mercoledì 29 dicembre 2021

Buon 2022


Cari amici,

l'augurio per tutti noi è quello di superare questo momento così delicato e di ritrovarci nel 2022 a parlare di castelli nella massima serenità e leggerezza.

Valentino

 


Il castello di mercoledì 29 dicembre

 
SANTA CROCE DEL SANNIO (BN) - Castello

Re Desiderio, ultimo re longobardo, assegnò il possedimento di S.Croce all'abate Theodemario nel 762. Nell'anno 1000 S.Croce era un casale dei Cassinesi dai quali ebbe origine la famiglia dei S.Croce che divenne molto potente sotto gli Angioini.Guglielmo I detto "il Malo" tolse questa terra ai Cassinesi e la donò a Rodolfo Alemagno che la possedette dal 1172 al 1183. Al tempo degli Angioini, nel 1277, appartenne a Guglielmo di S.Croce e, sotto Carlo II D'Angiò, a Manfredi di S.Croce il quale lo cedette a Siginulfo, conte di Telese. Nel 1456 Ferdinando I D'Aragona diede questo feudo come remunerazione al suo capitano d'armi Giovan Battista del Balzo. Dal 1561 la popolazione di S.Croce venne incrementata notevolmente dall'immigrazione di famiglie dalla vicina Cercemaggiore, colpita da un'epidemia di peste. In seguito il feudo passò alla famiglia Tramontano di Sorrento. Il Comune di Santa Croce fece parte del contado del Molise e, nel 1861, passò alla provincia di Benevento. Il centro storico si è formato a partire da un casale altomedievale, ma il territorio comunale risulta popolato fin dal periodo paleolitico. In epoca sannitica si strutturò un insediamento diffuso, secondo il sistema paganico-vicano, che si consolidò nella fase della romanizzazione dell’Appennino sannitico. Tracce della frequentazione dei sanniti e dei romani sono state rinvenute nelle contrade Campanari, Acqua fredda, Casarinelli, Colle Alto, S.Barbara e S.Pancrazio. Il casale di S.Croce ebbe risalto a partire dal periodo normanno. I due raggruppamenti di abitazioni (i casalia hominum ricordati nei cartolari monastici) che possono essere individuati nei tessuti edilizi dei vicoli Tiglio e di via Dianella, furono progressivamente incorporati nel castrum normanno comprendente l’aggregato di case posto a valle del castello. Il castello sorse a margine di uno sperone roccioso, pressoché inattaccabile, perché separato da profondi valloni dalle alture circostanti. Il castello controllava anche la strada che, proveniente dalla valle del Tammaro e da S. Pancrazio, si biforcava verso Castelpagano e Circello. L’inclusione del primo dei due casali, con l’accrescimento edilizio circostante, all’interno di una cinta muraria che giungeva fino all’attuale palazzo Giovine, si attuò agli inizi del XII secolo. In epoca angioina si registrò un altro aumento degli abitanti con un’espansione in direzione dell’attuale via Ferraria e via Galante, dove si formò un ulteriore quartiere sulla base di una lottizzazione modulare. In tale circostanza il castello divenne residenza feudale, anche se saltuaria, mediante l’elevazione del torrione. Solo nella fase successiva, con l’avvento degli aragonesi e con l’arrivo in Santa Croce dei Del Balzo il castello fu profondamente ristrutturato dividendolo in due parti. Nella metà che si affaccia sulla valle e sul torrente fu costruito un palazzo a corte, utilizzando anche le strutture preesistenti del torrione; nell’altra metà fu realizzato un giardino pensile. Il castello ed il quartiere a valle, restarono fino al XVII secolo sostanzialmente immutati e chiusi da un circuito murario che lasciava all’esterno solo i mulini e la chiesa di S. Sebastiano (XVI secolo) e che si apriva attraverso tre porte (Porta Vecchia, Porta Nuova e Portella). Oggi il palazzo baronale è sede del Municipio.

Fonti: https://www.comune.santacrocedelsannio.bn.it/it-it/vivere-il-comune/storia, http://monumenti.altervista.org/santa-croce-del-sannio-bn-porta-nuova/?doing_wp_cron=1639816241.0381259918212890625000, https://www.galtammaro.it/santa-croce-del-sannio/

Foto: è presa da https://www.comune.santacrocedelsannio.bn.it/it-it/vivere-il-comune/scheda

martedì 28 dicembre 2021

Il castello di martedì 28 dicembre



TERLAGO (TN) - Castello

Il Castello di Terlago sorge in corrispondenza dell´attuale abitato di Terlago, in un tratto pianeggiante della Valle dei Laghi, svincolo viario molto importante in età medievale da cui passava la strada che da Trento conduceva verso la Valle del Sarca a Sud-Ovest, e verso la Valle di Non a Nord. Non esistono documenti certi sulla sua fondazione ma i primi riferimenti alla famiglia che lo possedeva, i de Terlachu, risalgono al 1124 e nel 1208 sono definiti nobili militi segno di un loro impegno militare. Da un'analisi architettonica sembra comunque probabile che le strutture più antiche risalgano al XII secolo. Le caratteristiche della struttura e alcune informazioni indirette ricavate dai documenti hanno permesso di avanzare l´ipotesi che non si trattasse di un feudo detenuto da una singola casata, ma di una struttura difensiva di proprietà di più famiglie – definite dalle fonti con il nome di Terlago – che non sarebbero state imparentate tra loro. In un censimento delle fortificazioni fatto redigere dal principe vescovo di Trento nel 1190 è inoltre nominata una "Domus de Trilaco", interpretata dagli storici come una non meglio specificata comunità che avrebbe abitato il castello. Stando a quest’ipotesi il dato documentario troverebbe riscontro nella tipologia edilizia utilizzata in questa costruzione, sconosciuta altrove in Trentino, composta da due torri separate che sarebbero state la dimora di due differenti nuclei famigliari. Nel 1457 Nicolò di castel Terlago cedette parte del castello alla famiglia Calepini di Trento. Ne seguì una battaglia legale che si protrasse fino al 1533, allorquando entrò a far parte dei possedimenti dei de Fatis che ne mantennero la proprietà fino al 1952 e assunsero anche il predicato nobiliare de Terlago. Nel 1703, come molti altri castelli della zona, fu occupato e dato alle fiamme dalle truppe del generale Vendome. In seguito fu ricostruito ma perse l'aspetto di fortezza per essere trasformato in una residenza nobiliare di campagna. Oggi il castello è proprietà privata e normalmente non è visitabile. Perduta completamente la cinta muraria che lo proteggeva, la parte più antica di castel Terlago è costituita da due torri, la torre Mozza e la torre Alta, che risalgono al XII secolo e venivano probabilmente usate per il controllo dei traffici della zona. Tra il XIII e il XIV secolo fu edificato il palazzo residenziale che collegava le due torri. Dopo le distruzioni dell'inizio del XVIII secolo, tutto il complesso fu fortemente rimaneggiato ricavando un palazzo residenziale più ampio e lussuoso e un giardino all'italiana. Interessante link per approfondimento sul tema: https://archiviomemoria.ecomuseovalledeilaghi.it/files/original/07c8623e22c2e4a1b821b6adb7c186739502ea0d.pdf. In questo video di Pipuz possiamo visitarlo virtualmente all'esterno: https://www.youtube.com/watch?v=8TL-GCG4UC8

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Terlago, http://www.castellideltrentino.it/Siti/Castello-di-Terlago, https://castellitrentini.wordpress.com/i-castelli-medievali-del-trentino/la-valle-dei-laghi/il-castello-di-terlago/

Foto: la prima è presa da https://www.cultura.trentino.it/Approfondimenti/Giardino-e-parco-di-Castel-Terlago, la seconda è di yuna57 su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/267066/view

lunedì 27 dicembre 2021

Il castello di lunedì 27 dicembre





ROVIGO - Torre Donà

Il primo documento storico sicuramente attendibile sulla città è dunque quello del 24 aprile 838, dove Rovigo viene definita in latino villa que nuncupatur Rodigo, ossia "borgo [rurale] detto Rodigo". Nel 920 il vescovo di Adria Paolo Cattaneo fece costruire una fortificazione in questo borgo per trasferirvi temporaneamente la sede vescovile al riparo dalle scorrerie ungare. Questa prima fortificazione fu completata nel 954. Gli Estensi erano presenti a Rovigo già nel 1117 e furono presumibilmente loro a promuovere l'ampliamento della fortificazione nel XII secolo, quando l'abitato di Rovigo si estendeva già su entrambi i lati dell'Adigetto, tombato nel 1937, che all'epoca era un vero e proprio fiume. Il maschio del castello, nonchè la torre d'angolo, era la tuttora esistente torre Donà. Il dominio estense su Rovigo fu ufficializzato dall'Imperatore Enrico VI nel 1194, che ne nominò conte Azzo VI; a parte brevi parentesi, Rovigo rimase estense per quasi tre secoli. Il XV secolo fu tormentato per Rovigo e tutto il Polesine, conteso dalla Repubblica di Venezia che cominciava in quel periodo a espandersi verso la terraferma. Durante i fatti della Guerra del sale, i Veneziani entrarono definitivamente a Rovigo nel 1482, e a parte la parentesi della Lega di Cambrai (1508-1511) ne mantennero il dominio per circa tre secoli. Per imprimere l'impronta della repubblica, fu costruita in piazza Maggiore (l'attuale piazza Vittorio Emanuele II) la torre civica in cui fu trasferita la campana che aveva suonato nel maschio del castello; nel 1519 fu costruita anche la colonna con il Leone di San Marco. Alla fine del XVI secolo la Serenissima celebrò il proprio dominio edificando su progetto del bassanese Francesco Zamberlan il tempio della Beata Vergine del Soccorso, noto col nome di Rotonda, il cui interno è decorato con tele di elevato valore artistico e allegorico, raffiguranti i podestà veneziani che governarono su Rovigo fino agli anni 1660. In questo periodo il borgo S. Bortolo cominciò ad assumere una sua identità di quartiere fuori porta. Rovigo conservò la sua pianta pentagonale circondata dalle mura e attraversata dall'Adigetto (che nei secoli perse progressivamente di importanza). Nel corso del tempo sono state suggerite diverse interpretazioni inerenti alla costruzione del castello e alle vicende storiche ad esso legate, ma le testimonianze più accreditate si devono ai secentisti e settecentisti quali il Pigna, il Nicolio, il Bronziero, il Casilino ed altri ancora, che hanno fornito un quadro generale ma dettagliato della storicità del castello. Secondo gli storici Carlo Silvestri, e Isidoro Alessi, dopo il trattato di Verdun dell’843, il Polesine era ancora sotto il possesso e il dominio della Santa Sede, fino al 903, anno in cui il dominio passò in mano al feudatario, il marchese Almerico di Mantova. Gli stessi storici confermano inoltre che, a seguito della distruzione della cattedrale di Adria, da parte dell’invasione ungherese all’inizio del X secolo, il papa Giovanni scrisse una bolla nel 920 d.C. con la quale concesse al Vescovo Paolo di Adria di trasferirsi al riparo dal marchese Almerigo, presso Buonvico, e di costruire un castello, come rifugio contro gli attacchi barbarici. In quest’occasione venne costruito nella zona mediopolesana il castello. Sostenitore alla realizzazione del castello, completato all’inizio del XIV secolo, fu Obizzo I Este, a testimonianza dello statuto estense del 1324. Circa due secoli dopo alla sua edificazione, vennero costruite le mura difensive e si procedette alla fase di ampliamento del castello, creando nuovi bastioni, per garantire maggiore difesa contro eventuali incursioni barbariche. Tuttavia, segni di tali interventi sono testimoniati dal dislivello delle strade odierne, che fiancheggiano le mura, articolate su un livello più alto rispetto a quelle urbane.a fortezza fu dunque realizzata su un terrapieno artificiale, ottenuto con la terra dello scavo delle fosse, e si affacciava sul lato orientale verso il porto fluviale dell’Adigetto, mentre gli angoli nord-ovest e sud-ovest erano circondati da due torricelle; infine vi erano due ponti levatoi che consentivano l’accesso. Nel basamento del mastio della torre, che fungeva da difesa per il castello, venne costruita una prigione e nella sua sommità una campana che scoccava solo in caso di avvenimenti importanti per la città. Nonostante la città di Rovigo perse nel tempo di funzione strategica, a causa delle paludi che costituivano di per sé una sicura barriera naturale, il castello fu comunque teatro di diversi combattimenti, quali la guerra di Ferrara, la guerra della Lega di Cambrai (1509) e della Lega Santa (1511). A partire dal 1598 la Repubblica di Venezia cedette il castello in mano ai Donà che ne fecero “ad usum regni” fino all’intervento da parte del comune nel XIX secolo, che dovette limitare i danni dei nobili Donà, i quali volevano la demolizione della torre maggiore. Nel 1836 ci fu poi un secondo intervento da parte del comune, che sventò la demolizione delle mura progettata dalla dominazione dei Grimani, ereditari della fortezza da parte dei Donà. Particolarmente caratteristica per la sua pendenza (causata dal cedimento del suolo sottostante) e per il suo alto merlo che ospitò per secoli la campana cittadina, la Torre Donà è considerata tra le più alte torri italiane di origine medievale, con i suoi 51,26 metri di altezza. A livello architettonico si possono notare alcuni particolari, quali la sua costruzione asimmetrica rispetto alla cinta muraria, la correzione dell'appiombo con il sopraelevamento della torre, e infine la disposizione sullo stesso livello del piano delle feritoie della Torre Grimani con la struttura lignea, riconducibile alle posthole della torre Donà. Di natura essenzialmente difensiva, questa risulta costruita in mattoni e laterizi regolari, disponendo di poche finestre ad arco ed alcune di esse ad arco a tutto sesto, il tutto ornato da una merlatura ghibellina in cotto, disposta agli angoli della torre. La struttura risulta ben conservata, per anni accessibile al pubblico, e ripropone l'aspetto delle diverse altre torri a funzione di difesa presenti in città. Un progetto relativo alla riqualificazione dell'area e al restauro del castello e delle sue componenti, protrattosi a cavallo del XX e XXI secolo, ha permesso di riaprire al pubblico con guida turistica a supporto nell'estate 2020. La Torre Grimani, detta anche "Torre mozza" per la sua parte superiore del tutto crollata, è caratterizzata, come per la torre Donà, dalla sua particolare pendenza. Di forma quadrangolare, è alta circa 21,26 metri e costruita in mattoni legati con malta di calce, ubicata nell'angolo sud-ovest delle mura. Questa è suddivisa su due livelli:
- il piano interrato costituito da formelle di cotto e il soffitto costruito interamente in legno;
- il primo piano caratterizzato dal soffitto con una volta a padiglione e finestre ad arco.
La sua inclinazione si pensa possa essere dovuta al cedimento delle fondazioni nel corso della sua costruzione, tanto che, dopo alcuni studi archeologici e architettonici, si sono constatati segni di diversi raddrizzamenti apportati alla torre avvenuti in epoche successive. Altri elementi a testimonianza delle antiche fortificazioni sono: la Torre Pighin, eretta nel 1138 è tra le poche a sopravvivere lungo le mura urbane rodigine; la Torre Roncale del XIV secolo, che oggi è parte del palazzo Roncale, da cui prende il nome; la Porta San Bortolo, eretta tra il 1482 e il 1486, che si caratterizza per la sua architettura medioevale. Altri link consigliati: https://www.rovigoinfocitta.it/torre-dona-e-torre-grimani/, https://rovigo.italiani.it/scopricitta/castello-di-rovigo/, https://viaggi.fidelityhouse.eu/castello-di-rovigo-53464.html, https://www.youtube.com/watch?v=QGDPxkWRJ9I (video di PinoSchiesari), https://youtu.be/lhwWRGqrT8k (video di Rovigo IN Diretta), https://www.facebook.com/prolocorovigo/videos/il-castello-di-rovigo-storia-delle-due-torri-simbolo-della-citt%C3%A0/192975962536532/ (video)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Rovigo, https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Don%C3%A0, https://it.wikipedia.org/wiki/Fortificazioni_medievali_di_Rovigo, https://www.venetoway.com/it/provincia-di-rovigo/centro-storico-rovigo/castello-di-rovigo/

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è di Threecharlie su https://it.wikipedia.org/wiki/Fortificazioni_medievali_di_Rovigo#/media/File:Castello,_mura_e_rovine_torretta_lato_sud_(Rovigo).JPG, la terza (relativa a Torre Grimani) è un'altra cartolina in vendita sul sito www.delcampe.net

giovedì 23 dicembre 2021

Buon Natale 2021


I miei più sinceri auguri a coloro che seguono il mio blog !

Valentino

martedì 21 dicembre 2021

Il castello di martedì 21 dicembre



ALGHERO (SS) - Torre di Tramariglio e Torre di Porto Conte

Nota anche come torre del Tamerice, è posta sul promontorio omonimo nei pressi di Tramariglio, frazione di Alghero. La torre fu costruita a partire dal 1585 per volere degli Aragonesi, al fine di contrastare e scoraggiare le invasioni dei saraceni, e fu completata probabilmente tra il 1588 e il 1590; fu eretta su un promontorio proteso tra le baie di Porto Conte e della Dragunara, a una quota che consentisse la visibilità delle torri Nuova, del Bulo, della Pegna e di Punta Giglio; la struttura, di media grandezza, apparteneva alla categoria "senzillas", ossia era adibita a difesa leggera. La torre cilindrica, a base troncoconica, si sviluppa su una pianta circolare del diametro di 14 m. Interamente realizzata in calcare, la struttura si erge sulla sommità di un promontorio roccioso accessibile attraverso un sentiero; alta circa 11 m, presenta un unico ingresso posto alla quota di 5 m, preceduto dai ruderi di un piccolo rivellino; in sommità, dalla struttura aggettano i resti di quattro garitte di vedetta. All'interno si trova un unico ambiente a pianta circolare, coperto da una cupola retta da un grande pilastro centrale cilindrico; la sala è illuminata da alcune aperture in mattoni ad arco a sesto acuto, realizzate in epoca successiva all'edificazione della torre, anche per arieggiarne l'interno, e ospita un camino e alcune nicchie destinate ad accogliere piccoli pezzi d'artiglieria; dall'ampia stanza si accede alla cisterna e, salendo una scala a chiocciola (posta a sinistra dell'ingresso), al terrazzo panoramico di copertura, su cui si trovano le tracce di quattro cannoniere. Altri link: https://www.pianetaalghero.com/territorio-alghero/torre-del-tramariglio-alghero/, https://www.youtube.com/watch?v=sBW7eU9babk (video di Sergio Diez), https://www.youtube.com/watch?v=nGYZ-6HWj-s (video di Tiziano AIO), https://m.facebook.com/toucandt/videos/torre-del-tramariglio-/810226816050440/ (video di Toucan Diving & Tours)

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Ubicata a una trentina di metri dal mare, la Torre di Porto Conte si affaccia sull'omonima baia, a poca distanza della frazione di Maristella, a fianco del faro di Porto Conte. Amministrativamente fa parte del comune di Alghero, da cui dista una decina di chilometri. La torre, di forma troncoconica, a un piano, è costruita con pietra calcarea reperita nell'immediato entroterra. Da una relazione del capitano Marco Antonio Camos risulta edificata nel 1572 e, con un'altezza di 13 metri e un diametro alla base di 18, si colloca fra le più grandi torri costiere della Sardegna. Le condizioni statiche e architettoniche del sito vengono considerate buone. Come nella gran parte delle torri sarde, il portello d'ingresso è collocato a un'altezza di circa cinque metri dal suolo per consentire l'accesso esclusivamente con l'ausilio di scalette in corda o legno, velocemente retraibili in caso di pericolo. L'interno della torre presenta un ampio vano circolare suddiviso in tre ambienti con pilastro centrale che regge la volta a fungo. La terrazza o piazza d'armi si raggiunge grazie a una ripida scala ricavata all'interno del muro perimetrale (di spessore pari a circa 3,80 mt) e terminante con un boccaporto, in origine sormontato da una garitta realizzata a protezione dagli agenti atmosferici. Sulla terrazza era presente la cosiddetta "mezzaluna", una struttura leggera semicircolare fatta di coppi e canne che poggiava sul parapetto, eseguita allo scopo di offrire riparo a soldati e munizioni. La piazza d'armi conserva ancora in buone condizioni parapetto, spallamento (il parapetto lato terra), e le quattro piombatoie simmetricamente posizionate e sorrette da mensole in legno. Da segnalare il vano situato al piano terra, originariamente cisterna per l'approvvigionamento idrico, negli anni '90 restaurato e utilizzato per un certo periodo come locale notturno, con accesso dal piano stradale grazie a un ingresso realizzato per l'occasione. Per le notevoli dimensioni la torre era classificata come "gagliarda" o de armas cioè di difesa pesante; ospitava una guarnigione composta da un alcaide (il comandante), un artigliere e tre soldati che disponevano di sette fucili, una spingarda e due cannoni calibro 10,9. La torre di Porto Conte è in contatto visivo con quella del Buru, di Tramariglio e della Pegna. La torre e l'area circostante sono sottoposte ai vincoli previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio, emanato con il decreto legislativo del 22 gennaio 2004 n. 42 ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 relativo alla delega per il riassetto e la codificazione in materia di beni culturali e ambientali, spettacolo, sport, proprietà letteraria e diritto d'autore. Altri link: https://www.comune.alghero.ss.it/it/amministrazione/luoghi/luogo/Torre-di-Porto-Conte/, https://www.youtube.com/watch?v=3tWwxXBGOsM (video di Angelo Cosso), https://www.youtube.com/watch?v=j8LvfVImdrg (video di AlguerIT che mostra l'interno della torre completamente trasformato per farne un night.....)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_di_Tramariglio, https://www.comune.alghero.ss.it/it/amministrazione/luoghi/luogo/Torre-di-Tramariglio/, http://web.tiscali.it/xardegna/html/tramarig.htm, https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_di_Porto_Conte, https://catalogo.beniculturali.it/detail/SARDEGNA/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/2000232770

Foto: la prima (Torre di Tramariglio) è presa da https://www.storiedialghero.it/torre-di-tramariglio-urgono-lavori-urgenti/, la seconda (Torre di Porto Conte) è preso da https://www.lanuovasardegna.it/tempo-libero/2020/07/17/news/porto-conte-il-volo-infinito-di-saint-exupery-1.39092685

lunedì 20 dicembre 2021

Il castello di lunedì 20 dicembre



CASTEL SANT' ELIA (VT) - Castel d'Ischia

Ai piedi di Monte Ulivo, posto sull’estremità di uno sperone tufaceo, il sito medievale di Castel d’Ischia, sorge sui resti di un antico pagus falisco come fanno intuire i resti di alcune mura, tombe adibite poi ad abitazioni, e cisterne. Varcato il sempre presente vallo difensivo si arriva alla porta d’ingresso del castello. In questo punto guardando bene la parte alta dell’arco è ancora oggi visibile una roccia forata al cui interno veniva inserito il perno della porta di ingresso della fortificazione. All’interno del suddetto centro medievale sono visibili ancora oggi i resti di molte strutture ricavate dal tufo di origine falisca e riutilizzate poi in epoca medievale come abitazioni, magazzini e cisterne. Proprio per la presenza di queste ultime bisogna prestare molta attenzione a dove si mettono i piedi, in quanto le loro aperture nel suolo rimangono nascoste dalle sterpaglie. Una di queste strutture posta lungo il vallo difensivo interno all’insediamento e molto probabilmente riutilizzata in epoca medievale come magazzino, presenta un’interessante decorazione su di un pilastro posto al centro di essa. Sull’altro lato del vallo interno è presente una piccola struttura a falsa cupola rivestita da blocchi di tufo squadrati, molto probabilmente una cisterna risalente al periodo tardo falisco. Presenti inoltre anche strutture murarie ed una torre quadrangolare priva di aperture originarie. Espugnare questa fortificazione non doveva essere una cosa facile, vista la sua posizione strategica. Se la si guarda dall’alto infatti si può ben vedere come essa sia costruita sull’estremità del pianoro, proprio dove questo assume una forma triangolo allungato delimitato per due lati da profondissime forre, alte circa 80 metri. Il sito risultava dunque raggiungibile soltanto in un punto, ben difeso, oltretutto, da un vallo artificiale. Per ciò che concerne l’aspetto storico del suddetto sito, come già visto per altri centri medievali dell’agro-falisco, non si hanno molte notizie, se non quelle legate all’elenco degli abitanti soggetti alla tassa del sale e focatico, risalente al XIV secolo. Altre informazioni riguardanti questa fortificazione sono rintracciabili in un documento del 1549 riguardante gli Anguillara, in cui il sito risulta già in disuso. Altri link suggeriti: https://www.tesoridellazio.it/tesori/castel-sant-elia-vt-ruderi-di-castello-d-ischia-o-castel-d-ischi/, https://www.luigiplos.it/luoghi-segreti-castello-d-ischia/, https://www.montinvisibili.it/Castello-Ischia (varie foto), https://www.youtube.com/watch?v=ekbFjm1f5ms (video di Luca Panichelli), https://www.youtube.com/watch?v=1twSDC1UzLI (video di Sergio Taloni)

Fonte: testo di Luca Panichelli su https://tesorinascostiagrofalisco.wordpress.com/2016/04/08/castel-dischia-castel-santeliavt/

Foto: la prima è di G. Garofoli su https://www.tesoridellazio.it/tesori/castel-sant-elia-vt-ruderi-di-castello-d-ischia-o-castel-d-ischi/, la seconda è di Luigi Plos su https://www.luigiplos.it/luoghi-segreti-castello-d-ischia/

domenica 19 dicembre 2021

Il castello di domenica 19 dicembre



SOIANO DEL LAGO (BS) - Castello

Possedimento del vescovo di Verona, cui fu confermata, nella prima metà del XII secolo, dall’imperatore Federico I, Soiano nel Trecento passò sotto la signoria degli Scaligeri, venendo poi venduta ai conti di Castelbarco dal re di Boemia. Nel 1427, al pari dei territori circostanti, entrò a far parte dei domini della Repubblica veneta, di cui seguì le vicende. La storia successiva al declino della Serenissima, sul finire del XVIII secolo, non si discosta da quella del resto della provincia, attivamente impegnato nelle lotte risorgimentali. Nel 1928 fu annessa al comune di Padenghe sul Garda, recuperando l’autonomia amministrativa nel 1947. L'attuale complesso fortificato di Soiano è il risultato di numerosi interventi succedutisi nei secoli e che hanno preso inizio nel Medioevo. Edificato durante il X secolo su un’altura a 198 m.s.l.m. con funzione di ricetto, domina la Valtenesi, in contatto visivo con i castelli di Polpenazze e Moniga, con la rocca di Manerba e con il mastio del ricetto di Puegnago. La pianta quadrangolare presenta una muratura molto alta con i probabili resti della merlatura, che si confondono con le sbrecciature provocate dal tempo. L’ingresso, protetto da una massiccia torre successivamente trasformata a partire dal XVII secolo nel campanile attuale della vicina parrocchia, era dotato di ponte levatoio per l’ingresso carraio e per quello pedonale, oggi murato. I segni della presenza del ponte si intuiscono dalle tracce lasciate nella muratura, costituita da pietre e ciottoli legati da malta. In età moderna inoltre, si scelse di dotare il fortilizio di un`ulteriore porta, atta a prevenire eventuali incursioni dell`esercito savoiardo. Da due angusti cortili, dotati di un secondo passaggio protetto, si entra nello spazio, circa mille metri quadrati, destinato ad accogliere la popolazione in occasione di eventuali scorrerie di eserciti di passaggio. All’estremità del muraglione furono realizzate due torri, sporgenti dalla pianta e dotate di feritoie per la difesa fiancheggiante della cinta, la torre settentrionale è ben conservata e dalla sua sommità si gode una splendida veduta del lago e delle colline circostanti. Il complesso, innalzato nel medioevo, sorge su resti di una fortificazione antecedente. In zona sono stati effettuati numerosi ritrovamenti occasionali di reperti di epoca romana, senza però mai condurre scavi ed indagini sistematiche che chiarissero l’esatta cronologia del complesso. La parte esterna meridionale conserva un massiccio muro a scarpa, frutto anch’esso di rimaneggiamenti che il complesso subì nel corso dei secoli, e a cui dovrebbe appartenere anche quel tratto di muratura che si stacca dalla torre meridionale e si collega ad un vasto terrazzamento che sostiene il nucleo abitativo raccolto attorno alla chiesa di San Michele. Il fortilizio fu eretto per far fronte ai costanti saccheggi e alle invasioni frequenti dell`epoca. L'attuale complesso comunque fin dall`epoca medievale venne usato dai rappresentanti delle famiglie locali quale sede atta ad eleggere i consoli e ad amministrare la giustizia, ed oggi è più che mai al centro della vita sociale e culturale del paese. Da un punto di vista architettonico invece, la cinta muraria si è preservata pressoché intatta, dotata di considerevole altezza e recante i segni di quella che un tempo doveva essere la merlatura. Nel 1985 il castello venne donato dalla famiglia Omodeo-Salè al Comune di Soiano del Lago, che procedette al restauro conservativo, come testimonia la targa posta sopra l'ingresso del castello. Attualmente il maniero è tornato a far parte delle proprietà del Comune. Nella stagione estiva le antiche mura del castello di Soiano del Lago divengono suggestivo luogo di eventi, spettacoli e rievocazioni storiche.

Fonti: https://www.lagodigardaeventi.it/soiano-del-lago/, https://www.comune.soianodellago.bs.it/archivio2_aree-tematiche_0_67.html, https://www.tuttogarda.it/soiano/soiano_castelli.htm, https://www.visitgarda.com/it/Castello-Soiano-del-Lago/

Foto: la prima è di Massimo Telò su https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Soiano_del_Lago#/media/File:Soiano-Castello.JPG, la seconda è presa da https://fondoambiente.it/luoghi/castello-di-soiano-del-lago-bs?ldc

venerdì 17 dicembre 2021

Il castello di venerdì 17 dicembre



ROCCAGLORIOSA (SA) - Castello

Nel 590 fu conquistata dai Longobardi, che ingrandirono il castello. Nel XIII secolo questo era uno dei "castra exempia" di Federico II di Svevia, e se ne riservava l'affidamento direttamente alla casta regnante. Notizie storiche certe del borgo di Roccagloriosa si hanno a partire proprio da questo periodo, quando Ruggero D’Apolla prima e Matteo Mansella poi vennero nominati “castellani”. In seguito il piccolo feudo passò sotto i Sanseverino, poi ai Carafa nel XVI secolo , ai Capece ed infine a i D’Afflitto, famiglie nobiliari e aristocratiche il cui dominio è ancora oggi testimoniato dai numerosi palazzi nobiliari di cui è costellato il borgo. Nel luglio del 1512 il borgo fu distrutto dal pirata Dragut Bassa. In epoca moderna, il castello dovette subire il saccheggio delle truppe napoleoniche, il 3 agosto 1806. Questo fu incendiato e devastato, per poi essere in buona parte demolito negli anni '50 del XX secolo. In questi due video si possono ammirare le rovine dell'antica costruzione: https://www.youtube.com/watch?v=UBiBLxpVBRI e https://www.youtube.com/watch?v=ZdTBH1_u2Kk (entrambi di Andrerrante)

Fonti: https://www.comune.roccagloriosa.sa.it/index.php?action=index&p=10123, https://it.wikipedia.org/wiki/Roccagloriosa, http://www.cilentoemenevanto.com/la-storia-antica-di-roccagloriosa/, https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/siusa/pagina.pl?TipoPag=prodente&Chiave=31037

Foto: la prima è di Bbicienz su https://it.wikipedia.org/wiki/Roccagloriosa#/media/File:Castello_di_Roccagloriosa.jpg, la seconda è presa da https://casamarotta.jimdofree.com/il-luogo/

martedì 14 dicembre 2021

Il castello di martedì 14 dicembre

 


VOLTURARA APPULA (FG) - Palazzo Ducale

Nel periodo medievale il borgo venne dominato da diverse famiglie feudatarie: prima i Gonzaga, poi i Carafa, quindi i Caracciolo e infine i Pignatelli, mantenendosi sede vescovile fino al 1818. Edificato nel ‘500 per volontà dei nobili Caracciolo sui resti di un castello preesistente, probabilmente di epoca normanna, il Palazzo Ducale è il cuore del centro storico di Volturara Appula. La massiccia struttura in muratura è circondata dal groviglio di strade della città vecchia e si affaccia su largo Marconi e largo Palazzo. Conserva ancora la maestosità dell’impianto originario, modificato nei secoli in seguito a rimaneggiamenti e più recenti interventi di restauro che lo hanno trasformato in palazzo signorile e, di conseguenza, ne hanno fatto perdere via via l'aspetto e la funzione di fortezza a scopo prevalentemente difensivo. L'edificio si presenta a pianta quadrangolare, tipo torrione, forma da cui è possibile dedurre che in origine doveva trattarsi di un donjon normanno con funzioni di controllo ed osservazione dalle vallate circostanti, e si sviluppa su tre piani, il primo ed il secondo separati esternamente da un toro marcapiano. Il suo aspetto si rivela particolarmente massiccio con muri possenti. L’interno del palazzo, di proprietà privata, non è oggi visitabile. Altri link per approfondimento:https://www.visitmontidauni.it/it/pd/palazzo-ducale-caracciolo-di-volturara-appula, https://it.wikipedia.org/wiki/Volturara_Appula

Fonti: https://www.comune.volturaraappula.fg.it/index.php/elenco-vivere-volturara-appula/cenni-storici, https://viaggiareinpuglia.it/at/4/castellotorre/4703/it/Palazzo-ducale-Caracciolo, https://www.lavocedimaruggio.it/wp/fortezze-e-castelli-di-puglia-il-palazzo-ducale-caracciolo-di-volturara-appula.html

Foto: la prima è presa da https://www.lavocedimaruggio.it/wp/fortezze-e-castelli-di-puglia-il-palazzo-ducale-caracciolo-di-volturara-appula.html, la seconda è presa da https://garganotourism.it/product/volturara-appula/

lunedì 13 dicembre 2021

Il castello di lunedì 13 dicembre



BORGO TOSSIGNANO (BO) - Rocca di Tossignano

Nell'Alto Medioevo Tossignano assunse l'aspetto di centro fortificato (castrum Thausignanum o Tauxignano). La prima attestazione del castrum nei documenti risale all'8 ottobre 873. Vassallo di Imola, Tossignano cercò più volte di ribellarsi. Nel 966 venne distrutto a seguito di una rivolta, poi fu riedificato dagli stessi imolesi. Nel 1005 era governato da Alberto di Tossignano, ma sotto la protezione dei fiorentini. Tra il 1062 ed il 1070 i fiorentini, nelle loro mire espansionistiche, contesero a lungo Tossignano agli imolesi, che faticarono non poco a mantenerlo. Dalla Pieve nacque il Comune, che nel 1181 ebbe già i suoi due consoli documentati; l'arciprete di Tossignano fu il primo vicario vescovile nella vallata del Santerno. Dal 1126 il pievato di Tossignano passò sotto la giurisdizione della chiesa vescovile imolese per decisione di papa Onorio II. La decisione venne confermata dai successori. Nel periodo in cui infuriarono le guerre tra guelfi e ghibellini, Tossignano fu alleata dei primi. Imola era ghibellina: i due centri divennero acerrimi nemici. Tossignano si schierò con le guelfe Faenza e Bologna. Nel maggio 1198 si alleò con l'esercito guidato da Bolognesi e Faentini. Imola, stretta tra le due città, era perno dello schieramento imperiale. Vi aveva sede Marquardo di Annweiler, Legato dell'imperatore e Duca di Romagna. Marquardo attese l'esercito guelfo fino a pochi km dal centro abitato, poi scatenò la controffensiva. Gli avversari furono ricacciati indietro; l'avanzata degli imperiali fu inarrestabile. Giunti a Tossignano, presero il castello e lo distrussero completamente. Molti abitanti furono deportati a Fontana Elice, mentre i superstiti si rifugiarono sui monti circostanti. Saccheggiato e distrutto totalmente, il paese rimase abbandonato per quattro mesi. I tossignanesi sopravvissuti andarono a stabilirsi nel fondovalle, dando origine, sulla riva destra del fiume Santerno, al Borgo. Dal 1198 a tutto il XIII secolo Tossignano fu amministrata dalla guelfa Bologna, accanto alla quale combatté contro i ghibellini (guidati da Maghinardo Pagani). Nel 1256 i Bolognesi, vittoriosi sull'imperatore Federico II, ricostruirono il castello. Tossignano fu elevata a sede del comitatus (contado) supra Stratam (ovvero a meridione della Via Emilia, allora denominata "Strada romana"), comprendente 40 castelli; fu dotata di un Palazzo Pretorio retto da due consoli. Il castello, tornato sede di vicariato vescovile, fu concesso in feudo alla famiglia Alidosi, che lo tenne fino al 1424 (Alidosio Alidosi fu il primo podestà nel 1365). Nel XIV secolo Tossignano fu di nuovo contesa tra Bologna e Imola, che cercarono di annetterla ai propri domini approfittando della lontananza dei papi, trasferitisi ad Avignone. Quando la Santa Sede decise di rientrare in possesso del castrum fu effettuato un censimento fiscale (1371). A Tossignano fu registrata la capacità contributiva più alta di tutta la valle del Santerno, la seconda di tutta la diocesi dopo Imola e davanti a Lugo. Nel territorio si contarono ben 350 focularia (soggetti abili al lavoro). Nel corso del 1300 il castello passò continuamente di mano tra i bolognesi e gli imolesi. Nel 1433 il castello finì a Guidantonio Manfredi, che due anni dopo lo consegnò alla santa Sede, per poi passare al comune d Imola e, nel 1473, a Caterina Sforza, la quale provvide ad un importante restauro. Nel 1499 fu conquistato da Cesare Borgia, poi passò ai veneziani che lo cedettero a Giulio II nel 1509. Nel 1527, Clemente VII lo diede all'imolese Ramazzotto de' Ramazzotti, il quale, nel 1537, dovette cederlo, dopo aspri scontri, al nuovo papa, che lo distrusse per sempre. Il castello era munito di fortissime mura con torrioni, mastio e casa di abitazione per il Castellano e i suoi difensori. ll Guicciardini considerava Tossignano, per la sua posizione e la sua Rocca, uno dei paesi più formidabili della regione, oggi non restano che pochi ruderi. Eretta in posizione strategica da cui si domina tutta la vallata, la rocca di Tossignano terminò, come detto, la sua funzione difensiva ai primi del Cinquecento. Durante la seconda guerra mondiale fu occupata dai tedeschi, che ne fecero un caposaldo. Per questo fu pesantemente bombardata dagli alleati, fino a distruggerla completamente. Oggi rimangono visibili il fossato e il plinto del ponte levatoio. Ecco un video che mostra le rovine del castello: https://en-gb.facebook.com/elica360/videos/video-360-del-rudere-della-rocca-di-borgo-tossignano-che-domina-la-valle-del-san/1441786975917619/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Tossignano, https://www.venadelgesso.org/caseborghi/tossignano/tossignano.htm

Foto: la prima è presa da https://www.appenninoromagnolo.it/comuni/borgotossignano.asp, la seconda è presa da http://acquaditerraterradiluna.diablogues.it/site/galleria-fotografica.html

domenica 12 dicembre 2021

Il castello di domenica 12 dicembre



MONTEGRIMANO (PU) - Castello di Montetassi

Il castello dei signori di Monte Tassi nel corso del Duecento e del Trecento fu in mano ai Gandolfini, alleati ai Malatesta di Rimini. Passò nel Quattrocento in mano ai Malatesta per poi tornare alla Santa Sede e al ducato di Urbino. Dopo una strada che si svolge tra i calanchi risalendo le colline dal fiume Conca, si arriva all'abitato solitario, in cima al poggio. Dalla cima del castello si apre un paesaggio sulle valli verso Cagli, il Furlo e il Monte Nerone. Qui si possono ammirare un palazzo ed una torre, forse del XIII-XIV secolo, mentre in una parete è murata una lastra architettonica del VIII secolo, che ci ricorda che siamo nei territori del Vescovo del Montefeltro.

Fonte: https://es-es.facebook.com/noverocche/photos/montetassi-frazione-di-montegrimano-terme-puposizione-httpsosmorggoxdsz3xmmtmtra/646099909181978/

Foto: la prima è presa da https://www.visitmontegrimanoterme.com/le-frazioni/, la seconda è presa da https://es-es.facebook.com/noverocche/photos/montetassi-frazione-di-montegrimano-terme-puposizione-httpsosmorggoxdsz3xmmtmtra/646099909181978/

venerdì 10 dicembre 2021

Il castello di venerdì 10 dicembre




PARATICO (BS) - Castello Lantieri e Torre Lantieri

Dopo l'anno Mille, Paratico vide sorgere il castello dei Lantieri, signori del luogo. La famiglia Lantieri già divisa nel XV secolo in molti rami, fu ghibellina e molto potente nella zona, con diverse proprietà anche fuori da Paratico. Alla fine del XV secolo il castello, la cui proprietà era divisa fra diversi membri della famiglia, era ancora abitato, ma già al passaggio dei Lanzichenecchi (1521), il maniero risultava indifeso e praticamente abbandonato. Secondo un'antica tradizione confermata dalla Cronaca della Famiglia Lantieri de Paratico, presso il castello Lantieri soggiornò Dante Alighieri. Si ipotizza che il Sommo Poeta sia stato ispirato dalla forma della collina su cui sorge il Castello per descrivere il percorso di discesa verso l’Inferno e la salita verso il Paradiso. Gli imponenti resti del castello occupano la parte sommitale della collina posta a meridione del centro urbano di Paratico. Il fortilizio sfrutta la sua posizione strategica per dominare dall’alto la parte terminale del lago d’Iseo, le fortificazioni di Sarnico e le strade di accesso al punto di traversata con la sponda bergamasca. In completo disuso da oltre quattro secoli, oggi il castello si presenta architettonicamente assai degradato e non accessibile. In mancanza delle opportune indagini stratigrafiche, la datazione del manufatto, del quale non si hanno riscontri documentari prima del 1276, può essere collocata tra XII e XIII secolo, quale probabile evoluzione di un precedente insediamento arroccato sulla collina per ragioni di carattere difensivo. I signori del luogo, principalmente i Lanteri de Paratico, ne iniziarono la costruzione e gestirono la struttura in regime di comproprietà. Si ha una descrizione compiuta nel 1279, nel Designamento (elenco delle proprietà) di Lanterio: l’insediamento fortificato vi appare essenzialmente diviso tra la chiesa di Santa Maria, il monastero di San Faustino e le famiglie signorili Lanterio, Vithotti e Fancone. La struttura difensiva è piuttosto elementare, costituita da un mastio e da una cortina muraria, nella quale è riconoscibile nella parte sud un ampliamento di una cerchia più antica. Gli edifici superstiti di maggior rilievo si trovano addossati alla cortina muraria nella parte nord. Il corpo di fabbrica più antico è rappresentato da una grande torre in pietrame, a pianta quasi quadrata di 10 metri per lato, della quale si conserva sostanzialmente intatto il volume originario, articolato su quattro livelli, che doveva raggiungere al filo di gronda quasi 15 m di altezza. Al pian terreno l’ingresso della torre è formato da due porte con arco a pieno centro e cornici in arenaria: tra esse, a quota più alta, una finestra quadrata. Nessun’altra apertura tranne una feritoia aperta nel lato opposto alle porte. Si scorge una traccia di camino a cappa brevissima sul lato a mattina e i segni d’appoggio di una scala esterna su quello a sera. Al primo piano si trovano due aperture, anch’esse a pieno centro, di notevoli dimensioni, che fanno pensare a porte servite da un ballatoio ligneo esterno più che a delle finestre. Sul lato nord si trovano due finestre strombate simili e una terza al centro con balconcino esterno. Traccia di un camino semicircolare fra le finestre del lato sud. Il secondo piano ripete il medesimo sistema di luci, ascrivendo il ruolo delle due grosse aperture del lato sud sicuramente a finestre. L’ultimo piano è oggi caratterizzato da grossi merloni che in passato dovevano definire due larghe aperture rettangolari per lato che sostenevano un tetto a quattro falde; struttura analoga a quella tutt’ora osservabile della vicina torre Lantieri. Il piano terra, molto probabilmente, era coperto da una volta a botte traforata da una botola, al fine di isolare il primo livello dai sovrastanti, ai quali si accedeva normalmente attraverso una scala esterna. L’altezza di questo piano, come quella dei superiori, doveva raggiungere circa i 4,5 metri. Direttamente sul lato orientale della torre si addossa un edificio di sagoma più bassa e allungata identificabile con il tipo del "palatiolum" ben diffuso nei secoli del basso Medioevo nel territorio pedemontano e nelle valli dell’area bresciana e bergamasca. Le caratteristiche strutturali delle murature consentono un’attribuzione della torre a un periodo compreso tra il XII e il XIII secolo e un’assegnazione del palazzetto, per la presenza di aperture a sesto acuto, a un momento decisamente più tardo nel corso del XIV secolo. Immediatamente a sud di questa zona si trovava, sulla base delle informazioni desunte dal Designamento di Lanterio, la chiesa di San Silvestro costruita a ridosso della cortina muraria. Ancora oggi un rialzo della muratura segnala la posizione dove si ergeva la chiesa. L’accesso principale al castello è situato nella zona sud-est protetto da una torricella a pianta quadrangolare, ancora conservata parzialmente in alzato, nella quale si apre una porta con stipiti in pietra lavorata e arco a sesto acuto. Secondo il Designamento in prossimità della porta d’ingresso al castello vi era quasi certamente una piazza ombreggiata da alcuni olmi e un piccolo slargo che ospitava la cisterna dell’acqua potabile. Inoltre la superficie interna alla cinta muraria, oggi completamente libera e coltivata a vigneto, era organizzata in tre isolati allungati da nord a sud. Gli edifici ospitavano cantine-deposito, fienili, aie e strutture porticate. Tali strutture di tipo rustico inducono a riconoscere nel castello di Paratico una di quelle fortificazioni di difesa temporanea, a regime giuridico multiproprietario, che ebbero una larghissima diffusione nella pianura e nel pedemonte di tutta l’Italia settentrionale e centrale tra X e XV secolo. Questi edifici, connotati da caratteristiche spiccatamente rustiche, erano destinati fondamentalmente alla conservazione in luogo protetto dei prodotti agricoli e venivano abitati dalla popolazione residente nel villaggio o nel territorio circostante normalmente solo in occasioni di crisi e di pericolo. Il castello, oggi di proprietà dei Belussi di Sarnico, è stato recentemente riaperto al pubblico per una visita straordinaria. E' possibile ammirarlo in questo video con riprese aeree: https://www.youtube.com/watch?v=DkgrAsfM_Og (di FaEmme). Altri video interessanti: https://www.youtube.com/watch?v=NcVp9WF4F_Q (di Walter Minoia) e https://www.facebook.com/watch/?v=512297038970412

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Torre Lantieri

L’edificio venne realizzato dalla famiglia Lantieri presumibilmente nel XIV secolo, insieme ad alcune case-forti adiacenti, racchiuse da un muro di cinta oggi non più esistenti. La sua costruzione sembra infatti essere riferita a Giacomo Lanfranchino, voluta come ampliamento dell’apparato fortificato del paese, negli ultimi anni del 1300. L’aspetto esterno dell’edificio, realizzato in pietra arenaria di provenienza locale, è molto severo, ingentilito solo dalla presenza di alcune finestrelle centinate di pregevole fattura. La Torre, di pianta quadrangolare con dimensioni di 8.25 x 7.70 metri, si articola su quattro livelli ed è stata edificata su uno sperone roccioso, al fine di agevolarne la funzione difensiva. L’ingresso principale era collocato al piano terra della parete nord, costituito da portale di notevole fattura con arco a pieno centro, contrassegnato in chiave dallo stemma gentilizio della famiglia Lantieri. Il piano terra coperto da una volte a botte in pietrame a sesto leggermente acuto, fungeva nel Medioevo soprattutto da cantina e deposito. Al livello superiore si accedeva internamente solo tramite una botola aperta nella volta, mentre dall’esterno per mezzo di una scala di legno, ricostruita in seguito con gradini monolitici in pietra. Le finestre hanno mantenuto le stesse caratteristiche delle aperture originarie: arco a pieno centro leggermente ribassato con ghiera monolitica e stipiti in pietra lavorata. Uno scudo con lo stemma della famiglia Lantieri, semplificato nelle mezza luna e due stelle laterali, è collocato anche nella finestra orientale del terzo piano, scalpellato nella parte centrale dell’arco. La parte alta della torre ha subito un lieve intervento di adeguamento a colombaia nel XV secolo. Furono chiuse le grandi aperture nel sottotetto e create nuove pareti con colombaie sui lati meridionale e orientale. La Torre, utilizzata per lungo tempo come abitazione, è oggi di proprietà comunale. A seguito di un importante intervento di restauro conservativo conclusosi alla fine del 2009 su committenza del Comune di Paratico, a piano terra dell’edificio è stata collocata una Quadrisfera, istallazione innovativa di cui ne esistono solo altri tre esempi in Italia (una è al CNR), pensata espressamente per coinvolgere il visitatore in un’esperienza totalizzante di immagini, suoni ed emozioni. Il visitatore entra in una piccola stanza oscurata e nel momento in cui la Quadrisfera si accende, si trova letteralmente parte di un nuovo mondo, fatto di immagini moltiplicate all’infinito, grazie ad un sistema di specchi e di luci che sembrano incorporare il visitatore stesso in questo cosmo di colori, luci, suoni e filmati. E’ difficile descrivere l’effetto con le parole, tanto che la vastità della sfera toglie per un attimo il fiato… Una vertigine che passa subito poiché poi si comincia ad essere coinvolti nel filmato, composto da una sinfonia di quattro montaggi intersecati. Inutile cercare di fissare lo sguardo su un singolo monitor, molto meglio farsi trasportare dalla coralità delle immagini. Il filmato introduttivo racconta la storia della nostra terra, dalla Franciacorta al lago d’Iseo fino ad arrivare a Paratico, con le sue tradizioni popolari, i mestieri e i volti che hanno fatto la storia del paese.

Fonti: https://tourismparatico.it/torre-lantieri-e-quadrisfera/, https://it.wikipedia.org/wiki/Paratico#Storia, testo di Angelo Valsecchi su https://visitlakeiseo.info/arte-e-cultura/il-castello-lantieri-a-paratico/, https://www.parcooglionord.it/luoghi/castello-lantieri-paratico/, testo di Stefano Favero su https://www.mondimedievali.net/Castelli/Lombardia/brescia/paratico.htm, https://www.ecodibergamo.it/stories/premium/Cronaca/il-castello-di-dante-ha-aperto-le-porte-per-la-prima-volta-foto_1407512_11/

Foto: le prime due, riferite al castello, sono prese rispettivamente da https://www.parcooglionord.it/luoghi/castello-lantieri-paratico/ e da https://www.giornaledibrescia.it/sebino-e-franciacorta/dante-alighieri-e-quel-periodo-trascorso-al-castello-di-paratico-1.3616464. Infine, la terza, relativa alla Torre Lantieri, è presa da https://tourismparatico.it/torre-lantieri-e-quadrisfera/

mercoledì 8 dicembre 2021

Il castello di mercoledì 8 dicembre



MEDE (PV) - Castello Sangiuliani

Nell'alto medioevo fece parte del Comitato di Lomello; nel 1157 venne confermato da Federico I ai conti palatini di Lomello, che peraltro erano stati sottomessi da Pavia, cui lo stesso imperatore assegnò ufficialmente la supremazia della Lomellina nel 1164. Tra i numerosi rami in cui si erano divisi i conti palatini, uno dei più importanti fu quello dei Conti di Mede; a loro volta si divisero in moltissimi rami, ma ebbero la saggezza di mantenersi tra loro solidali, con patti che escludevano la vendita di quote feudali a famiglie estranee alla parentela; in tal modo ebbero sempre la conferma del feudo di Mede, dagli Imperatori e dai duchi di Milano (cui Mede appartenne fino al 1535), dagli Spagnoli (1535-1706), e dai Savoia (Mede venne conquistato nel 1706 da Eugenio di Savoia per conto degli austriaci. L'Austria lo consegnò nel 1707 ai Savoia, assieme a tutta la Lomellina). Attorno al 1500 le varie linee dei conti di Mede assunsero cognomi propri, derivati probabilmente dai loro capostipiti: Giovannoli, Enriotti, Biasoni, Alessandri, Guizzardi, Isnardi, Genselmi, Brizio, e inoltre Luneri, Biscossa e Zaccaria, entrati nella casata per matrimonio. Nel 1707, all'avvento dei Savoia, sono ancora confeudatari i Giovannoli, i Gorrani (che avevano acquistato delle quote nel 1652), gli Zaccaria, i Guizzardi e gli Isnardi. Un piccolo fronte neogotico con loggetta, incorniciato da una sorta di torre merlata che si affaccia sulla piazza principale di Mede, piazza Repubblica, l'antica Piazza Giaretta, maschera gli avanzi delle mura del trecentesco Castello. E' l'immagine del Castello Sangiuliani, trasformato in albergo, lasciataci dai restauri degli anni venti, uno degli ultimi atti di capillare operazione, dalla campagna ai borghi rurali, che nel giro di mezzo secolo sostituì in Lomellina i segni dell'antico regime e costruì la città borghese dei nuovo stato unitario. Vennero costruiti teatri, ospedali e case di riposo, edifici scolastici e comunali, preture e poste, stazioni ferroviarie ed edifici per le associazioni dei lavoratori, cimiteri monumentali e dimore nobiliari; tutte le grandi chiese subirono rifacimenti, rigidamente gotizzanti; nelle città apparvero i viali alberati, le piazze e i palazzi urbani che modificarono l'antica tipologia a due piani dei borghi rurali della borghesia. A Mede, accanto al neoromanico Municipio ed alla piazza alberata, incorniciata dall'altissimo campanile di San Marziano, del castello Sangiuliani rimangono dei frammenti su cui si sono stratificati centinaia di anni di demolizioni, ricostruzioni, restauri, ristrutturazioni. Permane, perentoria, l'ossatura essenziale dell'alzato, una cortina rossa di mattoni, lineare, compatta, tagliente su cui l'unico elemento decorativo sono le sottili cornicette in cotto intorno alle arcate delle aperture, il ricamo delle file di triangoli a vertice ribassato del cornicione e una bertesca semidiroccata. Il castello unitamente all'attigua chiesa dei Santi Marziano e Martino, fin dal XII, secolo fu uno dei fulcri economici, politici, religiosi della Lomellina, uno era sede dei conti palatini, l'altro dominò, secondo la regola di San Benedetto, un vasto territorio, contribuendo alla sua trasformazione economica. Dei tre castelli esistenti in Mede è l'unico sopravvissuto. Nel 1466 risiedevano nel castello i conti Zaccaria. Nel 1721 il castello passò ai Sangiuliani con le parti del feudo di Mede che loro spettavano, come i titoli Zaccaria. Nel 1733 la Congregazione rurale della Provincia Lomellina lo acquistò all'oggetto di tenervi le adunanze dei Consiglieri componenti l'intera Congregazione e due stanze vennero adattate a carceri". Nel 1789 venne posto in vendita; l'asta andò deserta, nella relazione di stima si scrisse: "detta casa è di nessun reddito per causa del poco commercio del paese e maggiormente per la soggezione delle carceri alle quali si unisce una latrina molto fetente; inoltre vi sono necessarie varie istantanee riparazioni e massime riguardo alle diverse aperture, molte delle quali si ritrovano scompaginate". Il 18 maggio 1793 il castello venne acquistato dal conte Ruffino Guizzardi di Mede. Gran parte è andato perduto, con le trasformazioni di inizio secolo (ala sud) e con le recenti ristrutturazioni (ala est) e i frazionamenti di proprietà. Il 5 dicembre 1821 gli eredi Guizzardi vendettero il Castello al signor Mario Corsi. Nel 1858 passò ai signori Luigi, Giovanni Battista e Vicenzina Biglieri. Alla fine dell'ottocento con la costruzione della piazza Vittorio Emanuele e dei relativi palazzi, la mole imponente del Castello venne nascosta ed inglobata nel lato ovest in un cortile. All'inizio del XX secolo fu trasformato in Albergo Castello, l'ala sud demolita e trasformata in palazzo di tre piani. Nel 1920 fu restaurato e si aggiunse la loggetta, la merlatura mentre vennero rifatti tutti i solai dell'ala dell'angolo nord ovest e la relativa muratura esterna, venne chiuso il portico interno al piano terra, nella torre d'angolo venne ricavata una scuderia, su progetto dell'arch. Mina. Nel 1942 l'edificio fu vincolato ai sensi della legge 1089. Nel 1985 venne abbandonato, la proprietà ulteriormente frazionata (ala est), nel cortile le tettoie divennero box. Nel 1996 il Comune di Mede ha acquistato il Castello Sangiuliani per trasformarlo in nuova sede della Biblioteca Comunale G. Amisani e dei Musei Civici. Oggi ospita la raccolta naturalistica Ugo Fantelli e una parte significativa delle opere dell'artista Regina Cassolo. Del Castello San Giuliani, XIV secolo, rimane parte del maschio a pianta quadrata e permangono resti dei sotterranei nella casa Pallestrini. Non è oggi possibile restituire con chiarezza l'impianto dell'edificio. Nelle murature sono ancora visibili varie finestre archiacute (alcune occluse). Significativa è la base scarpata della costruzione, specchio della sua origine militare. Sotto gronda compare la tipica fascia decorativa a dentelli di mattone che caratterizza le fortificazioni dell'area pavese. La facciata settentrionale mostra anche un accenno di torricella, originariamente merlata.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Mede, https://comune.mede.pv.it/contenuti/313457/castello-sangiuliani, https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00180/

Foto: la prima è presa da https://www.visitpavia.com/it/visitare-pavia/turismo-culturale-lombardia/mede, la seconda è di PeterE su https://mapio.net/pic/p-42183834/

martedì 7 dicembre 2021

Il castello di martedì 7 dicembre



ANGHIARI (AR) - Castello di Galbino

Risalente all'incirca al secolo XI, fu fatto modificare dai conti Barbolani di Montauto per poter essere così abitato, e rimase in possesso dell'omonimo ramo collaterale della famiglia fino al XVIII secolo. La decisione di ricostruirlo, dopo l'incendio che lo devastò nel 1178, venne presa dal signore del feudo imperiale Federigo (1513-1582) che lo trasformò in residenza gentilizia. I Barbolani di Montauto sono una famiglia aristocratica tra le più antiche d’Italia che, per molti secoli, ha avuto grande importanza nella storia politica, militare, culturale e religiosa soprattutto della Toscana. Influente già nel X secolo, periodo in cui i suoi membri furono signori di Galbino, Anghiari, Caprese Michelangelo, Montauto, la famiglia ottenne nei secoli i seguenti titoli: conti di Montauto per concessione imperiale, marchesi del Sacro Romano Impero, marchesi di Montevitozzo per concessione medicea, baroni di Schifanoia (Narni), signori di Valle e di Montione. Il castello aveva una funzione strategica e controllava i collegamenti tra il Valdarno aretino e l'alto corso del Tevere, unitamente al castello di Montauto (https://castelliere.blogspot.com/2013/02/il-castello-di-mercoledi-6-febbraio.html). È posto sulla riva destra del torrente Sovara, affluente del Tevere, e la strada provinciale della Libbia (frazione di Arezzo). Attualmente è un imponente castello-villa residenziale, in contrapposizione alla vicina Villa La Barbolana. Con una torre al centro e quattro piccoli torrioni angolari cilindrici, la struttura architettonica appare come un solido quadrilatero murario ingentilito da finestroni rinascimentali e barocchi. Una loggia con colonne in pietra corre lungo l'intera facciata. Nonostante l'impegno tattico la sua posizione topografica è precaria, così inserito in una piccola valle con un colle sovrastante. Da qui la fondata ipotesi di una ristrutturazione seicentesca, seppure su un antecedente avamposto della più munita rocca di Montauto. Dai Barbolani passò, per matrimonio, ai Velluti Zati duchi di San Clemente, poi ai conti Baldeschi. Altri link per approfondimento: https://www2.saturnonotizie.it/news/read/141291/castello-di-galbino.html, https://www.youtube.com/watch?v=7snRwhb5fr8 (video di David Nelson), https://www.youtube.com/watch?v=wGi4Dwd3IRs (video di Tutto TV)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Galbino, https://fondoambiente.it/luoghi/il-castello-di-galbino?ldc, https://castlesintheworld.wordpress.com/2014/07/17/castello-di-galbino/

Foto: la prima è di Sebastiano Minniti & Paola Mazzei su http://www.minniti.info/main/php/0540.php, la seconda è presa da https://www.dorabaltea.com/case_history/castello-di-galbino/

lunedì 6 dicembre 2021

Il castello di lunedì 6 dicembre

 


SAN GIOVANNI DI FASSA (TN) - Torre in frazione Pozza di Fassa

I Rossi, nominati nuovi rappresentanti amministrativi del Principe Vescovo di Bressanone, in base alle direttive del Concilio di Trento, si stabilirono a Pozza e costruirono la Torre di Pozza (oggi dietro al municipio) ma, pur tenendoci al titolo legato al castello, abitarono a Pozza nella casa con il portico a due archi, che era stato il Vecchio Dazio a difesa del Ponte sull'Avisio, prima che il Rio di San Nicolò smottasse la costa e spostasse con i suoi detriti l'alveo dell'Avisio. La valle da sempre è particolarmente soggetta a frane e ad alluvioni. Da tener presente a questo proposito che Pozza di Fassa, si chiama Pozza proprio per l'immenso lago che si era formato in quel punto, a causa della frana che scese da sopra Vigo fino a sotto San Giovanni, bloccando il corso del fiume e formando un grande lago detto la Pozza. Si dà la paternità della superstite Torre di Pozza alla nobile Famiglia de' Rossi proveniente dalla Val di Non o dalla Val di Sole. I de' Rossi, rappresentanti ministeriali del Vescovo di Bressanone, entrarono così, alla fine del '500, a far parte dei giochi di potere all'interno della Valle di Fassa. Di famiglia colta e ricca, si vantavano di essere un ramo cadetto dei ben più famosi Rossi di Parma, cosa probabilissima. Negli anni dell'insediamento del Rossi in valle, il Vescovado di Belluno era retto da un Rossi di San Secondo di Parma. Anche se è ancor più probabile che fossero discendenti dei Conti Flavon del Rosso, i quali discendenti dei Signori di Merania, furono la prima famiglia ad essere investita del feudo di Castel Ruina dei Flavon e della Contea della Val di Non. Quando il nobile de Rossi si trasferì in Val di Fassa, la sua famiglia aveva perso i diritti sulla Contea di Non da secoli. Era una ricca famiglia notarile, completamente dimentica delle proprie origini, ma deteneva ancora l'avito stemma del casato Flavon con i due leoni d'oro dei due rami, il blu e il rosso, riconfluiti in un'unica discendenza prima di venir spodestati. Non portavano più sullo stemma la pila di conti avvocati ecclesiastici e nemmeno l'immagine del castello, perché erano legate al titolo perduto. Molte famiglie italiane dell'area dei liberi comuni durante il Rinascimento videro i rampolli dei loro rami cadetti quasi rispuntare dal nulla e costruirsi ingenti fortune indipendenti, acquisendo nuove patenti di nobiltà. Tanti tentarono la fortuna nelle valli alpine ricche di miniere, boschi e mulini, o per mare come mercanti. Tante famiglie alpine, viceversa, soprattutto di area veneta e trentina, approfittarono del Porto di Venezia, e si arricchirono tanto da acquistare feudi lungo l'Adriatico fino all'estremità pugliesi, alla Grecia e al Medioriente. L'avversione ai nuovi signori, i Rossi, amministratori rappresentanti del Principe Vescovo, diede luogo da parte dei vecchi cortesi signori di Vigo a una esasperata e intricata parcellizzazione del potere in frammenti sempre più piccole, per sfuggire al nuovo dominatore e non lasciare il potere in mano dei nuovi arrivati. Il potere antico passò di mano in mano tra le famiglie dei nobili maggiorenti della valle, tramite compravendite e matrimoni. Il disordine amministrativo arrivò a un livello così elevato che nel '700 parte della Valle di Fassa, circa un terzo, varcò il confine e passò in territorio veneziano con i rispettivi diritti feudali sotto forma di dote matrimoniale di una fanciulla sposa di un ragazzo zoldano. I due sposi non avevano secondi fini, ma essendo intestatari di un territorio di confine constrinsero il Principe Vescovo di Bressanone a solertemente ricomprarsi questo pezzo del suo principato pagandolo in oro per scongiurare la guerra con la Serenissima Repubblica di San Marco. I Rossi, presto nuovamente dipartiti dalla valle, a caccia di nuove cariche più lucrose, lasciarono il Castello e la Torre in amministrazione e poi in eredità a nipoti e parenti avuti con i matrimoni con la nobiltà locale, frutto dell'estesa e sapiente politica matrimoniale volta a dirimere bonariamente le controversie sulla spettanza dei diritti feudali. Il primo ed efficace matrimonio fu quello con la figlia del Notaio Costazza, dalla quale i Rossi ricevettero in dote i primi diritti feudali in valle da poter esercitare in proprio, senza scomodare le proprie prerogative di nuovi ministeriali. Il ramo principale dei Rossi del Castello della Torre di San Nicolò fu presto chiamato a prestare i propri servigi a Corte dal Principe Vescovo e abbandonarono così la valle di Fassa. Ora vivono a Vienna con il nome di VonRossi. Fra gli edifici più antichi conservatisi merita una segnalazione quello denominato “la Torn” (‘torre’), ora abitazione civile, di struttura quadrangolare dalle possenti mura e munita di strette feritoie sotto un tetto a spiovente, che rappresenta l’unico esempio di antica fortificazione presente in valle (XV-XVI sec.). Una costruzione analoga, sede nei secoli passati dell’autorità giudiziaria della Val di Fassa, era visibile a Vigo di Fassa fino al 1935, anno in cui fu demolita. La Torn (detta anche Mas per le sue finalità agricole durante l'800) è un austero edificio, superstite a svariate demolizioni e ricostruzioni, anche recenti. Sorge su di un'altura all'imboccatura della Val San Nicolò dove confluisce il Rio San Nicolò nel Fiume Avisio ed è il residuo del Castello di San Nicolò, cioè della Corte Bassa di Fassa, che aveva al centro un edificio voluminoso che è l'attuale Casa Costazza, con le pertinenze ed annessi cioè magazzini in legno per la raccolta dei proventi della valle. In più, però, aveva degli edifici un po' particolari tutt'intorno, cioè delle semplici casette basse a pianta quadrata, ma che volevano apparire come cinta difensiva, ed erano collocate lungo il ciglio del pianoro, che per la verità in alcuni punti si staccava dal fondo valle di soli pochi metri, ma circondato dalle acque torrentizie dell'Avisio e del S.Nicolò, risultava comunque in posizione isolata ed elevata se viste dal basso. Il Rossi fu citato in giudizio dai Fasani per l'edificazione della Torre d'angolo, a strapiombo sulla scarpata. Fu in quell'occasione che esibì le sue patenti nobiliari, ma l'esperienza spense le sue velleità feudali, e quindi si limitò nel costruire. Una volta abbandonata in quanto i Rossi vennero chiamati a servizio a corte, la torre fu poi adattata ed adibita ad abitazione passando di mano in mano alle famiglie della piccola aristocrazia locale. All'interno, non visitabile, belle volte candide, una interessante stube settecentesca con intarsi e policromie, altri elementi semplici in legno. L'edificio della Torre si stagliava fino alla fine dell'800 in posizione isolata al termine dell'immenso prato del Dosso di Sotto (Dassè) ed era il protagonista del paesaggio della valle. Recenti restauri ne hanno alleggerito la struttura, rendendola più delicata.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Pozza_di_Fassa, https://www.comune.senjandifassa.tn.it/Vivi-Sen-Jan-di-Fassa/Ex-Comune-di-Pozza-di-Fassa/Pozza-di-Fassa-in-breve, https://www.visittrentino.info/it/guida/da-vedere/torre-di-pozza_md_2403,http://castelli.qviaggi.it/italia/trentino-alto-adige/torre-di-pozza-di-fassa/

Foto: la prima è presa da https://www.visittrentino.info/it/guida/da-vedere/torre-di-pozza_md_2403, la seconda è di Chiara Tomasoni su https://www.cultura.trentino.it/Media/Images/castello_torre-di-pozza-di-fassa

venerdì 3 dicembre 2021

Il castello di sabato 4 dicembre



OLCENENGO (VC) - Castello Avogadro

La notizia più antica riguardante Olcenengo risale a una disposizione sinodale del 964, in cui è nominata la parrocchia di Auzeningo. Il nome si modificò in Olcenengo, ma resta sempre chiara la sua origine longobarda, perché porta il suffisso "engo" come diversi altri paesi della medesima provenienza. Il suffisso "engo" unito ad un nome indica la proprietà di un signore. Nel nostro caso Auzeningo, secondo il Bruzza, significa possedimento di Azone. Non si sa però chi sia stato questo personaggio. Verso la fine dell'XI secolo il territorio vercellese fu terrorizzato dalle scorrerie degli Ungari. Questi barbari preferivano razziare nei paesi senza difesa, per le campagne e nei cascinali. Giunsero anche a Vercelli il 13 dicembre 899 saccheggiandola e uccidendo il vescovo e tutto il clero. Nei paesi attorno a Vercelli la gente aveva paura e non osava più portare i neonati nel Duomo per farli battezzare. Più tardi, cessato il pericolo delle scorrerie, il vescovo Ingone, col sinodo del 964, volle ristabilire l'ordine che c'era prima, perciò impose che i parroci delle chiese di Pezzana, Prarolo, Quinto, Calvignasco (Larizzate), Casalrosso e Olcenengo dovessero battezzare i bambini nella chiesa e battistero di Sant'Eusebio, cioè nella cattedrale di Vercelli. Dal documento sinodale sappiamo quindi che nel 964 esistevano sia il paese che la parrocchia di Olcenengo. Più tardi, il papa Adriano IV, con bolla del 27 dicembre 1156, e il papa Lucio III, nel 1182, riconfermarono alla Chiesa e al vescovo di Vercelli la chiesa di San Quirico e Giulitta di Olcenengo, con le sue decime e pertinenze. Infatti, nell'estimo delle chiese e dei benefìci della diocesi del 1298 è segnato: "Ecclesia de Olzenengo, Cappella castri de Olzenengo, subsunt Capitulo Vercellensi". L'indicazione ci fa sapere che a Olcenengo in quel tempo (1298) esisteva già il castello nel quale c'era una cappella dedicata a San Giovanni Battista. Ma la roccaforte non è legata a episodi di guerre o di violenze. Apparteneva alla famiglia degli Avogadro di Quinto, che la occuparono pacificamente tenendosi sempre ai margini delle lotte. Dal 1930, la famiglia di Pietro Avogadro di Quinto, che occupava il castello , si specificò meglio come Avogadro di Olcenengo. Sembra che il castello fosse collegato a quello di Quinto, una giustificazione la si trova nel fatto che entrambi i castelli fossero di fazione guelfa, sotto gli Avogadro. Nel 1404 il luogo passò sotto i Savoia. Quando gli Avogadro di Olcenengo si spensero nel 1596, i Savoia investirono del castello e del piccolo feudo Eusebio Arona. Poi, con l'estinzione degli Arona la proprietà, nel 1722, passò ai signori Ricca. Quello che resta del castello, che ebbe probabilmente soprattutto funzioni di difesa rurale (Conti 1977, p. 171), è ora adibito a casa colonica in discreto stato di conservazione.

Fonti: http://www.comuneolcenengo.it/Home/Guida-al-paese?IDDettaglio=39019, http://www.archeovercelli.it/fortifag.html, http://utenti.quipo.it/olcenengo/ita/storia.htm, http://www.roberto-crosio.net/1_3A/olcenengo.htm

Foto: la prima è presa da https://www.mondimedievali.net/Castelli/Piemonte/vercelli/olcen01.jpg, la seconda è presa da https://lusignolo.files.wordpress.com/2012/07/409718_3961483168652_2016832986_n.jpg

Il castello di venerdì 3 dicembre

 


SAN GINESIO (MC) - Castello di Roccacolonnalta

Appartenuto in passato alla famiglia nobile Brunforte, è un rudere situato nella frazione di Rocca. In passato il castello forse conteneva una piccola cappella. Secondo alcune ipotesi ricostruttive, la sua costruzione potrebbe essere opera dei crociati dell'ordine degli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, vista la sua somiglianza con il Krak dei Cavalieri situato in Siria. Nel 1265 vi fu la concessione da parte del legato della Marca Simone Paltinieri, che cedette il “castrum Colonati” a San Ginesio. Il lodo arbitrale del 24 febbraio 1278, lodo perduto e che possediamo solo nella parziale trascrizione di metà Cinquecento di Marinangelo Severini, stabilì che "Rinaldo di Brunforte debba possedere il Poggio di S. Michele e il castello di Colonnato, ad eccezione di 12 famiglie, lasciando ai ginesini il possesso del monte di Colonnato, di cui si danno i confini che vanno fino al Fiastrone, e la possibilità di costruire una strada di uso pubblico larga 12 piedi dal Sasso Rosso fino al castellare di Pieca". Nella divisione di beni del 1313 tra i Brunforte, ai fratelli Nallo, Scattone e Ottavianuccio, figli di Ottaviano fratello di Rinaldo, toccò il “castrum Colonnati cum girone et burgo et sua senayta”, segno che a quel tempo non vi era solo il castello, che sappiamo già costruito almeno a metà Duecento, ma anche il girone, cioè la parte più interna, più alta e meglio difesa del centro murato e il borgo, che può corrispondere alle case costruite a poca distanza dalle stesse mura castellane. Il castello di Colonnato, oltre al girone e al borgo, aveva anche la sua “sinaita”, cioè la sua confinazione territoriale (il termine, come è noto, è di derivazione longobarda), e di conseguenza il suo “districtus”. Nel 1317 Vanne di Ottaviano Brunforte vendette “nobili viro” Corrado di Bonconte da Sentino, abitante a Sarnano, il monte di Colonnato di sua pertinenza per 216 lire di ravennati piccoli secondo i confini che toccavano i castelli di Monastero dell’isola, Fiastra e Brunforte. Ma è più importante, al di là della compravendita in se stessa, il fatto che essa venne stipulata “in palatio Colonati”, segno che già in tale anno nel castello di Colonnato vi era sicuramente un palatium nobiliare di residenza. Nel primo quarto del Trecento abbiamo dunque il castello con girone fortificato, palazzo e borgo, ma non ancora la rocca o arce, o almeno non ne abbiamo notizia, rocca che i documenti registrano invece più avanti. Infatti nel 1330 Giovanni di Ottaviano Brunforte, che agì anche a nome del fratello Ottaviano, vendette a San Ginesio per 8000 fiorini d’oro il “castrum Colompnati cum rocca, domibus, muris et munimentis suis”, terre, boschi, acque, mulini e tutto ciò che si conteneva nel suo territorio insieme alla rocca di Ragnolo con relativo distretto e vassalli secondo i confini (del castello di Colonnato e della rocca di Ragnolo) che toccavano il Fiastrone e i territori di San Ginesio, Sarnano, Col di Pietra, Monastero dell’Isola e Brunforte (castello). Dalla seconda metà del XIV secolo e fino ai primi decenni del XV la rocca di Colonnato, strategicamente importante per la sua posizione, fu nelle mani dei Varano signori di Camerino e di numerose altre località, tra le quali San Ginesio, in maniera quasi ininterrotta. Altrettanto fece Francesco Sforza durante il suo decennio di dominio nella Marca tra il 1433 e il 1443, fino a quando il castello e la rocca di Colonnato tornaroo nel pieno dominio di San Ginesio, che nell’arce manteneva stabilmente un proprio castellano con almeno tre addetti (famuli) di età non inferiore a 18 anni e adatti a portare le armi (“acti ad arma portanda”). La rocca, tuttavia, continuava a mantenere ancora la sua importanza, se Innocenzo VIII con breve del 23 marzo 1487 concesse ai ginesini di applicare per tre anni il denaro da versare per le taglie “in arcis Colunnati reparationem”, e la scelta della persona per la custodia della rocca era ritenuta di grande importanza, come mostra la rubrica XIX del II libro degli statuti di San Ginesio del 1582, dalla quale si ricava che il castrum, cioè il castello, situato come riferisce un documento quattrocentesco intorno e ai piedi della rocca, era ormai scaduto a villa, dunque sotto forma di un nuovo insediamento privo di mura e di elementi difensivi come appare al giorno d’oggi, che ha conservato il nome di Rocca. La rocca del castello di Colonnata perse mano a mano la sua importanza e il Cinquecento e il Seicento furono pieni di cause e di contrasti tra l’amministrazione ginesina e gli abitanti di Rocca, eredi dell’antico castello-rocca, per pretese autonomie da essi godute e per i diritti di pascere e legnare sul monte Colonnato e sul Ragnolo. Nel 1664 Il comune di San Ginesio, essendo la Rocca completamente abbandonata, ne autorizzò l’uso dei materiali per il restauro della chiesa di S. Maria di Pieca e per questo motivo tutta la prima cinta muraria esterna è ridotta a pochi metri in elevato rispetto alla fondazione. Anche la vicina frazione Rocca è stata costruita utilizzando il materiale del vicino castello e questo a detta degli abitanti della frazione fino ai primi anni cinquanta, quando rotolavano le pietre dalla parte a monte della Rocca fino al campo pianeggiante sottostante per poi trasportarle con i carri nella vicina frazione. Va ricordato anche alcune parti distrutte della torre nord-ovest verso Coldipietra sono derivate al gioco dei militari durante l’ultima guerra che sparavano con artiglierie, dalla collina di Coldipietra su questa torre, usata come bersaglio, tanto per passare il tempo e questo è quanto riportano i racconti degli abitanti della frazione Rocca. Nel 1762 Paolo Riccomanni può scrivere che si riconosce “l’antichità di questo castello dalla sua rocca formata a grosse semicolonne tutte murate ed incorporate nelle forti pareti di essa con porta saracinesca di fortissima struttura, lavorata all’uso antico e romano con calce e rena, ancora in piedi esistente benché abbandonata”, mentre nel 1846 Gaetano Moroni nel vol. XL del suo notissimo Dizionario di erudizione ricorda che “i camerinesi tolsero affatto ogni avanzo alla rocca Ragnola esistente già nel territorio”, di cui infatti non si conosce oggi l’esatta ubicazione, mentre “si vedono ancora grandiosi avanzi” della rocca di Colonnato, “che dominando il castello fu sempre tenuta pel più munito e sicuro propugnacolo esterno de’ ginesini”. Altri link: http://www.roccacolonnalta.it/index.php?a=1, https://www.larucola.org/2018/12/22/un-pezzo-di-storia-dellalto-maceratese-la-rocca-di-colonnalta/, https://www.youtube.com/watch?v=2KQskMi8meU (video di Marco Buccolini), https://www.regione.marche.it/Regione-Utile/Cultura/Catalogo-beni-culturali/RicercaCatalogoBeni/ids/70147

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/San_Ginesio, testo del Prof Rossano Cicconi su http://www.luoghidelsilenzio.it/marche/07_castelli/03_macerata/00038/index.htm,http://www.iluoghidelsilenzio.it/rocca-di-colonnalta-san-ginesio-mc/

Foto: la prima è presa da http://www.iluoghidelsilenzio.it/rocca-di-colonnalta-san-ginesio-mc/, la seconda è presa da http://www.luoghidelsilenzio.it/marche/07_castelli/03_macerata/00038/index.htm