giovedì 31 marzo 2022

Il castello di giovedì 31 marzo

 

                                                         

CERRETO SANNITA (BN) - Torrione

Il primo documento che cita Cerreto antica è un diploma che risale al X secolo. In questo diploma dell'anno 972 l'imperatore Ottone II di Sassonia confermava il possesso della chiesa di San Martino di Cerreto all'abate Gregorio di Santa Sofia in Benevento. Questa donazione venne ratificata successivamente nel 1022 e nel 1038 rispettivamente dagli imperatori Enrico II il Santo e Corrado II il Salico, e nel 1088 dal papa Gregorio VII. Fu grazie al lento declino della città di Telesia ed in particolar modo al terremoto del 1349 che Cerreto acquistò un ruolo sempre maggiore nella zona dal punto di vista economico, commerciale e demografico. Il sisma del 1349 infatti sconvolse il suo suolo telesino dando origine ad asfissianti mofete. I superstiti, per evitare la morte a causa della malaria e di altre malattie mortali, si trasferirono nei centri più vicini come Cerreto, Solopaca e San Salvatore Telesino. Anche i vescovi abbandonarono Telesia e vagarono nella diocesi in cerca di una dimora stabile che trovarono solo nel XVI secolo a Cerreto. Le numerose liti esistenti fra i feudatari Carafa ed i cittadini indussero il conte Diomede III Carafa nel 1541 a concedere gli Statuti, una raccolta di norme che comprendevano disposizioni di diritto penale, civile, processuale, amministrativo, di igiene, di imposte e di annona. Essi furono scritti in latino, mentre le successive grazie o placet furono redatte in volgare con diverse frasi in napoletano. A partire dal XV secolo Cerreto conobbe un importante sviluppo economico dovuto alla fiorente industria e al commercio dei panni lana cerretesi che diedero vita ad un ricco ceto mercantile che resistette per secoli ai continui attacchi feudali. Il terremoto del 5 giugno 1688 fu un evento devastante che colpì Cerreto Sannita intorno alle ore 18,30 di quel tragico giorno. Fu classificato fra il X e l'XI grado della Scala Mercalli e rase al suolo Cerreto e la maggior parte dei paesi del Sannio. Le case caddero una sull'altra e la distruzione fu totale. I superstiti si riversarono nelle campagne circostanti e nella zona dove sorge l'attuale centro abitato. Marino Carafa, fratello del conte Marzio Carafa, arrivò pochi giorni dopo con medici, viveri e vettovaglie. Egli fermò coloro che stavano ricostruendo le loro case sulle macerie della cittadina distrutta e, con la consulenza di più periti ingegneri, decise di ricostruire la cittadina più a valle e su un suolo maggiormente stabile. La zona scelta per costruire la nuova Cerreto era un vasto e tozzo colle lambito a est e ad ovest dai torrenti Turio e Cappuccini e attraversato da nord a sud dall'antica via Telesina che raccordava Cerreto antica a Telesia. L'edificazione del nuovo centro abitato fu iniziata subito dopo la squadratura degli isolati che fece il regio ingegnere Giovanni Battista Manni. Cerreto antica nel XVII secolo era una cittadina abbastanza estesa. Il nucleo più antico era cinto da possenti mura a loro volta protette da un profondo fossato. Lungo le mura si aprivano quattro porte:
- Porta Gaudiana;
- Porta dell'Ulmo;
- Porta di Suso;
- Porta di Sant'Antonio.
A nord ed a sud dell'abitato erano siti due "borghi", quartieri nati fuori le mura a causa dell'aumento della popolazione. Il più piccolo era quello chiamato "Raino" mentre l'altro, chiamato "San Leonardo" era molto più grande e prendeva il nome dall'omonima chiesa che fungeva da Cattedrale. Le strade erano strette e tortuose. La piazza più importante era quella dove si ergeva la chiesa di Santa Maria in Capite Foris perché era sede del mercato, della casa dell' Universitas e di altre importanti attività economiche. Sulla stessa piazza prospettava il Torrione (unico rudere ancora visibile di Cerreto antica) che aveva funzioni carcerarie. Esso era dotato di una fossa sotterranea dove venivano rinchiusi i "delinquenti". Poco distante era il Castello, guardato da torrette normanne. Nel 2011 gli unici ruderi visibili degni di nota sono quelli del Torrione. Gran parte dei ruderi non sono visibili perché sotterrati. Nel 2010 il Torrione è stato acquistato dal Comune di Cerreto Sannita allo scopo di aprire un parco archeologico e di portare alla luce gli altri resti di Cerreto antica. La tesi che il torrione era adibito a funzioni carcerarie è sostenuta dallo storico locale Renato Pescitelli che a sostegno della sua affermazione presenta diversi documenti antichi ed una pregevole pergamena del XVII secolo, in cui è raffigurato un carcerato che dall’alto della torre cala un cesto al fine di ricevere dei viveri. Il torrione, cinto da un fossato, era accessibile tramite un ponte che immetteva nell'ambiente abitato dal custode del carcere. Le carceri civili trovano posto nella parte alta del torrione mentre le carceri penali erano site in un grande ambiente interrato chiamato "fossa" e che era comunicante con la stanza superiore tramite una scala a pioli collegata ad una botola, quest'ultima protetta da una ringhiera di ferro (la "saettera"). Nella sala sovrastante la "fossa" trovavano posto degli strumenti di tortura. Nel 1661 un detenuto vi morì soffocato, mentre nel 1670 un altro si gettò dalla cima della torre suicidandosi. Maggiore fortuna ebbe il detenuto Decio Piscitella nel 1676 che evase calandosi dall’alto.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Cerreto_antica, http://www.soms.altervista.org/alterpages/files/Scheda3Cerretoantica.pdf, https://it.wikipedia.org/wiki/Carceri_feudali

Foto: la prima è di Lucia Gangale su https://gangalephoto1.wordpress.com/2017/04/15/cerreto-sannita-parco-archeologico-e-torre-medievale/#jp-carousel-254, la seconda è di Adam91 su https://it.wikipedia.org/wiki/Cerreto_Sannita#/media/File:Torrione_della_vecchia_Cerreto.JPG

martedì 29 marzo 2022

Il castello di mercoledì 30 marzo

 



ZAPPONETA (FG) - Torre di Rivoli

E' stata costruita nel lontano 1568 come prima torre costiera del territorio di Capitanata. Ecco la descrizione 26 anni dopo la sua costruzione, tratta dal manoscritto di Carlo Gambacorta "Visita delle Torri di Capitanata nel mese di dicembre 1594". "Questa prima Torre detta di Rigoli in territorio di Manfredonia sta distante dalla Torre della Preta verso Bari otto miglia, e dal Castillo di Manfredonia verso Tremiti dieci miglia. È ben collocata, e di buona fabbrica. Ha corrispondenza con detta Torre della Preta, e verso Tremiti con lo castillo di Manfredonia, e la Torre de monte sarracino 14 miglia distante. Bisogna un mascolo per dare avviso che con doi archibuggini non bastano. È necessario far la camisa all’astraco della piazza scoverta, et intonicar la cisterna che ci vuole di spesa la somma di docati trenta". Nel corso del tempo la torre subì dei cambiamenti, apportati nel 1685 dall’ingegnere Onofrio Papa. Questa antica e caratteristica costruzione costiera è tra le più grandi e meglio conservate torri garganiche, con cinque caditoie e proporzioni simili a Torre Mileto. Nell'aprile del 2021 il Comune di Zapponeta ha ottenuto un finanziamento per far diventare la torre un eco museo dell'acqua .Il progetto di valorizzazione della struttura storica, inteso anche come rilancio della vocazione agricola e turistica, è risultato infatti meritevole di approvazione da parte del Gal Daunofantino nell’ambito dei fondi europei Feamp 2014-2021. Per approfondire la notizia, propongo questo video: https://immediato.net/2021/04/08/la-nuova-vita-di-zapponeta-arrivano-i-fondi-per-museo-acqua-approdo-pescatori-e-friggitoria-comunale-raggiante-il-sindaco/?cn-reloaded=1

Fonti: https://www.foggiareporter.it/torre-di-rivoli-zapponeta.html, https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_di_Rivoli, https://www.foggiatoday.it/attualita/zapponeta-torre-rivoli-eco-museo-acqua.html

Foto: la prima è presa da https://www.foggiatoday.it/attualita/zapponeta-torre-rivoli-eco-museo-acqua.html, la seconda è di Armyst su https://it.wikipedia.org/wiki/Zapponeta#/media/File:Zapponeta_-_Torre_Rivoli.jpg

Il castello di martedì 29 marzo



LAMA MOCOGNO (MO) - Castello di Rancidoro in frazione Pianorso

Su un aspro dosso che sovrasta Pianorso, a quasi 1000 metri di altitudine, lungo la catena montuosa che divide le valli del Dragone e del Rossenna una volta superato il passaggio di Montemolino, sorge l'antica rocca di Rancidoro. Toponimo insolito, questo. Tra le numerose interpretazioni, quella del Gigli, che lo collega all'espressione gergale in auge tra le genti che abitano queste balze inospitali:"arrancire dal freddo", nel senso di congelare. Uno degli elementi centrali del sistema difensivo dei conti di Gomola, antichi feudatari della valle del Rossenna, posto in linea d'aria quasi di fronte al fortilizio di Brandola, Rancidoro ha svolto per secoli la funzione di bastione difensivo rivolto verso le antiche Terre della Badia di Frassinoro. La Rocca di Rancidoro ha vissuto, pur senza patire le distruzioni di Brandola, tanto l'aspro scontro tra guelfi (Aigoni) e ghibellini (Grasolfi) modenesi, quanto, soprattutto, la grande instabilità della parte occidentale della montagna modenese nei primi anni del XIV secolo, a seguito della cacciata degli Estensi da Modena, fino al 1321, che fu l'anno della vittoria alla Volta di Saltino della Lega dei Capitani di Montagna, guidata da Guidinello III da Montecuccolo, contro l'esercito modenese di Passerino Bonaccolsi. Una volta ristabilitasi la sovranità estense sul territorio modenese, Rancidoro venne assegnata in feudo ai Conti Cesi (1346) ma poco dopo, in seguito alla ribellione di Corradino, il fortilizio entrò a far parte delle terre di Mèdola, assegnate ai signori da Montecuccolo. Questi ultimi trasferirono la sede del Commissario da Mèdola a Rancidoro, che divenne cosi il centro di un territorio che si estendeva da Boccasuolo a buona parte dei paesi della riva sinistra del Dragone, dall'attuale Lago di Montefiorino al Monte Santa Giulia, da Pianorso a Cadignano. Ai nostri giorni, Rancidoro è un luogo sconosciuto ai più e difficilmente raggiungibile, nonostante mantenga, per chi osi avventurarsi tra quelle aspre alture, una posizione invidiabile, con una vista imponente sul primo tratto della tormentata valle del Rossenna, ma anche su Vitriola e Montefiorino. Della grandiosa mole castellana, costruita nei secc. XII-XIII, sono rimasti pochi ruderi in un ambiente altamente evocativo. Oggi rimane soltanto la parte più antica del complesso, che comprende la dimora feudale. La struttura architettonica è “a filaretto”. Lo stemma di Lama Mocogno ricorda un episodio del 1522, allorché il castello venne incendiato durante un attacco. Pare che in origine lo stemma avesse una “lama” come unico simbolo. Le armi civiche attuali sono state concesse con Regio Decreto del 9 agosto 1901, dove è blasonato: “D’oro al monte scosceso, cimato da un castello e fiancheggiato da una torre, merlato alla guelfa, infiammata al tetto, con un lama ascendente sul lembo sinistro del monte, il tutto al naturale”. Lo scudo, nel bozzetto del decreto d’ origine, era di forma gotica e timbrato dalla corona di Comune di rango previsto dalla regolamentazione vigente all’epoca “… un cerchio di muro d’oro, aperto da quattro porte, sormontato da otto merli dello stesso, uniti da muriccioli d’argento”. Altri link proposti: https://www.araldicacivica.it/comune/lama-mocogno/, http://www.luna-nuova.it/BoccassuloDVD/Schede-approfondimenti/Rancidoro.htm

Fonti: http://www.cmfrignano.mo.it/comuni_territorio/luoghi_interesse_5/torre_rancidoro.aspx, https://www.inappenninomodenese.it/ruderi-del-castello-di-rancidoro-pianorso/, testo di Marcello Graziosi su https://ricerca.gelocal.it/gazzettadimodena/archivio/gazzettadimodena/2004/08/14/DP3PO_DP302.html

Foto: la prima è di Stefano Biciocchi su https://mapio.net/pic/p-8924396/, la seconda è presa da https://www.mondimedievali.net/Castelli/Emilia/modena/pianorsrancid01.jpg

lunedì 28 marzo 2022

Il castello di lunedì 28 marzo



LARINO (CB) - Palazzo Ducale

Dopo la caduta dell'Impero Romano, la dominazione dell'Italia meridionale ad opera dei Longobardi (VI - X secolo d.C.) influenzò la vita di Larino, che divenne parte integrante del Ducato di Benevento, conservando una certa autonomia giuridica garantita dalla presenza di un Conte. Infatti essa era a capo di una delle 34 contee in cui era suddiviso il Ducato di Benevento. La data tradizionale dell'842, associata alla memoria della traslazione delle reliquie del patrono S. Pardo dalla città di Lucera a Larino, sancisce l'esodo definitivo dall'antica città romana, posta sulla collina e facilmente raggiungibile dalle incursioni Saracene ed Ungare provenienti dalla costa, verso la vallata sottostante più nascosta e posta su uno sperone roccioso difeso naturalmente. Nel nuovo nucleo, sotto la successiva influenza del Regno di Napoli, a partire dal XIII sec. d.C., la città recuperò tutta la sua importanza e la presenza di un importante fortezza, successivamente adibita a residenza dei regnanti dell'epoca (Palazzo Ducale), ne è la testimonianza insieme alla costruzione della nuova Cattedrale in onore del Patrono San Pardo (consacrata il 31 luglio 1319). Il 26 gennaio del 1564, il vescovo Belisario Balduino, reduce dal Concilio di Trento, aprì a Larino il primo seminario Diocesano nel mondo Cattolico. Edificato tra il 1100 ed il 1200, il Palazzo Ducale sorge sul luogo dell’antico castello edificato dai conti Normanni, durante la conquista longobarda della penisola. L'edificio fu usato come dimora delle famiglie che reggevano le sorti di Larino (tra di esse ricordiamo: Francia, Orsini, Carafa e De Sangro) e come prigione nella quale venivano rinchiusi banditi ed altri criminali (il castello era collegato a una fortificazione sterna oggi scomparsa, che fungeva da prigione). La sua collocazione era considerata strategica, in quanto era costruito tra la “Porta di Piano” e la “Porta da Basso” che fino alla metà dell'Ottocento erano gli unici ingressi alla cittadina frentana. Nel XIV secolo il castello era di proprietà di Ugone di Soliaco, che lo rifortificò nel 1340. Nel 1580 la famiglia Francia acquistò il Castello che restò nelle loro mani fino al 1663 quando venne ceduto ai Carafa. Nel 1683 i De Sangro, ultimi feudatari di Larino, entrarono in possesso del Castello trasformandolo in palazzo residenziale. La famiglia De Sangro, sia a Larino che presso il palazzo, è documentata anche attraverso degli stemmi, uno è in vico Brencola, seconda traversa di via Leone, sulla destra della Cattedrale. Si tratta di un concio di chiave di un arco acuto alla gotica, che reca lo scudo con le insegne della famiglia. Secondo l'archeologo Franco Valente lo stemma sarebbe stato asportato da un altro luogo, e forse apparteneva proprio al castello, negli anni in cui si voleva perpetrare una "damnatio memoriae" contro i De Sangro. Lo stemma appartiene a Tommasa De Sangro, feudataria di Larino. Dallo stemma con le insegne dei Pignatelli, si può immaginare che fosse avvenuta anche un'unione matrimoniale e politica tra le due casate, anche se nei documenti il castello è sempre citato come proprietà dei Sangro. Nel 800 venne definitivamente acquistato dal Comune di Larino. Il Palazzo, di forma quadrata con torre angolare collocata a nord-est, conservò la sua struttura di fortezza, come detto, fino alla metà del Seicento e in esso vi erano due accessi. Entrambi portavano ad un cortile interno alla quale si accedeva ad una cantina per la conserva del vino, e ad un piano nobile dove erano collocate diverse stanze affrescate. Nella metà dell'Ottocento venne acquistato dal Decurionato della Municipalità di Larino. Dalla sua costruzione ad oggi il palazzo subì numerose modifiche, con la distruzione di sue vecchie parti e la costruzione di nuove. La facciata principale è del 1818. Nel 1871 vennero abolite la seicentesca rampa e la facciata turrita. Nel 1888 venne costruita la facciata su piazza V. Emanuele, rimasta incompiuta. L'edificio è costituito da più piani, ed al suo accesso, dopo una lunga scalinata, presenta un atrio porticato sui quattro lati, su cui appoggia un loggiato con ampi archi a sesto acuto. L'androne del palazzo presenta sulla sinistra un'edicola funeraria romana con due busti, uno maschile e l'altro femminile, che raffigurano C. Gavio Scipione e sua moglie Optata. Al primo piano è ubicato il Museo Civico (http://www.culturalarino.it/info.asp?id=30&t=Museo_Civico) che ospita tre pavimentazioni musive romane tratte dagli scavi di Larinum, sono il mosaico degli Uccelli, del Leone e della Lupa. Nella prima sala si trovano affisse alle pareti delle epigrafi, iscrizioni romane, dopo l'ingresso a sinistra si trova un pianoforte a coda, donato alla città dal prof. B. Preziosi, nella seconda sala si trovano reperti archeologici d'età romana, sistemati in vetrine espositive. Il Palazzo Ducale ospita anche la Biblioteca Comunale “Bartolomeo Preziosi” e gli uffici comunali. Nella stanza del Sindaco, è conservata una volta affrescata nel 1907 da Luigi Benevento, raffigurante al centro l’ala in campo azzurro, ovvero lo stemma della città, ed ai suoi quattro lati presenta medaglioni con effigi di personaggi del periodo risorgimentale. La stanza è rifinita con motivi liberty. Il corridoio del cortile interno contiene una serie di iscrizioni e reperti antichi. Altri link suggeriti: https://www.isnews.it/2021/08/19/il-palazzo-ducale-un-tesoro-d-arte-nel-cuore-del-centro-storico-di-larino/, https://www.youtube.com/watch?v=zQgff4DDCRw (video di Luigi Salzarulo), https://www.youtube.com/watch?v=ov3wBnhL59Y (video di Studio Aquilano), https://www.youtube.com/watch?v=D81jOD9Kj7Q (video di TLT Molise)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Larino, http://www.culturalarino.it/info.asp?id=64&t=Palazzo_Ducale, https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Ducale_(Larino), https://www.beniculturali.it/luogo/palazzo-ducale-di-larino, http://www.molise.org/territorio/Campobasso/Larino/Arte/Castelli/Palazzo_Ducale

Foto: la prima è di Zitumassin su https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Ducale_(Larino)#/media/File:Palazzo_ducale,_Larino_1.JPG, la seconda è presa da https://www.beniculturalionline.it/location-2085_Larino.php

venerdì 25 marzo 2022

Il castello di venerdì 25 marzo



SAN VENANZO (TR) - Castello in frazione Rotecastello

Il toponimo Rotecastello deriva «da struttura fortificata a ruota o circolare, Rota-Castello, menzionata nel catasto del 1292, in buono stato di conservazione. Si suppone che già durante il periodo etrusco il luogo fosse abitato poiché un frammento d’iscrizione di quell’epoca è stato trovato murato sulla facciata di una casa del paese, forse rinvenuto non lontano dal luogo in cui è stato murato. La fortezza del castello venne edificata nel XII secolo, in cima ad una collina. Rotecastello fu dimora signorile dei Bovaccini o Boverini una famiglia di Ghibellini orvietani. Le cronache del tempo ci parlano già di Rotecastello nell’anno 1240, quando il partito ghibellino, sostenuto da Enrico II in transito per Orvieto, riprese animo, infatti i Conti di Rotecastello assalirono e devastarono S. Vito di parte guelfa. Orvieto convocò i responsabili per giudicarli “del denaro e delle ingiurie arrecati al Vescovo Ranieri”. Poiché gli accusati, non si presentarono, il presule pronunciò l’8 febbraio del 1241 una solenne sentenza di scomunica contro i Conti contumaci, rei di aver depredato gli altari, dato fuoco alla chiesa, mutilato gli uomini del castello di San Vito e portato prigionieri l’abate e i chierici. E perché la pena non fosse soltanto spirituale, il Vescovo sentenziò che, fino a quando sarebbero restati soggetti alla scomunica, tutti gli atti da loro compiuti, anche se legittimamente, non avrebbero avuto alcun valore. Rotecastello appartenne anche ai Fodivoli, conti di Marsciano (1328), Monaldeschi, conti di Parrano e altre signorie. A partire dalla fine del sec. XIII rimase sempre legato ad Orvieto che infine gli concesse gli Statuti di cui però non è possibile conoscere la data della compilazione poiché purtroppo sono andati perduti. L’esistenza degli stessi è però certa, poiché vengono citati ai primi del 1582 nel verbale relativo alla revisione dei conti operata sull’amministrazione da tre esattori delle gabelle del 1607. Con la riforma di Papa Pio VII passò sotto il Comune di San Venanzo e tale è restato fino ai nostri giorni. Alla fine del sec. XIII Rotecastello insieme a S. Vito e S. Venanzo era difeso da mura, torrioni e fossati mentre gli altri centri del territorio lo furono a partire dal secolo XIV. Il castello presentava due ordini perimetrali di mura che sono ancora in parte ben visibili, alcuni corridoi vi correvano dentro permettendo agli arcieri di tirare dardi attraverso le numerose feritoie. La prima cinta muraria è la più antica e la sua costruzione risale circa all’anno Mille; la seconda cinta muraria distante circa trenta metri dalla prima è del 1200. La difesa del castello era resa ancora più efficace da una fitta rete di camminamenti sotterranei utilizzati dalle truppe per muoversi con maggiore rapidità. Rotecastello disponeva inoltre di sei torri di difesa ed avvistamento di cui sono ancora visibili le tracce, di queste rimane solo quella situata al centro del paese, sottoposta ad un restauro nel 1982. Questa torre, che non ha aperture sui suoi lati di feritoie o finestre, si dice che fosse la prigione del castello (come testimoniano i suoi sotterranei) ed anche il luogo ove si eseguivano le esecuzioni dei condannati a morte facendoli salire in cima alla torre e di lì lanciati al suo interno sul cui fondo vi erano conficcati dei pali acuminati. La torre è stata recentemente restaurata. Altri link proposti: https://www.medioevoinumbria.it/citta/o-r/rotecastello/, https://m.facebook.com/nocoimage/videos/473978983822573/ (video con drone), https://www.youtube.com/watch?v=wsTeN483piM (video di Siti Tellers)

Fonti: https://www.iluoghidelsilenzio.it/rotecastello-san-venanzo-tr/, https://it.wikipedia.org/wiki/Rotecastello, https://www.visitsanvenanzo.it/i-borghi/rotecastello/, https://fondoambiente.it/luoghi/rotecastello?ldc

Foto: la prima è di Gianmarco Fusari su https://mapio.net/images-p/52164627.jpg, la seconda è presa da https://www.visitsanvenanzo.it/rotecastello-origini-e-misteri-di-un-borgo-dominante-30-luglio-2020/

Il castello di giovedì 24 marzo


 
PIETRASANTA (LU) - Torre del Salto della Cervia (o Torre Beltrame) in frazione Montiscendi

La torre del Salto della Cervia, nelle vicinanze di Pietrasanta, oggi a pochi metri dalla statale e dalla ferrovia, fu una di quelle fortezze che servì al governo fiorentino per la difesa dell'area costiera nel secolo XVI. L'area situata tra le comunità di Pietrasanta e Montignoso fu, per la sua importanza strategica, fin dall'XI secolo, dotata di un fortilizio che doveva controllare la via Francigena. Sul territorio premevano i genovesi da una parte e i fiorentini e i lucchesi dall'altra, mentre dal mare provenivano gli attacchi pirateschi. Alle fine del Quattrocento, dopo la guerra con Sarzana, Firenze occupò Pietrasanta e la Versilia Centrale e il nuovo governo avviò una politica che investì i settori economici e di difesa. E' proprio nell'ottica della difesa delle coste che il granduca Cosimo dei Medici iniziò la costruzione della Torre del Salto della Cervia nel 1568. L'area su cui la torre insiste, fortificata fin dal Mille, fu probabilmente destinata al controllo della zona limitrofa al lago di Porta Beltrame, in posizione eccezionale rispetto alle fortificazioni poste a difesa dell'entroterra dagli attacchi provenienti dal mare, normalmente ubicate in prossimità della costa o della foce di un fiume. La costruzione del fortilizio venne portata avanti dal figlio del granduca, Francesco I, e completata da Ferdinando I nel 1588, venti anni dopo il suo inizio. Oggi la torre è in stato di abbandono e necessiterebbe di interventi di consolidamento e restauro. Il contesto ambientale è ormai totalmente e drammaticamente trasformato, con nuove costruzioni che si sono addossate al manufatto e ne hanno interrotto i rapporti con il sito e con il paesaggio. La torre, tuttavia, mantiene intatta la ricca e suggestiva stratificazione di segni e di tracce materiali che, pur nelle estreme condizioni di degrado, raccontano molto della sua storia in parte ancora ignota. Questo lavoro è nato dalla sensibilità dell'amministrazione comunale per la conservazione del proprio patrimonio culturale, del proprietario, disposto a cedere il monumento al patrimonio pubblico e, non ultimo, dall'impegno, di Italia Nostra. Gli studi analitici e diagnostici, a partire dal rilievo geometrico, hanno così costituito la base cui ancorare un progetto preliminare e definitivo di restauro teso anzitutto ad arrestare il progredire dei fenomeni di degrado e dissesto, conservando scrupolosamente il complesso di segni e di tracce materiali e stratigrafiche, anche recenti. La torre è una massiccia costruzione in mattoni, di pianta pressoché quadrata, con poche aperture. Le trasformazioni subite nel corso dell'ultimo secolo ne hanno indebolito i paramenti murari e, in alcuni casi, le rotture provocate dagli ordigni bellici hanno asportato anche il nucleo interno della muratura. Gli spazi interni, profondamente degradati, sono suddivisi da volte in muratura di laterizi e da setti verticali in muratura mista intonacati. Particolari problemi riguardano la copertura e la necessit à di assicurare la protezione del manufatto senza mutarne l'assetto ormai raggiunto. Altri link suggeriti: https://www.comune.pietrasanta.lu.it/home/comune/amministrazione-trasparente/amministrazione-trasparente-2/organizzazione/articolazione-degli-uffici/ufficio-stampa/news/2019-05-15-strettoia-montiscendi-salto-della-cervia-apre-il-cantiere, https://www.youtube.com/watch?v=DqHxNGAkv3o&t=1s (video di NoiTv ReteVersilia),https://www.youtube.com/watch?v=xZC3V9Lmw14 (video di italianostra_associazione)

Fonti: https://www.puccinilands.it/it/scheda/266/torre-del-salto-della-cervia, https://www.weagoo.com/it/card/14502/torre-del-salto-della-cervia, https://fondoambiente.it/luoghi/torre-salto-della-cervia?ldc,http://www.ssrm.arch.unige.it/did/l3/ssrm/tesipdf/torremedicea.pdf

Foto: la prima è presa da https://fondoambiente.it/luoghi/torre-salto-della-cervia?ldc, la seconda è presa da https://www.fondazionecarilucca.it/news/procede-il-recupero-della-torre-beltrame

mercoledì 23 marzo 2022

Il castello di mercoledì 23 marzo

 


RIPOSTO (CT) - Torre Modò

Nel 1540 l'imperatore Carlo V concesse il governo dei territori della contea di Mascali a Nicola Maria Caracciolo, vescovo di Catania. La contea assunse anche il nome di contea delle sette torri proprio per l'esistenza di sette torri di avvistamento che dovevano proteggere il territorio dalle invasioni arabe. Sull'ubicazione delle torri, ma anche sul loro numero, non si é certi e spesso la leggenda si confonde con la storia. Comunque diverse fonti, anche se non tutte attendibili, testimoniano dell'esistenza delle seguenti costruzioni: 1. Torre di Mascali, ubicata nei pressi del duomo e distrutta dall'eruzione lavica del 1928 che rase al suolo l'intero abitato. 2. Torre di Giarre, raffigurata in un quadro del Tuccari in piazza Duomo. 3. Torri Malogrado nei pressi di Santa Maria la Strada. Sullla cui esistenza testimonia una carta topografica d'epoca borbonica; 4. Torre di Dagala nella contrada oggi denominata "Rondinella". 5. Torre costiera di Archirafi, da cui il borgo prese il nome, sprofondata in mare a causa di fenomeni bradisistici. 6. Torre in localitá "Femmina Morta", costruita nel 1578, anch'essa ricadente in una proprietá privata ed in buono stato di conservazione. 7. Torre Modó, nei pressi di Torre Archirafi, costruita nel 1567. La tecnica edilizia, non uniforme,non è riconducibile al modello camillianeo e la presenza in loco di alcuni cocci di terracotta databili fra il VI e il X secolo farebbe pensare ad una costruzione preesistente all'edificazione documentata del XVI secolo. Altro link consigliato: https://www.mondimedievali.net/Castelli/Sicilia/catania/modo.htm

Fonti: https://www.etnanatura.it/paginasentiero.php?nome=Torre_Modo, https://fondoambiente.it/luoghi/torre-modo?ldc, http://www.virtualsicily.it/Monumento-Torre%20Modo%20e%20altre%20torri%20di%20avvistamento-Riposto-CT-1920, https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Archirafi

Foto: entrambe prese da https://www.etnanatura.it/paginasentiero.php?nome=Torre_Modo

martedì 22 marzo 2022

Il castello di martedì 22 marzo

 



CANZANO (TE) - Torrione e cinta muraria

Le prime notizie su Canzano nel medioevo le abbiamo in età normanna, nel 1150-1167, in cui è nominato il castellum di Cansanum posto nella Contea Aprutina e feudo di tre militi (circa 375 abitanti) di Mactaleone; altro castello del territorio di Canzano era quello di Montem Sancti Petri (ora Montepietro), feudo di due militi circa di Todemario Gualtieri. Successivamente Cansanum compare nel Diploma di Carlo I d'Angiò del 1273 insieme a Mons. Petri castrucij veterium de Acquaviva. Nel 1276 passò sotto il dominio degli Acquaviva con il matrimonio di Gualtieri Acquaviva con Isabella figlia di Bartolomeo di Bellante, feudatario di Canzano. Successivamente venne inserito nello stato di Atri degli Acquaviva fino al tardo Cinquecento. Appartenuto anche ai "da Canzano", in epoca moderna fu feudo degli Alarcon y Mendoza, signori della Valle Siciliana. Dell'incastellamento medievale sono ancora visibili resti della cinta muraria in pietrame d'arenaria non squadrato dovuta agli Acquaviva nel corso del XIV secolo; collegato alla recinzione muraria è il Torrione a pianta circolare, edificato tra il XIV e il XV secolo, che ancora spicca nel centro storico di Canzano. Era un torrione di fiancheggiamento alla cinta muraria che oggi si conserva solo per brevi tratti. Presenta le pareti in muratura continua a sacco con rinforzi in laterizio, secondo la consuetudine della tecnica edilizia nel teramano. La parte superiore conserva ancora dei beccatelli in mattoni aggettanti con buche pontaie, visibili anche a Cellino Attanasio nella torre di fiancheggiamento e a Montefino nel torrione, e sono visibili degli archetti a tutto sesto realizzati sempre in mattoni. La strana posizione del torrione, piuttosto arretrato rispetto al tratto murario che lo circonda, ha spinto gli studiosi ad approfondire il rapporto tra le due costruzioni. E’ risultato che della cinta muraria del XIV secolo, dovuta agli Acquaviva, non restano che i materiali costruttivi originali, mentre le mura oggi visibili sono un rifacimento del XVIII secolo. Un disegno del paese, realizzato nel 1700 e conservato negli archivi comunali, infatti, mostra come l’antica cinta muraria fosse costituita da una serie di paramenti di rinforzo alle pareti esterne degli edifici che delineavano il perimetro del borgo, con il torrione in posizione più avanzata. Se il disegno è degli inizi del XVIII secolo bisogna pensare che in un periodo successivo le mura vennero ricostruite, con i materiali originali, nel modo in cui oggi le vediamo, a costituire un bastione più esterno rispetto al perimetro vero e proprio del paese, con una serie di varchi d’accesso che, attraverso i caratteristici giardini rialzati, conducono fino alla piazza. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=Rz9-d0Iabl0 (video di Borghi d'Italia TV2000, dal minuto 2:10), https://www.youtube.com/watch?v=qR0HoUBXIsg (altro video, al minuto 1:46)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Canzano, http://www.comune.canzano.te.it/c067009/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/13, https://www.movingteramo.it/luoghi/le-mura-ed-il-torrione-canzano-te

Foto: la prima è presa da https://www.abruzzocitta.it/comune/canzano/, la seconda è presa da https://abruzzoturismo.it/it/canzano

lunedì 21 marzo 2022

Il castello di lunedì 21 marzo


SAN PROSPERO (MO) - Torri di Verdeta (o Torrioni) in frazione San Pietro in Elda

La costruzione dell'edificio, a pianta centrale, risale alla prima metà del XVI secolo, voluta dai nobili Castaldi. A questa fami­glia, strettamente legata alla corte estense, apparteneva anche l’architetto militare non­ché geografo e matematico, Sesastre Castal­di a cui si attribuisce tradizionalmente l’ideazione e la costruzione dei Torrioni di San Pietro in Elda. In realtà non esistono documenti probanti che attestino questa attribu­zione, generalmente accettata in attesa di una più approfondita conoscenza dell’attivi­tà del Castaldi oggi alquanto lacunosa. Ad alcune centinaia di metri vi è la costruzione rurale, costruita nel XVIII secolo, denominata Corte Verdeta, già di proprietà del Duca di Modena Francesco IV. Accanto si erge l'oratorio di San Gaetano, costruito nel 1771. La struttura è stata proprietà della famiglia Castaldi, poi della famiglia Cantuti Castelvetri, a cui appartiene lo stemma in marmo posto al centro della struttura, fino ad diventare un possedimento del Duca di Modena. Nei possedimenti del Duca di Modena rientrava proprio la frazione di San Pietro in Elda, un tempo detta Verdeta. Nel 1737 la villa diventò proprietà della famiglia Sassi e infine per via ereditaria, nel 1832 al marchese Giacomo Munarini. Le Torri di Verdeta hanno avuto nei secoli sia una funzione militare di controllo del territorio come torre di avvistamento sia una funzione di rimessa per conservare il grano e frumento. In tempi più recenti i locali retrostanti sono stati utilizzati a stalla e successivamente a ricovero di attrezzi agricoli. La massiccia costruzione sorge isolata nella campagna e rappresenta un importante esempio di architettura in villa. L’intero edificio, con un grande androne all'ingresso, si sviluppa in altezza. Ai lati vi sono due torri, con basamento a scarpa e cordolo marmoreo, che rinserrano la bella facciata definita al piano terreno da tre arcate a tutto sesto, a quello superiore da un loggiato di sei arcatelle e conclusa da una serie di sei finestrelle a oculi. Effetti chiaroscurali di grande sugge­stione che le tamponature più o meno recen­ti, e specialmente l’attuale abbandono, han­no pesantemente compromesso. Dall'androne interno partono due scale di servizio contrapposte, una delle quali è stata demolita, ed i collegamenti con le altre sale dove si conservano, in particola­re ai piedi delle torri, pregevoli volte ad om­brello. Il corpo di fabbrica retrostante ha per­so l’originaria conformazione pianivolume­trica e oggi risulta notevolmente abbassato. Ora la villa giace nel più totale abbandono, ed è stata colpita dal terremoto del 2012. Altro link suggerito: https://www.sulpanaro.net/2020/08/i-torrioni-di-san-prospero-gioiello-artistico-storico-vuoto-abbandonato-ed-inagibile/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Torri_di_Verdeta, http://www.albarnardon.it/antichi-palazzi-i-torrioni-san-prospero-san-pietro-in-elda-3/, https://modenadintorni.altervista.org/i-luoghi-dellabbandono-4-tesori-modenesi-da-riscoprire/

Foto: la prima è di Giulia Squadrini su https://www.tourer.it/webgis/scheda?palazzo-delle-torri-san-pietro-in-elda-san-prospero, la seconda è presa da http://www.albarnardon.it/antichi-palazzi-i-torrioni-san-prospero-san-pietro-in-elda-3/

venerdì 18 marzo 2022

Il castello di venerdì 18 marzo

 


SAN LORENZO IN CAMPO (PU) - Palazzo Amatori

La nascita del centro abitato di San Lorenzo in Campo è da ricondurre alla vicina città romana di Suasa, situata sulla piana della media valle del Cesano, e in particolare alle fasi legate al suo abbandono, che divenne definitivo attorno al VI-VII sec. d.C, con la conseguente perdita del controllo su tutto il territorio circostante. In seguito, nella vallata, non vi fu nessun nuovo centro urbano che potesse dirsi veramente erede di quello antico. Tra l’XVIII e il IX secolo furono le istituzioni monastiche a ricreare le condizioni per una ripresa civile e sociale dei territori, e almeno attorno al IX secolo fu il monastero benedettino di San Lorenzo in Campo ad esercitare una funzione di riorganizzazione della vallata. Il complesso, collocato in posizione elevata lungo l’antico tracciato romano che percorreva la vallata, avviò l’opera di bonifica e di sfruttamento agricolo del territorio circostante. Alcuni documenti scritti sembrano attestare la presenza precedente di un eremo, ed è significativo che il primo nome dell’abbazia sembra essere stato San Lorenzo in Silvis (nei boschi), a testimoniare il passaggio da una situazione di incolto a quella successiva caratterizzata da un paesaggi agrario sotto il controllo antropico. Ben presto attorno al monastero si coagularono gli interessi della popolazione del luogo che si organizzarono, sul promontorio vicino, in un abitato stabile. In seguito l’insediamento divenne un vero e proprio borgo fortificato (castello), dotandosi di mura di cinta con torrioni e di una possente rocca con cortina scarpata, costruita su un terrapieno nella parte più elevata. In un primo periodo (XIII sec.) il castello fu dominato in fasi alterne dalla Santa Sede e da Fano, dipese poi dal Rettorato della Marca e nella metà del ‘300 fu assoggettato da Galeotto Malatesta. Alla fine del 1300 vi si stabilì la signoria dei Conti di Montevecchio ai quali rimase in feudo, con brevi intervalli di occupazioni di Francesco Sforza e di Sigismondo Malatesta, sino all’inizio del ‘500, quando il castello di San Lorenzo in Campo entrò nell’orbita della famiglia dei Della Rovere. Non prima però di un breve periodo sotto la signoria dei Medici, quando, durante le battaglie di riconquista da parte di Francesco Maria, il castello fu incendiato (1516) dalle truppe di Lorenzo de’ Medici. La morte di Lorenzo de’ Medici decreta definitivamente il possesso del castello al Duca Francesco Maria della Rovere (1522). Alla sua morte (1538) passò al primogenito Guidobaldo II che lo lasciò, assieme a Castelleone e altri paesi vicini, al fratello minore Giulio, ordinato cardinale all’età di 14 anni nel 1547. Giulio della Rovere, eletto commendatario dell’Abbazia nel 1570, fece di San Lorenzo la sua residenza e vi fece costruire il palazzo ora sede del Museo. All’estinguersi della famiglia Della Rovere, verso la fine del ’600, San Lorenzo tornò sotto il dominio della Santa Sede. Al periodo, tra rinascimento e tardo rinascimento, si deve probabilmente la trasformazione della rocca in residenza signorile, di cui si ha notizia di una sua intenzionale e parziale distruzione per paura di crolli già in età roveresca e del suo passaggio alla famiglia Amatori. Il Palazzo Amatori può essere definito la “Rocca Laurentina”, le cui origini risalgono al medioevo. Venne costruita nella seconda metà del 1400 dall’architetto militare Francesco di Giorgio Martini di Siena e conserva ancora oggi i bastioni e parte delle mura castellane. Anticamente il castello laurentino, di cui la rocca (Palazzo Amatori) fa parte, è stata la sede del presidiato di San Lorenzo in Campo, cioè un organismo giudico che estendeva la sua autorità da Jesi e dalla vallata dell’Esino fino al fiume Conca. Palazzo Amatori, dopo essere stato in mano di privati a lungo, con anche una parentesi di locale da ballo a metà anni Sessanta del secolo scorso, dopo diversi anni in stato di completo abbandono ed incuria, ora completamente restaurato e rifunzionalizzato è sede di una casa di cura per anziani privata (https://www.gruppozaffiro.it/residenze/marche/residenza-di-san-lorenzo/). Sul fronte gode di un giardino cinto dai bastioni e della mura castellane, da cui si gode di una vista panoramica che abbraccia l’intera Valcesano.

Fonti: https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-san-lorenzo-in-campo-pu/, https://www.comune.sanlorenzoincampo.pu.it/comune-informa/vedere/

Foto: la prima è presa da https://www.gruppozaffiro.it/residenze/marche/residenza-di-san-lorenzo/, la seconda è presa da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-san-lorenzo-in-campo-pu/

giovedì 17 marzo 2022

Il castello di giovedì 17 marzo

 

                                      

BRENO (BS) - Castello

Sorge sopra una collina al centro del paese. Le sue mura contengono un'area di 0,525 ha, a circa 120 metri di dislivello dal centro abitato. Alcune schegge di selce ritrovate sono state datate all'epigravettiano recente, poco dopo lo scioglimento del ghiacciaio in val Camonica. Al di sotto del torrione ghibellino sono stati invece trovati i reperti di una abitazione neolitica, di forma trapezoidale, larga 5 metri appoggiata a guanciali laterali di roccia. Le pareti erano in graticci intonacati con fango: tipico modo di costruire le mura in Val Camonica fino ad alcuni decenni fa. Nei pressi sono stati trovati reperti come utensili, vasi e due tombe, che gli studiosi definiscono cultura di Breno. Rimangono poche tracce di un'abitazione dell'età del rame, mentre sembra che durante l'epoca romana il sito fosse completamente abbandonato (forse a causa della vicinanza della "Civitas Camunorum". La prima costruzione d'epoca storica fu la cappella dedicata a San Michele arcangelo, protettore dei longobardi. Sono venute alla luce cinque tombe fra cui una di bambino. Attorno al XII secolo venne ampliata in chiesa romanica, venne poi demolita in un ampliamento del castello: oggi ne sono visibili i basamenti. Le costruzioni civili sorsero a partire dal XII secolo, e sono il grande "palatium" a due piani, oggi distrutto, forse residenza dei Ronchi, potente famiglia di feudatari guelfi, la torre adiacente alta una ventina di metri e coronata in origine di merli guelfi, e la casatorre signorile. Già attorno al 1250-1300 l'intera collina doveva esser cintata da una fortificazione, a cui si accedeva da una torre-porta. I palazzi civili vennero trasformati dai signori milanesi in roccaforti militari, destinate al comandante e alle sue guarnigioni, e si modificarono i merli guelfi in ghibellini. Tra il 1350 e il 1450 avvennero scontri tra i veneziani ed i milanesi per la conquista della valle. È databile a questo periodo una fossa comune contenente molti corpi smembrati. I Visconti inviarono Francesco Bussone, detto il Carmagnola, che il 16 marzo 1421 conquistò il castello di Breno, scacciando le forze di Pandolfo III Malatesta dalla Valle Camonica. A seguito della battaglia di Maclodio nel 1427 i milanesi ridussero le forze in Valle, permettendo al Carmagnola (allora schierato con la Serenissima) di raggiungere e conquistare il castello di Breno che venne messo sotto il comando di Giacomo Barbarigo. Pietro Visconti scese dall'alta valle fino a giungere a Lovere il 18 settembre 1438. Consolidate le posizioni sul lago d'Iseo tornò a Breno e ne pose il castello sotto assedio. L'assedio del castello di Breno si protrasse per sei mesi finché Pietro Avogadro, giungendo con soccorsi da Brescia, ruppe l'assedio dopo una lunga resistenza degli occupanti, tra cui l'eroico Giacomo Ronchi. Nel 1453 il castello di Breno, difeso da Pietro Contarini, Capitanio di Valle, Nicolò Rizzi, Castellano, Decio Avogadro, Pasino Leoni e la famiglia brenese dei Ronchi oppose una fiera resistenza. L'assedio iniziò nel novembre 1453, supportato dalla filomilanese famiglia Federici. Francesco Sforza, avendo difficoltà a risolevere l'assedio, ordinò al Colleoni di presentarsi con 1500 uomini e tramite l'uso dell'artiglieria da fuoco (qui per la prima volta in Valcamonica) i milanesi riuscirono a far capitolare la rocca. Il 9 aprile 1454, la pace di Lodi mise fine alle contese tra la Serenissima e Ducato di Milano per il controllo sulla valle: i territori bresciano e camuno passarono definitivamente sotto il dominio veneto. L'anno seguente, per evitare eventuali episodi di resistenza, Venezia ordinò la distruzione di tutti i castelli e rocche esistenti sul territorio valligiano, con l'esclusione di quello di Breno, che venne destinato a sede del reggimento locale, Cimbergo e Lozio, tenuti dalle famiglie Lodrone e Nobili schierate con la dominante. Le fortificazioni curvilinee sul lato sud del castello sono datate a questo periodo: senza spigoli vivi resistevano meglio alle armi da fuoco. Ripresa nel 1516 ai francesi, nel 1518 la rocca, non più indispensabile per il controllo territoriale, venne privata del presidio di sei uomini. Nella seconda metà del secolo il castello risultava "inhabitato": il Capitanio di Valle e gli altri funzionari avevano trovato sistemazione in paese. La torre grande e la torre di accesso sono meglio conservate, hanno strutture murarie in pietra tagliata e orizzonamenti lignei e voltati a botte con un manto di copertura. Il palazzo presenta due locali seminterrati con orizzontamenti voltati. Le mura e la torre di avvistamento sono delle rovine che presentano prevalentemente resti di muratura di vario tipo. La chiesa è riconoscibile per i resti della base delle murature che la costituivano. Gli orizzontamenti sono prevalentemente architravi o archi di aperture. Il castello è oggi sede di eventi musicali e manifestazioni ludico – motorie, tra cui la gara di tiro con l’arco e la caratteristica rievocazione storica delle Camunerie. Altri link interessanti: http://www.prolocobreno.info/app/VTCastelloBreno/castellodibreno.html (visita virtuale del castello), https://www.comune.breno.bs.it/media/mediafields/Allegato/40d9hn7rwp6ybz1azawhdpgh4y/66a89fcce69ba538f9bf69e0f15eb5b9.pdf, https://castellobrenobarristorante.it/ (sito del ristorante interno al castello), https://www.youtube.com/watch?v=j0akFaxWq_8 (video di Gianba Jhon Facco), https://www.youtube.com/watch?v=ZmEYoHap_48 (video di Zenith Aerial Solutions), https://youtu.be/d2TXxWTifUI (video di simone inverardi), http://www.antropologiaalpina.it/museocastellobreno.htm (visita virtuale)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Breno, https://www.bresciatourism.it/cosa-fare/castello-breno/, https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1r020-00001/

Foto: la prima è presa da https://www.comune.breno.bs.it/luogo/il-castello, la seconda è una cartolina della mia collezione

mercoledì 16 marzo 2022

Il castello di mercoledì 16 marzo



SANGANO (TO) - Castello

Il castello nacque per volere dell’abbazia benedettina di San Solutore. Nel suo recinto vi era una chiesa dedicata a Santa Maria dell’Assunzione. Nel 1254 gli abati cedettero Sangano a Bonifacio, signore di Piossasco, per pagare alcuni debiti, ma ne rientrarono in possesso trent’anni dopo. In seguito alla distruzione dell’abbazia nel 1536, Sangano entrò a far parte dei beni degli Orsini, signori di Rivalta. Gli eredi Schiari-Riccardi (conte Domenico Alessandro e il figlio conte Edoardo con le rispettive famiglie) mantennero anche, con le cascine Schiari, cioè le circa 100 giornate di prati e campi tra il Sangone, e la strada di Bruino e il molino la proprietà del castello fino al 1920 quando passò al Sig. Saracco che lo tenne fino al 1930 circa. Subentrarono quindi i signori Casavecchia e nel 1941 il generale Bechis. Fu appunto la figlia di lui, Amalia Bechis ad associare alle sue ricerche alcuni compagni della Facoltà di Architettura dell’Università di Torino, (corso di Laurea di Architettura esame restauro documenti) e insieme, sotto la guida dell’ingegner Carlo Brajda, riportare alla luce le due absidi della chiesa benedettina, le fondamenta di due altari, e una terza abside attribuita al battistero o alla sacrestia dell’antica abbaziale oltre ai reperti di età romana e dell’area cimiteriale. Il castello ha così potuto, grazie a questi avvicendamenti, evitare i danni che lo stato di abbandono avrebbe ineluttabilmente arrecato e mantenere l’antica struttura medioevale, pur accogliendo taluni adattamenti interni ed elementi settecenteschi. Nel 1854 Emanuele Gonjn, fratello di Francesco, il pittore e incisore che illustrò su incarico del Manzoni l’edizione del 1840-45 dei Promessi Sposi, lo rese famoso riproducendolo nella serie delle incisioni dei castelli ancora facilmente reperibile. La parte esterna del castello presenta ancora tratti spiccatamente medievali, uniti però da alcune caratteristiche tipicamente settecentesche. L’interno fu più volte ristrutturato e rimaneggiato, per cui ha perso tutti i suoi caratteri originari. Un poco distaccata dal castello si trova la Torre, in origine campanile romanico poi trasformato in un elemento di difesa come si intuisce dal fatto che le bifore non sono state chiuse e che la cuspide è stata sostituita dalla merlatura. Il castello, più che dimora signorile, era abitazione del gastaldo, deposito bene attrezzato di un luogo agricolo in cui si lavora sulle terre padronali; pronto a diventare rifugio in caso di minacce dall’esterno del feudo. Diventava dimora signorile quando l’abate veniva per la firma di atti importanti, o per ricevere l’omaggio feudale e il rinnovo del giuramento di fedeltà da parte degli uomini delle località che facevano capo alla corte di Sangano (Palassoglio, Reano). I sanganesi per l’omaggio si radunavano nella chiesa o in mezzo alle due porte del castello, o sulla piazza antistante la chiesa abbaziale.

Fonti: https://fondoambiente.it/luoghi/castello-di-sangano?gfa, http://www.3confini.it/Foto%20Piossasco%201/Castello%20.htm

Foto: la prima (relativa al castello) è presa da https://fondoambiente.it/luoghi/castello-di-sangano?ldc, la seconda (relativa alla torre abbaziale) è presa da https://www.unitresangano.it/

martedì 15 marzo 2022

Il castello di martedì 15 marzo

 


BETTOLA (PC) - Castello di Cianeto

L’attuale edificio rappresenta quanto resta dell’antico castello di proprietà della famiglia Nicelli e risalente almeno al 1300. Costruito in posizione strategica, domina tutta la valle di Bettola. Ci si arriva seguendo la strada che dal Lago dei Pini attraversa la pineta in direzione della Valle e della Crocetta. Oltrepassato Cianeto la strada prosegue verso Cà Noli, e proseguendo si ritorna sulla comunale per Bettola. Il castello fu il punto di partenza di una sanguinosa scorreria compiuta nel 1539 dai Nicelli ai danni del clan rivale dei Camia a Bettola, che portò alla barbara uccisione dell’anziano capofamiglia Giovanni Camia. Si tratta di un piccolo fortilizio dalla struttura assai semplice: un torrione centrale a pianta quadrangolare, affiancato da una seconda struttura in parte diruta, circondato su tre lati da un muro dalla forma irregolare. L’edificio, abbandonato e parzialmente in rovina, è molto interessante: la torre vera e propria è circondata da una cinta muraria, comprensiva di edifici accessori ed aggiunta in epoca successiva, che trasformò il fortilizio in un piccolo complesso castrense. Altri link suggeriti: https://www.preboggion.it/Castello_di_Bettola-Cianeto.htm, http://www.piacenzantica.it/e107_plugins/coppermine_menu/displayimage.php?album=10&pos=9 (cartolina d'epoca), https://mapio.net/pic/p-71736956/ (altra foto), https://www.altavaltrebbia.net/2020/11/07/castello-di-cianeto/

Fonti: https://www.turismopiacenza.it/2020/12/25/castello-di-cianeto/, https://www.pievedirevigozzo.org/01revigozzo/11cianeto/cianeto.htm

Foto: la prima è presa da https://www.turismopiacenza.it/2020/12/25/castello-di-cianeto/, la seconda è di Massimo Antoniotti su https://www.tourer.it/scheda?castello-di-cianeto-cianeto-bettola

lunedì 14 marzo 2022

Il castello di lunedì 14 marzo


 
AMALFI (SA) - Castello di Pogerola

Il casale di Pogerola compare nelle carte ufficiali soltanto nel X secolo: esso è indicato dal Castrum Pigellule, cioè da un castello che si ergeva sul dorso della collina occidentale di Amalfi, detta monte Falconcello. Il toponimo Pigellula deriva da pigella, che stava ad indicare un piatto tondo di terracotta, utilizzato per infornare il pane. Il Castrum Pigellulae non corrispondeva al villaggio: esso era soltanto una fortificazione, mentre il caseggiato si sviluppava alle sue spalle. Questo castrum, che tra angioini e aragonesi fu un castello provinciale di significativa importanza, retto da castellani soprattutto provenzali, viene documentato per la prima volta nel 1021. Della struttura difensiva originaria ora restano due torri, tratti di mura verso settentrione e una cisterna. Nel suo ambito fu edificato un monastero benedettino femminile dedicato a S. Sebastiano. La chiesa monastica attestata fin dal 993 si trova alla base della cosiddetta Torre di Pogerola, una sorta di torre di avvistamento di forma quadrata, attribuita al XV secolo: molto probabilmente fu semplicemente restaurata in quella data ma doveva esistere fin dal X secolo. Il Castrum Pigellule fu più volte impegnato in combattimenti ardui per difendere la popolazione di Amalfi: nel 1388 sosteneva nella lotta per il trono di Napoli, Ladislao di Durazzo contro Ludovico d'Angiò appoggiato dal Castrum Scalelle, collocato sulla collina orientale di Amalfi.

Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Pogerola

Foto: la prima è presa da https://www.ecostiera.it/wp-content/uploads/2020/03/La-Torre-di-Pogerola.jpg, la seconda è presa da https://amalfinotizie.it/castello-pogerola-terrazza-sul-mare-amalfi-dal-ministero-200mila-euro/

domenica 13 marzo 2022

Il castello di venerdì 11 marzo

 


MANCIANO (GR) - Castello di Stachilagi

Il castello sorse nel corso del Duecento presso la preesistente Abbazia della Selva con attiguo monastero risalenti alla metà del XII secolo, ma opere di fortificazione dovevano preesistere se con il nome di Castrum Elsae il complesso rientrava tra i possedimenti dell'abbazia delle Tre Fontane di Roma cui fu donata da Gregorio VII nella seconda metà del secolo XI e che con Orbetello ed altre località limitrofe fu concessa in feudo alla famiglia Aldobrandeschi (è citato nell'atto di divisione della contea aldobrandesca dell'ottobre 1216, tra i castelli pertinenti al conte Bonifazio). Nel corso del Trecento il luogo venne occupato dai Baschi, che lo sottomisero ad Orvieto fino agli inizi agli inizi del secolo successivo: nei primi anni del Quattrocento, l'intero complesso entrò a far parte della Repubblica di Siena. Fece parte della signoria di Pandolfo Petrucci tra la fine del '400 e l'inizio del '500, seguendo le vicende del castello di Scerpena e dopo la distruzione di questo fu ceduto a privati che infine lo vendettero a Siena nel 1409. L'abbazia e il castello rimasero sotto il controllo dei Senesi fino alla metà del Cinquecento, epoca in cui la definitiva caduta della Repubblica di Siena determinò l'annessione della zona al Granducato di Toscana. Sotto il dominio mediceo, l'intero complesso iniziò a perdere l'importanza e il prestigio che aveva assunto nel corso delle epoche passate; la conseguenza fu un graduale abbandono sia del castello che del complesso religioso attiguo. Il castello di Stachilagi, immerso in una foltissima vegetazione, si presenta sotto forma di imponenti ruderi, con strutture murarie in pietra. Resta attorno alla cima della collina buona parte della cinta muraria, conservata in elevato fino a 5 metri, con qualche arciera e una torre trapezoidale che ne sporge con un angolo molto acuto. All'interno si trovano moltissimi ruderi e tracce di costruzioni crollate; sulla vetta sorge una grossa torre in mattoni a sezione quadrangolare, con basamento a scarpa, alta circa 10 m, che conserva una porta ad arco ribassato al primo piano, con un altro muro che ne difendeva l'accesso verso levante. A breve distanza dalla fortezza si trovano i resti dell'Abbazia della Selva, ricordata negli elenchi delle decime della fine del XIII secolo. Dall'analisi dei resti archeologici, la chiesa doveva essere a navata unica, munita di abside e con strutture murarie in pietra maggiormente curate rispetto a quelle del castello.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Stachilagi, https://www.outdooractive.com/it/poi/grosseto/castello-di-stachilagi/13089090/

Foto: è presa da https://www.outdooractive.com/it/poi/grosseto/castello-di-stachilagi/13089090/

giovedì 10 marzo 2022

Il castello di giovedì 10 marzo



TERRACINA (LT) - Torre Frumentaria

Detta anche Torre dei Rosa (ma per i Terracinesi però è semplicemente "La Torretta"), dalla famiglia che tra la fine del XII e il XIII secolo provvide probabilmente ad erigerla, costituisce un notevole esempio di architettura civile fortificata. E' l’edificio civile fortificato più imponente della città. Costruita senza fondamenta sulla platea lastricata del Foro Emiliano, gareggia in altezza (30 metri) con il vicino campanile. Di particolare rilievo sono le due grandi porte ad arco acuto sul lato nord e l’originaria monofora, pure archiacuta, sul lato ovest. L’edificio, parzialmente distrutto dai bombardamenti dell’ultima guerra e successivamente restaurato, ospita oggi il Museo Civico (https://www.touringclub.it/destinazione/localita/museo/99034/museo-civico-pio-capponi-terracina), l’Ufficio Cultura e l’Archivio Storico Comunale. Il museo è diviso in due parti: la prima ospita sculture, sarcofagi e rilievi, trovati nella città e nei suoi dintorni, mentre nell’altra parte, si trovano dei mosaici. Altri link proposti: https://www.youtube.com/watch?v=fkD1ZKyapEs (video di H. Media Produzioni), https://www.youtube.com/watch?v=XRvdROSry20 (video di Armando Sodano)

Fonti: http://old.comune.terracina.lt.it/museo/museo_action.php?ACTION=tre&cod_museo=19&cod_aggiornamento=44, http://www.terrapontina.it/abitato/edilizia/index.htm, https://it.latuaitalia.ru/where-to-go/un-weekend-a-terracina/

Foto: la prima è di Jannicka su https://it.wikipedia.org/wiki/File:Torre_Frumentaria,_Terracina.JPG, la seconda è di Fulviocarocci su https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Torre_dei_Rosa_-_veduta_dal_castello_frangipane.JPG

mercoledì 9 marzo 2022

Il castello di mercoledì 9 marzo



COZZO (PV) - Castello Gallarati-Scotti

Nel medioevo Cozzo fu conteso tra i conti palatini di Lomello e l'episcopato di Vercelli; nel 1164 passò sotto la dominazione di Pavia (è citato però solo nel 1191 nel relativo diploma di Enrico VI); questo però non risolse l'antica contesa che proseguì nel XIII secolo. Nel 1465 divenne signore di Cozzo il consigliere ducale Pietro Gallarati, signore di Candia Lomellina e di Sant'Angelo Lomellina; a lui riconfermarono il feudo prima Francesco I di Francia (1516) e quindi Carlo V (1529). La signoria dei Gallarati (Gallarati Scotti dal 1729) durò fino alla fine del feudalesimo (1797). Nel medioevo, per la sua posizione in prossimità del corso del Sesia, Cozzo fu dotato di un forte castello. Come per la maggior parte delle rocche lomelline non conosciamo la data esatta della costruzione, ma l’aspetto poderoso, a pianta quadrilatera, la tecnica costruttiva delle opere murarie, lo ricondurrebbero al secolo XI. Ricostruito dai Milanesi nel 1214, venne rifatto nel XV secolo, quando Francesco Sforza lo affidò alla famiglia Gallarati. In questa occasione fu dotato di due ponti levatoi, di un'alta torre, di una merlatura ghibellina, che ancora corona il fabbricato, e di numerosi abbellimenti interni come modanature in cotto ed affreschi a graffito. Ma i lavori non erano ancora terminati quando, nel settembre del 1499, il castello ospitò addirittura il re di Francia Luigi XII, che guidava il suo esercito verso Milano, di cui rivendicava il ducato come discendente dei Visconti. L'incontro fu talmente importante e solenne da essere documentato in un affresco nella sala maggiore del castello "avvincente e suggestivo, come testimonianza di un fatto storico e come specchio di vita". Vi sono raffigurati due cortei che si incontrano: da una parte il sovrano francese accompagnato dai cardinali Giorgio d'Amboise e Giuliano della Rovere scortati da soldati con lance ed alabarde, dall'altra una dama, Maria Roero, il marito Pietro Gallarati, feudatario di Cozzo, con altre dame e uomini di corte, nei fastosi abiti del tempo. Il castello sorge nella zona periferica dell'abitato preceduto da un prato e dall'antico fossato; è stranamente più elevato rispetto ad altri castelli lomellini (è ipotizzabile un sopralzo dell’intero edificio, avvenuto in epoca imprecisabile) ed ancora coronato della merlatura ghibellina. Il torrione dell’angolo sudorientale è caratterizzato a tre quarti dell’altezza da una triplice cornice decorativa "a denti di sega", tipica dell’età viscontea, mentre nell’aspetto globale è assimilabile alle torri colombaia quattro-cinquecentesche. Dal portone principale d'accesso, con i resti di un ponte levatoio, si accede all'area dell'antico ricetto. Da qui un altro ponte levatoio, ricavato nel rivellino con merli e caditoie, porta nella corte nobile dove si staglia in bella vista un pozzo in stile veneziano e da un lato un antico portico murato. La muratura è adorna di affreschi monocromativi a graffito con tralci di vite (simbolo araldico dei Gallarati) e alcuni stemmi fra cui quello dei Roero, casata cui apparteneva la moglie di Pietro Gallarati. La serie di sale che si susseguono attorno al cortile sono arredate con mobili d'epoca, una discreta quadreria ed alcune presentano ancora gli originali camini in pietra serena, i soffitti a cassettoni e i pavimenti di legno. Interessante il celebre affresco nonocromo della Madonna dell'Umiltà di scuola leonardesca. Il castello nel XIX secolo venne trasformato in dimora dai duchi Gallarati-Scotti. Attualmente l'edificio è sede della comunità di padre Eligio, “Mondo X”. Altri link per approfondimento: https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00155/, http://agriturismoalcastellodicozzo.it/Agriturismo_al_Castello_di_Cozzo/Il_Castello.html, http://www.infolomellina.net/html/cozzo.htm, https://www.youtube.com/watch?v=pVmtjYzaqtw (video di Viaggiare & conoscere)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Cozzo, http://www.comune.cozzo.pv.it/c018059/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/6, https://www.preboggion.it/CastelloIT_di_Cozzo.htm

Foto: entrambe di Solaxart 2012 su https://www.preboggion.it/CastelloIT_di_Cozzo.htm

martedì 8 marzo 2022

Il castello di martedì 8 marzo

 


GENOVA - Torre Gropallo a Nervi

Realizzata nella seconda metà del Cinquecento dopo la pesante incursione del corsaro turco Dragut (Thorgut, Turgut), era parte del sistema difensivo comprendente anche il castello che nella parte a ponente della passeggiata sovrasta l'area del porticciolo (https://castelliere.blogspot.com/2015/04/il-castello-di-mercoledi-29-aprile.html). Prende il nome attuale dopo l'acquisto a metà dell'Ottocento da parte del marchese Gaetano Gropallo e che collegò l'edificio al suo parco omonimo. Collocata lungo la passeggiata Anita Garibaldi, è nota anche come "torre del fieno", per via del fieno bagnato che veniva bruciato sulla parte superiore della torre per produrre fumo e segnalare pericoli. Modificata e restaurata più volte nel corso dei secoli, nel 1936 venne acquistata dal Comune di Genova e successivamente ospitò la sede della Lega navale italiana e del gruppo di Nervi dell'Associazione Nazionale Alpini (presente ancora oggi). Altri link proposti: https://www.youtube.com/watch?v=vR0YFVDWaqM (video di m15alien), https://ms-my.facebook.com/telenordliguria/videos/nervi-partiti-i-lavori-di-pulizia-sulla-torre-gropallo-imbrattata-dai-vandali-ne/1313996885669881/ (video)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Nervi_(Genova)#Architetture_militari, https://it.wikipedia.org/wiki/Passeggiata_Anita_Garibaldi

Foto: entrambe sono prese da https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/0700108428#lg=1&slide=0, la seconda

lunedì 7 marzo 2022

Il castello di lunedì 7 marzo



 
AULLA (MS) - Castello Malaspina in frazione Bibola

Bibola fu uno dei "kastron" bizantini a difesa del porto di Luni e andò acquistando importanza con l’affermarsi della Via Francigena che toccava Bibola nella sua principale variante in Lunigiana, passando anche dal vicino castello di Burcione, oggi scomparso. L’insediamento bizantino sorse probabilmente dove si trovano i ruderi del castello, che era collegato visivamente con le torri di Filattiera e Grondola e con i castelli di Bastia, Monti, Lusuolo, Castiglion del Terziere. Bibola fu ceduta dai Malaspina in subfeudo ad altri nobili all’inizio del XIII secolo, mentre con la pace di Castelnuovo nel 1306, ritornò in loro possesso. Nel 1355 fu tra i feudi dei Malaspina di Aulla confermato da Carlo IV, e fu poi venduto dagli eredi nel 1451 ai marchesi di Fosdinovo. Il borgo, in galleria con numerosi passaggi coperti con volte di pietra , si raccoglie in modo circolare intorno al castello, oggi ridotto a rudere e visibile solo esternamente. Il castello di Bibola si erge in posizione dominante sulla valle del fiume Magra, ad un'altezza di circa 300 metri. La sua posizione strategica permetteva un controllo totale della valle e del ramo della Via Francigena che da qui passava. In epoca medievale, il castello fu possedimento dei Signori di Bibola, prima di passare nel XIII secolo ai Vescovi di Luni e ai Malaspina. Nel 1355 entrò a far parte del feudo dei Malaspina di Lusuolo, nel 1451 in quello di Fosdinovo e nel 1543 venne comprato dal genovese Adamo Centurione insieme ad Aulla. La fortezza perse via via importanza e già nel 1706 versava in pessime condizioni, quando durante la guerra di successione spagnola fu sede di una guarnigione. Il castello è il risultato di quattro diverse fasi costruttive nel corso dei secoli. La prima, probabilmente risalente al XII-XIII secolo, coincide con un tratto di muratura ad ovest della fabbrica dove si trovava il dongione. La seconda fase, nel XIV secolo, riguarda l’impianto generale del castello, a pianta quadrilatera con due torri circolari allungate a forma di ogiva. La terza fase si prolungò nel XV-XVI secolo quando venne aggiunto un terzo torrione nella zona di sud-est, probabilmente abitabile, con un diametro di circa sei metri e un notevole spessore murario. Struttura su due livelli collegati da una botola, conservava i resti di una canna fumaria e la presenza di un camino. La quarta fase infine, nel XVII secolo, è visibile in alcuni elementi architettonici ben conservati sul fronte sud-est della cortina muraria dove si apre una apertura di uso dubbiamente decifrabile. Altri link suggeriti: https://youtu.be/BWjazjCzGwY (video con drone di Dragon Aged), https://youtu.be/fXXY_E0YNB0 (video di Gregorio Tommaseo), https://youtu.be/VOQb-gK7zjc (video di Skiss Thai91), http://www.museoleduefortezze.it/pdf/ita/08_Aulla_CastellodiBibola_ita.pdf?view=fit&toolbar=0&statusbar=0, https://castlesintheworld.wordpress.com/2015/02/25/castello-di-bibola/

Fonti: https://comune.aulla.ms.it/vivere-aulla/le-frazioni/bibola/, https://www.terredilunigiana.com/borghi/bibola.php, https://www.visittuscany.com/it/attrazioni/il-borgo-di-bibola-00001/, https://www.terredilunigiana.com/castelli/castellobibola.php

Foto: tutte del mio amico (e inviato speciale del blog) Claudio Vagaggini

venerdì 4 marzo 2022

Il castello di venerdì 4 marzo

 


MONTEGRANARO (FM) - Torrione

Un decreto degli imperatori Ludovico il Pio e Lotario, dell'anno 829 d.C. menziona Montegranaro come donazione all'Abbazia di Farfa. "Mons Granarius", poi, fu assoggettata anche alla città di Fermo, come uno dei suoi castelli. Solo nella prima metà del XIII secolo riacquistò l'autonomia. Nel 1354 incorse nella scomunica inflitta dal cardinale Egidio Albornoz, revocata solo nel 1356. Nell'era delle signorie, Marco Zeno dei conti di Venezia fu designato Vicario, Rettore, Governatore e Padrone della Terra per conto di papa Urbano VI. Nel 1394 il capitano di ventura Luca di Canale si impossessò del paese, che fu poi venduto a Fermo in cambio del rilascio di quest'ultimo. All'inizio del Quattrocento, giunse Ludovico Migliorati, cui il castello di Montegranaro fu dato in vicariato dal Concilio di Costanza. Nel 1433 Francesco Sforza invase la Marca d'Ancona e a lungo rimase signore della zona. Successivamente, Montegranaro si schierò col duca di Milano e papa Eugenio IV lo scomunicò nuovamente nel 1442. Nel 1445, Montegranaro sottoscrisse dei capitolati di sottomissione con i cardinali emissari del Pontefice e tornò sotto il dominio della Chiesa cui restò poi sempre fedele. Edificato in prossimità del fiume Chienti, il Torrione era un antico mulino fortificato risalente a prima dell’anno 1000. La sua struttura è quattrocentesca e di tipo fortificato, per meglio difendere gli occupanti dagli attacchi. Un tempo era dotato di parapetto e merlatura che risultano essere stati demoliti e/o modificati attorno al 1950. Originariamente l’interno era suddiviso in due ambienti sovrapposti con volta a botte ogivale, dotati di scale lignee rimovibili per salire dall'uno all'altro piano. Trasformato poi in casino di caccia nobiliare e successivamente in fattoria, oggi è inutilizzato ma l’amministrazione sta predisponendo un progetto per l’intera valorizzazione dell’area. Altro link suggerito: https://www.laperonza.org/2018/08/mentre-il-torrione-si-sbriciola.html

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Montegranaro, https://www.iluoghidelsilenzio.it/torrione-del-chienti-montegranaro-fm/, testo su https://www.facebook.com/171276686250999/posts/il-torrione-mulino-fortificato-montegranarese-ancora-esistente-nei-pressi-del-ch/1085584698153522/

Foto: la prima è presa da https://www.iluoghidelsilenzio.it/torrione-del-chienti-montegranaro-fm/, la seconda è di Luca Craia su https://www.laperonza.org/2018/08/mentre-il-torrione-si-sbriciola.html

giovedì 3 marzo 2022

Il castello di giovedì 3 marzo

 


CERESOLE D'ALBA (CN) - Castello

La prima menzione riguarda l'investitura del feudo di Ceresole da parte dell'imperatore Enrico III al vescovo di Asti nel 1041. Nel XIII secolo la consignoria passò alle famiglie dei Montaldo e degli Anterixio. La famiglia Roero acquisì il feudo di Ceresole sin dal 1374. Quando nel 1468 avvenne una divisione dei feudi tra i vari rami dei Roero, si fece cenno al castello, che quindi già esisteva da tempo e che venne assegnato a Filippo Roero. Il "palazzo" (così veniva chiamato), subì rilevanti danni durante gli scontri seguiti alla battaglia di Ceresole del 1544. In quell'epoca il complesso era circondato da un fossato ed era protetto verso la piazza da ponte levatoio e rivellino. Quando, a partire dal 1649, parte del castello venne in possesso del senatore Cesare Patarino per acquisto di altri Roero, questi apportò consistenti modifiche, aggiungendovi due piccole ali e un muro con portale di ingresso delimitanti un piccolo cortile interno. L'edificio fu dunque trasformato in villa residenziale con pianta a "C". Dell'antica struttura rimangono tratti di cortina muraria in laterizio. Nel 1676 la parte dei Patarino passò ai Quadro che acquisirono anche la parte restante. I lati di settentrione e di levante dell'edificio, oltre ad evidenziare la componente più antica, mostrano i segni dei numerosi interventi e modifiche succedutesi nel tempo. Il Castello è aperto al pubblico l’ultima domenica del mese per visite guidate da Maggio a Ottobre e su richiesta per eventi privati. Tra le figure più eminenti che abitarono nel castello vi sono il generale Alessandro Quadro di Ceresole, che partecipò al Risorgimento, e il conte Giuseppe di Rovasenda, insigne ampelografo che studiò e disegnò oltre 3.600 vitigni e che quando morì, nel 1913, donò la sua collezione ampelografica all’Università di Torino. Altri link suggeriti: https://www.ecomuseodellerocche.it/it/paesi/21/ceresole-d-alba, https://www.youtube.com/watch?v=Vdj6OFHcfpk (video di MUBATT Ceresole d'Alba), https://www.facebook.com/watch/?v=578232679476525 (video di MUBATT).

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Ceresole_d%27Alba, https://www.comune.ceresoledalba.cn.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/castello-sec-xiii-21085-1-19db9bfb09e96b6111fd938d2ed6ea24, testo su pubblicazione "Castelli in Piemonte" di Rosella Seren Rosso (1999), https://www.gazzettadalba.it/2017/10/la-visita-narrata-al-castello-di-ceresole-lo-riportera-al-1544/

Foto: la prima è di PeterE su https://mapio.net/images-p/38857367.jpg, la seconda è presa da https://fondoambiente.it/luoghi/castello-di-ceresole?ldc