AVIGLIANO (PZ) – Castello svevo di Lagopesole
Il
castello di Lagopesole è
un castello medievale di epoca federiciana situato su una collinetta alla quota
di 820 m sul livello del mare posta sullo spartiacque tra i fiumi Ofanto e Bradano,
in Basilicata. Con il rinvenimento degli Statuta Officiorum del Regno di
Sicilia, si può asserire che nel 1242 l'Imperatore Federico II di Svevia dette
inizio ai lavori di ampliamento del castello di Lagopesole, l'ultimo e il più
grande delle sue costruzioni. Il castello, realizzato in conci di pietra
arenaria, conserva ancora oggi la struttura originale. Tenendo presente il suo
amore per la caccia e per la natura, Federico II, fece di questo luogo dimora
prediletta. Il complesso fu dimora ideale di Manfredi, figlio di Federico II,
che privilegiò Lagopesole alla capitale del suo regno, Palermo. Lo stato
presente del castello, restaurato negli anni novanta, riflette le modifiche
apportate al progetto normanno-svevo da Carlo I d’Angiò, che utilizzò la
costruzione soprattutto come prigione di lusso (vi rinchiuse fino alla morte Elena
Angelo Comneno di Epiro, moglie di Manfredi, e i suoi figli). La bellezza del
castello di Lagopesole venne apprezzata anche da Carlo I d’Angiò, che oltre a
completarne la costruzione lo frequentò per lunghi periodi, dotandolo di un
acquedotto, di scuderie e di una sorta di «piscicoltura» medievale: il re
angioino fece
trasportare in appositi barili, e gettare nel laghetto antistante
alla reggia, qualcosa come diecimila anguille, pescate nei laghi di Versentino
e Salpi. Successivamente, nel corso dei secoli il palazzo andò incontro
all’abbandono e al degrado. Nell'Ottocento il castello fu rifugio dei briganti
capeggiati da Carmine Crocco, che il 7 aprile 1861 lo occupò con 400 uomini. Il
castello, a pianta rettangolare (grande 96 x 58 metri, più o meno quanto un
campo da calcio) e racchiuso fra quattro torri angolari, all’esterno appare
chiuso da un poderoso muro a bugnato. Il complesso è diviso a sud da una
cortina muraria che collega internamente la parte residenziale attraverso un
matroneo che si affaccia sulla cappella. Gli ambienti residenziali si
raccolgono su due livelli e su tre lati intorno a quello maggiore, nella zona
settentrionale dell’edificio. Vi sono due cortili: il minore, di epoca altonormanna,
conserva al centro un mastio (donjon) quadrato che curiosamente è fuori asse
rispetto al resto della struttura, che indica che molto probabilmente è
anteriore alla costruzione del castello antistante. La torre è caratterizzata
da una muratura bugnata nella parte superiore, fatto tipico per l'architettura sveva,
in questo caso l'edificio è molto probabilmente risalente all'epoca di Enrico
VI di Svevia. Anche le due teste (un uomo e una donna) scolpite lì fanno
pensare ai castelli degli Svevi nell'Alsazia, costruiti nella fine del XII
secolo. È da notare anche la compattezza dell'edificio, tipica dei castelli
federiciani. Solo tre feritoie, infatti, si aprono sulle pareti sud, est ed
ovest, mentre su quella nord c'è l'unico possibile accesso, a circa quattro
metri dalla quota di calpestio, cui corrispondono due grandi mensole in pietra
(probabili basi d'appoggio per un passaggio mobile) ed altre due mensole
figurate nella parte superiore. Il cortile maggiore, risalente all'ampliamento
iniziato da Federico II di Svevia nel 1242 sui resti di precedenti costruzioni
normanno-sveve (a scopo militare) ed angioine (a scopo residenziale), include
una vasta cisterna ed una grande cappella, che conserva il portale originale
realizzato forse, da Mele di Stigliano il quale lavorava nei cantieri siciliani
di Federico II. Proprio quest'ultima è una peculiarità che contraddistingue
questo castello da tutti gli altri attribuiti a Federico II di Svevia; infatti
la presenza al suo interno di questo luogo di culto è l'unico esempio tra tutti
quelli risalenti a quell'epoca imperiale. La chiesa, in un austero stile
romanico che i restauri effettuati negli ultimi anni del XX secolo hanno
portato alla luce nel suo originario aspetto, ha un abside semicircolare e
l'entrata decorata con il motivo dei denti di sega, tipico dell'età angioina. Gli
ampi saloni del castello sono caratterizzati dalla presenza di mensole
scultoree che reggevano gli archi a sesto acuto, abbelliti inoltre di bifore e
monofore. Oggi, proprietà del Demanio dello Stato, inserito all'interno della
Riserva Nazionale Antropologica "Coste Castello" gestita dal Corpo
Forestale dello stato, è del tutto restaurato. Il castello ospita numerose
attività culturali e dal 2000 accoglie l'Antiquarium realizzato con i materiali
medievali rinvenuti durante le campagne di scavo effettuate nel cortile minore.
Nel 2012 è stato scelto come set per la fiction “Il generale dei briganti” di
Paolo Poeti. Aperto al pubblico tutto l'anno, sabato e domenica compresi, è
meta di tantissimi visitatori dall'Italia e dall'estero. Le leggende della
valle di Vitalba raccontano che Federico I Barbarossa, in vecchiaia, si ritirò
nel castello di Lagopesole, afflitto da una deformità congenita che lo
costringeva a nascondere delle orecchie allungate e puntute sotto una fluente
capigliatura. Affinché nulla trapelasse di questa imbarazzante situazione, i
barbieri chiamati nella sua dimora e incaricati di raderlo, al momento di
lasciare il castello incappavano in un apposito e letale trabocchetto
approntato in una torre alla fine di un lungo corridoio. La tradizione, pur
senza riferirne il nome, racconta che un giovane barbiere, forse meno
sprovveduto degli altri, riuscì a sfuggire all’agguato mortale, e ad aver salva
la vita a patto che non avesse fatto parola di quanto a lui noto riguardo alla
deformità dell’imperatore. La promessa venne mantenuta .... in parte: il
barbiere ci teneva alla pelle, fors’anche a mantenere la parola data, ma
cercava uno sfogo per quel segreto straordinario. Lo trovò in un luogo isolato
delle campagne di Lagopesole, scavando una profonda buca nel terreno, e
gridandovi a squarciagola la storia che nessuno doveva conoscere. Dopo qualche
tempo, in quel luogo, crebbero delle canne che, agitate dal vento, rimandavano
il segreto dell’imperatore ai quattro angoli della terra come una canzone:
“Federico Barbarossa tène l’orecchie all’asinà a a a a ...”! Strano a dirsi, ma
è un famoso ritornello ripreso in tanti canti popolari di questa zona..... Chi
non crede alle storie soffiate nel vento, può sempre accontentarsi di osservare
la mensola in forma di testa maschile scolpita sul
donjon del castello
sopra il suo ingresso: è una testa coronata, con due grandi orecchie a punta in
bella vista, in cui la tradizione riconosce ancora una volta il nonno di Federico
II, istituendo per quel poco lusinghiero attributo addirittura un parallelo con
re Mida. Secondo un’altra leggenda, vi sarebbero notti, a Lagopesole, specie
quando la luna è piena e con il suo chiarore diffuso sigilla rumori e colori
rendendo immobile la campagna circostante, nelle quali una luce più intensa
appare e scompare in corrispondenza del castello, accompagnata da lamenti,
invocazioni e singhiozzi disperati. Si dice anche sia Elena degli Angeli, la
principessa venuta dal mare, la sposa felice di Manfredi di Svevia, che torna
nel luogo che vide la sua felicità, ma anche la sua resa, a cercare il suo
amato e i suoi figli perduti per sempre. Si dice ancora che negli angoli della
campagna meno illuminati da quella luna Manfredi, all'oscuro di tutto, vaghi
anch’esso alla ricerca ormai inutile e vana della sua felicità perduta, su un
magnifico cavallo bianco e avvolto da un lungo manto verde, e lo si possa
incontrare aggirandosi intorno al castello. Diversi siti web parlano di questo
importantissimo castello nel sud dell’Italia, tra questi segnaliamo i seguenti:
http://www.icastelli.it/castle-1235856553-castello_di_lagopesole-it.php,
http://www.allacortedifederico.com/.
Infine, ecco un interessante video (di Canaletv di Basilicata) dedicato al
maniero federiciano: https://www.youtube.com/watch?v=xu4F4Gh55o0