PERCHE' PREFERIRE LE ERBE SELVATICHE
1 mese fa
ebbene sì....anche io, in modo immaginario, voglio infilare un foglietto di carta con notizie sulla mia vita e i miei interessi in una bottiglia e gettarla nell'immenso mare della rete, dove chissà chi lo leggerà !!! PROVATE A DIGITARE LA LOCALITA' ITALIANA DEL CASTELLO CHE CERCATE NELLA FINESTRA IN ALTO A SINISTRA, FORSE NE HO GIA' PARLATO IN QUESTI ANNI....ALTRIMENTI SUGGERITEMELO PER I PROSSIMI POST :-)
VAPRIO D'AGOGNA (NO) - Castello
Essendo un piccolo insediamento abbastanza decentrato, Vaprio non conobbe mai una grande espansione, venendo posto quindi nella sua storia sotto vari feudi. Fu assegnato in epoca medioevale al Comitato di Pombia; passò poi nel 1152 sotto ai Conti di Biandrate, e da quel periodo seguì le sorti di un comune limitrofo di maggiori dimensioni, Momo. Nel 1402 il duca di Milano Gian Galeazzo Visconti consegnò il feudo al novarese nobile Barbavara che poi lo vendette a tale Cristoforo di Casate. Poi, nel 1534, Vaprio fu ceduto per 16.800 lire al signore di Fontaneto d'Agogna, Galeazzo Visconti, rimanendo sotto tale famiglia fino agli inizi dell'Ottocento. In epoca barocca Vaprio conobbe un leggero ampliamento, tanto che nel comune si stabilì una piccola confraternita religiosa che fondò un modesto monastero; oggigiorno però di esso non rimane nulla. Nel periodo del seicento, il paese divenne un possedimento minore della famiglia Caccia, sotto a cui avvennero alcune importanti modifiche nel castello locale. Essi furono inoltre i primi committenti della costruzione della nuova chiesa di Vaprio, che sostituì la precedente, più piccola e antica, che era situata entro le mura del castello. Nei primi dell'Ottocento, numerosi terreni agricoli di Vaprio vennero acquistati da due nuove famiglie benestanti, i Bono e gli Acerbi. L'edificazione del castello (che sarebbe più idoneo definire casa-forte, per la sua struttura) risale al 1220 circa, commissionato dai da Momo, i futuri De Capitaneo poi Cattaneo, allora feutdatari anche di Vaprio. Fu eretto, per quanto risulta, soprattutto per rafforzare la rappresentatività del loro potere sui beni locali, potere appena riconquistato dopo un difficile contendere con il vescovo di Novara e quindi per dimostrare, semmai in futuro fosse stato ancora necessario, la legittimità dei loro diritti feudali sul territorio. E' stato portato a termine, così come lo si vede adesso, in tempi diversi. Prima si costruì il corpo più a sud del complesso. Doveva dare sicura dimora al valvassore incaricato di seguire in loco gli interessi del feudo. Solo in seguito, probabilmente all'inizio del trecento, si aggiunse un secondo corpo e sul finire del quattrocento si portò alle dimensioni attuali. La casa-forte nel corso dei secoli subì tante e tali alterazioni, distruzioni, ricostruzioni, modifiche e riadattamenti che oggi anche con la più attenta lettura della superficie esterna risulta impossibile quantificarle e differenziarle tra loro. Nel 1311 il Novarese passò sotto il dominio dei Visconti, famiglia ducale di Milano, impegnata in una strategia di espansione in tutte le direzioni. Da ciò l'inevitabile scontro con gli interessi del Marchese del Monferrato: fu infatti guerra aperta. Quando duemila mercenari inglesi (le famose barbute della "Compagnia Bianca" agli ordini del tedesco Albert Sterz) al soldo del marchese invasero il Novarese saccheggiandolo a man bassa, Galeazzo Visconti per scoraggiare l'avanzata di questi devastatori, pensò bene di fare tabula rasa dei castelli che sarebbero potuti cadere nelle mani nemiche e diventare ostelli dove passare l'incombente inverno. Anche la fortificazione di Vaprio conobbe l'onta distruttrice del piccone: erano gli anni tra il 1358 ed il 1361. Intanto i Da Momo, ormai declinati economicamente per la frantumazione del loro casato in una ventina di piccoli gruppi familiari, non potendo più offrire alcun peso politico e militare alla signoria ducale di Milano, interessata a privilegiare le forze fidate emergenti, furono sollevati dall'investitura feudale e la fortezza, con Vaprio, viene infeudata al novarese Manfredi Barbavara con diploma del 24 luglio 1402. Anche il Barbavara sfruttò il feudo da lontano e nella storia della fortezza non lasciò segno alcuno; è logico supporre che su questa, non essendo un possedimento allodiale, si fosse guardato bene dall'investire soldi per trarla dalle rovine del 1361. A metà quattrocento nel castello è documentata la presenza dei Caccia. Gli storici, al proposito, scrivono che a partire dalla seconda metà del Quattrocento la fortezza era stata abbandonata dagli "homines" ed una famiglia di signori, i Caccia, l'avevano lentamente acquistata. Iniziò così la storia vapriese della famiglia Caccia e una nuova vita per la fortezza. Il 5 luglio 1450 il referendario di Novara, nella sua relazione inviata a Francesco Sforza, succeduto ai Visconti, scriveva: "Vaprio ha un castello e conta 50 fuochi" (circa 300 abitanti). Il castello era già stato ricostruito e risorto dalle picconate viscontee? Non si sa. Si sa, invece, che i Caccia, una volta preso possesso, si dedicarono al suo completo recupero, all'ampliamento e lo abbellirono con un bel porticato disteso per ben 38 metri su nove colonne ottagonali. L'immobile assunse così la forma e le dimensioni ancora oggi in essere. Non si può parlare di questo castello senza fare almeno un cenno al suo più famoso castellano. Sotto il segno del cancro, il 22 luglio 1571, qui nacque il famigerato Giovanni Battista Caccia detto il Caccetta (dai vapriesi spagnoleggiato in "Cacita"). Il Caccetta fu una figura prepotente che spadroneggiò nel novarese attraverso soprusi e malefatte. Sposato con Antonia Tornielli, erede del castello di Briona, vi si recò a vivere trasformando il maniero in un centro di attività politiche antispagnole, allestendo anche una zecca clandestina nei sotterranei. Per questo si narra che il castello di Vaprio d’Agogna fosse collegato con un tunnel a quello di Briona e a quello di Barengo. Ma il Caccetta non si fermò qui, invaghitosi della nobildonna novarese Margherita Casati, si liberò della moglie e del canonico di Novara Serafino Conti che si opponeva al suo progetto di nuove nozze. Le malefatte e i delitti lo portarono in prigione, ma in realtà fu soprattutto la sua fama filofrancese a fargli guadagnare la decapitazione, pena riservata ai nobili. Gli spagnoli infatti lo condannarono come cospiratore e lo giustiziarono il 19 settembre 1609, a Porta Tosa a Milano, dopo un lungo processo durato anni. Il Caccetta venne sepolto a Novara nella chiesa di San Giovanni Decollato. I suoi beni, compreso il castello di Vaprio, vennero confiscati dalla Camera Ducale Milanese, per passare poi ai Visconti, che lo tennero per tutto il Settecento. La struttura divenne poi proprietà della famiglia Tagliabue, che la conservò così come è ancora visibile oggi. L’attuale casa forte, a pianta rettangolare, si presenta su tre piani più sottotetto e porticato cinquecentesco disteso su otto arcate laterali, la muratura nella parte inferiore è a ciottoli, a tratti a spina di pesce, e nella parte superiore in mattoni. Dal 1740 la struttura è stata adibita ad abitazioni private. Sul lato rivolto al bellissimo parco dagli alberi secolari, si diparte invece la parte più recente del complesso fatta costruire, forse recuperando parti antiche, dalla famiglia milanese Tagliabue nel 1885, come riportato sotto l’arcata della porta centrale. Gli Stemmi di questa casata sono stati recuperati durante gli ultimi lavori di ristrutturazione. Inizialmente quindi ad uso di un unico proprietario, la dimora era costituita a pianterreno da diverse cucine e al piano superiore da una serie di camere da letto. Agli inizi del ‘900 la tenuta fu rilevata da Enrico Baroli, ex sindaco di Vaprio d’Agogna. Oggi invece la proprietà è passata alla Società "Il Borghetto" di Borgomanero, che ha fatto eseguire in particolare il restauro della costruzione del 1885, salvando le preziosità al suo interno, dando nuova vita e un nuovo nome a questo luogo incantevole.