Il primo documento che cita Cerreto antica è un diploma che risale al X secolo. In questo diploma dell'anno 972 l'imperatore Ottone II di Sassonia confermava il possesso della chiesa di San Martino di Cerreto all'abate Gregorio di Santa Sofia in Benevento. Questa donazione venne ratificata successivamente nel 1022 e nel 1038 rispettivamente dagli imperatori Enrico II il Santo e Corrado II il Salico, e nel 1088 dal papa Gregorio VII. Fu grazie al lento declino della città di Telesia ed in particolar modo al terremoto del 1349 che Cerreto acquistò un ruolo sempre maggiore nella zona dal punto di vista economico, commerciale e demografico. Il sisma del 1349 infatti sconvolse il suo suolo telesino dando origine ad asfissianti mofete. I superstiti, per evitare la morte a causa della malaria e di altre malattie mortali, si trasferirono nei centri più vicini come Cerreto, Solopaca e San Salvatore Telesino. Anche i vescovi abbandonarono Telesia e vagarono nella diocesi in cerca di una dimora stabile che trovarono solo nel XVI secolo a Cerreto. Le numerose liti esistenti fra i feudatari Carafa ed i cittadini indussero il conte Diomede III Carafa nel 1541 a concedere gli Statuti, una raccolta di norme che comprendevano disposizioni di diritto penale, civile, processuale, amministrativo, di igiene, di imposte e di annona. Essi furono scritti in latino, mentre le successive grazie o placet furono redatte in volgare con diverse frasi in napoletano. A partire dal XV secolo Cerreto conobbe un importante sviluppo economico dovuto alla fiorente industria e al commercio dei panni lana cerretesi che diedero vita ad un ricco ceto mercantile che resistette per secoli ai continui attacchi feudali. Il terremoto del 5 giugno 1688 fu un evento devastante che colpì Cerreto Sannita intorno alle ore 18,30 di quel tragico giorno. Fu classificato fra il X e l'XI grado della Scala Mercalli e rase al suolo Cerreto e la maggior parte dei paesi del Sannio. Le case caddero una sull'altra e la distruzione fu totale. I superstiti si riversarono nelle campagne circostanti e nella zona dove sorge l'attuale centro abitato. Marino Carafa, fratello del conte Marzio Carafa, arrivò pochi giorni dopo con medici, viveri e vettovaglie. Egli fermò coloro che stavano ricostruendo le loro case sulle macerie della cittadina distrutta e, con la consulenza di più periti ingegneri, decise di ricostruire la cittadina più a valle e su un suolo maggiormente stabile. La zona scelta per costruire la nuova Cerreto era un vasto e tozzo colle lambito a est e ad ovest dai torrenti Turio e Cappuccini e attraversato da nord a sud dall'antica via Telesina che raccordava Cerreto antica a Telesia. L'edificazione del nuovo centro abitato fu iniziata subito dopo la squadratura degli isolati che fece il regio ingegnere Giovanni Battista Manni. Cerreto antica nel XVII secolo era una cittadina abbastanza estesa. Il nucleo più antico era cinto da possenti mura a loro volta protette da un profondo fossato. Lungo le mura si aprivano quattro porte:
- Porta Gaudiana;
- Porta dell'Ulmo;
- Porta di Suso;
- Porta di Sant'Antonio.
A nord ed a sud dell'abitato erano siti due "borghi", quartieri nati fuori le mura a causa dell'aumento della popolazione. Il più piccolo era quello chiamato "Raino" mentre l'altro, chiamato "San Leonardo" era molto più grande e prendeva il nome dall'omonima chiesa che fungeva da Cattedrale. Le strade erano strette e tortuose. La piazza più importante era quella dove si ergeva la chiesa di Santa Maria in Capite Foris perché era sede del mercato, della casa dell' Universitas e di altre importanti attività economiche. Sulla stessa piazza prospettava il Torrione (unico rudere ancora visibile di Cerreto antica) che aveva funzioni carcerarie. Esso era dotato di una fossa sotterranea dove venivano rinchiusi i "delinquenti". Poco distante era il Castello, guardato da torrette normanne. Nel 2011 gli unici ruderi visibili degni di nota sono quelli del Torrione. Gran parte dei ruderi non sono visibili perché sotterrati. Nel 2010 il Torrione è stato acquistato dal Comune di Cerreto Sannita allo scopo di aprire un parco archeologico e di portare alla luce gli altri resti di Cerreto antica. La tesi che il torrione era adibito a funzioni carcerarie è sostenuta dallo storico locale Renato Pescitelli che a sostegno della sua affermazione presenta diversi documenti antichi ed una pregevole pergamena del XVII secolo, in cui è raffigurato un carcerato che dall’alto della torre cala un cesto al fine di ricevere dei viveri. Il torrione, cinto da un fossato, era accessibile tramite un ponte che immetteva nell'ambiente abitato dal custode del carcere. Le carceri civili trovano posto nella parte alta del torrione mentre le carceri penali erano site in un grande ambiente interrato chiamato "fossa" e che era comunicante con la stanza superiore tramite una scala a pioli collegata ad una botola, quest'ultima protetta da una ringhiera di ferro (la "saettera"). Nella sala sovrastante la "fossa" trovavano posto degli strumenti di tortura. Nel 1661 un detenuto vi morì soffocato, mentre nel 1670 un altro si gettò dalla cima della torre suicidandosi. Maggiore fortuna ebbe il detenuto Decio Piscitella nel 1676 che evase calandosi dall’alto.
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Cerreto_antica, http://www.soms.altervista.org/alterpages/files/Scheda3Cerretoantica.pdf, https://it.wikipedia.org/wiki/Carceri_feudali
Foto: la prima è di Lucia Gangale su https://gangalephoto1.wordpress.com/2017/04/15/cerreto-sannita-parco-archeologico-e-torre-medievale/#jp-carousel-254, la seconda è di Adam91 su https://it.wikipedia.org/wiki/Cerreto_Sannita#/media/File:Torrione_della_vecchia_Cerreto.JPG