venerdì 29 ottobre 2021

Il castello di venerdì 29 ottobre

 


 

CASTELNUOVO BERARDENGA (SI) - Torre di Vitignano

Il borgo di Vitignano sorge attorno all'antica villa della famiglia Mocenni. Interessante è la torre databile a prima del 1000 d.C. e gli uliveti e vigneti circostanti.

Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Vitignano

Foto: entrambe del mio amico (e inviato speciale del blog) Claudio Vagaggini su https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/pcb.10158874745225345/10158874742795345

mercoledì 27 ottobre 2021

Il castello di mercoledì 27 ottobre

 

                                          

CARPINETI (RE) - Torre in frazione Poiago

La località forse può riferirsi al "Pulacum" citato in una carta del 1108. Nel 1115 è denominata "Pulliacum". Nel 1623 era possesso insieme a Piagna del Conte Camillo Seghini di Modena, passò quindi nel 1709 ai Conti Carandini ed infine, elevata a Marchesato, alla Casa Calani di Sarzana, di cui era feudo alla fine del Settecento comprendendo una popolazione di 150 abitanti. All’interno del borgo si sviluppa una piccola corte arricchita dalla significativa casa-torre del XVI sec. e dall’oratorio settecentesco ora interamente ristrutturato. La torre, di particolare pregio architettonico, impostata con una pianta quadrata, si innalza imponente su tre livelli e termina con una colombaia dal cordolo spezzato disposto a dente di sega. Lungo la cornice di gronda si allineano caratteristici fori per i rondoni, che qui nidificano abitualmente, rappresentando per la famiglia un’importante risorsa alimentare. E’ allo studio un progetto che prevede il restauro di questa torre e la sua trasformazione in centro culturale e forestiera. Oggi è sede dell'azienda di servizi alla persona “Don Cavalletti”, unica Asp presente nella montagna reggiana, che ha come riferimento i dieci comuni del distretto sanitario montano.

Fonti: https://www.comune.carpineti.re.it/vivi-carpineti/scopri-carpineti/i-borghi/poiago/, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Emilia/reggioemilia/provincia000.htm#poiago, http://www.4000luoghi.re.it/luoghi/carpineti/poiago.aspx, https://www.redacon.it/2009/11/28/la-don-cavalletti-di-carpineti-ora-ha-un-logo/

Foto: la prima è presa da https://nigelvoak.blogspot.com/2011/04/apennines-architecture.html, la seconda è presa da https://gazzettadireggio.gelocal.it/reggio/cronaca/2016/07/21/news/il-pd-sui-debiti-asp-la-maggioranza-non-ci-ha-coinvolti-1.13854011

lunedì 25 ottobre 2021

Il castello di lunedì 25 ottobre

 



MONTEGROTTO TERME (PD) - Torre di Berta e Castello di Montagnon

Il Castello di Montagnon a Montegrotto Terme, di cui oggi rimangono visibili solo alcuni resti, sorgeva sulla cima del Monte Castello, un’altura conosciuta anche come Colle di Berta, per via della presenza nella stessa di una torre di costruzione simile a un castello ma ricostruita parzialmente nel XIX secolo, la cosiddetta Torre di Berta. Il Castello di Montagnon è invece documentato già nel 1100 e fu costruito su un preesistente edificio di età romana. Le rovine comprendono una cinta sommitale, all’interno della quale si possono osservare una cisterna, le fondazioni di un grande edificio e una seconda difesa collegata alla porta di accesso. Il Castello di Montagnon faceva parte di un “feudum”, come ricorda un documento dell’episcopio di Padova risalente al 1116. La presenza di un feudo rimanda all’esistenza di una “curtis”, quasi a suggerire la “fossilizzazione” ancora in questo periodo di una organizzazione insediativa e produttiva tipica del IX e X secolo. Un documento del 1188 registra la concessione in enfiteusi da parte dell’abate del monastero di San Silvestro di Nonantola (Modena) del castello stesso e delle sue dipendenze ai membri della famiglia dei “da Montagnon”, di origine arimanna e nota fin dal 1038. I Signori da Montagnon svolgevano la funzione di rappresentanti e tutori degli interessi della grande abbazia modenese, che del resto si ritiene attenta a questo settore della pianura veneta sin da età carolingia o ottoniana, se non addirittura longobarda. All’epoca la fortificazione doveva essere strettamente legata al villaggio che si sviluppava ai piedi del Monte Castello. Dalle fonti scritte si evince anche qualche dettaglio in merito alle caratteristiche strutturali del castello: in un documento del 1277 si fa obbligo ai comandanti del presidio di tenere continuamente “tre uomini su ciascuna torre”, ciò che indirettamente ci dice che ne esisteva più di una. Del resto, il castello doveva possedere una notevole capacità di resistenza, se nel 1237 risultò inattaccabile ai ripetuti tentativi di assalto delle pur evolute artiglierie di Ezzelino da Romano: fu solo grazie alle sue complicità politiche che il tiranno riuscì a entrarne in possesso. Venne liberato nel 1256, assieme a Padova e alle altre fortificazioni della zona. Viene descritto come una rocca con tre torri, circondata da una poderosa muraglia. Tutt’intorno, fuori dalle mura, c’erano casupole costruite con legno e paglia in cui vivevano le famiglie della popolazione rurale. In quei secoli dominati dal potere di pochi, molte leggende erano destinate a nascere; una di esse, strettamente legata alla storia, riguardò da vicino Montegrotto.Si tratta della leggenda di Berta, la cui “sentenza” finale è passato ormai il tempo in cui Berta filava, è entrata stabilmente nel linguaggio parlato e titolo di proverbio. Una versione della leggenda vuole che Berta fosse la capostipite della famiglia da Montagnone, ma siamo nel 1084 e documenti precedenti attestano che questa famiglia era già ricca e potente ben prima di quella data. Sappiamo infatti da un documento del 13 marzo 1077 che Rustico da Montagnone versò ai canonici di Padova decime di tre paesi circostanti. Dunque nel 1084 Enrico IV di Franconia e Bertha di Savoia vennero in Italia diretti a Roma per ottenere dal papa la corona imperiale. Durante la sosta di quel lungo viaggio Enrico IV e sua moglie si fermarono a Padova, dove furono accolti e ospitati da un vescovo locale. Ora quella tradizione che abbiamo già detto essere poco precisa vorrebbe che l’incontro fra Bertha, la regina, e un’altra Berta, popolana giovane e bella quanto povera, fosse avvenuto proprio a Padova. La giovane popolana era delle terre dei da Montagnone, borgo fortificato di notevole importanza, come attestano i numerosi documenti del tempo, fedele all’imperatore fino al punto da fornirgli, all’occorrenza, un buon numero di armati da aggiungere a quelli di Padova, dotati di insegne e carroccio. Perché non immaginare allora, anche se la storia non dice chiaramente, che Enrico e Bertha durante il loro soggiorno a Padova non siano venuti a Montegrotto per ricevere l’omaggio dei signori e delle popolazioni locali e per ricambiare con la loro presenza la fedeltà dimostrata? Dunque la corte regale giunse al castello dei signori locali e venne ricevuta con tutti gli onori che le spettavano. Al castello il banchetto era stato preparato con ogni cura: la cacciagione e gli arrosti costituivano il piatto forte del ricevimento. Raniero, l’uomo della giovane Berta, era stato preso dagli uomini del castello perché non aveva potuto dare al suo signore la parte di raccolto spettantegli. Allora questa Berta, abilissima filatrice, si precipitò al castello, sfidando le ire di un ambiente e di uomini che potevano annientarla e riuscì a parlare con Bertha, la regina. Forse l’omonimia l’aiutò, forse l’avvilente matrimonio con Enrico IV la dispose alla comprensione. Così ella chiese alla regina la grazia per Raniero, offrendo tutto quello che aveva e cioè una rocca di filo e Bertha di Savoia si commosse a tal punto da ordinare l’immunità per Raniero e da stabilire che a Berta povera venisse data tanta terra quanta ne poteva essere cinta con il filo portatole in dono. Il filo bastò a cingere il colle che sorge a ridosso del centro di Montegrotto Terme. Su di esso fu eretta una torre detta “di Berta”, tuttora visibile. Venute a conoscenza del nobile gesto, molte altre popolane si precipitarono dalla regina con del filo, ma a tutte Bertha di Savoia rispose che “è finito il tempo in cui Berta filava”, intendendo con ciò che le situazioni favorevoli spesso si verificano una volta sola, e non si può renderle costanti. Il Castello di Montagnon può essere considerato un tipico esempio delle caratteristiche assunte dal processo di incastellamento nel territorio dei Colli Euganei. A differenza che in altri settori dell’Italia settentrionale, i castelli euganei non furono mai villaggi fortificati, ma residenze signorili, più o meno stabili, che fungevano da luoghi di rifugio occasionale per le popolazioni rurali degli insediamenti circostanti. Ogni singolo castello esercitava la propria giurisdizione su un numero di villaggi, noti nella documentazione medievale come “ville”; quella del territorio allora noto come San Pietro Montagnon comprendeva le aree delle attuali Montegrotto, Terradura, San Pelagio e Abano. Alla fine del Medioevo, il castello sul Monte omonimo dovette mutare funzione e caratteristiche: nel codice redatto nel 1433 da Giovan Francesco Capodilista e contenente un repertorio di circa sessanta castelli del territorio di Padova, il “Montagnone” (ovvero il castello di “San Pietro Montagnon”, nome con il quale era allora noto il comprensorio dell’attuale Montegrotto Terme, situato per l’appunto sul Monte Castello) è designato con il termine “fortilitium”, che indica una semplice casa forte rurale. Nel periodo compreso tra il 1675 e il 1685, il sito del castello entrò a fare parte dei possedimenti di Alvise Lucadello, “ragionato ducale”, che con oculate operazioni immobiliari mise assieme una superficie di oltre ottanta campi padovani tra Monte Castello e l’antistante Monte Alto. Il Lucadello sostituì il castello con un Belvedere; in seguito esso passò in eredità a Daniele Dolfin (1654-1729). Altri link suggeriti: https://memolaproject.eu/it/attivita/montagnon, https://tgpadova.telenuovo.it/cultura/2021/04/27/colle-berta-tra-storia-e-leggenda-a-montegrotto, https://www.laleggendadiberta.it/video-gallery/

Fonti: https://www.visitabanomontegrotto.com/territorio/castelli/castello-di-montagnon-montegrotto-terme/, https://laleggendadiberta.wordpress.com/2018/03/29/montegrotto-terme-storia-e-leggenda-6/, https://www.bertha.it/maglificio/la-leggenda-di-berta/

Foto: la prima è presa da https://www.laleggendadiberta.it/foto-gallery/, mentre le altre due sono entrambe prese da https://www.facebook.com/La-Torre-di-Berta-621401011209746/photos/621401621209685

sabato 23 ottobre 2021

Il castello di sabato 23 ottobre



SANT'AGATA DE' GOTI (BN) - Castello Ducale

L'edificio risale all'epoca alto-medievale. Nel periodo del Regno ostrogoto, formatosi in Italia dopo la Caduta dell'impero romano d'Occidente, quando gli Ostrogoti avevano invaso la penisola italiana, venne costruita una prima fortificazione nei pressi di Saticula, antico centro sannitico. Verso la metà dell'VIII secolo, all'epoca del dominio longobardo, il castello venne scelto dai principi di Benevento come sede di una contea. Dopo l'anno 1000, i normanni Drengot, divenuti beneficiari del feudo, trasformarono la città e la rudimentale torre longobarda in un "fortellicium", ossia un vero e proprio castello in pietra di tufo vicino alla porta sud rafforzato mediante contrafforti e torri di avvistamento; Roberto Drengot, conte di Alife, Caiazzo, Airola e Sant'Agata de' Goti, stabilì nel castello la sua dimora di fronte alla cappella comitale, ai piedi della quale si vede ancora oggi la cava di fabbrica detta “la fossa”. Pare che in epoca angioina vi fosse ospitata per qualche tempo Giovanna I, regina di Napoli e di Provenza, protettrice dei feudatari Artus (Artois), di stirpe cadetta, provenienti da quella terra. Dopo il 1400, estinti gli Artus, il castello fu abitato alternativamente dai De la Rath, dai Cossa, e dagli Acquaviva. Nel Cinquecento, allo scopo di rafforzare la difesa verso est, fu realizzata una nuova torre circolare usata come prigione fino ai tempi moderni. La superficie su cui si estende il castello è pari a più di 3000 metri quadrati: a ridosso della porta sud (attuale piazza Tiziano Della Ratta) doveva essere lo spazio riservato all'addestramento equestre e alla preparazione dei soldati, poi trasformato in piazza del mercato, oggi utilizzato come parcheggio. Nel 1696 la famiglia Carafa della Stadera di Maddaloni acquisì il castello, già molto rimaneggiato, come premio del re per la fedeltà e la lealtà dimostrata nel tempo: ai Carafa, famiglia napoletana nata nel Trecento, suddivisa in varie discendenze in base ad attività e fortune, era infatti assegnato da secoli il compito di proteggere e controllare i più importanti snodi viari dell'odierna Campania. Fu Domenico Marzio Carafa, duca di Maddaloni, ad acquisire il castello di Sant'Agata alla fine del Seicento; egli non ebbe molto tempo per abitarlo, poiché morì nel 1703. Il castello di Sant'Agata fu assegnato alla figlia di Domenico Marzio, la duchessa Caterina Carafa della Stadera di Maddaloni sposata con Domenico Carafa principe di Colubrano, poco più che ventenne: la coppia decise di abitare presso il feudo poiché alcune sale del castello riportano testimonianza di un rinnovamento che mai sarebbe avvenuto in una dimora non abitata. Fanno parte delle decorazioni gli affreschi a immagini cosiddette "grottesche" della sala al primo piano dove il pittore Tommaso Giaquinto realizzò agli inizi del Settecento una scena raffigurante Diana e Atteone. Nell'Ottocento il castello fu ceduto di volta in volta a famiglie patrizie locali e al Comune, determinando una frammentazione delle proprietà e delle funzioni, messa in risalto dal restauro degli anni Ottanta. Il castello conserva traccia delle origini normanne nelle torri quadrangolari, ancora oggi evidenti, e negli ambienti del piano terra, mentre all'esterno è evidente il corpo aggettante aggiunto nell'Ottocento, con una serie di botteghe. Nella corte interna si ammirano ancora i bellissimi decori murali a motivi geometrici quattrocenteschi e le modifiche cinquecentesche, realizzati per trasformare la fortezza in residenza nobiliare di prestigio. Il castello normanno si affaccia di fronte alla chiesa di Santo Menna con un arco rustico a tutto sesto, che immette in un primo cortile nel quale, in perfetta corrispondenza assiale, si prospetta l'ingresso, anch'esso a tutto sesto, sovrastato da uno stemma e coperto da volte a crocevia. Attraverso questo si accede ad un secondo cortile: un perfetto rettangolo ad interessanti effetti come si legge nel portale catalano, al di sopra del quale si vede un arco impostato su mensole. Nella parte orientale il castello era collegato con un grande parco, che ancora oggi conserva tale nome; esso era sovrastato dalla collina della "Guardia". Delle antiche quattro torri ne rimane una sola, che in passato è stata utilizzata come carcere.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_ducale_di_Sant%27Agata_de%27_Goti, https://www.e-borghi.com/it/sc/benevento-sant'agata%20de'%20goti/2-castelli-chiese-monumenti-musei/838/castello-ducale.html, http://www.santagatadegoti.net/turismo/guida/i_castel.htm

Foto: la prima è presa da https://www.e-borghi.com/it/sc/benevento-sant'agata%20de'%20goti/2-castelli-chiese-monumenti-musei/838/castello-ducale.html, la seconda è presa da https://www.ilborghista.it/dettaglio-da-fare-castello-ducale-sant-agata-de--goti-bn-340

giovedì 21 ottobre 2021

Il castello di venerdì 22 ottobre


 
VECCHIANO (PI) - Castellaccio di Filettole

Sorto attorno al XII secolo, era originariamente il monastero fortificato di Santa Viviana. Tra il XIII e il XIV secolo fu ripetutamente assediato, ma senza capitolare. Nel Trecento i Pisani lo rimaneggiarono come palazzo munito di torri. Dal 1388 vi abitò l'arcivescovo di Pisa Lotto Gambacorti, che vi teneva una piccola corte più mondana che religiosa. Con la resa di Pisa e Firenze, nel 1406, la famiglia Gambacorti che governava la città marinara abbandonò tutti i suoi possedimenti: posteriormente a quella vicenda il palazzo assunse il nome di "Castellaccio". Fu di proprietà dell'arcivescovado fino alla fine del XVII secolo, passando poi a varie famiglie toscane, che lo ristrutturarono pur senza cancellare le tracce del passato. L'aspetto odierno è frutto soprattutto dei lavori settecenteschi. Alla fine del XIX secolo risalgono la costruzione del solaio in quella che era la navata della chiesa del monastero e la decorazione ad affresco di molti ambienti. Esternamente il castello è circondato da un bel parco popolato da una bella vegetazione composta per lo più da cipressi ed ulivi. Gli interni dell'edificio si caratterizzano per gli ampi spazi raffinati ed eleganti che conservano ricchi arredi, opere d’arte e meravigliose decorazioni. Con i suoi grandi saloni affrescati il Castellaccio è la location ideale per matrimoni ed eventi. Link di approfondimento:http://www.lavocedelserchio.it/vediarticolo.php?id=24885&page=0&t_a=il-castellaccio-di-filettoledi-robinson, https://www.facebook.com/ilcastellacciodifilettole/ (con foto e video), https://www.youtube.com/watch?v=JCrIJ6ip0GI (video di Coldwell Banker)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castellaccio_di_Filettole, https://www.villas.homesinflorence.it/properties/castellaccio-di-filettole/,https://www.tuscanysweetlife.com/item/castellaccio-filettole/

Foto: la prima è presa da https://www.wikicasa.it/vendita-ville/vecchiano/?, la seconda è presa da https://www.geocaching.com/geocache/GC7HR0N_castellaccio-di-filettole?guid=0324486e-1148-45fe-a955-2a4d1b197423

Il castello di giovedì 21 ottobre

 


OSIMO (AN) - Palombara Cola in frazione Passatempo

Gli storici sono ormai concordi nel ritenere la Palombara come derivazione delle “case-forti” costruite in gran numero tra il XII e il XIII secolo in tutta l’Italia centro-settentrionale. Queste strutture fortificate venivano utilizzate come deposito dei cereali in difesa dalle frequenti scorribande di bande di ladri o soldati di passaggio. Successivamente vennero trasformate in allevamento di colombi, sia per la pregiata carne che per l’ottimo fertilizzante. Un notevole incremento di questi edifici campestri si ebbe tra il Cinquecento e il Seicento, mentre verso la fine del Settecento si assistette a un progressivo abbandono delle palombare. La Palombara di via Cola è attualmente l’unico esemplare rimasto nel Comune di Osimo. La proprietà di questo edificio è del seminario diocesano di Osimo per effetto della donazione fatta dalla Contessa Ida Fregonara Gallo.

Fonte: http://www.luoghidelsilenzio.it/marche/07_castelli/01_ancona/00032/index.htm

Foto: https://www.iluoghidelsilenzio.it/palombara-cola-osimo-an/


mercoledì 20 ottobre 2021

Il castello di mercoledì 20 ottobre



BOVALINO (RC) - Castello

Il castello, sito a Bovalino Superiore, costruito agli inizi del periodo normanno (1100 circa) su volere del Gran Conte Ruggero I d'Altavilla, faceva parte di un sistema difensivo di 17 castelli reali. In passato era un maestoso castello reale per l'amministrazione del territorio e venne affidato alla famiglia Conclubet, signori d'Arena, di Stilo e di Gerace. Il primo feudatario fu Fulcone Ruffo, a questi seguirono: Caracciolo, De Pol, Centelles, Pignatelli, Gagliardi, Marullo, Galeota, Loffredo, Orsini, Vitale, Del Negro, Spinelli, Caracciolo, ed infine i Pescara Diano i quali conservarono il feudo fino all'eversione della feudalità (1806). Danneggiato dal terremoto del 1222, venne restaurato successivamente nel 1276, su ordine di Carlo I d'Angiò. Nel corso del XIII secolo il castello subì diversi assedi, come nel 1256, quando Manfredi assediò Fulcone I Ruffo, signore di Bovalino, che gli si era ribellato, scacciandolo dopo due anni di assedio, mentre nel 1288 anche Giacomo II di Aragona, re di Sicilia, fece assediare il castello di Bovalino, poiché i Ruffo parteggiavano per gli Angioini. Dopo i diversi attacchi turchi, la cittadella militare bovalinese fu racchiusa da alte mura, con due torri ai lati delle porte d’accesso: “Porta di San Michele” e “Porta della Terra”, entrambe occupate da soldati armati. Nel 1502 il comandante aragonese don Hugo de Moncada si ritirò nel castello di Bovalino, essendo inseguito dalle truppe francesi del generale Bérault Stuart d'Aubigny, conestabile di Francia, che lo costrinse a evacuare verso Gerace. Nel 1594, durante il dominio di Sigismondo Loffredo, la cittadella venne attaccata dai Turchi di Sinan Pascià, che razziarono e devastarono il paese dopo aver espugnato il castello. Questo fu nuovamente danneggiato e ristrutturato dopo il terremoto del 1783, mentre, verso la fine del XIX, per testamento del proprietario, Giovanni Ruffo, il castello venne ristrutturato per creare un ospizio di mendicità, parzialmente crollato a causa del terremoto di Messina del 1908. Da allora il castello fu in parte venduto a privati, mentre negli anni Cinquanta venne tagliato in due per realizzare la strada comunale che conduce al borgo medievale. I suoi resti sono di grande interesse in quanto testimoniano l’evoluzione dell’architettura fortificata nel '400 e nel '500. Presenta pianta quadrangolare con fossato, ponte levatoio e bastioni triangolari agli angoli, ambienti coperti a volta disposti su più livelli intorno ad un cortile centrale e una cisterna lungo le cortine murarie. Il Castello è oggi in fase avanzata di ristrutturazione ed i lavori dovrebbero essere completati a breve (a tal riguardo si può leggere questo articolo https://www.infooggi.it/articolo/la-valorizzazione-del-castello-di-bovalino-superiore-e-ormai-realta/116931). Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=oc9q_1tUEzY (video di amazing kalabria), https://www.youtube.com/watch?v=C7Imk1bI_Vo (video di Giovanni Tomarchio), https://m.facebook.com/MagnaGreciaMegaleHellas/photos/a.361091890656587/461740823925026/?type=3

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Bovalino#Monumenti_e_luoghi_d'interesse, http://www.comune.bovalino.rc.it/index.php?action=index&p=85, https://www.fondoambiente.it/luoghi/castello-bovalino, https://viaggiart.com/bovalino

Foto: la prima è presa da https://m.facebook.com/MagnaGreciaMegaleHellas/photos/a.361091890656587/461740823925026/?type=3, la seconda è di COM:TROS su https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Castello_di_Bovalino_superiore.jpg

venerdì 15 ottobre 2021

Il castello di venerdì 15 ottobre

 

                                       

UMBERTIDE (PG) - Castello di Migianella dei Marchesi

La costruzione della fortezza, munita di torri e bastioni, si fa risalire alla prima metà del XIII secolo ad opera dei marchesi del Monte anche se un arcone di grosse pietre, rimasto a testimonianza del suo antico passato, potrebbe far risalire la località a tempi ancora più antichi. La posizione confinante con la Toscana ne fece una base strategica di controllo esponendola, però, alle ritorsioni nemiche tanto da essere più volte devastata. Nel "Liber impositionis bladi" del 1260 appare come castrum, mentre nel censimento del 1282 è detto villa, probabilmente a causa di gravi danni subiti da attacchi nemici. Considerato di grande importanza militare da parte di Perugia - dipendente dal contado di porta S. Angelo - nel 1350 fu cinto di mura e fortificato. Nel Quattrocento era un importante nodo viario che dalle Romagne permetteva un flusso commerciale di bestiame, derrate alimentari, lana e zafferano verso l’Umbria, tanto che in un atto notarile figurava tra le comunità soggette al mantenimento delle strade. Nel 1408, 1415 e 1444, Perugia concesse contributi ed esenzioni fiscali agli abitanti impegnati a ricostruire e a consolidare le strutture difensive del castello. Ciò comportò un incremento demografico notevole che passò dalle 29 famiglie - tra armati e contadini - del 1438 alle 35 del 1456. Nel 1426 il castello apparteneva a Ruggero d’Antognolla († 1433), luogotenente di Niccolò Fortebracci, che per i servizi resi al papato era stato investito di vasti possedimenti compresi tra Umbertide e Città di Castello tra cui Antognolla, Canneto, Capocavallo, Umbertide, Migianella, Monte Corona, Pantano, Santa Maria di Cenerente, San Martino in Campo e Valenzina, tanto per citare quelli più estesi. Nel 1469 il castello versava in grave degrado tanto da essere definito semplicemente locus. Nel 1478 subì l’incursione delle milizie di Lorenzo de’ Medici decise a vendicare, a causa della “congiura dei Pazzi” l’uccisione di Giuliano de’ Medici, voluta da Sisto IV. I fiorentini saccheggiarono i territori papali di confine e Migianella fu diroccata, «i suoi abitanti fatti prigionieri trucidati barbaramente vecchi inermi e venerandi e sgozzati persino i teneri lattanti nelle misere loro cune!» (Bruno Porrozzi). Nel 1482 Perugia intervenne con ulteriori stanziamenti per ricostruirlo ed i lavori furono portati a termine prima del 1495 poiché nel censimento era definito castrum abitato da ben 43 famiglie, pari a circa 215 abitanti. Nei pressi del castello esistevano diverse chiese più volte citate nei documenti notarili. S. Andrea posta in distructu Megianelle Marchionum (1489), accatastata per 26 libre e 5 soldi; S. Angelo, costruita nel Trecento, dipendente nel 1493 dalla pieve di Marciano, posta in castro Megianelle Marchionum; S. Lorenzo, citata nel 1489 de castro Megiane Marchionum, e S. Stefano districtus Megiane Marchionum. La località ospitava anche un convento abitato dai Padri di San Bernardo o Cistercensi che fungeva da casa madre, con annesso un molino da olio, simile a quello che i monaci avevano nell’altro convento ubicato nei pressi delle civiche mura. Nel 1643 si accamparono nei pressi del castello 500 fanti toscani durante la Guerra Barberina (1641-1644); le cronache riportano che «i soldati fiorentini, arrivati improvvisamente a Migianella... giunsero al sacrilego ardimento di tagliare la Sacra Pisside e, trovatola, di rame dorato, la scagliarono rapidamente per la Chiesa, disperdendone così le Sacre Particole» (Bruno Porrozzi). In effetti le forze messe in campo dal granduca di Toscana contro Urbano VIII (1623-1644) erano ingenti, circa 8.000 uomini, i quali attraversando il territorio umbro abbatterono ogni forma di resistenza, lasciandosi andare a saccheggi e torture. Nella zone gravitavano diversi molini. Il molino dei Cistercensi nel 1757 fu affittato, tramite rogito del notaio romano Placido Gaudenzi, ai fratelli Antonio e don Romualdo Agostini di Fratta ma a fine secolo fu affidato in gestione a Ubaldo Cambiotti il quale, insieme alla famiglia, gestiva anche gli altri molini di Monte Migiano e Serra Partucci. Nel 1822, oltre alle guardie pubbliche, i ricchi possidenti della zona assoldarono dei propri “sgherri” allo scopo di tenete sotto controllo le tenute e il bestiame. A Migianella fu assunto tale Antonio Tofi. Nel 1889 la località fu dotata di un proprio cimitero. Da Migianella presero origine le famiglie Cattaponi e Milleri. Dalla fine dell’Ottocento il castello e tutta la proprietà di 150 ettari è appartenuta a Carlo Viglino, originario di Alba, industriale del tabacco, proprietario di possedimenti anche nel viterbese. Oggi ne è proprietaria la figlia che ne ha curato amorevolmente il restauro. Dalla strada che sale verso Migianella si scorge subito la parte sud-est dell’insediamento e si nota una frazione delle alte mura di cinta ancora stabili che si chiudono all’angolo con un torrione semi-rettangolare pressoché integro. Da qua un viottolo sale verso un’apertura delle mura che probabilmente era l’entrata posteriore del castrum. Da qui ci si immette immediatamente nell’ampia corte: si incontra una prima casa rurale nella zona più centrale, forse appartenente alla fase più recente di costruzione (per un diffuso utilizzo della muratura) con evidente recupero del basamento antico leggermente in aggetto. Il nucleo abitato si presenta ora costituito da cinque case, due in un unico corpo, e dalla chiesa con il campanile annesso e ora pericolante. che mostra, però, il rifacimento del coronamento con mattoncini e arcate al posto di un precedente tetto a spiovente successivo alla fondazione originaria. L’interno del primo edificio mostra chiaramente l’impiego degli spazi tipico delle case rurali, cantina, erbaio, stalla tutti al primo piano, sulle cui mura si scorge una interessante epigrafe di pietra incisa e datata A. D. 1769 con le iniziali G. (oppure C, la lettera è corrotta) M. F. F.. Di fronte alla prima casa se ne trova una seconda ampia, collegata tramite un ballatoio in muratura al piano superiore e una terza posta di fronte, che ospita la chiesa di Sant’Angelo con il campanile. È probabile che il ballatoio sia un tardo rifacimento di una preesistente struttura in legno. Sotto il ballatoio insiste una stretta via che permette il passaggio centrale tra le facciate laterali delle abitazioni: due case rurali a sinistra, la chiesa con caratteri barocchi che è in disuso e un’altra casa colonica. Seguendo la piccola strada che conduce verso ovest, si arriva nel largo spiazzo retrostante gli edifici, consistente nell’ingresso principale dell’insediamento con a sinistra il portale di entrata e a destra una zona verde, che conduce a una piccola abitazione dietro la chiesa. Questa parte del castrum è molto suggestiva presentando un portale d’entrata sovrastato da un arco a sesto ribassato, che la tradizione vuole ricondurre a una matrice etrusca; sicuramente l’arco é piuttosto antico, realizzato con rocce sedimentarie. Sembra infatti che da un lato sia sospeso e dall’altro conficcato nelle mura di cinta, in realtà è sorretto da due grossi muretti a secco di pietre arenarie di ampio spessore. Attraversando l’arco in direzione sud, si passa proprio sotto la cortina muraria ripercorrendo evidentemente il tracciato, forse quello originario, del fossato, mentre la parte nord del castrum presenta mura perimetrali più basse rispetto al livello di quelle ovest, quasi scese sotto il piano di calpestio. Migianella è costruita su uno scoglio roccioso, le stesse fondamenta ben visibili nel lato sudest vi poggiano sopra e sono ricavate dalla pietra che mostra la sua originale frastagliatura (fig. VII.5). Le mura corrono tutte intorno al castello. E’ evidente che le trasformazioni apportate all’insediamento nel tempo possano averne variato l’andamento, causandone un rimaneggiamento nel segmento circolare che, con andamento ovest-nord, parte dall’arco fino alla porta di entrata secondaria. Sotto questa zona si apre infatti un ripido pendio che costituiva un valido ostacolo naturale alla presa del castrum. La cinta muraria nella parte basamentale evidenza un modesto aggetto che, unitamente alla pietra sporgente da cui si staglia la fortificazione, rappresentava una barriera per gli attacchi nemici. Come tutti i castelli che si rispettano, anche intorno a Migianella dei Marchesi aleggiano storie e leggende, come quella del cavaliere che in sella al suo destriero galoppa al tramonto svanendo tra olivi secolari, o il favoloso tesoro di monete d’oro trafugato in un tempo non così lontano….. Piccoli cunicoli ricoperti da muschi e capelvenere fanno pensare a passaggi segreti, pertugi angusti che ricordano il suo fiero passato di roccaforte. Oltre all’ampia corte interna, sorprende il visitatore un angolo incantato che come un giardino segreto protetto dalle antiche mura, si rivolge verso il maestoso Monte Acuto. Altri link: https://www.youtube.com/watch?v=kX-WzXhKv9Q (video di Migianella dei Marchesi), https://www.facebook.com/migianella.deimarchesi

Fonti: scheda di Daniele Amoni su https://www.mondimedievali.net/Castelli/Umbria/perugia/migianella.htm, http://migianelladeimarchesi.altervista.org/blog/, https://www.umbertidestoria.net/incastellamento-e-signorie-rurali (da visitare per approfondimento)

Foto: la prima è presa da http://migianelladeimarchesi.altervista.org/blog/, la seconda è presa da https://it.worldorgs.com/Catalogare/umbertide/castello/migianella-dei-marchesi

mercoledì 13 ottobre 2021

Il castello di mercoledì 13 ottobre



AIDONE (EN) - Castello Arabo-normanno (o Castellaccio)

Si trova ubicato alla periferia nord del centro abitato su di un altopiano a quota 889 metri s.l.m., al termine della via Castello, a dominio della vallata del Gornalunga. Il sito del castello si trova in posizione elevata rispetto all'abitato che si è sviluppato in direzione sud nell'area sottostante; le caratteristiche orografiche della località hanno fatto si che il castello rimanesse in una posizione distaccata e distinta dal resto dell'abitato. Dall'altura su cui si ergeva è possibile abbracciare la panoramica circostante a 360°: dal castello si controllava visivamente, quindi, una vasta porzione di territorio. Faceva probabilmente parte di una rete di fuochi di avvistamento con i castelli di Enna, Agira, Pietratagliata e altri. La costruzione risalirebbe all’ XI secolo e venne ulteriormente fortificata dal Conte Enrico Rosso senior nel 1351 per contrastare sulla piana di Catania il nemico Artale Alagona. Il castello era un baluardo sicuro per i baroni signori di Aidone, tanto che era inespugnabile e vi si poteva accedere solamente dall’antica strada posta a mezzogiorno. Nel 1396 ospitò la regina Maria e il marito, Martino il Giovane e, nel maggio dell'anno 1411, la regina Bianca di Navarra, vedova del re Martino il Giovane, che vi soggiornò a lungo protetta dal Protonotaro del Regno Bartolomeo Gioeni, Barone di Aidone e dal figlio Perrone. Quando questo maniero venne attaccato dalle truppe di Roberto d’ Angiò con il tradimento del capitano Giovenco degli Uberti fu possibile espugnarlo e perfino il Re Federico III dovette usare delle macchine di guerra per porre l’assedio alle truppe angioine. Ben poco rimane del complesso che certamente doveva occupare una superficie alquanto vasta, come mostrano i tratti di muratura emergenti lungo la strada di circonvallazione del sito. In direzione est rimane una porzione di muro con un varco d'ingresso, mentre una quantità più consistente di muratura, ridotta a cumulo di rovine, è lo scenario che si presenta al visitatore che raggiunge il sito dall'attuale Salita Castello. Singolare è la disposizione di tali resti che presentano la rotazione di circa 90° di una porzione di muro: dalla disposizione di tali ruderi si può evincere che il castello venne distrutto molto probabilmente da un evento catastrofico, verosimilmente il terremoto del 1693. La muratura è del tipo "a sacco" con due paramenti murari in conci con ricorsi regolari; tra i pochi resti rimangono delle porzioni d'angolo dove si osserva l'impiego di pietrame squadrato a definizione del cantonale.Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=e3egH0g4oaY (video di Urbex Sicilia Abbandonata), https://www.siciliafotografica.it/gallery/index.php?/category/458, https://www.youtube.com/watch?v=4Jfc5DhLvsw (video di I.C. PRODUZIONI AUDIO VIDEO), https://www.youtube.com/watch?v=b8H60V6yIQU (video di shark94015)

Fonti: https://www.icastelli.it/it/sicilia/enna/aidone/castello-di-aidone, https://www.prolocoaidone.it/i-castelli/, https://www.comune.aidone.en.it/index.php/cenni-storici, https://www.e-borghi.com/it/sc/enna-aidone/2-castelli-chiese-monumenti-musei/953/castellaccio.html

Foto: la prima è presa da https://www.icastelli.it/it/sicilia/enna/aidone/castello-di-aidone, la seconda è di Vincenzo Capasso su http://rete.comuni-italiani.it/wiki/File:Aidone_-_Il_Castellaccio_-_Ruderi.jpg

martedì 12 ottobre 2021

Il castello di martedì 12 ottobre

 



SALICETO (CN) - Castello Del Carretto

L'esistenza di un nucleo abitato sopra la collina, detta della Rosa, è documentata prima del X secolo, suddiviso in Borgovero e Borgoforte, entrambi abbattuti dai saraceni durante una scorreria a metà X secolo. La prima citazione di un castello in Saliceto risale al 1142, nell’atto d’assegnazione di un ampio territorio a Ugo, uno dei figli di Bonifacio del Vasto. Appartenne prima al vescovo di Savona, poi al comune di Asti e dal 1251 ai Del Carretto (allora probabili promotori della ricostruzione del maniero, con le sue mura poderose, le massicce torri d’angolo, con fossati difensivi e, per accesso, solo un ponte levatoio). A successivi rami del casato marchionale Del Carretto il castello rimase sino al 1583, quando morì l’ultimo discendente Alfonso II. Passato al Ducato di Savoia, venne assegnato a diversi titolati tra cui la famiglia Damiani di Priocca. Ora la poderosa dimora signorile, è divenuta proprietà comunale. La stampa ottocentesca del Gonin ci rende in modo mirabile l'imponente massa del Castello di Saliceto (costruito tra il XII e il XIII secolo) di pianta quadrata, rinforzata da tre torri agli angoli. Una quarta torre, fu rovinata ed abbattuta durante l'assedio spagnolo del 1639. Nello stesso assedio un cecchino salicetese, appostato sul campanile, uccise con un colpo di moschetto alla testa Don Martino D'Aragona, comandante delle truppe spagnole, che la tradizione vuole sepolto nel Monastero di Millesimo. Per vendetta, gli iberici rasero al suolo la costruzione. Restaurato per l'ennesima volta dai Del Carretto, nel 1796 Napoleone vi insediò il quartier generale per qualche tempo. La struttura attuale dell’edificio è il risultato di successive trasformazioni e ricostruzioni che hanno tuttavia mantenuto alcuni caratteri tipici delle architetture fortificate presentandosi come un vasto blocco trapezoidale con tre torri quadrangolari sugli spigoli e l' inserimento di una quarta torre, esternamente in legno per accordarsi con l' architettura dell' edificio. Fondato come fortilizio, ad uso esclusivamente militare e non residenziale, il castello era anticamente cinto da un fossato (di cui permangono intatte le tracce) ed era accessibile tramite un ponte levatoio, poi rimosso e sostituito da una rampa in muratura di pietra e mattoni che si conclude con un ponticello fisso che conduce all’imponente portale di accesso. Il lato di ponente del castello presenta evidenti tracce gotiche. Il loggiato interno è rinascimentale. Il cortile interno forse era collegato con le sottostanti scuderie tramite uno scalone, di cui rimangono pochi scalini tagliati dalla attuale volta a botte che copre il grande vano del piano terra. All’interno della torre meridionale sono inoltre ancora visibili le tracce di un antico passaggio, oggi murato, che dovette collegare il castello con la più antica e ormai completamente diroccata fortificazione, sita sulla collina Margarita. Nella zona aperta sul cortile interno, si trovano infine i resti di una piccola cappella affrescata, di particolare pregio storico e artistico. Gli affreschi che decorano questo piccolo spazio rappresentano una natività con bambino riposto non nella classica mangiatoia, ma in un piccolo letto. In cima, l' annunciazione degli Angeli ai pastori. Nella parete opposta si apre invece una porta, attraverso cui si accede alla “sala delle armi”, con affreschi della "Sala delle armi" propongono scene della vita di Cristo. A sinistra della parete di fondo si apre una nicchia piuttosto profonda dove, recentemente, sono state scoperte altre pitture: colpisce un raffinatissimo sistema floreale di tralci di vite attorno all' affresco centrale e la simbologia della stella di Davide. Due immagini di donna (le probabili sibille leonardesche) inserite in un gioco di semicerchi e triangolo, sotto alle quali vi è lo stemma dei Del Carretto, sono collegate all' Agnus Dei che versa il suo sangue nella coppa del Santo Graal, a cui è sovrapposta una grande croce gemmata, sotto questi, lo stemma carrettesco, a confermare l’onnipresenza del potere dei marchesi, fautori di questa piccola, ma pregiata, impresa decorativa. L’analisi stilistica e iconografica di questo piccolo ciclo, caso unico nell’area valbormidese, ha portato alla sua datazione all’ultimo decennio del 1300. Vi è, per gli studiosi che hanno esaminato il ciclo, l’intervento di un maestro dalle qualità tutt’altro che mediocri, in grado di maturare e personalizzare le esperienze artistiche maturate ad Assisi e, nell’ambito giottesco, probabilmente il senese Taddeo di Bartolo. Le sale interne al piano superiore sono state da poco ristrutturate e presentano un ciclo di affreschi liberty dell' 800 o primo 900. Altri link per approfondimento: https://www.ledimoredelquartetto.eu/portfolio/castello-di-saliceto-saliceto-cn/, http://www.turismoinlanga.it/it/castello-di-saliceto/, https://www.youtube.com/watch?v=iQkLFMZhUqQ (video di Annifrid Elle), https://www.youtube.com/watch?v=Em9PwSFwBik (video di ADMNetworkTV)

Fonti: http://www.comune.saliceto.cn.it/Home/Guida-al-paese?IDPagina=31341, https://www.castelliaperti.it/it/strutture/lista/item/castello-di-saliceto.html,http://archeocarta.org/saliceto-cn-castello-e-cappella/

Foto: la prima è presa da https://www.ledimoredelquartetto.eu/portfolio/castello-di-saliceto-saliceto-cn/, la seconda è una cartolina della mia collezione

lunedì 11 ottobre 2021

Il castello di lunedì 11 ottobre

                                        

                                       

LASTRA A SIGNA (FI) - Recinto murario in frazione Malmantile

Il piccolo borgo è sorto probabilmente come avamposto militare lungo la via tra Firenze e Pisa, sviluppatosi in seguito sede di un insediamento civile. Il toponimo significa letteralmente "cattiva tovaglia", intesa come "cattiva accoglienza", e la sua origine è riportata nella "Leggenda aurea" di Jacopo da Varagine come derivante da un episodio avvenuto nel IV secolo, all'epoca della visita a Firenze del vescovo di Milano sant'Ambrogio e del suo incontro con san Zanobi, vescovo di Firenze, nel punto ancora oggi segnato da un tabernacolo commemorativo. I due santi furono ospitati in un casolare della zona, ma la cattiva accoglienza fece maledire il casale che sarebbe sprofondato in un crepaccio. La cerchia tardo gotica del paese risale al 1424 ed è uno dei primi esempi di cinta munita di apparato a sporgere, per tutto il secolo successivo il tipo più usato in Toscana. Pare che anche il Brunelleschi (attivo contemporaneamente anche alle vicine mura di Signa e di Lastra a Signa) abbia supervisionato la loro costruzione. Il presidio, lodato per la sua posizione da molti strateghi militari - nel settembre del 1869, venne inscenata una finta battaglia tra gli ufficiali artiglieri di Nino Bixio e Cadorna, attestati gli uni a Malmantile, gli altri a Montelupo - perse d'importanza dopo che Pisa venne assoggettata alla città del giglio e soprattutto dopo che venne aperta la strada tra Porto di Mezzo e Montelupo nel XVIII secolo, declassando di fatto l’antica via Pisana che passava tra i colli lastrigiani. Nell’Ottocento il borgo, era dominato da alcune potenti famiglie fiorentine tra cui i Frescobaldi. La chiesa della cittadina è chiamata San Piero in Selva e venne fondata nel 1276. La chiesa venne completamente ristrutturata tra il 1955 e il 1956, cercando di restituirle l’originario aspetto medievale e togliendo le sovrastrutture sei-settecentesche che erano state inserite. Le mura di Malmantile hanno un tracciato di 125x70 metri e formano un rettangolo quasi perfetto (col lato lungo parallelo alla strada), orientato con i lati più lunghi a nord-ovest e sud-est e con quelli corti, al centro dei quali si aprono le due porte unite dall'unico asse viario, a nord-est e sud-ovest. Sebbene tutto il perimetro della cerchia in pietrame sfuso sia conservato, poco resta dell'apparato difensivo a sporgere. Questo è formato da beccatelli in pietra del tipo a quattro sporti stondati a supportare gli archetti in laterizio, leggermente acuti, in mattoni. Rispetto alla vicina cerchia di Lastra a Signa qui sono presenti, ad archi alterni, le caditoie per la difesa piombante. La cinta è completata da torri quadrate poste ai quattro angoli più altre due torri rompitratta, più alte e senza fronte interno, poste al centro dei lati maggiori, più grande quella del lato nord-ovest, quello prospicente la strada esterna e anche il meglio conservato in quanto totalmente libero da sovrapposizioni di costruzioni successive. Le due porte, entrambe con arco a tutto sesto, sono ottenute con una proiezione verso l'esterno di un tratto delle mura medesime e dotate di una serie di feritoie su entrambi i lati. Quella verso Firenze bisognosa di restauro con l'arco a rischio di crollo, per la quale nel 2018 è stato approvato l'intervento per il restauro grazie ad una donazione privata. A ovest della porta rivolta verso Pisa (sud-ovest) troviamo l'unico tratto ancora intatto dell'apparato a sporgere, coronato da un parapetto realizzato in pietrame più fine rispetto a quello delle mura. Lungo tutto il perimetro la scarpa si unisce alla parte superiore a piombo senza redondone. A sud della porta e lungo le mura sono in alcuni punti forate dalle finestre delle case addossatevi all'interno. Il lato nord-ovest è internamente libero da costruzioni ma parzialmente coperto da costruzioni sorte esternamente. Altri link suggeriti: https://www.lastraonline.it/p/storia.php?idpag=86, http://www.lastraontour.it/it/mura-di-malmantile/, https://www.borghiditoscana.net/malmantile/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Malmantile, https://it.wikipedia.org/wiki/Mura_di_Malmantile, https://castellitoscani.com/malmantile/, https://www.visittuscany.com/it/attrazioni/il-borgo-di-malmantile/

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è di Aldo Innocenti

venerdì 1 ottobre 2021

Stop alla pubblicazione quotidiana

Cari amici del blog, 

recenti cambiamenti nelle mie abitudini, e nell'organizzazione delle mie giornate, mi hanno tolto tempo e sto avendo difficoltà ad aggiornare il blog con la  solita frequenza giornaliera. Non appena mi sarà possibile tornerò ad occuparmi degli amati castelli di tutta Italia ma non credo che lo farò quotidianamente, per lo meno non subito. Non mi abbandonate, mi raccomando !!

Valentino