COSENZA - Castello Normanno-Svevo
Posto sulla sommità del colle Pancrazio, uno dei sette colli della città, è edificato su una motta artificiale di forma rettangolare, il cui orientamento rimanda alle edificazioni dei Bretii (VI sec a.C.), popolazione che era solita posizionare le proprie fabbriche rispetto alle direzioni astronomiche fondamentali. Per mancanza di fonti documentarie, non è certo che il luogo dove sorge il castello sia esattamente quello occupato un tempo dalla Rocca Bretia, ma è indubbio che i cosentini costruirono, nel 937 d.C., il proprio forte in cima allo stesso colle. Il forte viene spesso definito Normanno, e infatti, a partire dal XII secolo, Ruggiero II ingrandì il castello dandogli i caratteri delle coeve costruzioni. In questo periodo l'edificio ospitò anche la Curia. Un funesto terremoto (1184), il primo di una lunga serie, distrusse la rocca rendendola inagibile. Solo con l’arrivo di Federico II di Svevia (XIII secolo) il castello ritornò al suo splendore, assumendo importante funzione difensiva. Furono gli stessi Svevi ad ampliare la rocca facendole assumere l’impostazione tipica dei castelli federiciani: impianto rettangolare, torri angolari, camminamenti di ronda merlati, sale voltate. Con gli Angioini (XIII-XV secolo) e in particolare con Luigi III duca di Calabria e la sua sposa Margherita di Savoia, il forte assunse per la prima volta la funzione di residenza principesca. Durante le lunghe lotte tra Angioini e Aragonesi il castello ospitò la zecca (seconda metà del 1400) e una prigione per politici. Nel 1459 vi dimorò anche il re Alfonso d'Aragona quando ancora la corona di Spagna non era unificata con i Castiglia, poi nel corso del XVI secolo gli spagnoli, riadattarono il castello di Cosenza a fortezza militare. A questo scopo, vennero costruiti ed ampliati i locali per le munizioni, la fucina ed i magazzini a pian terreno. A partire dal 1638, anno di un altro disastroso terremoto, iniziò la decadenza del fortilizio che venne adibito solo a deposito di materiale. In questo anno cadde una delle torri e venne distrutta quasi tutta la merlatura. I lavori per il recupero divennero a questo punto particolarmente ingenti, e si preferì quindi lasciare allo stato di abbandono la fabbrica. Con l’impegno di restaurarlo, nella seconda metà del 1700, il castello fu concesso prima al Vescovo Capece Galeota, che lo rimaneggiò fortemente per adattarlo a Seminario Diocesano, e successivamente all'Arcivescovo Gennaro Clemente Francone. Con la presenza dei Borboni (XIX secolo) furono ordinati numerosi restauri e si portarono a compimento tutte le parti, ma nello stesso tempo si modificò ancora l’aspetto della rocca. In questo periodo la fabbrica assunse infatti la funzione di carcere. Nell'ultimo secolo la struttura, ridotta a rudere da numerosi terremoti, ha cessato qualsiasi funzione. Dopo il sisma del 1870 che ebbe epicentro proprio a Cosenza, il castello fu acquistato dal Comune (atto del 23 dicembre 1885) ma rimase per lungo tempo in stato di degrado e abbandono. Solo gli ultimi lunghissimi lavori, iniziati nel 2008, hanno permesso di riportare in funzione il castello per usi quasi prettamente privati con un aerea destinata alla ristorazione e alle feste. L’area della Cittadella, anche definita Piazza d’armi o Avanzata, un tempo era delimitata da alte mura merlate, crollate poi nel corso dei secoli a causa di numerosi terremoti, e presentava tutto intorno un camminamento di ronda, ricostruito dagli Aragonesi (XV-XVI secolo), e quindi presumibilmente anteriore alla loro presenza. Originariamente l’ingresso alla Cittadella era quello posto a sinistra e caratterizzato da un grande portale archiacuto di impostazione Sveva. Il portale, murato nel XVIII secolo e oggi riaperto, presenta all’intradosso un sistema di chiusura a saracinesca, tipico sistema di difesa, per intrappolare i nemici che facevano incursione nella Piazza d’armi. Il fronte principale del castello è caratterizzato dalla presenza di due torri quadrangolari: quella di sinistra, più grande, è definita mastra e certamente fino al XVI secolo si elevava su più livelli. Alcuni storici sostengono l’esistenza di corridoi sotterranei che univano le due torri e che dovrebbero risalire ad epoca Sveva, ma non si hanno documentazioni per accertare tale notizia. Sono ancora visibili dei tratti dell’antico camminamento di ronda, collegato alle due torri quadrangolari mediante piccoli varchi rialzati, riconoscibili in alcune parti discontinue della muratura del fronte Nord. Il porticato contiene a sinistra la porta di accesso, che fu successivamente murata per ricavare un nuovo varco centrale, oggi chiuso ma ancora ben visibile, sormontato dallo stemma dell’Arcivescovo Francone, che presidiò il castello quando questo fu adibito a Seminario, e che in origine era realizzato con stucchi colorati, andati totalmente persi. All’inizio del 1800 il porticato presentava anche gli archi murati e comprendeva a sinistra un corpo di guardia e a destra una piccola prigione. Al centro della Cittadella sono ancora visibili evidenti resti di un’antica cisterna. A sinistra, di fianco all’ingresso originario alla Cittadella, è visibile un piccolo forte staccato dalla fabbrica del Castello, conosciuto come Rivellino, elemento tipico dell’arte militare antica e medioevale. Questo tipo di struttura compare verso la metà del XV secolo e la presenza all’interno della rocca cosentina sembra testimoniata già in un documento del 1540, in cui si legge di una fucina posta alla porta del Castello. Elemento di dichiarata matrice sveva, la torre ottagonale è posta in posizione sud-est. La sua forma, tipica delle costruzioni ordinate da Federico II (una su tutte Castel del Monte ad Andria) racchiude un forte significato simbolico: il numero otto infatti è la figura intermedia tra il quadrato, la terra, ed il cerchio, l’infinità del cielo, e nella cabala è il numero legato all’eternità. Federico II, molto affascinato da questi temi simbolico esoterici, utilizzava nella sue costruzioni anche molta geometria. Spesso infatti le torri assumevano funzione di gnomone, permettevano cioè di individuare l’altezza del sole e quindi segnare le ore. Lo studio di questa antica scienza, e l’applicazione degli schemi costruttivi medioevali, ha permesso a diversi studiosi di avanzare ipotesi sulla originaria altezza della torre, che probabilmente era compresa tra i 18 e i 23 metri. Questo studio avalla la teoria che la torre avesse originariamente almeno due livelli, notizia tra l’altro accertata anche da diverse rappresentazioni della Città e dal ritrovamento di un condotto di scarico proveniente da un piano superiore. È documentato che già nel primo quarto del XIX secolo, il secondo piano non era più presente. La volta, autoportante, realizzata con otto costoloni impostati su piccole mensole, è definita ad ombrello, ed è anche questa tipica delle edificazioni sveve. Particolarità Bruzia è però la calotta schiacciata, con spicchi ribassati, realizzata con grande maestria mediante la sovrapposizione orizzontale di quadrelli. La cisterna di Santa Barbara è la più antica del Castello e alcuni storici la fanno risalire addirittura al periodo romano. Il nome con cui è identificata è probabilmente legato alla presenza di una cappella intitolata proprio a questa Santa e posta in prossimità della cisterna. La cappella, esistente certamente al XV secolo, si dice presente già nell’impianto Svevo. Costruita al tempo di Federico II, la Sala delle Armi si compone di ben sei locali, tutti posti ad est, il cui ingresso originario era collocato centralmente verso il cortile. Il primo ambiente si conserva ancora in buone condizioni per aver mantenuto nel tempo la copertura ed è bene visibile a sinistra un’acquasantiera a parete, che non è da escludere possa essere quella della vecchia cappella del castello. Nel penultimo di questi locali sono presenti le tracce di un camino svevo realizzato in tufo. Nell’ultimo ambiente, al centro, è presente una cisterna sotterranea e a sinistra vi sono tracce di un’antica scala. Con "Sala del Trono" si individuano le sale poste a sud del castello che fanno parte dell’impianto originario Svevo e alle quali si accedeva mediante il portale archiacuto che, per lungo tempo murato, è stato riportato alla sua funzione. Le sale sono tre e sono tutte voltate a crociera con i tipici caratteri delle costruzioni federiciane. Rimaneggiamenti successivi sono comunque testimoniati: ad esempio al periodo angioino si deve la presenza in chiave alla volta dello stemma con i tre gigli di Francia. La luce all’interno si diffonde per la presenza di monofore poste a sud, ma in origine, probabilmente, esisteva anche un’apertura ad ovest, oggi murata. In fondo alla sala, sulla sinistra, era presente la porta di accesso alla torre sud-ovest, le cui tracce sono ancora ben visibili sul paramento murario esterno del Castello. Altri link suggeriti:https://www.youtube.com/watch?v=TXg9hdYAYVg (video di Salvatore Diana), https://www.youtube.com/watch?v=Uh3AkCF6mY4 (video con drone di Francesco Guaglianone), https://www.youtube.com/watch?v=cAI-O5oPTPA (video di Invidiosrl), https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/1800006723CS
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_normanno-svevo_(Cosenza), http://www.castellocosenza.it/mappa-del-castello/, https://www.calabriatours.org/heritage/castello-di-cosenza.html
Foto: la prima è di Giannu su https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_normanno-svevo_(Cosenza)#/media/File:Castello_vista_aerea.jpeg, la seconda è una cartolina della mia collezione
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