venerdì 30 novembre 2018

Il castello di venerdì 30 novembre



BARLETTA (BT) - Torre Ofanto

Situata presso la foce del fiume in località Fiumara, a circa 1 km da Barletta, è una torre d'avvistamento del XVI secolo. Fu costruita nel 1568 a spese del governo di Napoli e dell’università di Barletta su progetto dell’ing. Tommaso Scarla; originariamente destinata a torre di vedetta (faceva parte del sistema di difesa costiera contro le incursioni navali costruito nel Regno di Napoli tra il XVI e il XVII secolo), funse da faro per Barletta e le torri limitrofe. A pianta quadrata con volte a botte incrociate e spessore della muratura maggiorato sul lato esterno, di circa tredici metri di lato, presenta una base tronco-piramidale e cinque caditoie per lato. L’accesso originario al piano superiore era costituito da una scala detraibile in caso di attacco e difeso da una caditoia posta sulla sua perpendicolare; in seguito furono costruite due scalinate, non più esistenti. All’interno, al primo piano è una sala quadrata con nicchie nei muri d’ambito, al piano inferiore una cisterna. L’edificio, nello stato attuale, è adibito ad usi agricoli e, nonostante il suo valore storico, si presenta in uno stato di grave degrado statico causato dalla totale assenza di manutenzione. Le caditoie sono in gran parte crollate mentre le rimanenti sono pericolanti; il rivestimento esterno dei paramenti murari, costituito da conci di tufo carparo è stato in più punti asportato ed eroso. La torre dista circa un chilometro dal mare e cinquecento metri dal fiume (in destra idraulica). Alcune foto scattate negli anni Settanta mostrano la torre in migliori condizioni di conservazione ma con i segni evidenti di quei dissesti che avrebbero successivamente provocato i crolli di gran parte delle merlature e delle caditoie. Qui si può visitare "virtualmente" all'esterno (https://virtualglobetrotting.com/map/torre-ofanto/view/google/)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Ofanto#/media/File:Torre_Ofanto.jpg, http://www.itc.cnr.it/ba/fabrica/ita/index.php?id=progetto&id2=casi_di_studio&id3=torre_ofanto&pag=02, https://intothelandscape.wordpress.com/2012/11/05/torre-ofanto-barletta-lungo-lofanto4/

Foto: la prima è di Vipstano su https://it.wikipedia.org/wiki/Ofanto#/media/File:Torre_Ofanto.jpg, la seconda è didonizettiboy jr su https://mapio.net/pic/p-63139229/

giovedì 29 novembre 2018

Il castello di giovedì 29 novembre




FERENTILLO (TR) - Castello di Umbriano

Umbriano è un castello di pendio attualmente abbandonato ubicato nel comune di Ferentillo. Il castello venne costruito sul versante nord del monte S. Angelo nell'890 subito dopo le incursioni saracene in Umbria in una posizione dominante e naturalmente imprendibile. Difendeva, assieme alla rocca di Ferentillo, l'importante abbazia di San Pietro in Valle. Durante la sua millenaria storia ebbe vari passaggi di proprietà e seguì sostanzialmente le vicissitudini di Ferentillo che, dopo esser stato riportato al rango di comune, lo ricomprò nel 1860. Nel XIII secolo l’abate di San Pietro, lo cedette per avere più protezione alla potente Spoleto, possesso poi confermato dal Cardinale Capocci, e la città provvide a restaurarne le fortificazioni nel 1400. Nel 1500 passò ai Conti Cybo Malaspina di Ferentillo, insieme ad alcuni villaggi vicini. Nel 1730 fu dei Benedetti di Spoleto; essi, nel 1847, lo vendettero a Luigi Desiderato di Monthelon, che da Pio IX ebbe il titolo di principe di Umbriano e Precetto (Ferentillo). Privo di collegamenti stradali con la Valnerina e di attrattive economiche ha subito, nel secondo dopoguerra, un progressivo spopolamento, comune a tutti i centri minori umbri, e dal 1950 risulta essere completamente abbandonato. Dal punto di vista architettonico la fortificazione (che domina il Nera) è costituita da una serie di edifici allineati lungo la via principale, con una planimetria che segue l'andamento del pendio roccioso, con bastioni (uno angolare e l’altro cilindrico che racchiudono stanze dalle piccole finestre) e porta ogivale, il tutto sotto l'alta torre quadrata, ancor oggi ben visibile dalla valle e alla quale si accede per un'alta pusterla. La torre era in comunicazione con le altre del territorio raggiungendo le postazioni di vedetta in alta montagna. Le abitazioni hanno tutte la stessa caratteristica, al piano terra i granai e le stalle, vasche per pigiare l’uva; al primo piano le cucine e saloni e, al piano sovrastante, stanze a tetto in legno dove immancabilmente sono presenti camini in pietra finemente lavorati. Questo tipo di architettura, come ad esempio, le finestre abbellite da davanzali e i portali in pietra, fanno presagire la ricchezza e il prestigio del castello, dove gli abitanti erano soprattutto dediti al commercio e all’allevamento, soggetti all’abbazia e al potere ecclesiastico. Gli abati, certamente, tenevano in vera considerazione gli Umbrianesi, ai quali, rendevano più del previsto della parte dei raccolti, con la speranza di una maggiore protezione. Agli abitanti del Castello, vassalli dell’abbazia, era stato dato il compito di coltivare le terre della valle, svolgere la pesca lungo il tratto del fiume, controllare il passaggio delle merci da e per la Valdinarco. La chiesa, per quel che rimane, si incontra all’ingresso, un tempo ricca di opere d’arte, come viene evidenziato da alcuni frammenti di affresco situati sulla parete dell’abside dove, si intravede un arto trafitto da freccia (San Sebastiano). Fino agli anni settanta era visibile sulla parete, dove era situato l’altare maggiore un Crocifisso tenuto dall’Eterno Padre in Trono; doveva essere il Mistero Trinitario dipinto da Giovanni Lo Spagna. L’edificio, ad un’unica navata, di piccole dimensioni, conserva ancora il portale con piedritti e architrave semplice su mensole, la facciata a capanna e campanile a vela sul lato destro. Una finestra si apre sulla valle e verso il monte Sant’Angelo. La chiesa è in rovina, nel peggior degrado e abbandono. Sono state anche profanate le botole sul pavimento in pietra, un tempo deposito dei morti. Altri link consigliati: http://www.sanpietroinvalle.com/umbriano-borgo-fantasma/, http://www.luoghidelsilenzio.it/umbria/02_fortezze/01_valnerina/00014/index.htm (numerose foto), https://www.youtube.com/watch?v=4GMPmC9M8sc (video di Nazzareno Bonifazi Capodaio), https://www.youtube.com/watch?v=b-6JzqXO7OM (video di Redazione UmbriaVentiquattro), https://www.youtube.com/watch?v=dNw7EZX7YWw (video di Claudio Mortini).

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Umbriano, http://www.umbria.website/content/umbriano-castello-di, http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-umbriano-ferentillo-tr/

Foto: la prima è presa da http://www.umbriaturismo.net/turismoumbria-it/piccoli-borghi/umbriano-ferentillo/, la seconda è di Silvio Sorcini su http://www.italiainfoto.com/gallery/umbria/p15589-ferentillocastellodi-umbriano.html. Infine, la terza è presa da http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-umbriano-ferentillo-tr/

mercoledì 28 novembre 2018

Il castello di mercoledì 28 novembre





TIZZANO VAL PARMA (PR) - Rocca di Belvedere

La rocca di Belvedere, nota anche come castello di Rusino o castello di Moragnano, era un maniero medievale, i cui resti sorgono tra le piccole omonime frazioni del comune di Tizzano Val Parma. Si ipotizza che dalla zona in cui sorge la rocca abbia avuto origine, nell'XI secolo, la nobile famiglia dei Da Moragnano, che furono vassalli degli Obertenghi ed ebbero il proprio storico feudo a Nasseta, oggi nel comune di Collagna. La rocca fu probabilmente edificata nei primi anni del XV secolo per volere di Ottobuono de' Terzi, signore di Tizzano, quale presidio fortificato sulla val d'Enza. Nel 1409, in seguito all'uccisione del condottiero, il castello di Rusino fu occupato dal marchese Odoardo Pallavicino e subito dopo dal marchese di Ferrara Niccolò III d'Este. Dopo la cessione di Parma in cambio di Reggio Emilia nel 1420 al duca di Milano Filippo Maria Visconti, quest'ultimo nel 1441 investì nuovamente del feudo di Belvedere i conti Guido e Giberto Terzi. Nel 1447 il Comune di Parma affidò direttamente la gestione del territorio, comprendente le località di Rusino, Moragnano, Vezzano, Groppizioso, Lalatta, Treviglio e Musiara, al podestà Antonio Caviceo; tuttavia, nel 1450 il duca Francesco Sforza elevò il feudo al rango di contea e lo assegnò ancora ai Terzi, che ricevettero conferma dell'investitura nove anni dopo. Nel 1479 il maniero fu assediato dal conte di Caiazzo Roberto Sanseverino d'Aragona, ma l'assalitore fu costretto a desistere. Nel 1518 la rocca fu nuovamente assediata, questa volta dal bandito reggiano Domenico Amorotto, che non riuscì nell'impresa. Nel 1666 il marchese Scipione I de' Rossi, oberato dai debiti contratti per rientrare in possesso della contea di San Secondo, fu costretto a cedere alla Camera Ducale di Parma tutte le rocche appenniniche in suo possesso. Il feudo di Belvedere fu in seguito assegnato ai conti Camuti; nel 1790 il conte Giuseppe lo cedette, in cambio di alcune terre a Ronchetti di San Secondo, al conte Pietro Andrea Leggiadri Gallani, che ne mantenne i diritti fino al 1805, quando i decreti napoleonici sancirono la loro abolizione nell'ex ducato di Parma e Piacenza. Dell'antico castello rimane oggi soltanto una torre mozzata, parzialmente recuperata agli inizi del XX secolo, con il rinforzo strutturale e l'eliminazione delle parti in pericolo di crollo. Gli ambienti interni sono stati inoltre svuotati dai detriti. La massiccia struttura in pietra, sviluppata su una pianta quadrata, è caratterizzata dalla presenza di piccole feritoie e dello stretto portale d'ingresso ad arco a tutto sesto, chiuso da cancello. Altri link suggeriti: http://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/castelli/index.jsp?id=2790, https://www.youtube.com/watch?v=gsBwAT87JGQ (video con drone di Flying Cat), http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/52809/view (foto di bormiolina)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Rocca_di_Belvedere

Foto: la prima è presa da https://www.rblob.com/dci/index.asp?cok=OK&fun=view&campo=REF&dat=PR068, la seconda è un fermo immagine tratto dal video su Youtube già menzionato sopra.

martedì 27 novembre 2018

Il castello di martedì 27 novembre




COLICO (LC) - Forte Fuentes

Tra il 1603 ed il 1606, il conte di Fuentes, Pedro Enriquez Acevedo, governatore di Milano, fece costruire sul Montecchio una fortezza con lo scopo di difendere il confine settentrionale del Ducato di Milano dai francesi e dai Grigioni svizzeri, che all'epoca occupavano la Valtellina e la Valchiavenna. La piana del forte era allungata, con opere a corno nelle estremità, mentre l'andamento irregolare delle mura, che uscivano e rientravano come cunei, consentiva una migliore difesa della bastionata. Il forte si sviluppava su diversi livelli: in alto, ancora visibile, il palazzo del governatore, che però, a causa dell'insalubrità dell'aria, risiedeva a Gravedona; ai livelli più bassi i quartieri dei soldati. Complessivamente il forte poteva ospitare 300 uomini. L'ubicazione della struttura consentiva di dominare la pianura sottostante, che da allora venne appunto denominata Pian di Spagna e permetteva di controllare le strade per la Valtellina e per il passo dello Stelvio, per la Valchiavenna e per il passo dello Spluga, e, infine, per Como e Milano. Ancora oggi la zona viene indicata come Trivio di Fuentes perché all'incrocio di tre direttive: verso Lecco, verso Sondrio e verso Chiavenna. A completamento del progetto difensivo spagnolo furono inoltre costruiti due fortilizi, uno sopra Sorico, l'altro, detto Fortino d'Adda, a Gera Lario e rivolto verso la Valchiavenna. Il forte era inoltre collegato ad una serie di avamposti preesistenti, noti con il generico nome di Torrette. Nonostante il Forte di Fuentes nel corso del XVII e XVIII secolo fosse una delle principali fortificazioni della Lombardia, la sua vita non ebbe eventi militari degni di nota: solo nel 1706, durante la Guerra di successione spagnola, il Forte venne assediato per la prima volta dagli austriaci che lo espugnarono solo dopo tre settimane. Nel 1714 in Lombardia al dominio spagnolo si sostituì quello austriaco: il Forte di Fuentes si trovò così coinvolto in due altri assedi, nel 1733, da parte di spagnoli e Piemontesi, durante la Guerra di successione polacca, e nel 1746 da parte degli spagnoli, durante la Guerra di successione austriaca. Nel 1782, in seguito alla riforma voluta dell'imperatore Giuseppe II d'Austria, la fortezza venne dismessa, radiata dall’elenco delle fortezze imperiali, messa all’asta e venduta a privati. Nel 1796, per volere di Napoleone, venne completamente smantellata ed in seguito abbandonata. Durante il periodo della prima guerra mondiale al forte di Fuentes venne costruita una postazione blindata che ospitava otto cannoni, suddivisi in due batterie da quattro delle quali l’una puntata verso la Val Chiavenna e l’altra verso la Valtellina. Nello stesso periodo venne anche costruito nelle vicinanze il Forte Montecchio Nord, ad oggi la fortezza militare meglio conservata in Europa. Fortunatamente, la guerra non toccò così da vicino questo forte che non è stato coinvolto nel primo conflitto mondiale, venendone sfiorato, nella Guerra di Liberazione durante la Seconda. Dell'antico Forte di Fuentes oggi rimangono in piedi solo alcuni ruderi, in parte sommersi dalla vegetazione, ricchi tuttavia ancora di fascino ed interesse. Dalla primavera 2012 il Forte è gestito dal Museo della Guerra Bianca in Adamello. Il forte aveva due accessi: la grande porta principale ed una più piccola detta porta del Soccorro (soccorso). Sulla porta principale, oltre al passaggio pedonale e a quello carraio, è visibile anche una porta murata, in realtà una finta porta che aveva solo una valenza estetica: rispettare la simmetria della facciata. All’interno dell’area del forte e a lato della piazza d’armi, di circa 15.000 mq, erano presenti diversi edifici:
- il palazzo del Governatore: sette stanze per ognuno dei suoi due piani; una stanza al primo piano adibita a cappella privata. Il palazzo aveva anche un grande scalone in pietra, di cui non restano tracce;
- la chiesa dedicata a Santa Barbara, sul lato ovest della piazza d’armi, anch’essa distrutta. La chiesa, con volta a botte e due altari laterali era decorata con affreschi. L'affresco staccato dalla chiesetta del forte, una Santa Barbara, patrona degli artiglieri, opera non particolarmente pregevole, ma di notevole importanza storica, è ora posta nel mezzo della navata laterale sinistra della chiesa parrocchiale di San Giorgio, nel centro di Colico;
- alloggi per il cappellano e il tenente del Forte a lato della chiesa;
- acquartieramenti per circa 400 soldati;
- cisterne per l’acqua;
- magazzini sotterranei.
Dal punto di vista letterario abbiamo traccia scritta del Forte di Fuentes proprio nei "Promessi Sposi", capolavoro di Alessandro Manzoni, che ci indica come il Conte di Fuentes fu il Governatore spagnolo che vergò molte delle Grida – “Non fu però di questo parere l’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don Pietro Enriquez de Acevedo, Conte di Fuentes, Capitano, e Governatore dello Stato di Milano; non fu di questo parere, e per buone ragioni. Pienamente informato della miseria in che vive questa Città e Stato per cagione del gran numero di bravi che in esso abbonda… e risoluto di totalmente estirpare seme tanto pernizioso, dà fuori, il 5 decembre 1600, una nuova grida piena anch’essa di severissime comminazioni, con fermo proponimento che, con ogni rigore, e senza speranza di remissione, siano onninamente eseguite” (cap. I, I Promessi Sposi). Nell’atrio di ingresso del Palazzo Belgiojoso a Lecco si possono vedere, sulle pareti del portico, alcune vestigia del Forte di Fuentes: lo stemma araldico del Conte di Fuentes, la lapide che era posta sopra la porta principale e l’arma di Spagna. Il monumento ha un suo sito web: https://www.fortedifuentes.it/. Altri link suggeriti: https://it.wikipedia.org/wiki/Forte_di_Fuentes, http://www.turismocolico.it/jhome/mnu-luoghi-e-monumenti/mnu-forte-di-fuentes.html, http://www.comoeilsuolago.it/fortefuentes.htm, https://www.youtube.com/watch?v=-mQ3EKXBtYc (video di etruscanwarrior), https://www.youtube.com/watch?v=hRTp8f6TxK4 (video di TeleUnica), https://www.youtube.com/watch?v=KdbxC3kkW4M (video di Sali in Vetta), https://www.youtube.com/watch?v=a62s7jLXUyU (video con drone di Dante Colombo).

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Colico#Forte_di_Fuentes, https://www.eccolecco.it/arte-cultura/castelli-lombardia/forte-di-fuentes-colico/

Foto: la prima è presa da http://www.leccoonline.com/articolo.php?idd=31329&origine=1&t=Colico%3A+7000+visitatori+al+Forte+di+Fuentes%2C+in+continua+crescita, la seconda è presa da https://lefotodiluisella.blogspot.com/2015/02/forte-di-fuentes.html (pagina di cui consiglio la visita)

lunedì 26 novembre 2018

Il castello di lunedì 26 novembre



CARUNCHIO (CH) - Palazzo Castelli

La prima menzione risale al 1173 ed è in una bolla papale nella quale vengono confermati i confini della diocesi di Chieti. In seguito fu dei d'Avalos, dei Marinelli e dei principi Caracciolo. Anticamente l'abitato fu in un'altra zona, forse in località Taverna, ma poi fu trasferito nell'odierno per via di incursioni saracene e slave. È sviluppato ad anelli concentrici sfalsati in quota convergenti nella parte più alta ov'era il castello di cui rimangono i ruderi. Inoltre rimangono i ruderi delle case-mura e della Porta Coluccia, numerosi sotto-portici ed una probabile casa-torre sita tra Via Umberto I, Via Coluccia e Via Nocicchio. Nel catasto onciario del 1742 è citata una Via dei Rinforzi dove erano site le mura urbane e le case-mura. L’epoca del primo impianto del castello viene fatta risalire al XIII-XIV secolo. Resti medievali sono rintracciabili nei primi registri della torre campanaria e nel mulino padronale di Palazzo Castelli. I palazzi fortificati (Castelli, Turdò), con la loro mole, sembrano evocare la forma dell’antico castello e possono aver reinglobato le strutture murarie dell’edificio fortificato. La stessa posizione della parte più elevata dell’abitato di Carunchio, oltre alla Chiesa di San Giovanni Battista (con una torre campanaria con forma più vicina a quella di torre di vedetta), è rilevante dal punto di vista strategico per il controllo della Valle del Treste e per la diretta comunicazione con Fraine, Roccaspinalveti, Liscia e Palmoli. Palazzo Castelli è costituito da un insieme di corpi di fabbrica, con corte interna, con forma quadrangolare. La veste attuale dell'edificio è sei-settecentesca. Altri link per approfondire: http://www.zonalocale.it/2016/09/22/carunchio-accordo-per-dare-nuova-vita-a-palazzo-castelli/22283?e=vastese, https://www.abruzzointour.it/carunchio.html, https://www.youtube.com/watch?v=cF_UjBV-egM (video di SuperMTDM)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Carunchio, http://www.altovastese.it/arte/palazzi-fortificati-castelli-e-turdo-di-carunchio-ch/, www.regione.abruzzo.it/xCultura/asp/redirectApprofondimentiBC.asp?.../Carunchio...

Foto: entrambe sono prese da https://www.pinterest.it/pin/392235448772263196/

venerdì 23 novembre 2018

Il castello di venerdì 23 novembre




FERENTILLO (TR) - Castello in frazione Monterivoso

Monterivoso o Casal Rivoso o Castel Rivoso, è un castello di pendio posizionato sui fianchi di Monte Sant’Angelo e si colloca tra i borghi più belli della Valnerina. E' situato lungo la strada che conduce al Salto del Cieco, passando per Precetto. Il nucleo più antico si fa risalire al XIII secolo. La parte più recente, dagli anni cinquanta si è sviluppata lungo le sponde del fosso naturale di Castellone. La Rocca domina l’abitato con la sua torre e la sottostante chiesa parrocchiale di Sant’Antonio Abate risalente al XIV secolo ma rimaneggiata verso la fine del XVI secolo.
Monterivoso dal XIII al XVIII secolo era una comunità assai ricca con un proprio Priore e un consiglio di anziani. Attivissime le Confraternite e le Compagnie religiose. Nella Visita Pastorale del Vescovo De Lunel (1571-1572) viene nominata la Confraternita del Rosario di Casal Rivoso e successivamente, visita del Vescovo Giacinto Lascaris (1711-1712 e 1713-1715). Vista la sua posizione geografica, Monterivoso, fungeva da controllo per il passaggio delle merci e del bestiame verso l’Alto Lazio. Su una collinetta, tra gli ulivi, lungo antica mulattiera che da Precetto immette in questa valle, si erge ancora la chiesetta di San Nicola de’ Casarioso risalente al XIV secolo. Svetta in alto l'antica torre quadrata di avvistamento, riportata agli originari splendori da un accurato restauro, ed oggi visitabile. Altro link suggerito: http://www.luoghidelsilenzio.it/umbria/02_fortezze/01_valnerina/00036/index.htm

Fonti: http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-monterivoso-ferentillo-tr/, http://www.umbria.website/content/monterivoso-ferentillo

Foto: la prima è presa da http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-monterivoso-ferentillo-tr/, la seconda è presa da http://www.luoghidelsilenzio.it/umbria/02_fortezze/01_valnerina/00036/index.htm

Il castello di giovedì 22 novembre





BETTOLA (PC) - Castello di Spettine

Spettine è una frazione del comune di Bettola. Poche sono le notizie riguardanti questo fortilizio posto a controllo di una delle strade di collegamento fra le valli del Nure e del Trebbia. Il primo possesso del castello fu certo della nobile famiglia che appunto dalla località prese il nome: i Da Spettine che annoverarono personaggi di rilievo nell'ambito piacentino in epoca comunale. Da citare, in particolare, Guglielmo Da Spettine, che, nel 1272 fu canonico di S. Antonino e decano di Antiochia nonché cappellano di Papa Gregorio X (il piacentino Tebaldo Visconti) e fece a lungo parte dell’entourage del cardinale Ottobono Fieschi; oppure Albertino che nel 1304 fu podestà di Alba e quindi di Asti; ed ancora Pietro, podestà di Tortona nel 1305. Nel 1396 il duca Gian Galeazzo Visconti diede procura ad Antolino de Angusolis, podestà di Pavia, affinchè comprasse a suo nome il castello di Spettine. Il fortilizio fu assediato nell'aprile del 1440 dal conte Giovanni Anguissola e dai suoi seguaci che provocarono gravi danni alla Val Nure. In seguito il feudo di Spettine, unitamente a quelli di Macerato, Pradovera e Montebarro, passò agli Anguissola i quali ne vennero privati nel 1462 da Francesco Sforza, duca di Milano per avere Onofrio Anguissola, in quello stesso anno, capeggiato una sollevazione di contadini. Dopo l'uccisione dell'Anguissola, avvenuta nel castello di Binasco presso Milano dopo molti anni di prigionia, il duca investì di quei beni il suo camerario, Gian Francesco Attendolo. Ai primi del Cinquecento il conte Gian Ludovico Caracciolo (condannato a morte e giustiziato per tradimento nel 1517) otteneva dal re di Francia conferma della sua signoria su varie località della Val Trebbia e Val Perino e su metà del feudo di Spettine; la restante parte competeva invece al conte Francesco Maria Anguissola. E’ molto plausibile che, con l'affermarsi del potere centrale dei Farnese come guida del Ducato di Parma e Piacenza (istituito nel 1545 da Papa Paolo III), l'importanza degli antichi confini tra feudi appartenenti alle varie famiglie nobili sia venuta meno, e così la rilevanza dei castelli destinati a difenderli. Del resto, la maggior parte degli antici fortilizi si mostrava ormai inadatta a resistere alle nuove tecniche d'assedio, che prevedevano un sempre maggiore impiego di armi da fuoco. Da sottolineare che già dalla seconda metà del XVII secolo il castello di Spettine cessò, di fatto, di comparire negli annali storici locali. E’ quindi possibile che, in linea di massima, da quel momento sia stato abbandonato e lasciato andare in rovina. Il castello presenta un corpo centrale (quasi certamente il primitivo, affiancato da altri edifici eretti in epoca successiva. La parte più antica sovrasta in altezza le altre e conserva nelle muraglie tracce di archi in arenaria. Nella stanza a pianterreno, al di sopra di altrettante porte che si fronteggiano, si notano capaci forni. A piano terra di uno degli edifici, la cui costruzione risalirebbe al 1500, si trova un'ampia sala con un grande camino in arenaria e soffitto ligneo a cassettoni; la tradizione vuole che fosse l'aula in cui si teneva giustizia. Un'altra parte del complesso risale invece al 1668, come conferma la data scolpita in una pietra. Di fronte al corpo centrale esiste un'altra costruzione nella cui parte superiore era l'oratorio privato del castello. Due locali con accessi bassi e in origine privi di finestre, sono rispettivamente indicati come "la prigione degli uomini" e la "prigione delle donne". Per quanto il castello versi in grave stato di abbandono (è in larga parte ricoperto dalla vegetazione e presenta, purtroppo, crolli sempre più evidenti e significativi), la prigione delle donne - che si distingue per una evidente seduta per i bisogni corporali - è rimasta perfettamente conservata. L'ambiente di modeste dimensioni prende aria da una feritoia e bocca di lupo, mentre il carcere maschile si presenta più ampio, ma privo di sedute. All'interno della sala della giustizia, al pian terreno del castello di Spettine, le pareti sono rivestite di firme incise nell'intonaco. Interessante un volto umano ricavato dai diversi strati di pittura murale e delineato con il carbone del camino. Degna di nota è anche la chiesa, posta sul ciglio del dirupo che aggetta sulla valle. L’edificio è in rovina ma se ne possono scorgere le caratteristiche di edificazione; si può ad esempio osservare la pianta a croce latina con l'altare rivolto ad oriente. Non mancano inoltre le notizie sull'importanza di questo edificio nei secoli passati. Era certamente la più antica della Provincia ed è risaputo che vi si tumulavano salme provenienti dai paesi limitrofi. Nonostante le sue condizioni di evidente rovina, il castello continua a dominare, imponente e misterioso, nel mezzo dei colli piacentini. E' raggiungibile soltanto a piedi, o con mezzi fuoristrada. Il complesso è stato acquistato da un privato che lo sta ristrutturando. Altri link: https://www.youtube.com/watch?v=pyBAbif-3NI (video di Capu Drumart), https://www.youtube.com/watch?v=0IbXV4bB38U (video di Stefano Guarnieri), http://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/castelli/index.jsp?id=1714, https://www.facebook.com/pg/GiamesPhoto-Foto-Storie-e-Leggende-dallAppennino-delle-Quattro-Province-149986885100741/photos/?tab=album&album_id=490966754336084, http://www.moto-ontheroad.it/on-the-road/reportage-in-moto/emilia-romagna/

Fonti: http://www.altavaltrebbia.net/castelli/val-nure/2166-castello-di-spettine.html, testo di Paolo Panni su http://www.emiliamisteriosa.it/2013/08/il-misterioso-castello-di-spettine.html,

Foto: la prima è di Simone Segalini su http://simonesegalinitrekking.blogspot.com/2018/05/escursione-da-spettine-al-monte-santanna.html, la seconda è di Paolo Panni su http://www.emiliamisteriosa.it/2013/08/il-misterioso-castello-di-spettine.html

mercoledì 21 novembre 2018

Il castello di mercoledì 21 novembre




MONTEBUONO (RI) - Borgo fortificato di Fianello

Nell'Abbazia di Farfa è custodito un documento dal quale risulta che nel 1036 d. C. il Castello di Fianello fu "ceduto" all'Abbazia da un certo Berlengario con le quote della moglie Bizanna e delle figlie Susanna ed Erlengarda. Da altre ricerche storiche è risultato che, nel Medioevo, Fianello è stato possedimento del Ducato longobardo di Spoleto (591-800 d. C.), poi dei Savelli e, nel Rinascimento, degli Orsini. Il cattivo governo dei rettori pontifici portò vari paesi della Sabina alla ribellione (Fianello 1352, Rieti 1375): i territori ribelli furono messi al sacco. La formazione del borgo di Fianello risale al periodo medioevale. Le fortificazioni erano surrogate da una cintura di case addossate le une alle altre, i cui abitanti andavano a costituire l'anello più estremo dell'organizzazione sociale del borgo. E' evidente l'estrema aderenza dell'abitato alla situazione geo-morfologica del terreno: struttura anulare, pseudo-concentrica, il cui margine era abitato dai soggetti più umili e le cui fasce più interne dai cittadini via via più vicini ai gentili. Il borgo è arroccato su un colle di media altezza, un centinaio di metri rispetto al fondovalle. La struttura urbanistica, chiusa da due porte, non presenta le smagliature assai frequenti negli abitati medievali italiani dove, man mano che la popolazione aumentava, si occupavano anche i versanti dei colli. Fianello, secondo il Tomassetti, -"delizioso castello posto in una valle con fecondo territorio e buoni fabbricati"- possedeva un monte dei pegni ed un monte frumentario ed una Fondazione per l'Ospedale, la cui attività consisteva nel distribuire pane a tutte le famiglie il giorno del sabato santo, questa enorme quantità di pane veniva cotta nel Forno Monumentale, ancora esistente e funzionante. Il Palazzo Savelli-Orsini sorge su di un lato della Piazza del Borgo (l'unico slargo topograficamente definito in tutto il piccolo abitato), il suo primo nucleo è databile intorno all'XI ed al XII secolo, la restante parte, unita alla prima mediante un sovrappasso, è databile intorno al 1500. Il suo ingresso si apre al di sotto del sovrappasso ed è presente un portale di fattura rinascimentale tuttora in ottimo stato di conservazione. Gli scantinati, voltati a botte o a crociera, presentano ancora i segni della loro primitiva utilizzazione: depositi di olio e vino, che venivano lavorati negli stessi ambienti (buche scavate nel terreno e rivestite di laterizi). Fianello possedeva alcuni frantoi ove si produceva l'olio con macine in pietra mosse dall'asino (ne restano due). Il Palazzo ora si trova in una seria situazione di degrado, solo un importante intervento di recupero potrà riportarlo al vecchio splendore ed alla sua fruizione. La Piazza del Borgo, malgrado le sue ristrettissime dimensioni (è larga appena una decina di metri), riassume in sè tutti i simboli-cardine della gerarchia medievale. Infatti è presente - sul lato opposto al palazzo - la chiesa di S. Giovanni Battista, edificata nel 1571 su altra preesistente d'impianto tardo-romanico (al suo interno vi sono quadri restaurati dalle Belle Arti ed una statua lignea della Madonna del 1600) e la Torre medievale longobarda, che prima di essere inglobata nella chiesa era forse isolata ed aveva funzioni difensive e cultuali, raro esemplare di torre pentagonale con volta a vela ancora intatta (sec. VI°-VII° d. C.). Altre testimonianze del primitivo borgo sono: la Porta meridionale (o da piedi) - costruita in marmo rosso di Cottanello in cui si possono ancora vedere i fori dove veniva inserito il palo di chiusura della porta - e la torre meridionale, occupata alla fine del Medioevo da due appartamenti e da un frantoio dismesso nel 1960. Sotto il borgo di Fianello sono presenti molte grotte medievali, usate come via di fuga; in una di queste è possibile visitare il percorso sotterraneo, in cui è possibile ammirare i resti di antiche creature vissute nel mare che insisteva milioni di anni fa. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=VO9LbtpEZPw (video di Filippo Mascioli), https://www.youtube.com/watch?v=_8zEqL_ofgA (video di Luciano Luciano), http://www.fianello.it/, http://www.fianello.it/percorso_culturale_FIANELLO_in%20SABINA.pdf

Fonti: http://www.fianelloborgo.it/index.html, https://it.wikipedia.org/wiki/Fianello_Sabino

Foto: la prima, relativa al Palazzo Savelli-Orsini, è presa da http://www.gosabina.com/gallerie/fianello-un-borgo-medievale-dove-il-tempo-si-e-fermato/48/; la seconda, è presa da https://www.tripadvisor.es

martedì 20 novembre 2018

Il castello di martedì 20 novembre





OTTONE (PC) - Castello Malaspina

Il territorio entrò nei possedimenti dell'abbazia di San Colombano di Bobbio, fondata da san Colombano nel 614. Prima fondazione in Ottone con l'oracolo di San Bartolomeo e le celle di Ottone Soprano e Fabbrica e i possedimenti di Oneto, Cariseto, Croce, Santa Maria e Cà Fredda. Dopo la caduta dei Longobardi a opera di Carlo Magno, il Sacro Romano Impero costituì i feudi imperiali, all'interno della Marca Obertenga, con lo scopo di mantenere un passaggio sicuro verso il mare, assegnò Ottone, con molti dei territori limitrofi, alla famiglia dei Malaspina che vi eressero un castello successivamente divenne centro pievano ed il castello della Marca Obertenga, il feudo divenuto marchesato con il titolo di Croce di val Trebbia, passò successivamente ai Fieschi ed ai Doria come contado o Feudo di Montagna, unendo al feudo di Croce anche i feudi di Cariseto e Casanova. Il contado di Ottone, dipendente poi dal Marchesato di Torriglia, è documentato ancora come autonomo fra il 1548 e il 1797 sotto i Doria separato dagli altri feudi definiti come Stati o Feudi di Montagna come Torriglia, Carrega Ligure, Garbagna e S. Stefano d'Aveto. I confini erano posti a sud-est con S. Stefano d'Aveto, a sud con Torriglia, Campi e la signoria di Fontanarossa di Gorreto, a sud-ovest con Carrega Ligure, a est in Val Nure con il Ducato di Parma e Piacenza e col piccolo feudo di Orezzoli, a ovest con il Marchesato di Pregòla e a nord con il Ducato di Milano. Le comunità del contado erano composte: Rovegno e Loco, Pietra Nera e Foppiano, Cariseto con Selva, Lisore e Rovereto, Casanova, Ponte e Carisasca con Traschio, Lozo [e Pratolongo], Gramizzola con Croce e Garbarino, Gorreto (fino al 1640), Il borgo di Ottone [Ottone, Frassi e Fabbrica (passati ai Doria dopo il 1652), e Cà], Ottone Soprano e Monfagiano, Oneto e Santa Maria con Abrà, Serra e Castello, Cerignale e Zerba. Con la nuova dominazione francese napoleonica, vi fu l'abolizione dei feudi imperiali, il contado di Ottone dal 2 dicembre 1797, rientrò nel Dipartimento dei Monti Liguri Orientali, con capoluogo Ottone, all'interno della Repubblica Ligure. Dal 28 aprile del 1798 con i nuovi ordinamenti francesi, fece parte del II cantone della Giurisdizione dei Monti Liguri Orientali e dal 1803 del IV cantone della Trebbia nella Giurisdizione dell'Entella. Dal 13 giugno 1805 al 1814 venne inserito nel Dipartimento di Genova aggregandolo alla giurisdizione di Bobbio. Il castello fu costruito dai Malaspina nel 1164, acquistato da Gian Luigi Fieschi nel XVI secolo e poi passò ai Doria che lo possedettero fino al 1797, quando fu trasformato in carcere. Il possente complesso fortificato, a controllo del "guado" sulla Trebbia e sulle mulattiere ivi confluenti, domina un ampio tratto di valle, quasi a perpendicolo sul rio Fosselino ed il torrente Ventra, marcati confini di levante e di ponente il suo antico borgo. Era considerato inespugnabile ed ancora incute rispetto la notevole mole in pietra ben squadrata, secondo lo stile romanico rustico. Perfettamente conservato, anche grazie alle intelligenti cure dei proprietari, rappresenta una colorata pagina di storia, medievale/moderna, non solo locale. L'insieme delle fortificazioni consiste in due strutture indipendenti, poste a breve distanza tra loro ed un tempo racchiuse in una stessa cerchia muraria di cui permangono imponenti tracce. La più grande è una massiccia torre medievale, forse l'antico mastio, rimaneggiata nel XVII secolo, mediante corpi di fabbrica disposti lungo i lati, a valle e a monte del nucleo originale. La "ristrutturazione" consentendo il raddoppio delia superficie interna, ha permesso l'ampliamento delle prigioni, la realizzazione di una nuova cappella e dello scalone d'accesso al 1° piano, disponibilità di ulteriori ambienti, per uso militare o signorile. La seconda torre, giunta quasi intatta fino a noi, è detta "il Paraso" (= il Palazzo) e rappresenta, di certo, la parte più antica ed interessante del fortilizio, con mura a scarpata, di rinforzo e slancio; strette, rare feritoie; eccellente posizione strategica sul sottostante borgo. Attualmente il castello è di proprietà privata. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=y5_uAmRLEF4, https://www.youtube.com/watch?v=gjJVW6EUao0, https://www.youtube.com/watch?v=YrqKI4FylNc, https://www.youtube.com/watch?v=TM47fAKvYp8, https://www.youtube.com/watch?v=sqn_WIGfYRk, https://www.youtube.com/watch?v=jYtJi05flpk (tutti video di MI SA), http://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/castelli/index.jsp?id=1796

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Ottone_(Italia), http://www.altavaltrebbia.net/castelli/alta-e-media-val-trebbia/2103-castello-di-ottone.html,

Foto: la prima è di Ivan Ascione su http://www.altavaltrebbia.net/galleria/picture.php?/4501, la seconda è di Andrea Bagnasco su http://www.altavaltrebbia.net/galleria/picture.php?/8022

lunedì 19 novembre 2018

Il castello di lunedì 19 novembre




BRIATICO (VV) - Rocchetta e Torre Sant'Irene

Sulla spiaggia di Briatico restano solo due delle 5 torri del sistema difensivo antiturco (erano poste a distanza di 3,5 km l’un l’altra, in modo tale da poter diramare velocemente segnali di allarme): la Rocchetta, alta torre di vedetta costiera a pianta pentagonale costruita in origine dai greci, ricostruita dai romani e in seguito rimaneggiata in epoca medievale; Torre Sant’Irene, eretta dal governo vice Reale Spagnolo a vedetta contro le incursioni barbaresche. La Rocchetta è ubicata sulla spiaggia a poche centinaia di metri dal porto vibonese. Eretta probabilmente nel secolo X o secondo altre fonti nel 1270 per la difesa dalle incursioni saracene, la torre sorge imponente in riva al mare in completo disfacimento. Era adibita anche a difesa delle industrie di cui era dotata la zona: le fabbriche del vetro e del sapone, nonché i Molini Feudali che allora servivano tutta la zona per la macinazione del grano e di altri cereali. Particolare è la forma pentagonale, che la contraddistingue dalle altre torri poste lungo il litorale che hanno tutte forme circolari o quadrate. Inoltre inusuale sembra la posizione posta a ridosso del litorale e non all’interno della costa sulle alture come sono ubicate le altre torri costiere. Al suo interno è possibile intravedere un piano di ingresso ed alcuni gradini che costituivano le scale di accesso ai piani superiori. Oggi è il simbolo di Briatico nel mondo. Nei pressi della torre è da visitare l’antico Mulino della Rocchetta.
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L’altra torre oggi ancora visibile è Torre Sant’Irene, che prende il nome da una antica chiesa dedicata proprio a questa santa.

Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=ycBdhzYCEUM (video di Ornella Scofano), https://www.youtube.com/watch?v=ot64GRjITpg (video con drone di Francesco Sannino)

Fonti: testo di Maria Lombardo su http://www.calabria.travel/storia-della-calabria/torre-della-rocchetta-e-torre-santirene-di-briatico/, http://www.turismoincalabria.it/la-perla-di-calabria.asp?perla=la-rocchetta-di-briatico, http://www.calabriaorizzonti.com/index.php/archeologia/118-torri-vv/428-briatico-torre-la-rocchetta

Foto: le prime due, relative alla Rocchetta, sono prese rispettivamente da http://www.comune.briatico.vv.it/index.php?action=index&p=213 e da http://www.poro.it/briatico/.
Infine la terza, relativa a Torre Sant'Irene, è presa da https://www.mondimedievali.net/castelli/Calabria/vibovalentia/briaticeufem01.jpg

venerdì 16 novembre 2018

Il castello di venerdì 16 novembre



TRENTO - Torre Arcidiaconale (o del Massarello)

Ubicata all’angolo tra via S. Trinità e vicolo della Storta, l’austera torre a pianta quadrangolare è una massiccia costruzione medievale che si eleva per 4 piani (circa 18,5 metri). La sua funzione originaria era di caposaldo angolare del sistema fortificato nella contrada di Borgonuovo (un ampio agglomerato che si estendeva da Porta di S. Croce fino all’attuale via Santa Trinità), formatasi tra i secoli XII-XIII. Era residenza degli arcidiaconi del Capitolo della cattedrale, e fu l’abitazione dell’arcidiacono Martino Neideck. Per tutta la durata del Concilio di Trento (1545-1563) vi dimorò il segretario generale del Concilio, Angelo Massarelli da San Sepolcro e a ciò si deve la nominazione attuale (nel ventennio in cui vi abitò egli scrisse tutte le memorie del Concilio stesso, gli “Acta Concilii” e i “Diaria”). Nel 1546 vi prese alloggio anche il vescovo di Piacenza Catalano Trivulzio. Nelle case vicine vi alloggiarono Ludovico Beccadelli, arcivescovo di Ragusa, Girolamo Gallerato, vescovo di Sutri e Mozio Calini, arcivescovo di Zara. La torre che presenta fasi costruttive diverse, con interventi cinquecenteschi e settecenteschi, è stata oggetto di restauro negli anni ’70 del Novecento. In tale occasione emersero alcune evidenze architettoniche che permisero di definire la fisionomia della casa-torre e la sua evoluzione: la sopraelevazione dell’intero edifico, la scomparsa del coronamento merlato, l’apertura di nuove finestre architravate e il tamponamento dei fori con arco a tutto sesto. La copertura della costruzione è a falde ed è caratterizzata da capriate in legno; il manto di copertura è in coppi. Le facciate nord ed est della Torre sono caratterizzate da forature di dimensioni e fatture diverse che permettono di leggere le differenti epoche di intervento sulla torre: dalle aperture ad arco di fattura tardo medievale alle finestre architravate di fattura tardorinascimentale. Diverse sono le corniciature dal semplice arco a conci, a quelle caratterizzate da elementi lavorati con fregi, a quelle con architrave semplice. Sul lato nord è situato l’accesso principale ad un livello più basso rispetto al piano del marciapiede, è caratterizzato da un portale ad arco a tutto sesto. A sud del corpo principale della Torre si sviluppa su tre piani un elemento architettonico di fattura tardomedievale, che ingloba il sistema delle scale che permettono l’accesso ai diversi piani dell’edificio Torre. Tale elemento è caratterizzato nella facciata sud da delle grandi forature al primo e al secondo piano e da un poggiolo in legno al secondo piano. Sul lato est si trova la porta di accesso rettangolare architravata, con corniciature in pietra lavorate a toro e trochilo. L’impianto romanico, visibile oltre dagli spessori parietali anche dalla scelta dei materiali impiegati quali il calcare bianco e successivamente il calcare rosa proveniente dalle cave del Trentino, fu successivamente modificato in età gotica e fino alla seconda metà del
Settecento, epoca in cui furono aperte le quattro finestre prospicienti via Santa Trinità e lo stile edilizio divenne più rifinito nei materiali. Al primo piano sono visibili due decorazioni ad affresco:
1) una rinascimentale con motivi di girali fogliati animati con putti, attribuibili alle migliorie del XVI secolo;
2) una di gusto tardogotico in modo fluidamente continuo (ovvero senza corniciature delle pareti) organizzata in tre registri:
in alto corre una fascia a motivi fitomorfi, al
centro troviamo un motivo policromo a scacchiera, in basso un finto drappeggio.

Nella sala del caminetto si conservano lacerti di affreschi rinascimentali, che attestano l’esecuzione di lavori di miglioria nel
 corso del Cinquecento. Addossato alla Torre ed al lacerto di mura che si dipartono sul lato est della stessa, si trova un fabbricato ad un piano fuori terra che prosegue, collegato da un passaggio coperto, a sud della Torre verso il confine con Palazzo Roccabruna posto ad ovest della stessa. I fabbricati sono di epoca più recente e derivano dalla trasformazione di tettoie e magazzini in edifici di pertinenza. La copertura di entrambi è ad una falda con struttura in legno e manto in coppi. Durante i lavori di restauro nella torre degli anni '70 del Novecento, emersero all'interno della torre, nel cosiddetto Salone degli affreschi, alcuni motivi a scacchiera databili al XIV e XV secolo. L'ignoto frescante durante le fasi di dipintura murale si dilettò tratteggiando il profilo di un volto incappucciato!
Altri link suggeriti: http://www.giornaletrentino.it/cronaca/trento/la-torre-del-massarello-venduta-per-2-milioni-di-euro-1.1223284, https://www.youtube.com/watch?v=YpRXZV9hGXE (video di trentinoitaly)

Fonti: http://www.castellideltrentino.it/Siti/Torre-di-Massarello-o-casa-torre-Arcidiaconale, https://www.roccafortetrentina.com/torre-del-massarello/

Foto: la prima è presa da http://www.castellideltrentino.it/Siti/Torre-di-Massarello-o-casa-torre-Arcidiaconale, la seconda è di Matteo Ianeselli su https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Trento-Torre_del_Massarello_2.jpg

giovedì 15 novembre 2018

Il castello di giovedì 15 novembre



ALTIDONA (FM) - Castello

Il comune di Altidona è situato a sud ovest della provincia di Fermo e conta una popolazione di quasi 3.300 abitanti. Il cuore del comune, che fa parte dell’Unione Comuni Valdaso, è costituito da un centro storico, ricco di interessanti elementi architettonici e di storia,ed è posto su di un’amena collina che domina dall’alto (220 m s.l.m.) la porta di ingresso alla Valle dell’Aso. Oltre al centro storico è presente una frazione “Marina”, più densamente popolata che, con una spiaggia di circa 3 Km e diverse strutture ricettive, assume una forte connotazione turistica balneare. L’etimologia del nome è incerta. Alcuni, fra cui Giuseppe Speranza, Dehò e Ciucci, lo farebbero derivare da “altino” dei Pelasgi; altri, fra cui il Brandimarte, accomunerebbero l’origine dei nomi Altidona e Lapedona, richiamando l’analogia di essi con quelli delle città fondate dai Siculi e dai Liburni come Ancona, Ortona, ecc. La costruzione del castello risale al medioevo. Il Brandimarte afferma che intorno al castello di Altidona ve n’erano altri, ora scomparsi. La sua storia è strettamente legata a quella di Fermo. Le notizie ad esso attinenti fino al 1653, sono desunte dai documenti storici che riguardano questo ed altri paesi, soprattutto nella città di Fermo, poiché, in detto anno, andarono perduti importanti documenti a causa di un incendio che distrusse l’Archivio parrocchiale. Alla caduta dell’Impero Romano, Altidona con Lapedona e Fermo, subì le vicende storiche dell’Agro di Palma (da cui l’odierna Torre di Palme). Dopo le invasioni barbariche, cadde in mano dei conti feudali; e in tale epoca era importante il castello di San Biagio in Barbolano. Per quanto riguarda le guerre con i vicini, si ricorda nel 1202, Altidona e Lapedona, Fermo, Macerata, Morrovalle, Monte Lupone, Monte Santo (=Potenza P.), Monte Granaro, Monte San Giusto, Osimo, e altri uniti in confederazione, mossero guerra contro Ancona, S.Elpidio, Civitanova, Corridonia, Recanati, Castelfidardo, Camerano, Montefano, Senigallia e Pesaro. Si combatté aspramente e gli Altidonesi con i loro alleati, furono vincitori; poi si concordò la pace conclusa a Polverigi. La città di S.Elpidio fu condannata a riedificare Monte Urano. Nel 1244 risultano signori del castello Trasmondo e Corrado Lopi di Altidona. Nel 1314 i monaci di Farfa che avevano proprietà ad Altidona fronteggiarono la ribellione autonomistica degli enfiteuti che furono perciò scomunicati dal monastero. Ormai Altidona era divenuto un castello con la cittadinanza di Fermo. Nel 1444 la guarnigione che il conte Francesco Sforza teneva in Altidona, fece una scorreria nella vicina Montefiore, saccheggiando le case e prendendo un gran numero di prigionieri. Nel 1507 figurava tra i castelli di Fermo di secondo grado. Il suo passato è ricco di vicende che ne testimoniano il carattere bellicoso e ribelle. Nel 1808 si ribellò ai rappresentanti del governo napoleonico. Nell’archivio comunale si conserva una nota dei danni che gli Altidonesi subirono dalle truppe francesi; che non risparmiarono nessuno, neppure tal Giuseppe Ciotti, che il giorno dell’arresto aveva salvato il sindaco dall’ira popolare. Sappiamo inoltre che durante il primo Regno Italico, Altidona è stata la sede di un Governo da cui dipendevano Lapedona e Moresco. Nel 1812 vi fu costruito il Cimitero. Inoltre fu eretto un Semaforo di prima classe per controllare le navi sul mar Adriatico. Dopo la caduta di Napoleone Altidona e Lapedona restarono unite sino al 1829. Nuovi gravi dissidi in seguito si manifestarono quando parlò di unire i due comuni. La visita al piccolo borgo può iniziare facendo il giro esterno della mura, che sono in buono stato di conservazione. Alcune aperture in esse permettono l' accesso al centro storico, come la Porta da Sole nel tratto meridionale. Si tratta di una doppia rampa di scale in mattoni a vista che porta a uno dei tanti terrazzi belvedere affacciati sulle rigogliose vallate dell' Aso a sud e Molinetto a nord. La cerchia di mura cittadine, su cui si appoggiano molte abitazioni, è quasi integra nella parte meridionale ed è difesa da un alto torrione che la difendeva questo lato e la vicina Porta dei Leoni, poco più a sinistra, ingresso orientale del borgo. In piazza Cesare Battisti, nei pressi della Porta dei Leoni, c' è l'antica fonte dove gli antenati degli attuali altidonesi attingevano l'acqua per le loro case e, in un angolo del belvedere spicca la torre di avvistamento, dalla quale lo sguardo spazia dalla Valle dell'Aso alle spiagge adriatiche. Come molte altre cittadine storiche delle Marche, anche Altidona è quasi completamente costruita in eleganti mattoni a vista, grazie anche al fatto che in passato era famosa e fiorente l' attivita' degli altidonesi come fornaciai di mattoni in terra. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=oL_66-kkEbY (video di Marca Fermana EN), https://www.youtube.com/watch?v=b6t0S9GVPnA (video di Luigi Manfredi)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Altidona, http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-altidona-fm/, http://www.themarcheexperience.com/2015/10/altidona-fm-grandioso-castello-con.html

Foto: la prima è presa da http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-altidona-fm/, la seconda è presa da http://www.luoghidelsilenzio.it/marche/07_castelli/04_fermo/00010/index.htm (da visitare per vedere molte altre foto del borgo fortificato)

mercoledì 14 novembre 2018

Il castello di mercoledì 14 novembre




AFRAGOLA (NA) - Castello

Dal secolo X iniziò a manifestarsi un ripopolamento di tutta la Pianura Campana. Il sito della futura Afragola era occupato da diversi pagi, villaggi rurali di piccola dimensione, occupati dai coloni delle vastissime terre: Arcopinto (a ovest dell'attuale centro storico cittadino, verso Frattamaggiore), Arcora (a sud - est), Salice (a sud), San Salvadore delle Monache (sito non ben definito ma a nord dell'attuale centro, presso il Clanio), Cantarello (a sud). Tra XII e XIII secolo questi villaggi cominciarono ad essere assorbiti da insediamenti demici più grandi, riuniti ciascuno intorno ad una chiesa: Santa Maria d'Ajello, San Giorgio e San Marco. Afragola si formò nel Duecento dal progressivo ampliamento e dal conseguente saldamento di queste tre entità demiche principali. Diverso fu il caso di Arcora, mai incorporato nel tessuto urbano primigenio per la sua lontananza e che nella seconda metà del Duecento risultava addirittura spopolato. Risulta quindi senza fondamento la tradizione che vuole che la città sia stata fondata nel 1140 dal re Ruggero II di Sicilia, detto Ruggero il Normanno, il quale avrebbe distribuito terre incolte ai suoi veterani. L'episodio è raffigurato nell'affresco della sede municipale, eseguito dal pittore Augusto Moriani nel 1866. Tale tradizione è stata già da tempo riconosciuta come falsa dallo storico ottocentesco Bartolommeo Capasso. Parte del suo territorio fu feudo dell'arcivescovo di Napoli e uno dei "casali" considerati parte integrante di Napoli. Alcune terre furono possesso feudale di vari personaggi, mentre altre appartenevano al demanio regale; la collettività locale si era organizzata in una universitas guidata da un syndicus. Nel 1576 l'universitas acquistò i diritti della parte feudale e della parte demaniale del suo territorio, mentre il re si riservava il diritto di nominare un governatore per l'amministrazione del "casale". Nel 1639 il duca di Medina, viceré di Napoli, decise la vendita dei "casali" per finanziare la guerra dei Trent'anni e gli abitanti di Afragola furono costretti a versare nuovamente una considerevole somma di denaro. Nel 1799 Afragola partecipò alla Repubblica Napoletana e fu issato nell'attuale piazza Municipio l'albero della libertà. Il Castello Angioino sorge vicino alla Parrocchiale di San Giorgio. La sua costruzione risale al 1337 ed è opera della famiglia Durazzo, ramo collaterale di quella Angioina. Secondo la tradizione fu residenza della regina Giovanna II d'Angiò. Si presentava in origine come un vasto quadrilatero protetto da quattro torri e circondato da un fossato, più tardi riempito. Le vicende storiche succedutesi fino ad oggi hanno causato una tale metamorfosi della struttura che diventa arduo rintracciarne i resti trecenteschi: attualmente, il castello si presenta come un enorme caseggiato. Nel 1420 qui si insediò la famiglia Capece-Bozzuto, che trasformò l'edificio da maniero in abitazione. Con il passare del tempo, il fossato è stato colmato, dando spazio ad alcune costruzioni che sono state addossate lungo il perimetro delle vecchie mura. Nel 1571 fu venduto alla universitas, corrispondente all'attuale comune. In stato di degrado fu venduto nel 1726 a Gaetano Caracciolo del Sole, duca di Venosa, che lo restaurò. Grazie al proprietario dell'epoca il castello ha conosciuto lo sfarzo e lo splendore tipici delle residenze aristocratiche napoletane. Nel 1823 è stata creata, grazie ai tre governatori Castaldo, Alfieri e Ciaramella, eletti dal Consiglio Comunale, la cappella della Vergine Addolorata, sul cui ingresso è esistita l'ultima torre dell'antico castello. In quel periodo il complesso presentava un vasto giardino interno con una bella edicola votiva raffigurante la Vergine Addolorata che protegge sei religiose ai suoi piedi. Dalla fine dell'800 l'edificio, nuovamente in abbandono alla fine del secolo, vi fu installato un orfanotrofio. Attualmente l'edificio ospita una scuola dell'infanzia e primaria paritaria, denominata Addolorata, il cui ente gestore è la Città di Afragola, la cui frequenza è gratuita. Tale scuola è erede dell'orfanotrofio gestito dalle Suore Compassioniste Serve di Maria nel secolo scorso in base a un protocollo d'intesa, non più vigente, siglato tra la fondatrice della Congregazione, la beata suor Maria Maddalena Starace, e l'amministrazione comunale. La Congregazione ha ancora una comunità nel castello, che ospita anche il centro di accoglienza diurno "Il Bruco", semiconvitto per ragazzi in difficoltà gestito da una cooperativa sociale. Nel 1892 il piccolo tempio nel castello venne distrutto, insieme all'ultima sua torre, da un terribile fulmine. Nel nostro secolo il castello Angioino ha subito ulteriori modifiche, con alterazioni strutturali e abbattimento di quel poco che restava del vecchio maniero. Il castello, in seguito ai numerosi interventi effettuati, non conserva nulla dell’antica struttura: tutte le caratteristiche tipiche del forte sono state rimosse per dargli l’aspetto simile a un caseggiato. Nella corte è ancora oggi possibile ammirare un affresco rappresentante la Vergine, un po’ sbiadito dal tempo. Altro link per approfondire: http://vetusetnovus.blogspot.com/2018/05/il-castello-di-afragola-una-difficile.html

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Afragola, https://www.geoplan.it/luoghi-interesse-italia/monumenti-provincia-napoli/cartina-monumenti-afragola/monumenti-afragola-castello.htm, http://www.mondimedievali.net/castelli/campania/napoli/provincia000.htm#afragol

Foto: entrambe (la seconda raffigura il castello al tempo della I Guerra Mondiale) sono prese da http://vetusetnovus.blogspot.com/2017/12/afragola-darte-il-castello-nota-storica.html

martedì 13 novembre 2018

Il castello di martedì 13 novembre





CASTELFRANCO VENETO (TV) - Castello

Castelfranco Veneto deve il proprio nome al castello "franco" (esente) da imposte per i suoi primi abitanti-difensori. L'insediamento murario di Castelfranco fu fondato tra il 1195 ed il 1199 quando il Comune di Treviso, da poco formatosi, sentì la necessità di presidiare il confine con le rivali Padova e Vicenza, in un'area dove il fiume Muson rappresentava l'unica effimera demarcazione naturale. Il luogo prescelto era posto in una posizione strategica: un terrapieno preesistente sulla sponda orientale del corso d'acqua, prossimo alla confluenza tra le vie Postumia e Aurelia e in posizione centrale tra i fortilizi signorili di Castello di Godego e Treville e vescovili di Salvatronda, Riese e Resana. I lavori furono diretti dal conte Schenella di Collalto, che v'impiegò circa cinquecento maestri muratori e mille «guastatori» (manovali). In un decennio la costruzione poteva dirsi completa: attorno alle mura del castello fu scavato un fossato nel quale vennero deviate le acque di due immissari (acque di risorgiva) del Muson: l'Avenale ed il Musonello. Eretto il castello, il Comune di Treviso vi mandò una colonia di cento famiglie di uomini liberi, alle quali furono concessi poderi e case esenti da imposte e gravami, da cui il toponimo Castelfrancho: castello, per l'appunto, "libero" dalle imposte. Ne derivò la peculiare composizione della popolazione castellana, la cui gran maggioranza non era formata da soldati, ma da liberi cittadini. Gli spazi interni, tuttavia, non furono organizzati secondo un tipico impianto urbano: non esisteva una vera e propria piazza e gli edifici più importanti si distribuivano lungo la strada principale se non addirittura arretrati, come nel caso della chiesa (allora subordinata alla più antica Pieve Nuova, nell'attuale Borgo Pieve), l'ufficio contabile e l'infermeria. Il castello era governato da due consoli, in carica per sei mesi. Oltre ai normali compiti amministrativi, dovevano gestire la giustizia in nome del podestà di Treviso. Ciascun console (stipendiato 100 lire per l'intero periodo) doveva rispondere del proprio operato al compagno e agire contro di lui se violava la legge. Non passò molto tempo che Castelfranco dovette sostenere un primo assedio da parte dei Padovani (1215) ed un secondo, cinque anni dopo, sempre ad opera degli stessi nemici, alleati questa volta al vescovo di Feltre e Belluno. Nel 1220 Federico II di Svevia venne incoronato imperatore a Roma: le mire del sovrano sui territori veneti imposero una tregua tra Padova e Treviso, che venne però rotta quando apparve sulla scena Ezzelino III da Romano, il quale, desiderando impadronirsi di Padova, riuscì ad attrarre Treviso in un'alleanza contro Feltre e Belluno, alleati di Padova. Il vescovo delle due città però contrattaccò e, forte dell'alleanza con il marchese d'Este ed il Patriarca di Aquileia, irruppe nella Castellana saccheggiando Treville e incendiando Castel di Godego, feudo dello stesso Ezzelino. La risposta di Ezzelino fu drastica, e con l'aiuto imperiale sottomise tanto Treviso che Padova al suo dominio, divenendone Vicario imperiale. Per un dissidio tra Ezzelino ed il fratello, Alberico da Romano, il castello passò per trattato a Guglielmo di Camposampiero, che nel 1246 lo ritornò ad Ezzelino. Quest'ultimo lo fortificò ulteriormente con due gironi e una torre sul lato Sud (verso Padova); tornò infine a Treviso il 27 settembre 1259, alla morte del "tiranno". Nel 1329 Castelfranco passò a Cangrande della Scala, signore di Verona. Il 23 gennaio 1339 il castello passò, con Treviso, a Venezia. Dopo una breve dominazione dei Carraresi (1380-1388, nella persona di Francesco I da Carrara), di cui resta traccia negli affreschi interni alla volta della Torre civica (dove è raffigurato lo stemma con il carro a quattro ruote), Castelfranco seguì le sorti della Repubblica veneta superando anche la crisi determinata dalla Guerra della Lega di Cambrai, quando nel 1509 il castello fu occupato dalle truppe di Massimiliano d'Asburgo, che ne fece il proprio quartier generale. Conclusasi la guerra nel 1515, dal 1517 Castelfranco ritornò definitivamente sotto il dominio della Serenissima. Questo fu il periodo di massimo splendore per Castelfranco, specie dal punto di vista economico. La Repubblica favorì la colonizzazione del territorio e lo sfruttamento dei fondi ancora vacanti e, di conseguenza, si rafforzò la commercializzazione di prodotti agricoli; il tessuto urbano si consolidò con edifici in muratura con funzioni mercantili, caratterizzati da portici e magazzini ai piani terra; il mercato era presso il lato nord del castello, articolandosi in una parte per il bestiame e in un'altra per biade e ortaggi. Nel frattempo, la campagna divenne ambita meta di villeggiatura per le famiglie del patriziato, che qui eressero le loro ville. Questi fenomeni permisero a Castelfranco di tagliare progressivamente i legami con Treviso e di inserirsi autonomamente nel territorio. Al contempo, in città si sviluppò un vivace clima culturale, divenendo punto di convergenza per vari artisti e architetti. Nel Settecento, con la decadenza della capitale, Castelfranco si proiettò verso i centri della terraferma (prima fra tutte Padova) divenute i nuovi poli della cultura. Gli intellettuali provenivano da alcune famiglie patrizie ormai radicate in zona, come i Riccati, e promossero diversi interventi urbanistici, sia all'interno (duomo e teatro Accademico) che all'esterno delle mura (pieve nuova, ospedale di San Giacomo). L'elemento che più caratterizza Castelfranco è il castello, che ne racchiude il centro storico, eretto sopra un preesistente terrapieno, tra la fine del XII e primi decenni del XIII secolo, dal Comune medievale di Treviso, a presidio del turbolento confine verso le terre padovane e vicentine. Difeso da mura molto alte (circa 17 metri) e spesse circa m 1,70, di mattoni rossi, comprende sei torri, quattro delle quali sui vertici della base quadrata di 232 metri di lato, una sulla mediana sud (verso Padova), l'altra sulla mediana ad est (verso Treviso). Le mura sono prive di fondazione. Poggiano, infatti, su un basamento realizzato con la tecnica della muratura a secco. Il camminamento di ronda (dove si è conservato) sporge per m 1,75, sostenuto da archetti appoggiati su mensole in pietra. I Conti di Treviso posero nel castello due porte principali: una rivolta verso Treviso a l'altra verso Cittadella, denominata porta del Musile. Di più scarsa importanza le altre due porte, una detta dei Beghi dal nome di una famiglia illustre che aveva la sua casa vicina ad essa, l’altra detta dei “morti” perché attraverso di essa si conducevano i morti al cimitero vecchio della “chiesa di dentro”. Da un disegno antico conservato presso la biblioteca comunale si notano in totale sette torri. L'ultima, abbattuta, era posta sulla mediana ovest (verso Cittadella). Ultima guerresca testimonianza di lontani conflitti tra potenze comunali e feudali, la fortezza di Castelfranco perdette definitivamente la propria funzione strategica al termine del grandioso scontro tra gli eserciti della Repubblica di San Marco e quelli dei sovrani federati nella Lega di Cambrai, che ai primi del Cinquecento si erano affrontati nei territori veneti. La diffusione delle artiglierie rese infatti quasi inutile, sotto il profilo militare, l’esistenza della vecchia cinta muraria, ma il governo della Serenissima non ritenne opportuno né ordinarne la completa ricostruzione secondo i più recenti dettami dell’ingegneria, né, per nostra fortuna, farla atterrare. A poco a poco l’aspetto della fortezza mutò: scomparvero i cammini di ronda e il ponticello verso borgo San Giorgio, la “torre dei morti” venne trasformata in un campanile ad uso del duomo, furono abbattute parzialmente le mura e la torre volta verso Cittadella, venne ristretto e contornato da un dignitoso passeggio il fossato medioevale, fu demolita la porta dinanzi il ponte dei Beghi. Sopravvivendo alle ingiurie del tempo, alla stoltezza e alle nuove esigenze degli uomini, deposta ogni minacciosa sembianza, il castello divenne infine il simbolo della città, un elemento fondamentale, armonicamente inserito, del centro cittadino, ormai da secoli pacifico, caratteristico luogo di residenze e di mercati nell’ampio settore extra moenia. Davanti al poderoso mastio, adattato a torre dell’orologio civico, al “ponte dea saeata” si svolgeva il commercio di ortaggi. Gli dei della guerra erano volati altrove. I venditori vocianti avevano sostituito gli armigeri, le spade avevano lasciato il posto alle cicorie. Altri link suggeriti: http://www.castelfrancoveneto.it/entro-le-mura-del-castello/, http://www.castelfrancoveneto.it/storia/, https://www.comune.castelfrancoveneto.tv.it/index.php?area=14&menu=505&page=1786 (video), https://www.youtube.com/watch?v=Umn58xifpU0 (video di Massimo Bedendo).

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castelfranco_Veneto, https://www.comune.castelfrancoveneto.tv.it/index.php?area=14&menu=175&page=1774, https://www.geoplan.it/luoghi-interesse-italia/monumenti-provincia-treviso/cartina-monumenti-castelfranco-veneto/monumenti-castelfranco-veneto-castello.htm, http://www.prolococastelfrancoveneto.it/index.php/castelfranco-veneto/storia-di-castelfranco-veneto/, https://www.marcadoc.com/castelfranco-veneto/

Foto: la prima è presa da http://www.hotelallatorre.it/it/contattaci/, la seconda è una cartolina della mia collezione. Infine, la terza è presa da http://getyourimage.club/resize-november-13.html

lunedì 12 novembre 2018

Il castello di lunedì 12 novembre




LAPEDONA (FM) - Borgo fortificato

Lapedona è uno dei numerosi castelli del fermano che attorniano e difendono il capoluogo, fin dal passato. La sua caratteristica principale è che, assieme ai vicini Altidona e Campofilone, è un munito borgo fortificato a difesa degli attacchi dal mare e dal vicino confine con il piceno ascolano. E' costruito su un rilievo di 263 metri di altezza, tra due piccole e strette vallate che corrono parallele verso il mare Adriatico, da cui dista appena 5 chilometri. Lapedona è un antico borgo pieno di storia e monumenti, ben mantenuto e collocato in un suggestivo contesto agricolo, tra ondulate colline, piccoli boschi e verdi vallate. Come molti altri borghi marchigiani, anche Lapedona si è mantenuta integra nella sua cerchia muraria antica ed è solo attorniata da agglomerati urbani più recenti. Arrivando in paese dalla provinciale dal mare, si è accolti da possenti mura difensive, un 'erta rampa di accesso e dalla maestosa Porta Marina. Questa si apre in direzione sud est, con una bella visuale sulle non lontane spiagge fermane, ed è l' unico accesso carrabile al centro storico. Ha un aspetto trecentesco con un arco gotico a sesto acuto, munita di beccatelli e merli ghibellini. In realtà si tratta di una controporta costruita a pochi metri dal vero ingresso al borgo, sulla rampa d'accesso, che serviva principalmente per smorzare la foga delle cariche degli assedianti. L'origine di Porta Marina risale al XIV secolo, ma è stata rimaneggiata nei secoli scorsi, fino ad assumere l'attuale aspetto monumentale. Dell'originale, demolita nei primi del'900, rimane solo la decorazione in cotto dell'arco installato sopra l'attuale fornice. Di gradevole impatto scenico, si addossa ai resti delle mura civiche orientali e la merlatura risulta aggiunta in epoca recente. Una feritoia completa le difesa della struttura, mentre nello spessore murario è stata ricavata un'edicola votiva nei pressi della quale vi è murata una pietra in arenaria raffigurante una sirena e due pavoni che si abbeverano ad una fonte. Più avanti è presente una strettoia che immette nel tessuto viario del borgo: qui sorgeva l'antica porta Marina, visibile in qualche foto d'epoca. Mentre la parte nord del paese è boscata e dirupata verso la valle del torrente Molinetto, la parte sud è ancora delimitata da un'integra cinta muraria risalente al XIV secolo. Questa, in seguito, venne rinforzata con la scarpatura adeguata alle nuove armi da fuoco. La seconda ed ultima antica entrata al centro storico era la Porta da Sole, che si erge alla fine di una stretta e tortuosa rampa che sale, fuori le mura, dalla base del palazzo comunale fino ai portici, che si aprono sulla piazza principale del paese. Una torre di pianta quadrata, probabilmente più elevata e fornita di difese aggettanti, controllava il ripido passaggio rendendolo difficilmente espugnabile, aiutato probabilmente da altre opere difensive site dirimpetto alla porta. Tramite una piccola porta è possibile accedere alla casamatta sopra la volta, dove prendevano posto i difensori. Nel corso dei tempi la porta è stata inglobata al palazzo comunale ed è possibile riconoscere, su una delle pareti, delle feritoie murate. Il borgo castello di Lapedona incominciò a prendere forma nel XIII secolo, quando gli insediamenti vari sparsi nel territorio si unificarono sull' altura più alta della zona. Qui era presente una torre di avvistamento che, nel tempo, divenne il maestoso campanile della Collegiata di S. Lorenzo, singolarmente rimasto isolato dal resto dell'edificio. Ma la storia del territorio di Lapedona porta tracce della presenza picena prima e della colonizzazione romana poi. Nel medio evo avviene l' insediamento dell'autorità benedettina in tutto l'agro fermano, con lo sviluppo di vari centri, attività agricole, artigianali, bonifica del territorio ed un progresso generale delle varie attività ed arti. Dopo essere passata per diverse volte di mano tra enti ecclesiastici e privati fermani, Lapedona passò definitivamente sotto la giurisdizione di Fermo. Il castrum Lapidone è inserito nell’elenco dei castelli che Aldobrandino d’Este, marchese di Ancona, assegnò alla città di Fermo il 10 giugno 1214, malgrado l'effettiva sua dipendenza iniziò dal 1238, ossia quando il vescovo-conte di Fermo Filippo II affidò al comune tutte le proprietà della chiesa, dal fiume Potenza al Tronto. Divenne uno dei molteplici castelli del circondario fermano, seppure con una limitata autonomia amministrativa. Lo sviluppo del territorio attorno al borgo castello avvenne tra il Quattrocento ed il Cinquecento con la diffusione della mezzadria. Nacquero diverse case coloniche sparse di contadini, mentre nel centro storico risiedevano gli artigiani, i commercianti ed i professionisti. L' attività agricola rimase la principale risorsa economica, fino verso il 1950. Con la gradinata della Porta da Sole si arriva al grande porticato del Palazzo Comunale. Il centro storico di Lapedona è stretto ed allungato, con tre vie parallele e diversi vicoli di collegamento. Tre sono le piazze presenti e tra queste Piazza Leopardi si può considerare il cuore del borgo. Altri link suggeriti: http://www.infofermo.it/2012/03/24/si-rifugiarono-su-un-colle-e-fondarono-un-castello-lo-chiamarono-lapedona/, http://www.beniculturali.marche.it/Ricerca.aspx?ids=67314, https://www.habitualtourist.com/cinta_muraria(lapedona), https://www.youtube.com/watch?v=BYd014ruhkY (video di Marca fermana)

Fonti: http://www.themarcheexperience.com/2018/06/lapedona-fm-suggestivo-borgo-castello.html, https://www.turismo.marche.it/Dettaglio/Title/Lapedona/IdPOI/5750/C/109009, https://www.habitualtourist.com/porta_marina(lapedona), https://www.habitualtourist.com/porta_da_sole(lapedona)

Foto: la prima è presa da http://www.themarcheexperience.com/2018/06/lapedona-fm-suggestivo-borgo-castello.html, la seconda è di Perdamiano su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/390903