un fine più agricolo, tenendo conto del fatto che lo stesso Casamento fu un egregio esempio di capacità produttiva agricola montana, ad opera dell’azienda De Rossi. Raggiunta la sommità della torre, il panorama si apre meravigliosamente agli occhi, descrivendo ogni colore e ogni dettaglio di un Appennino che non possiamo mancare di tenere nella giusta considerazione, così come non si debbono dimenticare tesori rappresentati nel Castello di Medelana, che non vuole saperne di cedere al tempo e all’usura, nonostante gli anni trascorsi nel baratro del dimenticatoio, dimostrando se fosse casomai necessario, la grande importanza ed energia di questo colosso del territorio, tra l’altro inserito nella lista FAI dei Luoghi del Cuore 2018, senza però ottenere una posizione di rilievo nella classifica dei luoghi da non dimenticare, come invece avrebbe meritato. Altri link suggeriti: http://www.ricercaeprogetto.it/Medelana.html, http://www.visititaly.it/info/957285-casamento-di-medelana-marzabotto.aspx, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Emilia/bologna/provincia000.htm#medelan, https://www.youtube.com/watch?v=1U3-48dYPEE (video di Aky B. Sian)

Fonti: testo di Fabrizio Carollo su https://www.renonews.it/unione-comuni-appennino-bolognese/marzabotto/2019/05/30/luoghi-abbandonati-3-il-castello-di-medelana/, http://www.comune.marzabotto.bo.it/upload/marzabotto/gestionedocumentale/VAS_20062014_784_4525.pdf

Foto: la prima è presa da http://notiziefabbriani.blogspot.com/2014/11/il-casamento-di-medelana-potrebbe.html, la seconda è di Matteo su https://www.tourer.it/scheda?castello-di-medelana-medelana-marzabotto

venerdì 20 dicembre 2019

Il castello di venerdì 20 dicembre




CEPRANO (FR) - Torre medievale

Simbolo della città, questa torre circolare, della comunemente di “Totila”, risale al 1200. “Ceprano era una fortezza ben guarnita, recinta di salde mura, di forti antemurali difesi da un fosso molto profondo, da più torri superbe ed inespugnabili, con due porte con saracinesche e ponti levatoi. Un’altra porticina similmente ferrata era in una parte segreta della rocca e riservata per il passaggio dei cittadini in caso di bisogno. Tutta la cinta era difesa da venti pezzi di artiglieria”. Ceprano, infatti, si poneva alta e fortificata al di sopra dell’ansa del fiume Liri, da sempre limite e confine tra stati e addirittura popoli diversi (i Sanniti e i Romani, la Chiesa e i Borboni). La struttura urbanistica dell’intera città è stata determinata dalla sua funzione difensiva: cresciuta come cuneo nell’ansa del Liri , strutturata a ventaglio e culminante nella parte alta probabilmente in una fortificazione o castello della quale rimane la torre che viene citata in un documento del 1335. La torre, che si affacciava su un fossato difensivo posto nell’unico lato non protetto dal fiume Liri di cui si rilevano i resti in una carta storica del 1872, è dunque l’elemento architettonico residuale della struttura difensiva composta da poderose mura, da tre torri di avvistamento a pianta circolare e da altre piccole torri a pianta rettangolare, l’antica Rocca di “Cipriano” del XIII secolo. La torre circolare, oggi quasi completamente restaurata, era posta a guardia dell’angolo settentrionale della Rocca, e dell’ingresso al borgo medioevale attraverso la porta Romana. Donata al Comune dall’illustre concittadino Antonio Spinosa e restaurata di recente, con i suoi tre piani la torre fa parte degli spazi adibiti a biblioteca pubblica e dispone di ambienti per mostre fisse e temporanee, distribuiti in tre piani fuori terra ed uno sottostrada, inaccessibile; su quest’ultimo furono eseguiti alcuni sondaggi manuali e strumentali durante i lavori di restauro, che hanno rivelato l’esistenza di un vuoto completamente riempito probabilmente da crolli o demolizioni avvenuti nei secoli, sicuramente un ulteriore locale del castello. Gli spessori delle mura, in pietra sbozzata, rivelano chiaramente la natura difensiva del manufatto; essi variano dai 3,50 metri del piano sottostrada ai 2,50 del piano terra, agli 1,50/1,30 dei piani superiori; la torre terminava con il classico parapetto a merlature, che caddero in occasione del terremoto del 1915, detto di Avezzano. Altro link suggerito: http://giovanniarchcalenne.blogspot.com/2012/07/blog-post_18.html

Fonti: https://www.ciociariaturismo.it/it/la-ciociaria/i-91-comuni/tutti91comuni/863-attrattive-comuni/7851-ceprano-torre-medievale.html, testo di Aldo Cagnacci su https://cepranocity.wordpress.com/2018/03/20/lultimo-avvistamento/

Foto: la prima è presa da https://cepranocity.wordpress.com/2018/03/20/lultimo-avvistamento/, la seconda è una foto da me scattata sul posto molti anni fa

giovedì 19 dicembre 2019

Il castello di giovedì 19 dicembre



ROCCABASCERANA (AV) - Castello e Palazzo del Principe

Roccabascerana era denominata nel Medioevo "Quascierana", in seguito "Rocca de Guasserana". Il toponimo trae origine dal termine germanico gwass che significa "vassallo". Sotto la dominazione degli Svevi appartenne al normanno Giovanni Moscabruno capitano di re Manfredi. Con l'avvento di Carlo I d'Angiò la terra di Roccabascerana nel 1269 fu concessa a Ruggiero di Burson, milite francese e nel 1271 al figlio Riccardo di Burson. Durante il regno della regina Giovanna il feudo pervenne ai Della Marra, a cui fu tolta nel 1464 dal re Ferrante I d'Aragona a seguito della ribellione di Antonio della Marra. Nel 1467 il feudo passò agli Sperone; nel 1482 ai Dentice e nel 1484 ai Brancaccio. Nel 1486 passò agli Spinelli che lo tennero sino al 1560 quando passò ai D'Aquino. Nel 1669 il feudo entrò nel possesso dei Capecelatro che nel 1712 lo vendettero ai Della Leonessa principi di Sepino e Duchi di S. Martino. Questi ultimi lo tennero sino alla fine della feudalità nel 1806. Il centro storico di Roccabascerana, sovrastato dalla guglia rocciosa, è un intrigo di stradine, vicoletti, scalinate, palazzine con portali in pietra. Dell'antico castello, ubicato quasi alla sommità della guglia rocciosa e danneggiato dagli ultimi eventi sismici, rimangono attualmente scarsi resti: i ruderi di una torre quadrangolare, databile alla fine del XIII secolo e alcuni tratti rettilinei di cortine murarie. Altro edificio storico di rilievo, senz'altro meglio conservato, è il Palazzo del Principe, detto anche Palazzo baronale, costruito nel XVI secolo, impiegando materiale di risulta sottratto al Castello, che funse da residenza dei feudatari della Leonessa. Nel periodo iniziale e nel successivo XVII secolo il Palazzo ebbe il suo periodo di maggior splendore. Venne utilizzato dai feudatari D'Aquino sia come residenza, tanto che molti membri della famiglia feudataria qui videro la luce, che come sede per la stipula di atti ufficiali. Al palazzo si accede attraverso un portale che conduce all’interno di un edificio suddiviso in due piani. Altro link suggerito: https://www.youtube.com/watch?v=fClx31DdX7o (video di Borghi d'Italia).

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Roccabascerana, http://www.irpinia.info/sito/towns/roccabascerana/palazzoprincipe.htm, http://www.castellidirpinia.com/roccabascerana_it.html, https://www.irpiniaoggi.it/info-comuni/roccabascerana/

Foto: la prima è di Antonio Gammella su http://www.paesaggiirpini.it/foto/roccabascerana/centro-storico/4138/ , la seconda è presa da http://www.irpiniaroad.it/itinerari-moto-parco-regionale-partenio/#group_3661-15

mercoledì 18 dicembre 2019

Il castello di mercoledì 18 dicembre



RIO DI PUSTERIA (BZ) - Chiusa di Rio Pusteria

La fortezza nacque come sbarramento difensivo e dogana, posta sul confine tra le contee di Gorizia e del Tirolo. Essa chiudeva la val Pusteria ad ovest, poco sopra la confluenza della Rienza nell'Isarco, vicino al paese di Rio di Pusteria. La porta orientale è nota come porta Vandoies (Vintlertor), quella occidentale come porta Rio di Pusteria (Mühlbacher Tor). Si tratta di una costruzione fortificata risalente originariamente al XII secolo, quando era nota come Klause von Haslach ("chiusa di Haslach"). Fu costruita dai signori di Rodengo, ma già nel 1269 fu ceduta ai Gorizia. Quando, alla morte di Mainardo I di Tirolo-Gorizia, i suoi figli Mainardo II e Alberto si divisero i territori paterni, la chiusa divenne stazione di confine. La chiusa antica di una volta si trovava 600 m a ovest della struttura conservatasi sino ad oggi. Questa vecchia chiusa consisteva di un lungo muro di sbarramento e due torri. La struttura fu costruita conformemente al modello corrente delle dighe di sbarramento di quell’epoca. Pietre fluviali lavorate solo in minima parte fungevano come materiale di costruzione, e furono posate regolarmente. Chi voleva passare, doveva fermarsi alla prima torre: le mura all’interno del complesso erano dotate di feritoie. Dall’altra parte della Chiusa di Rio Pusteria si trovava una seconda torre. Purtroppo a partire dal 1340 le fonti scritte sulla struttura vecchia si esauriscono. La Pusteria poi passò totalmente sotto il controllo dei Tirolo. Fu Sigismondo il Danaroso a dargli la forma attuale, ampliandola e fortificandola ulteriormente nell'arco di oltre vent'anni, nella seconda metà del XV secolo. Questa nuova struttura fu dotata di torri circolari, ed un muro di sbarramento risaliva il dorso boscoso. Chi non era in grado di pagare il dazio dovuto sotto forma di denaro, doveva lasciare una parte della sua merce (fu la cosiddetta “gabella del pepe di Rio Pusteria” ben nota agli storici dell'economia medievale). Rimase seriamente danneggiata prima nel 1703 e poi, più seriamente nell 1809, quando fu presa, con grande sforzo e numerose perdite, dall'esercito francese. Il complesso fu venduto alla popolazione, che decise di utilizzarlo come cava. Da allora cadde in rovina. Alla fine del 1939, Mussolini diede ordine di fortificare i valichi alpini, tramite la costruzione del Vallo Alpino in Alto Adige. Anche presso la vecchia dogana, è stato costruito lo sbarramento Chiusa di Rio, che comprende 5 bunker. Solo lo spostamento della strada statale al di fuori delle mura ha consentito, nel 1978, un restauro della struttura. L’Associazione Chiusa di Rio Pusteria, fondata nel 1997, fece restaurare il complesso in collaborazione con la Provincia di Bolzano, il Dipartimento Beni Culturali, il comune di Rio di Pusteria e la Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano. Oggi la chiusa può essere visitata con guida e spesso ospita anche eventi culturali come per esempio rappresentazioni teatrali. Di notte è illuminata, offrendo uno scenario impressionante. La Chiusa, dotata di mura di cinta spesse oltre un metro, si può suddividere in una parte superiore, quella originariamente maggiormente fortificata, e una inferiore, che era invece abitata. Nella parte superiore è rimasta soltanto la torre sinistra, mentre la destra fu distrutta durante la costruzione della Ferrovia della Val Pusteria, come parte del muro di cinta esterno. Nella parte bassa si possono riconoscere la dogana (con le stalle e la fucina) e sulla sinistra la cosiddetta Kaiserturm ("torre dell'Imperatore"), così chiamata perché Massimiliano I era solito soggiornarvi in occasione delle sue battute di caccia. Sulla strada che porta l'insediamento ci sono anche i resti di una cappella dedicata alla Trinità (menzionata per la prima volta in documenti scritti già nel 1472) e una pietra miliare, che commemora il battesimo di fuoco dei Kaiserjäger tirolesi (1813). Altri link suggeriti: https://www.preboggion.it/CastelloIT_di_BZ-Chiusa_Rio_di_Pusteria.htm, https://www.sentres.com/it/chiusa-di-rio-pusteria, https://www.alto-adige.com/cultura-natura/castelli-residenze/chiusa-di-rio-pusteria, https://www.suedtirol.info/it/esperienze/Chiusa-di-Rio-Pusteria_activity_48669, https://www.peer.tv/it/773 (video), https://www.youtube.com/watch?v=qwEJVu11v5Q (video di Fotografszene), https://www.preboggion.it/castelli_Trentino-Alto_Adige.htm (con belle foto).

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Chiusa_di_Rio_Pusteria, https://www.val-pusteria.net/it/cultura-e-territorio/attrazioni/chiusa-di-rio-pusteria/, https://www.suedtirolerland.it/it/cultura-e-territorio/castelli/chiusa-di-rio-pusteria/, https://www.vivosuedtirol.com/it/musei/chiusa-rio-pusteria/, https://www.valpusteria.com/scoprire-gustare/castelli-manieri/chiusa-rio-pusteria.asp

Foto: la prima è presa da http://beateundklaus.de/grafiken/muenchen-venezia-alpenueberquerung-fahrrad/pages/Muenchen-Venezia-Fahrrad-Tag-04-Sterzing-Toblach.htm, la seconda è presa da https://www.valpusteria.com/aree-vacanze/gitschberg-jochtal/rio-di-pusteria/

martedì 17 dicembre 2019

Il castello di martedì 17 dicembre



CASELLE LURANI (LO) - Castello

I primi documenti storici sulla storia di Caselle Lurani risalgono al 1189, quando i Signori di Salerano, feudatari del Vescovo Alberico di Corno, citano delle decime in “Loco delle Caselle”. Nel 1199 la proprietà passa all’Ospedale Maggiore di Milano. Appartenne poi ai Visconti, che la concessero in signoria ai Trivulzio (XIV secolo), cui subentrarono i Lurani nel 1647, quando il feudo di Caselle con Calvenzano, venne conferito a Cristoforo Lurani. Nel 1691 divenne contea. In età napoleonica (1809-16) al comune di Caselle fu aggregata Marudo, ridivenuta autonoma con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto. Nel 1863 Caselle assunse il nome ufficiale di Caselle Lurani, per distinguersi da altre località omonime. Il nome antico deriva dai Lurani, signori del luogo. Il castello è costituito da un corpo principale a pianta quadrata composto da piano terreno, primo piano e sottotetto, con quattro torri angolari, sporgenti e sopraelevate rispetto al volume del castello, anch'esse di pianta quadrangolare. L'edificio principale è affiancato dai fabbricati rurali di altezza inferiore che definiscono una corte a "U", chiusa verso il fronte stradale principale da un alto muro in mattoni, in cui si apre un monumentale portale barocco. Di proprietà privata, l'edificio è stato integrato in un complesso rurale. Altro link suggerito: https://studiolizzini.it/realizzazioni/castello-lurani-caselle-lurani-lodi/.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Caselle_Lurani, http://www.comune.casellelurani.lo.it/manifestazioni/manifestazioni_action.php?ACTION=scheda_turismo&cod_turismo=33, http://www.preboggion.it/CastelloIT_di_CaselleLurani.htm, http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LO620-00061/

Foto: la prima è di jimmylu su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/235793/view, la seconda è presa da http://www.comune.casellelurani.lo.it/manifestazioni/manifestazioni_action.php?ACTION=uno

Il castello di lunedì 16 dicembre




MOLINARA (BN) - Palazzo Ducale

Molinara viene menzionata per la prima volta nel 992: in tale anno, fra i beni confermati all'abate di San Modesto di Benevento, compare una chiesa di Santa Maria posta a Molinara, forse la chiesa di Santa Maria in Plano cui si fa riferimento in documenti successivi. Comunque, si ritiene che la fondazione del paese sia legata all'arrivo di una comunità di monaci bizantini, che qui fondò la chiesa di Santa Maria dei Greci e attirò quindi le popolazioni limitrofe che si incastellarono in cerca di protezione dalle incursioni. La nascita del nucleo fortificato di Molinara può anche essere attribuita a ragioni politiche, considerando che il paese non è lontano da quelli che, nel X secolo, erano i luoghi degli scontri fra i Longobardi del Principato di Benevento e i Bizantini del thema di Langobardia. Molinara viene poi menzionata in un documento del giugno 1118 da cui il castello appare come un possedimento di Raimondo di Loritello, figlio del defunto Rodolfo di Loritello e signore di Bovino; e ancora nel giugno del 1121 un altro documento la indica come terra dei figli del defunto Rodolfo, includendo dunque anche il fratello Goffredo. Faceva parte della contea di Ariano e, dopo la riorganizzazione del 1142, di quella di Buonalbergo. Nel Catalogus baronum appare nelle mani di un tale Roberto di Molinara. Dopo la morte di donna Isolda di Molinara nel 1283, Carlo I d'Angiò concesse il feudo, assieme a quello di Roseto a Giacomo di Assumual. Morto questo senza eredi fra il 1292 e 1293, tali terre passarono a Bartolomeo di Capua, Protonotario del Regno. I suoi successori tennero il feudo a lungo, insigniti in seguito del titolo di Conti di Altavilla: primo fra questi a detenerlo, forse, fu Roberto di Capua nel 1334. Seguirono il figlio Bartolomeo, il nipote Luigi e il pronipote Andrea di Capua, cui nel 1397 il re Ladislao I di Napoli riconfermava il possesso di Molinara. Nel 1443 Alfonso V d'Aragona investì dei titoli il figlio di quest'ultimo, Ludovico, e l'anno successivo il nipote, Andrea II. Nel 1459 re Ferdinando I di Napoli concesse tali titoli a Francesco, fratello di Andrea. Ancora vi furono Luigi II (figlio di Francesco, dal 1489); Bartolomeo II (fratello di Luigi, fal 1497); Luigi Martino (figlio di Bartolomeo, dal 1526). Nel 1549 Luigi Martino di Capua vendette il feudo di Molinara al Regio Consigliere Giovan Tommaso de Minadois. Alla sua morte nel 1555 lo ereditò il figlio Giulio Cesare, Presidente della Regia Camera della Sommaria; questo lo donò al suo primogenito Giovan Tommaso II in occasione delle sue nozze (1612). Però, l'anno successivo, padre e figlio vendettero il feudo congiuntamente ad Ippolita Caracciolo, marchesa di San Marco dei Cavoti. Ancora, da questa lo comprò Giovan Battista de Iuliis (1615), che nel 1621 lo vendette a Francesco Carafa. Il figlio di Francesco, Marcello, rilevò il feudo nel 1634 e l'anno successivo, infine, lo alienò in favore di Marcantonio Muscettola, Duca di Spezzano. I Muscettola tennero stabilmente Molinara per più di un secolo, e vi risiedettero per la maggior parte del tempo. Con la morte di Marcantonio nel 1649, gli succedette il primogenito Francesco, che pagò il relevio del feudo nel 1656. Nel 1663 egli chiese ed ottenne dalla Regia Camera della Sommaria il permesso di mutare il nome del feudo in Spezzano; dopodiché (1677), ottenne dal re Carlo II di Spagna anche il cambiamento del proprio titolo nobiliare, cosicché il titolo di Duca di Spezzano si riferisse a Molinara, e non più al feudo calabrese. Francesco ebbe tre figli fra cui il poeta Antonio Muscettola, che ereditò il titolo di duca ed il feudo nel 1679, per morire nel palazzo familiare pochi mesi dopo. Così il titolo di Duca di Spezzano passò nelle mani del figlio Francesco II, quindi del 1712 in quelle di Giacinto, primogenito di quest'ultimo, che però dovette dividere i beni con i suoi tre fratelli; seguì il figlio Vincenzo Maria (1750). Carmine Maria, erede del titolo di Duca di Spezzano, morì senza eredi: il titolo ducale sarebbe stato devoluto alla Real Corona, concludendo la storia feudale di Molinara. Molto caratteristico è l’ex palazzo ducale, ora Palazzo Santoro, che sorge nella parte medioevale del paese. Posto in un angolo del borgo, fino al 1962 era praticamente intatto, prima di subire grandi danneggiamenti per il terremoto del 1980; dopo i restauri avvenuti, oggi, pur non essendo stravolto nell'impianto, presenta larghe porzioni ricostruite, mentre all’interno le strutture sono purtroppo in gran parte rovinate. Si ritiene che esso fosse originariamente il mastio del borgo fortificato, e le sue murature più antiche sono analoghe a quelle della chiesa di Santa Maria dei Greci databili all'XI secolo. L'edificio si sviluppa intorno ad una corte interna, cui si accede tramite un maestoso ingresso ad arco. Nel centro del cortile è un pozzo, nel cui parapetto è stata integrata una stele funeraria di età romana. Altri link suggeriti: https://www.italiapedia.it/comune-di-molinara_Storia-062-041, https://www.costruzionilombardiachille.it/wp-content/uploads/2018/01/Restauro-del-Borgo-Antico-di-Molinara.pdf

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Molinara, http://www.vivisannio.com/il-sannio/molinara/

Foto: la prima è di Gianfranco Vitolo su https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10214831333238884&set=a.10214831315278435&type=3&theater, la seconda è di Fiore Silvestro Barbato su https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Palazzo_ducale_(Molinara)#/media/File:Molinara_-_fortificazioni.jpg

venerdì 13 dicembre 2019

Il castello di venerdì 13 dicembre





STELLA (SV) - Castello

Posto nella frazione di San Giovanni, in un punto dominante sull'abitato e sulle valli, in prossimità del cimitero e dell'antica parrocchiale, rimangono di esso soltanto pochi ruderi ed una torre risalenti al XIV secolo. È collegato a vista con la sottostante Torre del Mezzano. Il castello ha una posizione strategica a cavallo tra la valle del Riobasco e quella del Sansobbia. Era un tempo collegato con il castellaro di Albisola Superiore con cui costituiva un unico sistema difensivo. Certamente il castello fu ricostruito nella prima metà del XII secolo, ma le origini sono incerte. Secondo alcune ipotesi la prima costruzione potrebbe risalire all'epoca bizantina (VI secolo), come sembrano confermare alcuni oggetti ritrovati in loco. Il castello fu definitivamente abbandonato nella seconda metà del XV secolo. Il 28 aprile 1227, durante una guerra tra Savona e Genova, l'allora castellano Sigismondo Pedebove (detto anche Simone della Stella), si arrese alle milizie genovesi decretando la caduta anche del castello di Albisola. Da allora Stella entrò sempre più a fare parte del mondo genovese, liberandosi dalle influenze di Savona e seguendo le sorti della Repubblica di Genova. Il 5 ottobre 1244 fu ospitato nelle stanze del castello, il pontefice Innocenzo IV in viaggio per il Concilio di Lione; da questa notizia si apprende che il fortilizio doveva comunque essere di modeste dimensioni, poiché parte del corteo papale dovette alloggiare a Varazze. Nel 1272 e nel 1310 il castello fu distrutto durante l'ennesima guerra tra i savonesi e i genovesi e subito ricostruito. A quest'epoca risalgono la maggior parte dei pochi resti visibili attualmente. Il numero dei soldati che si avvicendarono nei vari periodi storici fu sempre piuttosto modesto e solitamente si aggirava sulla decina di persone. In loco non furono mai condotte campagne di scavo di una certa importanza e attualmente la parte più consistente di resti riguarda una torre a base quadrata su cui si innesta una torre cilindrica. Rimangono brandelli della cinta muraria centrale, sembra di forma pentagonale. All'interno si trovano le fondamenta di almeno due edifici rettangolari. In origine vi erano certamente altre due cinte murarie (la seconda apparentemente esagonale) di cui tracce potrebbero rimanere nei muri di contenimento dell'attuale cimitero e della piazzetta antistante il vecchio oratorio di San Sebastiano, antica parrocchiale e in origine forse cappella per i castellani. Anche il muro che costeggia la strada che porta al cimitero era probabilmente in origine un muro difensivo ben più alto di adesso che collegava il castello al centro storico di San Giovanni. I pochi ruderi rimasti furono ulteriormente danneggiati negli anni cinquanta del secolo scorso per la costruzione di due vasche dell'acquedotto sulla sommità della collina, forse in parte ricavate da ambienti sotterranei del castello. Sul lato nord, alle spalle del cimitero, si apre un cunicolo che si addentra per alcuni metri sotto le mura del nucleo centrale. Una tradizione locale vorrebbe che esistesse un collegamento sotterraneo tra il castello e la torre del Mezzano, collegata a vista e che serviva a controllare meglio la valle del Riobasco e la mulattiera proveniente da Albisola.

Fonti: http://www.comunestella.it/Home/Guida-al-paese?IDDettaglio=16655, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Stella, https://it.wikipedia.org/wiki/Stella_(Italia)#Architetture_militari

Foto: la prima è presa da https://www.mondimedievali.net/Castelli/Liguria/savona/sangiovstell01.jpg, la seconda è di Antonello Piccone su https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Stella-castello-torre.jpg

giovedì 12 dicembre 2019

Il castello di giovedì 12 dicembre


APPIANO SULLA STRADA DEL VINO (BZ) - Torre Kreideturm

Questa famosa torre, chiamata “Kreideturm” (torre del gesso) si trova a Missiano, ed è situata a ca. 50 m al di sotto di Castel d’Appiano. La torre a pianta quadrangolare, che secondo l'interpretazione di Josef Weingartner serviva come avamposto fortificato di Castel d’Appiano (https://castelliere.blogspot.com/2013/02/il-castello-di-lunedi-11-febbraio.html), è stata costruita intorno alla fine del XII e l'inizio del XIII secolo, nello stesso periodo del castello. Successivamente è molto probabile che la torre fungesse soprattutto come postazione per i segnali di fumo. La torre era circondata da una cinta muraria, della quale oggi si possono vedere alcuni resti fuori terra. L’ingresso, sul lato sud è decorato con ornamenti, mentre sul lato opposto si trova un ulteriore ingresso più basso, che probabilmente veniva utilizzato per l’accensione dei fuochi. All’interno del Kreideturm purtroppo non c’è niente, solo un lungo cunicolo buio. Rimangono ancora tracce dell'originaria intonacatura bianca della torre, a cui - forse - si deve il nome in lingua tedesca, con cui anche tra gli italiani è nota. Tale nome potrebbe però anche risalire ad un significato originario connesso a segnalazioni a mezzo di fuochi, data la posizione della torre da cui si vedono molti castelli e località distanti anche diversi chilometri.

Fonti: https://eppan.travel/it/cultura-e-territorio/castelli/kreideturm/, https://www.suedtirol.info/it/esperienze/Kreideturm_activity_48644, https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_d%27Appiano#Kreideturm

Foto: è presa da https://eppan.travel/it/cultura-e-territorio/castelli/kreideturm/

mercoledì 11 dicembre 2019

Il castello di mercoledì 11 dicembre





SAN GIMIGNANO (SI) - Bastione San Francesco e Porta San Giovanni

E' il più spettacolare dei bastioni di San Gimignano. Costruito nel XVI secolo dai fiorentini è a pianta circolare e fa parte delle mura. E’ uno dei cinque bastioni circolari costruiti quando la cittadina era sotto il dominio di Firenze, per rinforzare le mura duecentesche contro i colpi di cannone. E' situato all'estremità sud (quella che dà verso l'allora nemica Siena) nei pressi della porta San Giovanni, lo storico accesso per chi proveniva da Siena lungo la variante della via Francigena che passava per San Gimignano. Fu completata nel 1262 ed è la più maestosa delle porte sangimignanesi. Caratterizzata da un arco ribassato in stile senese, ha una guardiola superiore aggettante, che si appoggia alla muratura inferiore con una serie di beccatelli decorato da archetti pensili trilobati. A fianco della porta erano state addossate le navate della chiesetta della Madonna dei Lumi, eretta nel 1601 e parzialmente demolita nel 1922 per sgombrare la via che ne era in parte ostruita. Il campanile della chiesa è comunque visibile dall'esterno della porta. Il nome del bastione deriva dallo scomparso convento di San Francesco, edificato nel Duecento nel sito fuori dalle mura oggi occupato dal piazzale dei Martiri di Montemaggio. Sul bastione è posta una lapide che ricorda Niccolò Machiavelli, che qui nel 1507 istruì le milizie cittadine. Altri link suggeriti: https://www.italyguides.it/it/toscana/san-gimignano/porta-san-giovanni, http://www.wikitinera.it/index.php/it/san-gimignano/870-tosg-019-porta-san-giovanni

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Bastione_San_Francesco, https://it.wikipedia.org/wiki/Porta_San_Giovanni_(San_Gimignano), http://wikitinera.it/index.php/it/san-gimignano/892-tosg-020-bastione-san-francesco

Foto: la prima, relativa al Bastione, è di Frederick Bradley su http://wikitinera.it/index.php/it/san-gimignano/892-tosg-020-bastione-san-francesco; la seconda, relativa alla Porta, è presa da https://www.comune.sangimignano.si.it/en/tourism-culture/tourism/photogallery/DSC0289.jpg/image_view_fullscreen

martedì 10 dicembre 2019

Il castello di martedì 10 dicembre




PIOZZANO (PC) - Castello in frazione Pavarano

Sito nell’alta val Luretta, Pavarano sorge sulla cima omonima che lo protegge sui quattro lati. Sicuramente degli Arcelli nel XIV sec., fu poi degli Sforza fino alla fine del XVII. Il fortilizio, di cui si ricordano resti di una doppia cinta muraria fino alla fine dell’Ottocento, fu, nei tempi più recenti, lasciato nella più totale incuria, nonché notevolmente alterato. Rimangono le imponenti mura perimetrali a scarpata con tracce di cordonatura ed una serie di interessanti finestrelle trilitiche sul fronte rivolto verso l’Appennino. Non si hanno riferimenti storici significativi su questa località. Il manufatto ha subito negli ultimi anni un raffinato restauro che ha finalmente messo fine al secolare stato di degrado.

Fonte: http://www.turismoapiacenza.it/fortilizio_di_pavarano.html

Foto: la prima è presa da http://www.turismoapiacenza.it/fortilizio_di_pavarano.html, la seconda è presa da http://www.altavaltrebbia.net/galleria/picture.php?/2370

lunedì 9 dicembre 2019

Il castello di lunedì 9 dicembre




VILLALVERNIA (AL) - Castello

Nel 1450, morto il duca Filippo Maria senza legittimi eredi, ai Visconti successero nel ducato milanese gli Sforza, con Francesco Sforza (1466). Il nuovo duca confermò in favore di Boncicaldo e Pietro Antonio, figli e eredi di Guglielmo Alvernia, l'infeudazione di Villa, Busseto e Pieve di Vezzano. Il 20 marzo 1470, Gian Galeazzo Maria, duca di Milano, "investì" di Villa, Busseto e la Pieve di Vezzano, Pietro Antonio e Luigi Alvernia, zio e nipote del fu Boncicaldo, con giurisdizione, e redditi feudali e loro discendenti maschi. Nell'anno 1481 avvenne l'investitura del duca Giovanni Galeazzo Maria a favore di Guglielmo fu Pietro Antonio di Alvernia delle parti spettanti a lui di Villa, Busseto e Pieve di Vezzano. Il 23 ottobre del 1505 fu nuovamente il potere regio nella persona del Governatore di Milano che confermò i privilegi ed investitura concessi dai Duchi di Milano, e per la metà del feudo di Villa, già denominata Villa-Alvernia, Busseto e Pieve di Vezzano in favore di Antonio e Giovanni del fu Guglielmo Alvernia. Dopo di questo atto scomparvero dalla scena gli Alvernia, che erano stati feudatari de gran parte di Villa per ben 167 anni. L'8 agosto 1580, Cesare Gambara, Vescovo di Tortona, "investì" di una parte di Villalvernia in favore di Giovanni e Francesco Spinola, fratelli, delle regioni feudali di pertinenza del Vescovo di Tortona. Gli Spinola di Cassano ebbero favorita l'investitura del feudo di Villalvernia dal fatto che avendo Francesco Spinola sposato Atonia figlia unica del fu Giovanni Alvernia, ultimo feudatario di questo casato, entrarono in possesso dei diritti sul feudo di Villalvernia consistenti in quota parte del Castello, torre, palazzo, case e terreni portati in dote dall'Antonia Alvernia e Francesco Spinola. Più avanti negli anni, il 30 gennaio 1679, i fratelli Biagio e Giuseppe Spinola ottennero (consegnamento) confermate le ragioni feudali su Villalvernia, barca (traghetto) sullo Scrivia, "imbottato" e pedaggio, dazio sul vino "a minuto" del contado di Tortona Villalvernia compresa e sul pane, fieno, acquavite per il Luogo di Villalvernia. Nel 1680, il marchese Biagio Spinola intentò causa davanti il Magistrato Straordinario di Milano, contro gli altri Spinola e contro il Vescovo di Tortona per un canale scavato sui terreni di sua proprietà. Il canale doveva servire a portare acqua ad un mulino ed all'irrigazione dei prati, essendosi guastato il vecchio canale. Con l'anno 1688 s'iniziò l'ultimo atto del feudo di Villalvernia. Difatti, venne venduto dalla Regia Camera di Milano al Maestro di Campo Pietro Luigi Passalacqua che il 22 giugno 1688 prestò il prescritto giuramento feudale di fedeltà al re di Spagna, Duca di Milano. Il contratto d'acquisto portava i seguenti dati: Lire settanta per focolare, cento lire per ogni tre lire di annua rendita, mille lire per il castello. Villalvernia sotto i marchesi Passalacqua continuò a vivere in regime feudale, con un feudatario che possedeva il castello, la chiesa e molte terre. Per vari secoli fu eretto in marchesato a favore dei nobili Passalacqua, famiglia molto antica, patrizia e benemerita di Tortona; un discendente della quale famiglia, il generale Passalacqua, morì gloriosamente combattendo sul campo dell'onore nella giornata infausta del 23 marzo 1849. L'antico castello, già documentato nel 1135 e appartenuto ai Visconti e agli Spinola, ha subito, nel corso dei secoli, radicali interventi di ristrutturazione che lo hanno trasformato in palazzo signorile.

Fonti: https://www.comune.villalvernia.al.it/it-it/vivere-il-comune/storia, https://villalvernia.wordpress.com/villalvernia-per-dire/il-paese/, testo sulla pubblicazione "Castelli in Piemonte" di Rosella Seren Rosso (1999)

Foto: la prima, che mostra come si presenta oggi la costruzione, è presa da https://www.immobiliare.it/annunci/65367242/; la seconda (che è d'epoca e mostra come era un tempo il castello) è di sir1ge su https://it.wikipedia.org/wiki/File:Villalvernia_-_Il_castello.jpg

venerdì 6 dicembre 2019

Il castello di venerdì 6 dicembre






CAIANELLO (CE) – Castello

Caianello fu sicuramente abitato in età medievale, come si evince sia da una bolla papale del 1193 che dal Catalogus Baronum di Guglielmo II (1188). Nel 1275-1277 Caianello contribuì all’incremento della flotta del re Carlo I d’Angiò nella campagna contro l’Imperatore di Costantinopoli. Dal 1345 Caianello appartenne a vari feudatari, tra i quali ricordiamo: Francesco Del Balzo, gli Abenavoli (1406), Petrillo de Aurilia, la famiglia Transo, Nicolaum Anotinium de Montibus (1467), Consalvo de Cordoba (1514), Cesare de Capua (1637), Salvatore del Pezzo (1745). Il castello, costruito probabilmente prima del IX-X secolo, subì alcune modifiche in età angioina ed aragonese ed è, oggi, ridotto a ruderi, anche se è recuperabile un torrione cilindrico. Fino a pochi anni fa i proprietari del castello erano gli eredi della antica e nobile famiglia Del Pezzo. Tra i membri della nobile famiglia del Pezzo va ricordato Pasquale del Pezzo, duca di Caianello, eminente matematico e professore di Geometria Superiore e Geometria Proiettiva all’Università di Napoli. Portano il suo nome alcune superfici algebriche aventi per sezioni piane curve ellittiche, e alcuni coni connessi con le calotte superficiali del second’ordine, invarianti di tipo proiettivo differenziale (maggiori informazioni). Le rovine del castello, edificato tutto in tufo, probabilmente d’origine normanna, sono ricoperte dalla vegetazione. Si possono ancora osservare feritoie e merlature. Altro link suggerito: https://www.academia.edu/11144485/Profilo_archeologico_artistico_e_storico_di_Caianello_della_Terra_di_Lavoro_dalle_origini_all_eversione_della_feudalit%C3%A0

Fonte: http://blog.zingarate.com/borghicastelli/caianello/

Foto: la prima è presa da http://www.comuniverso.it/index.cfm?Comune_di_Caianello&comune=061008, la seconda (d’epoca) è presa da http://www.nobili-napoletani.it/del_Pezzo.htm

giovedì 5 dicembre 2019

Il castello di giovedì 5 dicembre



MAFALDA (CB) - Rocca di Ripalda Vecchia

I resti del primo insediamento cittadino risalenti ai secoli XI - XII, occupano la sommità di una collina a circa 400 m s.l.m. e distante pressappoco due chilometri dall'attuale centro di Mafalda. Sono ben visibili tutt'oggi gli imponenti resti di una rocca con un'alta torre a pianta quadrata di cui restano la base e frammenti del corpo centrale; a sud-ovest, più a valle, si trova l'abitato medievale e le mura che cingevano le pendici meridionali. Nonostante alcuni reperti facciano suppore che il sito sia stato frequentato sin dalla Protostoria, il parere degli archeologi è che le emergenze murarie siano databili al basso medioevo. Tutto fa supporre che quella costruita a Ripa Alba fu inizialmente una rocca di avvistamento voluta da Federico II di Svevia: sappiamo che fu egli l'ideatore e il realizzatore di quella rete di torri, rocche e castelli ancora oggi presenti lungo la costa adriatica e possiamo verosimilmente affermare che anche la rocca di Ripalda Vecchia sia assimilabile a tale rete di difesa e controllo dato che dal torrione la vista spaziava da Termoli, le isole Tremiti, il Gargano, il Tavoliere, a Punta Penna, la Maiella, il Gran Sasso. Dopo gli Svevi, furono signori di queste terre gli Angioini: la borgata con la rocca divenne quindi feudo della nobile famiglia D'Alitto; testimonianza di ciò il ritrovamento di un frammento di coccio recante il giglio Angioino. Anche nei pressi di questo sito è stato possibile reperire materiale ceramico, scorie di ferro e reperti faunistici oggetto di studio e databili tra l'XI e il XIV secolo. Forti supposizioni si hanno della presenza, all'altezza della rocca, di un più antico edificio di culto di cui è testimonianza il ritrovamento di un capitello smussato e adibito ad acquasantiera. Di particolare interesse è, inoltre, il ritrovamento sul sito di un accumulo di ossa che fanno pensare ai resti di una donna. Altri link suggeriti: https://digilander.libero.it/ilovemafalda/storia.htm, http://www.altovastese.it/arte/il-castello-di-ripalta-e-gli-insediamenti-medievali-nella-bassa-valle-del-trigno-un-saggio-di-davide-aquilano/

Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Mafalda_(Italia)#Ripalda_Vecchia

Foto: la prima è presa da https://digilander.libero.it/ilovemafalda/storia.htm, la seconda è presa http://www.altovastese.it/arte/il-castello-di-ripalta-e-gli-insediamenti-medievali-nella-bassa-valle-del-trigno-un-saggio-di-davide-aquilano/

martedì 3 dicembre 2019

Il castello di martedì 3 dicembre



TERLIZZI (BA) - Torre Normanna

Dopo la dominazione bizantina, a partire dall'XI, secolo Terlizzi rientrò nella sfera d'influenza di Giovinazzo, sotto il dominio del normanno conte Amico, artefice delle fortificazioni in entrambe le città (e a Terlizzi, del poderoso castello con tre torri, ripreso nello stemma cittadino), all'epoca ancora identificata come castellum. Ma fu nel 1123 che Terlizzi acquisì il titolo di città (come testimonia una stele affissa alla Torre Maggiore del Castello normanno, unica superstite della struttura, in gran parte crollato tra XVIII e XIX secolo). Nel Duecento fu capoluogo di contea infeudata alla famiglia Tuzziaco; in seguito fu dominio di Federico Wrunfort. Nel 1230 l'imperatore Federico II di Svevia, imperatore del Sacro Romano Impero Germanico vinse la lotta contro il papa Gregorio IX. Subito dopo la vittoria Federico riconobbe tutte le città che lo avevano affiancato negli scontri contro il pontefice, tra cui Terlizzi. Lui, essendo anche un poeta, per ringraziare Terlizzi la agevolò nel commercio e le scrisse anche una frase di benevolenza cioè "Terlitium inter spinas lilium" ovvero "Terlizzi un giglio fiorito fra rovi spinosi". Nel 1361 divenne signore di Terlizzi Guglielmo Sanseverino, per eredità di uno zio. Tale famiglia detenne la signoria fino al 1407, quando Ottavio/Ottaviano Sanseverino, che era anche signore di Parabita e di Cellino, venne privato di tutti i possedimenti per ribellione a re Ladislao di Durazzo. Subito dopo venne investito della signoria di Terlizzi (assieme ad altri feudi) Francesco Orsini, conte e poi duca di Gravina. Nel 1532, però, il suo discendente Ferdinando Orsini, 5º duca di Gravina, perse definitivamente la signoria di Terlizzi, che passò ai Grimaldi principi di Monaco marchesi di Campagna che l'amministrarono fino al 1641. Dal 1607 fu amministrata dai baroni de Gemmis di Castel Foce, luogotenenti del feudo. Dai Grimaldi passò ai Giudice Caracciolo duchi di Giovinazzo e principi di Cellamare, fino a quando, morta Donna Eleonora Giudice Caracciolo senza figli né eredi diretti nel 1770, tutti i corpi feudali furono devoluti alla Regia Corte. Messa all'asta nel 1778 dalla Regia Camera della Sommaria per ordine del Re Francesco I di Borbone, i cittadini terlizzesi, tra cui il Barone letterato Ferrante de Gemmis, per non far nuovamente ricadere la città sotto la servitù feudale del probabile acquirente il duca Carafa di Andria, promossero il riscatto feudale versando 90.000 ducati alla regia corte nel 1779 e Terlizzi divenne città demaniale. Tale somma però, non essendo nella disponibilità dell'università di Terlizzi, fu prestata dal barone Gennaro Rossi di Napoli il quale aveva ipotecato a sé tutti i corpi feudali di Terlizzi compreso il castello, fu rimborsata nell'arco di oltre un secolo e mezzo con molte difficoltà e vicissitudini giudiziarie chiusesi addirittura nel 1930. La Torre è il simbolo della città. Possente e ultima testimonianza dell'antico Castello normanno, dall'alto dei suoi 31 metri, domina lo scenario circostante. La torre, sormontata da un'edicola campanaria (progettata nel 1833 insieme all'orologio dall’architetto Giovanni Lo Spoto), mostra sulla facciata orientale un orologio avente un diametro di 3.45 metri. Edificato dal Conte Amico nel 1075, oggi di questo castello rimane ben poco, se non la torre e l'insieme delle strutture che ne delimitano ancora la forma originale; le due torri che facevano parte del complesso sono scomparse così come le mura e le fortificazioni. Al massimo del suo splendore il castello arrivò a superare per dimensioni quelli di Giovinazzo e Molfetta; l'edificio ospitò lo stesso conte Amico, Federico II di Svevia, Ferdinando I di Aragona, e fu il fulcro, il punto di incontro dei mercanti della zona, un crocevia e una sosta obbligatoria per i viaggiatori. Dalla seconda metà del XVII alla prima metà del XX secolo il sontuoso Palazzo adiacente alla Torre, costruito sui resti del Castello, fu di proprietà del ramo cadetto dei Baroni de Gemmis. Il Palazzo fu abitato nel XIX e nella prima metà del XX secolo dallo scrittore giuridico Cav. Michele de Gemmis (1799-1871), quindi dal figlio, Cavaliere Tommaso de Gemmis (1854-1942). Il Palazzo è oggi sede di abitazioni. Durante il fascismo la torre, che ospitava già l'odierno orologio, venne privata delle lancette in oro di cui disponeva il macchinario, molto probabilmente per fonderle in lingotti per poi venderli e investire il ricavato nel sostenimento della seconda guerra mondiale. La torre vanta un orologio che trova pochi eguali in tutta Europa, con i suoi 3,45 metri di diametro. Per questa ragione, viene denominata anche "Torre dell'orologio". Altri link suggeriti: https://www.terlizzilive.it/multimedia/8062/455384/video/detail (video), http://www.itc.cnr.it/ba/sc/TRL/TRL0012.html

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Terlizzi, http://www.italiavirtualtour.it/dettaglio.php?id=1568 (da cliccare per effettuare una visita virtuale del sito), https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_normanno_(Terlizzi), https://www.comune.terlizzi.ba.it/zf/index.php/musei-monumenti/index/dettaglio-museo/museo/27

Foto: la prima è presa da http://www.italiavirtualtour.it/dettaglio.php?id=1568, la seconda è presa da http://www.baritoday.it/eventi/estate-terlizzi-sonorita-brasiliane-concerti-pinacoteca-9-settembre-2016.html

domenica 1 dicembre 2019

Il castello di lunedì 2 dicembre




SAN DIDERO (TO) - Casaforte

Sul pendio sul quale sorge il paese si trova la medioevale casaforte di San Didero, una delle poche strutture di questo tipo, di proprietà pubblica, nella bassa Valle di Susa e per la quale il Comune ha portato avanti un progetto di restauro e rifunzionalizzazione come bed & breakfast (https://www.vallesusa-tesori.it/it/servizi/san-didero/bed-and-breakfast-casaforte-di-san-didero). Risalente al Basso Medioevo (probabile la datazione tra XIII e XIV secolo), la costruzione è al centro del piccolo abitato, lungo una caratteristica strada lastricata in pietra, ed era un tempo dominio di diverse famiglie nobili della zona della media Valle di Susa, tra cui i Bertrandi di San Giorio e Chianocco e i Grosso di Bruzolo. Benché, secondo alcuni, si tratterebbe di un castrum tale termine mai compare nei documenti pervenutici, oltretutto assai tardi (sec. XIV e XV), come l’atto rogato nel 1425 "in Sancto Diderio ante domum fortem nobilis Francesquini Rotarii". Il complesso si trova al centro dell'abitato. La casaforte si affaccia su un cortile circondato da mura a forma di poligono irregolare; doveva costituire l'antica corte della casa fortificata e al di sotto di esso si conserva ancora un'antica cisterna. Le mura lato strada mantengono alcune merlature e feritoie originali. La casaforte vera e propria riprende le semplici caratteristiche costruttive tipiche di alcuni edifici medioevali di questa zona della Valle, come ad esempio la casaforte di San Giorio o la torre del Parlamento di Susa. Aveva probabilmente funzioni miste, di tipo signorile, militare ed agricolo. È costituita da un dongione di quattro piani posto sull'angolo nord-ovest del complesso, le cui facciate interne sono state inglobate dagli edifici costruiti all'interno della corte. Rimangono originali i prospetti che affacciano sull'esterno, verso le vigne, lati ovest e in parte nord. La torre quadrata termina con una merlatura ed internamente era suddivisa in più piani da impalcature di legno. Una serie di scalette interne mette in comunicazione i vari piani: generalmente il primo fungeva da cucina, il secondo da abitazione del signore ed al terzo alloggiavano i pochi soldati della guardia. Prospiciente la ripida strada principale, che si snoda fra le case dell’abitato, corre ancora l’alto muro merlato nel quale si apre l’ampio portone carraio. Il dongione è affiancato da una casa con loggiato (lobia - ballatoio in legno), risalente probabilmente al XVII secolo e che ne costituisce il punto di ingresso dalla corte d'onore. Dal cortile si possono osservare alcune strutture superstiti delle opere di difesa: i tratti di cammini di ronda verso il ciglio interno del muro di cinta e alcune strombate arcere aperte nei merli. Altri link suggeriti: http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/sit-cartografico/beni-culturali/beni/vsusamed/vsusamed-sandidero1, https://www.facebook.com/pages/Casaforte-di-San-Didero/543712135735863.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Casaforte_di_San_Didero, https://www.comune.sandidero.to.it/cultura-e-storia/casaforte/

Foto: la prima è presa da http://www.lunanuova.it/valli/2014/07/17/news/casaforte-il-ponte-tra-passato-e-futuro-431496/, la seconda è presa da https://www.vallesusa-tesori.it/it/luoghi/san-didero/casaforte-di-san-didero

venerdì 29 novembre 2019

Il castello di venerdì 29 novembre




TORREGROTTA (ME) - Torre e arco merlato

Le vicende storiche che riguardano Torregrotta sono collegate alla particolare situazione che la caratterizza: basse colline ai margini di un ampio bacino alluvionale formato dai torrenti Niceto e Bagheria. Questi corsi d’acqua, scorrendo parallelamente verso il mare, anticamente formavano un ampio delta con relativi ambienti palustri. Proprio su questo fertile bacino alluvionale, importante punto di transito che collegava Messina a Palermo, si svolge una storia che al momento siamo in grado di documentare solo sin dal periodo normanno. Esattamente da quando, nel marzo 1168, il giovane Re di Sicilia Guglielmo II e la madre Margherita di Navarra, concessero alla badessa del monastero benedettino di S. Maria della Scala di Messina il Casale Comitis (Casale del Conte), che i saraceni chiamavano Rachal Elmelum. Area agricola importante, soprattutto per la produzione del vino e della seta, il Feudo di S. Maria della Scala e la contrada Grotta nella terra di Rocca, seguirono gli alti e bassi relativi ai grandi eventi storici che interessarono la Sicilia. Nel 1221, Federico II di Svevia, divenuto adulto, dopo aver ordinato la “Generalis Revocatio” di tutti i privilegi fino a quel momento concessi, riconfermò la donazione del Casale del Conte, fatta dai suoi avi, alle monache. Più tardi, quando i rapporti tra il Sovrano e il Papa si incrinarono, il Casale del Conte fu sottratto con la forza al monastero del giudice messinese Afranione da Porta. Successivamente, nel periodo di anarchia feudale seguita alla morte di Federico II di Svevia, alcuni milites massinesi si impossessarono del feudo, che però dovettero abbandonare a seguito di una sentenza emessa il 10 giugno 1267 dal Cardinale Rodolfo de Chevrières, legale pontificio, il quale ordinò la restituzione del feudo alla monache di S. Maria della Scala che erano le legittime proprietarie. Durante il periodo Angioino, il feudo tornò al nipote del Giudice Afranione da Porta e soltanto il 3 aprile 1289 fu restituito definitivamente al Monastero di Santa Maria della Scala. Da questo momento i documenti tacciono, per tornare a darci notizie a partire dal 5 maggio 1527, data in cui l’imperatore Carlo V concesse alla monache di S. Maria della Scala, la licenza di ripopolare il Casale che ormai si trovava in rovina perché da moltissimo tempo era stato abbandonato. L’imperatore autorizzò la costruzione di un “Castrum” con torre e relative opere difensive atte a proteggere i contadini che vi avrebbero abitato: il primo vero nucleo abitato dal quale si svilupperà il villaggio “Torre”. La fortificazione del Castrum era costituita da una palizzata di protezione in legno e da portali d’ingresso in pietra; al suo interno furono edificati gli edifici religiosi e il villaggio formato da semplici capanne e da costruzioni in pietra con tetto in tegole che, oltre a essere delle abitazioni, furono anche utilizzate per controllare e difendere i campi agricoli e che per tale motivo venivano chiamate torri. L'aspettativa di poter migliorare le proprie condizioni di vita favorì l'immigrazione di persone indigenti provenienti dal circondario che stabilendosi nella rinnovata realtà crearono in breve tempo una comunità dotata di propria identità. A partire da questo periodo, il Feudo di S. Maria della Scala fu amministrato da procuratori laici e divenne luogo di grande produzione vinicola. In epoca borbonica, con il fine della feudalità, l’ormai ex Feudo di S. Maria della Scala passò sotto la giurisdizione amministrativa della terra di Rocca di cui divenne sottocomune. Nella seconda metà dell’Ottocento, l’aumento della popolazione e il diffondersi di una nuova classe borghese palesarono una serie d’esigenze quali il desiderio di avere una propria parrocchia, un proprio cimitero e di non dover dipendere da Rocca. Da questa richiesta scaturì una lunga diatriba che si concluse con il Regio Decreto del 21 ottobre 1923, il quale diede vita al nuovo Comune di Torregrotta, che riunisce nel toponimo il ricordo dell’antico villaggio Torre nel feudo di S. Maria della Scala e della contrada Grotta. Pochissime ma significative le tracce del passato architettonico e artistico di Torregrotta: in via Mezzasalma si può ancora vedere l’unico portale merlato rimasto dell’antico Castrum risalente al XVI secolo. La sua costruzione è tuttavia successiva poiché sulla chiave di volta interna sono ancora visibili i numeri 6 5 0 ed è quindi databile al 1650. Il portale è costituito da un arco a tutto sesto sormontato da una merlatura ghibellina. Interessanti tracce del nucleo abitativo originario si trovano racchiuse nell’area intorno alla via Trieste, ove esistono tuttora i resti dell’antica torre del Castrum e di abitazioni di epoche comprese tra il XIV e il XIX secolo. Nel corso del tempo la Torre del Castrum ha subito diverse modifichei e stravolgimenti ed oggi si presenta inglobata in abitazioni di epoche successive lungo la Via Trieste. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=1VqEbnDxpoY&feature=emb_logo (video di Biagio Saya), https://www.youtube.com/watch?v=3axwdGt2JNA (video di PiccolaGrandeItalia.Tv)

Fonti: http://www.torregrotta.gov.it/la-citta/monumenti/, http://www.torregrotta.gov.it/la-citta/cenni-storici/, https://it.wikipedia.org/wiki/Torregrotta, https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_di_Torregrotta

Foto: la prima è di alphacentauri2007 su https://it.wikipedia.org/wiki/File:Torregrotta_tower.jpg, la seconda è presa da http://sicilia.indettaglio.it/ita/comuni/me/torregrotta/torregrotta.html. Infine la terza, relativa all'arco merlato, è di alphacentauri2007 su https://it.wikipedia.org/wiki/File:Torregrotta_arco_merlato.jpg