mercoledì 31 maggio 2023

Il castello di mercoledì 31 maggio



PRATOVECCHIO STIA (AR) - Castello in frazione Castel Castagnaio

I ruderi del maniero, menzionato per la prima volta nel 1050 in una documentazione scritta nella quale il castello risulta già come possesso dei Conti Guidi, sono situati su un'altura che raggiunge 800 m. s.l.m. ai cui piedi scorre il fiume Arno, nella parte alta del Casentino. Il toponimo, di origine medievale, vuole alludere alla presenza di ampi castagneti che caratterizzano la località; tuttavia il sito fu abitato fin da epoche più remote, come testimoniano le fondamenta di un tempio romano, costruito a sua volta sulle rovine di uno più antico, rinvenute durante gli scavi del 1839 sul vicino poggio Tramonti. Nella scelta dei siti da fortificare quello di Castel Castagnaio fu privilegiato per la posizione strategica, dal momento che consentiva di controllare la stretta valle del fosso la Vincena che scende dal passo della Consuma verso Firenze e allo stesso tempo l'antica strada che scendeva dal passo della Croce a Mori proveniente dal Mugello. Le fonti riportano anche della presenza di un ospedale dei pellegrini. La posizione alta e arroccata favoriva l'avvistamento di tutti gli altri insediamenti fortificati appartenenti ai Guidi quali Porciano, Stia, Papiano. Nel 1164 il "castrum" di Castel Castagnaio è citato fra i beni di Guido Guerra. Nel punto più alto del sito sono ancora visibili i resti delle murature medievali appartenenti al castello, delle quali non è possibile stabilire la successione cronologica. Si tratta essenzialmente di due strutture murarie appoggiate in senso verticale tra loro, di cui la prima è costituita in opera muraria a sacco, mentre la seconda da blocchi squadrati di pietra arenaria grigio-verde, probabilmente un muro di perimetro del Cassero. Di questo castello, costruito e usato in funzione esclusivamente militare, resta anche una cisterna per il deposito dell'acqua a pianta rettangolare, coperta con volta a botte. Le fonti riportano che nel 1269, dopo la battaglia di Montaperti (dove la guelfa Firenze fu sconfitta dai Senesi), fu raso al suolo dai Ghibellini. Nel 1391 fu occupato, insieme a San Leolino, da Roberto di Battifolle della famiglia Guidi, Conte signore di Poppi e Pratovecchio, alla morte del cugino Guido, spettanti come eredità alla cugina Elisabetta, moglie di Giovanni da Cantiano e nel 1440 il castello compare tra gli abitati che, dopo la totale sconfitta dei Guidi, furono sottomessi alla Repubblica Fiorentina, comprovandone in tal modo la sua, almeno parziale, successiva ricostruzione e sopravvivenza. Ai margini della cerchia muraria sorge la Chiesa di S. Bartolomeo, ricostruita con materiale di recupero forse sulla cappella del castello nei secoli XVI-XVII; sul campanile a torre esiste tuttora una campana con sopra incisa la data 1320. Altri link suggeriti: https://pievieborghi.it/castel-castagnaio-e-pieve-di-san-bartolomeo/, https://www.facebook.com/watch/?v=610825089601842 (video), https://vimeo.com/694955865 (video di Eaglevideo Andrea Faggi)

Fonti: https://dodecapoli.com/castelli/castel-castagnaio/, testo su https://www.facebook.com/media/set/?set=a.1588116594640301&type=3, http://www.viviilvaldarno.it/castel-castagnaio-2/

Foto: la prima è di alessandro.a. su https://mapio.net/pic/p-104988490/, la seconda è di Graziano Tortelli su https://m.facebook.com/media/set/?set=a.1588116594640301&type=3

lunedì 29 maggio 2023

Il castello di lunedì 29 maggio



CASALE MONFERRATO (AL) - Castello dei Paleologi

Sorge nell’omonima piazza (Piazza Castello, appunto), nella parte nord-ovest della città. Il suo grande portale d’accesso è rivolto verso il centro di Casale, mentre alle sue spalle è protetto dal fiume Po. Il castello fu eretto nel 1352 da Giovanni II Paleologo, marchese di Monferrato, per rafforzare le fortificazioni già esistenti. Durante il periodo Visconteo, il castello fu dotato di armi da fuoco. Quando Casale assunse un ruolo di capitale all'interno del marchesato del Monferrato, ottenendo nel 1474 il titolo di città, anche il Castello, sede della corte, cambiò volto in seguito alle ristrutturazioni dei marchesi Guglielmo VIII (1464-1483) e Bonifacio V (1483-1494). Dopo la pace di Cateau-Cambrésis del 1559, passata la città in mano ai Gonzaga di Mantova e con la morte dell'ultimo marchese Paleologo, l'edificio perse la sua funzione di dimora e fu trasformato nuovamente in fortezza; vennero infatti potenziati i fianchi, le torri, furono aggiunti i rivellini (negli stessi anni ebbe inizio anche la costruzione della Cittadella). Agli inizi del secolo XVII il Castello riprese a svolgere la funzione di sede di corte: per motivi diplomatici spesso i duchi di Mantova, impegnati in frequenti trattative con i Savoia, vi soggiornarono. Altro momento di splendore il Castello conobbe durante il principato del duca Carlo II Gonzaga-Nevers (1637-1665), che più volte risiedette in città con tutta la sua corte dando un notevole impulso alla vita mondana e culturale di Casale. Fino alla metà del XIX secolo il castello mantenne inalterata la struttura impostata dai Gonzaga. Con la crisi della dinastia gonzaghesca, il Castello di Casale andò incontro ad un declino inarrestabile. Dopo il passaggio della città e del Monferrato ai Savoia, nel 1708, per il Castello iniziò il lunghissimo periodo di utilizzo a caserma. A metà del secolo XIX Casale venne fortificata in previsione di una guerra con l'Austria e anche il Castello fu inglobato nella struttura difensiva. Lo stato sabaudo decise l'abbattimento del rivellino orientale, quello rivolto verso la città, permettendo così la creazione di un vasto spazio pubblico, l'attuale Piazza Castello, che il Comune poté adibire a sede di mercato. Con l'avvento dell'Unità d'Italia anche gli altri tre rivellini divennero superflui, per cui furono anch'essi demoliti. Tuttora il castello è in parte visitabile ed è diventato un contenitore culturale della città. L'edificio ha pianta esagonale asimmetrica con torrioni angolari ed è circondato da un fossato. Sul portone principale, come simbolo del potere signorile, è presente un bassorilievo marmoreo raffigurante le insegne gentilizie dei signori del Monferrato: Aleramo, Paleologi e Gonzaga. Degni di nota sono i cammini di ronda e gli spettacolari sotterranei dell´ala occidentale ricostruiti nel Settecento, entrambi visitabili. Negli ultimi anni è stato oggetto di restauri che hanno riportato a piena fruibilità il primo cortile e numerosi ambienti interni, compresa la cappella settecentesca e le due casematte dei torrioni verso la città. Nei sotterranei si conservano elementi difensivi che vanno dal Trecento, al Cinquecento fino agli ultimi rimaneggiamenti settecenteschi. Tuttavia non sono al momento visitabili nella loro interezza. Altri link consigliati: https://www.comune.casale-monferrato.al.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/IT/D/d%252Fd%252F0%252FD.ff0b7347dbca70c6591b/P/BLOB%3AID%3D1534/E/pdf?mode=download (file PDF con la storia dettagliata del castello), https://web.archive.org/web/20141022192943/http://www.piemonteitalia.eu/gestoredati/dettaglio/445/architecture/643/castello-dei-paleologi-casale-monferrato.html, https://www.preboggion.it/CastelloIT_di_AL_Casale_Monferrato.htm (con varie belle foto), https://www.youtube.com/watch?v=cov0mc3tWB4 (video di Casale Monferrato), https://www.youtube.com/watch?v=ERg9oeoQq3M (video di Monferrato Web TV)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_dei_Paleologi_(Casale_Monferrato), https://www.comune.casale-monferrato.al.it/castello, https://fondoambiente.it/luoghi/castello-di-casale-monferato?ldc, https://www.percorsimonferrato.com/castello-casale-monferrato/

Foto: la prima è presa da https://www.vitacasalese.it/al-castello-si-parla-di-unesco, la seconda è presa da https://www.museionline.info/tipologie-museo/castello-dei-paleologi-casale-monferrato

venerdì 26 maggio 2023

Il castello di venerdì 26 maggio



CONTIGNANO (RI) - Castello Varano in frazione Terria

Situato nella frazione di Terria, a 387 m s.l.m., l'edificio è in realtà un'antica residenza rurale risalente al XV secolo, trasformata in villa nel XVII secolo dal nobile reatino Marco Antonio Vincentini. Nell'Ottocento, su commissione del proprietario il conte Giacinto Vincenti Mareri, la villa fu parzialmente trasformata dall'architetto Giuseppe Valadier, che tra l'altro realizzò la collina artificiale dove sorge per proteggerlo dalle piene del fiume Velino. A seguito di tale intervento, l'edificio ha acquisito un aspetto che può ricordare un castello, per cui è stato rinominato impropriamente "castello di Terria". Nel Novecento la proprietà, già frazionata per divisioni ereditarie, venne riunita dalla famiglia Varano, discendente in via patrilineare dal suddetto Giacinto Vincenti Mareri. Altro link per approfondimento: https://www.rietilife.com/2018/04/13/morto-duca-piergentile-varano-lo-storico-proprietario-del-castello-terria/

Fonti: https://www.rietiinunclick.it/contigliano/da-vedere/Castello-di-Terria-o-Palazzo-Varano, https://www.estateromana.com/proposte/contigliano-ri/

Foto: entrambe prese dalla pagina FB https://www.facebook.com/castellovaranoditerria

giovedì 25 maggio 2023

Il castello di giovedì 25 maggio


SANT'ELPIDIO A MARE (FM) - Torre Gerosolimitana

Portata a compimento nel XVI secolo dai Cavalieri Gerosolimitani (una delle varianti del nome dell'ordine che nasce a Gerusalemme nel 1048 ad opera di Mercanti della Repubblica Marinara di Amalfi che decidono di fondare nella Città Santa una chiesa, un convento e un ospedale), la torre costruita nel punto più alto della città è alta circa 28 metri, ha forma quadrata (circa 8,19 metri di lato) ed è caratterizzata da spesse mura perimetrali (1,60 metri). Si accede all'interno attraverso un portone d'ingresso, sormontato da una lunetta di pietra arenaria, scolpita secondo lo stile paleocristiano del X secolo. Il bassorilievo raffigura Cristo Crocifisso. Dal Costato di Gesù esce Acqua e Sangue. Con l'acqua Gesù ci libera dal peccato e ci rigenera come figli di Dio. Con il suo Preziosissimo Sangue ci offre la sua Eterna Alleanza con Dio e ci consente di divenire membra di un unico corpo mistico illuminato dalla luce dello Spirito Santo. Il liquido bagna un agnello posto al di sotto del Cristo crocifisso. Dalla bocca dell'agnello escono tre rami giunti insieme da cui spuntano foglie e fiori. L'intreccio floreale simbolizza l'Albero della Vita. La tradizione indica che l'iconografia venne realizzata per adornare l'Abbazia di Santa Croce al Chienti. Nella seconda metà del XVII secolo, sopra la torre sono state inserite due campane, la più grande è dedicata al Cristo, alla Madonna, a San Nicola e Sant'Elpidio Patrono della Città, e nel lato est della torre un orologio meccanico posto al di sotto della croce ad otto punte dell'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme e al di sopra di un monumento (inaugurato il 24 settembre 1893) dedicato ai protagonisti dell'unità d'Italia i cui volti sono stati immortalati con la tecnica dell'altorilievo realizzata su quattro medaglioni di bronzo che adornano una lapide nella quale è inciso uno scritto composto da Tommaso Casini: "Il municipio e i Cittadini di Sant'Elpidio a mare vollero in questo marmo raffigurare le sembianze ed incisi i nomi di Vittorio Emanuele II e di Giuseppe Garibaldi, di Giuseppe Mazzini e di Camillo Cavour per additare al memore affetto dei posteri gli ardimenti generosi e le eroiche imprese, l'apostolato civile e la sapienza politica onde agli Italiani fu restituita la Patria". Nonostante la posizione strategica, le caratteristiche costruttive (forma quadrangolare con larghezza dei lati costante, ingresso posizionato a livello del terreno e rampa di ascesa) non è stata costruita a scopo difensivo. Svariate sono dunque i dubbi sul suo scopo. Ci si accorgerà subito della presenza di vari misteriosi simboli, che hanno creato tante riflessioni da parte di studiosi ed esoteristi. Per esempio, tracciando le diagonali passanti per il centro della pianta si disegna una virtuale croce di Malta, e la grande croce gemmata in pietra bianca inserita nella facciata alludono chiaramente al legame con l’ordine Gerosolimitano. La scala, che dal piano terra conduce alla battagliera, è composta da un arco rampante che originariamente non prevedeva piani e che saliva permettendo soltanto di guardare verso l’alto, in una sorta di ascesa mistica verso Dio. Anche le scarse feritoie servivano allo scopo di illuminare le rampe dall’alto, facilitando la salita ma rendendo difficile la discesa, in quanto la luce in questo caso proviene da dietro. Sembra quindi abbastanza chiaro che nonostante la torre nel corso dei secoli sia stata utilizzata per gli avvistamenti ed il controllo del Mediterraneo, sia nata con lo scopo più elevato di condurre l’uomo ad una esperienza spirituale volta verso l’alto. Tutto quello che è stato qui descritto non poteva essere casuale nel Medioevo e tanto meno nell’ambiente dei Cavalieri di Malta, sempre ricco di implicazioni simboliche. La Torre Gerosolimitana fu costruita senza osservare in alcun modo i canoni funzionali ( a parte la rampa) delle torri fortificate del tempo, per le quali l’organizzazione spaziale era volta esclusivamente all’utilità. Altri link suggeriti: https://fondoambiente.it/luoghi/torre-gerosolimitana-sant-elpidio-a-mare-89011, https://www.regione.marche.it/Regione-Utile/Cultura/Catalogo-beni-culturali/RicercaCatalogoBeni/ids/66463, https://www.facebook.com/watch/?v=394337491582516 (video), https://www.youtube.com/watch?v=UF3oUtQFLt4&t=16s (video di Luigi Manfredi)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Sant%27Elpidio_a_Mare#Torre_gerosolimitana, https://marchetravelling.com/la-torre-gerosolimitana-di-santelpidio-a-mare/, https://www.iluoghidelsilenzio.it/torre-gerosolimitana-santelpidio-a-mare-fm/

Foto: la prima è presa da https://marchetravelling.com/la-torre-gerosolimitana-di-santelpidio-a-mare/, la seconda è presa da https://fondoambiente.it/luoghi/torre-gerosolimitana-sant-elpidio-a-mare-89011

mercoledì 24 maggio 2023

Il castello di mercoledì 24 maggio



PESCO SANNITA (BN) - Castello di Monteleone

Monteleone è oggi una frazione di Pesco Sannita. In realtà la storia narra che inizialmente, fino al momento della sua unione al feudo di Pescolamazza sotto Antonia d’Aquino, ebbe vita autonoma. La sua nascita risale probabilmente al periodo della dominazione sveva. Secondo antichi documenti, il castello avrebbe dovuto essere annesso al territorio beneventano per renderne più sicuri i confini. Ma già nel 1269 era entrato a far parte del regno angioino. Probabilmente abitato a quel tempo da non più di venti famiglie, dopo alcuni passaggi di proprietà, Monteleone ritornò al suo legittimo proprietario, Alferio. In epoca angioina vi sono scarse notizie. Dopo circa due secoli, durante i quali Monteleone si spopolò completamente, se ne ritrovano tracce nella seconda metà del Quattrocento, quando lo acquistò Marcantonio Calenda la cui famiglia ne rimase proprietaria fino al 1616, anno in cui fu rilevato da Giovan Geronimo Nani, nobile savonese. Nella prima metà del Seicento il feudo, con tutte le sue pertinenze, passò nelle mani di Giovanni de Brier, il cui nipote, Giacomo II, lo vendette a Girolamo d’Aquino. Cosicché, morti Francesco e Girolamo d’Aquino, Monteleone si trovò, come già detto, unito a Pescolamazza sotto la nipote Antonia, loro erede universale. del castello non rimangono oggi che le rovine di una torre,costruita in pietra locale lavorata, e alcuni ruderi delle mura, coperti da una fitta vegetazione. La torre, a pianta rettangolare, presenta al suo interno volte a botte con costoloni in pietra. Altri video per approfondimento:https://www.youtube.com/watch?v=FFu2yeHCRdw (video di Giuseppe Quattropani), https://www.youtube.com/watch?v=zbRP4n271YE&t=2s (video con drone di Raffaele Pilla), https://beneventoturismo.altervista.org/pesco-sannita/?doing_wp_cron=1684929274.7344648838043212890625

Fonti: https://fondoambiente.it/luoghi/rocca-di-monteleone?ldc, http://www.pescosannitaturismo.it/dettagli.aspx?c=17&sc=18&id=34&tbl=contenuti, testo sul cartello turistico comunale

Foto: la prima è di Raffaele Ciminera su https://lh3.googleusercontent.com/p/AF1QipPc1R0WBifZ7VgHArN2nFAyINWpm8OEfm6dBhy5=s680-w680-h510, la seconda è presa da https://www.mondimedievali.net/Castelli/Campania/benevento/monteleon01.jpg

martedì 23 maggio 2023

Il castello di martedì 23 maggio


GANGI (PA) - Castello dei Ventimiglia

Sorse sul monte Marone fra la fine del XIII e i primi decenni del XIV secolo ad opera di Enrico Ventimiglia e venne completato probabilmente dal nipote Francesco I Ventimiglia, conte di Geraci e signore di Gangi. Il castello non fu dimora abituale per i Ventimiglia, che preferirono quello di Geraci e quello di Castelbuono. L'edificio, molto simile a quello di Castelbuono, appartenne alla famiglia Ventimiglia sino al 1625, anno in cui passò in possesso della famiglia Graffeo e qualche anno dopo alla famiglia Valguarnera. Nel corso del Seicento, l'antico maniero subì numerose trasformazioni, tali da renderlo più un palazzo che un castello. Sede dei Principi di Gangi, venne abitato dai Graffeo e saltuariamente dai Valguarnera in periodo estivo, sino a metà Settecento. Successivamente l'edificio rimase in stato di abbandono e venne utilizzato come carcere e poi come scuola (tra gli anni ’60 e la prima metà degli anni ’80), finché non venne acquistato dalla famiglia Milletarì, che tuttora lo utilizza come abitazione privata: parte dell'antico castello è anche proprietà della famiglia Ventimiglia di Monteforte, discendenti dall'antico casato madonita. L'edificio, sito nell'alto di una cresta che da più di 1000 m di quota sovrasta l'abitato e domina le due valli del torrente Rainò. Il castello, o meglio, l'ala che ne rimane presenta fondamentalmente invariato il suo impianto trecentesco, ma la stessa cosa non può dirsi della facciata che, volta a sud-ovest sulla piazza Valguarnera, si eleva con due piani. L'ampio fronte contenuto fra due torri, apparentemente di epoche differenti, è scandito da due ordini di aperture, con robusto portale bugnato a piano terra, a sua volta sormontato dall'unico balcone del prospetto): l'impianto della facciata, così come lo scalone interno che conduce ai piani superiori, furono opera della famiglia Graffeo a metà del Seicento. Il piano nobile presenta una lunga fila di balconi con ringhiere in ferro battuto. Il versante nord dell’edificio s’affaccia a strapiombo su Viale delle Rimembranze. Nel 1931 per far posto all’acquedotto comunale venne abbattuta l’ala sinistra del Castello, mentre l’ala destra, antica cappella dell'edificio, anch’essa restaurata, è divenuta nel tempo la Chiesa del monte con annesso convento dei Frati minori. Altri link di approfondimento: https://salvatorefarinella.jimdofree.com/palazzi-ville-architetture-civili-e-difensive/castello-ventimigliano-2/, https://www.comune.gangi.pa.it/video/gangi-i-borghi-siciliani-piu-belli-ditalia/ (video), https://www.youtube.com/watch?v=hR82N6R-h6c&t=38s (video di Vaghi per il Mondo)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Gangi, https://www.comune.gangi.pa.it/turismo/il-castello/, https://www.siciliafan.it/castello-di-gangi/, https://www.vivasicilia.com/castello-di-gangi/

Foto: la prima è di trolvag su https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Gangi#/media/File:90024_Gangi_PA,_Italy_-_panoramio_(13).jpg, la seconda è presa da https://www.lasiciliainrete.it/directory-tangibili/listing/castello-di-gangi/

Il castello di lunedì 22 maggio



MONTERONI D'ARBIA (SI) - Castello di Grotti

Il Castello di Grotti si trova a pochi chilometri da Siena, in località Ville di Corsano. La zona dove sorge era già abitata fin dal tempo degli etruschi, come testimonia l’adiacente necropoli, scavata e studiata già negli anni settanta, ma che ancora oggi non finisce di restituirci reperti di notevole importanza e pregio; non ultimo un rarissimo elmo militare etrusco recentemente esposto al pubblico e da poco restaurato. Accanto al castello sorgeva anche il borgo di Grotti, conosciuto alle cronache fin dal 1212 e dagli studiosi di storia senese per essere il luogo di provenienza di un abile e benestante prestatore che fece le sue fortune negli anni 1221-1257: Orlandino di Azzo da Grotti. Questo uomo di affari svolgeva una incessante e frenetica attività, motivo per la quale negli archivi di Siena si sono conservati centinaia di contratti di compravendita, ma anche di prestiti di denaro ed obbligazioni, permute eccetera. Ma il personaggio più famoso di Grotti, che qui ebbe i natali agli inizi del XIII secolo, fu senza dubbio il Beato Franco Lippi, nato da Matteo Lippi e Calidonia Danielli o Dainelli, famiglie i cui cognomi sono rimasti radicati in questa zona fino al secolo scorso. La comunità di Grotti era già un “Comunello oltre le Masse di Siena” (assieme alla vicina Palmolaia). Nel 1274 e nel 1318 (ASS, Estimo 31 e 77) contava una ventina di case e una chiesa dipendente da quella delle Stine. La prima notizia del castello di Grotti è in una delibera senese del 1377 (ASS, Consiglio Generale). Nel documento si parla di un “Fortilitium tenute Azzolini Ughorgerii” e si diffida il medesimo castellano ad accogliere gli “sbanditi”. Successivamente il castello deve essere stato dato in custodia militare ad altri individui, ma trent’anni dopo (1409) la struttura ritornò sotto la famiglia Ugurgeri, tramite l’assegnazione ad Ugo di Azzolino Ugurgeri. Nel 1436, forse per la morte del castellano e poiché lo stesso ne era in qualche modo divenuto proprietario, sua figlia Maddalena Ugurgeri ne affittò la metà. Nel 1453 la proprietà del Castello fu divisa a metà tra Azolino di Guido Ugurgeri e Salvestro di Barboccio de’ Marzi e così anche nel 1465. Allo stesso modo deve essere stato nel 1481 quando (ASS, Lira) metà del castello venne denunciato come possesso dai sei figli del fu Salvatore de’ Marzi. La continuità del possesso (seppure in parte) di questo fortilizio da parte della famiglia dei Marzi, fece sì che in alcuni documenti (vedi balìa del 1485) questo castello veniva denominato “Grotti de’ Marzi”. Ma sebbene non sia stata trovata in quest’anno la prova che l’altra metà del castello fosse ancora degli Ugurgieri, si è propensi a crederlo in quanto nel 1501 (ASS, Balìa), una commissione provvedeva a vendere ad Ugo di Azzolino Ugurgieri cento staia di bosco appartenuto alla comunità di Grotti. Nel 1524 (Lira 267, Terzo di Città 96) risultavano avere in questa località alcuni possedimenti, diverse famiglie nobili senesi tra cui quattro poderi gli eredi di Girolamo Ugurgieri, un podere gli eredi di Salvestro dei Marzi e uno gli eredi di Francesco Capacci. Nel 1524 i Marzi vendettero definitivamente tutti i beni che avevano in corte di Grotti agli Ugurgieri per la somma di 3850 fiorini. Il prezzo fu stabilito da Fabio Petrucci, signore della città di Siena. La cosa curiosa è che i discendenti di Azzo Ugurgieri venivano spesso e indifferentemente nominati come “Azzolini” ed il castello era ancora loro nel 1554, al tempo della “guerra di Siena”, come ci ricorda un episodio della cronaca del Sozzini del 10 settembre 1554: “Il di detto, gl’Imperiali con mille fanti e 100 cavalli, e con un pezzo di artiglieria, andorno al palazzo delle Stine di casa Fantoni, e lo presero a patti, e vi messero la guardia; andorno al palazzo di Grotti degli Azzolini: quelli che erano dentro s’arresero senza patti, e furono fatti prigioni". Nel 1663 gli Ugurgieri erano ancora a Grotti ed anche nel 1676, ma nel 1687 il fortilizio e tutte le proprietà circostanti passarono alla famiglia Ballati, che poi diventò in seguito Ballati-Nerli. Nel 1692 il signor Ballati Capitano aveva sotto di se, oltre al Castello, anche i poderi di Casafranchi, Pozzarello, Parmoraia, Grotti, Pulcianese, Stine Alte, Stine Basse, Giuncheto, Madonna, Noceto. Il capostipite della famiglia Ballati-Nerli fu tale Orazio Ballati che, nella prima metà del 1600 ereditò dallo zio materno, tale Francesco Nerli, i suoi beni a patto che si fregiasse del doppio cognome Ballati-Nerli. Francesco Nerli era infatti l’ultimo maschio del ramo senese dei Nerli e non ebbe eredi, mentre l’altro ramo, quello fiorentino, continuò la stirpe. Per Grotti a noi interessa la progenie di Orazio Ballati-Nerli, perché fu lui che diventò il proprietario del castello ed i suoi eredi lo mantennnero per altri tre secoli. Figlio primogenito di Giovanni Ballati, Orazio, che ereditò anche il titolo nobiliare di “Marchese”, ebbe altri tre fratelli maschi, di cui uno (Scipione) fu anche Rettore dell’Ospedale Santa Maria della Scala di Siena negli anni 1667-1678. Lo stemma dei Ballati, “d’azzurro alla banda d’oro, accompagnata nel capo da una stella a sei/otto punte dello stesso” si andò così ad unire a quello dei Nerli (“ Palato di sei pezzi d’argento e di rosso, alla fascia diminuita attraversante d’oro”). Nel 1787 Grotti e tutti i poderi sopra descritti erano ancora della famiglia Ballati Nerli e solo nel secolo successivo passarono ai Piccolomini. La struttura possente dell'edificio è a metà tra il fortilizio e il palazzo nobiliare con una pianta a U, fu tramutata nel secolo XIX ad uso di casa di campagna dei Marchesi Ballati – Nerli, ed arricchita inoltre con viali alberati e giardini. Il castello è dotato di due torri medievali e di una base a scarpa. Oggi è circondato da un ampio parco suddiviso in giardino all’italiana con numerose siepi di bosso e un articolato parco all’inglese, che nell’inverno del 2006 sono stati oggetto di restauro grazie ad un parziale contributo della Regione Toscana. Dal 1997 una parte del castello è sede della Fondazione Sergio Vacchi e vi si espongono i lavori dell'artista. Ecco un video con riprese aeree del castello: https://www.facebook.com/watch/?v=1144960602914377

Fonti: testo di Augusto Codogno su https://www.ilcittadinoonline.it/cronache-dal-medioevo/grotti-la-storia-un-castello-senese/, https://www.italyformovies.it/location/detail/18651, https://fondazionevacchi.it/fondazione/il-castello/

Foto: la prima è del mio amico (e inviato speciale del blog) Claudio Vagaggini, la seconda è di LigaDue su http://casavacanze.poderesantapia.com/walk/cretesenesi/castelliepaesaggisenesi.htm

giovedì 18 maggio 2023

Il castello di giovedì 18 maggio



FORGARIA NEL FRIULI (UD) - Castelvecchio di Flagogna (o Castel San Giovanni o Castel Raimondo)

Il Castelvecchio di Flagogna era compreso nel marchesato d'Attems ed è di probabile origine langobarda. Viene nominato per la prima volta nel 1170, quando Uldarico d’Attems e sua moglie Diemot donano alla chiesa di Aquileia i castelli di Attimis e Partistagno, molte ville e altre proprietà. Nel momento della donazione era presente, in qualità di ministeriale di Uldarico, anche Waldaricus de Flaguag, ovvero di Flagogna, il quale giurò fedeltà alla chiesa di Aquileia, e pertanto il suo castello passò sotto la proprietà patriarcale. Il castello è appartenuto ai signori locali fino al 1331-1332, quando a più riprese venne acquistato per intero da Ettore Savorgnano. Esso fu testimone infatti di un avvicendarsi di diversi casati fino a che divenne interamente dominio dei Savorgnan. Nel 1348 Castelvecchio rovinò per un forte terremoto e le sue pietre servirono a restaurare il Castelnuovo, detto di San Giovanni, costruito prima del 1280 ad est del più antico edificio. Coinvolto nei disordini che videro protagonista Tristano Savorgnan e preso dalle milizie udinesi, fu dato in feudo ai nobili Valentinis che lo smantellarono prima di consegnarlo nelle mani della Serenissima nel 1420. Tornato ai Savorgnan e ulteriormente danneggiato per il terremoto del 1511, rimase abbandonato e allo stato di rudere per le diminuite valenze strategiche. Castelnuovo fu un edificio ottimamente difeso grazie alla sua posizione su un'altura a strapiombo (con fianchi a perpendicolo di 20-40 metri), cinto da muro difensivo munito di feritoie, con ancora il portale che si apre sul lato nord; internamente vi sono i resti del mastio e la piccola chiesa cinquecentesca di San Giovanni, rifacimento della più antica cappella. Castelvecchio era più piccolo rispetto agli altri castelli della provincia, ma era uno dei più protetti. Altri link suggeriti: http://www.sentierinatura.it/easyne2/LYT.aspx?Code=SentieriNatura&IDLYT=1970&ST=SQL&SQL=ID_Documento=4145, https://www.scoprifvg.it/site/castello-di-flagogna/, https://www.youtube.com/watch?v=W9SayRrRuy8 (video di Flavio Fabbro)

Fonti: https://consorziocastelli.it/icastelli/udine/flagogna, https://www.archeocartafvg.it/portfolio-articoli/forgaria-nel-friuli-ud-castello-flagogna/

Foto: la prima è presa da https://camminabimbi.com/2017/05/26/anello-del-castello-di-san-giovanni-flagogna-forgaria/, la seconda è presa da https://www.archeocartafvg.it/portfolio-articoli/forgaria-nel-friuli-ud-fraz-flagogna-sito-di-ii-eta-del-ferro/

mercoledì 17 maggio 2023

Il castello di mercoledì 17 maggio



GENOVA - Castelluccio di Pra'

Fortino d'avvistamento e difesa, fu costruito probabilmente sui resti di una torre di avvistamento risalente al X secolo, su uno scoglio a picco sul mare all'estremo levante della spiaggia di Longarello. La sua realizzazione risale al XVI secolo, quando «…le coste liguri, già soggette dai più lontani tempi alle incursioni di flotte nemiche e orde piratesche, risultano maggiormente esposte agli attacchi, per cui si ha un fiorire di iniziative coordinate dal governo della Repubblica di Genova. Tale necessità di creare nuove protezioni diventa urgente anche per tutte quelle comunità costiere, per cui, in tale periodo, sulle spiagge italiane, sorge una serie di fortificazioni pressoché ininterrotta, atta a presidiare i beni e la vita stessa degli abitanti, offrendo protezione armata e temporaneo ricetto durante le rapide incursioni nemiche. Con questa catena di fortificazioni venne anche ripristinata la catena di segnalazione che già da tempi molti antichi aveva la doppia incombenza di segnalare la rotta ai naviganti e di trasmettere con rapidità notizie relative alla comune sicurezza». In questa fase venne edificato il Castelluccio costruito a levante del Borgo, in una zona poco abitata, dove erano presenti solo Torre Cambiaso e una casa di contadini, detta “la casa bianca”. Allora il confine tra Pra’ e Pegli era ancora più a levante, segnato dal Rio S. Antonio, in corrispondenza dell’attuale Piazza Lido. La posizione era perfetta per difendere la spiaggia e il Borgo di Pra’, mentre l’abitato di Pegli, che si trovava interamente oltre il promontorio di Pria Pulla, era difeso da altri due castelli, uno sul Varenna e uno in corrispondenza dell’attuale Albergo Miramare. «In posizione dominante, sopra un roccione serpentinoso, sopraelevato sulla spiaggia di una ventina di metri, il Castelluccio di Pra’ era originariamente di forma quadrata, con bastioni sui due angoli a levante ed a ponente. Durante la costruzione della ferrovia Genova-Savona, venne demolito l’angolo verso nord, con le strutture su di esso gravanti - per cui la pianta attualmente è pentagonale - e la strada carraia di accesso; per dare accesso alle strutture residue, venne aperto in tale occasione un varco sul lato verso il mare…». Durante la seconda guerra mondiale il Castelluccio venne adattato con la costruzione di batterie e un bunker antisbarco tedesco (tuttora esistente), anche questi orientati verso la spiaggia di Pra’. Nel dopoguerra venne inglobato in uno stabilimento balneare; dopo la costruzione del porto di Pra', la spiaggia sottostante è stata trasformata in un approdo per imbarcazioni da diporto. 
Altri link di approfondimento: http://www.supratutto.it/il-castelluccio-una-fortificazione-per-la-difesa-di-pra/, https://genovacittasegreta.com/2021/06/25/il-castelluccio-di-pra/, https://www.facebook.com/watch/?v=753057731957860 (video)

Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Pra%27#Il_Castelluccio_di_Pra'

Foto: la prima è presa da https://www.supratutto.it/fermo-immagine-il-castellucio-di-pra/castelluccio/, la seconda è di Alessio Sbarbaro su https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Pegli_Castelluccio_001.jpg

martedì 16 maggio 2023

Il castello di martedì 16 maggio



FORMIA (LT) - Torre Caetani in frazione Maranola

L'origine del borgo è legata alla necessità delle popolazioni che abitavano sul golfo di Gaeta a spostarsi in nuovi insediamenti in posizione protetta sulle alture circostanti, a difesa dalle incursioni saracene. Maranola è citata per la prima volta nel 1029 e ancora nel 1045, quando viene indicata come castrum, luogo fortificato con mura e torri. Nel 1041 è attestata inoltre l'esistenza di una "via carraria de Maranola". Una bolla del 1158 di papa Adriano IV ne elencava le chiese dipendenti: San Martino, San Giovanni, San Angelo sul monte Altino, San Giovanni di Palazzo, San Nazario e la chiesa di Santa Croce detta "in fiumicello". In una seconda bolla del 1170 di papa Alessandro III si aggiunsero all'elenco anche le chiese di Santa Maria in Castagneto e di San Nicola de Militis. Nel luglio del 1191, Tancredi di Sicilia cedette Maranola a Gaeta. Sotto i Caetani venne quindi costruita una nuova cinta muraria con tre torri, il cui unico accesso era il cosiddetto rivellino, abbattuto alla fine del XIX secolo. Il borgo venne posto sotto assedio nel 1347 da Nicola Caetani nell'ambito degli scontri condotti per riconquistare Mola, Castellone e Traetto. Il figlio, Onorato I Caetani, vi fece erigere un castello che prese da lui il nome di "Castello Onorato". Nell'aprile del 1400 venne assediata dalle truppe di Ladislao I di Napoli. Nel XV secolo ebbe lo status di università e dallo statuto si rileva che comprendeva nel suo territorio i casali di Mamurrano, Ponzanello e Trivio. Nel 1414 il possedimento fu venduto a Pietro Origlia, conte di Caiazzo, ma Cristoforo Caetani se ne riappropriò con la forza. Nel 1428 Castellonorato divenne comune autonomo insieme a un quarto del territorio di Maranola. Nel 1491 fu in possesso di Caterina Pignatelli, nel 1504 di Prospero Colonna e nel 1691 passò ai Carafa, che la mantennero fino all'abolizione del feudalesimo nel 1806. In quello stesso anno Castellonorato venne di nuovo aggregato a Maranola; nel 1852 Castellonorato ridivenne comune autonomo. Nel 1928 Maranola, con le sue frazioni di Mamurrano, Ponzanello e Trivio, venne aggregata, insieme a Castellonorato, a Formia. Il borgo di Maranola conserva l'aspetto medievale con la cinta di mura accessibile da un unico ingresso. La torre più alta è la "tore Caetani" fatta erigere da Onorato I. Del rivellino rimane il cosiddetto "seggio", in posizione panoramica sul golfo di Gaeta. La torre medioevale fu costruita nella seconda metà del 1300, insieme alla torre di Castellonorato (https://castelliere.blogspot.com/2023/05/il-castello-di-martedi-9-maggio.html) e a quella ottagonale di Castellone dal conte di Fondi Onorato I. E' alta circa 30 mt. e si trova nella parte più alta del paese nelle vicinanze delle chiese di San Luca e di S.Maria dei Martyres. Fu costruita sul punto piu’ alto del paese appositamente per poter scrutare la valle sottostante e difendersi dagli attacchi degli invasori. La torre e' di forma quadrata, con spigoli perfetti su tutte le facciate, costituiti da blocchi calcarei e mattoni rossastri che si ripetono dalla base fino alla cima. La Torre é, ormai, una caratteristica incancellabile del paesaggio Maranolese. Insieme ad essa è da evidenziare la cinta muraria, posta nella parte ovest con altre tre torri quadrate, attualmente coperta da una fitta vegetazione. Altri link di approfondimento: https://www.youtube.com/watch?v=yK8YxsDbNF8 (video di Luca Tommasino), https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL0000038633/14/-7211.html, https://www.noisiamofuturo.it/2019/02/17/borgo-maranola-la-storia/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Maranola, http://web.tiscali.it/maranola/torri/la%20fortezza.htm

Foto: la prima è di Pufui Pc Pifpef su https://it.wikipedia.org/wiki/File:Maranola_-_Torre_Caetani.JPG, la seconda è presa da https://www.amicidivaligia.com/italia/maranola-informazioni-utili-e-cosa-vedere/#caetani

lunedì 15 maggio 2023

Il castello di lunedì 15 maggio



CASTELL'ARQUATO (PC) - Pusterla in frazione Vigolo Marchese

Vigolo Marchese aveva originariamente il nome di Vicolo de' Marchesi, in quanto apparteneva ai marchesi Obertenghi, ed è uno dei nuclei abitati più antichi del Piacentino. Nel 1008 o, secondo altre fonti, nel 1012, Oberto II fece edificare il monastero benedettino dedicato a San Giovanni Battista. Negli ultimi anni dell'XI secolo i monaci benedettini furono costretti a lasciare il monastero per motivazioni politiche. I monaci ritornarono a Vigolo Marchese a seguito di una bolla papale di Innocenzo II datata 7 giugno 1135 che, preso atto del cattivo stato di conservazione del complesso, riconosceva come necessario il ritorno dei benedettini. Nel 1310 sia la chiesa che il convento furono oggetto di saccheggio e incendiati. Nel 1314, Galeazzo I Visconti fece incendiare le case e il locale castello conosciuto come "La Pusterla". Nel XVI secolo Vigolo Marchese divenne di proprietà dei conti Sforza di Santa Fiora, signori dell’intero territorio di Castellarquato e dell’alta Val d’Arda, mentre alla fine del XVI faceva parte della giurisdizione del cardinale Sforza. All’epoca del ducato farnesiano, l’edificio passò ai Pusterla, famiglia da cui prese il nome, a cui rimase fino all’estinzione, verso la metà del Seicento. Alla loro estinzione (avvenuta verso la metà del Seicento), l’edificio passò ai Bonini per il matrimonio di una delle discendenti della famiglia stessa. L’ultima della casata, ai primi del 1700, lo portò in dote ai Boselli che lo tennero fino al principio del corrente secolo. La Pusterla fu successivamente (1946) acquistata dal signor Carlo Zanetti, da cui passò ai suoi eredi. Ne sono gli attuali proprietari i signori Giovanna e Giorgio Freschi, proprietari dell’azienda vitivinicola Pusterla insieme alla famiglia Gandolfi (https://vinipusterla.it/). L’attuale edificio del Maniero della Pusterla a Vigolo Marchese è simile ad una casa rurale fortificata, possiede dell’originario castello la torre passante posta quasi al centro del complesso. In laterizio, con caditoie correnti su beccatelli e apparato a sporgere su tutti e quattro i lati, essa funge da passaggio tra due cortili, uno padronale e uno rustico, risalenti ad epoche diverse. La torre costituiva forse l'ingresso ad un più antico edificio a pianta quandrangolare con quattro torri d’angolo ed il mastio al centro. Degno di interesse é l’oratorio di San Giovanni Battista, ubicato vicino a castello ed edificato nel XVI secolo nel quale sono lapidi che ricordano i Pusterla, altri nobili locali e Vincenzo Boselli Bonini nato nel castello nel 1760 ed autore di “Storia di Piacenza” edita nel 1804.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Vigolo_Marchese, https://www.turismopiacenza.it/2020/12/19/castello-di-pusterla-vigolo-marchese/

Foto: la prima è presa da https://vinipusterla.it/lazienda/la-storia/, la seconda è presa da https://www.turismopiacenza.it/2020/12/19/castello-di-pusterla-vigolo-marchese/

venerdì 12 maggio 2023

Il castello di venerdì 12 maggio



BOVEGNO (BS) - Torre

Nel centro del paese, frazione Castello, si erge la torre per tradizione chiamata “romana” sebbene risalga all’epoca medievale, ai sec XII o XIII. Il primo insediamento murato si sviluppò probabilmente nella frazione Piano; in seguito l'accresciuta importanza del borgo e le esigenze difensive determinarono la costruzione di una nuova cinta muraria in una zona più alta, a tutt'oggi chiamata Castello (frazione principale di Bovegno), dove trovarono posto gli edifici più rappresentativi (sede del Comune, chiesa, case del feudatario, le torri). Negli statuti (XIII-XV sec.) viene più volte citato come castrum. Fu di proprietà dei Gonfalonieri, famiglia legata al Vescovo di Brescia, e il Comune ne fu affittuario fino al 1276. Nel 1376 la comunità acquistò dalla famiglia Pinzoni la torre della piazza, già dimora dei Gonfalonieri. Attualmente si è conservata la torre a base quadrata, con muratura in conci abbastanza regolari di pietra scura, ridotta in altezza a seguito della caduta della parte superiore avvenuta il 10 luglio 1642. Non pienamente rispondenti alle esigenze difensive appaiono le finestre sulla piazza, probabilmente aperte in epoca successiva. Una seconda ipotesi riguardante l'antico castello di Bovegno, lo vorrebbe situato sul colle di S. Martino, dove esistono i ruderi di una torre in grossi conci di pietra e con una piccola porta archiacuta. Si potrebbe tuttavia trattare del campanile della vicina e antica chiesa di S. Martino (anch'essa ridotta a rudere) LINK. Oggi la torre è sede della Fondazione Angelo Canossi - Centro Culturale Aldo Cibaldi ed ospita mostre temporanee e iniziative culturali. Altri link per approfondire: https://www.valtrompiastorica.it/index.php/luoghi-storici/mura-torri-ferro-e-coraggio/il-castello-di-castello-bovegno, https://www.youtube.com/watch?v=YXk6vkPNrE4 (video di Giovanni Raza), https://www.visitvalletrompia.it/esperienze/attivita/cultura/ville-palazzi-e-torri/torre-romana/

Fonte: https://www.greenwayvalliresilienti.it/it/punti-di-interesse/la-torre-di-bovegno/

Foto: la prima (relativa alla cosiddetta "torre romana") è presa da https://www.greenwayvalliresilienti.it/it/punti-di-interesse/la-torre-di-bovegno/, la seconda (relativa alla torre sul colle San Martino) è presa da https://www.valtrompiastorica.it/index.php/luoghi-storici/mura-torri-ferro-e-coraggio/il-castello-di-castello-bovegno

giovedì 11 maggio 2023

Il castello di giovedì 11 maggio




SAN SEVERINO MARCHE (MC) - Castello di Isola

Feudo dei conti Gentili di Rovellone, nel 1305 il castello fu venduto al Comune di San Severino per 8.000 scudi. Notevole l´impianto urbanistico medioevale di cui rimangono pochi resti delle mura e degli edifici circostanti, mentre ancora quasi integra resta la torre maestra a pianta quadrata in grossi blocchi in pietra arenaria (mt. 25), che presenta all´interno interessanti elementi architettonici: il basamento scarpato nella porzione superiore, alcune feritoie e oculi con gli alloggiamenti delle artiglierie. Accanto alla torre si nota qualche vecchio edificio con porte e finestre ad arco a tutto sesto. Dentro le mura del castello si trova la Chiesa parrocchiale dedicata a San Giorgio Martire, il cui ingresso principale è insolitamente situato sotto un grande arco che dà accesso all´abitato. La torre, costruita nel corso del XIII secolo, è rimasta danneggiata in seguito al sisma del 26.9.1997.

Fonti: https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-isola-san-severino-marche-mc/, https://www.turismo.marche.it/it-it/Cosa-vedere/Attrazioni/Castello-di-Isola/11128, https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/1100370549, https://www.regione.marche.it/Regione-Utile/Cultura/Catalogo-beni-culturali/RicercaCatalogoBeni/ids/67603

Foto: entrambe sono prese da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-isola-san-severino-marche-mc/

mercoledì 10 maggio 2023

Il castello di mercoledì 10 maggio



COSENZA - Castello Normanno-Svevo

Posto sulla sommità del colle Pancrazio, uno dei sette colli della città, è edificato su una motta artificiale di forma rettangolare, il cui orientamento rimanda alle edificazioni dei Bretii (VI sec a.C.), popolazione che era solita posizionare le proprie fabbriche rispetto alle direzioni astronomiche fondamentali. Per mancanza di fonti documentarie, non è certo che il luogo dove sorge il castello sia esattamente quello occupato un tempo dalla Rocca Bretia, ma è indubbio che i cosentini costruirono, nel 937 d.C., il proprio forte in cima allo stesso colle. Il forte viene spesso definito Normanno, e infatti, a partire dal XII secolo, Ruggiero II ingrandì il castello dandogli i caratteri delle coeve costruzioni. In questo periodo l'edificio ospitò anche la Curia. Un funesto terremoto (1184), il primo di una lunga serie, distrusse la rocca rendendola inagibile. Solo con l’arrivo di Federico II di Svevia (XIII secolo) il castello ritornò al suo splendore, assumendo importante funzione difensiva. Furono gli stessi Svevi ad ampliare la rocca facendole assumere l’impostazione tipica dei castelli federiciani: impianto rettangolare, torri angolari, camminamenti di ronda merlati, sale voltate. Con gli Angioini (XIII-XV secolo) e in particolare con Luigi III duca di Calabria e la sua sposa Margherita di Savoia, il forte assunse per la prima volta la funzione di residenza principesca. Durante le lunghe lotte tra Angioini e Aragonesi il castello ospitò la zecca (seconda metà del 1400) e una prigione per politici. Nel 1459 vi dimorò anche il re Alfonso d'Aragona quando ancora la corona di Spagna non era unificata con i Castiglia, poi nel corso del XVI secolo gli spagnoli, riadattarono il castello di Cosenza a fortezza militare. A questo scopo, vennero costruiti ed ampliati i locali per le munizioni, la fucina ed i magazzini a pian terreno. A partire dal 1638, anno di un altro disastroso terremoto, iniziò la decadenza del fortilizio che venne adibito solo a deposito di materiale. In questo anno cadde una delle torri e venne distrutta quasi tutta la merlatura. I lavori per il recupero divennero a questo punto particolarmente ingenti, e si preferì quindi lasciare allo stato di abbandono la fabbrica. Con l’impegno di restaurarlo, nella seconda metà del 1700, il castello fu concesso prima al Vescovo Capece Galeota, che lo rimaneggiò fortemente per adattarlo a Seminario Diocesano, e successivamente all'Arcivescovo Gennaro Clemente Francone. Con la presenza dei Borboni (XIX secolo) furono ordinati numerosi restauri e si portarono a compimento tutte le parti, ma nello stesso tempo si modificò ancora l’aspetto della rocca. In questo periodo la fabbrica assunse infatti la funzione di carcere. Nell'ultimo secolo la struttura, ridotta a rudere da numerosi terremoti, ha cessato qualsiasi funzione. Dopo il sisma del 1870 che ebbe epicentro proprio a Cosenza, il castello fu acquistato dal Comune (atto del 23 dicembre 1885) ma rimase per lungo tempo in stato di degrado e abbandono. Solo gli ultimi lunghissimi lavori, iniziati nel 2008, hanno permesso di riportare in funzione il castello per usi quasi prettamente privati con un aerea destinata alla ristorazione e alle feste. L’area della Cittadella, anche definita Piazza d’armi o Avanzata, un tempo era delimitata da alte mura merlate, crollate poi nel corso dei secoli a causa di numerosi terremoti, e presentava tutto intorno un camminamento di ronda, ricostruito dagli Aragonesi (XV-XVI secolo), e quindi presumibilmente anteriore alla loro presenza. Originariamente l’ingresso alla Cittadella era quello posto a sinistra e caratterizzato da un grande portale archiacuto di impostazione Sveva. Il portale, murato nel XVIII secolo e oggi riaperto, presenta all’intradosso un sistema di chiusura a saracinesca, tipico sistema di difesa, per intrappolare i nemici che facevano incursione nella Piazza d’armi. Il fronte principale del castello è caratterizzato dalla presenza di due torri quadrangolari: quella di sinistra, più grande, è definita mastra e certamente fino al XVI secolo si elevava su più livelli. Alcuni storici sostengono l’esistenza di corridoi sotterranei che univano le due torri e che dovrebbero risalire ad epoca Sveva, ma non si hanno documentazioni per accertare tale notizia. Sono ancora visibili dei tratti dell’antico camminamento di ronda, collegato alle due torri quadrangolari mediante piccoli varchi rialzati, riconoscibili in alcune parti discontinue della muratura del fronte Nord. Il porticato contiene a sinistra la porta di accesso, che fu successivamente murata per ricavare un nuovo varco centrale, oggi chiuso ma ancora ben visibile, sormontato dallo stemma dell’Arcivescovo Francone, che presidiò il castello quando questo fu adibito a Seminario, e che in origine era realizzato con stucchi colorati, andati totalmente persi. All’inizio del 1800 il porticato presentava anche gli archi murati e comprendeva a sinistra un corpo di guardia e a destra una piccola prigione. Al centro della Cittadella sono ancora visibili evidenti resti di un’antica cisterna. A sinistra, di fianco all’ingresso originario alla Cittadella, è visibile un piccolo forte staccato dalla fabbrica del Castello, conosciuto come Rivellino, elemento tipico dell’arte militare antica e medioevale. Questo tipo di struttura compare verso la metà del XV secolo e la presenza all’interno della rocca cosentina sembra testimoniata già in un documento del 1540, in cui si legge di una fucina posta alla porta del Castello. Elemento di dichiarata matrice sveva, la torre ottagonale è posta in posizione sud-est. La sua forma, tipica delle costruzioni ordinate da Federico II (una su tutte Castel del Monte ad Andria) racchiude un forte significato simbolico: il numero otto infatti è la figura intermedia tra il quadrato, la terra, ed il cerchio, l’infinità del cielo, e nella cabala è il numero legato all’eternità. Federico II, molto affascinato da questi temi simbolico esoterici, utilizzava nella sue costruzioni anche molta geometria. Spesso infatti le torri assumevano funzione di gnomone, permettevano cioè di individuare l’altezza del sole e quindi segnare le ore. Lo studio di questa antica scienza, e l’applicazione degli schemi costruttivi medioevali, ha permesso a diversi studiosi di avanzare ipotesi sulla originaria altezza della torre, che probabilmente era compresa tra i 18 e i 23 metri. Questo studio avalla la teoria che la torre avesse originariamente almeno due livelli, notizia tra l’altro accertata anche da diverse rappresentazioni della Città e dal ritrovamento di un condotto di scarico proveniente da un piano superiore. È documentato che già nel primo quarto del XIX secolo, il secondo piano non era più presente. La volta, autoportante, realizzata con otto costoloni impostati su piccole mensole, è definita ad ombrello, ed è anche questa tipica delle edificazioni sveve. Particolarità Bruzia è però la calotta schiacciata, con spicchi ribassati, realizzata con grande maestria mediante la sovrapposizione orizzontale di quadrelli. La cisterna di Santa Barbara è la più antica del Castello e alcuni storici la fanno risalire addirittura al periodo romano. Il nome con cui è identificata è probabilmente legato alla presenza di una cappella intitolata proprio a questa Santa e posta in prossimità della cisterna. La cappella, esistente certamente al XV secolo, si dice presente già nell’impianto Svevo. Costruita al tempo di Federico II, la Sala delle Armi si compone di ben sei locali, tutti posti ad est, il cui ingresso originario era collocato centralmente verso il cortile. Il primo ambiente si conserva ancora in buone condizioni per aver mantenuto nel tempo la copertura ed è bene visibile a sinistra un’acquasantiera a parete, che non è da escludere possa essere quella della vecchia cappella del castello. Nel penultimo di questi locali sono presenti le tracce di un camino svevo realizzato in tufo. Nell’ultimo ambiente, al centro, è presente una cisterna sotterranea e a sinistra vi sono tracce di un’antica scala. Con "Sala del Trono" si individuano le sale poste a sud del castello che fanno parte dell’impianto originario Svevo e alle quali si accedeva mediante il portale archiacuto che, per lungo tempo murato, è stato riportato alla sua funzione. Le sale sono tre e sono tutte voltate a crociera con i tipici caratteri delle costruzioni federiciane. Rimaneggiamenti successivi sono comunque testimoniati: ad esempio al periodo angioino si deve la presenza in chiave alla volta dello stemma con i tre gigli di Francia. La luce all’interno si diffonde per la presenza di monofore poste a sud, ma in origine, probabilmente, esisteva anche un’apertura ad ovest, oggi murata. In fondo alla sala, sulla sinistra, era presente la porta di accesso alla torre sud-ovest, le cui tracce sono ancora ben visibili sul paramento murario esterno del Castello. Altri link suggeriti:https://www.youtube.com/watch?v=TXg9hdYAYVg (video di Salvatore Diana), https://www.youtube.com/watch?v=Uh3AkCF6mY4 (video con drone di Francesco Guaglianone), https://www.youtube.com/watch?v=cAI-O5oPTPA (video di Invidiosrl), https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/1800006723CS

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_normanno-svevo_(Cosenza), http://www.castellocosenza.it/mappa-del-castello/, https://www.calabriatours.org/heritage/castello-di-cosenza.html

Foto: la prima è di Giannu su https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_normanno-svevo_(Cosenza)#/media/File:Castello_vista_aerea.jpeg, la seconda è una cartolina della mia collezione

lunedì 8 maggio 2023

Il castello di martedì 9 maggio


FORMIA (LT) - Torre Caetani di Castellonorato

Il castello nacque nel XIV secolo su iniziativa dei signori Caetani, titolari della contea di Fondi, per il controllo del loro territorio che andava dal Garigliano a Terracina. Il conte Onorato I Caetani (1336-1400) fece erigere il castrum per completare la linea di difesa e controllo dell'antico Formianum. Il castello prese il suo nome: Castrum Honorati ("Castello di Onorato"). Dalla collina rocciosa dove sorge si domina da occidente la valle dell'Ausente. Castellonorato faceva parte del territorio di Maranola. Nel 1428 l'abitato divenne comune autonomo insieme a un quarto del territorio di Maranola. Nel 1806, con l'abolizione del feudalesimo, venne di nuovo aggregato a Maranola; nel 1852 ridivenne comune autonomo e nel 1928 venne aggregato, insieme a Maranola, a Formia. Del castello oggi rimane la torre, di forma quadrata, costruita in tipica pietra locale, su cinque livelli. Situata nel centro storico del paese gode di uno splendido panorama. E' stata dichiarata “di interesse particolarmente importante“ ai sensi della legge 1.6.39 n.1089 sulla tutela delle cose artistiche e storiche. La proprietà della torre, passando poi di mano in mano, è pervenuta alle famiglie Caramanica e Vento di Spigno Saturnia infine, nel 1971, al professor Nicola Iadanza di Roma che la acquistò, con l’annesso spazio circostante. Le condizioni statiche dell’edificio erano disastrose per i danni subiti nell’ultima guerra che l’avevano gravemente danneggiato ed in parte distrutto. Con una attenta e sistematica ricostruzione delle parti mancanti, rispettando la stesura architettonica, i rapporti volumetrici ed il contesto ambientale, anche grazie all’intervento dell’affermato sodalizio Nastro Verde d’Europa, la torre è stata salvata dall’abbandono e dalla conseguente rovina (come si può vedere qui: https://www.facebook.com/ComeEriBellaFormia/photos/la-torre-di-castellonoratonella-parte-pi%C3%B9-alta-di-castellonorato-si-osserva-una-/1048911521839100/). Oggi essa ripresenta il glorioso volto del passato ed è stata adibita a "Bed and Breakfast". Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=7FuhocakIS0&t=1s (video di REPORTERMARCO), https://formiaelasuastoria.wordpress.com/2017/10/24/la-torre-di-castellonorato-di-formia/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castellonorato, testo di Raffaele Capolino su https://www.formiae.it/siti/torre-di-castellonorato/, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Lazio/latina/provincia000.htm

Foto: la prima è di Fausto Forcina su https://www.formiae.it/siti/torre-di-castellonorato/, la seconda è presa da https://torre-di-castellonorato.hotelmix.it/

Il castello di lunedì 8 maggio



EGNA (BZ) - Castel Kaldiff (o Castel Caldivo)

sorge ad est dell'abitato di Egna, non distante dalla frazione di Mazzon (Mazon), lungo il corso del torrente Villa (Viller Bach). Rimangono le rovine di un fortilizio piuttosto semplice, costruito nel XII secolo. Fu più volte rimaneggiato nel corso dei secoli successivi; la più consistente di queste ristrutturazioni risale alla fine del XV secolo, ad opera degli Enn, che lo possedevano (la tradizione vuole che quella stessa famiglia l'abbia fatto costruire, ma in realtà non vi è certezza), e che lo cedettero non molto più tardi, nel 1524, alla famiglia Payr von Altenburg, che da allora si chiamò Payr von Kaldiff. Essa trasformò la rocca in una residenza. Assieme a Egna, formava il giudizio territoriale (Landgericht) Enn-Kaldiff, come attestato in un ordinamento del 1523. Nel 1798 il maniero passò ai de Panzoldi e da questi, trent'anni dopo, ai von Gasteiger. Alla fine del XVIII secolo, un rogo distrusse Castel Caldiff, che si trova a 354 m di altitudine. Il mastio crollò verso il 1870, e anche del muro di cinta sono rimaste in piedi solo pochissime parti. Da vedere ancora parti del muro nord, ovest e est, frammenti degli affreschi realizzati verso il 1300, resti dello stemma sopra il portone, e i merli ghibellini. Una leggenda narra che presso le rovine che lasciano immaginare come la rocca fosse in origine, si trovano sepolti vari tesori che vengono sorvegliati da due cani con occhi feroci. Soltanto negli anni settanta alcuni lavori di risanamento consentirono di rallentare il decadimento delle mura, consolidandole e rendendo il sito nuovamente accessibile liberamente. Altri link di approfondimento: https://www.sudtirol.com/castelli-alto-adige/castel-caldiff-egna.htm, https://www.sentres.com/it/poi/rocca/rovine-kaldiff-burgruine-kaldiff/61286909/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Kaldiff, https://www.weinstrasse.com/it/cultura-e-territorio/castelli/castel-caldiff/, https://www.bolzanodintorni.info/it/castelfeder/suggerimenti-per-gli-appassionati-di-cultura/a-ora-montagna-egna-e-salorno/rovine-di-castel-kaldiff.html

Foto: la prima è presa da https://www.bznews24.it/wp-content/uploads/2020/05/Castel-Cadivo.jpg, la seconda è presa da https://www.castelfeder.info/it/castelfeder/le-localita-di-villeggiatura/cultura/luoghi-d-interesse/rid-56B2124E5C795EE806495D22144F27E8-rovine-del-castel-caldiff.html

giovedì 4 maggio 2023

Il castello di giovedì 4 maggio



MARGARITA (CN) - Castello dei Conti Solaro

I signori di Morozzo furono i feudatari del paese fino al 1347. Successivamente Margarita passò al comune di Mondovì, ai marchesi di Ceva, ai Visconti, per poi giungere al duca Ludovico di Savoia. Dopo altre infeudazioni, nel 1647 Antonio Solaro, di antica famiglia astigiana, ne ottenne l’investitura con il titolo di conte e i suoi discendenti lo mantennero per quattro secoli. Costruito tra il 1600 e il 1700 dai Conti Solaro della Margarita, il palazzo (o castello) è ora di proprietà Lovera di Maria. L'edificio vanta pregevoli decorazioni architettoniche, un vasto parco giardino trasformato alla francese dal conte Baldassarre Piossasco di Rivalba, architetto paesaggista che aveva studiato alla scuola francese di Le Notre. e, all’interno delle tante stanze, un cospicuo archivio con una ricca biblioteca, importanti opere di pittori operanti alla corte dei Savoia presso cui Clemente Solaro fu primo ministro di Carlo Alberto. Ecco il sito web del castello: https://www.castellodellamargarita.com/,

Fonti: https://comune.margarita.cn.it/turismo-e-territorio/territorio/, https://fondoambiente.it/luoghi/castello-dei-conti-solaro-della-margarita?ldc

Foto: entrambe prese da https://www.visitcuneese.it/dettaglio-localita/-/d/margarita-nel-verde-della-campagna

mercoledì 3 maggio 2023

Il castello di mercoledì 3 maggio



CARLOFORTE (SU) - Cinta muraria

Una delle particolari testimonianze della storia di Carloforte è rappresentata dalla sua cinta muraria, pressoché quadrangolare e munita di bastioni e fortini, che ancora oggi "difende" silente il suo "castello": imponenti, resistenti e affascinanti sono solo alcune delle possibili etichette utilizzabili per descriverle. Realizzate a seguito dell’incursione dei corsari tunisini del 1798, che rese schiavi quasi mille tabarkini, le mura di cinta testimoniano ancora oggi quel difficile periodo storico che portò la comunità ad incrementare necessariamente le sue difese. Fu proprio la popolazione a chiedere al Re di Sardegna Vittorio Emanuele I di costruire le nuove mura difensive, al fine di evitare possibili e terribili nuove incursioni: nel 1806 si innalzarono le prime mura difensive che furono terminate solo nel 1813, grazie alla forza lavoro rappresentata da molti carlofortini (anche donne!). Dei 7 fortini originali che difendevano la città oggi ne sono rimasti solo 3, cioè il Santa Cristina, il Santa Teresa e il Beatrice: quest’ultimo, però, fu trasformato e oggi risulta irriconoscibile in quanto ha perso tutte le sue originali forme; è però possibile ammirare ancora 1 portone d’accesso detto "del Leone”, così chiamato per la scultura di una testa di leone scolpita nella pietra. Sebbene non tutte le mura si siano conservate, queste possono essere considerate un valore aggiunto della città in quanto silenti testimoni della storia passata di Carloforte e di tutti i carlofortini, memoria di tragici scontri e avvenimenti. Altri link per approfondimento:http://www.hieracon.it/Storia/A12-fortificazioni.php, https://www.youtube.com/watch?v=APXiZL2Nu5c (video di Giorgio Ferraro),

Fonti: https://www.carlofortesardegna.it/it/articles/390/mura-di-cinta-a-carloforte-una-testimonianza-difensiva-del-passato.html, https://it.wikipedia.org/wiki/Carloforte, https://www.carloforteturismo.it/articolo/le-fortificazioni/

Foto: la prima è presa da https://monumentiaperti.com/it/monumenti/muro-di-cinta-torre-vittorio-e-castello/, la seconda è di trolvag su https://de.m.wikipedia.org/wiki/Datei:Le_mura_Carloforte,_Carloforte,_Isola_di_San_Pietro,_Carbonia-Iglesias,_Sardinia,_Italy_-_panoramio.jpg

martedì 2 maggio 2023

Il castello di martedì 2 maggio



GROPPARELLO (PC) - Castello

Immerso nel paesaggio dell’Appennino tosco-emiliano su un promontorio di roccia di origine vulcanica, è una fortificazione medievale nella Val Vezzeno. Il complesso si caratterizza per una pianta irregolare, fatto dovuto, oltreché ai diversi periodi di costruzione degli edifici, anche alle caratteristiche morfologiche del terreno. Il maniero, cinto con merlatura guelfa, è difeso da torri, quella d’ingresso con ponte levatoio e il poderoso mastio centrale. Oltrepassando una seconda cinta si accede ad un suggestivo cortile e si entra nella storica dimora. E' uno straordinario esempio di opera fortificata posta a difesa della via di accesso ad una valle, arroccata a nido d’aquila su un dirupo scosceso, perciò inattaccabile. Nei documenti antichi, l'edificio compare come Rocca di Cagnano, termine di derivazione latina che identificava il castello e il territorio immediatamente limitrofo. Al contrario, il toponimo Gropparello indicava originariamente tutto l'intero territorio circostante alla fortificazione. Nonostante il toponimo Gropparello non fosse direttamente associato al castello esso, di origine longobarda deve comunque la sua origine al maniero, infatti deriva dalla radice 'grop' che si identifica con la formazione montuosa su cui sorge il castello. Ancora oggi guardando le sue mura maestose dal basso dei camminamenti, ci si chiede con meraviglia quali uomini possano aver costruito una tale ingegnosa opera, che in questo territorio è unica. Molto probabilmente la Chiesa di Piacenza, che ne era in possesso nei secoli attorno al Mille, assoldò, come spesso accadeva, maestranze straniere, più pratiche di costruzione su roccia (forse normanni). Il più antico documento finora conosciuto su Gropparello risale all’808, anno in cui secondo il vescovo di Piacenza Giuliano II si recò a dorso di mulo fino ad Aquisgrana per chiedere all’imperatore Carlo Magno, col quale era in amicizia, la concessione di un feudo che andava da Sariano fino alla corte di Gusano, comprendendo quindi il castello di Cagnano, che risulta essere uno dei più antichi del territorio, e forse d’Italia. Studi recenti stanno dimostrando che il primo nucleo in pietra era già ben esteso intorno al 1200. Le sue buche pontaie, perfettamente conservate soprattutto nei lati sospesi sul vuoto dello strapiombo, possono ancora oggi indicarci quale fosse l’altezza dei muratori che costruirono queste pareti. Si ritiene che la fortificazione di epoca carolingia sia stata edificata su una preesistente costruzione romana, forse una semplice torre di guardia o un “castrum” del II secolo a.C. Sono a sostegno di questa ipotesi alcuni reperti interessanti rinvenuti nel XX secolo durante lavori di ristrutturazione. All’epoca delle lotte tra Guelfi e Ghibellini il castello, ovviamente guelfo poiché era del vescovo, venne in diverse occasioni attaccato dalle forze ghibelline. Ancora nel 1400 la famiglia guelfa che ne era in possesso si ritirava a Gropparello per sfuggire agli attacchi delle forze viscontee, perché siccome il castello era stato dimora vescovile per molti secoli, i soldati lo attaccavano malvolentieri, sentendo quasi di commettere un sacrilegio. Fu proprio alla fine del 1200 che Gropparello divenne una dimora privata della potente famiglia guelfa dei Fulgosio, per lascito dell’allora vescovo di Piacenza Filippo Fulgosio. Filippo era stato un vescovo molto longevo e potente, che aveva anche rivestito per due volte la carica di podestà della città di Piacenza. Senz’altro dotò la sua famiglia di diversi beni prima di morire nella città di Milano dove era in viaggio, ed essere infine sepolto a Sant’Eustorgio, dove ancora riposa. All’epoca del ducato degli Sforza, che tennero anche, la famiglia Fulgosio fu espropriata del castello, o costretta a venderlo, in favore di Galluccio Campofregoso, alleato del duca Francesco. Ma questa signoria prepotentemente imposta non durò affatto, e ci furono diversi passaggi di proprietà per più di un secolo, fino ad arrivare alla fine del 1500. Nel 1599 Ranuccio I Farnese, signore di Parma e Piacenza, rientrato in possesso del feudo di Gropparello, ne investì con il titolo ereditario di “Conte di Gropparello” Marcantonio Anguissola, suo luogotenente e confidente, che ricopriva la carica di governatore della val di Taro e che aveva svolto diversi incarichi come ambasciatore per conto del Farnese, assieme al suocero Alessandro Anguissola, uno dei Magnifici della città di Piacenza. Non sappiamo molto di Marcantonio, ma doveva essere un uomo dalle doti eccezionali. Si distinse per incarichi prestigiosi e per una spiccata lealtà, che gli valse l’onore non solo del castello e del titolo comitale, ma anche del giglio farnesiano che solo gli Anguissola di Gropparello hanno avuto. Nel 1848, con la morte di Gaetano Anguissola si estinse questo ramo della famiglia. Il castello fu posto in vendita insieme ad altre proprietà, e passò un periodo di decadenza in cui venne anche utilizzato, come purtroppo spesso accadeva, come edificio rurale. Fortunatamente fu poi acquistato nel 1869 dal conte Ludovico Marazzani Visconti Terzi, (appartenente ad un ramo della famiglia proprietaria di Grazzano Visconti), che incaricò un famoso architetto piacentino del tempo, Camillo Guidotti, di un completo restauro dell’antico edificio. Il conte Ludovico era un amante storia patria, cioè probabilmente un intellettuale romantico affascinato dagli ideali di bellezza e passione per la storia e per la natura indomita che si andava diffondendo in quell’ultimo quarto di secolo. Gropparello sposava i più fantastici sogni romantici, con le sue mura antiche e misteriose, i suoi giardini segreti, i suoi ponti levatoi miracolosamente tramandati, il dirupo selvaggio e vasto che apre uno scorcio sullo sconfinato orizzonte… E perfino vestigia antiche di popolazioni celtiche, tuttora visibili. In quest’epoca vennero recuperati i camminamenti di ronda che non più protetti dalle vecchie palizzate di legno lasciavano ora aperta la vista sul vertiginoso dirupo e sulla natura tempestosa. Ancora oggi percorrendo le due ore di camminamenti e passeggiate, si incontrano panchine di pietra poste in angoletti accuratamente scelti, che hanno il potere di riconnettere la mente e il corpo con le energie ancestrali della natura, se solo ci si sofferma a contemplare quello spettacolo. Davvero non sorprende che questo piccolo e fiero castello abbia visto passare casate fra le più nobili. Forse le sue sale non avevano le dimensioni delle regge, ma di sicuro l’intima atmosfera dei suoi luoghi e lo spettacolo così travolgente che si gode da ogni prospettiva lo rendono il sogno segreto e privato che molti nobili, comprese le regine più potenti della storia, cercarono di creare per se stesse. L’Hermitage di Caterina, Canossa per Matilde, Le Petit Trianon per Maria Antonietta… Tutte desideravano uno spazio privato in cui essere sole e sognare… Collezionando fiori, opere d’arte, creazioni uniche che comuni mortali non potevano nemmeno immaginare. Gropparello è molto più generoso però, e lo spettacolo dei suoi dirupi coperti di piante rare restava nascosto a chi arrivava da via, ma era ben visibile alla popolazione locale, che conosceva e amava profondamente il castello e ne ha tramandato i misteri e le leggende, come quella del fantasma di Rosania Fulgosio, vissuta nel 1200, che sarebbe stata murata viva dal marito, Pietrone da Cagnano, per averlo tradito durante una sua assenza dal castello. Mentre Pietrone era, infatti, lontano per partecipare con le sue truppe ad una azione militare, la roccaforte venne attaccata da milizie avversarie, condotte dal giovane Lancillotto Anguissola, antico amore di Rosania, contrastato dalla famiglia della fanciulla. Il castello cadde dopo strenua difesa, ed il vincitore minacciò severe rappresaglie. La giovane castellana Rosania si gettò ai suoi piedi intercedendo per la vita dei vinti: i due si riconobbero e l’antico amore si ridestò. Così quella notte Rosania venne forse meno ai suoi doveri di sposa. Successivamente Lancillotto, richiamato da altre imprese militari, lasciò il castello con i suoi soldati. Ritornò Pietrone che, informato da una sua fedele fantesca di nome Verzuvia del tradimento della moglie, progettò la terribile punizione: con il pretesto di costruirsi un nascondiglio sicuro in caso di pericolo, fece scavare un antro nella viva roccia sotto le fondamenta del castello; poi, una notte, allontanati tutti i possibili testimoni, addormentò con un vino drogato la giovane moglie e ve la rinchiuse; l'entrata della "camera maledetta" venne murata e nascosta accuratamente. La fanciulla morì in questo modo orribile, ed il suo spirito rimase legato al luogo della sua infelice esistenza, manifestandosi in certe notti con lamenti e gemiti che da allora sarebbero stati sentiti spesso da chi ha abitato il castello; sarebbe anche stata vista talvolta la diafana figura di una giovane donna che si aggirava nel parco o in certe camere del castello. In alcune camere del corpo principale si è manifestata di recente varie volte una figura di giovane donna piuttosto minuta, con i capelli raccolti da un velo ed una veste lunga in genere bianca; l’apparizione, che è stata vista non solo dai proprietari ma anche da altri, visitatori compresi, se ne va, silenziosamente com’è arrivata, entrando in una parete, o svanisce appena si cerca di fissarla più attentamente. Al centro del complesso si trova il mastio rettangolare risalente al periodo compreso tra l'XI e il XII secolo; esso si sviluppa su tre livelli, mentre sulla sua sommità si trova una terrazza utilizzata per l'avvistamento dei movimenti di truppe nemiche. In posizione opposta rispetto al mastio si trova una torre a base quadrata dotata di merlatura in stile guelfo; le torri sono collegate tra di loro dal corpo centrale del castello, su cui si elevano altre due torri: un torrione di forma circolare dotato di apparato a sporgere e il torrione d'ingresso, di altezza appena superiore rispetto alla linea di cinta e dotato di merlatura. Questi edifici sono circondati da una prima cinta muraria, la cui merlatura è analoga a quella presente sulla sommità della torre quadrata. Al corpo principale del castello, che subì dei lavori di rifacimento durante il XV secolo, si accede mediante una scala formata da due rampe simmetriche tra loro. Al primo piano si trovano la sala delle armi, la sala da pranzo, che contiene un camino di stile italiano risalente al XVI secolo e decorato con temi presi dalla mitologia classica, tra cui spicca il ratto d'Europa presente sull'architrave, un salottino da conversazione, la camera dell’alcova (con al centro lo stemma degli Anguissola di Gropparello), successivamente adibita a sala della musica e uno studio. Sia il piano superiore che il piano interrato ospitavano, invece, locali di servizio: al piano alto si trovava il granaio dove erano conservate le derrate alimentari, mentre nel piano interrato, ricavato direttamente nelle rocce poste alla base del castello, erano presenti le cucine e la ghiacciaia. L'accesso all'interno delle mura è permesso tramite due passaggi dotati di archi a sesto acuto, uno dedicato esclusivamente ai pedoni e l'altro carrabile, che erano inizialmente dotati di ponte levatoio a superare un fossato a secco, che circonda il complesso su tre lati. Tutto il complesso è ulteriormente chiuso da una seconda cinta muraria che contiene al suo interno anche un vasto cortile dal profilo irregolare. Tutta la seconda cinta di mura è percorsa da un camminamento di ronda. Nel Castello di Gropparello è degna di nota la ​Sala degli Strumenti Musicali con una collezione con pianoforte ottocentesco gran coda, firmato da Pierre Erard, arpa settecentesca, clavicembalo italiano, arciliuto a 10 cori, flauti barocchi diritti e traversi, cromorni, bombarde, un liuto ed una viella popolare, un divertente clavicordo meccanico costruito a Vienna. Con il ‘900 il castello passò ancora in mano a vari proprietari, e, dopo un breve periodo di abbandono durato circa 15 anni, venne acquistato nel 1994 dalla attuale famiglia proprietaria, che ne ha fatto subito la propria abitazione, promuovendovi anche numerose iniziative culturali. All'interno del parco del Castello di Gropparello vive il Parco delle Fiabe, Primo Parco Emotivo d’Italia, che evoca la magica atmosfera medievale di cavalieri, fate, elfi e streghe. In 20 ettari di terreno si susseguono sentieri, piccoli giardini nascosti, radure tra i boschi secolari e dal 2008 su una di queste colline è stato realizzato il Museo della Rosa Nascente con 108 varietà di rose per un totale di 1350 piante. Altri link per approfondimento: https://www.mondimedievali.net/Castelli/Emilia/piacenza/gropparello.htm, https://www.histouring.com/strutture/castello-di-gropparello/, https://www.preboggion.it/Castello_di_Gropparello.htm, https://www.youtube.com/watch?v=9gFvS3h0vfM&t=10s (video di Francesco Rizza), https://www.facebook.com/watch/?v=768661603614533 (video)

Fonti: https://www.castellodigropparello.net/il-castello, https://www.castellidelducato.it/castellidelducato/castello.asp?el=castello-di-gropparello, https://castelliemiliaromagna.it/it/s/gropparello/6037-castello_di_gropparello, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Gropparello

Foto: la prima è presa da https://www.castellidelducato.it/castellidelducato/castello.asp?el=castello-di-gropparello, la seconda è una cartolina della mia collezione