lunedì 31 ottobre 2022

Il castello di lunedì 31 ottobre



NOCETO (PR) - Castello in frazione Castelguelfo

La prima fortificazione, probabilmente costituita da un unico torrione difensivo, fu costruita prima del XII secolo a presidio dello strategico guado della via Emilia sul fiume Taro, che nel Medioevo scorreva in prossimità dell'edificio. L'epoca certa della realizzazione risulta ancora ignota, così come non si conosce il primo proprietario dell'edificio. Nel 1189 l'imperatore del Sacro Romano Impero Federico Barbarossa investì il marchese Oberto I Pallavicino del castello di Castelguelfo, noto allora come Burgo Taronis. Nel 1212 il feudo fu acquistato dal vescovo Obizzo Fieschi, al quale succedette nel 1224 il nipote Sinibaldo, futuro papa Innocenzo IV, che ribattezzò il maniero "Torre di Sinibaldo" e lo fece rinforzare, con l'aggiunta di mura e torri difensive. Nel 1312, durante gli scontri tra guelfi e ghibellini, i rossiani conquistarono il forte e lo affidarono a Gherardo da San Michele, utilizzandolo come carcere per una cinquantina di guelfi, in parte parenti e amici di Giberto III da Correggio; quest'ultimo tentò di riscattare la loro liberazione, ma vari prigionieri furono lasciati morire di stenti; l'anno seguente Gherardo, temendo la reazione di Giberto e forse mosso a pietà, cedette il castello al Correggese, che lo fece completamente radere al suolo nel 1314. Nel 1397 Guido da Correggio, dopo sette anni di prigionia per aver tramato contro il duca Gian Galeazzo Visconti, fu da questi rilasciato in cambio della promessa di fedeltà, ma non appena libero si alleò coi nemici del milanese; il Visconti, per vendetta, tolse al suo congiunto Antonio da Correggio il fortilizio nel frattempo ricostruito e lo assegnò al marchese Niccolò Pallavicino. Quest'ultimo fu assassinato nel 1401 nel castello di Bargone e gli succedette il figlio naturale Rolando il Magnifico, che fece ricostruire e notevolmente rinforzare il maniero, rinominato allora "Torre Orlando" o "Torre dei Marchesi". Tuttavia, già nel 1407 il guelfo Ottobuono de' Terzi attaccò il fortilizio, impadronendosene; per sottolineare ulteriormente la sconfitta degli avversi ghibellini, ribattezzò il castello Castrum Guelphum, ossia Castelguelfo, ristrutturò le mura e sostituì le aquile dipinte sui merli con i gigli. Nel 1409, in seguito all'assassinio di Ottobuono e alla cattura di Giovanni, il fratello Giacomo Terzi, che aveva trovato rifugio nel maniero, scappò a Borgo San Donnino e poi a Fiorenzuola, ove fu catturato e ucciso; il castello di Castelguelfo fu quindi assediato e occupato da Alberto Scotti. L'anno seguente Orlando Pallavicino rapì il vescovo di Piacenza Branda Castiglioni e lo liberò dietro il pagamento di un riscatto in denaro, che nelle intenzioni gli sarebbe dovuto servire per attaccare il maniero; tuttavia, nel mese di aprile il capitano Ferro da San Felice, che già aveva tentato un assalto l'anno precedente, espugnò il castello per conto del marchese di Ferrara Niccolò III d'Este, che nel 1416 incaricò Uguccione dei Contrari di consegnarlo a Gian Martino Sanvitale, come ricompensa per la perdita della rocca di Noceto. Nel 1421 il duca di Milano Filippo Maria Visconti, nuovo Signore di Parma, ordinò al podestà di Parma di prendere possesso in suo nome del castello, conteso da Rolando il Magnifico, da Niccolò Terzi e dal Comune di Parma; l'anno seguente il Visconti fece rifornire di munizioni la rocca e nel 1427 riassegnò il feudo al Pallavicino, che ne fu riconfermato nel 1432. Nel 1441 Niccolò Piccinino convinse il duca Filippo Maria del tradimento da parte del marchese Orlando e si fece incaricare di conquistarne lo Stato Pallavicino; attaccato su più fronti, il Pallavicino fu costretto alla fuga e tutti i suoi feudi furono incamerati dal Duca. Nel 1445 il Marchese diede prova di lealtà al Visconti, che acconsentì alla restituzione di quasi tutte le terre confiscate, a eccezione di Monticelli d'Ongina e alcuni altri feudi donati al Piccinino. Nel 1448, durante uno scontro, Rolando e il figlio Oberto furono catturati per qualche tempo da Francesco Piccinino e il Comune di Parma cercò invano di rivendicare il possesso del castello di Castelguelfo. Alla morte di Rolando nel 1457, il castello fu ereditato dal primogenito Nicolò. Verso il 1472 la fortezza fu incamerata dal Comune di Parma e il duca di Milano Galeazzo Maria Sforza ne nominò castellano Scariotto da Imola; nel 1474 lo Sforza investì del feudo il marchese Alessandro Pallavicino, figlio di Nicolò, ma mantenne per sé il castello; nel 1481 il duca Gian Galeazzo Maria Sforza assegnò ufficialmente Castelguelfo al Marchese. Nel 1500 il maniero fu occupato dall'esercito del re Luigi XII durante la guerra d'Italia; nel 1509 le armate francesi razziarono il castello di ogni bene. Nel 1548 le truppe dell'imperatore Carlo V d'Asburgo, guidate da Ferrante I Gonzaga, si impossessarono del castello e lo fortificarono durante gli scontri col duca Ottavio Farnese, allo scopo di stringere d'assedio il più possibile la città di Parma; i militari si ritirarono solo alla stipula della tregua. Nel 1557 il duca di Parma Ottavio Farnese entrò in possesso del castello, che inizialmente decise di abbattere, ma successivamente trasformò in elegante residenza nobiliare. Nel 1643 Odoardo I Farnese assegnò il feudo al ministro Giacomo Gaufridi, che lo mantenne fino alla sua condanna a morte decretata da Ranuccio II Farnese nel 1650. Il Duca assegnò quindi la fortezza al duca di Poli Apio Conti; nel 1666 il castello ritornò alla Camera Ducale di Parma e Ranuccio II ne investì il marchese di Vigoleno Odoardo Scotti; i suoi eredi mantennero i diritti feudali su Castelguelfo fino alla loro abolizione sancita dai decreti napoleonici del 1805. Nel 1815 il marchese Filippo Maria Scotti alienò il castello a Felice Bernini Carra, che nel 1827 lo rivendette al barone Gaetano Testa; quest'ultimo negli anni seguenti fece decorare gli interni del maniero con numerosi dipinti e fece realizzare il grande giardino all'inglese che ancora oggi circonda la fortezza. Nel 1851 il barone Antonio Profumo acquistò il castello e l'anno seguente gli subentrò il figlio Pietro, che fece costruire l'oratorio. Tuttavia nel 1866 il tribunale di Parma espropriò la proprietà, che fu acquistata dai fratelli Giovanni, Maria e Luigi Paolo de Luchi. Agli inizi del XX secolo l'armatore genovese Fasce comprò la fortezza e a partire dal 1916 la fece completamente ristrutturare, conferendole la veste attuale; in tale occasione furono coperti i camminamenti con tetti, fu eliminato l'orologio posto in facciata, furono demoliti il caseificio e alcune delle abitazioni annesse, mentre furono recuperati l'antico mulino, le serre, le scuderie e l'ampio parco. Alienato in seguito a vari altri proprietari, oggi il castello appartiene alla famiglia Rovagnati. Il maniero si sviluppa su una pianta quadrata, attorno alla corte centrale, con due torri sul lato nord e altre al centro dei prospetti est e sud; a meridione e a oriente si sviluppa l'ampio parco con lago e a ovest di questo, attorno al grande cortile, si innalzano i numerosi edifici annessi, originariamente destinati a serre, scuderie e mulino, oltre all'oratorio ottocentesco. L'accesso al complesso è rappresentato dall'ampia arcata a tutto sesto aperta nell'antico rivellino, posto a est del castello verso la via Emilia; l'edificio, coronato da merlature a coda di rondine, è affiancato da una costruzione in stile neogotico, sorta come portineria. La fortezza, interamente rivestita in laterizio, si affaccia verso nord con un'alta facciata affiancata da due torrioni angolari; il prospetto è caratterizzato dalla presenza di numerosi beccatelli con caditoie, a sostegno degli antichi camminamenti coperti. Analoghi elementi architettonici proseguono anche lungo le altre fronti, di cui quella meridionale, risistemata agli inizi del XX secolo, è preceduta da una torre d'ingresso centrale; i due spigoli aggettano sui lati adiacenti, di cui quello occidentale si apre verso il parco attraverso un altro torrione nel mezzo. All'interno l'elegante corte centrale è circondata da un porticato con sovrastante loggiato. Gli edifici annessi, sviluppati su due complessi principali, presentano anch'essi caratteristiche analoghe al castello: rivestimenti in mattoni, beccatelli, merlature coperte da tetti in coppi e porticati dai tratti medievali. Altri link per approfondimento: https://www.preboggion.it/Castello_di_Noceto-Castelguelfo.htm, https://www.youtube.com/watch?v=KX61_kLoS5U (video di francesco italia),https://www.mondimedievali.net/Castelli/Emilia/parma/provincia000.htm#kguelf

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Castelguelfo, https://www.museionline.info/tipologie-museo/castello-di-castelguelfo

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è di Davide Tansini su https://www.tansini.it/it/castelli-e-fortificazioni-del-parmense.html

venerdì 28 ottobre 2022

Il castello di venerdì 28 ottobre



BRINDISI - Castello Alfonsino

Detto anche Castel Rosso, (dal colore dei conci di carparo usati per la sua costruzione), o Castello di Mare è una complessa opera fortificata costruita sull'isola di Sant'Andrea, all'imboccatura del porto esterno di Brindisi. La forma trapezoidale e le spesse mura lo hanno reso per anni inespugnabile. Il castello è contiguo al Forte a mare (o Forte di Brindisi), adibito ad alloggio delle guarnigioni, i cui lavori di costruzione, iniziati nel 1558, regnante Filippo II d'Asburgo, figlio di Carlo V, durarono ben 46 anni, con l’intervento di alcuni fra i più celebri architetti militari del tempo. Il castello alfonsino occupa il promontorio meridionale con forme irregolari che seguono la conformazione del luogo (ha subito anche crolli e ricostruzioni): all'interno è un salone decorato da un lavabo con stipiti in pietra (1527). Ai primi del XVI secolo risalgono i due baluardi, rotondo quello verso l'interno, triangolare quello verso il mare aperto. Caratteristico è il suo piccolo porto interno, cui si accede per un archivolto aperto nelle mura che verso il 1577 congiunsero le costruzione aragonese all'ampliamento vicereale. Da una parte la struttura fortificata quattrocentesca con un portale; dall'altra il Forte a mare che segue i dettami dell'architettura fortificata cinquecentesca. Anche questa parte è preceduta da un portale adorno di stemmi che reca la data 1609. L'isola è saldata alla sponda ovest da una diga che chiude la Bocca di Puglia, mentre tra l'isola e la sponda sud si protendono due dighe che restringono l'imboccatura del porto a 250 metri. L'isola era occupata almeno dall'XI secolo dall'antica abbazia benedettina di Sant'Andrea all'Isola (pochissimi i resti, in particolare capitelli, visibili al Museo archeologico provinciale Francesco Ribezzo di Brindisi), che però fu abbandonata dopo gli eventi che sconvolsero la città (XIV-XV secolo). Il re di Napoli Ferdinando I d'Aragona nel 1481 decise così di costruire una prima torre (dov'era la stanza in cui dormiva il re), sorta come avamposto difensivo del porto all'estremità dell'isola; l'opera fu realizzata per iniziativa del figlio del re, Alfonso, duca di Calabria (castello alfonsino). Già nel 1484 il forte fu attaccato dal generale veneziano Francesco Marcello che, dopo essere stato sconfitto sul terreno dal brindisino Pompeo Azzolino, tentò di conquistare la città dalla parte del mare. Ma, respinto anche dalle artiglierie della "rocca dell'isola", ripiegò su Gallipoli, che riuscì ad occupare a caro prezzo. Sperimentata con successo la capacità di difesa della fortezza, Alfonso I d'Aragona la fece ampliare con la costruzione di un antemurale - con bastioni - al torrione preesistente, e con mura alte e molto spesse: alle due torri, cilindrica e quadrata, ne fu aggiunta un'altra poligonale così che il castello assunse una forma triangolare. Il tutto inglobava ormai la chiesa e l'abbazia di S. Andrea. Si chiamò Alfonsino, ma anche "dell'isola". E' noto anche come Castello Aragonese, dalla casata dei re che lo fecero costruire. D'altro canto, Alfonso fece ampliare e fortificare anche il Castello Svevo, detto talvolta "castello grande" per la sua mole. Dal 1558 al 1604 buona parte del resto dell'isola venne racchiusa da mura e baluardi (Forte a mare), separandolo dal castello con un taglio nella roccia che funge da fossato (per impedire al nemico che avesse eventualmente conquistato l'uno di passare facilmente all'altro) e creando un sistema complesso di fortificazione a difesa dell'entrata del porto. Dapprima, nel 1577, Forte e Castello furono uniti da un ponte di pietra che scavalcava il fossato: in quell'occasione fu aperta la porta sul Forte e fu chiusa quella del castello che era sul mare verso mezzogiorno. Ma presto gli ingegneri e i commissari reali si accorsero dell'errore di esporre entrambe le fortezze ad un unico pericolo, e sostituirono il ponte di pietra con uno levatoio di legno per dare un solo comandante ad entrambe e per dividerle in caso di necessità. Risale al 1583 l'iscrizione fatta apporre dal castellano Lorenzo Cariglio di Melo in memoria dell'unificazione dei due immobili sotto un solo comando. Per dare un'idea dell'importanza della piazzaforte di Brindisi in Puglia al tempo degli Austriaci: nel 1572 erano a Brindisi duemila soldati in pianta stabile (come a Taranto); a Trani mille, a Bari 600, ad Otranto 400. Un tentativo di attacco al forte avvenne nei primi giorni del giugno 1616, durante il regno di Filippo III, da parte di undici vascelli veneziani, che furono dissuasi da otto grandi navi da guerra spagnole, comandate dal gen. Francesco di Ribera. Il più famoso castellano del Forte a Mare fu il "maestro di campo" Luigi (Aloysio) Ferreyra di Lisbona, che il 25 febbraio 1711 istituì, con un cospicuo capitale personale di 9.000 ducati, una rendita di 600 ducati annui a favore dei soldati del castello e dei loro eredi. Il 4 giugno 1715 entrarono in città 150 soldati tedeschi, dei quali cento presidiarono il Forte a Mare e il Castello Alfonsino, dopo che Filippo V (nipote di Luigi XIV), salito al trono di Spagna nel 1701, primo dei Borboni, era stato privato, con la pace di Utrecht (1713) e quella di Rastatt (1714), del regno di Napoli, a seguito della guerra di successione provocata dall'Austria. Vent'anni dopo, nel 1735, con la riscossa spagnola che costrinse i tedeschi ad abbandonare la città, il figlio Carlo III di Borbone assunse il titolo (per la prima volta) di re delle due Sicilie. A Carlo sarebbero successi Ferdinando I di Borbone nel 1759, salito al trono come Ferdinando IV di Napoli, Francesco I nel 1825, Ferdinando II nel 1830 e, ultimo, Francesco II nel 1859, appena due anni prima dell'Unità d'Italia. Il 12 marzo 1739 giunse a Brindisi una delegazione di ingegneri e ufficiali di artiglieria, al comando del maresciallo spagnolo Andrea de los Covos, primo ingegnere di Carlo III, per fare la pianta del Forte, del castello di terra e di tutta la città, di cui misurò le strade e le mura. Si tratta della famosa "mappa spagnola" in possesso del Comune di Brindisi: in quegli anni la città era abitata da 7.000 persone, mentre poteva contenerne più di 50.000. Al Forte a Mare sono legati diversi eventi bellici tra i quali si ricordano l'attacco di sedici galee veneziane (1529) sorprese dalle artiglierie da poco realizzate e l'assedio francese al controrivoluzionario Francesco Boccheciampe (1799). Nel 1528, i Veneziani con 16 galee attaccarono dunque il Castello, che si difese benissimo con i molti pezzi di artiglieria di cui era stato dotato, costringendo le navi nemiche ad allontanarsi (comandante del Castello era allora Ferdinando Alarcòn, inviato da Carlo V per controllare e potenziare, come fece, le fortificazioni della città). La città fu invece costretta ad arrendersi, e saccheggiata, quando fu attaccata dalla parte di terra (Porta Lecce) da 16.000 soldati della Lega. Il Forte fu attaccato, danneggiato ed espugnato, il 9 aprile 1799, dal vascello francese "Il Generoso". Brindisi, rimasta fedele ai Borboni, dopo che i rivoluzionari francesi, entrati a Napoli tre mesi prima, vi avevano proclamato la repubblica, ospitava in quei giorni due controrivoluzionari corsi arruolati nell'esercito borbonico, Giovanni Francesco di Boccheciampe e Giovan Battista De Cesari. Costoro assunsero il comando delle batterie del Forte, danneggiarono la nave francese (un colpo di cannone ne uccise il comandante) che tuttavia, aiutata da otto paranze barlettane favorevoli alla causa rivoluzionaria, riuscì a smantellare la fortezza nel versante in cui era disarmata e a conquistarla. I francesi entrarono in città ma si ritirarono in fretta pochi giorni dopo, il 16 aprile, lasciando le provviste alimentari che avevano trovato nel Forte (farina, biscotti, vino, fagioli, ceci, carne salata). Boccheciampe fu preso e fucilato dai rivoluzionari nei pressi di Trani. Nel secolo successivo, castelli e fortezze persero la loro funzione difensiva: il Castello Svevo di Brindisi fu utilizzato come bagno penale, il Forte a Mare come lazzaretto, il Castello Alfonsino come sede di un faro e, durante la Grande Guerra (1915-1918), come deposito di mine. Nel 1984, la Marina Militare consegnò il complesso dell'isola (forte e castello, 28.600 metri cubi, oltre ai grandi spazi aperti) al Demanio dello Stato, che lo affidò alla Soprintendenza regionale ai Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici. Questa cessione fu dovuta anche ai gravi danni subiti dalle strutture murarie i seguito ad una mareggiata. Con i fondi dell'Unione Europea destinati allo sviluppo del turismo, e in particolare del turismo d'affari, la Soprintendenza sta ora restaurando il Forte a Mare, mentre la Provincia di Brindisi ha pressoché terminato i lavori, assunti di propria iniziativa, per il recupero funzionale del Castello Alfonsino. La struttura è dal 28 maggio 2021 aperta a visite ed eventi culturali, mentre si dibatte ancora sulla sua destinazione (museale, ricettiva, congressuale). Altri link suggeriti:http://www.brundarte.it/2014/02/16/il-castello-di-mare-o-castello-alfonsino/ (con varie foto interessanti), http://www.brindisiweb.it/monumenti/castello_alfonsino.asp, https://www.youtube.com/watch?v=Vhh0LRvF-rM (video di Roberto Caroppo), https://www.youtube.com/watch?v=0FROSST_jeU (video di Clara Colosimo), https://www.rainews.it/tgr/puglia/video/2021/06/pug-castello-alfonsino-Brindisi-6f3609ad-92a6-40b4-b998-750c530feda0.html (video), https://www.youtube.com/watch?v=ISqs5lPLNSw&t=2s (video di Antonio Mingolla), https://bari.repubblica.it/cronaca/2021/05/29/news/castello_brindisi-303283223/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_alfonsino, https://www.visitbrindisi.it/itinerari/castello-alfonsino/, https://viaggiareinpuglia.it/at/1/castellotorre/3127/it/Castello-Aragonese-o-Alfonsino,https://www.provincia.brindisi.it/index.php/storia-e-tradizioni-main/edifici-e-monumenti/il-castello-alfonsino-e-il-forte-a-mare

Foto: la prima è presa da https://www.lavocedimaruggio.it/wp/fortezze-e-castelli-di-puglia-il-castello-alfonsino-di-brindisi.html, la seconda è una cartolina della mia collezione

giovedì 27 ottobre 2022

Il castello di giovedì 27 ottobre



CASTIGLIONE FALLETTO (CN) - Castello Falletti

Nel corso del Medioevo Castiglione divenne possedimento dei Marchesi di Saluzzo, che eressero un'imponente fortezza quadrangolare sulla collina. Divenuto possedimento di diverse famiglie feudatari degli Aleramici, Castiglione passò, alla caduta del Marchese Gabriele di Saluzzo, alla Francia, che lo tenne fino al 1601 quando, con il Trattato di Lione, Castiglione divenne possedimento sabaudo nelle Langhe. Da quel momento il paese rimase territorio piemontese della Casa Savoia fino all'Unità d'Italia. Il toponimo Falletto venne aggiunto al nome di Castiglione nel 1589, per il continuativo secolare possesso del feudo di Castiglione da parte dell'illustre e antica famiglia albese dei Falletti, edificatori del castello. Il maniero ha struttura quadrangolare con cinta muraria e giardino su due livelli sovrapposti. La prima data in cui il castello compare come già costituito, è quella del 31 luglio 1001, quando il nome della località e della sua fortificazione compaiono in un diploma dell’imperatore Ottone III con il quale il sovrano concedeva Castiglione ad altri castelli dell’Albese al marchese Olderigo Manfredi, conte di Torino. Non si trattava, naturalmente, della costruzione attuale, anche se ne occupava più o meno l’area. Non è noto il nome di chi fece costruire il primitivo Castiglione, mentre sappiamo che nel medioevo l’edificio si impose come "Castrum et Villa" di proprietà del Marchesato di Saluzzo. Il castello ha una dimensione di 50 metri di lunghezza sul lato rivolto verso la Piazza Vittorio Veneto, 40 sul lato di Via Cavour e 50 metri sul lato del Municipio. Il complesso architettonico si presenta come una massiccia struttura a pianta irregolare che segue l’andamento del terreno. E’ caratterizzato da due imponenti torrioni rotondi posti agli angoli e da un terzo torrione centrale di forma circolare e di grandi dimensioni. Tale caratteristica è particolare per la zona; un castello come quello di Castiglione, ha torri tutte di pianta circolare: mentre è più frequente negli esempi vicini, Serralunga, Grinzane, Barolo, l’associazione di torri tonde con poderosi masti, o torrioni angolari, talvolta, quadrati o poligonali. Il muro dell’imponente torre ha uno spessore alla base di circa 2 metri per poi assottigliarsi verso l’alto riducendosi a 1,60 metri circa. All’interno è presente una cella con volta a botte con un piccolo ingresso quadrato per salire ai piani superiori e ritirare, in caso di attacco, la scala di corda o di legno, isolando così la torre dal piano castellano. Il quadrilatero centrale di circa 17 metri era probabilmente il primo castelletto intorno al quale sorgeva qualche piccola villa. Nel secolo XII in seguito al testamento di Bonifacio del Vasto, il castello passò al Marchesato di Saluzzo. Allo stesso periodo sono fatti risalire i primi lavori di rafforzamento. Nel 1225 il paese di Castiglione compare in un documento nel quale la Contessa Alasia di Saluzzo concede il feudo a un Falletti in ricompensa per i servizi prestati in alcune guerre. Fu probabilmente Bertoldo Falletti di Alba che fece edificare il castello con le sembianze che ha ancora oggi. Nelle seconda metà del XVIII secolo, passò al poeta arcadico Giuseppe Cerutti che lo restaurò, divenendo poi proprietà dei Caramelli e dei Clarotto. I Falletti stessi si insediarono a Castiglione nel 1300, periodo in cui il castello assunse l’imponenza attuale attraverso la costruzione della cinta muraria esterna e le torricelle agli angoli. Per molti secoli l’edificio ha ospitato la discendenza dei Falletti; furono probabilmente i fratelli Manfreone e Daniele Falletti ad erigere nella seconda metà del Trecento le cortine e le torricelle d’angolo, anch’esse circolari, conferendo al castello la veste di possente quadrilatero fortificato. In questo stesso periodo venne spianato il terreno di fronte al castello per costruire un luogo di culto che nel 1500 divenne la parrocchiale quando i fedeli abbandonarono la Chiesa di San Lorenzo fuori le mura, primo nucleo devozionale che si sviluppò attorno ad una cappella non più esistente posta nelle vicinanze del paese. Ci è dato sapere che all’epoca il piano calpestabile era almeno 2 metri più basso di quello attuale e le mura almeno 2 metri più alte a testimonianza del fatto che il maniero fosse una vera e propria fortezza. In campo religioso l’edificio appartenne alla Diocesi di Alba; nel 1511 entrò a far parte della Diocesi di Saluzzo, passò ad Asti ai tempi della riforma operata da Napoleone e, nel 1817, tornò nella Diocesi albese. Il castello era dotato di una cappella gentilizia, intitolata a S.Maria in Castrum, che venne poi data in uso alla comunità quale nuova parrocchiale. Questa chiesa che conserva alcuni affreschi di Pietro Paolo Operti, originariamente era costruita in stile romantico e, nel 1983, venne ristrutturata con linee neogotiche, decorata ed arricchita dalla perizia dei fratelli Finati, pittori albesi. Nel 1601, con il trattato di Lione, il castello passò ai Savoia con l’acquisizione del Marchesato di Saluzzo. I Savoia ottennero così avamposto di fronte alle terre del Monferrato nel tentativo di conquistarlo. Pare che in questo periodo sia stata abbattuta parte della cortina laterale per alzare il terrapieno poichè non fu più necessario difendersi da archi, frecce e spingardi, bensì dai colpi di cannone. Nel 1631 i Savoia acquisirono anche il Monferrato e la zona quindi potè godere di una certa pace: il castello perse la funzione di fortezza e divenne un’abitazione. Un’erta salita conduce al portone sovrastato dalla mole del torrione principale. Salendo lo scalone secentesco si giunge alla panoramica terrazza superiore basamento del predetto torrione di cui si visita la camera bassa. L’interno si articola su due piani con un grande salone centrale di rappresentanza e stanze laterali con camini e soffitti affrescati. Al piano inferiore è presente un’ampia cucina voltata con un grande forno e una stufa enorme per confezionare i pasti per la guarnigione, la sala d’armi da cui si accede alla torre sud-est detta dei “cutei” (coltelli) che anticamente serviva da prigione. Un piccolo oratorio conserva tracce di decorazione medievale, la cinta muraria racchiude un bellissimo giardino che funge da vero e proprio balcone sulle Langhe. Numerose sono le famiglie che si sono susseguite come proprietarie del maniero: tra tutte, la famiglia degli Scagnello ha un significato particolare per Castiglione: il conte Patrizio Filippo di Scagnello si adoperò per abbellire il castello rendendolo a tutti gli effetti un’abitazione nobiliare. A partire dal 1870 la famiglia Vassallo divenne proprietaria del castello. Da allora, fino ai giorni nostri sono stati notevoli gli interventi di recupero e restauro a causa di alcuni cedimenti strutturali che hanno minato (e minano tuttora) la buona conservazione dell’edificio. La situazione precaria del castello e la necessità invece di attuare importanti restauri ha portato a inizio 2015 ad un accordo di acquisizione in uso pubblico pluriennale fra il Comune di Castiglione Falletto e la famiglia Vassallo di Dogliani, attuale proprietaria del maniero. Questa ultima famiglia realizzò, a metà dell'Ottocento, diversi lavori di muratura e di ristrutturazione della fortezza, riportandola a dignità di abitazione nobiliare. Sabato 11 aprile 2015 l’imponente castello medievale ha riaperto i battenti al pubblico. In attesa dell’inizio dei lavori di restauro degli interni è per ora accessibile solo il giardino che consente una spettacolare vista a 360 gradi sulla Langa del Barolo. Il complesso è inserito nel sistema dei "Castelli Aperti", visitabili in alcuni periodi dell'anno e adibiti a strutture storico-museali. Domina dall'alto il territorio comunale. Nel 2018 una parte di esso è stata acquistata da un noto produttore vitivinicolo del posto. Altri link per approfondimento: http://www.langabarolo.it/Home/Guida-al-paese?IDPagina=23677, https://www.centrostudibeppefenoglio.it/it/articolo/9-11-838/arte/architettura/castello-di-castiglione-falletto,https://www.youtube.com/watch?v=GVEqW79m7jk (video di Viaggio senza Scalo),https://www.facebook.com/watch/?v=1112710952440393 (video con drone)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castiglione_Falletto, https://langhe.net/sight/il-castello-di-casteglione-falletto/,http://www.comune.castiglionefalletto.cn.it/Home/Guida-al-paese?IDPagina=23308, https://www.beniculturali.it/luogo/castello-di-castiglione-falletto

Foto: la prima è presa da https://www.e-borghi.com/it/sc/2-castelli-chiese-monumenti-musei/cuneo-castiglione-falletto/942/castello-di-castiglione-falletto.html, la seconda è una cartolina della mia collezione

mercoledì 26 ottobre 2022

Il castello di mercoledì 26 ottobre

 

SESSA CILENTO (SA) - Palazzo Coppola e Torre Altomare in frazione Valle Cilento

Nel 1533 nacque il Feudo di Valle, che l’8 maggio del 1533 fu venduto all’asta dalla Regia Corte al Consigliere del Regno don Tommaso Altomare. È questo il periodo in cui la torre venne utilizzata come prigione ed a lato di essa si costruì il primo corpo del Palazzo al fine di svolgere le funzioni amministrative del feudo. La prima volta che l’edificio viene menzionato come “castello sul palazzo con torre” risale al 1750, quando fu acquistato dalla famiglia Coppola che ottenne anche il rango nobiliare di Baroni del Feudo. I precedenti proprietari non vi risiedevano e la struttura si trovava in uno stato di degrado ed abbandono. Fu proprio grazie ai Baroni Coppola che cominciò l’ampliamento ed il restauro originario che rese la struttura architettonica nella consistenza e nella sua dimensione attuale. Osservando il complesso, spicca la Torre feudale, isolata, di fondazione tardomedievale. Venne ristrutturata in età vicereale (I° metà sec. XVI) secondo la tipologia della casa-torre (corpo di fabbrica a pianta quadrata su base scarpata con coronamento di beccatelli e archeggiatura). La Provincia di Salerno, nel 1992, ha acquisito l’antico Palazzo Coppola, al fine di destinarlo alle funzioni di promozione alle attività didattiche di alto valore per il recupero dell’artigianato, dell’agricoltura e dello sviluppo turistico. Il Progetto generale di recupero fu approvato nella Conferenza di Servizi nel 1998 ed è stato finanziato dal Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, dalla Provincia di Salerno, dalla Regione Campania e dall’Ente comunale. Il progetto di restauro dell’intero complesso monumentale di Palazzo Coppola è stato curato dagli architetti Ruggiero e Marco Bignardi. L’edificio, che compreso il cortile interno occupa una superficie di circa 700 mq, ospita nei suoi spazi la sede dell’Ecomuseo del “Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni” ed accoglie numerosi eventi, fra i quali il Festival Segreti d’Autore, che ha ospitato ed ancora ospita grandi nomi dello spettacolo. Altri link di approfondimento: https://cilentoreporter.it/2019/02/26/valle-di-sessa-cilento-palazzo-coppola/, https://www.facebook.com/watch/live/?ref=watch_permalink&v=4193732397364781 (video), https://www.youtube.com/watch?v=nSc54k6GnVs (video di Cilento Reporter)

Fonte: https://www.palazzocoppola.it/

Foto: la prima è presa da https://www.palazzocoppola.it/presentazione/#, la seconda è presa da https://www.cilentontheroad.it/it/borgo/145/valle%20cilento

martedì 25 ottobre 2022

Il castello di martedì 25 ottobre


 
AGLIE' (TO) - Castello Ducale

E' un'elegante ed imponente costruzione la cui edificazione (parliamo del suo nucleo centrale, del quale sono tuttora identificabili le tracce) è iniziata nel XII secolo per conto della famiglia comitale dei San Martino, originari del Canavese. Nel XVI secolo il forte si presentava ancora di aspetto medievale, con un maschio centrale, una corte circondata da edifici rurali e un giardino, circondati da una robusta muraglia difensiva e da un fossato. Il castello venne distrutto e riedificato più volte. Subì i danni di un assedio e di un sacco nel 1536. Filippo di Agliè, ministro di Maria Cristina, la reggente Madama Reale, ne curò la ricostruzione, finché fu nuovamente devastato dalle soldatesche francesi. Nel 1667 il conte Filippo San Martino, già consigliere della Madama Reale Cristina di Francia, commissionò all'architetto reale Amedeo di Castellamonte la trasformazione della facciata sul giardino, il complesso della cappella di San Massimo (Pietro Cremona realizzò le sculture per l'altare e gli stucchi delle pareti) e le due gallerie, nonché il cortile. Alla sua morte il progetto si interruppe, ma il castello presentava già due corti (una interna, l'altra rivolta verso il paese di Agliè) e la facciata est, con le due torri trasformate in piccoli padiglioni. Nel 1764 i conti San Martino vendettero la proprietà ai Savoia, che lo inclusero nelle proprietà del secondogenito di Carlo Emanuele III, Benedetto Maria Maurizio, duca del Chiablese, e ne affidarono la ristrutturazione all'architetto Ignazio Renato Birago di Borgaro, che intervenne sugli interni realizzando ampi appartamenti; all'esterno fu edificata la chiesa parrocchiale collegata al castello da una galleria a due piani. Nei primi anni del XIX secolo, durante l'occupazione di Napoleone, il castello di Agliè diventò un ricovero di mendicità, e il parco circostante venne ceduto a privati ed adibito all'agricoltura. A partire dal 1823 l'edificio rientrò a far parte dei possedimenti di Casa Savoia che, durante il regno di Carlo Felice, apportarono una significativa e costosa ristrutturazione degli interni, rinnovandone inoltre completamente gli arredi. La ristrutturazione venne affidata all'architetto Michele Borda di Saluzzo. Il castello venne riarredato dagli artisti di corte; lo scultore Giacomo Spalla allestì la Sala Tuscolana, ove sono tuttora collocati i reperti rinvenuti nella villa Rufinella presso Frascati, proprietà di Carlo Felice e della regina Maria Cristina. Nel decennio 1830/'40 vennero eseguiti altri lavori, fra i quali il grande lago, il laghetto e le isole che modificarono radicalmente l'aspetto di giardino all'italiana, conferendo all'esterno un aspetto romantico ad opera dell'architetto tedesco Xavier Kurten. La morte della vedova di Carlo Felice, Maria Cristina di Borbone-Napoli, avvenuta nel 1849, segnò il passaggio del castello a Carlo Alberto di Savoia-Carignano (Carlo Felice e Maria Cristina non ebbero eredi diretti), il quale lo lasciò al figlio cadetto Ferdinando di Savoia, duca di Genova. La stazione di Ozegna, attivata nel 1887 contestualmente alla ferrovia Rivarolo-Castellamonte, possedeva la peculiarità di essere dotata di una pensilina in ghisa di una saletta di attesa riservata soprannominata "reale" destinate proprio ai Duchi di Genova allorché volevano recarsi al castello. L'impianto rimase in esercizio fino al 1986. Nel 1939 gli eredi del principe Tommaso di Savoia-Genova, duca di Genova vendettero il castello allo Stato italiano per 8 milioni di lire. Il complesso venne adibito a museo. Negli anni ottanta è stato oggetto di un ulteriore delicato restauro. Attualmente è stato sottoposto ad importanti lavori di consolidamento statico e restauro che impedivano la visita di buona parte delle sale. Fa parte del circuito dei castelli del Canavese e, dal 1997, è parte del sito UNESCO Residenze Sabaude. Nel 2016 ha fatto registrare 44 323 visitatori. Dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali lo gestisce tramite il Polo museale del Piemonte, nel dicembre 2019 divenuto Direzione regionale Musei. Negli ultimi anni il castello è stato usato come ambientazione per le serie televisive "Maria José", "Elisa di Rivombrosa" e "La bella e la bestia". Residenza estiva dei Savoia (si dice che tutti i principi della Casa Savoia-Genova tuttora viventi vi siano nati), il castello presenta una facciata monumentale con due rampe di accesso e con un ampio giardino con fontana. Attualmente è composto da ben 300 stanze, per la maggior parte arredate con mobili d'epoca, alcune delle quali si contraddistinguono per la loro originale bellezza. Primo fra tutti gli sfarzosi ambienti è l’originario Salone d’Arduino, oggi ribattezzato Salone d’Onore ed anche Salone da Ballo, quest’ultimo è letteralmente il cuore pulsante del castello: una stanza fluttuante per la sua suggestiva magnificenza, come i suoi stessi dipinti seicenteschi, sulla volta raffiguranti angelici cherubini e sulle pareti i Fasti del Re Arduino d’Ivrea, capostipite dei committenti San Martino di Agliè. Altrettanto affascinanti risultano le due gallerie principali, parallele, della costruzione: la Galleria Verde e la Galleria d’Arte. La prima, gemella dell’ulteriore Galleria Gialla, si mostra come un adornato corridoio, ricco di quadri e sculture ottocenteschi, commissionati da Elisabetta di Sassonia. La Galleria d’Arte o delle tribune, rispettivamente, fu commissionata da Re Carlo Felice e successivamente riallestita da Maria Cristina di Borbone sul tema della storia dei Savoia. Oggi nella seguente Galleria padroneggia la statua del Dio Apollo in una posizione dormiente ma pur sempre elegante, opera dell’affermato scultore Benedetto Cacciatori. Vi sono 72 ritratti di Cavalieri dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata, commissionati tra il 1845 e il 1847. Sono opere per la maggior parte del pittore astigiano Michelangelo Pittatore e dei pittori Frigiolini, Malnate e Pratesi (che eseguirono ciascuno sei tele). La successiva Sala d’Angolo si mostra molto caratteristica, nonostante molti dei suoi pannelli siano finti; questo ci ricorda l’originale reputazione campana che aveva la residenza e dunque l’impiego, nel suo restauro, di materiali non propriamente pregiati. La Sala d’Angolo regala ai suoi visitatori più curiosi una piccola mostra di armi orientali, di proprietà del duca Tomaso di Genova. Annesso al castello vi è un grande parco (circa 320.000 m²) che lo circonda su tre lati. Nel 1839 il parco venne sistemato in forme romantiche, con giardini all'italiana e all'inglese organizzati in terrazze su tre piani. All'ingresso si trova una fontana settecentesca (progettata dai fratelli Collino) che simboleggia la Dora Baltea che si getta nel Po, opera di Ignazio e Filippo Collino. Intorno al castello sono presenti edifici rurali seicenteschi e settecenteschi quali: il mulino, le cascine Valle, la lavanderia, l'Allea o La Mandria. Anche il castello di Agliè è collegato ad un fantasma, quello di una donna dai lineamenti orribili. Almeno così è stata interpretata in un busto che ritrae la nobildonna, la principessa Vittoria di Savoia Soisson, nata a Torino nel 1683, moglie del principe Federico, Duca di Hildburgausen, in una sala del castello. Lo scultore Piero Orso l’ha modellata in cera con applicazioni di stoffa, perline e pizzi. Basta guardarla per avere timore di questa figura femminile, morta a Torino nel 1763. Così la descrive la contessa Angelica Von Kottulin Lodron, sua dama d’onore, nelle proprie Memorie: “Una brutta figura, piccola, occhi neri, naso lungo e bocca sottile. La fronte era bassa e la nobildonna si sarebbe sempre vestita da -vecchia- e con abiti molto semplici”. Al contrario, il busto che si può vedere al Castello di Agliè è una tra le opere meglio conservate. Dopo la morte della principessa Vittoria di Savoia Soisson, che non aveva figli, i suoi beni furono ereditati dal Duca del Chiablese. La leggenda del suo fantasma sarebbe stata alimentata da un soprintendente che negli anni 50 del secolo scorso visse per molto tempo all’interno del castello. La bruttezza cascante della vecchia principessa fece da stimolo per alimentarne il mito. Alla figura della nobildonna sarebbero collegati misteri accaduti nel castello, come la rottura continua dei vetri di alcune stanze del torrione destro dovuti alla presenza del suo spirito che vaga nelle notti senza luna all’interno del castello e il suo passaggio sarebbe accompagnato da sospiri e sinistri fruscii. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=LAObkGkETFY&t=11s, https://www.youtube.com/watch?v=DCKl7bxdN6Q (entrambi i video di Direzione Regionale Musei Piemonte), https://www.youtube.com/watch?v=YYOjHSrD9yk (video di MiC_Italia), https://www.youtube.com/watch?v=1lm7_35avJ4 (video di Laura Rocca), https://www.youtube.com/watch?v=l-tez1XgbGI (video di Michelangelo De Fazio)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_ducale_di_Agli%C3%A8, http://polomusealepiemonte.beniculturali.it/index.php/musei-e-luoghi-della-cultura/castello-di-aglie/,http://www.prolocoaglie.it/poi/castello/, https://www.gitefuoriportainpiemonte.it/gita/il-castello-ducale-di-aglie-un-romantico-trionfo-di-eleganza/, https://touristainitalia.com/2022/04/15/il-castello-di-aglie-e-il-suo-mostruoso-fantasma-miti-e-leggende/#il-fantasma

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è di Paola M.P.V. su https://www.flickr.com/photos/pvioletta2010/6393662181

lunedì 24 ottobre 2022

Il castello di lunedì 24 ottobre



TERZOLAS (TN) - Palazzo "alla Torraccia"

Si trova al centro del paese, sul lato Nord della piazza in mezzo alla quale si trova una fontana datata 1882; il termine Torraccia deriva probabilmente dalla presenza a nord di una antica torretta rotonda diroccata e poi demolita all’altezza del tetto. La costruzione viene anche chiamata casa Malanotti-Graifenberg dal nome delle illustri famiglie di Caldes e di Terzolas che la abitarono nel passato. L’edificio riveste particolare importanza storica ed artistica perché costruito tra il 1573 e il 1579 dal capitano della Rocca di Samoclevo (dal 1562 su incarico della famiglia Thun) Francesco Heningler in stile rinascimentale. Nel 1645 la struttura venne profondamente danneggiata da un incendio che devastò il paese di Terzolàs. Negli anni seguenti Bernardino Malanotti di Caldes, canonico della cattedrale di Trento, acquistò l´edificio e intraprese lavori di risistemazione. In ricordo di questa famiglia, che detenne il palazzo fino alla metà del Settecento, l’edificio è chiamato anche “Casa Malanotti”. Nel 1670 fu ceduto dai Malanotti ai Canonici di Trento che la usarono come residenza estiva; verso il 1715 il palazzo fu acquistato dai signori Graifenberg e nel 1871 Giovanni Ciccolini lo acquistò dal notaio G. Antonio Graifenberg. La costruzione rimase agli eredi Ciccolini fino al 1973, anno in cui fu acquistata dalla Provincia Autonoma di Trento per provvedere al suo restauro conservativo. La costruzione tipologicamente rientra nella categoria delle case fortificate, contraddistinte dalla fusione tra architettura militare e residenziale. L’aspetto attuale, in stile rinascimentale, rispecchia i canoni del rinnovamento architettonico promosso dal principe vescovo di Trento Bernardo Clesio nella prima metà del Cinquecento. Di particolare interesse sulla facciata Sud vi sono i caratteristici erker o sporti ruotati di 45 gradi per scopi di osservazione e difesa, alti comignoli, mura merlate ed antiche caditoie. L’androne d’accesso presenta caratteristiche volte a botte, con pavimentazione in ciottolato e nella fase di risanamento è stata riaperta una finestra del 1600. La struttura originale comprendeva, oltre ai due grandi saloni sovrapposti, 4 ambienti con alti soffitti che evidenziano eleganza costruttiva, decorazioni a stucco, capitelli pensili e tracce di affreschi. Al secondo piano vi era un locale a volta che si può forse ritenere una cappella interna. Notevole il soffitto ligneo del secondo piano, decorato a rosoni, ma purtroppo danneggiato nell’incendio del 1645. Attualmente il palazzo ospita al primo piano il salone del Consiglio Comunale, l’ufficio del Sindaco, la sala della Giunta e gli uffici ragioneria, anagrafe e ufficio tecnico, mentre al secondo piano trova collocazione la biblioteca storica del Centro Studi per la Val di Sole (https://www.visitvaldisole.it/it/info/biblioteca-storica-alla-torraccia). Altri link suggeriti: http://pup.provincia.tn.it/gallery/imager.asp?file=FOTO_BASILICO/C7/1205.01.jpg&desc=TERZOLAS%20-%20La%20Torraccia (foto d'epoca del monumento), https://www.youtube.com/watch?v=Qq0sS0xhQPw (video di Centro Studi per la Val di Sole)

Fonti: http://www.visitterzolas.it/da-visitare/cosa-vedere-a-terzolas/250-palazzo-alla-torraccia-terzolas-val-di-sole-trentino.html, http://www.castellideltrentino.it/Siti/Torraccia-di-Terzolas

Foto: la prima è di Peer su https://www.trentino.com/it/trentino/val-di-sole/terzolas/, la seconda è presa da http://www.castellideltrentino.it/I-castelli/Elenco-siti

venerdì 21 ottobre 2022

Il castello di venerdì 21 ottobre



SAN VENANZO (TR) - Castello di Pornello

Il castello di Pornello, il cui toponimo richiama una folta vegetazione di pruni, ha origini molto antiche, essendo già citato nelle cronache del 1137 quando il conte Ottone lo assegnò al vescovado di Orvieto. Signoria dei Monaldeschi nel 1342, risentì delle guerre tra fazioni di questa casata fino alla tregua del 1385. Pornello divenne infine feudo dei conti di Marsciano, per poi passare alla famiglia Dolci, discendente dei Montemarte. Verso il 1600 la Cronaca della Provincia Serafica di Assisi annovera Pornello tra le proprietà dei conti Polidori di Orvieto. Dal Catasto Orvietano del 1798 risulta che i nobili Manieri avevano acquistato Pornello. Nel 1971-72 gli eredi dei Manieri vendettero le loro proprietà allo Stato e nel 1980 queste passarono alla Regione Umbria. Attualmente è di proprietà della famiglia Corneli. Oggi Pornello è un borgo immerso nel verde delle colline sanvenanzesi, a pochi chilometri dal famoso complesso della Scarzuola. L'edificio chiamato castello appare più come una grossa residenza padronale decadente, seppur con il suo fascino. Altro link inerente Pornello trovato sul web: https://www.immobilmonti.com/estate_property/il-pornello/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Pornello, https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-pornello-san-venanzo-tr/ (da visitare per approfondimenti storici), https://www.visitsanvenanzo.it/i-borghi/pornello/, https://www.pornello.it/il-borgo/

Foto: la prima è presa da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-pornello-san-venanzo-tr/, la seconda è di Ubimaior su https://it.wikipedia.org/wiki/Pornello#/media/File:Pornello01.jpg

giovedì 20 ottobre 2022

Il castello di giovedì 20 ottobre



ORSOGNA (CH) - Torre Di Bene

Nel 1074 "Orsonia" era proprietà di due feudatari, il sacerdote Adeodato di Pietro e Adamo di Azzo; essi in quell'anno anno donarono la Chiesa di San Martino (oggi scomparsa) all'Eremo benedettino di San Salvatore della Majella, retto dal Priore Ranieri. Anticamente il paese abruzzese era popolato prevalentemente da contadini, ma vi erano anche dei vasari, dato che il terreno circostante all'abitato è argilloso. Questi artigiani lavoravano in grotte sotto la rupe rivestita di calanchi del paese, in posizione favorevole protetta dal freddo invernale. Il paese appare citato per la prima volta in un diploma del 1151 di Ruggero il Normanno, che faceva dono del feudo all'abbazia di San Salvatore alla Majella (sopra Rapino), tra queste la chiesa di San Martino "apud Ursonia". Nel XIII secolo fece parte della Contea di Manoppello. Nel 1294 era sotto il controllo dei Colonna, che eressero il castello che sino al 1943 sorgeva su Piazza Mazzini, accanto al teatro comunale. Nel XV secolo il castello passò agli Orsini, anche se i Colonna lo ripresero il 26 agosto 1512. Nel 1881 terremoti di notevole intensità colpirono Orsogna. Una forte scossa si verificò alle ore otto del 10 settembre colpendo anche Lanciano, Castel Frentano, Guardiagrele, Ortona, San Vito, Francavilla e luoghi limitrofi. Esplicativa la cronaca scritta da Beniamino Costantini, allora studente, presente a Orsogna durante il sisma. Numerose furono le scosse successive: tra il 10 e l'11 settembre 1881, il 22 e 13 novembre e l'11 febbraio 1882. Orsogna subì ingenti danni, con numerosi morti e feriti. Tuttavia in pochi anni le abitazioni danneggiate furono ricostruite, sicché dalle prime immagini del '900, la cittadina è vista in fiorente sviluppo. Orsogna fu una delle cittadine abruzzesi a pagare il prezzo sanguinoso e distruttivo della seconda guerra mondiale. A seguito dei massicci bombardamenti degli alleati, numerosi edifici vennero rasi al suolo, tra cui anche il possente castello baronale di cui oggi non resta traccia (qui è visibile in una foto d'epoca: http://www.orsogna.net/storia_scheda.asp?ID=5&titolo=Documentazione+storica). La Torre Di Bene venne costruita nel XVI secolo e fu oggetto di diversi interventi. Doveva servire come luogo di postazione, controllo e avvistamento delle terre limitrofe. Venne forse ricostruita dal proprietario da cui prende il nome nel XIX secolo sui ruderi della fortificazione danneggiata dalla guerra. Vi soggiornarono il pittore Michetti (la cui presenza è testimoniata dal suo quadro "La figlia di Jorio" del 1895, in cui e' rappresentata la Maiella vista proprio da quest'angolazione) e lo scrittore D'Annunzio. È stata restaurata nel 1994, e poi nel 2010. Attualmente è sede di diverse mostre d'arte organizzate dal Circolo Artistico. La Torre sorge in via San Francesco, è caratterizzata da una pianta quadrangolare con base a scarpa, e presso la facciata una moderna scalinata che permette l'accesso, mentre altri accessi sono sul lato di fianco e sulla parte posteriore. Dei cornicioni marcapiano scandiscono orizzontalmente la struttura in due grandi settori, più il terzo ammezzato della torretta colombaia. Tali settori sono in mattone cotto semplice, con dei beccatelli presso le cornici, e ordine regolare di finestre, una per lato, con timpano triangolare. Altri link per approfondimento: http://lnx.studioeuresis.it/progetti/restauro/torre-di-bene-orsogna-ch/, https://www.tesoridabruzzo.com/la-torre-di-bene-di-orsogna-ospitera-la-biblioteca-nazionale-delle-citta-del-vino/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Orsogna, https://www.e-borghi.com/it/sc/2-castelli-chiese-monumenti-musei/chieti-orsogna/992/torre-di-bene.html, http://robyphotosmv.altervista.org/orsogna-torre-di-bene/

Foto: la prima è presa da https://www.cittadelvino.it/scheda_sito.php?comune-di-orsogna&id=299, la seconda è di Pietro su https://commons.m.wikimedia.org/wiki/File:Orsogna_-_Torre_di_Bene_02.jpg

mercoledì 19 ottobre 2022

Il castello di mercoledì 19 ottobre


 
CIVITELLA D'AGLIANO (VT) - Castello di San Michele in Teverina

Il piccolo borgo di San Michele in Teverina, sorto intorno al 1100, prese il nome di Castel di Pietro, forse dal suo fondatore Pietro da Mugnano. Quest'ultimo, signore feudale nella valle del Tevere, fece costruire il castello nel 1164. Con apposito atto di sottomissione esso fu assoggettato ad Orvieto e, malgrado la vicinanza con Civitella, ebbe una vita politica separata ed i suoi signori furono sempre al servizio della Santa Sede. Ne furono proprietari i discendenti della famiglia Baglioni di Perugia, a cui rimase per quasi cinque secoli. Nel 1522 una lite per la successione tra Piero I Baglioni, che aveva sposato una Medici, e Antonio Baglioni di Perugia, che aveva sposato una Farnese, portò all'assedio del castello da parte di Galeazzo Farnese. Piero resistette e 500 mercenari corsi furono uccisi, ma alla fine il castello fu preso e le sue strutture difensive furono per la maggior parte smantellate. Pochi anni dopo Piero I riprese il controllo e costruì il castello rinascimentale, sui resti della fortezza medievale, con un bel portale sormontato da una loggia. La ricostruzione sembra essere stata curata da Caterina de Galleto de’ Medici, sua moglie, e dalla figlia Virginia Baglioni. Fu proprio la Contessa Virginia Baglioni a far erigere il balcone che sovrasta il portone principale, ed a lei si deve anche la realizzazione della terrazza esterna. Qui possiamo ancora leggere il suo nome inciso nella pietra. Un'altra figlia, Francesca Baglioni, aiutò a crescere la futura regina di Francia, Maria de' Medici, a fondare l'Ordine delle Figlie dell'Umiltà a Roma e fu beatificata. I resti moderni del castello risalgono principalmente all'epoca di Caterina de' Medici. Come cugina dei Baglioni, si dice che fosse proprietaria del feudo da tempo. Nel XVII secolo il castello fu ereditato dai Domicelli di Orvieto, poi di proprietà di altre famiglie nobili. Alla fine del Settecento il feudo di Castel di Piero, ribattezzato San Michele, apparteneva al principe Benedetti del Precetto, conte di San Michele. Nel 1849 San Michele fu acquistato dalla famiglia dei Principi di Montholon. Il membro più famoso di quella famiglia, Jean-Tristan de Montholon, condivise l'esilio di Napoleone a Sainte-Hélène e eseguì il suo testamento. Gli eredi di Jean-Tristan possedettero il castello fino al 1970. Il palazzo rinascimentale e i resti del castello medievale sono situati su un promontorio boscoso all'estremità del paese di San Michele in Teverina, incentrato su una piazza che era il cortile del castello. Come un’isola che domina la Valle dei Calanchi, il castello è raggiungibile solamente attraverso un ponte in pietra, un tempo ponte levatoio. La valle che circonda il castello è stata inclusa dall'UNESCO nella sua lista provvisoria dei siti del patrimonio mondiale nel 2017. All’interno del castello, oggi prestigiosa struttura ricettiva (https://castellodisanmichele.it/), si trovano le prestigiose stanze e la suite Principe di Montholon. Gli ambienti in autentico stile rinascimentale, vantano elementi di pregiato mobilio e soffitti d’epoca affrescati. Altri link per approfondimento: https://www.youtube.com/watch?v=dw4Lx3tmdZM&t=3s (video di Cecile Andre), https://www.residenzedepoca.it/vacanze_weekend/s/dimora/castello_di_san_michele_in_teverina/,https://www.youtube.com/watch?v=lIVGH9Q0K-U (video di Radio Vacanze)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_San_Michele_in_Teverina, https://www.tusciaturismo.com/comuni/san-michele-in-teverina/, https://www.dimorestoricheitaliane.it/dimora/castello-di-san-michele/, https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/siusa/pagina.pl?TipoPag=prodente&Chiave=5516

Foto: la prima è di Serbelloni su https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_San_Michele_in_Teverina#/media/File:View_from_the_square.jpg, la seconda è presa da https://www.dimoredieccellenza.it/dimore-storiche/borgo-san-pietro-aquaeortus/

martedì 18 ottobre 2022

Il castello di martedì 18 ottobre



BERCETO (PR) - Castello di Pietramogolana

La prima fortificazione a presidio della val Taro fu eretta probabilmente già nel VII secolo. "Petra Mugulana", all'epoca posta al confine tra i territori dipendenti dalle città di Parma e Piacenza, fu infatti menzionata per la prima volta in un diploma del re dei Longobardi Pertarito del 23 ottobre 674. Grazie alla sua posizione strategica, la rocca fu a lungo contesa dalle più importanti famiglie della zona. All'inizio dell'XI secolo apparteneva al conte Plato Platoni, che alla sua morte nel 1022 la lasciò al quinto figlio Begarolo. Tuttavia già nel 1035 l'imperatore del Sacro Romano Impero Corrado II il Salico concesse al vescovo di Parma Ugo l'autorità su tutto il territorio della città, da cui dipendeva anche il maniero; l'autorità diocesana, esercitata attraverso i canonici del Capitolo della Cattedrale di Parma, fu confermata da altri imperatori, tra i quali Ottone IV di Brunswick, che nel 1210 concesse piena autorità al vescovo Obizzo Fieschi, il quale fece fortificare i castelli posseduti nel Parmense e in particolare quello di Pietramogolana. Nel 1219 l'imperatore Federico II di Svevia concesse al Comune di Parma la conferma degli antichi diritti, tra cui il pieno potere sul territorio; ciò fu interpretato dal podestà Negro Mariani da Cremona quale attestazione della completa autonomia dall'autorità episcopale; Obizzo Fieschi si oppose e si rivolse al papa Onorio III, che l'anno seguente ristabilì l'autorità della diocesi su tutti i territori governati in precedenza, tra cui il castello di Pietramogolana; l'accordo tra il Comune e il vescovo fu ratificato nel 1221. Obizzo Fieschi assegnò il castello ai conti Platoni, in cambio del versamento di 50 libbre imperiali. Nel 1240 il marchese Oberto II Pallavicino conquistò il forte di Pietramogolana, di cui fu investito ufficialmente nel 1249 da parte dell'imperatore Federico II di Svevia; nel 1260 i fratelli Rangone, Uberto, Alberto e Rodolfo Platoni presero possesso del castello, poi riconquistato alla diocesi di Parma nel 1295 da Gianquirico Sanvitale, che ne fu investito dal vescovo Obizzo Sanvitale. Nel 1327 l'imperatore Ludovico il Bavaro confermò al marchese Manfredino Pallavicino i privilegi sulle terre possedute dalla casata, tra cui Pietramogolana; nel 1355 il Signore di Milano Bernabò Visconti confermò invece l'investitura a Giberto Sanvitale, erede di Gianquirico. Nel 1361 i Platoni alienarono la loro terza parte del feudo di Pietramogolana al conte Giberto. Nel 1391 i Pallavicino presero possesso con la forza del castello, distruggendolo; nel 1395 il marchese Niccolò Pallavicino ne fu ufficialmente investito dall'imperatore Venceslao di Lussemburgo e nel 1404 ricostruì il maniero. Nello stesso anno Pier Maria I de' Rossi attaccò e conquistò il forte e le terre vicine, tra cui Berceto; tuttavia già nel 1408 Giacomo Terzi gli sottrasse Pietramogolana, per perderla ancora l'anno seguente in favore dei Rossi in base a una sentenza, cui nel 1412 fece opposizione il vescovo di Parma Bernardo Zambernelli appellandosi al Tribunale della Rota Romana; riottenuta la rocca, nel 1423 la diocesi la riassegnò ai fratelli Manfredo e Bartolomeo Pallavicino. Nel 1428 le truppe del duca di Milano Filippo Maria Visconti, guidate dal capitano di ventura Niccolò Piccinino, assaltarono il castello di Pellegrino, arrestando il marchese Manfredo Pallavicino; quest'ultimo fu costretto sotto tortura a confessare di aver congiurato contro il duca, che lo condannò a morte confiscando tutte le sue proprietà, tra cui Pietramogolana, che furono assegnate al Piccinino. Nel 1450 il vescovo Delfino della Pergola riuscì a recuperare il feudo; il castello fu ampliato e rinforzato nel 1460 dal vescovo civitatense Agostino, commissario apostolico del papa Pio II, che assegnò Pietramogolana al conte Stefano Sanvitale. Nel 1551 i Rossi assaltarono e conquistarono il forte, ma l'anno successivo lo restituirono ai Sanvitale; in seguito tuttavia il castello perse il suo ruolo strategico, cadendo in un lento declino a causa del disinteresse da parte della casata. Nel 1627 il feudo fu ceduto alla Camera Ducale di Parma che lo assegnò al conte Cornelio Palmia; i suoi eredi lo mantennero fino al 1739, quando la famiglia si estinse con la morte dell'ultimo conte Luigi e Pietramogolana fu riassorbita dal ducato di Parma e Piacenza. Verso la fine del XIX secolo le famiglie del borgo acquistarono il castello, ormai ridotto a un cumulo di rovine. Nel 2012 i numerosi proprietari dei ruderi donarono l'antico maniero al Comune di Berceto, che incaricò l'architetto Roberto Bruni del progetto di recupero, non ancora avviato per mancanza di fondi. Del possente castello medievale, posizionato accanto al piccolo borgo sulla cima di uno scosceso spuntone di roccia, a picco sul fiume Taro, rimangono oggi soltanto poche tracce del mastio e della rocca, raggiungibili con difficoltà a causa del crollo del sentiero originario. Della torre in pietra, sviluppata su una pianta quadrata, si conserva il livello terreno di tre pareti perimetrali; più in basso verso il borgo sono invece ancora distinguibili solo poche tracce del corpo principale, che forniscono un'idea della configurazione planimetrica medievale del complesso. Troviamo ancora i resti della porta d’accesso al recinto, posta sopra la chiesa nuova, e la cisterna per la raccolta dell’acqua sul lato verso il fiume. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=4Drm1TvSKvE (video con drone di m15alien), https://www.youtube.com/watch?v=ICVpmnLwzFE (video di AgoMotoRara), https://www.facebook.com/PontremoliToday/videos/berceto-pietramogolana/868051660419392/ (video con drone),https://fondoambiente.it/luoghi/castello-di-pietramogolana?ldc, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Emilia/parma/pietramogolana.htm

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Pietramogolana, https://scn.caiparma.it/schede/castello-di-pietramogolana/,

Foto: la prima è di mony72 su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/230545/view, la seconda è di Stefano Panizza su https://misteridiparma.myblog.it/wp-content/uploads/sites/124247/2013/12/P1060660.jpg

lunedì 17 ottobre 2022

Il castello di lunedì 17 ottobre



TRICASE (LE) - Castello dei Winspeare in frazione Depressa

Le prime notizie documentate di Depressa risalgono al 1269, quando sui registri della cancelleria angioina si riporta che il suo signore era il giudice Nicola Gargano di Bari. Agli inizi del XIV secolo apparteneva alla famiglia Pisanelli e nella seconda metà del secolo passò ai Carafa, fu, quindi, feudo dei Castriota e poi dei Saraceno, signori di Andrano. Il 29 ottobre 1604 venne acquistato da Angelo Gallone di Tricase che lo ingrandì incorporandovi i feudi di Principano e di Bernardo, acquistati successivamente. Diventata parte del principato di Tricase, Depressa seguì le vicende della famiglia Gallone fino al 1806, anno di abolizione del regime feudale. Nel 1869 Emanuela Gallone sposò Antonio Winspeare, Duca di Salve, con il quale la cittadina conobbe una certa prosperità e l'antico castello fu restaurato e ristrutturato. Il castello è impostato attorno ad una severa torre angioina del XIV secolo. Fu gravemente danneggiato dall'invasione turca del 1480 e riedificato dai baroni Saraceno nel 1548. I Gallone, che acquistarono il feudo di Depressa nel 1604, lo ammodernarono così come si deduce dall'epigrafe con stemma araldico collocato sotto la piombatoia dell'ingresso principale. L'edificio è a pianta quadrangolare e della struttura cinquecentesca conserva le due torri quadrate, un loggiato (in cui sono conservati una collazione di frasi del mondo intellettuale incise sulla pietra leccese), la grande scala monumentale e, sul lato ovest, le mensole che sorreggevano il camminamento di ronda. Al cortile centrale rettangolare fu aggiunto un porticato nel XIX secolo. Trascurato per lunghi anni ed usato come semplice masseria, fu ristrutturato nel 1885 dal nobile napoletano Antonio Winspeare, che affidò i lavori all’architetto Filippo Bacile di Castiglione, il quale da struttura "semidiruta" la trasformò in dimora aristocratica con un intervento "nobilitare senza stravolgere". Attualmente il castello appartiene ancora agli eredi della famiglia Winspeare, il barone Riccardo Winspeare ed Elisabetta principessa del Liechtenstein, genitori del regista Edoardo Winspeare. Nel piano sottostante c'è un ricco museo che testimonia la storia del Casato e l'amore per gli antenati, i loro costumi e le loro tradizioni. Nel periodo estivo il Castello dei Winspeare ospita quasi ogni anno numerosi personaggi delle Case Reali d'Europa. I più affezionati sono sono stati i sovrani del Belgio ma altre prestigiose personalità come Benedetto Croce, i germani Attilio, il poeta, e Bernardo Bertolucci (il regista), la principessa Margaret di Inghilterra. Della nobile dimora non si può non ricordare il lussureggiante giardino, il cui disegno risale al 1885, che rispecchia il gusto del bello dei proprietari. L’antico agrumeto dalla schema quadripartito è stato mantenuto, così come la zona a ridosso della dimora, dedicata al passeggio e caratterizzata da un fitto boschetto, quasi un labirinto, di bambù. Altri link per approfondimento:https://www.youtube.com/watch?v=q0mfath7ZPU (video di Tele Rama), https://luoghi.italianbotanicalheritage.com/castello-winspeare/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Depressa, https://www.comune.tricase.le.it/vivere-il-comune/territorio/da-visitare/item/castello-dei-winspeare-depressa, testo di Riccardo Riccardi su https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/lecce/1248940/salento-la-bellezza-non-e-mai-depressa-storia-del-castello-dei-winspeare.html,

Foto: la prima è di Lupiae su https://it.wikipedia.org/wiki/File:Castello_di_Depressa_Tricase.jpg, la seconda è presa da https://www.comune.tricase.le.it/vivere-il-comune/territorio/gallerie-immagini/item/depressa-frazione-2

venerdì 14 ottobre 2022

Il castello di venerdì 14 ottobre



MONTEFALCIONE (AV) - Castello longobardo

All'inizio del Medioevo, Montefalcione era un insieme di frazioni e casali sparsi sui fianchi delle colline di Santa Marina, San Marco, Fortuna, Rogliano e Villani San Pietro. Molte di queste terre però furono abbandonate dagli abitanti perché erano di facile accesso al nemico. Dopo molti anni di completo abbandono il paese passò sotto la dominazione longobarda. Montefalcione entrò a far parte del Ducato di Benevento costituito nel 570. Edificato nel punto più alto del centro abitato, il fortilizio ha perso, nel corso dei secoli, l'originaria struttura di epoca longobarda ed è stato riconvertito in un palazzo gentilizio, diventando, quindi, residenza privata. Ancora oggi, tuttavia, gli abitanti di Montefalcione si riferiscono con il termine "castello" all'intera zona del centro storico che si estende da Via Roma a Via Cardinale Dell'Olio, comprendendo anche Piazza Marconi e Via Sant'Antonio Abate. Per questo motivo la denominazione dell'edificio è rimasta intatta, fino ai giorni nostri. Il Castello di Montefalcione, come detto, nacque come roccaforte militare sopra un vasto quadrilatero. Presso il forte si accampò il conte di Ariano Giordano quando questi era in conflitto con il conte di Avellino Rainulfo, suo acerrimo nemico. Nel 1150, signore del Castello era il normanno Torgisio de Montefacione, a cui successe il figlio Andrea e infine Torgisio II quale ultimo membro di questa casata. Quest'ultimo osò ribellarsi al re di Sicilia, Manfredi di Svevia, che per punirlo lo fece accecare e constrinse più tardi Filippa, moglie di Torgisio II, a sposare il tedesco Corrado de Bruhlein a cui il paese fu portato in dote. Nel 1266 Carlo d’Angiò venne chiamato dal papa Urbano IV a togliere il Regno delle Due Sicilie a Manfredi, determinando così la fine della fazione ghibellina. In seguito alla vittoria degli Angioini, Montefalcione venne riassegnato ad Andrea, erede di Torgisio. Nel 1442, nel corso della guerra tra Angioini e Aragonesi, cominciata coi Vespri Siciliani, Montefalcione si distinse respingendo eroicamente un assedio degli Aragonesi – che vinsero però ugualmente la guerra. Nel 1481 Signore del paese risultava Giovan Francesco Montefaucione, e successivamente il fratello Loise o Luigi. Questi si trovò coinvolto nelle quattro successive guerre (dal 1520 al 1559) tra il Re di Francia Francesco I e l’Imperatore di Spagna e Austria Carlo V, combattute per il predominio nel Regno di Napoli e in Lombardia. Nella seconda di queste guerre (1527) Luigi si schierò contro l’Imperatore. La guerra ebbe termine nel 1529 con la battaglia di Aversa e le la vittoria delle forze imperiali. Luigi morì prima, in prigione, nel 1528: lasciando unica erede del casato la figlia Giovannella o Vannella, più tardi detta Lucrezia. Vannella sposò Giovanni Antonio Poderico, Barone delle Serre, di Salza e Manocalzati: che dopo il matrimonio e l’unificazione delle terre delle due famiglie ottenne il titolo di Marchese di Montefalcione. Alla sua morte (1562), Vannella scelse di vestire l’abito monacale, cambiando il proprio nome in Lucrezia e adottando il proprio cognome materno, Spinelli. Nel 1573 Lucrezia lasciò tutti i possedimenti al figlio primogenito Antonio. Con lui iniziò la fase discendente del casato, che culminò nel 1601 con la cessione di Montefalcione e delle altre terre a Giovanni Battista Tocco, Conte di Montemiletto, cui passò quindi anche il titolo di Marchese di Montefalcione. La famiglia Tocco mantenne la signoria sino all’abolizione dell’ordine feudale. Il lato sud del fortilizio era posto contro Candida; il lato ovest dominava i castelli di Barbato, Serra e Prata; il lato nord guardava Montaperto e Montemiletto; il lato est difendeva infine il contado e la Chiesa. Le mura erano disposte su cinque ripiani, e le loro basi innestate in molti punti sopra la roccia calcarea di cui è formata la collina. La loro altezza variava tra i 5 e i 9 metri. Agli angoli del quadrilatero erano poste quattro torri rotonde o a base circolare, che rendevano la postazione quasi inespugnabile. Di esse restano soltanto – e soltanto in parte – le due che chiudono il lato prospicente il paese. Una delle torri, rasa a pochi metri dal suolo sottostante, è presso l’entrata dell’antico palazzo ducale. L’altra, del XIII secolo e quasi integra, è ora una abitazione civile inserita nel contesto urbano, caratteristica con i suoi bravi balconcini. La muratura originale è stata ricoperta dall'intonaco. Una serie di scalini, stretta tra le pareti delle abitazioni, porta al retro della costruzione. cui si accede solo su permesso degli abitanti. L’area è piena di orti terrazzati , circondati da vegetazione naturale che si insinua in ogni angolo. Arrampicandosi verso l’alto, seguendo l’inclinazione della collina, si arriva a quel che resta della parte posteriore del castello: brandelli di mura crollate in tempi remoti e mai più ricostruite. Da qualche parte, qui, esistevano delle cisterne utilizzate dai soldati quando questa parte della struttura era ancora funzionale. Il Castello possedeva due porte: una, ancora esistente, è detta della Ripa, cioè della rupe, in quanto vi si accede per un sentiero piuttosto impervio. L’altra, della quale non resta oggi traccia, metteva invece in comunicazione il Castello con il Borgo, detto anche Taverne.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Montefalcione, https://www.comune.montefalcione.av.it/c064053/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/15, https://sistemairpinia.provincia.avellino.it/it/luoghi/castello-di-montefalcione, http://www.castellidirpinia.com/montefalcione_it.html, testo di Davide Lepore su http://www.irpiniaworld.it/montefalcione-il-castello/, https://www.comune.montefalcione.av.it/c064053/zf/index.php/storia-comune

Foto: la prima è presa da http://www.massimilianocarullo.it/blog/magica-irpinia-montefalcione, la seconda è presa da https://sistemairpinia.provincia.avellino.it/it/luoghi/castello-di-montefalcione

giovedì 13 ottobre 2022

Il castello di giovedì 13 ottobre

 



AIELLO DEL FRIULI (UD) - Castello di Lontana

L’ampio edificio a forma quadrangolare, chiamato “Castello” dalla tradizione popolare, è sorto probabilmente su un fortilizio o una torre di guardia costruita in epoca patriarcale. Possiede due possenti torri e la presenza su quella meridionale di alcune feritoie conforterebbe l’ipotesi che si trattasse di una fortificazione. Le prime notizie certe sul “Castello” risalgono al 1589 quando i Rabatta, nobile famiglia goriziana di origini toscane, acquistarono il fortilizio che con tutta probabilità a quell’epoca comprendeva la torre sud con un primo blocco d’edifici. La famiglia Rabatta ne fu proprietaria per 170 anni e in questo lungo periodo lo ampliò. Nel 1760 il Castello fu venduto ai marchesi de Bona di Ragusa (Dubrovnik, in Croato) in Dalmazia che vi elessero la loro residenza e che probabilmente a loro volta lo ampliarono portandolo alla forma di quadrilatero. In seguito ne divennero proprietari per pochi anni i conti Strassoldo di Chiarmacis e infine, nel 1810, fu acquistato dalla famiglia Urbanis di San Daniele del Friuli per 10.000 fiorini d’Augusta. Il Castello possedeva anche una cappella gentilizia dedicata a San Michele Arcangelo, andata distrutta nel secolo XIX a causa di un incendio. Nei primi anni del Novecento la famiglia si trasferì a Udine e l’edificio cominciò ad andare in rovina. Nel corso del Novecento passò in mano a diverse famiglie, fu frazionato e adibito a svariati usi: gendarmeria austriaca, fabbrica di sedie e ad asilo infantile, e durante la prima Guerra mondiale ha ospitato un ospedaletto da campo e, nel cortile, furono allestite delle tende per la medicazione dei soldati feriti provenienti dalle trincee del vicino fronte. Dalle tre famiglie residenti del 1946 si è passati alle sei di oggi e l’ala sud attualmente è adibita a casa vacanze (https://www.alcastellodiaiello.com). La costruzione ha perso le sue caratteristiche di struttura difensiva e si presenta come un palazzotto seicentesco che, sebbene alterato nella distribuzione degli spazi interni a causa dei rimaneggiamenti subiti nel tempo e dei numerosi interventi di recupero, ha tuttavia conservato l’aspetto solido e possente della costruzione originaria. Alcune stanze conservano soffitti affrescati con motivi ornamentali ed anche qualche scena paesaggistica di buon valore. Le pietre che fungono da basamento della torre e la recinzione antistante alla facciata principale provengono da resti romani d’Aquileia. Il Castello di Lontana è stato aperto alle visite guidate, per la prima volta, nel 2021, grazie al suo proprietario, Aurelio Pantanali, anima del Circo Navarca che, in paese, promuove la storia del territorio e delle sue meridiane. Altri link per approfondimento:https://www.alcastellodiaiello.com/pdf/la-leggenda-del-castello-di-aiello.pdf, https://www.youtube.com/watch?v=2EH_i3-_dfU (video di Al Castello di Aiello Casa Vacanze)

Fonti: https://consorziocastelli.it/icastelli/udine/copy_of_artegna, https://www.alcastellodiaiello.com/aiello/storia-del-castello.php, https://www.telefriuli.it/cronaca/aperto-per-la-prima-volta-alle-visite-il-castello-di-aiello-del-friuli/2/220815/art/

Foto: la prima è presa da https://www.alcastellodiaiello.com/, la seconda è di ziorobi56 su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/153840/view

mercoledì 12 ottobre 2022

Il castello di mercoledì 12 ottobre



CROTONE - Castello di Carlo V

Il castello nacque come una rudimentale fortezza sull'antica Acropoli greca, per difendere il territorio dalle invasioni straniere. La rocca (arx in latino) sovrastava da una parte il mare e dall'altra la campagna ed era posta in un luogo difeso dalla natura, perché circondato da rupi. Il primo che riuscì con uno stratagemma a conquistarla fu Dionisio il Vecchio, tiranno di Siracusa, nel 380-378 a.C. durante la guerra tra Siracusa e Crotone (Dionisio di Alicarnasso, Excerpta, XX, 7). In seguito fu cinta di mura. Il castello di Crotone compare per la prima volta in un atto del 1192. Il nuovo castello, analogamente a quello di Santa Severina, compare tra i castelli amministrati dai funzionari della curia imperiale, dove risiedevano castellani e guarnigioni assoldate dall'imperatore. Alla fine del Duecento, durante l’occupazione angioina, la guarnigione era composta da 15 inservienti al servizio di un castellano di nomina regia. La truppa ed i castellani che si succedevano nel presidio dipendevano direttamente dal potere regio ed erano composti da stranieri. Su ordine di Carlo I d'Angiò, alcuni feudatari dovettero, tra il 1270 e il 1271, accollarsi la riparazione delle torri del castello, citate con le denominazioni Mamunela, Barbacana, Triangula, Thesauro, Turricella, e Turris "Ante Hostium". Nel 1284 la castellania fu concessa ai Ruffo. Durante la seconda meta del secolo XIV, le armi da fuoco, già impiegate durante la prima metà del secolo, entrarono stabilmente nell’uso degli eserciti e nelle dotazioni di città e castelli. Cominciò così un nuovo periodo che, progressivamente, portò alla riconversione delle fortificazioni medievali che furono adeguate, assumendo forme sempre più regolari dettate dall’uso delle nuove armi. Nel 1456, a distanza di 12 anni dall'assedio di Crotone da parte di Alfonso V d'Aragona (avvenuto nel contesto delle controversie legate ad Antonio Centelles), alla popolazione della città fu concesso di destinare i proventi delle imposte arretrate per riparare le mura del castello. Nel 1480 si verificò un evento che obbligò il re Ferdinando I a ordinare di fortificare i luoghi marittimi più esposti della Calabria: la presa, la strage ed il saccheggio di Otranto (11 agosto 1480) da parte delle truppe ottomane di Maometto II. Fu il caso del castello di Crotone, dove, tra la fine del sec. XV e la prima metà del XVI, in epoca aragonese, si provvedette a realizzare i necessari adeguamenti, come evidenziano la cartografia cinquecentesca ed alcune strutture superstiti, e come ampiamente dettagliato in fonti documentali. La “fabrica de Cotrone” inizio nel 1484. I lavori, che durarono per oltre un secolo, trasformarono radicalmente la struttura del castello, che da un impianto pentagonale con cinque torri passò a una forma quadrata. In questa fase il castello fu dotato di nuove torri a base circolare, di cui oggi rimane la “turri delo casi cavallo” che, per dimensioni e caratteristiche, risulta analoga ad un’altra ormai completamente scomparsa: la Marchisana, il cui toponimo rimanda al tempo della signoria dei marchesi di Crotone (1390 – 1444). Oltre alla torre di Casicavallo, nelle cui adiacenze, pur ispessito da interventi successivi, permane un tratto di cortina pertinente al periodo, esistevano: la “turri Muza delo castello detta S. Maria” e quella di “S. Georgi”. I resti della prima permangono alla base della cortina cinquecentesca (detta “delo critazo”) che si affaccia verso il porto, mentre la seconda, in parte diroccata, fu inglobata dai terrapieni realizzati durante la costruzione dei nuovi “rebellini” sul finire del sec. XV. La Torre di Santa Maria è stata messa in luce grazie agli scavi compiuti nel 2010 dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria. L'adeguamento era concepito per offrire un migliore riparo dalle nuove armi ma, con l'inizio del Viceregno, improcrastinabili esigenze strategiche e difensive resero necessario il suo ampliamento e rifacimento. L’imperatore Carlo V, essendo viceré Don Pedro di Toledo, ordinò nel 1541 di ricostruire, secondo i nuovi criteri dell’arte della fortificazione, le difese della città e del castello di Crotone. Queste opere ebbero un notevole impatto economico sul comprensorio di Crotone, perché il territorio offrì sia la materie prime di costruzione che le maestranze. Per contro furono imposte nuove e onerose tasse a tutto il territorio calabrese. I lavori proseguirono per tutta la seconda metà del XVI secolo ed il personale impiegato superò le 1000 unità. I lavori, che hanno portato all'assetto costruttivo attuale, vennero progettati dall'architetto italiano Gian Giacomo dell'Acaya, che ne fece una delle più possenti fortezze militari d'Italia; dopo dieci anni continuavano sotto la supervisione del barone della Caya, “designator et reviditor de tutte le Regie fabriche del presente Regno di Neapoli”, di Alonso Brefeygna, regio generale commissario in le fabbriche della città e castello di Crotone, e del capomastro Jacopo de Amato de Cotrone, “substituto per lo barone dela Caya”. Il castello ospitava i soldati, la Chiesa di San Dionisio (1601), la Chiesa Nuova e la Chiesa di San Carlo (1859), l'alloggio del castellano, i magazzini dell'artiglieria, una caserma per le donne ed una prigione detta "La Serpe". Si entrava nel castello dall'attuale Piazza Castello, grazie ad un ponte in parte fisso in muratura ed in parte levatoio in legno. La porta principale era inserita in una torre a forma di piramide tronca che dominava le cortine occidentali tra le due torri d'entrata, il ponte ed il fossato. Nel fossato, indagato nel 2011 dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, è stata messa in luce la base della grande torre quadrangolare detta "della manovella", con la quale si sollevava il ponte. Sempre in quell'occasione è stato scoperto un tesoretto di monete antiche (datate fra il 1798 e il 1835): dieci tornesi d’argento del 1825, tra le monete ritrovate, coniate durante i regni di Ferdinando IV (divenuto poi Ferdinando I, re delle due Sicilie), Francesco I, Ferdinando II e Carlo IV, re di Spagna. Inoltre una piastra da 120 grani, un carlino di dieci grani del 1798, un tarì di 20 grani del 1798, dieci tornesi del 1831 e una piastra d’argento di 20 grani del 1835. Sono poi state rinvenute anche palle di cannone in ferro e in pietra. Il Baluardo di San Giacomo era una struttura importante perché dominava il porto e la Marina circostante. Serviva da riparo alle truppe e vi era il fanale principale del porto. Nel 1895 fu in parte demolito per ricavarne materiale da costruzione. All'interno del baluardo vi era un'uscita segreta detta «della Conigliera» e vi è una scala che conduce alla Porta del Soccorso, posta ai piedi del baluardo. La cortina orientale (detta de lo critazzo) tra il Baluardo di San Giacomo e quello di Santa Caterina ingloba i resti della Torre di Santa Maria, pertinente al più antico castello medievale. La Torre Aiutante, simile a quella del Comandante, era adibita a dimora degli ufficiali. La Torre Marchesana a base circolare armata di quattro cannoni sorgeva all'interno del castello, nella parte centrale più elevata ed era un ottimo posto di osservazione; usata come carcere per i forzati che costruivano il porto fu danneggiata dal terremoto nel 1862. Durante il terremoto crollò anche la Chiesa di San Dionisio. Sottostante alla Marchesana vi era un'altra torre minore con numerose feritoie per i fucilieri. La Marchesana fu demolita in seguito a un crollo che, nel 1873, aveva distrutto la cortina occidentale. Ulteriori modifiche ed ampliamenti avvennero tra il XVII e il XIX secolo: Il corpo di guardia e la campana della porta del castello (prima metà del Seicento), la caserma Campana (prima metà dell'Ottocento). Il castello attualmente presenta una pianta poligonale, e due torri: una più massiccia detta "Torre Aiutante", e un'altra detta "Torre Comandante", entrambe soggette a restauro. Nella torre dell'Aiutante dal 1987 è ubicato il Museo Civico di Crotone. E' stata ristrutturata la Caserma Campana sede dell'attuale Biblioteca Comunale "Armando Lucifero". Altri link per approfondimento: http://www.archiviostoricocrotone.it/chiese-e-castelli/il-castello-di-crotone/, http://www.comune.crotone.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/3148, https://www.youtube.com/watch?v=Vr6aVBjt2Wo (video di amazing kalabria), https://www.youtube.com/watch?v=InWpdppnxl8 (video di Ornella Scofano), https://www.youtube.com/watch?v=bq-cmUeCr-8 (video di Riccardo Paolini), https://www.youtube.com/watch?v=yA_GR38fIyw (video di Vincenzo Spagnolo)

Fonti: https://www.icastelli.it/it/calabria/crotone/crotone/castello-di-carlo-v-di-crotone, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Carlo_V_(Crotone), https://www.calabriatours.org/heritage/castello-di-crotone.html, https://www.gruppoarcheologicokr.it/rassegnastampa/crotone-un-tesoretto-nel-castello-fortezza-di-carlo-v/

Foto: sono entrambe cartoline della mia collezione