giovedì 30 giugno 2022

Il castello di giovedì 30 giugno


 
GUALDO TADINO (PG) - Torre Belli

Fu costruita a guardia dell’antica via Consolare Flaminia in località Magione e chiamata anticamente anche “La Torre Grande” o “Del Grande“. Fu un importante fortilizio perugino per il controllo dei confini orientali del Comune. Appartenne ai fratelli e celebri capitani di ventura, Biordo e Ceccolino Michelotti di Perugia, passò poi al Comune di Gualdo che la rivendette, nel 1488, al famoso giureconsulto gualdese Antonio de Humiolis (Umeoli). Oggi è una civile abitazione. La torre quadrata, costruita in pietra rosa irregolare, è ancora imponente, lo stato di conservazione è buono anche se le sono state addossate diverse recenti costruzioni che la privano della sua bellezza.

Fonti: https://www.iluoghidelsilenzio.it/torre-belli-gualdo-tadino-pg/, https://www.portasanbenedetto.it/territorio/

Foto: entrambe prese da https://www.iluoghidelsilenzio.it/torre-belli-gualdo-tadino-pg/

mercoledì 29 giugno 2022

Il castello di mercoledì 29 giugno



LENTA (VC) - Castello

Le antiche vicende della parrocchia di Lenta si collegano intimamente con quelle del monastero di Benedettine il cui fabbricato esiste tuttora adiacente a settentrione dell'attuale Chiesa parrocchiale benché ridotto in pessimo stato dal guasto del tempo e degli uomini. Prima dunque di parlare della parrocchia occorre accennare alle vicende del Monastero raccogliendo le poche memorie esistenti. Il fabbricato antichissimo, tuttora conservato in parte, che servì fin verso la fine del secolo XVI da monastero pare che fosse in antecedenza un castello o una fortezza. Ne sono segno evidente le piccole torri e le opere di fortificazione costruite anche nel fabbricato del monastero, il massiccio muro di cinta e la fossa che lo circondava, di cui si vedono tuttora delle tracce e il nome stesso di castello usato anche al presente per designare la parte di fabbricato racchiuso entro detto muro mentre viene denominata monastero solo la parte che servì ad abitazione delle monache. A chi fosse appartenuto questo Castello e quando ivi si stabilì il monastero non è possibile dirlo con certezza. Non essendoci negli archivi locali notizie sicure (le carte del Monastero, trasportate a Vercelli, andarono perdute all'epoca della soppressione nel 1802) bisogna accontentarsi di quello che dicono gli storici vercellesi, i quali al riguardo sono tutt'altro che d'accordo. Infatti non c'è unanimità di pensiero sul fatto che il nucleo fortificato possa essere considerato un borgo o una sorta di ricetto (di pertinenza signorile e religioso), perché risulta abitato stabilmente. Un documento di investitura di feudo, castello e villa di Lenta a Palatino Avogadro, da parte di Ottone di Biandrate, attesta che il luogo era già fortificato nel 1178. La particolarità del “castello” di Lenta consiste nell’essere stato un “nucleo difeso” la cui porzione signorile è il MONASTERO FEMMINILE BENEDETTINO DI S. PIETRO, fondato nel 1127 sotto l’auspicio di Alberto di Andrate. Verso la metà del Duecento è attestata la presenza di un “castrum” che racchiudeva anche una parte dell’abitato, per cui alcuni uomini di Lenta potevano essere denominati “de castro”. Ma anche il borgo doveva essere dotato di mura e circondato da fossato nel secolo XIII, essendo anche Lenta compresa fra le località fortificate che gli statuti del Comune di Vercelli imponevano fossero conservate in efficienza. Lenta poi passò agli Arboreo di Gattinara, ma il convento benedettino continuò ad avere giurisdizione sul castello/monastero. Secondo alcuni studiosi vi era una doppia giurisdizione delle religiose e dei signori laici; infatti nel 1404 i signori laici giurarono fedeltà ai Savoia, le monache al Marchese del Monferrato, sottolineando la permanenza della divisione delle rispettive pertinenze. Con la traslazione del convento a Vercelli, nel 1570, iniziò la decadenza del complesso del castello. Lo stato dei fabbricati è oggi assai compromesso. Il “Castello” è di proprietà comunale, attualmente chiuso in attesa di restauri. Le mura racchiudono un nucleo a pianta quadrata, di lato circa m 85. Le mura sono di ciottoli posti a spina di pesce coronate da merlature in pietra, senza torri, tranne che nel castello. Oggi è ancora visibile la perimetrazione delle mura, tranne che sul fronte nord. L’interno del nucleo è articolato in cellule edilizie a tessitura minuta e compatta, ma molto rimaneggiate. Il Castello-monastero presenta il lato orientale meglio conservato con una torre quadra, alcune finestre nel muraglione e una torretta, pure quadrangolare. L'edificio si compone di un piano terra con volte laterizie a crociera, di un primo piano con un unico salone, con soffitto ligneo e un secondo piano con un unico salone, con soprastante copertura ad orditura lignea e manto in coppi laterizi. Resti di merlature bifide sono visibili lungo il lato settentrionale e un cortile interno ( l’antico chiostro) e alcune sale al primo piano mostrano tuttora decorazioni quattrocentesche in cotto ed affreschi del XV-XVI secolo in cattivo stato di conservazione. Altri link consigliati:https://www.preboggion.it/CastelloIT_di_VC_Lenta-Castello-monastero.htm, https://www.youtube.com/watch?v=suwCkHTjXWE (video di Andrea Caligaris)

Fonti: http://www.comune.lenta.vc.it/dettagli.aspx?c=1&sc=23&id=1&tbl=contenuti, http://archeocarta.org/lenta-vc-castello-monastero/, https://artbonus.gov.it/2232-castello-monastero-benedettine-di-lenta.html

Foto: la prima è di marcofederico su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/22268/view, la seconda è di Vale1977 su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/148575/view

martedì 28 giugno 2022

Il castello di martedì 28 giugno

 



CAPODIMONTE (VT) - Rocca Farnese

E' un imponente palazzo-fortezza a forma ottagonale fatta costruire nel 1365 dal duca di Castro Pier Luigi Farnese su una preesistente costruzione dei signori di Bisenzio, su uno scoglio vulcanico che affaccia sul Lago di Bolsena, in prossimità del porticciolo e con la splendida isola Bisentina situata davanti. Nel 1468 nacque a Canino (VT) Alessandro Farnese che nel 1534 fu eletto Papa con il nome di Paolo III. Nella prima metà del 500, Alessandro fece abbellire la Rocca di Capodimonte dall’architetto Antonio da Sangallo il Giovane (già impegnato in numerose altre fabbriche per la famiglia, sia a Roma che nel territorio viterbese), che fece costruire i contrafforti (gli speroni sugli otto angoli) per lanciare la costruzione, i loggiati sul lato nord e nel cortile interno, ed il giardino pensile. I bastioni hanno murature a scarpa e sugli spalti, oggi trasformati in giardino, prendevano posto merloni con postazioni di cannoneggiamento difensivo su tutti i lati. La costruzione vera e propria venne dunque trasformata con la creazione di un'elegante facciata verso la piazza del paese ad arcate e un ponte a collegare il paese con la rocca. Il giardino pensile oltre allo scopo decorativo ed estetico fu costruito anche come opera difensiva. Esso è caratterizzato da alberi monumentali e da siepi e aiuole che con il loro disegno “all’italiana” creano numerosi angoli di relax. Nell’Ottocento furono introdotte le prime piante esotiche come la magnolia, le palme e gli oleandri, che ad oggi costituiscono un importante patrimonio arboreo. Ai quattro angoli sorgevano stanze attrezzate con bocche da fuoco e tutt’intorno dovevano correre dei camminamenti sotterranei. Per accedere alla Rocca si utilizzava il ponte levatoio là dove oggi c'è il ponte in muratura. Caratteristica è la scalinata in cotto e peperino (detta cordonata) che dal cortile sale ai piani superiori, i cui gradini, bassi e lunghi, consentivano di salire anche con cavalli e muli. L'interno venne ampliato ed ingentilito con la creazione di un piccolo ed elegante cortile interno, a tre ordini di arcate in peperino, porticato su un lato al piano terreno e anticamente loggiato ai piani superiori. I fregi delle finestre recano scolpiti nell'architrave il nome del committente, Alessandro Farnese. Una comoda e funzionale rampa cordonata in mattoni listati immette ai piani superiori. La loggia d'accesso agli ambienti del piano nobile reca un interessante soffitto ligneo a lacunari, al centro del quale è conservata una cartella lignea con gli stemmi gigliati farnesiani, blu in campo d'oro. Il salone del piano nobile è un'autentica delizia, interamente arcuato su lesene a costituire una sorta di belvedere con vista su tutto il lago. I pavimenti dovevano essere originariamente in maioliche policrome smaltate, un tratto delle quali è presente in fascia lungo le pareti. In un'arcata è conservato un interessante affresco, non ancora studiato, che rappresenta la figura di un pontefice tra due baldacchini rossi, tra paggi, nobiluomini e cavalieri in armatura da parata. Altre sale recano nelle volte dipinti ad affresco della fine dell'800 e gli inizi del '900. Tra le mura dei bastioni e quelle della rocca si imposta un giardino perimetrale, raggiungibile attraverso una ripida scala, una sorta di hortus conclusus, dove spiccano alcune piante ornamentali orientali. Nella prima stanza, lungo la scala, era ubicato il forno per la panificazione.
La riserva idrica era garantita dall'acqua piovana raccolta dal tetto,incanalata in tubi di coccio murati, filtrata e conservata in una grande cisterna tutt'ora esistente sotto il cortile. Nella Rocca, con molta probabilità, nacque nel 1475 Giulia Farnese che divenne poi l’amante di Papa Borgia Alessandro VI ed amica della figlia Lucrezia Borgia, con la quale spesso soggiornò a Capodimonte. Nell’affresco rimasto, del quale non si ha certezza dell’autore, è rappresentato il Papa Eugenio IV che consegna a Ranuccio Farnese la Rosa d’Oro, onorificenza cui i Papi premiavano i servitori fedeli. Molti sono i Papi che sono stati ospitati nella Rocca: Pio II Piccolomini, Sisto IV Francesco della Rovere, Innocenzo VIII Giovan Battista Cibo, Alessandro VI Rodrigo Borgia, Giulio II Giuliano della Rovere, Leone X Giovanni de Medici, Clemente VII Giulio de Medici. Ricca di storia e leggende, è impreziosita all’interno da soffitti affrescati e ambienti confortevoli ed eleganti. Nel 1805 la rocca venne acquistata dalla famiglia Brenciaglia ed è ancora oggi proprietà degli eredi. Una parte della struttura è destinata all’accoglienza turistica (https://laroccasullago.it/) e le visite sono consentite solo su richiesta. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=yBr1SALsru8 (video di Pierluigi Manetti), http://www.italiavirtualtour.it/dettaglio.php?id=96699,https://www.youtube.com/watch?v=y3iNHur1cbE (video di Viaggi e Volti Travels and People Dicovery Web TV)
 

Fonti: http://www.meteomarta.altervista.org/portale/la-rocca-di-capodimonte-vt, https://www.mytuscia.com/il-palazzo-farnese-di-capodimonte.html, https://the-borgias.forumfree.it/?t=59734078

Foto: la prima è di Pierluigi Manetti su https://laroccasullago.it/, la seconda è una cartolina della mia collezione

lunedì 27 giugno 2022

Il castello di lunedì 27 giugno

 



PIOZZANO (PC) - Castello di L'Ardara

E' situato nell’alta val Luretta, nei pressi della frazione di Groppo Arcelli. Posto sui percorsi interappenninici che congiungevano il Piacentino ed il Pavese con la Toscana, L’Ardara è costruito su di un promontorio ben protetto su tre lati da rive scoscesi. Il maniero, citato nei documenti storici indifferentemente come Lardara o Arderia, non fu protagonista di eventi significativi sotto i punti di vista storico e militare. Il complesso fu, nel periodo compreso tra il XVI e il XVII secolo, di proprietà della nobile famiglia dei Dal Pozzo o Pozzi, la quale si estinse negli ultimi anni del Seicento. Riattato a casa colonica e successivamente soggetto ad abbandono e degrado il castello è stato ristrutturato e, al netto delle pesanti trasformazioni a cui è stato soggetto, si trova in ottime condizioni di conservazione. Del complesso originario sono state preservate alcune parti della cinta muraria dotata di feritoie, due torri angolari a c uspide poste ai vertici opposti della cinta e caratterizzate da una base rettangolare. Oltre a queste sono presenti due torrette minori, poste a monte, lato sul quale si trovava in origine un accesso fortificato, che è poi stato sostituito da un portale realizzato in pietra, solo parzialmente conservato. L'edificio che poteva originariamente essere identificato con il mastio, a cui sono state addossati in seguito corpi più recenti, presenta i resti di un arco gotico realizzato in arenaria. All'interno del castello, secondo la tradizione, si trovavano inizialmente anche un pozzo del taglio e una sala adibita a prigione. L'edificio ha subìto negli ultimi decenni trasformazioni ad uso agricolo e lavori di restauro effettuati ad opera dell'ultimo proprietario.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_L%27Ardara, scheda di Pierluigi Bavagnoli su https://www.mondimedievali.net/Castelli/Emilia/piacenza/piozzano.htm, https://postidavisitare.com/wiki/piozzano

Foto: la prima è di Mattia94raggio su https://postidavisitare.com/wiki/piozzano, la seconda è di Pierluigi Bavagnoli su https://www.mondimedievali.net/Castelli/Emilia/piacenza/piozzano.htm

venerdì 24 giugno 2022

Il castello di venerdì 24 giugno

 



TUFO (AV) - Castello

Il toponimo deriva dalla roccia vulcanica del tufo, presente diffusamente nel sottosuolo di tutta l'area del paese e grazie alla quale si sono avuti i primi insediamenti nella zona. Il comune si sviluppò intorno all'area del castello, che sorgeva in cima ad una roccia vulcanica. La sua posizione strategica fece sì che il comune assunse notevole importanza perché era possibile controllare il territorio sottostante dal Terminio al Sannio. Il territorio fu munito di robuste fortificazioni e nel 1266 ospitò una battaglia tra Svevi e Angioini. Fino al XV secolo il comune rimase sotto l'influenza sannita, tornando sotto la giurisdizione avellinese solo con la regina Giovanna II di Napoli. Tufo rimase coinvolto nelle vicende che interessarono l'intera Italia meridionale intorno al 1400, quando passò in mano agli Aragonesi. Il Castello fu fatto costruire da Raone del Tufo. Dal XI secolo era nelle mani dei Normanni. I Normanni, gli Angioini e gli Aragonesi fecero dell'edificio un baluardo nella difesa dei loro possedimenti. La corte dei del Tufo risiedette nel castello fino al 1578. Dopo terremoti, alluvioni, carestie e pestilenze, Tufo andò in feudo al Conte Piatti di Venezia nel XVIII secolo, e, infine, ai Capobianco di Benevento. Il castello, interamente realizzato in pietra locale, oggi si presenta parzialmente ristrutturato. Dell'impianto originario a semplice pianta quadrangolare e torri circolari, di cui una costruita successivamente al resto della struttura, resta poco se non le tre torri, un portale rinascimentale interno e le mura perimetrali. In seguito alle modifiche effettuate nel XVI secolo, quando il fortilizio fu trasformato in residenza, con l'aggiunta di corpi di fabbrica e mura esterne, l'edificio ha assunto un prevalente aspetto signorile che è riuscito a preservare, fino ai giorni nostri. Emblema storico della comunità tufese, il castello ha accolto, negli ultimi anni, una serie di eventi e iniziative volte alla promozione turistica e culturale di un complesso architettonico simbolo dell'intera Valle del Sabato. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=hDQt4R1ld9I (video di Castelli d'Irpinia), https://www.museodeicastelli.it/castelli/tufo-castello-di-tufo/,https://viaggiart.com/tufo/museo/14148/museo-lo-spielberg-del-risorgimento-meridionale.html

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Tufo_(Italia), https://it.wikipedia.org/wiki/Castelli_della_provincia_di_Avellino#Tufo, http://www.castellidirpinia.com/tufo_it.html,https://sistemairpinia.provincia.avellino.it/it/luoghi/castello-di-tufo,

Foto: la prima è di Fire90 su https://ia.wikipedia.org/wiki/File:Castello_di_Tufo_%28AV%29.jpg, la seconda è presa da https://www.orticalab.it/Tufo-domenica-6-settembre-si-va-A

giovedì 23 giugno 2022

Il castello di giovedì 23 giugno



ROMA - Palazzo Savelli (o Monte Savello)

Il toponimo Monte Savello deriva dal rilievo creato dalle rovine di parte del Teatro di Marcello i cui materiali provenienti in particolare dalle strutture della scoena frons, cominciarono ad essere utilizzati sin dalla fine del IV secolo per il restauro del Ponte Cestio e come cava di marmi e di materiali da costruzione a cui vennero ad aggiungersi i detriti alluvionali depositati dal Tevere. Con la successiva fortificazione a partire dal secolo XI forse ad opera dei Pierleoni, prese poi il nome dai Savelli che ne furono i principali proprietari. Almeno a partire dal XII secolo, il monte era noto come monte Faffo o Faffi o Fabiorum, e talvolta Saxo; tale denominazione si ritiene prendesse nome da una non ben identificata famiglia dei Faffi poi Fabi, che per primi avrebbero fortificato il sito sul luogo della originaria cavea del teatro. Questi furono poi identificati, senza ulteriore documentazione, con i Fabi detti di Pescheria, noti però solo dal secolo XV. A questi successero i Pierleoni che, secondo il topografo e archeologo Giuseppe Marchetti Longhi ed altri, vi possedettero sin dal 1086 una fortificazione, eretta da un Pietro di Leone; essi rimasero presenti nell'area sicuramente fino al XV secolo, quando erano proprietari di parte del suolo confinante con la Munitio Montis Fabiorum. Le case dei Pierleoni, che possedevano anche la vicina Tore sull'Isola Tiberina, in ogni caso occupavano sin dall'XI secolo parte di quel luogo se il 29 luglio del 1099 papa Urbano II moriva presso la chiesa di San Nicola in Carcere ospite di questa famiglia, che probabilmente dette ancora rifugio nel 1105 a papa Pasquale II. La presenza dei Savelli nell'area è attestata nei testamenti di Giacomo Savelli che, prima in veste di cardinale, poi come papa Onorio IV, sul finire del secolo XIII risultava proprietario della Munitio Montis Fabiorum. Solo a partire dalla seconda metà del secolo XIV, dopo essere stato ricostruito da Luca Savelli a seguito del violento terremoto del 1348, il luogo, nel quale sorgeva anche una chiesa dedicata a S. Cecilia, iniziò a prendere il nome di Mons Sabellorum. Il fortilizio medievale, che nel XV secolo doveva apparire irto di torri e chiuso verso il Tevere da un alto muro merlato in mattoni, fu successivamente profondamente modificato dai Savelli, che commissionarono a Baldassarre Peruzzi (secondo Sebastiano Serlio tra 1517 e 1519; altri autori sostengono durante il periodo 1525-1533) il rifacimento del palazzo tuttora esistente sopra le arcate della facciata. L'intervento comportò la demolizione di cospicue parti dell’antico teatro e la ricostruzione del terzo ordine; nella cavea fu installato il giardino. Il palazzo visse il suo massimo splendore con il cardinale Giulio Savelli il quale, a metà del Cinquecento, vi raccolse una ricca collezione di sculture antiche e vi istituì un cenacolo letterario. Nel 1712 alla morte di Giulio Savelli, III principe di Albano ed ultimo di casa Savelli a portare i titoli di Maresciallo di Santa Romana Chiesa, privo di eredi diretti, che già in vita aveva dovuto cedere parte del patrimonio per coprire il proprio ingente indebitamento, il palazzo passò agli Sforza Cesarini, come eredi più prossimi che lo cedettero a loro volta alla Congregazione dei Baroni. Nel 1729 il palazzo fu acquistato, per 29.000 scudi, da Ferdinando Bernualdo Filippo Orsini dei duchi di Gravina che Benedetto XIII, della stessa famiglia, aveva legittimato alla successione al ramo romano degli Orsini di Bracciano, anche nella carica di Principe assistente al Soglio pontificio. I nuovi proprietari trasferirono nella nuova residenza l'archivio di quel ramo, già conservato nel palazzo di Monte Giordano, e provvidero ad intervenire ulteriormente sul complesso, apportando profonde modifiche nelle strutture più antiche ed ampliandone con altri tre corpi di fabbrica il lato nord-ovest, disposti intorno al giardino al quale si accede dalla piazza omonima mediante un cancello posto tra due pilastri sormontati dagli orsi araldici della famiglia. L'edificio rimase di proprietà degli Orsini fino ai primi decenni del XX secolo quando, anche a causa di una istanza di esproprio da parte della Cassa di Risparmio di Roma, iniziata alla fine del secolo XIX, venne ceduto in gran parte a Leone Caetani. Questi, da poco succeduto al padre nel titolo di duca di Sermoneta, vi fissò nel 1919, assieme alla consorte Vittoria Colonna, la propria dimora, trasferendovi anche la biblioteca personale, ed assegnandogli la denominazione di palazzo Sermoneta; successivamente, anche a causa della sua separazione dalla moglie e della successiva emigrazione dall'Italia, lo cedette frazionandone la proprietà. Con i successivi lavori di liberazione (1926-1932), furono eliminate le numerose botteghe e abitazioni che occupavano le arcate e lo spazio circostante; contemporaneamente i fornici, allora interrati per circa 4 m di altezza, vennero sterrati. I restauri comportarono il consolidamento di una parte delle arcate interne, con speroni in mattoni, e il rifacimento di parte della facciata, con ripresa dello schema architettonico delle arcate in pietra sperone. Negli anni Cinquanta il palazzo passò a Iris Origo, l’autrice di “La guerra in Val d’Orcia, diario italiano”. Oggi il palazzo è composto da vari appartamenti. Nel principale l’ambiente padronale comprende tre stanze da letto, il salone grande, la biblioteca, la sala da pranzo e una sala da ballo. L’altro appartamento ha tre camere, una cucina, due bagni, una sala da pranzo e una gigantesca terrazza di 75 metri quadrati. Sotto il palazzo ci sono 431 metri quadrati di cantine. Il palazzo è stato messo in vendita nel 2012 alla cifra di 32 milioni di euro. Oggi l'edificio ospita l’Ambasciata del Sovrano Ordine di Malta presso la Santa Sede nei suoi saloni, splendidi sì ma, fino al gennaio del 2020, seriamente ammalorati. Fu allora, infatti, che l’ambasciatore Antonio Zanardi Landi si rivolse alla marchesa Giovanna Sacchetti, energica presidente della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti Onlus, cui si devono numerosi, importanti interventi, chiedendole il suo supporto. Il restauro (condotto con la Soprintendenza romana) ha interessato il Salone Verde, di cui sono stati recuperati i cassettoni lignei del soffitto e il fregio dipinto con giochi di putti, il Salone Giallo, anch’esso con un importante soffitto a cassettoni, e la Sala da pranzo. Tutte sale arricchite da magnifici arazzi, due dei quali, molto preziosi (nel Salone Giallo) fanno parte della serie di 11 esemplari dei «Paesaggi con animali» (qui, due struzzi e un leopardo guardingo, dal muso vagamente antropomorfo, in una vegetazione rigogliosa), firmati dal famoso arazziere Jan Raes e tessuti tra il 1611 e il 1614 nella celebre Manifattura di Bruxelles di Catherine van den Eynde. Nobilissimo il pedigree: commissionati dal cardinale e collezionista Alessandro Peretti Montalto, passarono poi ai Chigi, ai Torlonia e agli Sforza Cesarini. Star del Salotto Verde è invece il superbo Tavolo Borghese, realizzato nel 1634-35 da Alessandro Algardi per il principe Marcantonio Borghese, montandovi una rara lastra di diaspro ereditata dal cugino, il cardinale Scipione Borghese: sebbene modificato nel 1773 da Luigi Valadier, è un esempio sbalorditivo del più sontuoso Barocco romano. Ma oltre alle pitture murali, ai soffitti e ad alcuni arredi, la Fondazione Sacchetti ha provveduto ai parati serici, danneggiati dalle infiltrazioni d’acqua e ora ritessuti sull’antico modello dalle tessiture di San Leucio, fondate dai Borboni nel 1778 e tuttora attive per le più alte committenze. Video consigliati: https://www.youtube.com/watch?v=DgMx4MklzIM (di Giovanna Vernarecci) e https://www.youtube.com/watch?v=PIGEc2h41O8 (di Silas Lozano Paz)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Monte_Savello, https://it.wikipedia.org/wiki/Teatro_di_Marcello, https://www.vistanet.it/roma/2021/09/06/lo-sapevate-il-teatro-di-marcello-a-roma-ha-inglobata-una-grande-abitazione/, https://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/casa-litta-palazzo-orsini-torna-al-suo-splendore/136891.html

Foto: la prima è di Nicholas Gemini su https://it.wikipedia.org/wiki/Teatro_di_Marcello#/media/File:Antico_palazzo_di_Roma.jpg, la seconda è mia ed è stata scattata in questi giorni

mercoledì 22 giugno 2022

Il castello di mercoledì 22 giugno

                                      


                                       

ISOLA CAPO RIZZUTO (KR) - Fortezza aragonese in frazione Le Castella

Il nome "Castella" è latino, la designazione al plurale con l'aggiunta dell'articolo "Le" non è ancora ben chiara, potrebbe essere dovuta ad una credenza/leggenda secondo cui nel luogo vi fossero costruite molte fortificazioni o abitazioni edificati su di un arcipelago scomparso e sulla terraferma, idea che può avere delle basi fondate dato che in alcune secche al largo del mare, vi sono evidenti resti sottomarini di fabbricati antichi come ruderi di insediamenti; oppure altra ipotesi può essere una designazione a livello generale del territorio circostante l'abitato; c'è da intendere che comunque Le Castella non è il nome della fortificazione protesa su un piccolo promontorio ma il toponimo del territorio circostante. Il nome odierno "Le Castella" si può cominciare a stabilire con certezza dal medioevo, ed è stato preceduto da molti altri nel corso dei secoli. La documentazione medievale superstite, evidenzia l’esistenza di “Castella” o “Castellum ad Mare”, nell’ambito del “Iustitiariatus Vallis Gratis et Terre Iordane”. La sua favorevole posizione marittima s’evidenzia già alla metà del secolo XII, quando il geografo musulmano Edrisi rileva l’esistenza di “… qaśtâl (Le Castella), città [pur] piccola, …”, segnalandone la distanza da Crotone: “Da Le Castella a quṭrûni (Cotrone), navigando a golfo lanciato, tredici miglia e diciotto costeggiando”. Nel 1219 compare come testimone in un trasferimento di proprietà scritto in lingua greca, Mansus de Castro Maris. Del dicembre 1225 è invece un documento di Federico II, nel quale vengono confermati nove privilegi di libero pascolo al monastero di Corazzo, nei tenimenti di Campolongo e dei Castelli a Mare. Alla fine del Duecento “Castelle” è riportata nella c.d. “Carta Pisana” mentre, nel portolano noto come “Compasso de navegare”, la cui compilazione risale al gennaio 1296 (codice Hamilton 396), sono riportate le distanze che la separavano da Squillace e dal capo delle Colonne: “Del golfo de Squillaci al capo de Castelle lx mil(lara) p(er) greco ver lo levante. Del capo de Castelle al capo de le Colomne x mil(lara) entre greco e tramo(n)tana.”. Agli inizi del Trecento, “castele” compare nell’Atlante Luxoro, conservato presso la Biblioteca Civica Berio di Genova, e nella Carta maghrebina della Biblioteca Ambrosiana (“castelle”), continuando ad essere segnalata con lo stesso toponimo durante tutto il corso del secolo, nella carta di Angelino Dulcert (1339), nell’Atlante di Abraham e Jehuda Cresques (1375), nella carta di Guillelmus Soleri (1380) ed in altre. Lo stesso toponimo “castelle” o “castele”, assieme gli analoghi “castel”, “casteli” e “castela”, si rileva durante tutto il Quattrocento ed il Cinquecento, come ci mostrano le numerose carte nautiche prodotte nel corso di questi due secoli, che si conservano presso la Bibliothèque Nationale de France e alla Biblioteca Marciana di Venezia. Dal XV secolo fino ai giorni nostri non ha avuto una nomenclatura stabile, prima di arrivare all'attuale nome, i cartografi la designarono in vari modi come: Castellammare, Castelli a Mare, Castello a Mare; Torre di Annibale, Capo di Annibale; Li Castelli, Le Castelle, Capo delle Castella. Nei secoli IX – XI Castella fu occupata dagli Arabi che avevano creato un emirato nella vicina Squillace ed avevano quindi tutto l’interesse di controllare l’intero golfo. Cessata in parte la minaccia araba, Castella divenne pian piano un popoloso borgo sul quale vennero erette anche due chiese: quella di Santa Maria e l'altra di San Nicola dipendenti dall’Abbazia di Sant'Angelo de Frigillo in Mesoraca fino alla soppressione della suddetta abbazia avvenuta nel 1652, e successivamente accorpata a Santa Maria della Matina in San Marco. Si ha notizia poi che intorno al 1251 a Castella erano presenti pubblici ufficiali quali giudici e notai, segno evidente questo di un’attiva vita commerciale e sociale; Ebbe anche una propria universitates con stemma annesso. Nel XIV sec. fino al XVI sec. seguì le vicende storiche del regno di Napoli, in alcuni momenti Le Castella fece parte attiva nell'esito dei governi come nell'evento conosciuto come battaglia di Le Castella, fu una serie di battaglie decisive all'interno dei vespri siciliani. Conosciuta come Castellorum maris, nel dicembre 1444 la fortezza, a quel tempo proprietà del marchese Antonio Centelles fu cinta d'assedio e conquistata dall'esercito di Alfonso V d'Aragona. Nove anni più tardi, il re nominò il suo fidato falconiere Maso Barrese castellano della fortezza, nel mentre divenuta proprietà demaniale e a quel tempo collegata alla terraferma mediante una strada alta e larga. Nello stesso periodo, a destra dell'ingresso si apriva un ampio piazzale, mentre sul lato opposto si trovavano una serie di piccole stanze a volta e una chiesa. Il 24 giugno 1462 il re accolse una richiesta di perdono da parte di Centelles, al quale il castello fu nuovamente affidato assieme al marchesato di Crotone. Con la definitiva cattura del marchese all'inizio del 1466, il castello tornò di nuovo direttamente nelle mani del re. Nel mese di ottobre del 1486 il castello fu affidato dal principe di Taranto a Francesco De Miro, che si occupò del castello assieme ad undici collaboratori. Fu durante il periodo aragonese che la fortezza prese le forme architettoniche odierne. Nello stesso periodo, un poeta e militare castellese di nome Coletta De Castelli allietava con le sue poesie la corte dei regnanti aragonesi. Importanti lavori di ristrutturazione, iniziati da Alfonso II di Napoli, si conclusero nel 1487. Durante l'aprile 1491, l'università di Le Castella fece richiesta al re di poter utilizzare i proventi dall'esenzione del pagamento di un carlino a fuoco per le fabbriche del regno per ristrutturare le mura cittadine, danneggiate dalle mareggiate. Nell'ottobre 1496 il castello fu venduto da Federico I di Napoli ad Andrea Carafa. Dal XVI sec. fino al XVIII sec. il paese e la sua fortezza diventarono scenari delle incursioni ottomane, fu l'inizio dell'improvvisa decadenza del borgo, che durò per molti secoli, fino al XX secolo. Gli ottomani misero a ferro e fuoco l'intero borgo, uccidendo e rapendo molti abitanti. Nel 1536 il celebre corsaro barbaresco Khayr al-Din Barbarossa vi rapì Giovanni Dionigi Galeni, divenuto famoso come ammiraglio e corsaro con il nome di Uluç Ali Paşa. Dal XVII sec. fino agli inizi del XX sec. il paese di Le Castella fu semiabbandonato, scarsamente abitato, le continue incursioni ottomane e piratesche resero pericoloso vivere nel luogo. Nel 1644 l'abitato di Le Castella fu abbandonato per ordine della corte regia e ci furono anche proposte per abbattere la fortezza sul mare per evitare che diventasse un covo ottomano. L'insediamento odierno è di costituzione moderna, a partire dalla seconda metà del XVII, da quando cominciò lentamente a ripopolarsi in seguito agli abbandoni che avvennero dalla seconda metà del XVI sec. fino alla prima metà del XVII. Tra il XVI e il XVII, la fortezza fece da ricovero per gli abitanti della zona, in mancanza di altre difese da eventuali altre invasioni ottomani, piratesche o di altra derivazione, formando così un piccolo borgo fortificato all'interno dell'isoletta. È noto il resoconto del tour condotto dall'abate Saint-Non, in cui constatò lo stato di abbandono della fortezza, ridotta a rudere e le condizioni umili degli abitanti del borgo. Nel 1799 fu luogo di scontro tra francesi e borbonici e punto di approdo delle truppe provenienti dalla Sicilia. Da quel momento il borgo, prima comune feudale, successivamente aggregato a Crotone e poi divenuto frazione di Isola Capo Rizzuto nel primo decennio del XIX sec., seguì le vicende amministrative e politiche prima del risorto Regno di Napoli, poi dello Stato italiano. Verso gli anni '50 del XX sec., dopo gli interventi dell'opera Sila, il centro urbano si espanse per tutta la punta di Le Castella. Negli anni '60 fu scelta come set cinematografico per "L'armata Brancaleone" e "Il Vangelo secondo Matteo". Nel 1991 venne istituita l'area marina protetta di Capo Rizzuto e Le Castella entrò nel sul comprensorio. Nel 1999 ospitò tutte le puntate della 30ª e ultima edizione di "Giochi senza frontiere". Nel XXI secolo ha sviluppato la sua vocazione turistica ed è diventata nota in provincia e anche in regione. Chiamata colloquialmente castello, ma con denotazione diversa da quella che si ha in italiano, cioè di luogo di residenza della nobiltà che può anche essere fortificato, ma in dialetto non c'è una differenza tra castello e roccaforte, la fortezza ha un'accezione molto più vicina a quella della lingua latina cioè di luogo fortificato. Una mareggiata negli anni 70 del XX secolo ha scoperto sotto le fondazioni del castello sul retro lato est un grande muro della lunghezza di circa 40 m la cui tecnica di costruzione, con blocchi di calcare e piccoli riquadri in pietra disposti a scacchiera, ricorda molto da vicino quella utilizzata in un muro ellenistico di Velia: la sua datazione oscilla tra la seconda metà del IV e gli inizi del III a.C. Ciò fa pensare ad un antico muro frangiflutti oppure a quel che resta di una phrourion crotoniate, cioè un avamposto militare e scalo naturale per le imbarcazioni. L'edificio siccome non ospitò la nobiltà della zona non può essere considerato come castello ma bensì più come una fortezza o roccaforte, oltre alla cinta muraria con il mastio e i vari scompartimenti militari, vi erano edifici civili e religiosi, perché all'interno vi era anche la presenza di un borgo che non ospitava esclusivamente guarnigioni, ma anche chi abitava nella zona, si registra che almeno dalla seconda metà del XVII sec. fino agli inizi del XVIII sec. il borgo era all'interno della cinta muraria della fortificazione ed il promontorio era più per scopi agricoli-pastorali. La fortezza ebbe varie modifiche architettoniche nel corso dei secoli, a seconda dei governanti e delle esigenze difensive, molte parti dell'intero corpo sono state costruite in epoche diverse. Nel 2015, grazie ad una delibera, ha aperto le porte ai matrimoni civili. Oggi é un polo museale gestito dalla Direzione Regionale Musei del MIC. L'ingresso alla Fortezza avveniva tramite l'attraversamento di un ponte levatoio. In alto, sopra il varco, son presenti due feritoie dalle quali due grosse corde o catene servivano per alzare o abbassare una struttura lignea. Sotto il ponte levatoio, una cisterna per la raccolta dell'acqua piovana che ne dà riscontro, la piccola rientranza sul lato destro lungo il muro: qui un sistema di tubazione in terracotta, raccoglieva l'acqua piovana dal terrazzo e la canalizzava nella cisterna sottostante. L'ingresso principale alla Fortezza, sintetizza la caratteristica dell'architettura militare aragonese, riscontrabile in molte strutture storiche del sud Italia e del territorio spagnolo. I bastioni quadrangolari, con mura possenti che scendono in maniera irregolare per tenere a distanza il nemico e scoraggiare l'assalto; i bilobati, merlature a due o tre gobbe che incoronano le mura, il parapalla, cordolo posto a metà muro; e le finestre dette a "bocca di lupo" (lato sinistro perfetto esempio). La torre cilindrica presenta il suo impianto originale probabilmente risalente all'epoca Angioina (intorno al XIII sec.). Il dongione è diviso in tre piani, collegati da una scala a chiocciola interamente ricavata nella grossa parete perimetrale. Alla base della torre, una cavità era destinata alla raccolta e alla conservazione delle acque piovane. Nel Bastione Ovest son presenti i resti della pavimentazione originale della fortezza. La Cappella, risalente al XVI secolo d.c., è caratterizzata da una copertura a "volta a botte" ove è presente l'unico affresco di tutta la struttura, che rappresenta una figura maschile racchiusa in una cornice dipinta di rosso: un individuo con barba e capelli bianchi, uno scudo sul braccio sinistro e il braccio destro rivolto al cielo con le dita a "V2", poste a simboleggiare vittoria o pace. Accanto al castello vi è il Borgo Antico, un piccolo agglomerato urbano composto da piccole botteghe e mercati dove la popolazione si riuniva per lo scambio delle merci. Costruita all'ingresso del borgo nel XVI secolo d.c., la chiesetta, rivestita da materiale litico parzialmente visibile, si presenta a pianta rettangolare ad un'unica navata che culmina in corrispondenza dell'altare in pietra incoronato dall'abside tondo. Una recente campagna di scavi, ha portato alla luce quello che il crollo della struttura originaria ci ha lasciato: una tomba bisoma (doppia), fatta di pietra cruda (ciottoli e terra cotta come legante), una tomba singola, che invece presenta una nuova struttura più compatta, e un ossario posto dietro l'abside. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=nVsuGhGqPMc (video di 3L Studio), https://www.youtube.com/watch?v=o6GfmzuBHyg (video di amazing kalabria), https://www.youtube.com/watch?v=8Vw2hWyqh1I (video di Antonio Lobello), https://www.youtube.com/watch?v=saI4Fkgqydw (video di Carmelo Marino), http://www.italiavirtualtour.it/dettaglio_member.php?id=95808 (visita virtuale),https://www.mondimedievali.net/Castelli/Calabria/crotone/le_castella.htm, http://www.archiviostoricocrotone.it/urbanistica-e-societa/il-castello-e-labitato-di-le-castella-dagli-aragonesi-ai-borboni/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Le_Castella_(Isola_di_Capo_Rizzuto), https://www.prolocolecastella.it/index.php?id=18

Foto: la prima è presa da https://www.calabriatrip.com/le-castella/, la seconda è una cartolina della mia collezione. Infine, la terza è di MrPepanos su https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Le_Castella_-_panoramio.jpg

martedì 21 giugno 2022

Il castello di martedì 21 giugno


                                       

SAN NICANDRO GARGANICO (FG) - Torre Mileto

Il toponimo, che impropriamente identifica anche una parte dell'istmo che separa il Lago di Lesina dal mare, è riferito ad una torre costiera di avvistamento e difesa, probabilmente una delle più grandi ed antiche della costa adriatica, nonché il punto della terraferma più vicino in assoluto alle Isole Tremiti per la distanza di sole 11 miglia. La zona circostante la torre è di notevole interesse archeologico e naturalistico, per la presenza di insediamenti che vanno dal Neolitico al Medioevo e grazie alle rigogliose forme di macchia mediterranea e ad una scogliera ricca di specie biomarine, di anfratti e di sorgenti d'acqua dolce. La torre sorge su una breve penisola, al largo della quale i fondali marini ospitano il relitto di una marsiliana, la Poma Santa Maria, affondata in circostanze misteriose nel 1607 e sospettata di trasportare un carico illecito di armi, tra cui alcuni cannoni: di essi tre sono stati recuperati nel 1975 dalla Soprintendenza Archeologica della Puglia, in collaborazione con il Nucleo Sommozzatori dei Carabinieri di Taranto, e sono tuttora esposti all'esterno della torre. L'area occidentale del promontorio di Torre Mileto è stata interessata da una campagna di scavi archeologici, tesi ad indagare circa la presenza sul sito di vari insediamenti protostorici. La Torre probabilmente è di origine aragonese; si fa riferimento ad essa già dal XIII secolo, quando un mandato di Carlo II d'Angiò re di Napoli, datato 22 marzo 1284, ingiungeva alla "Università" di San Nicandro Garganico di porre la guardia nelle torri marittime per vigilare sulle continue incursioni nemiche dal mare. La denominazione originaria, tuttora conservata nel volgo locale, pare fosse Maletta, sicuramente in riferimento a Manfredi Maletta, camerario del Regno di Sicilia nella seconda metà del Duecento. Il toponimo sarebbe stato successivamente corrotto in Miletti e infine "abbellito" dalla vena classicista del neoclassico, per cui divenne Mileto. La sua struttura è a base quadrangolare, con i lati disposti in ordine ai punti cardinali. Sul lato Sud vi è una scalinata rampante costruita in un periodo più tardo per introdurre più agevolmente a quello che, verosimilmente, doveva essere l'unico accesso originario. La parte superiore, delimitata da una corona a cinque caditoie a scopo difensivo, ospita la "piazza d'armi", da cui è possibile scorgere tutte le altre torri costiere fino alla costa molisana. Nel periodo medievale la torre, verosimilmente diversa, era l'avanguardia settentrionale di un casale omonimo, nel quale ci perviene notizia di un arciprete che dipendeva dal vescovo di Manfredonia, distrutto da un attacco dei pirati saraceni nel 1245. L'attuale struttura è databile con certezza alla metà del XVI secolo, quando un mandato del viceré spagnolo Don Pedro di Toledo impose l'incremento e il rafforzamento dei presidi costieri e l'adeguamento strutturale delle torri già esistenti. Tra il XVII e il XVIII secolo la torre fu base stanziale di una piccola guarnigione di soldati, di numero variabile a seconda delle circostanze storiche: l'ultimo attacco documentato fu da parte dei turchi ottomani, nel 1649. Verso la prima metà dell'Ottocento, la torre divenne base telegrafica per i contatti con le vicine Isole Tremiti, con annessa stazione meteorologica e semaforica collegata ad un porticciolo di IV classe ricavato nella baia ad Est. A questo periodo, con molta probabilità, risale un ulteriore innalzamento strutturale al di sopra della piazza d'armi, con la creazione di ulteriori ambienti e l'installazione di un braciere per le comunicazioni notturne. Intorno alla metà del Novecento divenne caserma della Guardia di Finanza, con annessa stazione radio e atterraggio elicottero sulla sommità: verso la metà degli anni settanta, la torre fu poi definitivamente abbandonata. Un progetto reso esecutivo grazie a fondi P.O.R. del Parco Nazionale del Gargano, nel 2005 le ha restituito il debito decoro e la fruibilità. Attualmente la torre è di proprietà del comune di San Nicandro Garganico. È temporaneamente inaccessibile, in attesa dell'imminente apertura di uno sportello informativo con annesso centro-visite del Parco Nazionale del Gargano. Annessi alla torre di Torre Mileto c’erano anche due trabucchi, antiche macchine da pesca tutelate come patrimonio monumentale dal Parco del Gargano, collocati sulla scogliera rispettivamente ad ovest e a nord-est del monumento. Altri link proposti: https://www.youtube.com/watch?v=WDJxst5q030 (video di Gargano in drone), https://www.youtube.com/watch?v=zLGZZyFY5rQ (video di mistercarusel), https://www.youtube.com/watch?v=FoGq3Fka1nI&t=6s (video di sixballone)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Mileto, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Puglia/foggia/sannicandromileto.htm, https://siviaggia.it/idee-di-viaggio/tour-torre-mileto-localita-balneare-sannicandro-garganico/193365/, https://www.civico93.it/un-po-di-storia-di-torre-mileto/

Foto: la prima è presa da https://fondoambiente.it/luoghi/spiaggia-con-torre-di-torre-mileto?ldc, la seconda è presa da https://www.ilaghidipuglia.it/content/villaggio-preistorico-torre-mileto

lunedì 20 giugno 2022

Il castello di lunedì 20 giugno

 



NOCETO (PR) - Rocca Sanvitale

La fortificazione originaria fu edificata probabilmente all'inizio del XIII secolo dalla famiglia Pallavicino; nel 1247 fu occupata dai guelfi parmigiani, comandati dal generale Ugo Sanvitale, durante gli scontri con l'esercito imperiale di Federico II di Svevia; due anni dopo, al termine degli scontri, il marchese Oberto II Pallavicino rientrò nel castello in seguito all'investitura ufficiale del feudo di Noceto da parte dell'imperatore. Nel 1345 il podestà di Parma Filippo Gonzaga, al comando dell'esercito del duca di Milano Luchino Visconti, occupò la rocca sottraendola a Giberto Pallavicino; vi si insediò allora Giberto Sanvitale, che ricostruì il castello danneggiato durante gli scontri. Nel 1370, tuttavia, Obizzo Sanvitale, figlio di Gian Quirico, osteggiò il governo di Bernabò Visconti, che lo fece arrestare, sottraendogli i suoi possedimenti ed ordinando la distruzione della rocca; nel 1402 i Sanvitale rientrarono a Noceto ed iniziarono a ricostruire il castello, nuovamente abbattuto l'anno seguente dai Visconti. La fortezza fu in seguito riedificata un'altra volta, ma nel 1416 Filippo Maria Visconti la riconquistò, sottraendola a Gian Martino Sanvitale, che fu compensato della perdita con la cessione del castello di Castelguelfo. Già nel 1417 il marchese Rolando Pallavicino conquistò la rocca, facendola ancora abbattere; negli anni seguenti il Sanvitale cercò di rientrare più volte in possesso di Noceto, senza tuttavia riuscirvi. Nel 1447 Pier Maria II de' Rossi riuscì a conquistare il castello, nel frattempo riedificato, e lo consegnò ad Angelo Sanvitale; l'anno seguente, però, Rolando Rossi, fratellastro di Pier Maria, occupò la rocca; intervennero anche i Terzi, che si impossessarono della fortificazione, per poi perderla nuovamente in favore dei Rossi; lo scontro coinvolse anche Francesco Sforza, che impose a Pier Maria la restituzione del castello al Sanvitale. Ciò nonostante, nei decenni seguenti i Rossi continuarono ad occupare la rocca, fino al 1481, quando Gian Quirico Sanvitale riuscì ad ottenere l'appoggio di Ludovico il Moro; in vista della guerra, Pier Maria Rossi fece fortificare i suoi castelli, tra cui quello di Noceto, cui conferì la veste attuale, ma ciò non bastò: nel 1482 la rocca fu assediata dalle truppe di Gian Giacomo Trivulzio, che attaccarono con bombarde le torri e la facciata, costringendo i Rossi alla resa; i conti Giberto III e Jacopo Antonio Sanvitale riuscirono allora a riprendere possesso del castello. Nel 1551, durante la guerra di Parma, la rocca subì l'attacco e l'occupazione da parte delle milizie imperiali; al termine del conflitto i Sanvitale rientrarono nella loro proprietà. Con il passaggio del Ducato di Parma ai Farnese, nel 1612, a seguito della congiura contro Ranuccio II, il castello venne ceduto ai Dalla Rosa che lo permutarono con i Sanvitale in cambio del feudo di Belforte. La famiglia Sanvitale rimase proprietaria della rocca fino al 1805, anno in gli editti napoleonici abolirono i diritti feudali ed il castello fu confiscato dal governo imperiale; alienato alla famiglia Santelli, fu acquistato agli inizi del XX secolo dal Demanio e nel 1938 dal Comune di Noceto, che lo adibì a sede di alcuni uffici municipali. Nel secondo dopoguerra la rocca fu parzialmente trasformata in locale da ballo. A partire dal 1998, la costruzione fu sottoposta ad importanti lavori di restauro, volti al ripristino delle antiche strutture; abbattuti i muri aggiunti intorno alla metà del secolo, furono recuperati tutti gli ambienti interni e il parco, in vista dell'apertura al pubblico. Alla fine del 2005 fu inaugurata la struttura rinnovata, rinominata "Castello della Musica", in quanto destinata a sede di musei ed associazioni di carattere musicale. La rocca si sviluppa attorno all'antico mastio, sul cui retro si apre un cortile interno oggi adibito a parco; in origine circondato da fossato, il perimetro murario esterno, di forma leggermente trapezoidale, è munito di quattro torri circolari in corrispondenza degli spigoli. Le mura e le facciate, interamente realizzate in laterizio, mostrano i segni delle distruzioni subite nel corso dei secoli, che mantennero intatti solo il torrione ed il corpo di fabbrica adiacente; i due edifici, risalenti alla seconda metà del XV secolo, conservano i tratti tipici dei castelli dell'epoca, tra cui gli antichi beccatelli con caditoie e i merli ghibellini ancora parzialmente visibili in sommità. Sulla destra del possente mastio a due livelli, che aggetta al centro della facciata principale, una scalinata raggiunge l'antico ingresso del complesso fortificato, in origine collegato con la piazza attraverso un ponte levatoio, di cui si conservano tracce solamente nelle due fessure che ne ospitavano i bolzoni; varcando l'antico arco d'accesso, si raggiunge il cortile interno, adibito a giardino, dominato dalla mole di un secolare ippocastano. Una passerella congiunge il parco con gli spazi interni, in origine occupati dall'aula del tribunale, dalle relative prigioni, dall'abitazione del podestà e dagli ambienti destinati alle truppe di guarnigione. Al piano terreno, la sala principale del mastio è oggi utilizzata in occasione di mostre temporanee; allo stesso livello si trovano anche i locali dell'ex biblioteca, oggi adibiti a sede di un'associazione musicale; al primo piano sono collocati invece gli ambienti destinati ai musei, il cui percorso si conclude all'ultimo livello del mastio, da cui ancora si domina l'intera pianura circostante. Il castello è aperto al pubblico dal 2005 e fa parte del circuito dei castelli dell'Associazione dei Castelli del Ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli (https://www.castellidelducato.it/castellidelducato/castello.asp?el=castello-di-noceto). Risultano visitabili, oltre al giardino interno, le stanze dei piani terreno e primo e gli ambienti museali (Museo del Disco e Museo della Liuteria). Nel Museo della Liuteria è esposta l’importante collezione degli strumenti ad arco e a pizzico realizzati dal maestro Renato Scrollavezza e dai membri della Liuteria Parmense. I locali del torrione ospitano inoltre la Scuola Internazionale di Liuteria, fondata a Parma nel 1975 ed ora una delle più importanti realtà di formazione nel campo della liuteria. Il Museo del Disco ospita una raccolta di dischi a 78 e 33 giri in vinile, lascito di Bruno Slawitz (giornalista sportivo nocetano), suddivisi in tre sezioni: storica, lirica, sinfonica. E’ possibile accedere a questo patrimonio attraverso numerose postazioni informatiche d’ascolto. Altri link suggeriti: https://www.ilparmense.net/rocca-noceto-antico-castello/, https://catalogo.beniculturali.it/detail/PhotographicHeritage/0800641824,https://www.preboggion.it/Castello_di_Noceto-CastelloDellaMusica.htm (con varie foto), https://www.youtube.com/watch?v=LC54v1yjKRI (video di ERcoleTV), https://www.youtube.com/watch?v=KszC5tjWObo (video di Fabio Fecci)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Rocca_dei_Sanvitale_(Noceto), http://www.comune.noceto.pr.it/la-citt%C3%A0/la-storia/la-rocca-di-noceto-nella-storia

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è presa da https://www.histouring.com/strutture/castello-di-noceto/

venerdì 17 giugno 2022

Il castello di venerdì 17 giugno

 



SANTO STEFANO BELBO (CN) - Torre medievale

Conosciuta anche come "collina della torre", l’area rientrò nell’interesse di un gruppo di ricercatori della Sovrintendenza Archeologica del Piemonte, che condussero una campagna di scavi tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. L’esito dell’opera di recupero archeologico riportò alla luce reperti datati tra il IV e il XV secolo, tra i quali una cinta muraria lignea del VI secolo, a cui si sovrappose una fortificazione in muratura e un ampio locale interamente rivestito in pietra di datazione incerta, forse un tempo utilizzato per il contenimento di acqua. La presenza di un castello medievale in questo sito è attestata primamente in documenti astigiani del 1188 e del 1196, riferiti ai marchesi del Monferrato («castri et villæ burgi sancti stephani»). Il Castello visibile oggi (o quel poco...) è, probabilmente, l’esito di un ingrandimento di una già presente casaforte, intorno alla metà del XIII secolo, a opera dei Marchesi di Busca in dipendenza dal Comune di Asti. Fu nel XV secolo che le truppe milanesi di Filippo Maria Visconti rasero al suolo il castello e danneggiarono la torre costruita con funzioni di vedetta, che in parte resistette al bombardamento dell’artiglieria. Definita “altissima” dal conte Carlo Emanuele Incisa-Beccaria, la torre, con fusto quadrangolare a rettangolo con i lati che misurano circa metri 9 x 7. Il rudere – che oggi è proprietà privata – misura 24,85 metri ed è diventato uno dei simboli del paese. Le murature residue sono in laterizio con cantonali in pietra. La sua posizione dominante e la sua unicità assodata per un lungo tratto nella valle del Belbo ne fanno una testimonianza storico-architettonica di indubbio valore. Altri link proposti: https://www.langamedievale.it/monumenti-medievali-langhe/torre-di-s-stefano-belbo/, https://www.santostefanobelbo.it/GUIDAALPAESE?IDPAGINA=21858, https://www.italianostra.org/beni-culturali/quattro-castelli-nel-cuneese-la-torre-di-santo-stefano-belbo-cn/, https://www.youtube.com/watch?v=d68TA2fc5Do (video di Andrea Icardi, dal minuto 4:22)

Fonti: https://visitsantostefanobelbo.it/about/architettura, https://www.turris-piemonte.it/torre-di-santo-stefano-belbo/

Foto: la prima è presa da https://fondazionecesarepavese.it/i-luoghi-pavesiani/la-torre/, la seconda è presa da https://www.turris-piemonte.it/torre-di-santo-stefano-belbo/

giovedì 16 giugno 2022

Il castello di giovedì 16 giugno

 

AGEROLA (NA) - Castello Lauritano in frazione San Lazzaro

Posto sul ciglio di un'alta parete rocciosa (700 metri sul livello del mare) sovrasta l'intera Costiera Amalfitana, a strapiombo sul vallone di Santa Croce, permette una visuale piena del promontorio di Conca dei Marini (Convento Santa Rosa XI secolo). Il castello, edificato dalla repubblica di Amalfi, con lo scopo di avvistare le incursioni dei Saraceni, risale al secolo XI. Un sito di enorme interesse artistico e ambientale, già dichiarato dal ministero per i Beni culturali e ambientali «meritevole di tutela dal punto di vista architettonico» e vincolato, nel 1991, dalla Soprintendenza ai Beni architettonici e ambientali di Napoli. Altri link suggeriti: http://www.amatesponde.it/un-castello-in-rovina/, https://www.positanonews.it/2020/06/agerola-vicenda-castello-lauritano-i-chiarimenti-sulliter-giudiziario/3395256/, https://www.youtube.com/watch?v=qLQTD4qgQwA (video con drone di Andreas Felber),https://www.youtube.com/watch?v=IYbhH2yiBSA (video di Positanonews TV)

Fonti: https://fondoambiente.it/luoghi/castello-lauritano?ldc, https://www.accademiaaraldicanobiliare.com/lauritano/, https://www.travelscratchpad.com/costiera-amalfitana-it/agerola-costiera-amalfitana/, https://www.positanonews.it/2012/10/agerola-vicenda-castello-lauretano-lintervento-di-elena-coccia/56765/

Foto: la prima è presa da https://www.fotoeweb.it/sorrentina/Foto/Agerola/San%20Lazzaro%20ruderi%20Lauritano.jpg, la seconda (edificio restaurato) è presa da https://fondoambiente.it/luoghi/castello-lauritano?ldc

mercoledì 15 giugno 2022

Il castello di mercoledì 15 giugno

 



BARBERINO TAVARNELLE (FI) - Castello di Linari in frazione Barberino Val d'Elsa

Linari, piccolo borgo medievale fortificato, sorge su una collina a 255 mt sul livello del mare in posizione dominante fra le colline della Valdelsa a 2 km dal fiume Elsa. Il nome Linari discende da "Linearis", toponimo di origine latina, il cui significato è limite, soglia, posto di confine, che ben rappresenta la sua posizione sul territorio perché collocata al confine fra il territorio fiorentino e quello senese. Una prima testimonianza scritta riguardante il castello di Linari è costituita dal contratto della non lontana Badia a Passignano risalente al 1072. Anticamente il castello di Linari era ubicato al margine fisico-politico e giurisdizionale del contado fiorentino, difeso naturalmente su tre lati da strapiombi, è nominato come una terra fortificata a controllo della strada per S.Gimignano e Colle Val d'Elsa, diverticolo della Via Francigena, motivo che rese Linari conteso fra le maggiori potenze feudali prima e comunali poi. Era un antico possedimento dei Cadolingi di Fucecchio e nel 1126 fu donato da Zabollina di Giovanni di Bottaccio, vedova di Ugo dei Cadolingi, al vescovo di Firenze Gottifredo degli Alberti, con la complicità di Matilde di Canossa. Alcune proprietà del borgo furono anche degli Alberti di Mangone e dei Gherardini. Nel 1260, durante la battaglia di Montaperti, il castello venne difeso da Rogiero di Orciolino con 25 uomini. Nel 1292 entrò a far parte della Lega Santa di San Donato in Poggio, traendone notevoli benefici. Il XIV secolo vide l'apice della sua prosperità. Risulta che il comune di Linari fosse dotato di circa 400 armati, numero considerevole all'epoca e segno di una notevole importanza. La Repubblica Fiorentina non mancò in seguito di assoggettare Linari al suo controllo e questo fu l'inizio del suo declino. Nel 1432 il castello fu assediato, espugnato e gravemente danneggiato dalle truppe senesi di Filippo Visconti che uccisero tutti i prigionieri e portarono nei bordelli di Siena le donne più belle. Niccolò da Tolentino lo riconquistò in soli sei giorni facendone centro di un suo feudo. Suggestiva è a tal proposito un testimonianza di Leonardo da Vinci: "Con somma celerità ne veniste a Linari, castello munito da natura, fortificato da nemici, fornito di validissimi difensori. La vostra magnificenza con sommo ardire et incredibile virtù, sanza bombarde et sanza altro instrumento da combactare terre, solo con battaglia manuale, espugnò e vinse". Nel 1500, a seguito dell'unità granducale, l'importanza strategica di Linari venne meno. Anche le famiglie Gherardini, i Guidi Capponi, i nobili Mancini Ridolfini e quella dei Baldi sono da annoverare fra i proprietari successivi. Nell'Ottocento subì un'importante opera di restaurato, fu rimaneggiato con aggiunte neogotiche, secondo il gusto dell'epoca che purtroppo non ha risparmiato le strutture originarie medievali, tra cui la casa del signore con la sua torre così come altri edifici rurali distribuiti lungo la via centrale lastricata, oggi solo in parte percorribile. Tale via univa le scomparse porte di accesso, quella settentrionale, chiamata Porta a Salti, della quale oggi è presente una ricostruzione medievaleggiante dei primi del '900, e quella meridionale, probabilmente chiamata Porta al Perone. La porta settentrionale è probabilmente detta Porta a Salti a causa delle forti depressioni naturali che il terreno di tufo presenta su questo versante di difficile accesso. Dal versante meridionale l'accesso era invece più agevole poiché il terreno si prolunga in un altipiano che si dirama e giunge a fondovalle più dolcemente. Le mura, di forma ellittica, sono scomparse, fatta eccezione per due torri e la base di una terza diruta. Linari ha due importanti chiese: la principale di queste, all'interno del recinto fortificato, è quella di S. Maria, costruita sullo spiazzo della Rocca e in parte crollata, l'altra è quella di Santo Stefano che sorge fuori dalla cinta muraria, in stile romanico rurale trecentesco ad unica navata con annesso oratorio di S. Carlo Borromeo. Si accede al complesso da un portale neogotico con arco a sesto acuto, realizzato nell'ambito dei lavori che recintarono il parterre che, nonostante il nome, era un piccolo giardino all'inglese. Il cassero del castello nel borgo di Linari ospita varie residenze, tra cui spicca la casa "da signore" a pianta rettangolare, costruita in pietra e laterizio. Anticamente era addossata a una torre, poi crollata e ricostruita in mattoni durante un restauro radicale intrapreso dai Rosselli del Turco alla fine dell'Ottocento, dopo averla ereditata dai Medici Capponi. Il prospetto principale è decorato da alcuni portali a sesto acuto. Differenze nel parato murario permettono di evidenziare le diverse fasi costruttive del castello. L'interno ha stipiti in pietra su ogni apertura, soffitti a cassettoni su mensole e decorazioni geometriche alle pareti. La sala al pian terreno ha un grande stemma Medici-Capponi, che proviene da un'altra residenza gentilizia addossata sul fianco. Dal piazzale si può accedere alle tinaie e alle cantine scavate direttamente nella roccia del colle. Altro link suggerito: https://www.youtube.com/watch?v=R8WDr6X_3V4 (video di nelquotidiano),

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Linari, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Toscana/firenze/provincia002.htm#linark, https://castello-di-linari.webnode.it/, testo di Katia Di Leo su http://www.linearis.it/it/linari.php

Foto: sono entrambe prese da https://fondoambiente.it/luoghi/linari?ldc

martedì 14 giugno 2022

Il castello di martedì 14 giugno

 



CINGOLI (MC) - Castello di Colognola

Accanto al castrum Cològnole, che era governato da un castellano nominato e salariato dal Comune di Cingoli, sorgeva una rocca, della quale il Comune stesso ordinò la demolizione, nel 1433 “per essere soggetta ad impadronirsene i tiranni come fece per il passato che fu di gran danno alla Comune” (1).
Nel sec. XVII anche per questo castello era iniziato un inesorabile processo di declino del quale fa fede un ricorso inoltrato al Comune da un tale Francesco Vicchio da Colognola “perché si demoliscono le mura del castello e si porta via le pietre” (1). Del castello restano soltanto una torre a pianta esagonale e un bastione nel cui interno è stata ricavata l’abside della vicina chiesa parrocchiale.

(1) Zibaldone storico cingolano e della Marca di Ancona, ms. di ignoto che attinge ai mss. perduti del conte Niccolò Vannucci, compilato nella prima metà del XIX sec., Biblioteca di C.E. Bernardi, Roma, p. CXXI, n. 563, n. 690

Fonti: https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-colognola-cingoli-mc/, https://www.antiqui.it/doc/archeologia/med/castelli/colognola.htm

Foto: la prima è presa da https://www.antiqui.it/doc/archeologia/med/castelli/colognola.htm, la seconda è presa da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-colognola-cingoli-mc/

lunedì 13 giugno 2022

Il castello di lunedì 13 giugno



NOCETO (PR) - Castello in frazione Costamezzana

E' noto anche come castello dei Tavernieri per distinguerlo dal vicino castello dei Garibaldi (o Gribaldi), oggi distrutto, di Costa Garibalda, frazione di Medesano. L'originaria fortificazione a difesa del territorio fu innalzata lungo la Via Francigena probabilmente nell'XI secolo, per volere della nobile famiglia dei Tavernieri. Nel 1249 l'imperatore del Sacro Romano Impero Federico II di Svevia assegnò il feudo a Oberto II Pallavicino, che lo mantenne fino al 1268; il maniero passò al Comune di Parma, che nel 1297 lo fece distruggere, decretando di non ricostruire più alcuna fortificazione a Costamezzana. In seguito il feudo fu conquistato dai da Cornazzano, che avviarono la ricostruzione del castello, ma nel 1325 i guelfi parmigiani lo attaccarono nuovamente, espugnandolo. Nel 1374 il marchese Niccolò Pallavicino prese possesso del feudo del suo avo, riavviando l'edificazione del maniero; i lavori subirono una brusca interruzione a causa della partecipazione del marchese all'assassinio dello zio Giacomo, signore di Bargone, e del cugino Giovanni, figlio di quest'ultimo; il duca di Milano Bernabò Visconti attaccò e conquistò il castello di Tabiano, allontanando Niccolò da tutte le sue terre; soltanto nel 1389, in seguito alla presa del potere da parte di Gian Galeazzo Visconti, Niccolò, Giovanni e Federico Pallavicino rientrarono in possesso dei loro feudi e furono riavviati i lavori di costruzione del possente castello di Costamezzana, che fu completato intorno al 1395, anno in cui l'imperatore Venceslao di Lussemburgo investì Niccolò Pallavicino del feudo. Nel 1403 i Rossi, desiderosi di vendicarsi dell'incendio di Pieve Altavilla, assaltarono il maniero, ma furono inizialmente respinti dal marchese Rolando il Magnifico; i successivi attacchi furono però rovinosi e causarono la distruzione della fortezza e la devastazione delle terre circostanti. Nel 1441 Niccolò Piccinino convinse Filippo Maria Visconti del tradimento di Rolando e si fece incaricare di conquistare lo Stato Pallavicino; il marchese fu costretto alla fuga e tutti i suoi feudi furono incamerati dal duca di Milano, che li assegnò in buona parte al Piccinino. In seguito alla morte di quest'ultimo, nel 1445 il Visconti investì del castello di Costamezzana i figli Jacopo e Francesco Piccinino, che tuttavia nel 1455 dovettero lasciare il maniero e le sue terre nuovamente a Rolando il Magnifico. Alla morte del Marchese nel 1457, il castello fu assegnato al figlio Giovan Manfredo, marchese di Polesine, che lo trasmise ai suoi discendenti; l'ultimo marchese Giulio morì nel 1600 e Costamezzana, con Cella e Borghetto, fu assorbita dalla Camera ducale di Parma. Nel 1625 il feudo di Cella e Costamezzana fu acquistato dal marchese Alessandro Bergonzi e nel 1706 fu elevato rango di marchesato dal duca Francesco Farnese, che lo assegnò al governatore di Parma Benedetto Mischi. Nel 1805 i decreti napoleonici sull'abolizione dei diritti feudali non comportarono la confisca del maniero, che rimase alla famiglia Mischi fino alla fine del XIX secolo, quando fu acquistato dalla famiglia Barbieri. L'attuale castello, posto su una piccola altura, mantiene soltanto poche testimonianze dell'originaria struttura tardo-medievale; le parti ancora intatte sono costituite dal mastio a pianta quadrata a sud, da alcuni edifici tra cui l'antica chiesa, dalla torre rotonda a nord e da alcune mura a sostegno del terrapieno. La torre in laterizio, dotata di poche piccole finestre, mostra ancora il carattere difensivo della struttura, completamente priva di decorazioni. Accanto a essa, oltre le rovine delle massicce mura e di alcuni fabbricati, si elevano alcuni edifici in mattoni e pietre, oggi adibiti a caseggiati agricoli e a ristorante. Più a settentrione, a margine della severa torre circolare aperta sulla vallata con due strette finestre strombate, si elevano altri fabbricati in laterizio e pietra, caratterizzati anch'essi dalla presenza di piccole e rade aperture. Accanto a essi si erge l'antica cappella di San Pietro Apostolo, nota nel 1230 come "Ecclesia S. Petri de Costa Mezzana Tabernariorum"; la chiesa medievale con campanile, elevata a parrocchia nel 1564, fu successivamente chiusa al culto e adibita a stalla e a fienile, fino all'utilizzo attuale quale deposito. Il castello, oggi, ospita una trattoria. Altri link suggeriti:http://web.tiscali.it/noceto/costamezzana.htm, https://www.youtube.com/watch?v=c4NSZnp2L60 (video con drone di marcodeepsub)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Costamezzana, http://www.comune.noceto.pr.it/la-citt%C3%A0/localit%C3%A0/costamezzana

Foto: la prima è di lahaus su https://www.flickr.com/photos/lahaus/8967886802, la seconda è presa da https://mapio.net/pic/p-56879727/

venerdì 10 giugno 2022

Il castello di venerdì 10 giugno

 



BOBBIO (PC) - Torre di Cadonica in frazione Mezzano Scotti

E' una casa fortificata medievale sita nella piccola frazione di Cadonica, posta nel fondovalle non lontano dalle rive del fiume Trebbia. La storia della Torre di Cadonica si lega a quella del limitrofo monastero benedettino di S. Paolo già citato nell’891, presente a Mezzano Scotti, trasformato nel tempo in fortezza e di cui fu elemento difensivo ausiliare. Da alcuni documenti risalenti al 1453 si apprende , infatti, che i monaci vi si rifugiavano in caso di pericolo, offrendo essa maggior difesa del monastero di Mezzano. I monaci qualche anno dopo vi trasferirono la loro sede, realizzando un piccolo centro monastico, fino a metà del 1460 quando poi la cedettero ai conti Caracciolo. La torre, a base quadrangolare, ha struttura massiccia, un ingresso a doppia scalinata e piccole finestre tra cui una elegante bifora sul lato rivolto al fiume, sul lato opposto vi è addossato un piccolo edificio triangolare e un tratto di muratura. Il monastero fu ricomposto con la costruzione, intorno alla torre, di un edificio adibito a uso abitativo, un mulino alimentato dalle acque del torrente Dorba, e un passaggio sotterraneo che collega il l'edificio residenziale del convento con la piccola chiesa. L'edificio residenziale possedeva un loggiato rivolto verso la torre, con colonne in cotto, alcune ancora visibili. La chiesa, oggi sconsacrata, era dedicata dello Sposalizio della Vergine, costruita nel XVII secolo e pesantemente rimaneggiata nel XIX, fu danneggiata da un crollo e ripristinata non con la struttura originaria. Il tunnel sotterraneo che passa sotto la parte abitativa, la strada, e sbuca sotto la chiesetta, è in parte ingombro di macerie ma faticosamente percorribile dai proprietari.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_di_Cadonica, https://giulianacassizzi.wordpress.com/2018/11/20/marta-e-le-sue-verze-borgo-cadonica-alta-val-trebbia/,

Foto: entrambe di Grandemax, rispettivamente su https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_di_Cadonica#/media/File:Torre_di_Cadonica_fronte_fiume.jpg e su https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_di_Cadonica#/media/File:Cadonica_retro.jpg

giovedì 9 giugno 2022

Il castello di giovedì 9 giugno

 



CAGLIARI - Torre dell'Aquila (o del Leone)

E' una delle torri edificate dai pisani durante il XIV secolo nell'allora rocca di Castel di Castro, oggi quartiere Castello di Cagliari. Venne progettata dall'architetto sardo-pisano Giovanni Capula, già autore dei progetti della torre dell'Elefante (https://castelliere.blogspot.com/2013/12/il-castello-di-venerdi-13-dicembre.html) e di San Pancrazio (https://castelliere.blogspot.com/2019/07/il-castello-di-venerdi-19-luglio.html), e venne costruita intorno ai primi del Trecento (1322) quando, a seguito dell'infeudazione del Regno di Sardegna agli aragonesi nel 1297, i pisani, temendo l’ascesa iberica nel Mar Mediterraneo ed un loro attacco (che avvenne nel 1324), diedero inizio ai lavori per il potenziamento delle fortificazioni di Cagliari. Il nome è dovuto ad una scultura di rapace scolpita nella grande porta situata nella parte bassa della torre che permetteva l'ingresso in Castello. La torre non fu mai completata. Non molto elevata (alta circa 20 metri), le dotata di mura non particolarmente robuste, a causa dei materiali impiegati nella sua costruzione, essa perdette assai presto la propria funzione difensiva del versante meridionale del Castello. Nel corso del tempo divenne sede dell’amministratore generale del regno, magazzino di artiglieria e perfino osservatorio astronomico e geodetico. Nel corso del XVIII secolo la torre subì gravi danni a causa del bombardamento inglese del 1708, spagnolo del 1717 e infine francese nel 1793 che disintegrarono la parte superiore. Le rovine vennero in seguito in parte demolite e in parte riadattate e inglobate nell'adiacente ottocentesco palazzo Boyl. La Torre del Leone, attualmente non visitabile, non ha comunque perso la sua funzione d’ingresso al Castello, sovrastando il Portico delle Grazie, suggestivo passaggio voltato a botte, situato tra le vie De Candia e Lamarmora.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_dell%27Aquila_%28Cagliari%29, https://www.cagliariturismo.it/it/luoghi/i-luoghi-della-storia-316/torri-161/torre-del-leone-o-dell-aquila-271, https://www.traccedisardegna.it/storia-e-cultura/torre-dellaquila

Foto: la prima è presa da https://www.vistanet.it/cagliari/2017/08/08/notti-colorate-vino-tramonto-e-stelle-dalla-torre-dellelefante-nella-notte-di-san-lorenzo/, la seconda è presa da http://www.casteddu.it/vivicagliari/torre-dellaquila-nel-palazzo-boyl-2/

mercoledì 8 giugno 2022

Il castello di mercoledì 8 giugno



FARA SABINA (RI) - Castello di Postmontem (o Torre Baccelli)

Torre di Baccelli, unico e affascinante resto del Castello di Postmontem, è adagiata su di una piccola collina boscosa, raggiungibile facilmente per mezzo di una stradina e per un breve sentiero. Il castello di Postmontem appare per la prima volta in documenti del 994 che lo indicano come possedimento dell’Abbazia di Farfa, su cui impulso fu probabilmente fondato. Il castello, che domina le principali vie di accesso all’Abbazia di Farfa, nel 1100 fu concesso in locazione a Rustico, membro della potente famiglia dei Crescenzi Ottaviani, in cambio del Castello di Corese, oggi Corese Terra. La permuta non ebbe per altro lunga durata, dato che nel 1118 Postmontem apparteneva di nuovo all’Abbazia di Farfa. Nel XIV secolo l’insediamento fu gradualmente abbandonato ed il suo territorio unito a quello di Fara in Sabina. Oggi del castello restano la torre, squarciata lungo uno spigolo, a pianta quadrata con funzione anche residenziale e poche tracce del recinto; la visita diretta delle strutture non è agevole per la foltissima vegetazione e per il pericolo di crolli; ma, anche ad una certa distanza, resta la suggestione della torre che domina la Valle del Farfa e gli uliveti che caratterizzano il paesaggio della Sabina. Attualmente la torre non è visitabile poiché è situata in un terreno di proprietà dell'Enel in quanto, proprio a ridosso dell'antica costruzione, è presente dai primi anni del Novecento la Centrale idroelettrica Farfa 1. Nei pressi della torre si trova anche un laghetto artificiale a svolgere la funzione di bacino di carico. Ecco un bel video per ammirare dall'alo la torre(di Eccephoto): https://www.youtube.com/watch?v=Ke7eb0r5xaE

Fonti: testo di Franco Leggeri su http://www.abcvox.info/tag/castello-di-postmontem/, testo di luigi plos su https://www.luigiplos.it/la-fortificazione-di-post-montem/, https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Baccelli, https://www.museofarainsabina.it/storia/

Foto: la prima è presa da https://www.loquis.com/it/loquis/597379/La+Torre+Baccelli, la seconda è di luigi plos su https://www.luigiplos.it/wp-content/uploads/2015/11/baccelli5.jpg