lunedì 28 febbraio 2022

Il castello di lunedì 28 febbraio



TORGIANO (PG) - Rocca di Miralduolo 

Lungo la strada che collega Torgiano a Ponte San Giovanni si estende la frazione di Miralduolo; l'abitato, in anni recenti, si è sviluppato lungo l'asse viario, andando a sostituire l'antico insediamento a mezza collina comunemente denominato "Miralduolo alta". Uno studio filologico attribuisce l'origine del toponimo al vocabolo longobardo Mer-wald, mentre la tradizione locale lo collega invece a un episodio della sanguinosa guerra tra i nobiles e i borghesi perugini per il predominio sulla città di Perugia che vide affrontarsi in questa località, nel 1416, le truppe delle avverse fazioni di Braccio Baglioni e dei Raspanti; le terribili conseguenze di quello scontro avrebbero motivato l'esclamazione "mira il dolore!". Più attendibile invece un episodio bellico precedente: quello della rovinosa sconfitta subita dai perugini il 29 marzo 1367 ad opera della Compagnia Bianca, guidata da Giovanni Acuto e assoldata per l’occasione, dal Cardinale Albornoz, legato del papa. La battaglia, spesso ricordata nelle cronache cittadine proprio per la sua asprezza, oltre che per le tristi conseguenze che ne derivarono ed ebbe effettivamente luogo nell’area compresa tra Ponte San Giovanni, Miralduolo, Brufa e Collestrada. Il bilancio dello scontro fu infatti estremamente pesante per Perugia, che in un solo giorno lasciò sul campo di battaglia più di mille e cinquecento uomini e in mano al nemico un numero ancora maggiore di prigionieri. In una nota seicentesca che riporta lo scontro pare che i Perugini , vittime della violenza del Cardinale Egidio Albornoz, scrissero una lettera ad Avignone al Papa Innocenzo Sesto lamentando la perdita dei Castelli e delle numerose vite umane, al che il papa rispose: “De morte hominum dolemus, de recuperatione nostrarum Terrarum gaudemus“. Al di là delle diverse ricostruzioni, non prive di fascino, ma sostanzialmente leggendarie, che hanno circondato l’origine del nome, resta il fatto certo che la presenza di una “Villa S. Crucis et S. Ianis“, posta in stretta connessione con Miralduolo, è documentata fin dall’anno 1258; nei catasti perugini del Quattrocento è possibile rintracciare anche qualche riferimento esplicito al “castro Miraldaiolo“. Le ville di San Gianni e di Santa Croce, che negli antichi censimenti compaiono spesso accorpate, si trovavano rispettivamente in pianura, nelle immediate vicinanze dell’antico attraversamento del Tevere, e a mezza costa sulla sponda sinistra, lungo la strada che risalendo la collina prospicente il ponte di San Gianni, conduceva anticamente a Castel Grifone (Brufa). L’ampliamento e fortificazione di un primo nucleo posto sull’altura ora dominata dalla Chiesa di San Rocco sarebbe poi avvenuto successivamente ad opera degli abitanti di San Gianni e Santa Croce, i quali con ogni probabilità vi si trasferirono alla ricerca di un luogo più riparato e facilmente difendibile; di certo fino almeno alla seconda metà del Quattrocento la giurisdizione sul castello di Miralduolo spettò alla famiglia Baglioni, che in tale distretto disponeva di vari importanti possedimenti. Non è peregrino però ipotizzare che sul colle dove ora sono visibili i ruderi del cosiddetto castello di Miralduolo sia esistito un insediamento precedente, vista la posizione del colle; infatti nel corso dei lavori di ristrutturazione della chiesa di San Rocco, durante gli scavi sono venute alla luce pietre squadrate e lavorate di chiara origine romana, e la presenza di grotte, anche all’interno della struttura ecclesiastica, possono far supporre un’antropizzazione etrusca della zona.
Non dimentichiamo che al di là del Tevere a meno di un chilometro esisteva la consistente comunità etrusca della gens Volumnia, documentata sin dal VI-V secolo a.C. e che ha lasciato l’imponente Ipogeo omonimo in località Palazzone. Tutto questo per avviare un’ipotesi di identificazione che riguarda un castello del Contado Assisano che nel XIII secolo aveva un’estensione territoriale fino in prossimità delle sponde del Tevere; parliamo del Castello del Sasso dell’Eremita “Saxo Heremite” citato da Gemma Fortini e D. Otello Migliosi nella loro pubblicazione del 1970 in cui si parla di questo fortilizio citato dalle fonti e posizionato in una località non lontana da Brufa, sopra la valle detta dell’Eremita, costruito da Carsedonio, dopo la famosa battaglia di Collestrada contro Perugia, nel 1202, quando San Francesco fu fatto prigioniero insieme agli uomini liberi del Comune. Il castello era stato edificato come una sfida al dominio della ricca borghesia di Assisi, un baluardo eretto per affermare l’intesa mai venuta meno con la città di Perugia. La provocazione fu raccolta dai cittadini del Comune ed infatti nel 1209 essi decisero di impossessarsi del castello, imponendo a Carsedonio di venire a patti. Arbitro della questione risulta un certo Uguccione, che riuscì, nel limite stabilito degli otto giorni, di giungere ad una risoluzione, persuadendo Carsedonio a cedere il suo feudo, cioè lo scoglio con la torre, il palazzo e tutti gli armamenti difensivi. L’edificio fu occupato dagli assisani, con diritto di proprietà assoluta. Il castello è citato nel Codice Diplomatico del Comune di Perugia con atto del 2 di settembre del 1209 stilato con l’arbitrato di Uguccio di Guidaccio podestà di Perugia, insieme con Marangone console d’Assisi. Secondo Fortini il castello non esiste più, ma secondo la descrizione territoriale che ne viene fatta, il castello del Sasso Eremita va identificato proprio in questo rudere, poiché risponde a tutti i requisiti della descrizione e che poi sia diventato di Miralduolo ci può stare.La rilevanza di Miralduolo in passato era legata anche alle vicende costruttive di una rocca difensiva progettata in forma rettangolare con quattro torrioni circolari, che non venne mai ultimata; le magistrature perugine, infatti, ne decretarono in corso d'opera l'abbattimento (1936). Del castello rimane una vasta porzione delle mura perimetrali, un torrione malconcio e l’area della porta di accesso; doveva però esserci un’altra porzione di mura, ora scarsamente leggibile sul terreno, che si allungava nella parte ovest e inglobava l’attuale chiesa di San Rocco il cui campanile è costruito su una base di una vecchia torre di guardia. La conformazione del terreno è rocciosa e presenta delle cavità che potevano essere state utilizzate in passato da qualche eremita, perché ben si prestano a tale esigenza; una di queste grotte, ora parzialmente crollata faceva parte della canonica della chiesa ed era utilizzata dal parroco come cantina.

Fonti: https://www.turismotorgiano.it/ita/18/da-vedere-nei-dintorni/8/miralduolo/, https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-miralduolo-o-di-sasso-eremita-miralduolo-di-torgiano-pg/

Foto: entrambe prese da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-miralduolo-o-di-sasso-eremita-miralduolo-di-torgiano-pg/

sabato 26 febbraio 2022

Il castello di sabato 26 febbraio



CASTELLAMMARE DEL GOLFO (TP) - Castello di Inici

Circa l'origine del castello sono due le ipotesi più accreditate: secondo lo storico Tummarello fu al centro della mitica città di Inico, un antichissimo insediamento di origine verosimilmente preromana, dalla quale trae il suo nome essendone stato il castello; lo storico Pietro Longo e molti altri sostengono invece che alle falde del Monte Inici, dove oggi sorge il castello, sia esistita l'antichissima città di Atala, fondata dal troiano Aceste in onore della moglie e adducono come prova il fatto che, ai loro tempi, lungo il confine tra il feudo di Inici e quello di Balata, nella parte sud-ovest "sotto il cosiddetto Beveratoio dei Parchi, si trovano rottami di tegoli, mattoni, avanzi di antiche fabbriche e anche alcuni zoccoli di colonne". Dopo la sua costruzione, avrebbe visto il susseguirsi di più proprietari. Col tempo, attorno alla torre del castello si sarebbe poi sviluppato il primo cortile; questa torre, nella quale fu ospitato Carlo V d'Asburgo nel 1535, si ipotizza sia stata edificata nell'anno mille, come si apprende da una delle lapidi del castello. La torre è crollata nel 1998. In epoca sveva troviamo un primo feudatario che, a detta del Barberi, sembra essere stato il dominus Nicoletto Asmundo, abitante in Calatafimi e falconiere dell'imperatore Federico II, il quale vendette il territorio con terre lavorative, selva e foresta denominato Inici (non si parla però né di un castello né di una torre) a Gilberto Abate, di Trapani, per la somma di 1750 tarì l'8 marzo 1234. A partire da questa data il territorio di Inici rimase alla famiglia Abate fino al 1349: il 13 gennaio di quell'anno moriva infatti Filippa De Milite, moglie di Nicola Abate, la quale aveva ereditato Inici il 5 febbraio 1348. Nel 1408 furono proprietari del territorio di Inici i Mannina; dopo il matrimonio tra Bartolomea Mannina e Giovanni Sanclemente, Inici passò ai Sanclemente, che ne diventarono baroni. Pertanto Inici divenne - insieme a Bayda ed Arcodaci - baronia feudale nel territorio sotto la giurisdizione di Monte San Giuliano. I cittadini di Erice avevano - in questi feudi - il diritto, spesso contrastato dai baroni, di legnagione e cacciagione. Ancora nel XVI secolo sembra che la doppia corte non vi fosse e che quindi la struttura si articolasse su un unico cortile e che tuttavia - come scrive lo storico ericino Antonio Cordici - a partire dal 1574 comprendesse una chiesa adiacente ad una torre verosimilmente risalente allo stesso periodo. In questo periodo il castello divenne luogo di sosta e ricovero dei viaggiatori in transito verso Trapani o verso Palermo. Prima notizia certa riguardante la torre di Inici si riferisce ad un episodio del XVI secolo. Nel 1535, dopo aver condotto con successo la conquista di Tunisi, Carlo V d'Asburgo passò da Inici, dove fu ospitato per una notte da Giovanni Sanclemente, suo compagno d'armi a Tunisi, e alloggiato in una stanza della torre, nella quale - in memoria dell'evento - si tenne pendente dalla parete il suo ritratto. L'imperatore passeggiò tra gli uliveti di quel feudo e si fermò all'ombra di un vecchio ulivo. Presso quell'albero sgorgava un ruscello, che venne chiamato in suo onore l'Acqua dell'Imperatore. Nel 1597, Donna Allegranza Sanclemente donò, insieme ad altre proprietà, il castello e il territorio di Inici ai Gesuiti. All'inizio del XVII secolo, dopo la morte della baronessa, avvenuta il 5 maggio del 1599, i Gesuiti presero possesso del castello e del feudo. Con il loro avvento, alla corte principale se ne affiancò una seconda sulla quale si affacciavano le stalle e nuovi magazzini; della struttura a doppia corte ne abbiamo notizia grazie alla carta di Samuel von Schmettau del 1720. Negli anni in cui Inici appartenne alla Compagnia di Gesù, tanto il castello quanto il feudo conobbero un periodo di prosperità; grazie alla scrupolosa amministrazione del Collegio di Trapani si registrò infatti un notevole sviluppo agricolo ed economico: i gesuiti resero questo vastissimo latifondo una delle aziende agricole più produttive della Sicilia. Dopo la cacciata dei Gesuiti nel novembre del 1767, il castello fu acquistato, insieme al ex-baronia, il 20 febbraio 1780 per la somma di 35000 onze da Giuseppe Pappalardo, prestanome del marchese Agostino Cardillo, figlio di un funzionario di Carlo III che era stato di recente nobilitato. Fino al 1870 il castello rimase ai Cardillo per passare poi agli Alliata. A questo periodo risalgono opere di rinnovamento e ampliamento che hanno interessato la corte interna. Ancora nel 1960 l'enorme complesso del castello risultava abitato; nel censimento del 1961 gli abitanti risultavano infatti essere una cinquantina e il castello, articolato com'è in due cortili, fungeva un po' da centro della contrada che, nel censimento dello stesso anno contava circa 400 abitanti. Nel castello erano l'ufficio postale, la caserma dei carabinieri e la scuola. Il terremoto del 1968 danneggiò molto gravemente l'intera struttura che negli anni successivi conobbe un periodo di crescente abbandono che portò, nel 1998, al crollo della torre medievale. Nella parte centrale del castello, adiacente alla torre che collega i due cortili, si trova una cappella (detta della Madonna della Mendola, datata al 1574). A partire dal XVII secolo tale cappella - insieme al castello ed a una porzione della baronia - passò al collegio dei Gesuiti di Trapani, che fu attento nell'adattarla ai canoni del sofisticato barocco siciliano, arricchendola di stucchi e affreschi: nel 1738 fu affidato al pittore trapanese Domenico La Bruna l'incarico di realizzare sulle pareti della cappella una serie di affreschi raffiguranti la vita dei Santi. Alcuni ambienti del castello con l’annessa cappella vennero utilizzati come luogo di ritiro e di ascesi religiosa, ed in tale senso risulta significativo il ciclo di immagini affrescato: non sembra infatti di essere dinanzi ad una semplice cappella destinata ad assolvere al diritto di messa per i contadini del feudo. Oggi questi affreschi sono conservati nella Chiesa Madre di Castellammare del Golfo. Il complesso architettonico del castello di Inici, che si configura nella tipologia tipica dei bagli, era circondato da mura con contrafforti e vi si accedeva dopo aver oltrepassato un ingresso con volta a botte e due archi in pietra calcarea, che immetteva in un doppio cortile, diviso da un muro sulla cui porta si leggeva la data 1635, nel quale era presente una fontana. Attualmente restano purtroppo solo i ruderi del castello, immersi nella natura, circondati da interminabili filari di vigneti. Altri link proposti:https://galante.tripod.com/initorre.html, https://www.youtube.com/watch?v=rxL1gx7UVKA (video di photoangelini.it), https://www.youtube.com/watch?v=pvjHjkdwavo (video di sergio di leo), https://www.youtube.com/watch?v=UZPA3i_hblM (video di Fabio e Laura)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Inici, https://www.vivasicilia.com/castello-di-inici/, https://www.castellammaredelgolfo.sicilia.it/cosa-vedere-castellammare-del-golfo/castello-monte-inici/, https://www.paesionline.it/italia/itinerari-ed-escursioni-castellammare_del_golfo/castello-dell-inici

Foto: la prima è di gegemangano su https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Castello_Inici.jpg, la seconda è sempre di gegemangano su https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Castello_di_Inici-cortile.jpg

mercoledì 23 febbraio 2022

Il castello di giovedì 24 febbraio



CASTELFRANCO EMILIA (MO) - Torrazzo e Rocca Magna in frazione Piumazzo

Nel sito corrispondente oggi al centro storico di Piumazzo, agli inizi del XIII secolo venne fondato Castrum Plumacium, entro le cui cerchia di mura sorse il borgo medievale. Simboli residui del borgo medievale sono alcuni monumenti, fra cui si distinguono il torrazzo e la Rocca Magna. Il torrazzo merlato, a pianta quadrata, è rivolto verso Bologna, con il portale d'accesso al borgo. La torre si sviluppa su tre piani, i solai sono realizzati con volte a botte (appaiono ancora originari), mentre i collegamenti verticali sono assicurati da un'unica scala (a sbalzo lungo i muri perimetrali); gli spessori dei muri della torre si riducono progressivamente dal basso verso 1'alto. I prospetti sembrano non più originari : le aperture risultano essere state, nel tempo, modificate o occluse. In origine la torre era munita anche di merlatura e doveva essere più alta. In seguito ad incendi e a distruzioni il castello di Piumazzo venne distrutto. Già a metà del XV secolo risultano essere stati effettuati solidi restauri: oggi questo monumento si presenta quasi integralmente ricostruito. Dal lato opposto del castello, a guardia dei confini col modenese era la torre della Rocca Magna: questa torre aveva funzioni di rocca o maschio e faceva parte del sistema difensivo del castello duecentesco. La torre è ben conservata e della rocca rimangono ancora i muraglioni delle fondamenta e dei sotterranei su cui sono collocate le prime case della via 25 Aprile. Per approfondire la storia di Piumazzo e del suo castello vi rimando a questi due link: http://www.piumazzo.it/Castello.html e https://www.academia.edu/23205620/IL_CASTELLO_DI_PIUMAZZO_STORIA_ED_EVOLUZIONE_COSTRUTTIVA_TRA_NOTIZIE_STORICHE_ED_EVIDENZE_STRUTTURALI

Fonti: http://www.piumazzo.it/frames.html, https://comune.castelfranco-emilia.mo.it/servizi/Menu/dinamica.aspx?idSezione=616&idArea=17077&idCat=17089&ID=17914&TipoElemento=categoria

Foto: la prima (relativa al Torrazzo) è di modenatesori su https://www.tourer.it/scheda?torre-di-piumazzo-piumazzo-castelfranco-emilia, la seconda (Rocca Magna) è di Andrea Baccolini su https://www.tourer.it/scheda?torre-della-rocca-magna-piumazzo-castelfranco-emilia

Il castello di mercoledì 23 febbraio

 


                                      

CASTEL D'ARIO (MN) -Castello

Per ben sette secoli (1082-1796) il paese fu feudo del vescovo di Trento anche se dal 1275 al 1708 venne continuamente sub-infeudato ai signori di Mantova, prima i Bonacolsi e poi i Gonzaga. Governato direttamente da Trento dopo la morte dell'ultimo Gonzaga (1708) e fino all'avvento di Napoleone, il paese entrò a far parte della provincia mantovana proprio sotto la dominazione francese e, come Mantova, fu poi retto dagli Austriaci fino al 1866, quando venne annesso al Regno d'Italia. Il patrimonio-simbolo del paese è il castello medievale, ricco di storia millenaria come attestano gli affreschi con gli stemmi scaligeri della seconda metà del Trecento al piano nobile del palazzo pretorio, l'unico edificio recentemente restaurato e utilizzato come luogo di rappresentanza e di spettacoli, oltre che sede della Biblioteca comunale e Sala Consigliare. Il professore Varanini, docente di storia medievale all’università di Verona, ha chiarito che gli stemmi non furono dipinti nell’Ottocento secondo una moda neomedievale, ma sono autentici siglati con la C di Cansignoro della Scala (1359-75). Il castello è un'antica roccaforte risalente al X secolo situata nel centro storico del paese, che conserva inalterato l'originario impianto urbanistico, oltre ad alcuni edifici e opere difensive, tra cui le cinque torri. Risulta essere uno dei principali castelli recintati medioevali a pianta pentagonale. La prima notizia certa relativa all’esistenza delle fortificazioni casteldariesi risale al 1273, quando i Bonacolsi acquisiscono la struttura dai veronesi Turrisendi. Il complesso di Castel D’Ario, infatti, fu parte, fino al secolo XIII, del sistema di difesa del confine veronese. Si tratta di un castello pensato come ricetto, funzionale al deposito dei prodotti agricoli e al rifugio in caso di bisogno. L’attuale struttura realizzata a partire dal secolo XII, in diverse fasi costruttive, si compone di due fortificazioni distinte: la rocca e il castello. La parte più antica sorge in corrispondenza del mastio che costituiva la parte centrale dell’originaria rocca, mentre, come ampliamento di questa struttura, si realizzò, nella seconda metà del secolo XIII, il recinto con le quattro torri perimetrali. Tra il 1357 e il 1377 si portò a compimento il Palazzo Pretorio, decorando tutto il piano nobile con gli stemmi degli Scaligeri, i signori veronesi che l’avevano in pegno in quel ventennio. Fu da sempre importante baluardo per le terre di confine per gli Scaligeri, i Bonacolsi e i Gonzaga. All'interno del castello sorge la Torre della Fame in cui, a metà Ottocento, furono trovati in essa alcuni scheletri. Qui vennero lasciati morire i quattro figli di Passerino Bonalcosi dal Gonzaga, che spodestò la dinastia al potere a Mantova, con la congiura del 16 agosto 1328, con l’aiuto degi scaligeri di Verona e uccise Passerino. Questi però, a sua volta, nella torre di Castel d’Ario aveva rinchiuso a morte in precedenza Francesco Pico della Mirandola e due suoi figli (1321). Una lapide sulla porta del castello ricorda questa vicenda. Il castello nel 1484 fu prigione anche per un Gonzaga, Evangelista, figlio naturale di Carlo, fratello di Ludovico, che aveva mire sgradite ai parenti (egli fu infatti accusato e poi scagionato di aver tramato una congiura contro il marchese Francesco II Gonzaga). Andò meglio a Taddea Cardinalina, detta così perché moglie del Cardinalino, ovvero il figlio del cardinale Francesco Gonzaga. Il marito l’avrebbe trovata a letto nientemeno che con il fratello Enea Forlani. Fu imprigionata nel castello, ma insieme alla figlia (e non nella torre) e dopo due anni liberata. Documentazione certa comprova che il noto architetto Luca Fancelli si occupò di lavori di restauro eseguiti tra il novembre 1478 ed il giugno 1484. Il castello, dopo il periodo austriaco, finì anche nelle mani di Napoleone, poi di nuovo all’Austria seguendo ormai il destino di Mantova. Oggi nell'antico recinto c’è un campo da tennis, eredità degli anni Sessanta quando fu un modo per dedicargli attenzione e cure. Fino alla meta del ‘700, la torre della rocca era affiancata da una torre laterale ad angolo detta torresino, ed era circondata da un muro di cinta merlato con fossato, da un terrapieno e da un ponte levatoio verso l’interno del castello. A mezzo metro da terra una porta in ferro introduce nel locale del mastio dove nel 1851 si ricavò la ghiacciaia comunale. La merlatura esistente in cima alle torri e lungo le cortine perimetrali, è stata demolita alla fine del secolo XVIII. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=gZY8_nwlZ0g (video con drone di FreeFly),https://www.youtube.com/watch?v=ovg-4ib5qjg e https://www.youtube.com/watch?v=Bz61RzOTxcw (entrambi i video di Bruno Umberto Spagna)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Castel_d%27Ario, https://www.comune.casteldario.mn.it/index.php/cenni-storici, https://web.archive.org/web/20180624010353/http://gazzettadimantova.gelocal.it/mantova/cronaca/2012/06/29/news/il-castello-delle-vendette-dei-gonzaga-1.5338322,http://ecomuseomantova.it/luoghi-da-visitare/829/castello-e-rocca-di-castel-dario,https://catalogo.reggedeigonzaga.it/it/sirbec/nome=castello_di_castel_d_ario%7Cid=21%7Ctipo=MSCH_ARCH%7Ccomune=castel_d_ario

Foto: la prima è presa da http://ecomuseomantova.it/luoghi-da-visitare/829/castello-e-rocca-di-castel-dario, la seconda è una cartolina appartenente alla mia collezione

martedì 22 febbraio 2022

Il castello di martedì 22 febbraio

 


ROCCAFORZATA (TA) - Castello

E' il monumento più interessante di Roccaforzata, per la sua storia, per le leggende riferite alla presenza di fantasmi che lo hanno avviluppato e per la ristrutturazione intervenuta che ha consentito di restituirgli tutto il suo valore storico-architettonico. Nelle parti più alte del colle è situato il palazzo baronale ampio e massiccio. A pianta rettangolare, con la facciata rivolta a levante, l’edificio mostra esteriormente l’aspetto tipico della residenza feudale cinque-secentesca. Il portale monumentale archivoltato è a bughe sporgenti, le numerose stanze del piano terreno non hanno che solo qualche finestra sull’esterno; al contrario di quelle superiori illuminate da monofore rettangolari, sei delle quali si aprono sulla facciata. Gli ambienti sono distribuiti intorno ad un ampio atrio rettangolare cui si accede dal portale esterno tramite un profondo androne. I vari interni sono generalmente quadrati o, se rettangolari, formati da un accostamento di vani quadrati coperti a crociera o a crociera stellare, tipicamente cinquecentesca. Una particolare tecnica di grande interesse è costituita dalla volta di un grandissimo ambiente del piano superiore formato da un interessante innesto di una crociera stellare su cui si imposta una cupoletta rotonda a ciotola. Sicuramente una parte della residenza risale al 1407. Lo attesta il fatto che il feudatario di allora ospitò Ladislao d’Angiò Durazzo, re di Napoli, in occasione delle nozze di questi con Maria d’Enghien. Il matrimonio era stato in realtà una soluzione politica e diplomatica alla contesa fra i due futuri sposi, per il possesso del Principato di Taranto. Ben due infruttuosi assedi erano stati condotti contro la città dei due mari dal sovrano napoletano, infrantisi contro la strenua resistenza guidata da Maria, il cui comportamento venne paragonato a quello di Giovanna d’Arco. Le nozze furono successivamente celebrate nella cappella del Castello di Taranto. In seguito il Castello di Roccaforzata appartenne alla famiglia Delli Falconi, quindi i Chiurlia nel XVII secolo. Durante il XVI secolo furono effettuate alcune modifiche alla struttura originaria sino ad assumere l’aspetto di un palazzo residenziale a discapito di quello di una fortezza. Recentemente la residenza, per volere di Salvatore Pasanisi, l’attuale proprietario, è stata felicemente ristrutturata. I lavori hanno consentito di distinguere la struttura del ‘600 con blocchi di carparo squadrati da una ben più antica rocca o meglio torrione quadrato in pietrame, completamente incamiciata dalla successiva compagine. L’esame tecnico della torre ha confermato che la sua costruzione risale al periodo compreso fra il XIV e il XV secolo. Altri link per approfondimento: https://www.youtube.com/watch?v=FWN5ETIMwQE (video di Luigi Di Giacomo), https://www.mondimedievali.net/Castelli/Puglia/taranto/roccaforzata.htm, https://www.elicriso.it/it/vecchi_siti_geologici/tagghjate_itinerario_turistico_2/

Fonti: http://www.comune.roccaforzata.ta.it/index.php/storia-e-galleria-immagini#aCastello, testo di Cosimo Enrico Marseglia su https://www.lavocedimaruggio.it/wp/fortezze-e-castelli-di-puglia-il-castello-di-roccaforzata.html

Foto: la prima è una cartolina in vendita sul sito https://www.delcampe.net, la seconda è una cartolina della mia collezione

lunedì 21 febbraio 2022

Il castello di lunedì 21 febbraio



MOLAZZANA (LU) – Castello in frazione Cascio

Cascio è uno dei più antichi borghi del comune di Molazzana, alcuni storici analizzando il suo toponimo lo farebbero risalire all’epoca romana, “Fundum Cassii” terre del colono Cassio, le prime notizie documentate del borgo le troviamo in una pergamena del 968, nella quale la Contessa Wilma madre di un certo Ugo, dona una chiesa dedicata ai Santi Stefano e Lorenzo e delle terre locate in “Cassio” alle monache di S. Ponziano (Lucca), successivamente “Saxi” (Cascio) viene citato anche in un placito redatto dalla contessa Matilde, il 10 luglio 1105 durante la sua visita a “Villa Foxana” Pieve Fosciana. Il Borgo ospitò fin dai primi anni del Mille, un importante castello intorno al quale per molti secoli si combattè; ai primi anni del XII secolo quando i lucchesi iniziarono a espandere i loro confini, i Porcaresi signori di Cascio cercarono di sottrarsi al loro dominio alleandosi con i pisani, i lucchesi per vendicare l’affronto nel febbraio del 1170 inviarono in Garfagnana i soldati del quartiere di S.Pietro e Gervasio, l’esercito lucchese comandato da Beradigo da Bozzano assaltò il castello di Cascio e bruciò l’intero borgo, dopo la morte di Federico II, Lucca si impadronì dell’intera Garfagnana e Cascio venne inserito sotto la giurisdizione della Vicaria di Barga (1272); i Porcaresi, nonostante fossero stati costretti a cedere i loro castelli a Lucca, riuscirono a conservare per alcuni anni dei beni a Cascio. In un documento del 1296 vengono citati per l’ultima volta (il casato dei Porcaresi nel 1209 in seguito all’uccisione del Podestà di Lucca, era anche stato bandito all’Imperatore Ottone IV). Nel 1292 Cascio fu acquistata dal comune di Lucca che edificò una piccola rocca a dominio della valle del Serchio. Con la morte di Castruccio Castracani Lucca e il suo contado divennero terre di conquista per fiorentini e pisani, nella pace stipulata fra le due città (9 ottobre 1342), Firenze e Pisa si spartirono le terre della Vicaria di Barga, le terre situate sulla riva destra del Serchio fra le quali Cascio furono assegnate a Pisa, che le pose sotto la giurisdizione della nuova Vicaria di Gallicano e con la discesa in Italia di Carlo IV di Boemia la Vicaria di Gallicano venne riconsegnata a Lucca. Nel 1430 Cascio e molti altri Castelli della Garfagnana, stanchi delle continue lotte fra Lucca, Pisa e Firenze chiesero protezione a Niccolò d’Este Marchese di Ferrara. Gli Estensi accolsero la richiesta e si insediarono con il loro esercito in Garfagnana, ma purtroppo per Cascio invece della pace negli anni successivi portarono la guerra. Il castello di Cascio nel nuovo assetto politico della Garfagnana, venne a trovarsi a ridosso del confine fra i due stati, situazione che lo portò ad esser assaltato più di una volta dai lucchesi, il primo attacco lo subì il 17 luglio del 1583. Le truppe lucchesi devastarono la sua campagna bruciando tutto quello che trovarono. Nel luglio del 1602 l’esercito reggiano agli ordini del Marchese Ippolito Bentivoglio assediò il castello lucchese di Castiglione e i lucchesi per salvare Castiglione inviarono delle truppe ad assediare Molazzana e a saccheggiare le sue terre. Il loro capitano Iacopo Lucchesini prima di dirigersi su Molazzana, fece occupare e incendiare il castello di Cascio, costringendo il Bentivoglio a dirottare una parte del suo esercito impegnato nell’assedio a salvare Molazzana e le sue terre. Dieci anni dopo (1613) l’esercito lucchese si ripresentò sotto le mura di Cascio e questa volta gli uomini del castello ritenendosi pochi e male armati si arresero senza combattere. Gli estensi lo considerarono un tradimento e quando rientrarono in possesso di Cascio obbligarono i suoi abitanti a ricostruire il castello a loro spese. Le mura e il torrione che oggi possiamo ammirare appartengono a quest’ultima ricostruzione, il progetto fu affidato al Pasi (l’ingegnere che progettò la fortezza di Montalfonso). La spesa iniziale inizialmente prevista era intorno agli ottomila scudi ma, al momento dell’approvazione, il governatore Ricci, memore del tentativo degli uomini di Cascio di coinvolgerlo nel loro tradimento del 1613, per vendetta la aumentò portandola a diciottomila scudi, spesa che costrinse la popolazione, sia ricca sia povera, a enormi sacrifici. Al termine dei lavori gli estensi vi stabilirono un presidio permanente di dodici soldati. Due anni dopo, quando il Bentivoglio rioccupò il castello e imprigionò una trentina di uomini per impiccarli, la popolazione del borgo chiese intercessione al Duca Cesare; il sovrano concesse la grazia ordinando ai frati lucchesi della chiesa di S.Lorenzo (gli intermediari della resa) di abbandonare il castello e obbligò la popolazione di Cascio a ricostruire l’intera fortificazione del paese a proprie spese. Questa fu l’ultima azione di guerra in cui rimase coinvolto il borgo. Nel XX secolo durante l’ultimo conflitto Cascio si ritrovò lungo la Linea Gotica e il suo destino di terra di confine si ripropose tragicamente dopo molti secoli di pace. Il primo incastellamento di Cascio avvenne probabilmente con lo scoppio delle guerre comunali, quando i vari feudatari della Garfagnana per difendersi dall’arrivo dei lucchesi, provvidero a rafforzare le vecchie fortificazioni di origine romane e a fortificare i borghi sprovvisti di fortificazioni. Il centro storico è circondato da un sistema murario avente forma di un quadrilatero irregolare, per una lunghezza complessiva di circa 435 metri. Il borgo fortificato conserva due porte di accesso al centro abitato, due delle cinque torri semicircolari e un tratto delle mura, dotate di camminamento per la ronda e di due garitte per le sentinelle. Tali elementi mostrano ancora oggi lo splendore dell’antico castello, inoltre recenti scavi archeologici hanno riportato alla luce le rovine del suo palazzo. Nelle vicinanze del paese si trovano gli imponenti ruderi della chiesa di Santa Maria Maddalena, meglio conosciuta come la Romita di Cascio, costruita probabilmente nel XIII secolo nei pressi di una fortificazione medievale chiamata “Il Castellaccio”. Altri link suggeriti: https://viadelvoltosanto.wordpress.com/2008/09/06/la-rocca-di-cascio/, https://www.amalaspezia.eu/cascio.htm (foto), https://www.youtube.com/watch?v=F0rT1KBb2nE (video di Mario Gherardi), https://www.youtube.com/watch?v=F0rT1KBb2nE (video di Sergio Colombini)


Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Cascio_(Molazzana), http://www.ingarfagnana.org/molazzana/fortezzacascio.php, https://www.turismo.garfagnana.eu/borghi-e-fortificazioni/rocca-di-cascio/, http://www.contadolucchese.it/Molazzana.htm




Foto: la prima è presa da https://www.verdeazzurronotizie.it/le-antiche-mura-gioiello-di-cascio-sono-tornate-allantico-splendore/, la seconda è presa da https://avventureneltempo.blogspot.com/2014/02/cascio-molazzana.html

giovedì 17 febbraio 2022

Il castello di venerdì 18 febbraio



LENDINARA (RO) - Castel Trivellin

L’arco di Castel Trivellin si trova nella zona che per molto tempo è stata considerata come quella in cui sorgeva il più antico castello di Lendinara. Almeno questo è quello che si è pensato in passato, collocando la sua posizione alla destra dell’Adigetto. Ma ad oggi si è certi che si sia sempre trovato sulla sinistra del fiume. Fu distrutto nel 1246 da Ezzelino da Romano ed era all’incirca dove oggi c’è il Palazzo Pretorio (https://castelliere.blogspot.com/2012/04/il-castello-di-martedi-17-aprile.html) e la Torre che controllano e sorvegliano la città, ovvero in Piazza Risorgimento. Riguardo alla sua struttura non si hanno molte notizie. Le prime testimonianze della sua presenza le riporta il Muratori, che secondo Fraccon avrebbe trovato la notizia nelle carte di Pellegrino Prisciano. La descriveva “illustre Castello, arricchito di molte fabbriche e torri, colta popolazione”. Secondo lui già nell’11 secolo il vecchio castello sorgeva a protezione di Lendinara, arricchito da torri e altri fabbricati. Tutta la città era racchiusa in un’area difensiva. Castel Trivellin deriva da Rivellino. Nel gergo militare è un’opera staccata che serve per la difesa e si trova oltre il canale. Infatti i 4 avancorpi presenti in Ferrara a difesa del castello estense vengono detti rivellini e servono proprio a difendere i ponti levatoi. Il castello fu poi venduto agli Estensi nel 1284 dai padovani che l’avevano acquistato l’anno precedente. Era conosciuto come Castello di Guglielmo e comprendeva tutta la città racchiusa dentro le mura. In questo periodo fu costruito il Granarone. Il castello aveva una torre maestra di ben 5 piani e un fossato che circondava tutto il paese. Vi era un ponte di legno che permetteva di comunicare con La Rocca. Ovviamente in caso di necessità veniva sollevato. Presenti anche 4 porte per entrare a Lendinara, sprangate nei momenti in cui si temevano agguati o invasioni. Santa Sofia e San Biagio erano all’esterno della mura. Quest’ultime sono state poi spianate da Alberto d’Este nel 1390 quando sopraggiunse l’artiglieria, che attuò altre importanti modifiche. Egli provvide a nuove difese costruendo un fossato, protetto dall’interno da bastioni e terrapieni. L’ accesso era possibile attraverso 3 porte sovrastate da 4 torri, su quella che non era legata ad una porta fu costruito un portello rivolto verso il canale, tuttora esistente e conosciuto come Arco del Castel Trivellin, unico accesso ancora visibile di quelli appena citati. Lendinara nel 1395 fu ceduta a Venezia insieme al Polesine. Altri link suggeriti: https://www.mondimedievali.net/Castelli/Veneto/rovigo/lendinara.htm, https://www.youtube.com/watch?v=nB4E5Sr9EQw (video di Bieffe Promotion), https://www.youtube.com/watch?v=YuZJg0y59G8 (video di Marco Bagatin)

Fonti: https://lendinara.italiani.it/il-vecchio-castello-e-lendinara-sotterranea/, https://www.camminando.travel/castelli/castel-trivellin

Foto: la prima è di Threecharlie su https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Castel_trivellin,_Lendinara.jpg, la seconda è di alshiavo su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/223478/view

Il castello di giovedì 17 febbraio

 

 


GUARDAVALLE (CZ) - Torre di Vinciarello

Detta anche Torre Cavallara, sorge in posizione isolata e la sua costruzione risale al 1485 come si evince dalla epigrafe posta sul timpano dell’ingresso principale, situato al primo piano e sormontato da caditoie con beccatelli. La struttura ha subito nei secoli varie evoluzioni e restauri tra cui la ricostruzione del parapetto del terrazzo che riprende quello originale. Si tratta di una struttura realizzata in muratura mista in pietrame e mattoni con presenza di intonaco ed elementi decorativi in cotto. L’edificio ha un impianto articolato costituito da un corpo rettangolare e uno a base quadrata, il tutto con basamento a scarpa; presenta due livelli e copertura a terrazzo. Sul lato verso il mare si trova il corpo a base quadrata che presenta, a pianterreno, un portale ad arco in pietra sormontato da balcone, mentre, dal lato opposto, il corpo maggiore presenta un ingresso che un tempo era assicurato da una scala con ponte levatoio in legno che, aperto, andava a poggiare sul pianerottolo della scala in pietra. Più che di torre si potrebbe parlare di residenza fortificata, in quanto tale fu sin dall’origine ed il suo nome ha origine da quello del feudatario che ne deteneva il possesso, Vincio Spedalieri. Quest'ultimo, ereditando il feudo dal conte Alberico di Lugo, per volontà espressa da questi nel suo testamento, ebbe anche il dovere di provvedere alla difesa del litorale contro le incursioni dei turchi. La torre, nella parte inferiore era adibita a scuderia mentre il piano superiore serviva come alloggio per soldati, successivamente i locali inferiori vennero utilizzati come deposito per i prodotti oleari. La fortificazione di Vinciarello, a differenza delle altre torri di Guardavalle, è quasi intatta nonostante gli eventi calamitosi, anche se ne fu necessaria una parziale ricostruzione in seguito al danneggiamento dovuto al terremoto del 1783. Accanto alla torre, verso sud, vi era una cappella dedicata a S. Pietro. Della cappella, oggi, restano la palea lignea con l' immagine del pescatore di Galilea e la campana bronzea datata 1785. La torre é da diversi anni diventata civile abitazione ed é di proprietà della figlia di Nicola Spedalieri. Altri link consigliati: https://www.guardavalle.eu/storia-e-memoria/le-torri/, http://www.mondimedievali.net/Castelli/Calabria/catanzaro/provincia000.htm#vinccavallara,https://www.facebook.com/silvana.franco66/photos/pcb.2735760546733768/2735760296733793 (con alcune foto),http://giardinonaiadi.blogspot.com/2013/07/

Fonti: http://atlante.beniculturalicalabria.it/schede.php?id=64, https://digilander.libero.it/guardavalledgl/le_torri.htm

Foto: la prima è presa da https://www.mondimedievali.net/Castelli/Calabria/catanzaro/vinccaval01.jpg, la seconda è presa da https://www.galserrecalabresi.it/guardavalle/

mercoledì 16 febbraio 2022

Il castello di mercoledì 16 febbraio


 
MARANO SUL PANARO (MO) - Castello dei Montecuccoli

La storia del paese si può identificare fin dal Medioevo con quella del suo castello di cui si ignora la data di costruzione, ma che è citato dalle fonti d’archivio già nel 1100. Attorno al castello sorsero le abitazioni del borgo, la chiesa, il cimitero e Marano, ricco e ben munito, si inserì nel gioco politico delle grandi città, in particolare di Modena e Bologna. Nel 1239 il castello fu assediato e conquistato dai Bolognesi, ma nel 1241 tornò, come buona parte del Frignano, ai Modenesi; nel 1305 Marano era di nuovo bolognese, ma nei dieci anni che seguirono mutò ancora patronato. Nel 1326 subì anche le devastazioni delle truppe pontificie e, per evitare il peggio, si arrese spontaneamente insieme ai castelli di Guiglia e di Campiglio. Le cronache riferiscono che gli abitanti del contado, terrorizzati, fuggirono a Modena, ma qui trovarono le porte della città sprangate per il timore che l’arrivo di una tale massa provocasse una carestia. Dopo la reggenza dei Rangoni e dei Boschetti, il feudo di Marano tornò alle dirette dipendenze degli Estensi, a seguito dell’atto di sottomissione del Frignano (1337). Le guerre sembravano terminate ma dal 1354 al 1368 il castello fu nuovamente oggetto di contesa fra i Visconti e la casa d’Este; occupato in seguito dai Pico della Mirandola fu riconsegnato agli estensi nel 1358. Negli anni successivi vicende alterne videro Marano sottomesso ora ai Rangoni di Modena, ora ai Pio da Carpi, che Niccolò III d’Este aveva investito del feudo nel 1405. Da ricordare è anche l’assedio del 1518, quando a Vignola era in atto la contesa tra Moreni e Tebaidi; i Tebaidi si rifugiarono nella rocca di Marano che, dopo un lungo assedio, fu incendiata e distrutta. La parte antica di Marano si sviluppa verso il colle con case di aspetto medioevale, sporti lignei e tabernacoli con affreschi, oltre a finestre ad arco gotico ornate di cotti. Alcune costruzioni sono state recentemente restaurate e ristrutturate ed in parte è stata ricreata la suggestione di un luogo di notevole interesse storico e paesaggistico. Alla sommità del colle il Castello dei Montecuccoli, del quale oggi rimangono solo alcuni resti delle mura della rocca visibili dalle pendici del colle, rivestito da un bosco rigoglioso. Fino a qualche anno fa era ancora visibile la “camera”, con soffitto a volta, che alcuni identificavano con un ambiente per la conservazione dei cibi, altri con una prigione. La tradizione popolare vuole che nei sotterranei esistesse un passaggio segreto che collegava direttamente il castello al paese.

Fonti: https://www.comune.marano.mo.it/marano_cultura_e_territorio/storia_e_territorio/index.htm, https://www.comune.marano.mo.it/marano_cultura_e_territorio/storia_e_territorio/cosa_c_e_da_vedere.htm,

Foto: entrambe di Guido Piano su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/geo/036020/page/2

martedì 15 febbraio 2022

Il castello di martedì 15 febbraio

 


COGOLETO (GE) - Torre Spinola in frazione Lerca

Antico borgo situato sulle alture orientali di Cogoleto, dal 1700 al 1799 Lerca faceva comune a sé e contava un numero di abitanti pari a oltre un terzo di quello di Cogoleto. Fu feudo del marchese Gian Carlo Di Negro, il quale era solito invitare illustri personaggi del Risorgimento, tra i quali si menzionano Silvio Pellico, Giuseppe Mazzini e Piero Maroncelli. Nel 1857 passò in proprietà al marchese Massimiliano Spinola dopo che ebbe sposato la figlia Laura del marchese Di Negro. Tra i monumenti principali di Lerca spicca la Torre degli Spinola del XIII secolo, struttura di pietre e mattoni che si erge sulle alture della collina ove sorge il centro abitato. La Torre di Lerca sostituì il fortino di Loaga (di cui non rimangono che pochi ruderi), nella funzione di avvistamento e di difesa del borgo. Altro link: https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/0700112716

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Lerca, https://x.facebook.com/bruzzonesindacoinforma/photos/a.108491564359957/313396700536108/?type=3&source=48&refsrc=deprecated&_rdr, http://spazioinwind.libero.it/comunitamontanargentea/info%20turistiche/cogoleto.html, http://www.cogoletoinfo.it/cultura/itinerari/torri/torri.htm

Foto: la prima è presa da https://www.facebook.com/culturainliguria/photos/pcb.1767246973445267/1767243766778921/, la seconda è presa da http://www.cogoletoinfo.it/cultura/itinerari/torri/torre8.jpg

lunedì 14 febbraio 2022

Il castello di lunedì 14 febbraio


 
GALATONE (LE) - Castello di Fulcignano

Avamposto di una linea difensiva realizzata nel Salento meridionale dai Normanni, il castello di Fulcignano ha forma quadrangolare con i lati che presentano una lunghezza variabile che va dai 75 metri (torri comprese) del lato d’ingresso, ai 49 metri del lato più corto. L’altezza delle mura è di circa 8 metri con uno spessore di circa 2,6 metri. Le due torri angolari rimaste ancora in piedi, hanno i lati che presentano misure variabili tra gli 8,40 e i 7,55 metri. L'edificio si trova in posizione leggermente più rialzata rispetto alla campagna immediatamente circostante, ma un più in basso rispetto all'altura delle Serre Salentine, che lo costeggia sul versante est. Il sito è lambito da un antico corso d'acqua stagionale che scende dalla collina dei Campilatini e si spande nella piccola pianura disperdendosi in alcune vore carsiche poste a nord del castello. Il fronte del fabbrico guarda ad oriente ed è rafforzato da due torri quadrate. Si entra nel recinto attraverso un arco a sesto acuto. Dell’antico fossato rimane solo traccia in un lungo ed ampio avvallamento posto ad una decina di metri dal castello. Questo lascia supporre che l’eventuale ponte levatoio non fosse parte integrante del Castello, ma posto in una struttura prospiciente il prospetto d’ingresso. Il primo vano dopo l’ingresso è caratterizzato da una volta a crociera a sesto acuto con interessanti decorazioni, un sedile in muratura lungo il lato destro e un camino. L’accesso al giardino è stato modificato e, guardando dall’esterno, è chiaramente visibile la forma originaria ad arco, poi successivamente tamponato in mattoni per ricavare l’attuale porta. Dal vano d’ingresso si accede, sulla destra a due vani con volta a botte, oggi abbondantemente deturpati da scritte in vernice o a penna.
Dal secondo vano, da una porticina sia accede ad un terzo locale privo di pavimentazione caratterizzato, da diversi elementi architettonici che meritano una breve descrizione. Al centro del locale vi sono i resti di un antico ed ampio camino oggi ormai completamente distrutto. A sinistra del camino, da un’apertura con arco a sesto acuto, parte quel che resta di una scala circolare che conduceva su una delle torri di difesa. Oggi è solo percorribile in parte e bisogna stare attenti ai detriti e mattoni crollati. Mentre a destra parte una scala che conduce sul tetto dei locali in precedenza attraversati, da cui è possibile ammirare l’interno del complesso fortificato e il profilo della città di Galatone. Le caratteristiche del terzo vano visitato sono ben diverse rispetto ai primi due vani attraversati tanto da far sorgere qualche dubbio sui tempi di realizzazione di questi locali, che appaiono costruiti solo in tempi successivi. Questo terzo vano ha un porticina che conduce all’esterno verso il giardino. Percorrendo un piccolo vialetto il cui piano di calpestio è di circa un metro più in basso rispetto al piano del giardino, si ritorna verso il corpo centrale del Castello. A sinistra si notano tracce di locali ormai crollati, con la sezione iniziale di un arco in pietra ancora ben visibile e altre decorazioni in pietra sulla facciata dell’unico locale non crollato presente su quel lato del complesso. Molto probabilmente, si tratta di locali già da tempo non più utilizzati, per lo meno a fini abitativi, perché non vi è un accesso diretto dal vano d’ingresso, né in quella sezione conduce il vialetto del giardino. Continuando a seguire il perimetro interno delle mura, la torre posta a sinistra dell’ingresso nasconde al suo interno un incredibile sorpresa. Occorre fare un piccolo sforzo per arrampicarsi ed accedere dall’apertura ad arco a sesto acuto che conduce all’interno. Proseguendo mantenendosi sul lato sinistro, con molta attenzione, si può nuovamente arrivare, grazie ai resti di un antico passaggio in pietra arricchito con semplici decori, sulla sommità delle mura. A destra invece vi è un’ampia apertura che si affaccia all’interno della torre che si presenta cava all’interno. Tornato nel giardino e proseguendo lungo il lato sinistro, è possibile notare una evidente particolarità nella struttura delle mura, non visibile dall’esterno. Sino all’altezza di circa cinque metri la muratura è a pietre informi ed opera incerta, salvo diventare ben rifinita nella restante parte superiore dove sono ben visibili numerose buche per quasi tutta la lunghezza della muratura. Non si tratta di ripari per piccioni, sono delle “buche pontaie”, ossia dei fori nella muratura usati solitamente per conficcare i pali delle impalcature necessarie per completare le costruzioni particolarmente alte, per poi essere successivamente sfilate a lavoro ultimato. Ma a volte venivano usate, in modo definitivo, come base per realizzare dei ballatoi esterni. Vi è anche l’ipotesi che potessero accogliere delle travi di copertura di alloggiamenti realizzati in legno. Solo studi approfonditi e verifiche anche alla base delle mura potranno svelare l’effettivo utilizzo che venne fatto di queste buche e cosa vi fosse intorno al perimetro interno delle mura. Vi è comunque da tener presente che lungo l’esterno delle mura vi sono lunghe file di buche pontaie, e queste sono sicuramente state utilizzate per elevare l’altezza delle mura. Concludendo il cammino lungo il lato sinistro della cinta muraria, nella parte finale si aprono due ampie nicchie ad arco, sotto una delle quali passa un lungo canale di scolo che, partendo da una sorta di pozzo-cisterna porta verso il vicino tracciato ferroviario, e i resti della solita apertura che doveva condurre sulla torre ormai distrutta. L’utilizzo di queste nicchie è alquanto oscuro e potrebbero lasciar pensare ad un nucleo di strutture in muratura andato poi successivamente incluso nelle mura. Il lato che corre parallelo a quello d’ingresso presenta indicativamente le stesse caratteristiche del tratto appena percorso. Nel giungere al luogo dove una volta doveva sorgere la quarta torre, si possono notare tra i rami dei melograni, i resti dell’antico ballatoio in muratura che doveva condurre sulle mura. Dai resti del castello-recinto, ancora generalmente ben conservati, emerge chiara la tipologia del castrum romano come mutuata dagli svevi. Le prime notizie documentate risalgono al XII secolo. Durante una visita pastorale tenutasi nel 1719, il Vescovo di Nardò Antonio Sanfelice fece riportare l’esistenza di un’epigrafe scritta in greco e in latino che descrive Fulcignano come un centro di passaggio di carovane e pellegrini: “theodorus protopas famulus sanctae dei genitricis hospitium construxit anno 6657”, corrispondente al 1149 del calendario cristiano. Altre notizie, sempre dello stesso periodo, riportano i nomi di alcuni signori e possessori di Fulcignano. Nel 1192 un certo milite, Maurizio Falcone, e poi successivamente un Aymarus di Guarnierius Alemannus possessore di Zurfiniani. E’ presumibile che il Casale di Fulcignano continuò la sua crescita dimensionale nei successivi due secoli, tra il XIII e il XIV secolo, sino a quella che il Galateo descrive come una sorta di guerra con la vicina Galatone, che portò alla distruzione del casale. Il Chronicon Neretinum fa riferimento a questa contesa, datandola nel 1335. Nel 1412 gli abitanti del Casale non dovevano essere più di 170 e appena trent’anni dopo un focolario aragonese non ne conta più di una trentina. Da quel nefasto evento, quel che rimaneva del Casale e il suo Castello, passarono di mano in mano a diverse nobili famiglie, tra i primi Giovanni Del Balzo Orsini che lo ricevette come donazione nel 1426 dalla Regina Giovanna II. La sconfitta di Fulcignano nel 1335 e alcune successive contese che interessarono alcune zone del Salento, tra cui presumibilmente anche quella tra Orsini del Balzo e Ottino de Caris, portarono al suo definitivo declino e al suo progressivo abbandono. Il massimo splendore di Fulcigano è attestato attorno alla metà del secolo XIV. Come tradizione vuole, ogni castello che si rispetti ha il suo fantasma. La leggenda racconta che durante un assedio che si stava protraendo da lungo tempo, senza che gli aggressori ne venissero a capo, costoro con un colpo di mano riuscirono a rapire il figlioletto del feudatario del tempo, per fiaccarne le difese. Il fanciullo fece un orribile fine: venne ucciso e, una volta squartato, le sue membra vennero appese ad un carrubo affinché i poveri resti fossero visibili dall’interno del castello. Quando all’indomani la madre si trovò dinanzi allo scempio fatto al corpo del figlio, impazzì per il dolore e invocò il diavolo affinché custodisse il tesoro del castello. Chi voleva impadronirsi delle ricchezze avrebbe dovuto portare un bimbo in dono a Satana. Il tempo che il demonio avesse impiegato per divorare il bimbo, sarebbe stato il tempo concesso per trovare il tesoro. Si racconta che un uomo tentò nell’impresa ma con l’inganno, camuffando da bambino un gatto. Purtroppo per lui il gatto si mise a miagolare e i suoi versi mandarono a monte l’impresa. Il diavolo resosi conto del raggiro scatenò una tremenda tempesta facendo fuggire a gambe levate il malcapitato imprudente. Da allora nessuno provò più a cercare il tesoro del castello che rimase e rimane così protetto e guardato a vista dal diavolo. C’è poi chi racconta che in alcune notti è possibile udire ancora le grida e i lamenti della povera madre privata crudelmente della vita del suo figlioletto. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=HAlLrcnI5YY (video di Massimo Negro), https://www.youtube.com/watch?v=n2h34GEOie4 (video di salentowebtv), http://www.mondimedievali.net/castelli/Puglia/lecce/fulcignano.htm, https://www.corrieresalentino.it/2020/03/alla-scoperta-del-salento-il-castello-di-fulcignano/, https://www.youtube.com/watch?v=5K20uiGw5xM (video di La Postilla)

Fonti: https://www.comune.galatone.le.it/vivere-il-comune/territorio/da-visitare/item/castello-recinto-di-fulcignano, https://fondoambiente.it/luoghi/castello-di-fulcignano-le?ldc, testo di Massimo Negro su https://massimonegro.wordpress.com/2012/01/22/galatone-il-castello-di-fulcignano-e-la-triste-leggenda-del-tesoro/

Foto: la prima è presa da https://www.corrieresalentino.it/2020/03/alla-scoperta-del-salento-il-castello-di-fulcignano/, la seconda è presa da https://www.irenemarchese.it/6193/castello-fulcignano-galatone/

venerdì 11 febbraio 2022

Il castello di venerdì 11 febbraio

                                      

TORRE ANNUNZIATA (NA) - Fortezza di Rovigliano

Lo Scoglio di Rovigliano è un'isola minore del golfo di Napoli, situata nei pressi della foce del fiume Sarno, in località Rovigliano, al confine tra Castellammare di Stabia e Torre Annunziata, a cui appartiene amministrativamente. Il nome deriva, secondo gli archeologi, o dal cognome di un'antica famiglia romana, la gens Rubilia, oppure dal console Rubelio, proprietario dello scoglio, o ancora dal termine latino robilia, ossia delle piante leguminose, simile alle cicerchie, che crescevano abbondanti nella zona dell'ager. Nel corso dei secoli assunse diverse funzioni: nel VI secolo divenne abitazione privata, nel IX secolo passò alla proprietà di Ernesto Longobardi che lo trasformò in luogo di accoglienza per giovani donne dedite alla vita monastica, nel XII secolo divenne monastero e chiesa cistercense ed infine nel XVI secolo nel periodo vicereale divenne una fortezza, per difendersi dalle incursioni saracene, sulla cui sommità fu costruita una torre, alta circa venti metri e che sfruttò la struttura della distrutta badia, visibile ancora oggi. Nel Settecento Carlo III di Borbone ristrutturò la fortezza con il precipuo scopo difensivo del suo Regno dalle invasioni barbariche. Dopo l'unità d'Italia, cessando l'esigenza difensiva, la torre fu venduta a privati e nel 1925 fu dichiarata Monumento Nazionale. Nel 1931 fu aperto un ristorante, il quale però ebbe poca fortuna, chiudendo poco dopo. Rimangono solo poche rovine della torre, versanti in condizioni di degrado. La più grande leggenda dell’isola è narrata da tale Frate Simone in una delle sue cronache del IX secolo sul “Chronicon Casinense”. Ai tempi dei Longobardi in Italia, la zona di Castellammare era sorvegliata dal Conte Orso. Uomo forte, audace e generoso, il Conte Orso era sposato con Fulgida, dalla quale aveva avuto il figlio Miroaldo. La donna era molto conosciuta per la sua bontà e il suo essere caritatevole. Si narra che spesso andava a portare conforto ai soldati per alleviare le loro sofferenze. Un giorno l’isola fu attaccata dai Saraceni i quali impiccarono il Conte Orso, fecero schiavo il figlio Miroaldo e colpirono Fulgida, la quale si frappose tra una lancia e il marito. La leggenda vuole che la donna non morì per il colpo inferto, ma rimase solo svenuta. Al suo risveglio si ritrovò nel bagno di sangue dei suoi amati soldati con l’immagine del marito impiccato. Nessuno conosce quale fu l’esatta fine di Fulgida, ma pare che lo scoglio di Rovigliano sia infestato dal suo fantasma. Ancora oggi, ricorda la sua amata famiglia mostrandosi durante il volo dei gabbiani presenti sull’isola. Altri link per approfondimento: http://www.paesifantasma.it/Luoghi/fortezza-di-rovigliano.html, https://www.youtube.com/watch?v=W2s2ewFLasY (video con drone di Gianfranco Grippo), https://www.facebook.com/Sc0rcidiM0nd0/videos/la-fortezza-di-rovigliano-xvi-secololisola-minore-del-golfo-di-napoli-tra-torre-/771830876903688/ (video), http://vesuviuscoast.com/2019/04/26/fantasma-dello-scoglio-di-rovigliano/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Scoglio_di_Rovigliano, https://www.notizie.it/salute-benessere/sessualita/2019/09/16/fortezza-di-rovigliano/, https://fondoambiente.it/luoghi/castello-dello-scoglio-di-rovigliano?ldc

Foto: la prima è presa da https://www.icastelli.it/it/campania/napoli/torre-annunziata/castello-o-forte-di-rovigliano-petra-herculis, la seconda è presa da https://www.notizie.it/salute-benessere/sessualita/2019/09/16/fortezza-di-rovigliano/

giovedì 10 febbraio 2022

Il castello di giovedì 10 febbraio



BUSSOLENO (TO) - Castel Borello

Del castello si hanno notizie nel XIV secolo, ma la sua costruzione è probabilmente precedente, forse del XII secolo (si narra sia stato realizzato ad opera dei Cavalieri Templari in un luogo un tempo abitato dai druidi). La "villa" di Bussoleno era legata ai conti di Savoia fin dalla fine del '200; il castello si trova citato nelle investiture comitali del Trecento come "castrum quod dicitur Castrum Borellum" ma è di origine più antica; la tradizione lo riferirebbe ai tempi di Adelaide di Susa che lo avrebbe concesso in feudo al nobile Borello. Servì anche come rifugio dalle guerre per le popolazioni locali. Il castello, nel corso dei secoli, passò agli Aschieri, ai Bartolomei e ai Rotari di Susa. Durante la peste del 1630 il medico Fiocchetto, allora proprietario del castello, si prodigò grandemente per la cura dei malati. L'edificio è stato la sede dalla Società Meteorologica Italiana, in seguito trasferitasi a Moncalieri. Il castello sorge isolato su un poggio nei pressi della frazione Baroni, a circa 3 km di distanza dal centro comunale. La sua localizzazione è complementare a quella del castello di San Giorio, situato anch'esso sulla riva destra della Dora; entrambi in posizione dominante, avevano il controllo di ampie aree del territorio e, in particolare, della strada di Francia che percorreva il fondovalle. L´insediamento ha pianta quasi quadrata, con cinta coronata da merli e da cammino di ronda, ancora quasi intatto per l´intera estensione; la muratura in ciotoli e scapoli di pietra è ben apparecchiata e presenta zone di tessitura a spina di pesce; gli spigoli sono rinforzati da conci di pietra squadrati. Il tetto è realizzato in lose. Sul fronte nord si apre la porta principale, sormontata da un rialzo difensivo del recinto murario, con feritoie per frecce e balestre; sugli spigoli laterali si trovano due belfredi a pianta circolare, sostenuti da beccatelli in pietra, pure muniti di feritorie. Tali elementi difensivi, comuni nei castelli piemontesi ed in altre fortificazioni della zona, si fanno risalire al XIII secolo. Il portone di accesso è sovrastato da una monofora coronata da un motivo lobato ricavato da un monoblocco lapideo; i ritti laterali lapidei sono costituiti da colonne con rozzi capitelli in pietra. Lo stesso elemento si trova sulla porta che si apre in centro al lato sud, ma appare chiaro che tale elemento non è posto nelle sua collocazione originale; si può supporre che sia stato reimpiegato quando, verso il 1920, furono eseguiti lavori di adattamento che causarono la demolizione di una cappella appoggiata ai lati nord ed est. In epoca anteriore il luogo, soggetto a numerosi passaggi di proprietà, fu utilizzato come cascina agricola senza riguardo ai suoi valori di testimonianza storica e architettonica. Le nuove opere portarono all´apertura di porte e finestre, ed alla costruzione di un balcone nella parete a levante del recinto, alterandone quindi immagine e significato originali. Dei due fabbricati opposti che si trovano nella corte, adiacenti rispettivamente al lato est ed al lato ovest, quello ad est è stato soggetto a molte manomissioni, mentre quello ad ovest ha conservato il carattere rustico. Il castello è oggi di proprietà privata ed è visibile solo dall’esterno. Altri link suggeriti: http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/sit-cartografico/beni-culturali/beni/vsusamed/vsusamed-bussoleno1, https://www.youtube.com/watch?v=QmGt-PslGdY (video di Raffa Scat), https://it-it.facebook.com/federicomilesifoto/videos/castello-borello-allalbaunaltra-delle-meraviglie-che-sovrasta-la-val-di-susa/173640087925184/ (video di Federico Milesi), https://it-it.facebook.com/federicomilesifoto/videos/-castello-borello-a-bussoleno-un-luogo-davvero-bello-s%C3%AC-possono-ammirare-il-rocc/501499897233583/ (altro video con drone di Federico Milesi)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Borello, https://www.comune.bussoleno.to.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/castello-borello-2506-1-5b8854f44783113ff3f8e8a44f6d8339, https://www.turismotorino.org/it/castello-borello, http://archeocarta.org/bussoleno-to-castel-borello/, https://www.lagendanews.com/il-castello-borello-di-bussoleno-lantico-maniero-sabaudo-posto-a-controllo-della-strada-di-francia/

Foto: la prima è di marcofedericosu http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/333276/view, la seconda è di colonnello su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/197636/view

mercoledì 9 febbraio 2022

Il castello di mercoledì 9 febbraio



PULFERO (UD) - Castello di Ahrensperg

Dal punto di vista storico, il castello di Ahrensperg (ubicato ad una quota di circa 205 metri s.l.m) riveste un interesse notevole in Friuli. In direzione nord, in contatto visivo con il fortilizio, vi è il castello di Antro, le cui vicende storiche sono in parte legate quello di Ahrensperg. Entrambi controllavano l’antica arteria stradale che da Forum Iulii saliva verso il Norico, e costituivano un vero e proprio sistema fortificatorio, posizionato sulla riva del fiume Natisone. I resti del castello di Ahrensperg sorgono nelle vicinanze di Biacis, in comune di Pulfero (UD), presso la chiesetta di San Giacomo Apostolo. Il fortilizio esisteva già nel 1251 ed era dislocato in posizione strategica a controllo della strada di collegamento tra Cividale e la regione transalpina del Norico (Austria), facendo parte del sistema di complessi fortificati bassomedievali lungo il fiume Natisone, insieme con i castelli di Antro, Urusbergo, Gronumbergo e Zuccola. Un documento del 1274 registra la conquista dal parte di Dittmaro di Grifenvelse del castello di Antro, e del “castrum novum apud Ahrensperg”. Nel 1306 il fortilizio fu assediato dal Conte Enrico II di Gorizia. L’episodio si inserisce nel contesto del conflitto tra il Conte di Gorizia ed il Patriarca di Aquileia Ottobono de’ Razzi. L'anno 1364 segnò la distruzione del castello, nell’ambito delle ostilità che contrapposero il Patriarca Lodovico della Torre al duca Rodolfo IV d’Asburgo. Nel 1365 il Parlamento della Patria del Friuli del 3 aprile decretò che i castelli distrutti non dovessero più essere ricostruiti. Sappiamo, tuttavia, che l'area continuò a essere frequentata ancora nei secoli successivi, anche per via della presenza della chiesetta, risalente al 1511 e dedicata originariamente ai Santi Giacomo e Anna. Dalla demolizione del XIV secolo fu risparmiata la torre quadrangolare, munita di feritoie e che originariamente doveva essere alta 14 m. Restaurata nel 1927, costituiva l’unica struttura chiaramente visibile del fortilizio medievale fino a tempi recenti. A partire dal 2003 si sono succedute diverse campagne di scavo da parte dell'Università di Udine, nel corso delle quali sono tornati alla luce tratti di mura, la base di una torre circolare, alcuni ambienti e ulteriori strutture del complesso castellano; numerosi, poi, sono i reperti mobili emersi dagli scavi, ora conservati presso il Museo archeologico medievale di Attimis. Le indagini hanno costituito anche la premessa per il restauro e la valorizzazione dei resti del castello e della chiesa, quest'ultima tuttora in uso. Nel 2007 sono iniziate le prime operazioni di consolidamento delle strutture emergenti attraverso la ricomposizione dei volumi architettonici. Link suggeriti per approfodimento: https://consorziocastelli.it/icastelli/udine/Ahrensperg, https://www.facebook.com/watch/?v=2517526491695901 (video di Alessandro Biasatti), https://www.cividale.com/it/il_castello_di_ahrensperg,https://www.youtube.com/watch?v=cbA3Jd7vZmA (video di Adriano Dini).

Fonti: http://www.ipac.regione.fvg.it/aspx/ViewPercTemRicAppr.aspx?idAmb=122&idsttem=10&idTem=171, https://www.infriuliveneziagiulia.com/it/articles/Castello_di_Ahrensperg_Comune_di_PodbonsecPulfero, https://www.icastelli.it/it/friuli-venezia-giulia/udine/pulfero/castello-di-ahrensperg

Foto: la prima è presa da https://consorziocastelli.it/icastelli/udine/Ahrensperg, la seconda è presa da https://www.booking.com/hotel/it/castello-di-ahrensperg.it.html

martedì 8 febbraio 2022

Il castello di martedì 8 febbraio

                                                



VENEZIA - Torre di Tessera e Torre di Dese

La Torre di Tessera fu costruita tra il IX e il X secolo dai veneziani dove si trova l’attuale Via Triestina. Qui, anticamente si incontravano le strade romane Romea e Pompilia-Annia (detta Altinate Orlanda).
Il punto era strategico per una torre di avvistamento. Immersa nella Selva Fetontea, che il poeta Marziale descrive come un’ininterrotta foresta ad alto fusto, estesa da Aquileia a Ravenna e costituita da querce, carpini e frassini, oltre che pioppi e salici vicino ai corsi d’acqua, la torre - il cui basamento è in conci di trachite - fu realizzata con le “altinelle”, materiali di riuso e laterizi provenienti dalla vicina Altino, da poco distrutta. Alta 24 metri, per una circonferenza alla base di 14 metri, che si restringe gradualmente fino alla sommità, dove la cella campanaria è aperta in bifore, offre un ampio panorama che spazia dalle aree lagunari verso Torcello, a quelle di gronda e di pianura. La sua pianta circolare testimonia l’influenza architettonica romanico-bizantina, assieme al campanile di Caorle e alle torri di Pomposa. All'interno della cella campanaria si trovano due piccole campane bronzee (https://www.youtube.com/watch?v=3cRVJyF_JJw video di Campanaro Veneto) una delle quali reca incisa la data di fusione: 1509; una iscrizione posta sulla facciata della chiesa datata 1507 ricorda il munifico abate Trevisan che fece risorgere chiesa e monastero dalla rovina con l'aiuto dei frati di San Cipriano di Murano. Perché la Serenissima ha pensato di costruire una torre a Tessera? La ragione è legata al suo dominio sullo “Stato da Tera” testimoniato anche dal Leone alato di San Marco, che dal XV sec. cominciò a poggiare con le zampe anteriori sulla terraferma. Il simbolo di un dominio che, dal XIV secolo, la Serenissima aveva iniziato a consolidare. Fino ad allora però, l’intera gronda lagunare era stata per secoli oggetto di contesa fra la Marca trevigiana, i domini patavini e il Dogado veneziano. In una breve parentesi, persino i veronesi di Ezzelino III mirarono ad impadronirsi di questi territori. L’area mestrina specialmente, più prossima al centro insulare di Rivo Alto, aveva una rilevanza politica e commerciale vitale ed imprescindibile per lo sviluppo di Venezia, per la quale costituiva l’accesso al continente. Per questa ragione, i dogi iniziarono molto presto a costituire una prima linea di difesa che comprendeva talvolta delle torri.


Nella parte meridionale dell'abitato di Dese, in via Cimitero Dese, vi è una torre medievale (la cosiddetta torre di Dese): alta ca. 20 metri, ha una base a pianta quadrata realizzata in pietra, mentre il corpo centrale è costruito in cotto. Il profilo è distinguibile anche da lontano grazie alla caratteristica merlatura posta a coronamento della cella campanaria. La torre fu eretta probabilmente intorno al XII secolo; essa faceva verosimilmente parte di un sistema di presidi dei territori di pianura, che svolgevano contemporaneamente il compito di osservazione, difesa e comunicazione. Data la vicinanza alle sponde del Dese invece, altri storici ne individuano il ruolo di presidio del traffico fluviale da e per Venezia. A pochi km di distanza ve n'è un'altra simile (torre di Tessera). Come per la Torre di Tessera e per alcune altre, anche per la Torre di Dese si può attribuire l’integrità con cui è giunta a noi alla sua annessione, in tempi successivi, alla pieve del proprio territorio. La “pieve” (dal latino “plebs”, popolo) è il termine con cui erano indicate in epoca medievale le circoscrizioni ecclesiastiche minori, principalmente nell’Italia settentrionale. Alla pieve faceva capo una chiesa principale (la chiesa pievana, dotata di battistero) da cui dipendevano altre strutture parrocchiali e monastiche all’interno della circoscrizione. Ecco quindi che la Torre di Dese, risalente al IX-X sec. circa, deve la sua conservazione all’adiacente chiesa pievana di S. Maria della Natività (eretta nel XII sec.) e all’omonima pieve che le si sviluppò attorno. Accanto alla Torre di Tessera invece, fu istituita una chiesa in devozione di S. Antonio, la cui pieve venne poi riconsacrata nel 1139 al nome di S. Elena, con attiguo monastero benedettino. Le torri dunque, con la costruzione delle adiacenti chiese, sono state convertite in campanili, la cui attività di manutenzione e conservazione era svolta con cura da dette istituzioni ecclesiastiche.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Dese_(Venezia), https://www.metropolitano.it/torri-venezia-dominio/, https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_di_Tessera

Foto: la prima (torre di Tessera) è di pgava su https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_di_Tessera#/media/File:Torre_antica_di_Tessera.jpg, la seconda (Torre di Dese) è di Michele Lazzarini su https://mapio.net/images-p/52629869.jpg

lunedì 7 febbraio 2022

Il castello di lunedì 7 febbraio

                                       




OLEVANO SUL TUSCIANO (SA) - Castello longobardo (o Castrum Olibani)


La costruzione sorse sulla sommità dell’attuale omonimo monte Castello (m. 636 s.l.m.) incastrato tra due colossali massi rocciosi in direzioni nord- ovest-sud-est e difeso da anfratti e dirupi inaccessibili ai rimanenti due lati. Le torrette avanzate lungo le mura di cinta furono ottimi osservatori su tutta la pianura sottostante. Attualmente sono visibili la costruzione centrale e la doppia cinta di mura con le torrette avanzate. L’unica porta di entrata era situata ai piedi di un enorme masso roccioso, ancora ora esistente esattamente all’inizio della borgata che dalla antica porta del castello conserva il nome di “La Porta”. La costruzione di una catena di fortificazioni (Castrum, castello, roccaforte, modellati sull’esempio di quelle romane) si rese necessaria sin dall’inizio del sec. IV e V in tutto il vasto territorio circostante la città di Salerno, per provvedere alla difesa della medesima. Il Castrum Olibani quindi era il naturale e necessario collegamento con quelli costruiti più al sud e cioè il Castelluccio di Battipaglia e quelli di Eboli, Capaccio, Agropoli ed altri. Assolse bene la sua funzione per l’evidente privilegiata posizione geografica. I Saraceni e altri popoli invasori, per lo più provenienti dal mare o dalle Calabrie, non riuscirono mai ad occupare Salerno e comunque giunsero fino ad Agropoli. Da considerare che l’attuale piana del Sele o di Salerno allora era impraticabile per le paludi e gli acquitrini, che scoraggiavano chiunque ad avventurarvisi, per i gravi pericoli e le insidie mortali per l’uomo. Il periodo più burrascoso e confuso fu certamente quello relativo alle incursioni della pirateria e alle invasioni barbariche. Un periodo di maggiore tranquillità e stabilità si determinò dopo il rafforzamento del principato longobardo di Salerno e la successiva dominazione normanna, con l’arrivo a Salerno di Roberto Guiscardo. Sin dall’epoca del predominio longobardo il castello di Olevano fu affidato alle responsabilità della Chiesa di Salerno, che naturalmente doveva provvedere a tutte le spese del mantenimento di questa fortezza. Ma in corrispondenza dei sopradetti periodi di stabilità politica e benessere economico la Chiesa medesima riduceva le spese per l’occorrente del castello di Olevano.È interessante conoscere che la guarnigione era costituita da ventisette soldati, un castellano, ed un cappellano in tempo di pace. Una sola donna provvedeva alla conservazione delle derrate alimentari ed alla cucina. In occasioni di immediati pericoli, conflitti esterne o stati d’allarme di varie origine il numero dei soldati saliva a quaranta, restante invariato il rimanente personale. La costruzione comunque era tanto grande ed ampia da poter ospitare tutti gli abitanti delle sottostanti borgate in casi di gravi e imminenti pericoli per le popolazioni minacciate dai nemici. In tal caso le provviste aumentavano nella misura giusta per tutti ed anche i cittadini contribuivano alla difesa del castello con compiti ben precisi ed a turni con perfetto ordine e regolarità. Il castello e tutta la popolazione delle borgate della Valle del Tusciano, nonché le altre località vicine, furono teatro di aspre contese durante la guerra del Vespro, scoppiata nell'anno 1282 che si concluse con la pace di Caltabellotta nell’anno 1302 tra Aragonesi ed Angioini. Degna di ricordo e l’occupazione del castello di Olevano per mano di Federico II di Svevia, per conflitti e discordie sorti tra il Papato è l’Imperatore. L’Imperatore infatti occupò i castelli di Olevano e di Battipaglia e li lasciò soltanto alla sua morte nel testamento. All’interno della “Castra exempta”, un elenco dei castelli demaniali del Regno di Sicilia che l'imperatore Federico II, con Decreto Imperiale del 5 ottobre 1239 emanato a Milano, alla voce di Giustizierato di “Terre Laboris, comitatus Molisii, Principatus et Terre Beneventane” vi è citato anche “Olibanum”. In quel periodo il castello fu amministrato da un giustiziere di nomina dell’Imperatore Federico II. I Giustizieri che si susseguirono nel governo del Castello di Olevano furono:
- Pietro de Dardania
- Errico de Palo
- Rodoerico de Rutunda –venuto nel 1240
- Hermann von Salza
- Menagoldo, di origine tedesca.
All’interno del Castrum ebbe la sua residenza Hermann von Salza (italianizzato come Ermanno di Salza), braccio destro di Federico II, che in effetti morì proprio nella provincia di Salerno nel 1239. Il cavaliere è considerato il fondatore dello Stato Prussiano. Secondo le leggi in merito promulgate dall’Imperatore svevo, i castellani non potevano allontanarsi dai loro castelli di residenza. Risulta ragionevole quindi supporre che Ermanno di Salza fu sempre nel suo castello di Olevano e se ne allontanò solo per curarsi nella vicina Salerno, sede della Prestigiosa Scuola Medica Salernitana. La fabbrica difensiva è incastonata tra due torrioni di roccia naturali in una località della frazione di Felitto, in un luogo impervio che domina l'intera vallata sottostante. La fortezza era contornata da una triplice cinta muraria di cui la prima ancora individuabile da alcuni frammenti inglobati nell'attuale urbanizzazione; la seconda, a mezza costa, presenta ancora intatte le torri di guardia e l'ingresso al Castrum; la terza con due torri quadrangolari era posta a custodia del nucleo centrale edificato a massima altezza. Nelle fabbriche è visibile il riutilizzo di frammenti fittili e precedenti costruzioni. Sono ancora bene evidenti i vari ambienti nei quali si svolgevano le attività quotidiane degli abitanti: tre cisterne per la raccolta delle acque piovane, saloni, area dei servizi, sale, archi sospesi ed altro. Tra la seconda e terza cinta muraria si individua ancora il vasto insediamento abitativo posizionato su una vasta superficie prevalentemente pianeggiante. In questa zona i ruderi di una chiesa cristiana delineano la piccola navata e l'abside. Altri link proposti: http://www.la-morella.it/castrum-olibani-castello-longobardo-olevano/, https://www.youtube.com/watch?v=jPoAmH6MbKE (video con drone di Salvatore Renda), https://www.youtube.com/watch?v=41t1Pv8qZaQ (video di Radio Flash Salerno),https://www.youtube.com/watch?v=rfL_G2gS9r8 (video con drone di vinxdj)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Olevano_sul_Tusciano#Architetture_militari, https://www.icastelli.it/it/campania/salerno/olevano-sul-tusciano/castello-di-olevano-sul-tusciano, http://www.olevanosultuscianoarte.it/2017/01/15/castello-longobardo/

Foto: la prima è presa da https://michelenigro.wordpress.com/2010/05/11/castrum-olibani-poesia-olevano-tusciano/, la seconda è presa da http://www.olevanoproloco.it/olevano.html. Infine, la terza è presa da https://www.icastelli.it/it/campania/salerno/olevano-sul-tusciano/castello-di-olevano-sul-tusciano